Didattica per competenze e modelli cognitivi CRISTINA BORACCHI – LICEO CRESPI BUSTO A. La cultura delle competenze e l’operativizzazione della conoscenza Successo formativo Apprendimento 2 Hofstadter: gli “strani anelli” come nodo cruciale della coscienza Sono convinto che la spiegazione dei fenomeni “emergenti” nel cervello, come la coscienza, sia basata su qualche tipo di “strano anello”: un’interazione tra livelli in cui il livello più alto torna indietro fino a raggiungere il livello più basso e lo influenza, mentre allo stesso tempo viene determinato da esso. C’è una risonanza tra i diversi livelli che si autorafforza. 3 Risultati nella scala delle scienze PISA 2003 ITALIA Nord Ovest533 Nord Est533 Centro497 Sud444 Sud Isole440 Media OECD500 8 Gli ambienti di apprendimento La progettazione complessiva di nuovi ambienti di apprendimento (learning environments) si basa sull’idea di essi come luoghi “in cui coloro che apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente avvalendosi di una varietà di strumenti e risorse informative in attività di apprendimento guidato o di problem solving” 9 PBL : Il Problem Based learning PBL- PROBLEM BASED LEARNING: An approach to medical education (Barrows & Tamblin, 1980) Rispetto all’insegnamento tradizionale la logica si capovolge: i problemi sono il fulcro e sono loro che spingono lo studente ad impossessarsi dei contenuti necessari a risolverli. E’ probabilmente la più importante innovazione pedagogica dell’ultimo ventennio. (Jonassen, 2003) 10 PBL : Il Problem Based learning • Dimensione operativa della conoscenza Spostare l’attenzione da concetti e nozioni a problemi, schemi d’azione e comportamenti STILE INDUTTIVO Da dati certi e inoppugnabili procedimento induttivo generalizzazioni induttive leggi P1 Problema Processo nella soluzione dei problemi TT Tentativo teorico di soluzione EE Procedura di individuazione ed eliminazione dell’errore P2 Problema più avanzato • La conoscenza non come apprendimento di regole e concetti ma come risultato di una costruzione collettiva la cui efficacia è data dalla partecipazione a questo processo 11 Problemi e progetti Il cuore di un’ambiente di apprendimento costruttivista sono: Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze, imperò che l’arco negli edifizi è composto di due parti di circulo, i quali quarti circoli ciascuno debolissimo per se desidera cadere, e opponendosi alla ruina dell’altro le due debolezze si convertono in unica fortezza. i problemi e i progetti • destrutturati • non a soluzione unica • autentici (LEONARDO DA VINCI) 12 Gli ambienti di apprendimento costruttivistici Realizzare un ambiente d’apprendimento che stimoli la partecipazione e il coinvolgimento dei destinatari dei processi formativi e che favorisca la collaborazione reciproca e lo scambio interattivo tra di essi. Jonassen: Apprendistato cognitivo e eoria dei Constructivist Learning Environments Progettare e creare un ambiente di apprendimento costruttivistico”, è molto più difficile che progettare una serie di interventi didattici tradizionalmente intesi. Non esistono modelli predefiniti per ambienti d’apprendimento costruttivistici, e per molti non potranno neanche mai esistere, in quanto i processi di costruzione della conoscenza sono sempre inseriti in contesti specifici. 13 L’Apprendimento “significativo” In un ambiente costruttivistico l’apprendimento deve essere: • • • • • • • attivo collaborativo conversazionale riflessivo contestualizzato intenzionale costruttivo 14 JONASSEN: L’ ambiente d’apprendimento costruttivistico Un ambiente costruttivistico deve : • dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua riproduzione; • evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle situazioni reali; • presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre); • offrire ambienti d’apprendimento derivati dal mondo reale, basati su casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate; • offrire rappresentazioni multiple della realtà; • favorire la riflessione e il ragionamento; • permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto; • favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la collaborazione con altri. 