Laboratorio “L’aritmetica della macchine e la macchina della mente” Anno Scolastico 2011/12 I TRANSISTOR E LA MICROELETTRONICA LICEO SCIENTIFICO LICEO SCIENTIFICO con opzione SCIENZE APPLICATE LICEO CLASSICO “Federico Quercia” Marcianise Il transistor è un dispositivo a semiconduttore largamente usato sia nell'elettronica analogica che nell'elettronica digitale. Le principali funzioni che gli vengono affidate all'interno di un circuito elettronico sono: L'amplificazione di un segnale in entrata. Il funzionamento da interruttore (switcher). Esistono principalmente due diverse tipologie di transistor, il transistor a giunzione bipolare (BJT) ed il transistor ad effetto di campo, ed è possibile miniaturizzare i dispositivi di entrambe le categorie all'interno di circuiti integrati, il che li rende un componente fondamentale nell'ambito della microelettronica. Sono solidi con caratteristiche intermedie tra conduttori e isolanti, i principali rappresentanti sono il silicio e il germanio. I loro atomi formano cristalli impegnando, ciascuno, tutti e quattro gli elettroni di valenza in altrettanti legami con gli atomi vicini. Si Si Si Si Si Si Si Si Si Tali elettroni producono una banda di valenza completamente piena. A differenza degli isolanti, però, nei semiconduttori il gap di energia fra la banda di valenza e la banda di conduzione è piuttosto stretto. Semiconduttori Quando un elettrone passa nella banda di conduzione , rimane uno stato elettronico libero nella banda di valenza, chiamato lacuna. Alla conduzione di corrente attraverso un semiconduttore contribuiscono sia gli elettroni sia le lacune, che si comportano come cariche elementari mobili di segno positivo. Elettrone libero Si lacuna Si Si Si Gli elettroni si spostano verso sinistra le lacune verso destra Tutte le proprietà descritte sono comuni ai cosiddetti semiconduttori intrinseci, cioè ai cristalli privi di impurità. Le proprietà elettriche dei semiconduttori possono essere modificate, inserendo nei cristalli delle impurità, ovvero atomi di altri elementi. Si ottengono così i semiconduttori drogati. A seconda dell’impurità scelta per il drogaggio si ottengono: Semiconduttori di tipo n Semiconduttori di tipo p Semiconduttori di tipo n Introducendo, ad esempio, atomi di arsenico (che hanno 5 elettroni di valenza, uno in più del silicio), si ha una diminuzione della resistività elettrica. L’atomo di arsenico, oltre a mettere in comune quattro elettroni con altrettanti atomi di silicio, ne libera un quinto, che può allontanarsi. Così, si formeranno lacune in numero minore rispetto agli elettroni liberati. Un semiconduttore drogato con atomi donatori (arsenico) è detto, appunto, semiconduttore di tipo n, dove ‘’n’’ sta per ‘’negativo’’. Si Si Si Si As Si Si Si Si Semiconduttori di tipo p Se invece il silicio viene drogato con atomi di boro, si ottiene un semiconduttore di tipo p (positivo). Qui la conduzione dell’elettricità è dovuta soprattutto al movimento delle lacune. Poiché ogni atomo di boro ha a disposizione per i legami soltanto 3 elettroni, in uno dei quattro legami con gli atomi di silicio rimane una lacuna, che viene facilmente riempita da un elettrone. Si Si Si Si B Si Si Si Si Gli atomi di impurità che si comportano come il boro sono chiamati accettori. Con il termine giunzione p-n si indica l‘interfaccia che separa le parti di un semiconduttore sottoposte a drogaggio di tipo differente. La giunzione p-n è composta da due zone: una ad eccedenza di lacune (strato p). una con un eccesso di elettroni (strato n) Giunzione - Tipo p Migrazione di cariche + + + + + Tipo n La giunzione p-n possiede alcune interessanti proprietà che vengono sfruttate nell'elettronica moderna. Gli elettroni liberi, più abbondanti nella parte n, migrano nella parte p, e le lacune più abbondanti nella parte p, migrano nella parte n. Descrizione Si forma un