Francesca Borromeo FABRIZIO DE ANDRÈ E LA REINTERPRETAZIONE DEL BRUTTO E DEL BELLO Relatore: Prof. Mario Dossoni Correlatore: Prof. Federica Da Milano CHE COS’È IL BRUTTO? CHE COS’È IL BELLO? Fabrizio De Andrè nelle sue canzoni stravolge le convinzioni comuni, ribaltando i ruoli, presentando un’idea diversa di ciò che è brutto e ciò che è bello. Parla di ultimi, di disadattati, di emarginati e dimenticati da Dio, riscattandoli dalla loro condizione di inferiorità. ARCHETIPI DI BRUTTEZZA Greci: bruttezza fisica e bruttezza morale Ad un aspetto disdicevole si associa un animo malvagio Arpie Chimere Caronte Polifemo Storpi Cattivi di film e cartoni animati In “Bocca di Rosa”, “La città vecchia” e “Via del Campo», De Andrè ci presenta invece una visione delle cose completamente diversa. Bocca di Rosa “Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio. Così una vecchia mai stata moglie senza mai figli, senza più voglie, si prese la briga e di certo il gusto di dare a tutte il consiglio giusto.” “Persino il parroco che non disprezza fra un miserere e un'estrema unzione il bene effimero della bellezza la vuole accanto in processione.” Da subito i ruoli si invertono, c’è una condanna al perbenismo di chi giudica gli umili. Questa è la vera bruttezza di cui parla De Andrè, mentre al contrario Bocca di Rosa è descritta come una bellezza che non passa inosservata. “Via del Campo c’è una graziosa gli occhi grandi color di foglia tutta notte sta sulla soglia vende a tutti la stessa rosa” Via Del Campo “Via del Campo c’é una bambina con le labbra color rugiada gli occhi grigi come la strada nascon fiori dove cammina” “E ti sembra di andar lontano lei ti guarda con un sorriso non credevi che il Paradiso fosse solo lì al primo piano” “Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior” In questo posto degradato si palesa una elevazione, una sorta di ascesi della prostituta che viene rappresentata quasi come una figura paradisiaca. La città vecchia “[…] Quella che di giorno chiami con disprezzo ‘pubblica moglie’ quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie” “[…] per dimenticare d'esser stati presi per il sedere. Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte, porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte” “Se t’inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli in quell’aria spessa carica di sale, gonfia di odori, lì ci troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano, quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano. Se tu penserai e giudicherai da buon borghese Li condannerai a cinquemila anni più le spese. Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo” Questi personaggi, queste figure decadenti, vanno compresi, poiché per De Andrè le azioni umane spesso sono incomprensibili e quindi c’è “ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore”. Viene poi ancora attaccata l’ipocrisia della gente per bene, che non cerca di capire ma giudica e allontana. L’età cristiana: la bruttezza dei peccatori In un mondo idealmente bello in quanto opera di Dio, la bruttezza è legata al peccato Il Diavolo Le streghe I malati Gli stranieri Per De Andrè la vera bruttezza è nell’intolleranza degli uomini che si definiscono santi e che poi santi in realtà non sono. Parla dei disgraziati che hanno dimenticato Dio e che da esso sono stati dimenticati, ma lo fa con una maestria tale da elevarli. Trova la bellezza più pura dove nessuno aveva mai pensato di cercarla. La ballata degli impiccati “Tutti morimmo a stento ingoiando l’ultima voce tirando calci al vento vedemmo sfumar la luce” “Chi derise la nostra sconfitta e l’estrema vergogna ed il modo soffocato da identica stretta impari a conoscere il nodo” “Chi la terra ci sparse sull’ossa e riprese tranquillo il cammino giunga anch’egli stravolto alla fossa con la nebbia del primo mattino” “La donna che celò un sorriso il disagio di darci memoria ritrovi ogni notte sul viso un insulto del tempo e una scoria” I condannati in questione sono pieni di rabbia e non chiedono perdono a nessuno. Vengono descritti come le vere vittime dell’intolleranza della società, vittime della sua bruttura. Il testamento di Tito “ ‘Non avrai altro Dio all’infuori di me’ spesso mi ha fatto pensare: genti diverse venute dall’est dicevan che in fondo era uguale. Credevano a un altro diverso da te e non mi fatto del male” “ ‘Onora il padre, onora la madre’ e onora anche il loro bastone, bacia la mano che ruppe il tuo naso perché le chiedevi un boccone” “[…] ma forse era stanco, forse troppo occupato, e non ascoltò il mio dolore. Ma forse era stanco, forse troppo lontano, davvero lo nominai invano” “[…] Ma io, senza legge, rubai in nome mio, quegli altri nel nome di Dio” “Ma adesso che viene la sera ed il buio mi toglie il dolore dagli occhi e scivola il sole al di là delle dune a violentare altre notti: io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore” De Andrè sottolinea ancora una volta l’ipocrisia della società che si chiude dietro a dogmi millenari per giustificare le proprie azioni. Ma ecco che alla fine si vede la vera bellezza di questo ladrone, che sta nell’essere capace di provare un sentimento così puro nei confronti di un uomo che sta morendo. Preghiera in gennaio “Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte ai suicidi dirà baciandoli alla fronte ‘Venite in Paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’Inferno nel mondo del buon Dio’ ” “Signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai Santi, Dio fra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di queste labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte” “Fate che giunga a voi con le sua ossa stanche seguito da migliaia di quelle facce bianche, fate che a voi ritorni fra i morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono