Lezione 2/6
Rito per la separazione e il divorzio
Anno accademico
2012/2013
1. Introduzione
Profili introduttivi
Il procedimento per separazione e divorzio,
come i procedimenti relativi alle controversie
di famiglia, si caratterizzano per peculiarità
della materia necessitanti di forme processuali
differenziate, questa è la ragione – unica vera
ed effettiva rispetto alle pseudoragioni che
giustificano una diversificazione dei riti nelle
altre materie – di un rito speciale
L’urgenza endemica
La materia necessita di una urgenza dell’anticipazione
degli effetti della tutela di merito: non è possibile non
regolare con immediatezza il conflitto assopendolo per
la delicatezza dei beni in gioco (il mantenimento, la
paternità e l’affidamento del figlio, l’assegnazione della
casa coniugale).
Ciò spiega la fase sommaria necessaria che caratterizza
il procedimento per separazione e divorzio (ma non
presente in tutti i riti familiari: il rito camerale innanzi
al tribunale per i minorenni), ove l’urgenza dei
provvedimenti presidenziali ex art. 708 è talmente
endemica da prescindere dagli elementi del periculum
perché sempre presenti.
La costante presenza di
sopravvenienze
Come corollario dell’urgenza dell’anticipazione
vi è una continua necessità di adattare le
misure e i provvedimenti adottati, sia sommari
che di merito, alla continua evoluzione
temporale della fattispecie che coinvolgono
situazioni personali ed economiche, ciò in
sede di merito come esecutiva (con il
conseguente superamento della barriera tra
esecuzione e cognizione)
segue
-
-
Ne consegue che il provvedimento interinale-sommario con
efficacia esecutiva:
sia reso in limine litis (urgenza e anticipazione, art. 708 c.p.c.);
sia adattato ad ogni sopravvenienza (regime di revoca e
modificabilità senza limiti, art. 709 c.p.c.);
vi sia un continuo dialogo tra merito ed esecuzione, ove non esiste
distinzione dei giudici in funzione della sopravvenienza (art. 709-ter
c.p.c., art. 6/10 legge n. 898 del 1970), dovendosi individuare nello
stesso giudice del merito il giudice dell’esecuzione e non potendosi
lasciare ad incidenti di cognizione eventuali (artt. 615 e ss. c.p.c.) il
coordinamento tra tutela di merito e tutela esecutiva;
sia previsto un procedimento ad hoc per adattare il giudicato ex art.
710 c.p.c. alle sopravvenienze.
Infungibilità delle situazioni
Le situazioni soggettive, siano esse personali che
patrimoniali, sono infungibili, ovvero devono
essere adempiute dall’obbligato, non potendo
raggiungersi risultati utili per il creditore o
l’avente diritto, attraverso la sostituzione
dell’ufficio esecutivo, per l’inadeguatezza delle
forme e dei tempi (regolate del libro III), donde la
necessità della introduzione di adeguate misure
coercitive, che inducano l’obbligato ad adempiere
spontaneamente.
Il carattere permanente delle
situazioni
Il contributo e/o assegno di mantenimento
devono essere versati periodicamente nel
tempo, l’obbligo di consegna del minore per
l’esercizio delle facoltà di coaffidamento deve
eseguirsi ogni settimana, l’assegnazione della
casa coniugale deve essere assicurata
permanentemente, dunque le situazioni non
si esauriscono in un’unica prestazione ma in
una pluralità consecutiva di prestazioni che
devono essere assicurate.
segue
Ne risulta inadeguata una tutela esecutiva che
interviene solo dopo l’adempimento o che non possa
operare anche in vista di futuri adempimenti che
rimarranno probabilmente inadempiuti (art. 474 c.p.c:
tutela esecutiva dei soli diritti esigibili).
Dunque il processo deve adattare misure che
consentano una proiezione della tutela esecutiva nel
futuro (es. l’assegnazione dei crediti che
periodicamente consegue l’obbligato in forza di un
rapporto di durata all’aventi diritto al contributo
economico; la misura coercitiva applicata per tutti gli
inadempimenti successivi in via automatica e senza
l’intervento del giudice).
