Lezione 2/6 Rito per la separazione e il divorzio Anno accademico 2012/2013 1. Introduzione Profili introduttivi Il procedimento per separazione e divorzio, come i procedimenti relativi alle controversie di famiglia, si caratterizzano per peculiarità della materia necessitanti di forme processuali differenziate, questa è la ragione – unica vera ed effettiva rispetto alle pseudoragioni che giustificano una diversificazione dei riti nelle altre materie – di un rito speciale L’urgenza endemica La materia necessita di una urgenza dell’anticipazione degli effetti della tutela di merito: non è possibile non regolare con immediatezza il conflitto assopendolo per la delicatezza dei beni in gioco (il mantenimento, la paternità e l’affidamento del figlio, l’assegnazione della casa coniugale). Ciò spiega la fase sommaria necessaria che caratterizza il procedimento per separazione e divorzio (ma non presente in tutti i riti familiari: il rito camerale innanzi al tribunale per i minorenni), ove l’urgenza dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 è talmente endemica da prescindere dagli elementi del periculum perché sempre presenti. La costante presenza di sopravvenienze Come corollario dell’urgenza dell’anticipazione vi è una continua necessità di adattare le misure e i provvedimenti adottati, sia sommari che di merito, alla continua evoluzione temporale della fattispecie che coinvolgono situazioni personali ed economiche, ciò in sede di merito come esecutiva (con il conseguente superamento della barriera tra esecuzione e cognizione) segue - - Ne consegue che il provvedimento interinale-sommario con efficacia esecutiva: sia reso in limine litis (urgenza e anticipazione, art. 708 c.p.c.); sia adattato ad ogni sopravvenienza (regime di revoca e modificabilità senza limiti, art. 709 c.p.c.); vi sia un continuo dialogo tra merito ed esecuzione, ove non esiste distinzione dei giudici in funzione della sopravvenienza (art. 709-ter c.p.c., art. 6/10 legge n. 898 del 1970), dovendosi individuare nello stesso giudice del merito il giudice dell’esecuzione e non potendosi lasciare ad incidenti di cognizione eventuali (artt. 615 e ss. c.p.c.) il coordinamento tra tutela di merito e tutela esecutiva; sia previsto un procedimento ad hoc per adattare il giudicato ex art. 710 c.p.c. alle sopravvenienze. Infungibilità delle situazioni Le situazioni soggettive, siano esse personali che patrimoniali, sono infungibili, ovvero devono essere adempiute dall’obbligato, non potendo raggiungersi risultati utili per il creditore o l’avente diritto, attraverso la sostituzione dell’ufficio esecutivo, per l’inadeguatezza delle forme e dei tempi (regolate del libro III), donde la necessità della introduzione di adeguate misure coercitive, che inducano l’obbligato ad adempiere spontaneamente. Il carattere permanente delle situazioni Il contributo e/o assegno di mantenimento devono essere versati periodicamente nel tempo, l’obbligo di consegna del minore per l’esercizio delle facoltà di coaffidamento deve eseguirsi ogni settimana, l’assegnazione della casa coniugale deve essere assicurata permanentemente, dunque le situazioni non si esauriscono in un’unica prestazione ma in una pluralità consecutiva di prestazioni che devono essere assicurate. segue Ne risulta inadeguata una tutela esecutiva che interviene solo dopo l’adempimento o che non possa operare anche in vista di futuri adempimenti che rimarranno probabilmente inadempiuti (art. 474 c.p.c: tutela esecutiva dei soli diritti esigibili). Dunque il processo deve adattare misure che consentano una proiezione della tutela esecutiva nel futuro (es. l’assegnazione dei crediti che periodicamente consegue l’obbligato in forza di un rapporto di durata all’aventi diritto al contributo economico; la misura coercitiva applicata per tutti gli inadempimenti successivi in via automatica e senza l’intervento del giudice). Accentuazione delle garanzie La delicatezza della materia impone un’accentuazione delle garanzie: - La difesa tecnica; - La difesa tecnica del minore e il suo contraddittorio; - Il controllo dei provvedimenti interinali ed anticipatori e dei provvedimenti di merito da parte di altro giudice. 