Dott.ssa Michela Pensavalli Il panico è un paradosso interno al nostro organismo (logica non ordinaria): la mente razionale cerca di sedare la mente spontanea, in questa lotta, il controllo fa perdere il controllo. Si sblocca il paradosso (cortocircuitandolo) con un contro paradosso. Viene definito un attacco di panico (DSM IV pag.437-438), quando nella persona si presenta un periodo preciso di intensa paura o disagio, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si sono verificati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti: palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia sudorazione tremori fini o a grandi scosse dispnea o sensazione di soffocamento sensazione di asfissia dolore o fastidio al petto nausea o disturbi addominali sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi) paura di perdere il controllo o di impazzire paura di morire parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio) brividi e vampate di calore Durante il disturbo di attacchi di panico, uno o più singoli attacchi si sono verificati immediatamente prima, e non durante situazioni che generalmente possono causare disagio o ansia. Non sono inoltre provocati da situazioni in cui la persona si trova prevedibilmente al centro di interesse di altri(gli attacchi possono essere imprevedibili). Nell’arco di quattro settimane, un singolo o più attacchi di panico, possono verificarsi, seguiti poi da un mese in cui persiste la paura di averne uno ulteriore. E’ sicuramente da escludere un fattore organico iniziale nella genesi dell’attacco di panico, così come nel suo mantenimento. Inoltre la causa scatenante non può essere un’intossicazione da farmaci, anfetamine, caffeina, né da una malattia generale. L’attacco di panico può presentarsi in diverse forme, più o meno gravi: Media: durante un mese preso in esame, gli attacchi di panico, hanno avuto un numero limitato di sintomi (per esempio, poco più di quattro), oppure non si è presentato alcun attacco di panico. Moderata: nell’arco di un mese preso in esame, i sintomi dell’attacco di panico, si sono presentati in numero limitato (ad esempio poco più di quattro), oppure non si è presentato alcun attacco di panico o ancora gli attacchi sono stati intermedi tra “medi” e “severi”. Severa: nell’arco di un mese preso in esame, si sono presentati almeno otto attacchi di panico. In parziale remissione: quando i sintomi sono intermedi tra completa e parziale remissione. In completa remissione: quando durante i sei mesi passati, non si sono presentati sintomi tipici dello spettro panicoso, così come nessun attacco di panico vero e proprio. Una ulteriore specificazione si da agli attacchi di panico per differenziarli tra: Inaspettati: quando la situazione che li scatena, non è anticipata, provocata, cercata dal soggetto, quanto piuttosto imprevedibile Causati dalla situazione: quando il soggetto conosce il contesto che potrebbe renderlo sensibile al presentarsi dei sintomi panicosi Sensibili alla situazione: quando questa potrebbe in qualche modo provocare un’ansia o sintomi simil attacco di panico. L’attacco di panico viene classificato anche con o senza la presenza di sintomi di agorafobia. PAURA → PENSIERO PANICO Percezione di immagini mentali di tipo realistico o fantastico che coinvolgono l’intero organismo. → Rapida escalation di eventi ATTIVAZIONE FISIOLOGICA → → PANICO PERDITA DI CONTROLLO -SENSAZIONI Sensazioni concrete propriocettive CIRCOLO VIZIOSO Attribuzione di senso alle alte Alterazioni delle sensazioni propriocettive - PENSIERI – Questo processo di interazione tra la mente e le reazioni fisiologiche è stato osservato anche grazie a misurazioni di laboratorio delle attività celebrali sottoposte ad impulsi terrorizzanti. Sia i centri - ARCAICI e PRIMITIVI (che veicolano le reazioni emozionali) che MODERNI ed EVOLUTIVI (che veicolano il ragionamento e le decisioni logiche) sono implicati nel panico. Scattano prima le REAZIONI PSICOFISIOLOGICHE poi i PENSIERI e le RISTRUTTURAZIONI DI SIGNIFICATO di queste Per paura io