Dall’Amor cortese
all’Amore petrarchesco.
Lo Stilnovo
La poesia d’amore come sistema
Nella storia della letteratura europea si fissarono
successivamente tre sistemi (o convenzioni) di poesia
d'amore, ciascuno dei quali prevede una specifica
situazione dei rapporti sociali, una concezione del mondo
(ideologia) e una peculiare espressione poetica (forma). A
tali sistemi corrispondono:
a. l'amore cortese;
b. l'amore petrarchesco;
c. l'amore romantico.
Tutt'e tre produssero un modello letterario e un modello di
comportamento.
L’amore cortese in Italia - continuità
In Italia, nel XIII secolo, i poeti in lingua volgare accolsero la
convenzione dell'amore cortese, apportandovi tuttavia
innovazioni e adattamenti.
Un elemento di continuità è costituito dalla finzione
letteraria, per cui un tema (l'amore) e un oggetto
privilegiato di raffigurazione (la donna) sono astratti dalle
situazioni reali.
I testi ci introducono (e questa caratteristica perdurò anche
nel modello petrarchesco) in un universo dominato dalle
donne, visto attraverso gli occhi di uomini che amano e
adorano: la finzione compensa una realtà del tutto
diversa, in cui il mondo era dell'uomo, e violentemente
tale.
La donna come pretesto
Nelle dottrine d'amore confluì la coscienza di un
gruppo sociale. La donna fu, come dai trovatori,
eletta a «segno» rappresentativo di ogni
bellezza, bene e piacere, fu considerata una
forza capace di provocare, attraverso Amore,
ogni sorta di effetti, positivi o negativi: parlando
del suo rapporto con la donna, l'uomo perciò
parla, allusivamente, del suo rapporto con la
totalità dell'esperienza vissuta.
Letteratura cortese in Italia discontinuità
Le peculiarità della cultura urbana e le vicende
storiche del Duecento determinarono, all'interno
della concezione dell'amore cortese, alcune
modificazioni, che ci appaiono in funzione di:
- l'azione svolta dalla Chiesa che recuperava il
controllo sull'elaborazione intellettuale;
- la nuova sistemazione del sapere proposta dai
centri universitari;
- la dinamica delle forze sociali, quale si manifestò
nelle città a regime comunale.
I soggetti sociali


L'appropriazione dell'amore cortese fu un
aspetto di quella crescita della cultura laica in
volgare che ebbe i suoi soggetti storici nei ceti
urbani di maggior prestigio (corte di Federico II,
Bologna, Toscana).
La convergenza tra la storia dei gruppi sociali e
delle loro istituzioni da un lato, e, dall'altro,
l'elaborazione di un linguaggio poetico e di
forme letterarie è evidente se consideriamo un
periodo di tempo abbastanza lungo (dall'inizio
del Duecento all'inizio del Trecento).
La nuova cultura aristocratica
La nuova cultura doveva scalzare il primato della
tradizione clericale in lingua latina e
differenziarsi dall'ideologia signorile; non era
tuttavia la cultura di « tutti » e doveva quindi
proporre valori che non potessero essere accolti
indiscriminatamente, ma fondassero una nuova
« aristocrazia » (dell'intelligenza, del sapere, del
merito personale). A tutte queste esigenze
obbediscono le teorie d'amore.
I precedenti – Andrea Cappellano (XIIsec)
Noi uomini tutti da uno fummo dirivati
e uno nascimento avemmo
secondo natura: non bellezza,
non ornamento di corpo, non
ricchezza, ma sola fu prodezza di
costumi quella che prima li uomini
per nobiltà conoscere fece e nelle
generazioni indusse differenza.
Ma molti sono che da essi primi
nobili traendo sementivo
nascimento, piegando d'altra
parte tralignano divegnendo
bastardi: e se tale proposta converti, non è falsa. Adunque, sola
prodezza degna è di corona
d'amore.
Noi uomini abbiamo avuto un
unico progenitore (Adamo) e
siamo nati allo stesso modo,
nè la bellezza, nè gli
ornamenti, nè la ricchezza,
ma la virtù morale distinse gli
uomini e la loro discendenza.
Ma molti sono coloro che,
pur traendo origine da nobili
antenati, si rendono indegni
di appartenere all'aristocrazia
perchè mancano di virtù; così
al contrario, uomini di umile
origine diventano nobili per la
loro virtù.
I precedenti – Guittone d’Arezzo
Non ver lignaggio fa sangue, ma core,
ni vero pregio poder, ma vertute;
e sì grazia ed amore appo scïente.
Di cui sol pregio è gente,
nullo o parvo è pregio in ben de fore,
ma ne le interïore
ch'è donde muove lui ch'è pregio o onta:
le più fiate desmonta
a valere a pregio e a salute
bealtà d'omo, lignaggio riccore.