15 Ambiente di apprendimento 16 1. Abilità di manipolazione L’uso del telefonino e l’invio degli SMS stanno potenziando l’abilità di manipolazione fine con tutte le dita della mano, anche del pollice, che quasi mai prima veniva utilizzato per questa funzione. Il pollice era un dito d’appoggio: adesso è usato per mandare messaggi, per fare operazioni raffinate sul cellulare o nei videogiochi. 17 2. Abilità di coordinamento visuo-motorio La trasformazione delle abilità di manipolazione si è accompagnata con l’arricchimento delle abilità di coordinamento visuo-motorio. Insieme, le due abilità cognitive sono la base dei processi interattivi, per il controllo e l’uso di tutte le macchine e gli strumenti, sia in presenza che a distanza. 18 2a. Abilità di coordinamento visuo-motorio Attraverso queste abilità cognitive, ormai essenziali, che costituiscono la base indispensabile per l’interazione anche con gli strumenti di comunicazione, di ricerca, di informazione, di espressione, per esempio nella computer graphics e nella fotografia, è il mondo (o i mondi) che divengono accessibili, controllabili, manipolabili. 19 3. Pensiero visivo: lavorare mentalmente per immagini Si tratta di un cambiamento antropologico straordinario, che porta per esempio gli adolescenti e i giovani a prendere appunti per immagini piuttosto che per parole. Gli studenti si stanno sempre più abituando a trasformare concetti verbali in schemi e figure, che spesso descrivono efficacemente quanto viene loro spiegato oralmente. 20 3a. Pensiero visivo: lavorare mentalmente per immagini Per evitare che lo sviluppo del pensiero visivo si accompagni a un concomitante impoverimento delle capacità linguistiche è necessario che l’insegnante curi lo sviluppo bilanciato delle due abilità cognitive, lavoro mentale verbale e visuo-spaziale. Quest’ultimo genera la capacità di “vedere” concetti, nella matematica e nella fisica, ma anche nel simulare mentalemte esperimenti scientifici o nella generazione di ambienti e scenari. 21 4. Prontezza a cogliere l’inaspettato Basta osservare un ragazzo mentre si impegna in un videogioco per vedere in azione questa straordinaria abilità cognitiva, che non solo permette di rilevare immediatamente un evento inaspettato, ma soprattutto di rispondere fluidamente e in modo adeguato. 22 4a Prontezza a cogliere l’inaspettato I videogiochi sviluppano entrambe queste abilità cognitive: accorgersi dell’inaspettato e rispondere a esso non attraverso azioni stereotipate (riflessi), ma con azioni appropriate, svolte però in maniera così “naturale” da risultare a un osservatore esterno del tutto simili a un riflesso. 23 5. Controllo attentivo spaziale Inoltre i videogiochi portano allo sviluppo delle abilità cognitive del controllo attentivo spaziale, e soprattutto dell’attenzione periferica, che permettono di vivere nella società dell’interruzione e del parallelismo 24 5a. Controllo attentivo spaziale E’ infatti diventato abituale essere interrotti spesso nell’attività corrente da intrusioni comunicative (la mail in arrivo, il cellulare che suona ecc.) e dal moltiplicarsi delle richieste e degli impegni. . Senza questa abilità di essere sempre in attesa dell’inaspettato e senza lo sviluppo e il possesso di un ricco repertorio di risposte adeguate saremmo travolti dalle continue interruzioni e ci ritroveremmo spaesati e confusi 25 6. L’abilità cognitiva di pensare in parallelo Nei serial sono ormai presentate più storie in parallelo, che avvengono nello stesso tempo. Questo tipo di narrazione appare intricato, perché richiede la comprensione di storie parallele, che si sovrappongono ma che, per essere capite, devono essere mantenute distinte. Lo stesso succede nello zapping, che consente di seguire quasi contemporaneamente più trasmissioni, più canali, più storie. 