2. I presupposti sostanziali Separazione La fattispecie che da origine alla separazione personale dei coniugi, cioè al riconoscimento del loro diritto di vivere separati, fuori dall’unione morale e personale del matrimonio, è la volontà anche di uno solo dei coniugi (dopo il 1975 non più e soltanto il comportamento di uno dei coniugi in violazione dei doveri imposti dal matrimonio: separazione per colpa), il quale ritenga non possibile proseguire la convivenza. Separazione con addebito L’eventuale colpa, denominata dopo il 1975 come addebito, non rileva ai fini della separazione, ma ai fini del riconoscimento di una responsabilità nell’aver reso intollerabile la prosecuzione della convivenza, recando pregiudizio all’altro coniuge e ai figli, con un rilievo in ordine al mantenimento (art. 156c.c.) e in ordine alla successione (art. 548 c.c.) ove il coniuge a cui la separazione è addebitata non ha diritto al contributo di mantenimento ma ad un assegno alimentare e non succede ai diritti ereditari, ma solo in un assegno vitalizio. Sul piano processuale la domanda di addebito è separata ed autonoma rispetto alla domanda di separazione Divorzio Contrariamente alla separazione, il divorzio non è l’espressione di una volontà delle parti o di una situazione di fatto, ma l’accertamento di precisi presupposti regolati dalla legge da parte di un giudice con una sentenza costitutiva: - La realizzazione di fatti di rilevanza penale di cui resta vittima l’altro coniuge; - Il protrarsi senza la ricostituzione dell’unione morale e materiale della separazione per oltre tre anni dall’udienza di comparizione dei coniugi innanzi al presidente. 3. Competenza e introduzione Competenza per materia L’art. 706 c.p.c. individua la competenza per materia funzionale del tribunale, in quanto interviene obbligatoriamente nel procedimento il Pubblico Ministero (art. 70, n. 2, c.p.c.) e perché la causa è necessariamente collegiale (art. 50-bis, n. 1, c.p.c.) Competenza per territorio L’art. 706, 1, 2, c.p.c., detta alcune regole graduate: - ultima residenza dei coniugi in Italia; - Residenza o domicilio del coniuge convenuto; - Residenza o domicilio del coniuge ricorrente; Come ultimo residuale criterio: “qualunque tribunale della Repubblica” …..e nel divorzio Gli stessi criteri, dopo la riforma con la legge n. 80 del 2005, erano stati adottati per il divorzio, ma la Corte Costituzionale ha ritenuto irrazionale il criterio dell’ultima residenza dei coniugi per un divorzio che subentra dopo numerosi anni, per cui per il divorzio si inizia ad applicare da subito il criterio della residenza del coniuge convenuto. Domanda introduttiva. Ricorso per separazione La domanda di separazione deve essere formulata in un ricorso il quale: “deve contenere l’esposizione dei fatti”, essendo – come veduto – fondata su una situazione di fatto ovvero sulla volontà di uno dei coniugi di ritenere intollerante la prosecuzione della convivenza Domanda introduttiva. Ricorso per divorzio Anche la domanda per divorzio è introdotta con ricorso (art. 4/1 l. n. 898/70) ma: “deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto”, infatti il divorzio è il risultato di una fattispecie che accanto ad elementi fattuali la fattispecie deve essere sussunta dalla norma. Contenuti minimi della domanda E’ sufficiente che il ricorso contenga, come elementi minimi, la domanda di separazione e la domanda di divorzio, le ulteriori domande di condanna al pagamento del contributo o assegno di mantenimento, di affidamento del minore, di assegnazione della casa coniugale, possono successivamente essere formulate, in rispetto della decadenza imposta dall’art. 709, 3° comma c.p.c., la quale consente, dopo l’esaurimento della fase presidenziale, nel termine assegnato dal presidente prima dell’avviarsi dell’udienza ex art. 183, 6° comma c.p.c., ancora la formulazione di domande. Le situazioni indisponibili Le situazioni personali (potestà e affidamento) e patrimoniali (contributo di mantenimento) relative ai figli minori – a differenza delle corrispondenti riguardanti i coniugi – sono indisponibili e, pertanto, la domanda formulata dalla parte è irrilevante potendo il giudice assumere d’ufficio i provvedimenti di tutela necessari, eventualmente su richiesta del P.M., in ogni momento della controversia, non potendo le domande essere precluse per intervenute decadenze. Ciò spiega le ragioni per cui nel ricorso deve essere indicata l’esistenza dei figli, legittimi, legittimati o adottati (art. 