sottile strato neutro, chiamato regione di svuotamento (depletion layer), che assume le proprietà di un cattivo conduttore. Le due estremità, invece, mantengono le caratteristiche di buoni conduttori. Regione di svuotamento - Tipo p + + + + + Tipo n Migrazione didi cariche Migrazione cariche Le giunzioni p-n sono comunemente usate come diodi: dispositivi elettronici che permettono un flusso di corrente in una direzione ma non in quella opposta. Descrizione Questo risultato può essere ottenuto incrementando o riducendo l'estensione dello strato non conduttivo (la zona svuotata) grazie agli effetti della polarizzazione Simbolo del diodo Il termine polarizzazione indica l'applicazione di una tensione elettrica alla giunzione p-n. La tensione esterna influenza la dimensione, richiamando un maggiore o minore numero di portatori. Esistono 2 tipi diversi di polarizzazioni : • Polarizzazione diretta • Polarizzazione inversa Si ha polarizzazione diretta quando la parte di tipo p è connessa al terminale positivo del generatore di tensione, mentre la parte di tipo n è connessa al terminale negativo. Corrente diretta p n + - Quando la giunzione p-n è polarizzata direttamente, la zona di svuotamento si riduce; le lacune e gli elettroni possono scorrere liberamente, grazie alla bassa resistenza incontrata nella giunzione. Attraverso la giunzione passa una corrente , detta corrente diretta La polarizzazione inversa si ottiene collegando la regione di tipo p al terminale negativo dell'alimentazione e la regione di tipo n al terminale positivo. Corrente inversa p n + Quando la giunzione p-n è polarizzata inversamente, le lacune della parte p e gli elettroni della parte n sono attratti, rispettivamente dal polo negativo e dal polo positivo della batteria. La regione di svuotamento diventa così più ampia. Si crea una corrente molto debole detta corrente inversa. Celle solari La cella solare a giunzione si basa sull’assorbimento da parte del lato p di fotoni, la cui energia permette la transizione di un elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione. Fotoni Strato p Strato n Ciò causa un eccesso di cariche positive in p e di cariche negative in n, e la produzione di una corrente, la cui intensità è proporzionale al numero di fotoni assorbiti e quindi all’intensità della luce. LED Il LED (Light Emission Diode) funziona in un certo senso al contrario della cella solare. Infatti, in condizioni di forte polarizzazione diretta, si accumulano moltissimi elettroni in p e lacune in n. Quando gli elettroni e le lacune si ricombinano, decadono dai livelli energetici più alti, emettendo fotoni a determinate frequenze. Brattain, Shockley e Bardeen. I tre scienziati americani - che vediamo nell'immagine sono, di fatto, i tre inventori del transistor. Che qualcosa del genere potesse funzionare si era capito anche prima, e alcune intuizioni di base risalgono ai primi del '900. Ma furono loro tre a risolvere i problemi fisici e tecnologici alla base del transistor. L'obbiettivo era trovare un marchingegno che amplificasse un segnale, quello che corre sui cavi telefonici, per esempio. Anzi, proprio da questa esigenza, fondamentale per l'espansione della telefonia, si era partiti alla ricerca di qualcosa che funzionasse meglio dei tubi a vuoto, dispositivi dalla rottura facile e produttori di grande calore. Durante la II guerra mondiale, le battaglie erano vinte da chi per primo individuava aeroplani, navi, o sommergibili nemici. Per dare agli alleati un vantaggio, scienziati britannici e americani svilupparono la tecnologia del radar per "vedere" a centinaia di miglia, anche di notte. La ricerca volta a migliorare il radar aiutò anche la ricerca sul transistor. Il radar degli anni intorno al 1940 era costituito da un cristallo a semiconduttore, o "raddrizzatore“ che funzionava spedendo un'onda radio ed analizzando l'onda riflessa