26 7. Esigenza di equilibrio tra parallelismo e approfondimento Pensare in parallelo tuttavia non aiuta la concentrazione, per cui occorre trovare un equilibrio tra fra parallelismo e concentrazione, fra azioni tratte da un repertorio noto e risposte innovative. Questo equilibrio non è facile da trovare: occorre apprenderlo. Ed è meglio, molto meglio, se viene insegnato attivamente anche attraverso pratiche ed esercizi ad hoc. 27 Mondi virtuali e realtà quotidiana Tutte queste nuove abilità cognitive, pur imparate, spesso per diletto, videogiocando, si rivelano ogni giorno di più utili, anzi indispensabili, per stare non solo nei mondi virtuali, ma soprattutto nel mondo materiale della quotidianità, dove sarebbe auspicabile che venissero usate in maniera più critica e consapevole. In questo processo di assunzione di consapevolezza critica, il ruolo della scuola, di una scuola attenta alle nuove abilità cognitive che via via emergono e si consolidano, è assolutamente insostituibile. 28 Un nuovo alfabeto ibrido Oggi le TIC stanno dando corso alla nascita di una sorta di nuovo alfabeto, fatto non più soltanto di grafemi, dei caratteri del tradizionale alfabeto scritto, ma anche di segni iconici, di unità distintive corrispondenti a componenti figurative, che si mescolano sempre più ai primi, ne arricchiscono la “lista” e contribuiscono, in stretta sinergia con essi, a costituire un nuovo codice di riconoscimento che sposta l’attenzione su altri tratti della realtà da assumere come salienti e pertinenti ai fini delle nostre rappresentazioni. 29 Un nuovo alfabeto ibrido (2) Basta pensare agli strumenti (segni, simboli, ma anche icone, mappe concettuali, come le strutture dei website, e catalogazioni graficizzate, come menù a tendina ecc.) di cui ci serviamo congiuntamente quando utilizziamo un qualsiasi programma di scrittura del nostro computer. La nostra tastiera è certo alfanumerica, ma per elaborare i nostri testi ci serviamo di barre di strumenti, che possiamo personalizzare, che figurano in capo alla nostra pagina elettronica e che utilizziamo di continuo quando vogliamo tagliare, incollare, salvare, stampare e via dicendo. 30 Un nuovo alfabeto ibrido (3) Ma sappiamo anche che ormai mentre scriviamo possiamo in modo del tutto semplice e immediato accedere ad altri documenti, a immagini archiviate, a filmati, a brani musicali che possiamo “assumere” per inglobarli nel testo che stiamo elaborando. Quanto più diventerà automatico il passaggio dalla testiera a questa barra di strumenti, tanto più l’operazione di scrittura tenderà, inevitabilmente e in modo inconsapevole, a divenire un processo complesso, articolato nei tradizionali grafemi e nei nuovi segni iconici, inestricabilmente legati ad essi. 31 Scuola come capitale sociale e relazionale Assumere la scuola come risorsa e come capitale sociale significa affermare che l’insegnamento/apprendimento è una delle fonti primarie di struttura e di organizzazione sociale, di costituzione di una Comunità di sapere e di pratica 32 Comunità di sapere e di pratica e intermediazione Lo strumento di supporto delle relazioni tra un comunità di sapere e di pratica e l’ambiente esterno è l’intermediazione, un’attività complessa che esige la capacità di legare i saperi e le pratiche, facilitando le transizioni e passaggi tra essi e di promuovere un apprendimento capace di introdurre in un sapere e in una pratica elementi di altri saperi e di altre pratiche. 33 Dall’intersoggettività all’intelligenza connettiva La conoscenza è dinamica e incompleta • Sviluppo delle alternative • Accordarsi sulle premesse per la selezione • Ragionamento distribuito e ruolo della comunicazione • Il pensiero come forma di connessione tra persone e gruppi • Sviluppo di teorie sistemiche per sistemi multiagente le quali prevedono la possibilità, da parte di ciascun agente, di ragionare sulle proprie conoscenze e su quelle altrui, e permettono l’identificazione di conoscenze distribuite (distribuited knowledge) o condivise da un gruppo di agenti (common knowledge) 34 Dal «contenitore» a un ambiente dinamico Questa concezione della conoscenza fa venir meno la metafora del contenitore, l’idea cioè che la conoscenza acquisita dai soggetti individuale e collettivi, e dall’umanità nel suo complesso, possa in qualche modo essere accumulata e “stipata” all’interno di un archivio grande quanto si vuole ma dalle dimensioni comunque finite e avente, quindi, confini che lo differenziano in modo netto e definito rispetto a tutto ciò che si trova all’esterno di esso. All’idea del contenitore subentra quella di un ambiente da intendersi come un insieme di elementi interconnessi e attivabili dinamicamente. 