706, 4 comma, c.p.c.) Le situazioni disponibili Sulla base di una evoluzione impressa dalla giurisprudenza le situazioni riguardanti i coniugi sarebbero disponibili, particolarmente se già maturate (transazione sugli arretrati) e quindi la domanda di addebito, la domanda per il pagamento di assegno o contributo di mantenimento devono essere formulate nei tempi decadenziali e, se non formulate, su di esse non può pronunciare il giudice d’ufficio. L’assegnazione della casa coniugale L’assegnazione della casa coniugale ancora sulla base di una evoluzione giurisprudenziale oggi codificata dal legislatore (legge n. 54 del 2006) nell’art. 155-quater, essendo assunta nell’interesse dei figli a favore del coniuge presso il quale sono collocati (è il caso di coaffidamento) o sono affidati (in caso di affidamento esclusivo), non costituisce diritto disponibile. La domanda di divisione Per molto tempo la giurisprudenza ha escluso la possibilità di formulare una domanda di divisione della comunione legale dei coniugi in sede di separazione, in quanto è la separazione il presupposto per lo scioglimento della comunione e quindi solo dopo la separazione può essere formulata la domanda di divisione (art. 191 c.c.) e in quanto non potrebbe essere oggetto di un rito speciale. Recentemente la S.C. è tornata sui suoi passi e ha ritenuto ammissibile la domanda di divisione, purché sia trattata dopo la pronuncia, con sentenza non definitiva sulla separazione. Deposito e notifica Il ricorso deve essere depositato in cancelleria e apre la fase sommaria innanzi al presidente, il quale con pedissequo decreto fissa un’udienza entro 90 giorni e il termine per la notificazione al convenuto (art. 706, 3 comma, c.p.c.) Costituzione del convenuto Il convenuto si costituisce nel termine fissato dal giudice anteriore all’udienza. In difetto di previsione legislativa (art. 706/3 c.p.c.) detto termine non è perentorio, il che fa intendere che coniuge convenuto possa costituirsi anche all’udienza. Dichiarazione dei redditi Al ricorso e alla memoria difensiva è obbligatorio unire l’ultima dichiarazione dei redditi del coniuge per consentire al giudice l’esercizio dei poteri anche officiosi di determinazione del contributo di mantenimento (art. 706, 3 comma c.p.c.). 4. La fase sommaria: l’udienza e i provvedimenti presidenziali L’udienza (art. 707 c.p.c.) E’ richiesta la comparizione personale delle parti, pur con l’assistenza di un difensore, tanto che il presidente può differire l’udienza se non si presenta il coniuge convenuto, ordinando una nuova notificazione del ricorso, anche in difetto di vizio . La mancata presenza del coniuge ricorrente produce l’inefficacia della domanda e dunque l’archiviazione del procedimento. In difetto di comparizione del ricorrente o in caso di sua rinuncia, la domanda perde effetto. L’audizione separata e il tentativo di conciliazione Il presidente deve sentire i coniugi separatamente e poi congiuntamente, tentandone la riconciliazione, ovvero il superamento della crisi e la ricostituzione dell’unione personale e materiale. Per riconciliazione non deve intendersi l’accordo di separazione o di divorzio, ma il ripristino della vita coniugale (art. 708, 1 comma c.p.c.). L’ordinanza presidenziale In difetto di riconciliazione, sentiti i coniugi e i difensori, il presidente emette l’ordinanza provvisoria ed urgente dettando tutte le regole della separazione e del divorzio in ordine ai contributi e/o assegni di mantenimento, all’affidamento e alla paternità dei figli, all’assegnazione della casa coniugale: può adottare anticipatamente tutti gli effetti della sentenza di merito finale. L’iperattività dell’ordinanza presidenziale Ex art. 189 disp. att., anche in caso di estinzione del processo per separazione e divorzio l’ordinanza presidenziale continua a regolare i rapporti tra i coniugi (ratio storica: il dare salvezza ad una separazione senza colpa, secondo l’intendimento dei codificatori “liberali e laici” e non cattolici). Il senso è oggi quello di dettare delle regole alla crisi, anche quando le parti non coltivino il procedimento di merito dopo la fase sommaria, affinché la crisi non sia mai priva di disciplina. La non impugnabilità del passato Le ordinanze presidenziali prima della legge n. 54 del 2006 non erano impugnabili, nonostante la forte assimilazione alla tutela