Accentuazione delle garanzie
La delicatezza della materia impone
un’accentuazione delle garanzie:
- La difesa tecnica;
- La difesa tecnica del minore e il suo
contraddittorio;
- Il controllo dei provvedimenti interinali ed
anticipatori e dei provvedimenti di merito da
parte di altro giudice.
2. I presupposti sostanziali
Separazione
La fattispecie che da origine alla separazione
personale dei coniugi, cioè al riconoscimento
del loro diritto di vivere separati, fuori
dall’unione morale e personale del
matrimonio, è la volontà anche di uno solo dei
coniugi (dopo il 1975 non più e soltanto il
comportamento di uno dei coniugi in
violazione dei doveri imposti dal matrimonio:
separazione per colpa), il quale ritenga non
possibile proseguire la convivenza.
Separazione con addebito
L’eventuale colpa, denominata dopo il 1975 come addebito,
non rileva ai fini della separazione, ma ai fini del
riconoscimento di una responsabilità nell’aver reso
intollerabile la prosecuzione della convivenza, recando
pregiudizio all’altro coniuge e ai figli, con un rilievo in
ordine al mantenimento (art. 156c.c.) e in ordine alla
successione (art. 548 c.c.) ove il coniuge a cui la
separazione è addebitata non ha diritto al contributo di
mantenimento ma ad un assegno alimentare e non succede
ai diritti ereditari, ma solo in un assegno vitalizio.
Sul piano processuale la domanda di addebito è separata
ed autonoma rispetto alla domanda di separazione
Divorzio
Contrariamente alla separazione, il divorzio non è
l’espressione di una volontà delle parti o di una
situazione di fatto, ma l’accertamento di precisi
presupposti regolati dalla legge da parte di un
giudice con una sentenza costitutiva:
- La realizzazione di fatti di rilevanza penale di cui
resta vittima l’altro coniuge;
- Il protrarsi senza la ricostituzione dell’unione
morale e materiale della separazione per oltre tre
anni dall’udienza di comparizione dei coniugi
innanzi al presidente.
3. Competenza e introduzione
Competenza per materia
L’art. 706 c.p.c. individua la competenza per
materia funzionale del tribunale, in quanto
interviene obbligatoriamente nel
procedimento il Pubblico Ministero (art. 70, n.
2, c.p.c.) e perché la causa è necessariamente
collegiale (art. 50-bis, n. 1, c.p.c.)
Competenza per territorio
L’art. 706, 1, 2, c.p.c., detta alcune regole
graduate:
- ultima residenza dei coniugi in Italia;
- Residenza o domicilio del coniuge convenuto;
- Residenza o domicilio del coniuge ricorrente;
Come ultimo residuale criterio: “qualunque
tribunale della Repubblica”
…..e nel divorzio
Gli stessi criteri, dopo la riforma con la legge
n. 80 del 2005, erano stati adottati per il
divorzio, ma la Corte Costituzionale ha
ritenuto irrazionale il criterio dell’ultima
residenza dei coniugi per un divorzio che
subentra dopo numerosi anni, per cui per il
divorzio si inizia ad applicare da subito il
criterio della residenza del coniuge convenuto.
Domanda introduttiva. Ricorso per
separazione
La domanda di separazione deve essere
formulata in un ricorso il quale: “deve
contenere l’esposizione dei fatti”, essendo –
come veduto – fondata su una situazione di
fatto ovvero sulla volontà di uno dei coniugi di
ritenere intollerante la prosecuzione della
convivenza
Domanda introduttiva. Ricorso per
divorzio
Anche la domanda per divorzio è introdotta
con ricorso (art. 4/1 l. n. 898/70) ma: “deve
contenere l’esposizione dei fatti e degli
elementi di diritto”, infatti il divorzio è il
risultato di una fattispecie che accanto ad
elementi fattuali la fattispecie deve essere
sussunta dalla norma.