che rimbalzava fuori da tutti gli oggetti presenti nell'aria. Il lavoro del raddrizzatore doveva tradurre il segnale riflesso in corrente continua necessaria per la visualizzazione sullo schermo. Provando differenti semiconduttori e drogandoli con materiali differenti, i ricercatori dimostrarono che i rivelatori migliori erano fatti con cristalli di germanio Alla fine della II guerra mondiale, i Laboratori Bell erano in grande fermento. Il presidente dei laboratori, Mervin Kelly, riteneva che la scienza dei semiconduttori avrebbe potuto fornire un nuovo genere di amplificatore da sostituire ai tubi a vuoto (valvole) nei dispositivi telefonici che amplificavano i segnali di voce viaggianti attraverso i fili del telefono, che stavano raggiungendo i limiti del loro potenziale. Un amplificatore a semiconduttore, più robusto e più efficiente di una tubo a vuoto, avrebbe potuto avere anche altri usi. Fra i clienti più probabili c’era l’esercito degli Stati Uniti. Mentre la guerra fredda iniziava, le agenzie militari investivano sontuosi fondi in qualunque genere di ricerca che potesse risultare utile a lungo termine. Valvola di Fleming degli inizi del Novecento Il fisico William Shockley e il chimico Stanley Morgan erano stati incaricati dalla Bell di organizzare un gruppo di ricerca, nel quale furono inseriti Walter Brattain e John Bardeen. La loro ricerca era basata sulle teorie della meccanica quantistica applicata ai semiconduttori, sviluppata durante gli anni ’30. Era un gruppo fenomenale e creativo: ogni ricercatore del gruppo proveniva da uno specifico campo di specializzazione, in modo che se uno rimanesse incastrato su un esperimento ci fosse sempre nel gruppo una persona competente nel campo a cui chiedere aiuto. John Bardeen Shockley dirigeva tutto, dando suggerimenti, ma tuttavia permettendo che ciascuno lavorasse autonomamente in libertà. Walter Brattain Nel dicembre del 1947 Walter Brattain e John Bardeen realizzarono un importantissimo esperimento. Avevano capito che i componenti chiave erano una lastra di germanio e due punte di contatto d’oro separate tra loro, giusto una frazione di millimetro. Walter Brattain mise un nastro di un foglio d’oro intorno ad un triangolo di plastica e lo affettò ad uno dei vertici. Mettendo quel punto del triangolo delicatamente sul germanio, vide un effetto fantastico: il segnale entrava attraverso un contatto d'oro ed aumentava mentre correva verso l'altro estremo. Il primo transistor a punte metalliche era stato realizzato. Le prestazioni dei primi transistori erano molto scarse; essi avevano un guadagno e un’ampiezza di banda bassi, erano rumorosi e le loro caratteristiche variavano molto da dispositivo a dispositivo. Scockley capì che le difficoltà nascevano dalle punte di contatto. Mentre il resto del gruppo lavorava piacevolmente su come migliorare le tecniche di amplificazione con i semiconduttori, Shockley si concentrava sulle sue proprie idee, non lasciando che nessuno sapesse cosa stava facendo in laboratorio. Il 23 gennaio 1948 mentre era seduto al tavolo della cucina, illuminata dalle prime luci del giorno, ebbe una improvvisa intuizione: costruire un transistor della forma di un "sandwich". William Shockley Si sarebbe trattato di un sandwich a tre strati: i semiconduttori delle parti esterne avrebbero dovuto avere elettroni in eccesso, mentre la parte centrale avrebbe dovuto avere pochi elettroni. B E C Lo strato centrale si sarebbe dovuto comportare come un rubinetto: pilotandolo in tensione su e giù, questo avrebbe dovuto regolare il flusso di corrente nel sandwich aumentandola o interrompendola a seconda della propria volontà. Nel luglio del 1951 i Laboratori Bell annunciarono l'invenzione di un transistor a giunzione funzionante ed efficiente. Inoltre, ebbero una brillante intuizione: lo sviluppo del transistor si sarebbe attuato molto