coraggio” “Meglio di lui nessuno mai ti potrà indicare gli errori di noi tutti che vuoi e puoi salvare. Ascolta la sua voce che ormai canta nel vento. Dio di misericordia vedrai sarai contento” Non c’è giudizio o rancore, non c’è soprattutto condanna. Anche i suicidi sono portatori di bellezza. De Andrè dipinge un Dio misericordioso che non condanna ma accoglie tra le sue braccia, cambia la percezione comune nei confronti del protagonista del brano. Non c’è il brutto, il condannabile, ma solo la bellezza di quell’anima. Il testamento spirituale di un’Anima Salva Smisurata preghiera “Recitando un rosario di ambizioni meschine di millenarie paure di inesauribili astuzie coltivando tranquilla l’orribile varietà delle proprie superbie la maggioranza sta. Come una malattia coma una sfortuna come un’anestesia come un’abitudine” “Ricorda, Signore, questi servi disobbedienti alle leggi del branco non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti. Come una svista come un’anomalia come una distrazione come un dovere” “Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità” C’è un accusa nei confronti delle maggioranze, quelle responsabili dei patimenti dei più deboli. E’ la celebrazione degli ultimi, la dedica del cantautore ai “suoi” derelitti. Il fascino dell’orrendo La bruttezza non ha sempre e solo provocato orrore nelle persone. La curiosità verso ciò che è brutto, la morbosa attrazione verso il diverso, sono sempre stati presenti nella società. Fabrizio De Andrè accusa invece la borghesia ipocrita, che condanna di giorno la mostruosità e contribuisce alla sua dannazione la notta. La bruttezza sta quindi in coloro i quali nutrono per i diversi una spesso negata attrazione morbosa che porta questi disgraziati sempre più verso il fondo. La bellezza del diavolo La riscossa dei mostri Il Carnevale La satira del villano La caricatura Prinçesa “Sono la pecora sono la vacca che agli animali si vuol giocare sono la femmina camicia aperta piccole tette da succhiare” “Che Fernandino è come una figlia mi porta a letto caffè e tapioca e a ricordargli che è nato maschio sarà l’istinto, sarà la vita” “Perché Fernanda è proprio una figlia come una figlia vuol far l’amore ma Fernandino resiste e vomita e si contorce dal dolore” “A un avvocato di Milano ora Prinçesa regala il cuore e il passeggiare recidivo nella penombra di un balcone” De Andrè condanna l’attrazione della borghesia nei confronti del “mostro”, che vuole per divertirsi e che però rinnega il mattino dopo. Un giudice “Cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura, ve lo rivelan gli occhi e le battute della gente, o la curiosità d’una ragazza irriverente che si avvicina solo per un suo dubbio impertinente: vuole scoprir se è vero quanto si dice intorno ai nani, che siano i più forniti della virtù meno apparente, fra tutte le virtù la più indecente.” “Passano gli anni, i mesi, e se li conti anche i minuti, è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti; la maldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo fino a dire che un nano è una carogna di sicuro perché ha il cuore troppo troppo vicino al buco del culo.” “E allora la mia statura non dispensò più buonumore a chi alla sbarra in piedi mi diceva ‘Vostro Onore’, e di affidarli al boia fu un piacere del tutto mio, prima di genuflettermi nell’ora dell’addio non conoscendo affatto la statura di Dio.” Da sempre i portenti e i mostri hanno suscitato interesse e spesso ilarità, per qualche caratteristica fisica particolare o semplicemente perché buffi e ridicoli. Questo genere di “diversità” ha sempre generato curiosità e anche una buona dose di meschino divertimento. Il gorilla “Sulla piazza d’una città la gente guardava con ammirazione un gorilla portato là dagli zingari d’un baraccone. Con poco senso del pudore le comari di quel rione contemplavano l’animale non dico come, non dico dove” “Il padrone si mise a urlare: ‘Il mio gorilla, fate attenzione, non ha veduto mai una scimmia potrebbe fare confusione’. Tutti i presenti a questo punto fuggirono in ogni direzione anche le donne dimostrando la differenza fra idea e azione” “[…] Quello che avvenne tra l’erba alta non posso dirlo per intero ma lo spettacolo fu avvincente e la suspance ci fu davvero” “Dirò soltanto che sul più bello dello spiacevole e cupo dramma piangeva il giudice come un vitello, negli intervalli gridava ‘Mamma’. Gridava ‘Mamma’ come quel tale cui il giorno prima come ad un pollo con una sentenza un po’ originale aveva fatto tagliare il collo.” C’è un inversione dei ruoli, la vittima che diventa carnefice, il brutto che viene riscattato a sfavore della normalità. C’è anche un parallelismo con la satira del villano, solo che in questo caso la vittima si ribella nei confronti del potente. Conclusione “Fabrizio De Andrè ha accompagnato questi anni come un contrappunto, come uno stimolo, uno stimolo a non perdere mai la capacità di far volare gli occhi un po’ più in alto rispetto al piano della vita ordinaria, della cronaca, oppure anche dell’impegno politico. […] Penso che davvero De Andrè ci ha ‘aiutato a pensare’, ci ha aiutato a pensare in altri modi, a guardare le cose con altre parole, e le parole, in qualche modo, sono delle guide che spingono l’animo, il corpo, verso territori che spesso, nell’impegno quotidiano, vengono dimenticati” Renato Curcio Grazie per l’attenzione! “[…] Bellezza, tu cammini su morti che beffeggi, tra i tuoi tanti gioielli affascina l’Orrore; l’Assassino, tra i ciondoli che più tu privilegi, sul tuo orgoglioso ventre balzella l’amore. […] Che appartenga all’inferno o al cielo, che importa, Bellezza, mostro enorme, terribile, incantato, se con gli occhi ridenti e col piede le porte schiudi d’un Infinito che amo e fin qui vietato?” Charles Baudelaire