Contenuti minimi della domanda
E’ sufficiente che il ricorso contenga, come elementi
minimi, la domanda di separazione e la domanda di
divorzio, le ulteriori domande di condanna al
pagamento del contributo o assegno di mantenimento,
di affidamento del minore, di assegnazione della casa
coniugale, possono successivamente essere formulate,
in rispetto della decadenza imposta dall’art. 709, 3°
comma c.p.c., la quale consente, dopo l’esaurimento
della fase presidenziale, nel termine assegnato dal
presidente prima dell’avviarsi dell’udienza ex art. 183,
6° comma c.p.c., ancora la formulazione di domande.
Le situazioni indisponibili
Le situazioni personali (potestà e affidamento) e
patrimoniali (contributo di mantenimento) relative ai
figli minori – a differenza delle corrispondenti
riguardanti i coniugi – sono indisponibili e, pertanto, la
domanda formulata dalla parte è irrilevante potendo il
giudice assumere d’ufficio i provvedimenti di tutela
necessari, eventualmente su richiesta del P.M., in ogni
momento della controversia, non potendo le domande
essere precluse per intervenute decadenze. Ciò spiega
le ragioni per cui nel ricorso deve essere indicata
l’esistenza dei figli, legittimi, legittimati o adottati (art.
706, 4 comma, c.p.c.)
Le situazioni disponibili
Sulla base di una evoluzione impressa dalla
giurisprudenza le situazioni riguardanti i
coniugi sarebbero disponibili, particolarmente
se già maturate (transazione sugli arretrati) e
quindi la domanda di addebito, la domanda
per il pagamento di assegno o contributo di
mantenimento devono essere formulate nei
tempi decadenziali e, se non formulate, su di
esse non può pronunciare il giudice d’ufficio.
L’assegnazione della casa coniugale
L’assegnazione della casa coniugale ancora
sulla base di una evoluzione giurisprudenziale
oggi codificata dal legislatore (legge n. 54 del
2006) nell’art. 155-quater, essendo assunta
nell’interesse dei figli a favore del coniuge
presso il quale sono collocati (è il caso di coaffidamento) o sono affidati (in caso di
affidamento esclusivo), non costituisce diritto
disponibile.
La domanda di divisione
Per molto tempo la giurisprudenza ha escluso la
possibilità di formulare una domanda di divisione
della comunione legale dei coniugi in sede di
separazione, in quanto è la separazione il
presupposto per lo scioglimento della comunione
e quindi solo dopo la separazione può essere
formulata la domanda di divisione (art. 191 c.c.) e
in quanto non potrebbe essere oggetto di un rito
speciale. Recentemente la S.C. è tornata sui suoi
passi e ha ritenuto ammissibile la domanda di
divisione, purché sia trattata dopo la pronuncia,
con sentenza non definitiva sulla separazione.
Deposito e notifica
Il ricorso deve essere depositato in cancelleria
e apre la fase sommaria innanzi al presidente,
il quale con pedissequo decreto fissa
un’udienza entro 90 giorni e il termine per la
notificazione al convenuto (art. 706, 3 comma,
c.p.c.)
Costituzione del convenuto
Il convenuto si costituisce nel termine fissato
dal giudice anteriore all’udienza.
In difetto di previsione legislativa (art. 706/3
c.p.c.) detto termine non è perentorio, il che
fa intendere che coniuge convenuto possa
costituirsi anche all’udienza.
Dichiarazione dei redditi
Al ricorso e alla memoria difensiva è obbligatorio
unire l’ultima dichiarazione dei redditi del coniuge
per consentire al giudice l’esercizio dei poteri
anche officiosi di determinazione del contributo di
mantenimento (art. 706, 3 comma c.p.c.).
4. La fase sommaria: l’udienza e i provvedimenti
presidenziali
L’udienza (art. 707 c.p.c.)
E’ richiesta la comparizione personale delle parti,
pur con l’assistenza di un difensore, tanto che il
presidente può differire l’udienza se non si
presenta il coniuge convenuto, ordinando una
nuova notificazione del ricorso, anche in difetto di
vizio .