35 Centralità dell’organizzazione della conoscenza La crescente incidenza dell’organizzazione sistemica della conoscenza è dimostrata dai motori di ricerca di seconda generazione, come Google, che operano in base ad un algoritmo che calcola il risultato di una ricerca usando come informazione la struttura dei link tra le pagine: se una pagina riceve molti link da altre, allora risale nella gerarchia dei risultati. Ciò significa spostare il baricentro dell’attenzione dalla singola parola o frase alla struttura dei link, cioè al sistema delle relazioni tra questi ultimi, che contiene una grande quantità di informazioni sulle conoscenze di coloro che utilizzano il Web. L’estrazione di questa conoscenza implicita dal groviglio dei link tra le pagine Web, oltre a costituire uno dei risultati scientifici più significativi della ricerca informatica degli ultimi anni, recupera un pezzo significativo di informazione nella fitta rete della nostra cultura e realizza una sorta di meta-memoria, che influenzerà a sua volta le scelte successive degli utilizzatori, contribuendo in qualche modo a farle convergere verso obiettivi e punti di vista comuni e a far quindi emergere, via via, uno sfondo di conoscenze condivise. 36 Centralità dell’organizzazione sistemica della conoscenza/2 E tutto questo, come si può riscontrare connettendosi al sito www.news.google.com, in virtù della disponibilità di un algoritmo che filtra le notizie di tutto il mondo utilizzando sempre l’informazione contenuta nella struttura dei link da un sito a un altro, vale a dire l’organizzazione dell’informazione e della conoscenza nel suo complesso. La notizia più “cliccata” mondialmente risale quindi automaticamente in prima posizione, e ciò non non tanto in virtù del suo significato intrinseco, ma spintavi dal complesso dei “campi di forza” e dei legami reciproci dei link che partono da altre fonti (altre notizie, altre pagine, altri siti) verso di essa, e che sono valutate e assunte come una sorta di “valutazione” che queste altre fonti le assegnano. Siamo dunque di fronte non ad un meccanismo composizionale, bottom-up, ma, al contrario, a un percorso chiaramente top-down, dove è il tutto (l’insieme dei link e l’organizzazione complessiva dell’informazione) che conferisce significato e valore a ogni singola parte di cui si compone e la valuta. 37 NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL SAPERE Kenneth Keniston, direttore del “MIT India Program” e del “Program in Science, Technology and Society” al Massachusetts Institute of Technology: Crisi dell’algoritmo dell’ingegnere A CURA DI S. TAGLIAGAMBE 38 NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL SAPERE/2 Questa crisi è determinata dal fatto che non si può più procedere “per sommatoria” accatastando l’uno sull’altro, in modo casuale e senza un disegno preciso e un progetto coerente, “pezzi” di formazione diversi. Occorre invece procedere con una politica sottile di intersezione, di incastro, organizzando e mettendo in pratica processi formativi basati sul confronto tra prospettive diverse e sperimentando, anche nell’ambito di questi processi, strategie di interazione complesse. 39 Bruno Munari ” Tutti sono in grado di complicare, pochi sono in grado di semplificare. Per semplificare bisogna saper togliere e per togliere bisogna sapere cosa c’è da togliere”. E’ molto più difficile semplificare che complicare. E’ molto più difficile togliere che aggiungere. E’ molto più difficile procedere per intersezioni e per incastro che per sommatoria. Per sapere cosa togliere e perché bisogna disporre di un progetto ben definito e dagli obiettivi chiari. A CURA DI S. TAGLIAGAMBE 40 Henri Matisse Uno splendido esempio di questa capacità di togliere, che non è comunque d’ostacolo al riconoscimento (tutt’altro) è la face de famme del 1935 di Matisse. Pochi tratti essenziali sono sufficienti per far scattare la nostra capacità di classificare correttamente questa figura e di interpretarla come faremmo con