Le ultime ricerche sui distretti italiani (2014) Rapporto dell’Osservatorio Nazionale Distretti Rapporto di Artimino sullo sviluppo locale AS Mediobanca (medie imprese) GABRIELE BARBARESCO, Direttore dell’Area Studi Mediobanca e Amministratore delegato di R&S FULVIO COLTORTI, Direttore emerito dell’Area Studi Mediobanca e Coordinatore scientifico dell’OND Prato, 13 ottobre 2014 1 Italia vs competitor europei: siamo ancora nel fondo del burrone… Occorre una forte spinta per ripartire Indicatori relativi calcolati su dati Eurostat - VA in % dei competitor europei sommati (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) 25.2 24.9 24 24.2 24.4 24.2 24.1 23.9 23.5 23.2 23.1 21.9 21.9 21.6 21.4 21.3 20.3 2000 2001 2002 2003 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2 2011 2012 2013 2013 Q1 2013 Q2 2013 Q3 2013 Q4 Aiuto! Ritornano…. Occorre provvedere incentivi affinché le imprese siano aiutate ad aggregarsi? Politiche per imprese singole o per territori? Prima le riforme, poi la ripresa… (Bce 9 ott 2014) Occorre preoccuparsi della stabilità dei prezzi mentre siamo in “negative inflation”? (Fmi11 ott 2014) Torniamo al rebus sulle imprese troppo piccole? … 3 L’industria manifatturiera in Europa: piccolo e grande Valore aggiunto dei maggiori Paesi manifatturieri a prezzi correnti nel 2011 – Fonte: elaborazioni su dati Eurostat 5,000 Dimensione media (VA per impresa in 000 di euro) 4,500 4,000 Svizzera 3,500 3,000 2,500 Germania 2,000 1,500 UK Paesi Bassi 1,000 Francia Svezia Spagna 500 ITALIA Polonia 0 50,000 100,000 150,000 200,000 250,000 300,000 350,000 Valore aggiunto manifatturiero (mln di euro) 4 400,000 450,000 500,000 Saldi export - import dell’Italia (mrd euro) Miliardi di euro (AS Mediobanca su dati Istat) 120 100 80 60 Beni dei DI e 4° capitalismo Beni delle GI 40 20 0 2000 2009 2012 -20 -40 5 Questi non dovrebbero dare il buon esempio? Dimensione media dei maggiori gruppi italiani –numero dipendenti, dati R&S DIPENDENTI Totale = -75% in 40 anni 60000 50000 40000 30000 20000 10000 0 1973 1978 1983 1988 1993 Maggiori 20 1998 Maggiori 40 6 2003 2008 2013 La manifattura italiana Miliardi di euro a prezzi correnti (AS Mediobanca su dati Istat) 160 140 120 100 80 60 40 20 0 2000 2009 Beni delle GI Beni dei DI e 4° cap. 7 2012 Quali sono i problemi dell’industria italiana? Superare le analisi errate Una mancata ricomposizione strutturale? No: è emerso il Quarto capitalismo Un ritardato aggiustamento alla globalizzazione? No: nel complesso ne abbiamo tratto vantaggio aumentando la qualità dei prodotti e il saldo commerciale attivo (ma ad opera delle aree distrettuali) Le difficoltà attuali? Manca la domanda interna e mancano gli investimenti Oggi chi è vincente nella manifattura italiana? Distretti e Quarto capitalismo realizzano l’intero saldo commerciale attivo 8 L’analisi econometrica sui dati delle medie imprese V. I nuovi distretti industriali, 2014, Coltorti Venanzi, pp. 79 e ss. Universi considerati: censimenti 2003-2011 per un totale di 31.512 osservazioni Dati omogenei per tipo di impresa e per elaborazione originale. Misura di produttività: valore aggiunto per dipendente deflazionato (deflatori di Germania e Francia); non usate le ore lavorate perché i dati sono inattendibili ed è più corretto il dato