più velocemente se avessero aperto il campo ad altre aziende. Così, nel settembre del 1951, ospitarono un simposio per fare conoscere che cosa il transistor avrebbe potuto fare. I partecipanti al congresso erano circa 300 tra scienziati e ingegneri e tutti tornarono alle loro rispettive aziende con un buona impressione su ciò che il transistor avrebbe potuto fare, ma poche idee su come poterne costruire uno. Per quella conoscenza, Bell chiedeva alle aziende $25.000 in cambio dei diritti di licenza. Ventisei aziende, sia dagli Stati Uniti che dall’estero, sottoscrissero questo privilegio. C’erano sia grandi aziende, come l'IBM e la General Electric, ma anche aziende più piccole, tra le quali la allora sconosciuta Texas Instruments. I transistor potevano essere utili al tempo per realizzare telefoni aziendali e ad una manciata di scienziati per costruire i calcolatori elettronici, ma ciò non era abbastanza per sviluppare un'industria. Le aziende stavano comprando in maniera veramente interessata le autorizzazioni del transistor dalla Bell, ma se avessero voluto far salire le vendite dei loro prodotti avrebbero dovuto fornire transistor per apparecchi di massa. Ciò accadde con le radio e soprattutto con le radioline portatili. La Regency TR1, la prima radio a transistor del mondo $49.95 (1954) Con la radio a transistor, la musica e le informazioni diventarono improvvisamente portatili. Non importava se il posto dove eri fosse isolato, avresti potuto sentire le notizie del mondo. E gli adolescenti avrebbero potuto ascoltare inaspettatamente musica ovunque lo desiderassero, lontano dagli orecchi degli adulti; ciò fu la scintilla della rivoluzione musicale: il rock n' roll. A Bardeen, Brattain e Schockley fu assegnato il premio Nobel per la fisica nel 1956 per l’invenzione del transistor e per il loro contributo alla comprensione dei semiconduttori. Questo è stato il primo premio Nobel assegnato per un dispositivo ingegneristico in quasi 50 anni. Il più semplice transistor sviluppato è costituito da una doppia giunzione, cioè da tre regioni diversamente drogate di un cristallo semiconduttore. La regione centrale del transistor è detta base, le due regioni estreme sono dette emettitore e collettore. Abbiamo due diversi tipi di transistor: Transistor p-n-p: dove la base ha un drogaggio di tipo n e le regioni estreme un drogaggio di tipo p. p emettitore n p base collettore Simbolo nei circuiti elettrici Il più semplice transistor sviluppato è costituito da una doppia giunzione, cioè da tre regioni diversamente drogate di un cristallo semiconduttore. La regione centrale del transistor è detta base, le due regioni estreme sono dette emettitore e collettore. Abbiamo due diversi tipi di transistor: Transistor n-p-n: dove la base ha un drogaggio di tipo p e le regioni estreme un drogaggio di tipo n. n emettitore p n base collettore Simbolo nei circuiti elettrici Il nome transistor è la fusione dei termini transfer e resistor. Ciò suggerisce la funzione del dispositivo: un elemento di circuito la cui resistenza variabile consente di controllare il “trasferimento” di un segnale elettrico da terminale di ingresso (l’emettitore) a quello di uscita (il collettore). Nel caso di un transistor p-n-p, affinché il dispositivo sia percorso da corrente, non è sufficiente collegare l’emettitore al polo positivo e il collettore al polo negativo di un generatore. In tal caso, infatti, la giunzione p-n sarebbe polarizzata direttamente e quindi attraversata da corrente, ma il flusso di carica verrebbe bloccato dalla giunzione n-p polarizzata inversamente. + E B C p n p - Occorre quindi abbassare ulteriormente il potenziale della base attraverso l’utilizzo di un secondo generatore in modo tale da accelerare verso il collettore le lacune che attraversano una giunzione e permettere a queste di oltrepassare il piccolo spessore della