una fotografia ben più ricca di dettagli. La percezione è selettiva Anche l’apprendimento lo è. A CURA DI S. TAGLIAGAMBE 41 Montaigne “Plutôt une tête bien faite qu’une tête bien pleine” (Montaigne) Formare delle persone capaci d’organizzare le loro conoscenze piuttosto che d’immagazzinare un’accumulazione di saperi, anche perché rincorrere questa accumulazione sta diventando un compito semplicemente impossibile. A CURA DI S. TAGLIAGAMBE 42 Cardini delle competenze sono: • • • La trasferibilità L’operativizzazione della conoscenza La capacità di contestualizzare i problemi 43 ORGANIZZAZIONE CHE CONNETTE Nelle due figure qui a lato siamo in presenza di una mancanza (nello spazio fisico) che tuttavia “regge” e organizza la percezione visiva. La percezione del triangolo bianco o della configurazione irregolare è dovuta all’organizzazione complessiva delle figure medesime e alle loro strutture, cioè all’insieme delle relazioni tra gli elementi che compaiono in esse. A CURA DI S. TAGLIAGAMBE 44 L’AUTOSUFFICIENZA CHE SOFFOCA LA PERCEZIONE E’ sufficiente modificare un poco le strutture precedenti perché l’effetto scompaia, come dimostra questa figura, nella quale ciascun elemento, anziché esigere una relazione con gli altri, diventa autosufficiente. Non essendoci più tendenza al completamento, non si ha più percezione dell’organizzazione. A CURA DI S. TAGLIAGAMBE 45 PERSONALIZZARE L’APPRENDIMENTO Per “personalizzare l'apprendimento” occorre: superare la standardizzazione dei percorsi, facendo coesistere, accanto a un nucleo comune ristretto di materie fondanti, differenziate ramificazioni dei percorsi; tenere conto del fatto che le competenze si acquisiscono e si sviluppano in diversi contesti educativi, formali (la scuola), non formali (famiglia, luogo di lavoro, media, organizzazioni culturali e associative ecc..), informali (la vita sociale nel suo complesso). In questa operazione si dovrà tenere in grande considerazione il principio di equità, facendosi in particolar modo carico degli svantaggiati, di quelli cioè che hanno minori opportunità di autonomo accesso al sapere. 46 GLI OBIETTIVI DELLA COLLABORAZIONE FORMALE, INFORMALE, NON FORMALE Formare persone capaci di ORGANIZZARE le loro conoscenze, piuttosto che immagazzinare un’accumulo di saperi; Insegnare la CONDIZIONE UMANA (“Il nostro autentico studio è quello della condizione umana” (Rousseau Emile); Apprendere a vivere (“Vivere è il mestiere che gli voglio insegnare” (Rousseau Emile); Rifare una scuola di cittadinanza. 47 Apprendere a vivere Significa preparare le persone ad affrontare le incertezze e i problemi dell’esistenza umana. L’insegnamento dell’incertezza del mondo deve partire dalle scienze, le quali mostrano il carattere aleatorio, accidentale, talora persino cataclismatico della storia del cosmo, della storia della terra, della storia della vita e della storia umana. I problemi della vita fanno la loro comparsa nella letteratura, nella poesia, ma anche nel cinema, tutti ambiti nei quali l’adolescente può riconoscere le sue proprie verità e cominciare a prendere contatto e a confrontarsi con i conflitti e le tragedie nei quali si dovrà imbattere. 48 LA FINALITA’ CHIAVE La finalità chiave di una “testa ben fatta” è far emergere e consolidare la capacità di LEGARE E CONNETTERE LE CONOSCENZE: L’ARTE DI ORGANIZZARE IL PROPRIO PENSIERO, DI COLLEGARE E DISTINGUERE AL TEMPO STESSO. Si tratta di favorire l’attitudine a interrogare, di legare il sapere al dubbio, di sviluppare la capacità d’integrare il sapere particolare non soltanto in un contesto globale, ma anche nella propria vita, di stimolare l’attitudine a porsi i problemi fondamentali della propria condizione e del proprio tempo. 