per dipendente (esiste lavoro svolto al di fuori dell’impresa) Misure di competitività (=capacità dell’impresa di stare nel suo mercato nel lungo periodo) : Principali risultati: - Legame inverso tra dimensione e produttività (modello di media impresa) - i luoghi non rilevano come effetto fisso ma come mediazione di altre determinanti (amplificandone o smorzandone l’impatto sulla produttività) - conta in misura prevalente la qualità della forza lavoro impiegata abbinata al capitale per addetto Non è stata considerata la PTF per molte ragioni tra cui le ipotesi irrealistiche assunte per la funzione della produzione (da cui viene ricavata), l’ipotesi anch’essa irrealistica, di presupporre regimi di mercati in concorrenza perfetta, i rendimenti di scala costanti (sono invece decrescenti), ecc. ecc. Non ultimo, i dati deflazionati con indici disomogenei tra paesi e discutibili per costruzione. 9 Il “nuovo”: addetti manifatturieri nelle aree distrettuali Elaborazioni da M.Bellandi & F.Coltorti , Distretti industriali e medie imprese, tra declino e traiettorie di sviluppo industriale in Italia, Rapporto Artimino, Il Mulino 2014; indici 2001 = 100 107.4 100 100 90.6 2001 86.2 2007 2009 Totale Medie imprese 10 94.9 90.7 81.5 2011 Quali sono i veri problemi dei distretti e come risolverli? Servono politiche attive: una proposta 11 Distretti più importanti: selezione con i kpi Fonte: F.Coltorti & L.Mastromarino, Per un piano strategico a sostegno dei distretti (Rapporto OND 2014) 14.0% MOL / Fatturato % medio 2010-2012 Q4 Q1 13.0% 33 12.0% 11.0% 14 29 10.0% 11 18 8.5% 9 6.5% 9.0% 15 6 22 1 45 13 8.0% 2 38 21 19 3 17 31 24 7 2.5% 0.5% 27 7.0% 36 40 34 20 23 5 4.5% 37 8 4 25 6.0% 28 41 5.0% Q3 43 16 35 32 30 39 4.0% 12 Variazione Fatturato 20102012 -1.5% -3.5% 10 42 12 PRATO 26 44 Q2 Cosa farebbe un imprenditore intelligente? non disperderebbe le risorse disponibili perché esse sono sempre scarse concentrerebbe le risorse sulle attività di maggior successo [ livello macro: sulle aree distrettuali perché sono le uniche ad assicurare un saldo attivo della bilancia commerciale e a creare velocemente sviluppo nei territori in Italia ] Verificherebbe attentamente i risultati delle sue azioni [ livello macro: controllo accurato dei risultati delle politiche messe in atto ; no agli incentivi automatici ] 13 Un Piano Strategico Distrettuale e un Comitato per realizzarlo Proposta metodologica Coltorti-Mastromarino – Fasi del piano 14 Il Centro NEC, la Toscana e il caso pratese: medie imprese (2003-2012) Gabriele Barbaresco Area Studi Mediobanca Prato, 13 ottobre 2014 Capacità regionale di attrarre medie imprese Indici normalizzati (0-1) ricavati dalla media equiponderata di 7 indicatori (z-scores). 1.2 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 16 Riassortimento settoriale delle medie imprese italiane (2003-2012) Incidenze % sul totale delle medie imprese italiane, insiemi aperti 33.2 39.2 38.6 10.3 14.1 18.6 31.2 32.9 2003 2012 Fatturato 2003 Maccanico 11.5 40.7 43.3 2012 2003 2012 Esportazioni Alimentare Chimico-farma 17 12.4 10.9 40.6 Valore aggiunto 12.3 10.4 9.2 12.4 36.8 35.3 41.0 12.8 12.2 20.5 32.4 39.8 14.2 13.4 11.0 31.1 BPC e altro 37.7 40.0 2003 2012 Dipendenti Peso settoriale delle medie imprese: regioni del Centro NEC Incidenze % in base al fatturato Toscana Altri 18,1% ALI 10,1% CHIPHA 10,8% Altri 13,0% Altri 13,2% CHIPHA 8,8% BPC 36,4% MEC 24,6% Marche Umbria ALI 41,8% ALI 5,0% CHIPHA 10,3% BPC 44,9% MEC 19,6% MEC 26,8% BPC 16,6% Made in Italy: 59,0% Made in Italy: 53,2% Made in Italy: 66,4% HT-MHT: 32,3% HT-MHT: 23,0% HT-MHT: 23,0% Totale MI: 205 Totale MI: 50 Totale MI: 145 Il 79% della meccanica Toscana appartiene al segmento HTMHT, contro il 68% della media nazionale. 