base ricombinandosi solo in minima parte con gli elettroni di conduzione presenti nella base stessa. + Quando il transistor è alimentato nel modo descritto, quasi tutta la corrente che entra nell’emettitore esce dal collettore e nel ramo collegato con la base ne scorre solo una frazione trascurabile. + E B C p n p - Un transistor n-p-n invece ha lo stesso comportamento, ma attraverso di esso l’elettricità è trasportata dagli elettroni anziché dalle lacune. Perciò il verso convenzionale della corrente cambia e i collegamenti con i poli del generatore devono essere invertiti. - + n - + p n La microelettronica, nata con l’invenzione del transistore nel 1947, ha avuto un progresso straordinario. Oggi possiamo progettare e costruire circuiti integrati che hanno fino a due miliardi di transistori per chip. Per i primi dieci anni i transistori furono costruiti uno alla volta, usando il germanio come elemento semiconduttore. Nel 1959, l’invenzione del processo planare alla Fairchild Semiconductor, ad opera dell’ingegnere svizzero Jean Hoerni, fa cambiare tutto. Si iniziò così a costruire i transistori, un centinaio alla volta, su di una piastrina di silicio. Il primo circuito integrato costruito con il processo planare Con il processo planare, visto che i transistori erano costruiti uno accanto all’altro, venne naturale pensare di collegarli insieme, realizzando così il circuito integrato, una svolta decisiva per la microelettronica. Un circuito integrato è costituito da un singolo modulo (chip) di materiale semiconduttore, di pochi millimetri di lato, entro cui sono costruiti e interconnessi diversi tipi di componenti diodi, transistor , resistori ecc. Tutti questi componenti sono prodotti introducendo in maniera controllata piccole quantità di impurità di diverso tipo in una singola fetta (wafer) di silicio. I circuiti integrati hanno trovato immediata applicazione nella costruzione dei computer oltre per le piccole dimensioni e il basso consumo, anche per il fatto che i segnali elettrici in un cristallo si propagano molto rapidamente. Wafer di silicio Ulteriore tappa fondamentale della microelettronica fu l’invenzione di un nuovo tipo di transistore, il transistore MOS (Metallo Ossido Semiconduttore), che una volta perfezionato cominciò a sostituire i transistori bipolari usati in tutti i primi circuiti integrati. Con l’invenzione del processo MOS fu possibile costruire le prime memorie a semiconduttore e il primo microprocessore. Nel 1965, Gordon Moore, uno dei due fondatori dell’Intel (1968), allora capo dei laboratori di ricerca della Fairchild Semiconductor, osservò che ogni anno il numero di transistori in un circuito integrato raddoppiava, pronosticando che questo comportamento sarebbe continuato nel futuro. Questa osservazione venne più tardi chiamata la legge di Moore. Scema di un MOS-FET Nel campo dei microprocessori il progresso è stato sorprendente. Il primo microprocessore, l’Intel 4004, introdotto nel mercato nel 1971, integrava circa 2300 transistori in un’area di 12 mm2, era in grado di eseguire circa 100.000 istruzioni al secondo, operanti su 4 bit alla frequenza di circa 750 kHz. Primo microprocessore Intel 4004 (1971) Se confrontiamo il 4004 con il microprocessore Intel Xeon L5420, introdotto all’inizio del 2008, possiamo verificare lo straordinario progresso fatto in 37 anni. Lo Xeon integra circa 820 milioni di transistori, occupa un’area di 210 mm2 esegue fino a 20 miliardi di istruzioni per secondo, ciascuna operante su 64 bit. La frequenza di clock è di 2,5 GHz e durante ciascun periodo di clock, il chip esegue fino ad 8 istruzioni in parallelo. Intel Xeon L5420 (2008) Nella storia del progresso tecnologico, la microelettronica ha superato di gran lunga qualsiasi altra disciplina nell’aumentare le prestazioni nel tempo, mantenendo lo stesso costo. Oggi sta incontrando difficoltà sempre