cautelare reclamabile ex art. 669/13 c.p.c., e l’ampia previsione di provvedimenti anticipatori non cautelari reclamabili (art. 703/2 c.p.c. per i provvedimenti possessori). L’ipotesi presentava gravi problemi di tenuta costituzionale ex art. 3 Cost. La riforma con legge n. 54 del 2006 Con la legge del 2006 il legislatore ha previsto un reclamo (art. 708, u.c., c.p.c.) Ma anziché adottare il modello efficiente del reclamo cautelare ex art. 669/13 c.p.c., che tanti problemi applicativi ha risolto, adotta un reclamo speciale ad hoc, che ricorda il reclamo camerale ex art. 739 c.p.c. Le forme del reclamo Il provvedimento presidenziale è impugnabile mediante ricorso alla Corte di appello (e non al tribunale con composizione collegiale), entro 10 giorni dalla notificazione del provvedimento (con silenzio sul termine lungo). La decisione è presa in camera di consiglio e quindi nelle forme dell’art. 739 c.p.c. Primo problema: le sopravvenienze Se dopo l’ordinanza presidenziale si manifesta una sopravvenienza, questa si fa valere in sede di reclamo o innanzi al giudice istruttore? L’art. 669/13 c.p.c. avrebbe imposto la deduzione innanzi al giudice del reclamo, ma la giurisprudenza delle Corti ha ritenuto che la deduzione fosse da effettuare innanzi al giudice istruttore innanzi al quale prosegue il giudizio per il merito (il quale ex art. 709 u.c. c.p.c., può senza limiti revocare o modificare i provvedimenti del presidente). Secondo problema: i rapporti tra reclamo della Corte di appello e la revoca e modifica del giudice istruttore Il legislatore non ha rivelato questo profilo di coordinamento molto delicato: può il G.I. revocare e modificare i provvedimenti della Corte di appello, rendendo vano l’effetto del reclamo? L’art. 709 u.c. c.p.c., regola un potere illimitato (anche in difetto di sopravvenienza) di revoca e modifica, ma solo dei provvedimenti presidenziali (la lettera della norma fa dunque pensare che il G.I. non abbia identici poteri rispetto al provvedimento di reclamo, ma possa modificare e revocare solo in caso di sopravvenienze). Terzo problema: la impugnabilità ei provvedimenti del G.I. Il legislatore si è dimenticato della sorte di provvedimenti del G.I., nonostante la identità di contenuti con i provvedimenti presidenziali non è apparentemente impugnabile. Segue Ne sono seguiti tre diversi orientamenti: 1. La specialità del mezzo di cui all’art. 708 u.c. c.p.c., e l’inapplicabilità alla logica dell’art. 669/13 esclude la reclamabilità dei provvedimenti del G.I. (tesi dei tribunali); 2. I provvedimenti del G.I., in quanto latamente cautelari, sono reclamabili ex art. 669/13 c.p.c.(tesi delle Corti di appello); 3. È estensibile in via analogica il reclamo ex art. 708 c.p.c. (tesi dottrinale) segue E’ inconcepibile pensare sul piano sistematico, alla luce dei principi costituzionali di eguaglianza del giusto processo, la non impugnabilità dei provvedimenti del G.I., quando sono impugnabili quelli presidenziali: l’unica soluzione adottabile con analogia legis è l’applicazione dell’art. 669/13 c.p.c.: la reclamabilità cautelare Abnorme teoria delle Corti di appello Le Corti di appello, in difetto di una base testuale, hanno ritenuto non più reclamabile l’ordinanza presidenziale dopo lo svolgimento dell’udienza ex art. 183 c.p.c. dinanzi al G.I. e hanno concepito un reclamo come sola e rigorosa revisio prioris istantiae, rendendola addirittura sensibile alle sopravvenienze. In realtà non esiste limite al reclamo se non nei dieci giorni della notifica e la natura di gravame del reclame impone il rilievo in esso delle sopravvenienze. Contenuti ulteriori dell’ordinanza presidenziale L’ordinanza presidenziale, oltre i provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 709 , 1 comma c.p.c., nomina il G.I. e fissa l’udienza di comparizione ex art. 183 innanzi ad esso. Se il convenuto è rimasto contumace (2 comma), l’attore provvede alla notifica dell’ordinanza al medesimo, nel termine stabilito, in modo che dalla data di notifica all’udienza non decorrano meno dei termini di cui all’art. 183 bis, ridotti a metà e nell’ordinanza (3 comma) il giudice fissa comunque i termini per la memoria integrativa all’attore e al convenuto, con maturarsi delle preclusioni in ordine a domande ed eccezioni riservate (gli avvertimenti di cui all’art. 163,n. 7, sono contenuti