La mancata presenza del coniuge ricorrente
produce l’inefficacia della domanda e dunque
l’archiviazione del procedimento.
In difetto di comparizione del ricorrente o in caso
di sua rinuncia, la domanda perde effetto.
L’audizione separata e il tentativo di
conciliazione
Il presidente deve sentire i coniugi
separatamente e poi congiuntamente,
tentandone la riconciliazione, ovvero il
superamento della crisi e la ricostituzione
dell’unione personale e materiale.
Per riconciliazione non deve intendersi
l’accordo di separazione o di divorzio, ma il
ripristino della vita coniugale (art. 708, 1
comma c.p.c.).
L’ordinanza presidenziale
In difetto di riconciliazione, sentiti i coniugi e i
difensori, il presidente emette l’ordinanza
provvisoria ed urgente dettando tutte le
regole della separazione e del divorzio in
ordine ai contributi e/o assegni di
mantenimento, all’affidamento e alla paternità
dei figli, all’assegnazione della casa coniugale:
può adottare anticipatamente tutti gli effetti
della sentenza di merito finale.
L’iperattività dell’ordinanza
presidenziale
Ex art. 189 disp. att., anche in caso di estinzione
del processo per separazione e divorzio
l’ordinanza presidenziale continua a regolare i
rapporti tra i coniugi (ratio storica: il dare salvezza
ad una separazione senza colpa, secondo
l’intendimento dei codificatori “liberali e laici” e
non cattolici). Il senso è oggi quello di dettare
delle regole alla crisi, anche quando le parti non
coltivino il procedimento di merito dopo la fase
sommaria, affinché la crisi non sia mai priva di
disciplina.
La non impugnabilità del passato
Le ordinanze presidenziali prima della legge n.
54 del 2006 non erano impugnabili,
nonostante la forte assimilazione alla tutela
cautelare reclamabile ex art. 669/13 c.p.c., e
l’ampia previsione di provvedimenti
anticipatori non cautelari reclamabili (art.
703/2 c.p.c. per i provvedimenti possessori).
L’ipotesi presentava gravi problemi di tenuta
costituzionale ex art. 3 Cost.
La riforma con legge n. 54 del 2006
Con la legge del 2006 il legislatore ha previsto
un reclamo (art. 708, u.c., c.p.c.)
Ma anziché adottare il modello efficiente del
reclamo cautelare ex art. 669/13 c.p.c., che
tanti problemi applicativi ha risolto, adotta un
reclamo speciale ad hoc, che ricorda il reclamo
camerale ex art. 739 c.p.c.
Le forme del reclamo
Il provvedimento presidenziale è impugnabile
mediante ricorso alla Corte di appello (e non
al tribunale con composizione collegiale),
entro 10 giorni dalla notificazione del
provvedimento (con silenzio sul termine
lungo). La decisione è presa in camera di
consiglio e quindi nelle forme dell’art. 739
c.p.c.
Primo problema: le sopravvenienze
Se dopo l’ordinanza presidenziale si manifesta
una sopravvenienza, questa si fa valere in sede di
reclamo o innanzi al giudice istruttore?
L’art. 669/13 c.p.c. avrebbe imposto la deduzione
innanzi al giudice del reclamo, ma la
giurisprudenza delle Corti ha ritenuto che la
deduzione fosse da effettuare innanzi al giudice
istruttore innanzi al quale prosegue il giudizio per
il merito (il quale ex art. 709 u.c. c.p.c., può senza
limiti revocare o modificare i provvedimenti del
presidente).
Secondo problema: i rapporti tra reclamo della Corte di
appello e la revoca e modifica del giudice istruttore
Il legislatore non ha rivelato questo profilo di
coordinamento molto delicato: può il G.I.
revocare e modificare i provvedimenti della Corte
di appello, rendendo vano l’effetto del reclamo?
L’art. 709 u.c. c.p.c., regola un potere illimitato
(anche in difetto di sopravvenienza) di revoca e
modifica, ma solo dei provvedimenti presidenziali
(la lettera della norma fa dunque pensare che il
G.I. non abbia identici poteri rispetto al
provvedimento di reclamo, ma possa modificare
e revocare solo in caso di sopravvenienze).