più grandi, mano a mano che ci avviciniamo alle dimensioni molecolari. L’industria dei semiconduttori ha fatto ricerca per molti anni allo scopo di scoprire materiali ad alta costante dielettrica da sostituire al silicio. Solo così è possibile aumentare le prestazioni del transistore. Malgrado queste difficoltà, si ipotizza che sarà possibile avere chip dell’ordine delle decine di nm in produzione nel 20152020, allungando solo di poco la tabella di marcia prevista dalle legge di Moore. La nanoelettronica è oggi più scienza che tecnologia. Di fatto non ha ancora raggiunto il livello di commercializzazione benché il progresso negli ultimi dieci anni sia stato fenomenale. Alla scala del nanometro esistono proprietà elettriche e magnetiche sorprendenti in materiali sia vecchi che nuovi. Il problema da risolvere è ben maggiore di quello di fare semplicemente un transistore più piccolo. È necessario anche che il nuovo dispositivo sia molto più veloce, dissipi molta meno energia, sia collegabile ad altri dispositivi a costo inferiore e con affidabilità almeno equivalente a quella dei circuiti integrati convenzionali. Un problema monumentale! Transistore quantum-dot, fabbricato su di un nastro di grafene largo qualche nanometro all’Università di Manchester nel 2007. Il transistore è al centro dell’immagine, ma non è visibile. Le strutture visibili sono i contatti elettrici con il grafene. Per far ciò è necessario trovare un nanomateriale con proprietà di conduzione elettrica eccezionali. Si ipotizza che questo materiale possa essere il grafene. Il grafene è una delle molte forme allotropiche del carbonio, è stato isolato per la prima volta nel 2004. Si tratta di un solo strato molecolare di carbonio dove gli atomi sono disposti in un reticolato esagonale su di una superficie piana. Immagine al microscopio a forza atomica di un singolo strato di grafene Il grafene è composto da un solo strato molecolare di carbonio, con un atomo di carbonio su ciascun vertice di un reticolato esagonale il cui lato misura 0,142 nm. La mobilità degli elettroni nel grafene è molto più alta della mobilità degli elettroni nel silicio, dando la possibilità teorica di fare transistori delle dimensioni di pochi nanometri che possono operare alla frequenza di un Tera Hertz (1000 GHz) Struttura del grafene Non si può fare a meno di notare la possibilità concreta e inaspettata che l’hardware del futuro possa anch’esso essere basato sul carbonio, lo stesso elemento magico che ha permesso alla natura di evolvere la vita e creare la nanomacchina più avanzata del sistema solare: l’uomo Record in miniatura: il transistor composto soltanto da un atomo È il limite della fisica: realizzato in Australia Arriva dieci anni prima del previsto È un record in miniatura: un gruppo di scienziati australiani ha prodotto il transistor più piccolo al mondo. È perfettamente funzionante, fatto con un solo atomo di fosforo posizionato con estrema precisione su una superficie di silicio. I transistor sono dei piccoli dispositivi elettronici a semiconduttore, dotati di tre o più terminali, in grado di amplificare la potenza di un segnale elettrico. Sono componenti principali della microelettronica: tanto più è possibile sistemarne su una singola superficie, quanto più efficiente sarà un chip. Tuttavia, il team di fisici attorno a Martin Fuechsle dell'università australiana del Nuovo Galles del Sud a Sydney, placa gli animi e ammette che ci vorranno ancora anni fino a quando la tecnica potrà essere messa in pratica. Dal Corriere della Sera.it – Scienze Febbraio 2012 Realizzato da Bizzarro Giuseppe – 5a C Di Maio Nicola – 3a C Laurenza Pasquale – 5a C Lieto Raffaele – 4a C Marino Pietro – 5a C Mozzillo Giuseppe – 3a C Piccolo Antonio – 4a C Piccolo Luigi – 5a C Russo Gaspare – 5a C Vitale Fabio – 5a C Vitale Pasquale – 5a C Referente : Prof. Vincenzo Serafino