controllo i miei pensieri e le mie sensazioni Controllando rivolgo la mia attenzione continuamente all’ascolto dei parametri fisiologici che mi indicano che la mia ansia si sta alzando. Le funzioni fisiologiche spontanee diventano artificiose, alterate. La paura aumenta. Sale ancora di più il livello dell’ansia. Penso che sto avendo un attacco di panico. Mi agito. Ho un attacco di panico Es. : della scala: controllo volontario di funzioni fisiologiche o azione di solito spontanea. Ascolto me stesso → controllo le mie funzioni → controllo → il controllo mi fa perdere il controllo → ho il panico. La mente non può controllare il proprio funzionamento mentre sta funzionando. “Gli occhi non possono guardarsi mentre stanno guardando”. Ecco perché: L’utilizzo del paradosso. Utilizzo volontario di una reazione paradossale nei confronti del momento del panico, blocca l’escalation della paura, provocata dal fallimentare tentativo di controllo operato dalla persona. Paura E’ uno stato mentale, ma anche corporeo, di allarme generalizzato che si attiva nei confronti di una situazione minacciosa che possa coinvolgere noi stessi o le persone amate (es. si può avere paura che qualcuno possa farci del male o farlo a nostro figlio o a nostro padre). Una delle paure che da sempre ci accompagna nella vita è la paura di essere abbandonati. Tutte le paure, sono state da molti autori ricondotte a questa paura iniziale e primaria, poiché questa si lega fortemente alla necessità di sopravvivere, infatti ogni volta che esperiamo una intensa paura, il primo istinto è quello di proteggerci, di agire per sopravvivere. In ogni caso la paura si orienta su una oggettiva situazione minacciosa. Ansia L’ansia invece, è molto spesso una paura anticipatoria, eccessiva, poco adattiva. Si può provare ansia per un avvenimento che potrebbe avvenire nel futuro (es. paura di perdere il lavoro, di una malattia improvvisa e grave, della morte di qualcuno a noi caro). L’anticipazione nel futuro, di qualcosa che non è certo, né altrettanto definito, ma piuttosto ipotetico, immaginario, attiva la risposta fisiologica di perenne stato di allarme, di eccitazione, di prontezza di riflessi. Questa situazione di “iperattenzione”, laddove non esiste un reale pericolo, ma questo è solo percepito, immaginato, mantiene la persona in un cosiddetto stato di attivazione nervosa e cognitiva, fino a logorarla, poiché non può esistere una situazione di operatività concreta che permetta uno “sfogo” di queste energie eccessivamente accumulate. Stress Si definisce così, quella sorta di difficoltà, avversità, tensione, dovuta ad un insieme di stimoli che producono una reazione nell’organismo e nei comportamenti. Selye definì lo stress come “una aspecifica reazione dell’organismo a qualsiasi stimolo interno o esterno, di tale intensità da provocare meccanismi di adattamento e riadattamento tali da ristabilire l’equilibrio interno stabile”. Molto spesso usiamo questo termine per definire tutte quelle situazioni interne ed esterne che ci portano ad un eccessivo dispendio di energie con conseguente alterazione negativa dei parametri fisiologici fisici e mentali (es. mal di testa da stress, reazione allergica da stress, esaurimento nervoso da stress). Così come spiegato per l’ansia, nella reazione da stress, l’organismo rimane attivato su eccessiva produzione di adrenalina, con conseguente eccessivo spreco di energie, dovuto al blocco di sovreccitazione, che impedisce il normale ritorno ad uno stato equilibrato di quiete (Possanzini, 2000). Il circuito neurofisiologico anche in questo caso va in tilt. Angoscia L’angoscia invece, è un tipo di ansia che non ha però un oggetto che può essere chiaramente riconoscibile. L’esperienza che vive una persona angosciata, è quella di star male senza riuscire a spiegarsi il perché, senza avere un vero e proprio problema concreto, anche se spesso possono trovarsi riferimenti nel presente o nel passato. La percezione di non trovare una reale causa, di soffrire di un male “sfuggente”, poco concreto, getta la