in ordinanza). Le memorie integrative A seguito dell’ordinanza presidenziale, senza soluzione di continuità si innesca nella fase sommaria la fase a cognizione piena; in vista dell’udienza le parti devono depositare – nei termini fissati dal presidente – le memorie integrative nelle quali a pena di decadenza devono formulare le domande, le eccezioni di merito e di rito non rilevabili d’ufficio. Udienza di trattazione (art. 709 bis c.p.c.) L’articolo richiama per mancato coordinamento agli artt. 180, 183 e 184 c.p.c., quando la fase di trattazione era articolata in tre udienze corrispondenti ai tre articoli. Il richiamo deve intendersi oggi riferito solo all’art. 183, con pieno esercizio dei diritti difensivi delle parti nelle forme e nei termini di cui all’art. 183, 5 e 6 comma, c.p.c. La sentenza non definitiva sulla separazione e sul divorzio Onde evitare difese dilatorie delle parti, volte a procrastinare i tempi della pronuncia della sentenza di separazione e divorzio, il legislatore ha consentito che il giudice pronunci immediatamente una sentenza non definitiva sulla separazione e sul divorzio, quando la causa debba continuare per le questioni economiche, per le questioni personali riguardanti i figli, per la richiesta di addebito. Detta sentenza è solo immediatamente appellabile, con appello in camera di consiglio (non è infatti assimilabile ad una sentenza parziale o non definitiva che consente la riserva). Poteri istruttori del giudice Il rilievo degli interessi, anche se disponibili, rende ragione di un’accentuazione dei poteri istruttori del giudice (art. 155-sexies, 1 comma c.p.c.), con la doverosità dell’audizione del figlio minore, che abbia compiuto anni 12 (discrezionale in caso di età inferiore, perché collegata alla capacità di discernimento) L’audizione del minore L’audizione del minore è strumento conoscitivo del giudice di natura diversa da una prova o da un mezzo istruttorio, attraverso di esso ha modo di accedere nel processo la valutazione personale del minore sulla disciplina dei suoi interessi. Manca nel nostro sistema una rappresentanza tecnica del minore nel processo per separazione e divorzio, come accade nel diritto comparato e come impongono le convenzioni internazionali (sui diritti del fanciullo, di New York e di Ginevra) La rappresentanza tecnica del minore Rappresentanza tecnica del minore è imposta solo in casi particolari: - I procedimenti sullo stato di adottabilità del minore; - I procedimenti c.d. de potestate ex art. 330 e ss. c.c. Tuttavia la giurisprudenza di legittimità ha eluso l’obbligo di difesa tecnica prevedendo solamente in caso di conflitto di interessi da comprovare tra genitori e minore, la nomina di un curatore speciale del minore ex art. 78 e ss. c.p.c., normalmente scelto presso la categoria degli avvocati. L’obbligo di audizione L’audizione è stata per molto tempo discrezionale. Dopo l’entrata in vigore dell’art. 155-sexies, e soprattutto sulla base dei regolamenti europei che non attribuiscono efficacia immediata ai provvedimenti sui minori anche in sede di separazione e divorzio senza previa audizione – è divenuta obbligatoria e in suo difetto, il provvedimento conclusivo deve ritenersi nullo, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità Rinvio al rito ordinario Per ogni altra diversa disciplina, valgono le regole del processo a cognizione piena di rito ordinario. L’appello Nonostante il silenzio del codice di rito, a fronte dell’espressa previsione nella legge n. 898 del 1970 (art. 4, 15 comma), l’appello segue il rito camerale e dunque non è soggetto al rigore degli oneri relativi alla formulazione del motivo (art. 342 c.p.c.) e ai limiti relativi alle nuove difese in appello (art. 345 c.p.c.), salvo il limite relativo alla formulazione delle domande. Si tratta pertanto di un appello “speciale”. 