«VOI CHE PER LI OCCHI MI PASSASTE ‘L CORE»
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core
e destate la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.
PARAFRASI:
E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.
Egli ( È ) ( Amore ) avanza ( vèn ) ferendo ( tagliando ) con
così gran forza ( valore ), che le ( mie ) deboli funzioni vitali
( spiriti ) se ne vanno: in balìa ( segnoria ) ( d’Amore)
rimangono ( di me ) solo l’aspetto esterno ( figura ) e poca
(alquanta ) voce, che parla ( esprimendo ) dolore.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.
Questa forza ( vertù ) d’amore che mi ha distrutto provenne
( si mosse ) rapida ( presta ) dai vostri occhi nobili (gentil’):
mi lanciò una freccia ( dardo ) nel fianco.
Si giunse ritto ‘l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ‘l cor nel lato manco.
Voi ( la donna amata ) che attraverso gli occhi ( miei ) mi
trafiggeste ( passaste ) il cuore e svegliaste la ( mia ) mente
che dormiva, prestate attenzione ( guardate ) alla mia vita
angosciosa, che Amore distrugge in sospiri.
Il colpo giunse ( a me ) così centrato ( ritto ) al primo lancio
( tratto ), l’anima si svegliò ( si riscosse ) vedendo il cuore
morto nel fianco sinistro ( lato manco ).
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core A
e destate la mente che dormia, B
guardate a l’angosciosa vita mia, B
che sospirando la distrugge Amore. A
E’ vèn tagliando di sì gran valore, A
che’ deboletti spiriti van via: B
riman figura sol en segnoria B
e voce alquanta, che parla dolore. A
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto C
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: D
un dardo mi gittò dentro dal fianco. E
Si giunse ritto ‘l colpo al primo tratto, C
che l’anima tremando si riscosse D
veggendo morto ‘l cor nel lato manco. E
Il sonetto è composto da
quattordici versi endecasillabi.
Ci sono quattro strofe, di cui le
prime due sono quartine e le
ultime due sono terzine.
Rime incrociate nelle quartine e
rime ripetute nelle terzine.
Le rime A e D sono assonanti tra
loro e lo stesso avviene per le
rime C ed E.
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core
e destate la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.
E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.
Si giunse ritto ‘l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ‘l cor nel lato manco.
Le figure presenti sono:
- ALLITTERAZIONE: - assonanze delle vocali A-O (vv. 12-14)
- consonanze della S (passaste – destaste)
R (figura – segnoria – parla – dolore)
R+consonante (vertù – presta – dentro morto)
- INVERSIONE: " che sospirando la distrugge Amore " (v. 4) =
anastrofe
" da' vostr'occhi gentil' presta si mosse " (v.
10) = anastrofe
- METAFORA: " occhi gentil' " (v. 10) = gli occhi non possono
essere gentili, il poeta si riferisce all’anima
- METONIMIA: " passaste " = trafiggeste
" vertù " = valore
- SINEDDOCHE: il termine " anima " al verso 13 può indicare
la " mente ": tant'è vero che l'azione di quest'"anima" è
esattamente la stessa della "mente" ("riscuotersi" ha quasi lo
stesso significato di "destarsi").
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core
e destate la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.
E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.
Si giunse ritto ‘l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ‘l cor nel lato manco.
Sono presenti sinalefe ( vv. 1.3.4.12.14) ;
l’assenza di pause ( tranne che al v.8)
conferisce alla poesia un ritmo lento,
continuo e fluido.
L’autore utilizza un lessico elevato, aulico,
conforme allo stilnovismo.
Frequenti sono i latinismi (per li occhi-coredormìa- dardo-manco ecc).
La struttura sintattica predominante è di
tipo coordinativo.
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core
e destate la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.
E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.
Si giunse ritto ‘l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ‘l cor nel lato manco.
L’amore è concepito come una forza cieca che
genera angoscia e sofferenza nel poeta, il quale si
rivela capace di un pathos doloroso ed efficace
nel momento in cui chiama la donna a vedere (v.
3) la distruzione di ogni sua facoltà vitale
determinata dall’ effetto devastante del
sentimento amoroso da lei generato.
La donna trafigge con il suo sguardo l’amante al
punto di risvegliare l’animo prima tranquillo.
Il sentimento è, pertanto, descritto in tutta la sua
drammaticità, colto e analizzato nelle sue
molteplici componenti e manifestazioni per cui il
poeta passa dall’invito alla donna chiamata a un
“ vedere” metaforico(v.3) ad un “vedere” tutto
psicologico della propria interiorità(v.14).