persona in uno stato di allarme ugualmente disfunzionale. Si può provare angoscia nell’idea di non avere trovato il senso della propria vita, per uscire in mezzo alla gente e sentirsi ugualmente soli, per ripensare costantemente ad eventi passati che tornano nostalgicamente alla memoria come esperienze di vita mancate, non vissute a pieno Probabilità Percettiva gravità percepita l’ansia aumenta quando il soggetto avverte il danno imminente, molto probabile ANSIA = capacità percepita di fronteggiarlo disponibilità percepita di aiuto esterno e con elevato potere di compromissione La discriminante per l’attacco di panico: - carattere improvviso - presenza di una situazione ansiogena Quando sono presenti sintomi psicosensoriali (sensazione di camminare su un tappeto di erba, limiti spazio - temporale sfumati) la prognosi è meno favorevole, l’attacco di panico si presenta in forma più grave. Al di fuori di quanto indicato dal D.S.M.IV sul piano clinico si riconoscono diverse varianti e forme del D.A.P.: - respiratorio - cardiaco - derealizzatorio - gastroenterico - cardiorespiratorio - vestibolare - depersonalizzazione/derealizzazione - misto Comorbidità = coesistenza di diversi disturbi nello stesso paziente. Non per forza i diversi disturbi devono avere stessa eziopatogenesi. Comorbidità nel disturbo di Panico: - depressione maggiore: 10-65% (in circa 1/3 degli individui, con entrambi i disturbi, la Depressione precede l’esordio del Disturbo di panico), - fobia sociale: 15-30% - ansia generalizzata: 15-30% - fobia specifica: 2-20% - ossessivo – compulsivo: 10% - disturbi post - traumatico da stress: 2-10% L’attacco di panico ha alta comorbidità con l’ipoglicemia e con l’infarto che spesso è da esso mascherato, inoltre ha comorbidità con l’epilessia, con l’emicrania nelle quali la luce può dare molto fastidio così come nel dap, in cui siano presenti sintomi psicosensoriali. La più alta comorbidità è comunque con la depressione, che può essere sincronica o diacronica (in seguito all’attacco di panico). Tra i disturbi di personalità c’è alta correlazione con il disturbo dipendente di personalità, oltre che, in maniera minore, col disturbo schizoide e schizotipico. E’ comune anche la comorbidità con tutti gli altri disturbi di ansia specialmente negli ambienti clinici e negli individui con agorafobia più grave (la fobia sociale è stata riferita nel 15% - 30% degli individui con disturbo di panico; il disturbo ossessivo- compulsivo nell’8% - 10%, la fobia specifica nel 10% - 20%; e il disturbo di ansia generalizzato nel 25%). Nel 20% dei pazienti panicosi con associato un Disturbo dell’Umore, è presente un alto rischio suicidario. Il suicidio è più facilmente riscontrabile laddove il disturbo ha altre comorbidità e quando presenta sintomi di panico durante la notte, che risvegliano il paziente. La percentuale di suicidio nel DAP è comunque bassa : 0,06 % e cresce laddove ci sono i seguenti fattori di rischio: - disturbi affettivi - abuso di sostanze - disturbi alimentari - disturbi di personalità - sesso femminile - se il DAP si presenta con episodi notturni Il rischio di sviluppare il Disturbo di Panico è 4 – 8 volte superiore nei parenti di primo grado delle persone con Disturbo da Attacchi di Panico, rispetto a quelli di persone con altre patologie psichiatriche. La diagnosi differenziale può essere effettuata con: - altre sindromi psichiatriche in cui compaiono attacchi di panico malattie cardiache (aritmie cardiache in particolare feocromocitarie (tumore delle ghiandole surreali) asma, ipertiroidismo tumore del lobo temporale ingestioni di sostanze stimolanti (caffeina, cocaina) astinenza da alcol, barbiturici, e benzodiazepine. I numeri del panico: colpisce il 3% della popolazione (3.5 % in USA, 2.9% in Italia); colpisce maggiormente il sesso femminile, con un rapporto maschi/ femmine di 1:3. Le ragioni per cui questo disturbo colpisce maggiormente le donne sono dovute alle variabili biologiche e psicosociali: 1) decremento del progesterone durante la fase premestruale A conferma dell’ipotesi biochimica, si è dimostrata una sensibilità alla CO2 (anidride carbonica) significativamente maggiore in donne affette da DAP, nella parte iniziale del ciclo follicolare, quando sono più bassi i livelli di progesterone. Inoltre, donne con disturbi disforia della tarda fase luteale (accompagnata da brusco abbassamento di progesterone) mostrano una ipersensibilità al test di infusione con il lattato. Il progesterone è un ormone che induce iperventilazione e il suo abbassarsi, con conseguente aumento di CO2 stimolerebbe in sistema di allarme per soffocamento. 