49 LA FINALITA’ CHIAVE/2 Le discipline dovranno essere inscritte in OGGETTI a un tempo NATURALI e CULTURALI, come il mondo, la Terra, la vita dell’umanità. Essi sono naturali in quanto sono percepiti da ciascuno nella loro globalità e ci sembrano EVIDENTI. Questi oggetti naturali sono scomparsi dell’insegnamento: essi sono attualmente parcellizzati e dissolti dalle discipline non solo fisiche e chimiche, ma anche biologiche, che trattano di molecole, di geni, di comportamenti e rifiutano come inutile la nozione stessa di VITA. Allo stesso modo le scienze umane hanno parcellizzato e occultato l’umano in quanto tale. 50 TEORIA DEL RAGIONAMENTO Centralità della ”TEORIA DEL RAGIONAMENTO", vero e proprio crocevia di discipline in parte di antichissima tradizione, in parte originate da stimoli provenienti dalla società odierna (la logica, la teoria dell'argomentazione, il critical thinking, la riflessione sulle strategie comunicative e persuasive nella politica, nella pubblicità e nel marketing). Sulla base di essa l’identificazione di conoscenze distribuite (distribuite knowledge) o condivise da un gruppo di agenti (common knowledge) e la molteplicità di interrelazioni comunicative, che costituiscono il fondamento metodologico dell'apprendimento che si può realizzare in un contesto organizzato, frutto dell'inserimento di un singolo soggetto in una rete di scambi interattivi e di impegni reciproci tra individui le cui decisioni sono interdipendenti e che cooperano alla soluzione dei medesimi problemi, vengono ad assumere un ruolo centrale anche sotto il profilo dei contenuti. Obsolescenza del modello del processo di insegnamento/apprendimento come semplice percorso di trasferimento/acquisizione di conoscenze date e come apprendimento di regole e concetti che descrivono il mondo e la realtà circostante: La conoscenza viene sempre più vista come un processo di costruzione collettivo, sociale, mai statica, bensì dinamica e sempre incompleta, e a ritenere che l’unica forma di apprendimento efficace di essa sia la partecipazione attiva a tale processo e la capacità di uso dei risultati acquisiti, sotto forma di attitudine ad affrontare e risolvere problemi reali 51 COMPETENZE E CAPACITA’ NECESSARIE PER INQUADRARE UN PROBLEMA E RISOLVERLO. LE POSSIAMO COSì SCHEMATIZZARE: ANALISI; ASTRAZIONE; DEDUZIONE; ABDUZIONE; INDUZIONE; ANALOGIA. 52 Le diverse fasi dell’apprendimento Gruppi lavoro Conoscenze tacite Conoscenze esplicite Esternalizzazione Formalizzazione Conoscenze collettive Studio tradizionale Conoscenze individuali Estensione • Modellazione • Verbalizzazione • Rappresentazione • Networking • Communities • Arricchimento delle conoscenze Socializzazione Simulazione • Osservazione • Imitazione • Pratica Lezioni tradizionali Combinazione Condivisione • Condivisione esperienze • Learning by doing Interiorizzazione Fonte Elab CCP da Ikujiro Nonaka A Dynamic Theory of Organizational Knowledge Creation; ‘Organization Science’ 53 Elementi didattici e tecnologie per l’apprendimento Gruppi lavoro Conoscenze collettive Studio tradizionale Conoscenze individuali Conoscenze tacite Conoscenze esplicite Micro eventi (online) partecipati Eventi, lezioni live Utilizzo di : Videoconferenze Chat, Forum Creazione di : Corsi - Broadcast live Contributi multimediali Newsletter Corsi off-line ricerche online Fruizione di : Corsi, Learning Object Digital Asset Lezioni tradizionali Ambienti ad personam Utilizzo di : Piattaforma e-learning Profiling Fonte Elab CCP da Ikujiro Nonaka A Dynamic Theory of Organizational Knowledge Creation; ‘Organization Science’ 54 ANALISI Può essere concepita in due modi differenti: SCOMPOSIZIONE di un problema complesso nelle sue parti; RIDUZIONE di un problema a un altro. 55 ASTRAZIONE SI PRESENTA SOTTO DIVERSE FORME E TIPOLOGIE: PER ESTRAZIONE; PER SOPPRESSIONE; PER IBRIDAZIONE; PER SPOSTAMENTO DELL’ATTENZIONE 56 IBRIDAZIONE Nella Géométrie Descartes tratta le curve come ibridi geometrici-algebrici-numerici che sono simultaneamente configurazioni formate spazialmente, equazioni algebriche con due incognite e una serie infinita di coppie di numeri. Ne consegue un’INSTABILITA’, perché questi tre diversi modi di trattare le curve non sono equivalenti: ma questa instabilità conferisce alle curve una MULTIVALENZA che è la chiave per la loro indagine e per il loro impiego nella fisica della seconda metà del XVIII secolo. 