Non la nascita (sangue) ma l'animo
(core) determinano la nobiltà, e non
la potenza o la ricchezza (poder)
ma la virtù determinano il pregio
(sinonimo di "valore"), ed
egualmente il favore e l'amore
presso il savio (sciente). In colui in
cui solo pregio è nobile (gente), di
solito non vi sono pregi o ve ne
sono piccoli (parvo) nei beni
esteriori. Cioè: chi di nobile non ha
che l'animo, di solito non ha beni
esteriori, ma ha solo quei beni
interiori che provocano virtù o
vergogna, mentre invece il più delle
volte (le più fiate) i beni esteriori,
come la bellezza (beltà), la nascita
e la ricchezza (lignaggio e riccore)
scadono (desmonta) in valore
pregio e salute.
I precedenti - Guido delle Colonne
Ancor che l'aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura,
non cangerea natura
s'alcun vasello in mezzo non vi stasse,
anzi averria senza lunga dimora
che lo foco astutasse
o che l'aigua seccasse:
ma per lo mezzo l'uno e l'autro dura.
Cusì, gentil criatura,
in me ha mostrato Amore
l'ardente suo valore,
che senza amore er' aigua fredda e ghiaccia:
ma Amor m'ha allumato
di fiamma che m'abbraccia,
ch'eo fora consumato
se voi, donna sovrana,
non fustici mezzana
infra l'Amore e meve,
che fa lo foco nascere di neve.
Ancor...freddura: anche se l'acqua in
virtù del fuoco perde la sua
freddezza.
non...natura: non muterebbe la sua
natura.
s'alcun...stasse: se tra l'acqua e il fuoco
non si frapponesse un recipiente.
averria: accadrebbe.
dimora: ritardo.
per lo...mezzo: per l'elemento
intermedio, il recipiente.
dura: resiste.
che...ghiaccia: che senza l'amore io ero
come acqua fredda e ghiacciata.
allumato: acceso.
fora: sarei.
non fustici...meve: non foste in mezzo tra
l'Amore e me, come il recipiente tra
l'acqua e il fuoco.
che...neve: il quale amore fa nascere il
calore della passione dalla neve, da
un cuore freddo come la neve.
I poeti stilnovisti
I poeti definiti «stilnovisti» sono quasi tutti fiorentini (tranne
Guido Guinizzelli e Cino dei Sighibuldi), e furono attivi tra
il 1280 e il 1310.
Le notizie che abbiamo riguardo all'estrazione sociale, alla
formazione, all'attività professionale e politica, ci
consentono di delineare alcuni tratti comuni:
l'appartenenza a famiglie socialmente eminenti,
impegnate nella lotta per il controllo delle istituzioni di
governo della città; una formazione collegata con i nuovi
campi conoscitivi aperti dagli studi superiori, con
interessi filosofici e talora giuridici; un'intensa
partecipazione alla conflittualità politica.
Nuova classe di governo
Nella classe di governo della città si erano incontrati e
scontrati gli interessi dei ceti legati alla proprietà
fondiaria e quelli delle varie categorie di mercanti e di
artigiani. Era diffusa l'aspirazione alla stabilità, alla
realizzazione di un equilibrio, destinato a rivelarsi
presto illusorio, all'interno dei ceti economicamente e
politicamente rilevanti.
I poeti dello stilnovo fanno parte del gruppo dirigente
della società urbana: nella tematica amorosa essi
espressero, allusivamente, un'ideologia conforme a
quel progetto di egemonia culturale e politica nella cui
attuazione erano impegnati.
Una nuova cultura
Una cultura che volesse quindi proporsi come
propria dello strato superiore della società
urbana, doveva essere mediatrice, tendere alla
conciliazione:
 conciliazione tra il prestigio della nobiltà di
sangue e i meriti che le famiglie emergenti, di
origine non nobile, si attribuivano;
 conciliazione tra l'importanza assegnata
all'amore dalla tradizione cortese e la rinnovata
autorità spirituale del cattolicesimo.
Al cor gentil rempaira sempre amore
La canzone rappresenta il manifesto dello stilnovo.
In essa Guido Guinizzelli raccolse motivi di per sé
non tutti nuovi (già Andrea Capellano aveva
individuato nell'«onestà dei costumi» il
fondamento dell'amore), componendoli però in un
impianto ragionato e dottrinale;
Nell'ambizione di versificare tesi filosofiche, senza
rinunciare alla ricchezza metaforica delle
immagini, i contemporanei videro una nuova
maniera di poetare.
Al cor gentil rempaira sempre amore
come l'ausello in selva a la verdura;
né fe' amor anti che gentil core,
né gentil core anti ch'amor, natura:
ch'adesso con' fu ‘l sole,
sì tosto lo splendore fu lucente,
né fu davanti 'l sole;
e prende amore in gentilezza loco
così propiamente
come calore in clarità di foco
Amore ha sempre la sua vera
sede nel cuore nobile, come
l'uccello in selva nel verde; la
natura non creò l'amore prima
che il cuore nobile, né il cuore
nobile prima che l'amore:
appena apparve il sole,
immediatamente lo splendore
fu lucente, e non vi fu prima
del sole; e l'amore prende
posto nella nobiltà così
normalmente e
necessariamente come il
calore nella chiarezza del
fuoco.
