Gottfried Wilhelm Leibniz
• Leibniz nacque a Lipsia nel 1646 da un professore di
quell’Università.
• Fu in gran parte autodidatta, studiò nella ricchissima biblioteca
paterna, poi si laureò in giurisprudenza a Lipsia, ma si occupò
anche di storia,filosofia, teologia, fisica e matematica.
• Nel 1672 iniziò a viaggiare, rientrò brevemente in Germania nel
1676 dove si stabilì definitivamente nel 1690 per dedicarsi
completamente alla sua attività di pensatore.
• Morì ad Hannover nel 1716.
• Scoprì con Newton il calcolo infinitesimale, contribuì alla
sistematizzazione del calcolo algebrico in base 2,
introdusse
concepì il disegno di una lingua filosofica
universale inoltre fondò l’Accademia delle Scienze del Belgio.
• In filosofia tentò, come Kant, di conciliare i due indirizzi
fondamentali: il razionalismo con l’empirismo, mediante la sua
teoria della monade.
La realtà secondo Leibniz non è fondata da due sostanze, come
voleva Cartesio, res cogitans e res estensa, né considerando la
materia inanimata la si può far coincidere con la mera estensione
come lui ha fatto. La sostanza , dice Leibniz, non è neppure unica e
finita, come asseriva Spinoza, essa infatti è plurale, estesa e composta
da infinite sostanze di natura dinamica e spirituale che chiama
monadi. La monade è un elemento energetico inesteso e immateriale
(anche grazie a questa concezione si passerà nel XIX sec. da una visone
meccanica della realtà ad una dinamica, che è propria anche di
Newton). La monade è inoltre unitaria, indivisibile, indissolubile, essa
è l’ultimo elemento non ulteriormente scomponibile a cui si perviene
dopo una decomposizione ideale della materia. Le monadi sono però
diverse tra loro in termini di sensibilità, intelligenza e gradi di
consapevolezza delle conoscenze, da qui tutte le differenze che noi
troviamo nella realtà. La teoria delle monadi è molto conosciuta e si
associa immediatamente a Leibniz, mentre poco si sa del Leibniz
matematico. La matematica per il filosofo doveva diventare il modello
per tutte le scienze anche per la filosofia, perché permette di sviluppare
una conoscenza rigorosa, formale e deduttiva.
• La conoscenza per il filosofo deriva dall’esperienza, ma aggiunge
anche, che non ci sarebbe alcuna conoscenza se non vi fosse l’intelletto
che la produce. Per Leibniz infatti è fondamentale per conoscere
l’esperienza sensibile, ma i sensi non sono sufficienti per fornirci di
tutta quanta la conoscenza, infatti ci offrono sempre conoscenze
particolari e mai il generali, delle verità collocate nell’esempio e non le
verità universali tipiche anche della matematica; occorre dunque l’
intervento della mente stessa con le sue strutture per completare e
ordinare quanto ci viene dal percepito. Ci sono verità necessarie di tipo
matematico, logico e geometrico che proprio perché universali e
necessarie appartengono esclusivamente all’intelletto. Da qui appunto
la polemica con Locke (empirista) che portò il Nostro alla stesura dei
“I Nuovi saggi sull'intelletto umano” dove troviamo un immaginario
dialogo tra i due filosofi sulle più importanti questioni filosofiche, tra
cui anche innatismo ed empirismo. Leibniz sostiene che le eterne
verità della ragione, quelle rette sul principio di contraddizione e le
verità matematiche, sebbene non possano essere lette dentro di noi
come in un libro aperto, sono innate virtualmente, cioè presenti in
noi in forma di inclinazioni, disposizioni, virtualità, che necessitano
per diventare chiare e distinte del dato della percezione
sensibile, ovvero c’è un innatismo di certe conoscenze, ma non è
cosciente è un innatismo virtuale.
• E’ vero che leggendo “Noi e i numeri” si comprende che in realtà non
c’è una base genetica delle abilità numeriche, e che in quanto abilità
esse si acquisiscano in modo differente a seconda del contesto in cui
vengono attivate, per cui le differenze individuali sarebbero dovute
non tanto a componenti innate, ma ad aspetti prettamente culturali.
Tuttavia ciò non vieta di supporre una predisposizione naturale
dell’uomo alla matematica, come appunto ci può suggerire la teoria di
Leibniz, dal momento che osservando la realtà che ci circonda
vediamo che è continuamente pervasa dai numeri e da forme
geometriche e organizzata attraverso di essi.
• Tornando al Leibniz, la fama del filosofo come matematico è legata
alla sua sistemazione organica del “calcolo infinitesimale”. Anche se
Newton lo accusò di plagio, i due arrivarono insieme e per strade
differenti allo stesso risultato, infatti già in alcuni appunti di Leibnitz
del 1775 vediamo che utilizzò il calcolo integrale per trovare l'area
dell'insieme di punti delimitato dalla funzione y = x.
Il presupposto del calcolo infinitesimale leibziano si lega alla
elaborazione della geometria di Cartesio e si basa sul concetto di
infinitesimo. Per Leibniz gli infinitesimi sono numeri minori in
valore assoluto di ogni numero reale, diversi da zero; un nuovo tipo
di numeri per i quali Leibniz supponeva continuassero a valere le
ordinarie regole dell'algebra e il che ci rimanda alla sua teoria delle
monadi. Con il concetto di infinitesimo fu facile introdurre i
concetti di derivata e di integrale e dedurre le regole di derivazione
e di integrazione arrivando così il calcolo infinitesimale.
Importante fu inoltre il contributo di Leibnitz al calcolo
algebrico, a lui si deve la sistematizzazione del sistema binario,
infatti anche se altri si avvicinarono alla scoperta, fu Leibniz a
rappresentare i numeri binari usando i simboli più semplici da
utilizzare, vale a dire le cifre "0" e "1", e, soprattutto, a descrivere
compiutamente le regole dell'aritmetica binaria, usando tale sistema
inventò una macchina calcolatrice in grado di fare oltre che addizioni e
sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni. Per questo contributo
possiamo anche considerarlo il primo teorico dell’informatica
perché il sistema binario è alla base del funzionamento di tutti i
computer moderni.
•
L’amore di Leibniz per la matematica e il suo rigore mentale
lo indussero a cercare di ridurre i giudizi logici ad un calcolus
ratiocinator, utilizzando non più le lingue naturali inesatte,
ma un linguaggio formale simile a quello matematico
(mathesis universalis). In questo modo ogni controversia tra
gli uomini avrebbe potuto essere risolta semplicemente
calcolando e si sarebbe potuti giungere a enunciati
universalmente validi.
• Giuseppe Peano maestro del pensiero formale battezzò nel
1898 l’impianto teorico di Leibniz come”..uno dei più
meravigliosi programmi di ricerca progressivi nella storia
della conoscenza umana, la logica matematica”.
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