18 “In medio stat virtus”? Non più, il valore si genera a monte e a valle Valore aggiunto e fasi del ciclo produttivo Valore aggiunto R&D Servizi post-vendita Design “In molte imprese manifatturiere le funzioni esecutive e manuali, tipicamente operaie, sono divenute marginali, mentre sono aumentate quelle più squisitamente terziarie. Al punto che si fatica a distinguete dove finisce la “fabbrica” e dove iniziano i “servizi”. Siamo così in presenza di fenomeni di ibridazione che evidenziano i processi di trasformazione del manifatturiero, difficilmente catalogabili secondo i criteri tradizionali” Marketing Logistica Logistica Produzione “fisica” Daniele Marini, Nord Est 2013 Attività pre-produttive Produzione fisica 1970s Attività post-produttive 2000s 19 Fasi del ciclo La rifocalizzazione sui servizi nelle medie imprese italiane: i gruppi societari Composizione per attività e ubicazione delle controllate da medie imprese, Centro NEC (altre aree per comparazione) 46,7% NO: 49,7% NE: 51,0% 53,7% NO: 54,5% NE: 53,2% 35,6% NO: 31,9% NE: 33,8% 43,8% NO: 43,3% NE: 41,5% 64,4% NO: 68,1% NE: 66,2% 56,2% NO: 56,7% NE: 58,5% 2003 2012 Imprese di servizi nazionali Imprese manifatturiere nazionali NO: 88,5% NE: 90,4% 53,3% NO: 50,3% NE: 49,0% 46,3% NO: 45,5% NE: 46,8% 77,0% 90,7% NO: 11,5% NE: 9,6% 9,3% 2003 Imprese manifatturiere 2003 2012 Imprese di servizi Imprese manifatturiere estere 20 NO: 72,2% NE: 75,9% 23,0% NO: 27,8% NE: 24,1% 2012 Imprese di servizi estere Alcune aree del Paese hanno spinto di più sui Paesi a basso costo … Quota % di controllate manifatturiere estere in economie avanzate o in via di sviluppo nel 2012 (tassonomia FMI) 61.3 64.9 57.0 43.0 38.7 35.1 Advanced Nord Ovest Emerging and developing Nord Est 21 Centro NEC … ma non è bastato a premiare i margini e la redditività … N. Indice delle differenze tra roi al netto delle imposte e WACC (universo delle medie imprese) 103.8 103.0 100.0 100.5 100.4 100.0 101.5 101.2 100.3 102.2 100.9 102.8 102.4 100.9 100.0 100.8 100.7 99.0 Per portare il Centro NEC in equilibrio (100 finale): 1. 2. 3. 4. 2004 2005 2006 Nord Ovest 2007 2008 Nord Est 22 99.3 98.6 97.0 97.4 95.9 Aumento del ROI del 20%; Riduzione del tax rate del 30%; Riduzione del 60% del costo del debito; Riduzione del 30% del premio al rischio imprenditoriale. 2003 99.7 2009 96.3 95.3 94.7 2010 Centro NEC 2011 94.1 2012 ... che invece beneficiano del migliore presidio dei mercati esteri Incidenza dell’export sul fatturato (in %) 43.6 41.6 40.5 40.0 37.8 39.7 40.2 38.6 40.6 36.5 35.4 34.5 37.2 35.3 38.3 37.5 36.2 36.0 34.2 30.4 30.0 2003 2004 36.8 33.5 31.6 2005 Nord Ovest 32.0 32.4 2006 2007 37.9 33.9 32.3 31.3 2008 Nord Est 23 2009 2010 Centro NEC 2011 2012 Emorragia demografica delle medie imprese pratesi e del tessile … N. indici del numero di imprese; insiemi