5. L’attuazione dei provvedimenti in materia di separazione e divorzio Esigenze postulate dagli interessi Già si è detto delle peculiarità dei diritti tutelabili nel diritto di famiglia: - Necessità di coordinare sempre l’esecuzione al merito per la dinamica imposta dalle sopravvenienze; - Necessità di introdurre adeguate misure coercitive, per l’attuazione, trattandosi di situazioni infungibili; - Necessità di proiettare la tutela esecutiva per il futuro. Il dialogo tra esecuzione e merito Il dialogo tra esecuzione e merito è assicurato, almeno per i provvedimenti personali (sull’affidamento e la potestà) dall’identificazione del giudice dell’esecuzione, nel giudice di merito (art. 709-ter: “è competente il giudice del procedimento in corso”), il quale stabilisce le modalità dell’esecuzione e “adotta i provvedimenti opportuni”. Ugualmente nell’ambito del divorzio (art. 6, 10 comma) segue Con i provvedimenti esecutivi il giudice “può modificare i provvedimenti in vigore” art. 709ter, 2 comma c.p.c., ciò che attesta la continua interazione tra merito ed esecuzione, a differenza delle contrarie regole del libro III, dove esiste una diversificazione degli organi e l’inidoneità dell’esecuzione di modificare i provvedimenti di merito da eseguire. Le misure coercitive A valere, sia per le situazioni personali che per quelle patrimoniali: 1. Per le prime “in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore ed ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”: si applica l’ammonimento, o una sanzione economica a favore del minore, o una sanzione economica a favore del genitore, o una sanzione economica a favore dello Stato (necessità di abbandonare la teoria della responsabilità civile, per la teoria della responsabilità oggettiva); 2. Per le seconde, legge n. 54 del 2006 (art. 3), si applica una tutela penale dell’ottemperanza al provvedimento, con richiamo all’art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, oppure una limitata tutela civile, mediante la misura del sequestro del patrimonio dell’obbligato (art. 156, 6 comma c.c.). segue Deve ritenersi applicabile anche la misura coercitiva generale dell’art. 614-bis c.p.c., per il suo diverso ambito di applicabilità: - Non in un procedimento ad hoc, come l’art. 709ter, ma direttamente nel provvedimento conclusivo del merito; - Per l’utilità della sua proiezione nel futuro: “per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento” “per ogni violazione o inosservanza successiva”, il che da ragione ad una tutela proiettata nel futuro per le misure personali La proiezione per il futuro per le misure economiche Sia l’art. 156, 6 comm, c.c., che l’art. 8, 3 comma, legge n. 898 del 1970, concepiscono una tutela dei diritti economici proiettati nel futuro: - Nel primo caso mediante ordine giudiziale ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto; - Nel secondo caso mediante effetto che l’avente diritto può ottenere sul piano stragiudiziale, a seguito di costituzione in mora del coniuge obbligato e persistente inadempimento per oltre 30 giorni, il provvedimento che accorda l’assegno, può essere notificato al terzo, tenuto a corrispondere periodicamente somme di denaro all’obbligato, con ordine di corrisponderle direttamente all’avente diritto: il titolo esecutivo a seguito di tale notifica, ha effetti anche verso il terzo (4 comma) Separazione consensuale Se i coniugi raggiungono un accordo di separazione, possono introdurre congiuntamente ricorso soggetto all’omologa del tribunale, il quale, dopo la conferma del relativo verbale davanti al presidente, si limita ad un controllo delle clausole relative ai figli minori, potendo giungere a rifiutare l’omologa se non vi è modifica da parte dei coniugi (art. 158 c.c., art. 711 c.p.c.); la separazione consensuale acquista efficacia dopo l’omologazione Divorzio congiunto In caso di divorzio, non essendo la fattispecie di fatto ma assunta da una norma giuridica, si richiede l’accertamento giudiziale e quindi anche quando vi è accordo il procedimento non è di volontaria giurisdizione ma di natura contenziosa. Il ricorso è presentato congiuntamente al tribunale che decide in camera di consiglio con sentenza, potendo, ancora una volta, il tribunale verificare gli accordi concernenti gli interessi dei figli. Tuttavia nel caso di contrasto, il tribunale non può indurre i coniugi alle modifiche ma deve convertire il rito da congiunto a contenzioso, ai sensi dell’art. 4, 8 comma, legge n. 898 del 1970. La modifica del giudicato Ex art. 710 e 9 legge n. 898 del 1970, con un rito in camera di consiglio a fronte di fatti sopravvenuti, le parti possono sempre chiedere la modifica dei provvedimenti, con possibilità di adozione di provvedimenti provvisori, ciò a valere per la sentenza di separazione e divorzio e per il decreto di omologa della separazione consensuale