Terzo problema: la impugnabilità ei
provvedimenti del G.I.
Il legislatore si è dimenticato della sorte di
provvedimenti del G.I., nonostante la identità
di contenuti con i provvedimenti presidenziali
non è apparentemente impugnabile.
Segue
Ne sono seguiti tre diversi orientamenti:
1. La specialità del mezzo di cui all’art. 708 u.c.
c.p.c., e l’inapplicabilità alla logica dell’art.
669/13 esclude la reclamabilità dei
provvedimenti del G.I. (tesi dei tribunali);
2. I provvedimenti del G.I., in quanto latamente
cautelari, sono reclamabili ex art. 669/13
c.p.c.(tesi delle Corti di appello);
3. È estensibile in via analogica il reclamo ex art.
708 c.p.c. (tesi dottrinale)
segue
E’ inconcepibile pensare sul piano sistematico,
alla luce dei principi costituzionali di
eguaglianza del giusto processo, la non
impugnabilità dei provvedimenti del G.I.,
quando sono impugnabili quelli presidenziali:
l’unica soluzione adottabile con analogia legis
è l’applicazione dell’art. 669/13 c.p.c.: la
reclamabilità cautelare
Abnorme teoria delle Corti di appello
Le Corti di appello, in difetto di una base testuale,
hanno ritenuto non più reclamabile l’ordinanza
presidenziale dopo lo svolgimento dell’udienza ex
art. 183 c.p.c. dinanzi al G.I. e hanno concepito
un reclamo come sola e rigorosa revisio prioris
istantiae, rendendola addirittura sensibile alle
sopravvenienze.
In realtà non esiste limite al reclamo se non nei
dieci giorni della notifica e la natura di gravame
del reclame impone il rilievo in esso delle
sopravvenienze.
Contenuti ulteriori dell’ordinanza
presidenziale
L’ordinanza presidenziale, oltre i provvedimenti temporanei
ed urgenti ex art. 709 , 1 comma c.p.c., nomina il G.I. e fissa
l’udienza di comparizione ex art. 183 innanzi ad esso.
Se il convenuto è rimasto contumace (2 comma), l’attore
provvede alla notifica dell’ordinanza al medesimo, nel
termine stabilito, in modo che dalla data di notifica
all’udienza non decorrano meno dei termini di cui all’art.
183 bis, ridotti a metà e nell’ordinanza (3 comma) il giudice
fissa comunque i termini per la memoria integrativa
all’attore e al convenuto, con maturarsi delle preclusioni in
ordine a domande ed eccezioni riservate (gli avvertimenti
di cui all’art. 163,n. 7, sono contenuti in ordinanza).
Le memorie integrative
A seguito dell’ordinanza presidenziale, senza
soluzione di continuità si innesca nella fase
sommaria la fase a cognizione piena; in vista
dell’udienza le parti devono depositare – nei
termini fissati dal presidente – le memorie
integrative nelle quali a pena di decadenza
devono formulare le domande, le eccezioni di
merito e di rito non rilevabili d’ufficio.
Udienza di trattazione (art. 709 bis
c.p.c.)
L’articolo richiama per mancato
coordinamento agli artt. 180, 183 e 184 c.p.c.,
quando la fase di trattazione era articolata in
tre udienze corrispondenti ai tre articoli. Il
richiamo deve intendersi oggi riferito solo
all’art. 183, con pieno esercizio dei diritti
difensivi delle parti nelle forme e nei termini
di cui all’art. 183, 5 e 6 comma, c.p.c.
La sentenza non definitiva sulla
separazione e sul divorzio
Onde evitare difese dilatorie delle parti, volte a
procrastinare i tempi della pronuncia della sentenza di
separazione e divorzio, il legislatore ha consentito che
il giudice pronunci immediatamente una sentenza non
definitiva sulla separazione e sul divorzio, quando la
causa debba continuare per le questioni economiche,
per le questioni personali riguardanti i figli, per la
richiesta di addebito.