Foco d'amore in gentil cor s'aprende
come vertute in petra preziosa,
che da la stella valor no i discende
anti che ‘l sol la faccia gentil cosa;
poi che n'ha tratto fòre
per sua forza lo sol ciò che li è vile,
stella li dà valore:
così lo cor ch'è fatto da natura
asletto, pur, gentile,
donna a guisa di stella lo 'nnamora.
Il fuoco d'amore s'accende in
cuore nobile come la virtù in
pietra preziosa, nella quale non
scende valore dalla stella prima
che il sole non l'abbia resa
(purificandola coi suoi raggi)
cosa nobile; dopo che il sole con
la sua forza ne ha tratto fuori ciò
che vi è di vile, la stella le
conferisce valore: così la donna,
agendo come la stella, innamora
il cuore che è stato fatto dalla
natura eletto, puro, nobile.
Amor per tal ragion sta 'n cor gentile
per qual lo foco in cima del doplero:
splendeli al su' diletto, clar, sottile;
no li stari' altra guisa, tant' è fero.
Così prava natura
recontra amor come fa l'aigua il foco
caldo, per la freddura.
Amore in gentil cor prende rivera
per suo consimel loco
com' adamàs del ferro in la minera.
L'amore sta nel cuore nobile per
la stessa ragione per cui il fuoco
sta in cima alla torcia: vi splende
a suo piacere (senza poter
essere dominato), chiaro, sottile:
non vi starebbe in altra guisa,
tanto è indomabile (il fuoco
tende sempre per natura verso
l'alto). La natura ignobile è
contraria ad amore come
l'acqua, per la sua freddezza, è
contraria al fuoco caldo. Amore
prende dimora nel cuore nobile
come in luogo a sé affine, come
il diamante nel minerale di ferro
(si credeva che il diamante,
come la calamita, avesse la
proprietà di attirare il ferro).
Fere lo sol lo fango tutto ‘l giorno:
vile reman, né 'l sol perde calore;
dis' omo alter: «Gentil per sclatta torno»;
lui semblo al fango, al sol gentil valore:
ché non dé dar om fé
che gentilezza sia fòr di coraggio
in degnità d'ere'
sed a vertute non ha gentil core,
com' aigua porta raggio
e 'l ciel riten le stelle e lo splendore.
Il sole colpisce continuamente il
fango: questo rimane vile, e il
sole non perde il calore; dice
un superbo: «sono nobile per
schiatta»; paragono lui al
fango, e la nobiltà vera al sole:
poiché non si deve credere
(non deve uomo dar fede) che
vi sia nobiltà fuori del cuore in
dignità ricevuta quale erede, se
(l'erede) non ha cuore nobile
disposto al vero valore: così
l'acqua si lascia attraversare
dal raggio, mentre il cielo
trattiene in sé le stelle e la
luce. La nobiltà in colui che
non è adatto a riceverla
trapassa senza trovarvi
dimora; si ferma invece in chi è
disposto ad accoglierla.
Splende 'n la 'ntelligenzia del cielo
Deo criator più che ['n] nostr' occhi 'l sole:
ella intende suo fattor oltra 'l cielo,
e 'l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
e con' segue, al primero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che ['n] gli occhi splende
del suo gentil, talento
che mai di lei obedir non si disprende.
Splende all'intelligenza angelica
motrice del cielo Dio creatore più
che ai nostri occhi il sole; ella
intuisce (cioè, vede spiritualmente,
senza mediazioni) il proprio
creatore di là dal cielo e prende ad
obbedire a Lui, imprimendo il moto
rotatorio al cielo; e come
immediatamente segue
compimento (esecuzione) perfetto
(della volontà) del giusto Dio (da
parte dell'intelligenza angelica),
così, per la verità, la bella donna,
dal momento in cui splende agli
occhi del suo nobile amante,
dovrebbe dargli volontà di non
discostarsi mai dall'obbedirla.
Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
dando l'alma mia a lui davanti.
« Lo ciel passasti e 'nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch'a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude ».
Dir Li porò: «Tenne d'angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s'in lei posi amanza».
Signora, quando l'anima mia
sarà davanti a lui, Dio mi
dirà: «Che presunzione
avesti? Attraversasti il cielo
e giungesti fino a Me e desti
Me come termine di
paragone per un vago
amore: a Me appartengono
le lodi e alla regina (Maria)
del nobile regno, per
intervento della quale resta
sconfitto ogni peccato». Gli
potrò dire: «(la donna) ebbe
aspetto d’angelo che
appartenesse al tuo regno;
non fu mia colpa, se posi in
lei amore».
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