Le Impugnazioni in generale Università di Pisa, 26 Novembre 2013 I termini per impugnare: Termini Brevi (art. 325 c.p.c.) Il codice di procedura stabilisce termini perentori entro cui, a pena di decadenza, devono essere proposti i mezzi di impugnazione: - Trenta giorni per proporre appello, revocazione e opposizione di terzo revocatoria - Sessanta giorni per proporre ricorso per Cassazione. Il mancato rispetto di tali termini potrà essere rilevato dal giudice anche d’ufficio e produrrà l’effetto dell’inammissibilità dell’impugnazione. Decorrenza dei termini brevi I termini brevi per impugnare decorrono dalla data di perfezionamento della notifica della sentenza. Quando la parte si è costituita a mezzo di difensore tecnico, la notificazione della sentenza deve essere effettuata al procuratore costituito nel domicilio eletto. Se la notifica è fatta alla parte personalmente, essa è inidonea a produrre l’effetto della decorrenza del termine Eccezioni alla decorrenza dei termini brevi (art. 326 c.p.c.) L’art. 326 c.p.c. fissa alcune eccezioni alla regola generale della decorrenza dei termini per l’impugnazione: a. Nei casi di revocazione straordinaria di cui all’art. 395 numeri 1, 2, 3 e 6 c.p.c., il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza che accerta il dolo del giudice; b. Nei casi di revocazione proposta dal Pubblico Ministero di cui all’art. 397 c.p.c., il termine decorre dal momento in cui il Pubblico Ministero ha avuto conoscenza della sentenza; c. Nel caso di opposizione di terzo revocatoria di cui all’art. 404 comma 2 c.p.c., il termine decorre dal giorno in cui il terzo ha scoperto il dolo o la collusione delle parti in suo danno. Termine Lungo (art. 327 c.p.c.) Chi vi abbia interesse può scegliere se notificare la sentenza alla propria controparte, facendo dunque decorrere i già analizzati termini brevi, oppure non notificarla. Che cosa accade se la sentenza non è stata notificata alla parte? L’art. 327 c.p.c. prevede un termine lungo di decadenza dell’impugnazione, pari a sei mesi decorrenti dalla pubblicazione della sentenza (la pubblicazione avviene mediante il semplice deposito in cancelleria). Il termine lungo si applica anche nel caso in cui la notifica vi sia stata, ma sia risultata nulla. La parte contumace La parte contumace può impugnare anche dopo il decorso del termine lungo di sei mesi, se riesce a dimostrare una delle seguenti circostanze: Mancata conoscenza del processo per nullità della citazione o della notifica della stessa; Nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c., ovvero di particolari atti processuali che, data la loro rilevanza, devono essere notificati alla parte contumace, così da consentire alla stessa una determinazione consapevole circa la propria mancata partecipazione al processo. La controparte può tuttavia provare che, nonostante tali circostanze, il contumace era effettivamente a conoscenza del processo. Interruzione e sospensione dei termini I termini per proporre impugnazione possono essere interessati da vicende interruttive o sospensive. - Se la parte muore o perde la capacità, il termine breve si interrompe e riprenderà a decorrere dal giorno in cui sia rinnovata la notificazione della sentenza, che nei confronti degli eredi potrà anche essere fatta collettivamente e impersonalmente nell’ultimo domicilio del defunto. - Se gli stessi casi di cui sopra si verificano dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, il termine lungo è prorogato di sei mesi. La regola ha perso rilevanza pratica a seguito della l. 69/09. Interruzione e sospensione dei termini (segue) - In caso di ricorso per Cassazione, il termine per impugnare può essere sospeso ove sia stata proposta revocazione della sentenza. Esso è altresì sospeso in caso di regolamento facoltativo di competenza; - Se i termini scadono durante la sospensione feriale, essi rimangono sospesi e riprendono a decorrere dopo tale periodo. Acquiescenza La possibilità di impugnare la sentenza viene meno, nel caso in cui la parte abbia fatto acquiescenza, ovvero abbia tenuto un comportamento univoco incompatibile con la successiva impugnazione. Acquiescenza Tacita Espressa Acquiescenza Totale Parziale Soccombenza Anche in sede di impugnazioni vale il presupposto processuale dell’interesse ad agire: per proporre un mezzo di impugnazione occorre avere interesse ad impugnare. L’interesse ad impugnare si valuta in base al concetto di soccombenza: è soccombente nel processo chi non abbia ottenuto l’accoglimento delle proprie conclusioni. La soccombenza può essere reciproca, nel caso in cui ciascuna delle parti abbia viste parzialmente respinte le conclusioni rispettivamente formulate.