aperti 100.0 Medie imprese pratesi: 1. Erano 38 nel 2003 (89,5% nel tessile-abbigliamento); 53.7 2. Sono 17 nel 2012 (71% nel tessile); 50.0 3. Le sole 4 medie imprese pratesi non operanti nel tessile-abbigliamento presenti nel 2003 sono presenti anche 2013; 44.7 4. L’80% dei deflussi è dovuto a regresso dimensionale, il 20% a fallimenti o consolidamenti 2003 2004 2005 2006 Tessile Italia 2007 2008 Tessile CNEC 24 2009 Prato 2010 2011 2012 … e profili economico-patrimoniali anche peggiori del settore N. indici di fatturato (alto sinistra), valore aggiunto (alto destra) e dipendenti (basso sinistra) e Clup % (basso destra); insiemi aperti 65.6 60.0 61.4 63.8 56.3 53.7 2003 2004 2005 Tessile Italia 2006 2007 Tessile CNEC 2008 2009 2010 Tessile Toscana 2011 57.5 54.3 2012 2003 Prato 2004 2005 Tessile Italia 2006 2007 Tessile CNEC 2008 2009 2010 Tessile Toscana 2011 2012 Prato 81.7 48.1 46.4 45.3 45.2 2003 2004 2005 Tessile Italia 2006 2007 Tessile CNEC 2008 2009 2010 Tessile Toscana 2011 80.5 76.7 73.0 2012 Prato Tessile Italia 25 Tessile CNEC Tessile Toscana Prato In sintesi: esiste una quinta via? I settori strutturalmente in crisi e declino (es., il tessile) hanno quattro strade di fronte a sé: 1. Profonda riqualificazione, attraverso nuove idee imprenditoriali che promuovano “(…) l’orientamento alla produzione di qualità e all’utilizzo di competenze specifiche del territorio”, anche attraverso “(…) l’introduzione continua di nuovi saperi e competenze tecnico-professionali, allontanando progressivamente le produzioni del territorio da una competizione basata sul prezzo e, di conseguenza, sui costi di prduzione” (G. Garofoli, in “Nuovi distretti industriali”, Il Mulino, pag. 52). Ma “(…) i lanifici (pratesi) sostengono che la provenienza da una ‘tradizione di stracci’ non ha contrbuito a creare per Prato un nuovo segno distintivo di qualità (…)” (Lombardi e Macchi, ibidem, pag. 166). Servono quindi: coraggio imprenditoriale e inventiva, sostegno del contesto ambientale (istituzioni locali, scuole e università) e capitali (ceto bancario); 2. Cessione dell’attività industriale ad acquirenti (anche stranieri) che abbiano maggiore talento imprenditoriale ed estraggano il valore inespresso (realizzando quanto sub. 1). Rischio: il nuovo acquirente non porta innovazione imprenditoriale, ma offre uno scambio tra “know how” (di cui si appropria, anche trasferendolo all’estero) e “mercato”, favorendo l’accesso a nuovi mercati su cui già opera; 3. Scelta di competere sul terreno dei costi, attraverso la delocalizzazione, con sradicamento dei saperi e delle competenze locali. Rischio: approccio miopico e non sostenibile nel lungo periodo, anche per il venire meno dei vantaggi di costo iniziali, l’insorgere di complessità organizzative e lo scadimento qualitativo (da cui i fenomeni di “reshoring”); 4. Abbandono del settore in crisi/declino e trasferimento dei capitali e delle competenze verso i settori in espansione (meccanica, alimentare, farmaceutico). Servono: straordinario impegno delle istituzione per sostenere i trasferimenti e riorientare le qualifiche professionali, flessibilità e mobilità dei fattori, coraggio e senso “solidale” dell’imprenditore che assume su di sé il rischio dell’esito della riqualificazione professionale. 26