57 SPOSTAMENTO DELL’ATTENZIONE Prima della creazione del calcolo infinitesimale, ci si concentrava solo sugli ASPETTI GEOMETRICI del problema di calcolare l’area di una curva, e di conseguenza si riusciva a risolverlo solo a costo di una notevole ingegnosità. Dopo l’invenzione del calcolo, spostando l’attenziione sugli aspetti ALGEBRICI del problema, la curva venne considerata un’equazione e si poté RISOLVERE IL PROBLEMA CON UN PROCEDIMENTO DI ROUTINE e quasi meccanico. 58 DEDUZIONE/1 E’ l’inferenza in cui un parlante sostiene che la conclusione segue necessariamente dalle premesse. Detto in termini più precisi,“per un qualsiasi enunciato S, rispetto a un insieme di enunciati K, la deduzione è una successione finita di enunciati il cui ultimo elemento è S (quello di cui diciamo, appunto, che è dedotto), e tale che ogni suo elemento è un assioma o un elemento di K, oppure segue da enunciati che lo precedono nella successione grazie a una regola d’inferenza. Un termine sinonimo è ‘derivazione. La deduzione è un concetto relativo a un sistema. Ha senso dire che qualcosa è una deduzione solo in relazione a un particolare sistema di assiomi e regole d’inferenza. La stessa esatta successione di enunciati può essere una deduzione in un sistema, ma non in un altro”. 59 DEDUZIONE/2 Il concetto di deduzione è una generalizzazione del concetto di dimostrazione. Una dimostrazione è una successione finita di enunciati, ciascuno dei quali è un assioma o segue da enunciati che lo precedono nella successione tramite una regola inferenziale. L'ultimo enunciato della successione è un teorema. La deduzione e la dimostrazione sono gli strumenti più efficaci di cui possiamo disporre per cercare di controllare la validità del ragionamento di un agente qualsiasi e i risultati da lui ottenuti, anche se i fondamentali risultati conseguiti a partire dal 1930 da Gödel, Church e Turing hanno posto limiti ben precisi a questa possibilità. 60 ABDUZIONE E’ il processo che, dato un certo dominio, mira alla generazione di spiegazioni di un insieme di eventi a partire da una data teoria, o legge, o ipotesi esplicativa, relativa a quel dominio. ESEMPIO: A B B A 61 INDUZIONE E’ il processo in base a cui s’inferisce dal PARTICOLARE all’UNIVERSALE secondo il principio della GENERALIZZAZIONE. Alla conclusione generale si può arrivare: A PARTIRE DA PARECCHI CASI; A PARTIRE DA UN SINGOLO CASO (se un certo membro a di una classe Q ha una data proprietà P, allora per un qualsiasi nuovo membro b della stessa classe Q si ipotizza il possesso della medesima proprietà P. 62 ANALOGIA Varie nozioni di similarità: PER EGUAGLIANZA DELLA FORMA; PER EGUAGLIANZA DELLA PROPORZIONE; PER ANALOGIA DEGLI ATTRIBUTI ESSENZIALI; PER POSSESSO DI ALCUNI ATTRIBUTI IN COMUNE; PER POSSESSO DI ALCUNI ATTRIBUTI IN COMUNE PUR IN PRESENZA DI TRATTI NON IN COMUNE (ANALOGIA POSITIVA-NEGATIVA- NEUTRA) 63 INFERENZA INDUTTIVA E INFERENZA ANALOGICA Sono connesse tra loro se si considera solo L’ANALOGIA POSITIVA, ma sono irriducibili l’una all’altra se si considera anche l’ANALOGIA NEGATIVA. In quest’ultimo caso questi due tipi di inferenza risultano essere complementari tra loro e utili in situazioni differenti. 64 INFERENZA INDUTTIVA E INFERENZA ANALOGICA L’INFERENZA INDUTTIVA è utile quando non sappiamo con precisione come i casi osservati differiscano tra loro, e quindi non ne conosciamo esattamente l’ANALOGIA NEGATIVA, per cui un aumento del numero dei casi può aiutarci a trarre qualche conclusione su di essi. L’INFERENZA ANALOGICA è utile quando non abbiamo osservato un numero elevato di casi, ma conosciamo con sufficiente precisione tanto l’ANALOGIA POSITIVA quanto l’ANALOGIA NEGATIVA dei relativamente pochi casi osservati per cui l’analogia osservata può aiutarci a trarre qualche conclusione su di essi. 65 INDUZIONE E ANALOGIA Sono PROCESSI FALLIBILI: procedere sulla base di essi comporta la rinuncia alla CERTEZZA propria della DEDUZIONE. Quella che possiamo chiamare la LOGICA DELLA SCOPERTA ammette dunque il carattere strutturale e ineliminabile della INCERTEZZA e cerca di costruire su di esso. Questa logica, pertanto, riconosce l’illusorietà dell’obiettivo di acquisire una certezza assoluta e lo sostituisce con quello di disporre di strumenti per l’estensione della nostra conoscenza fallibili ma corredati di PROCEDURE DI CONTROLLO che consentano di riconoscere le anomalie e di correggerle. 66