Detta sentenza è solo immediatamente appellabile,
con appello in camera di consiglio (non è infatti
assimilabile ad una sentenza parziale o non definitiva
che consente la riserva).
Poteri istruttori del giudice
Il rilievo degli interessi, anche se disponibili,
rende ragione di un’accentuazione dei poteri
istruttori del giudice (art. 155-sexies, 1 comma
c.p.c.), con la doverosità dell’audizione del
figlio minore, che abbia compiuto anni 12
(discrezionale in caso di età inferiore, perché
collegata alla capacità di discernimento)
L’audizione del minore
L’audizione del minore è strumento conoscitivo
del giudice di natura diversa da una prova o da un
mezzo istruttorio, attraverso di esso ha modo di
accedere nel processo la valutazione personale
del minore sulla disciplina dei suoi interessi.
Manca nel nostro sistema una rappresentanza
tecnica del minore nel processo per separazione
e divorzio, come accade nel diritto comparato e
come impongono le convenzioni internazionali
(sui diritti del fanciullo, di New York e di Ginevra)
La rappresentanza tecnica del minore
Rappresentanza tecnica del minore è imposta solo in
casi particolari:
- I procedimenti sullo stato di adottabilità del minore;
- I procedimenti c.d. de potestate ex art. 330 e ss. c.c.
Tuttavia la giurisprudenza di legittimità ha eluso
l’obbligo di difesa tecnica prevedendo solamente in
caso di conflitto di interessi da comprovare tra genitori
e minore, la nomina di un curatore speciale del minore
ex art. 78 e ss. c.p.c., normalmente scelto presso la
categoria degli avvocati.
L’obbligo di audizione
L’audizione è stata per molto tempo
discrezionale.
Dopo l’entrata in vigore dell’art. 155-sexies, e
soprattutto sulla base dei regolamenti europei
che non attribuiscono efficacia immediata ai
provvedimenti sui minori anche in sede di
separazione e divorzio senza previa audizione – è
divenuta obbligatoria e in suo difetto, il
provvedimento conclusivo deve ritenersi nullo,
secondo l’orientamento della giurisprudenza di
legittimità
Rinvio al rito ordinario
Per ogni altra diversa disciplina, valgono le
regole del processo a cognizione piena di rito
ordinario.
L’appello
Nonostante il silenzio del codice di rito, a fronte
dell’espressa previsione nella legge n. 898 del
1970 (art. 4, 15 comma), l’appello segue il rito
camerale e dunque non è soggetto al rigore degli
oneri relativi alla formulazione del motivo (art.
342 c.p.c.) e ai limiti relativi alle nuove difese in
appello (art. 345 c.p.c.), salvo il limite relativo alla
formulazione delle domande.
Si tratta pertanto di un appello “speciale”.
5. L’attuazione dei provvedimenti in materia di
separazione e divorzio
Esigenze postulate dagli interessi
Già si è detto delle peculiarità dei diritti tutelabili
nel diritto di famiglia:
- Necessità di coordinare sempre l’esecuzione al
merito per la dinamica imposta dalle
sopravvenienze;
- Necessità di introdurre adeguate misure
coercitive, per l’attuazione, trattandosi di
situazioni infungibili;
- Necessità di proiettare la tutela esecutiva per il
futuro.
Il dialogo tra esecuzione e merito
Il dialogo tra esecuzione e merito è assicurato,
almeno per i provvedimenti personali
(sull’affidamento e la potestà) dall’identificazione
del giudice dell’esecuzione, nel giudice di merito
(art. 709-ter: “è competente il giudice del
procedimento in corso”), il quale stabilisce le
modalità dell’esecuzione e “adotta i
provvedimenti opportuni”.
Ugualmente nell’ambito del divorzio (art. 6, 10
comma)
segue
Con i provvedimenti esecutivi il giudice “può
modificare i provvedimenti in vigore” art. 709ter, 2 comma c.p.c., ciò che attesta la continua
interazione tra merito ed esecuzione, a
differenza delle contrarie regole del libro III,
dove esiste una diversificazione degli organi e
l’inidoneità dell’esecuzione di modificare i
provvedimenti di merito da eseguire.
Le misure coercitive
A valere, sia per le situazioni personali che per quelle patrimoniali:
1. Per le prime “in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque
arrechino pregiudizio al minore ed ostacolino il corretto svolgimento
delle modalità dell’affidamento”: si applica l’ammonimento, o una
sanzione economica a favore del minore, o una sanzione economica
a favore del genitore, o una sanzione economica a favore dello
Stato (necessità di abbandonare la teoria della responsabilità civile,
per la teoria della responsabilità oggettiva);
2. Per le seconde, legge n. 54 del 2006 (art. 3), si applica una tutela
penale dell’ottemperanza al provvedimento, con richiamo all’art.
12-sexies della legge n. 898 del 1970, oppure una limitata tutela
civile, mediante la misura del sequestro del patrimonio
dell’obbligato (art. 156, 6 comma c.c.).
segue
Deve ritenersi applicabile anche la misura
coercitiva generale dell’art. 614-bis c.p.c., per il
suo diverso ambito di applicabilità:
- Non in un procedimento ad hoc, come l’art. 709ter, ma direttamente nel provvedimento
conclusivo del merito;
- Per l’utilità della sua proiezione nel futuro: “per
ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento”
“per ogni violazione o inosservanza successiva”, il
che da ragione ad una tutela proiettata nel futuro
per le misure personali
La proiezione per il futuro per le
misure economiche
Sia l’art. 156, 6 comm, c.c., che l’art. 8, 3 comma, legge n. 898 del
1970, concepiscono una tutela dei diritti economici proiettati nel
futuro:
- Nel primo caso mediante ordine giudiziale ai terzi, tenuti a
corrispondere anche periodicamente somme di denaro
all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli
aventi diritto;
- Nel secondo caso mediante effetto che l’avente diritto può ottenere
sul piano stragiudiziale, a seguito di costituzione in mora del
coniuge obbligato e persistente inadempimento per oltre 30 giorni,
il provvedimento che accorda l’assegno, può essere notificato al
terzo, tenuto a corrispondere periodicamente somme di denaro
all’obbligato, con ordine di corrisponderle direttamente all’avente
diritto: il titolo esecutivo a seguito di tale notifica, ha effetti anche
verso il terzo (4 comma)
Separazione consensuale
Se i coniugi raggiungono un accordo di
separazione, possono introdurre congiuntamente
ricorso soggetto all’omologa del tribunale, il
quale, dopo la conferma del relativo verbale
davanti al presidente, si limita ad un controllo
delle clausole relative ai figli minori, potendo
giungere a rifiutare l’omologa se non vi è modifica
da parte dei coniugi (art. 158 c.c., art. 711 c.p.c.);
la separazione consensuale acquista efficacia
dopo l’omologazione
Divorzio congiunto
In caso di divorzio, non essendo la fattispecie di fatto
ma assunta da una norma giuridica, si richiede
l’accertamento giudiziale e quindi anche quando vi è
accordo il procedimento non è di volontaria
giurisdizione ma di natura contenziosa.
Il ricorso è presentato congiuntamente al tribunale
che decide in camera di consiglio con sentenza,
potendo, ancora una volta, il tribunale verificare gli
accordi concernenti gli interessi dei figli. Tuttavia nel
caso di contrasto, il tribunale non può indurre i
coniugi alle modifiche ma deve convertire il rito da
congiunto a contenzioso, ai sensi dell’art. 4, 8 comma,
legge n. 898 del 1970.
La modifica del giudicato
Ex art. 710 e 9 legge n. 898 del 1970, con un
rito in camera di consiglio a fronte di fatti
sopravvenuti, le parti possono sempre
chiedere la modifica dei provvedimenti, con
possibilità di adozione di provvedimenti
provvisori, ciò a valere per la sentenza di
separazione e divorzio e per il decreto di
omologa della separazione consensuale
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