2)spiccata propensione della donna ad evitare il pericolo e quindi situazioni ansiogene. 3) maggiore longevità della donna (vita media 83 anni) 4) maggiore propensione all’ascolto del proprio corpo, dovuta ai maggiori cambiamenti (cicli mestruali, menopausa, gravidanze) L’età di insorgenza del disturbo di Attacchi di panico: tra l’adolescenza e i 40 anni I picchi di incidenza: il primo a 20 anni ed il secondo a 35 anni. L’età del primo trattamento psichiatrico si situa tra i 25 e i 45 anni mediamente dopo 5/10 anni di malattia. Possiamo distinguere tra : 1) patologie che si esprimono con il panico: Attacco di panico invalidante ( paura di perdere il controllo in situazioni prevedibili o imprevedibili) 2) patologie nelle quali il disturbo di panico è rappresentato da ciò che la persona fa per evitare di cadere nel panico: è la Strategia invalidante( mai avuti attacchi di panico ma la persona li previene con pensieri ed azioni) Le patologie sono sempre in evoluzione e democraticamente distribuite Esiste una creatività nel costruire patologie “Esistono tante paure quante ne possiamo inventare”. 1) PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO Non è la paura che conta ma come la persona ci si relaziona (reazioni alla paura). La persona somatizza ciò che teme. Es. paura di farsela addosso. Profezia che si autoavvera. T.S. evitamento, controllo, richiesta di aiuto 2) PAURA DI VOLARE Modalità innaturale di spostarsi + paura dell’altezza + paura di rimanere feriti + claustrofobia 3)PAURA DELL’ALTEZZA Non è per forza legata alla reale presenza dello stimolo minaccioso (paura di gettarsi nel vuoto). E’ la paura di perdere il controllo e fare cose bizzarre. 4)PAURA DI PERDERE PERSONE CARE Iperprotezionismo. 5) ZOOFOBIA Per l’incontrollabilità degli animali, portatori di sporco. 6) AGORAFOBIA Paura di stare da soli o in luoghi poco sicuri T.S. Evitamento o richiesta di aiuto 7) CLAUSTROFOBIA Paura e vergogna di rimanere in spazi chiusi e doversi allontanare. T.S. evitamento o richiesta di aiuto 8) PAURA DEL RIFIUTO SOCIALE Il fobico sociale è sicuro di essere rifiutato ed ha un atteggiamento difensivo. T.S. evitamento, controllo. 9) FISSAZIONI IPOCONDRIACHE Medicinale in sovradosaggio → veleno. Eccessiva prevenzione e ricerca diagnostica → “Chi cerca trova” Es. leggere più giornali per convalidare la stessa notizia. trappola CONTROLLO TROPPO RIUSCITO: LE OSSESSIONI COMPULSIVE 10) DISMORFOFOBIA Simile al doc. Fattori genetici Alcune ricerche hanno evidenziato che nella fisiopatologia degli attacchi di panico intervengono alterazioni degli equilibri neurotrasmettitoriali a livello cerebrale. In particolare, le alterazioni riguardano i sistemi noradrenergico (nel senso di un’iperattività e/o iperreattività del sistema), serotoninergico (nel senso di un’iperattività) e GABAergico. Si è osservato un maggior rischio di ammalarsi del disturbo nei parenti di primo grado dei pazienti affetti rispetto al rischio osservato nella popolazione generale: la probabilità di ammalarsi passa dal 3 % nella popolazione generale al 15-17 per cento nei parenti di primo grado di soggetti affetti. Fattori ambientali Vissuti di esperienze traumatiche durante l’infanzia (per esempio un evento di perdita, come la morte di un genitore) Aver sofferto di ansia di separazione (difficoltà al distacco dai genitori) aumenti il rischio di ammalarsi di disturbo di panico in età adulta. Vivere un’esperienza traumatica (sia una situazione di pericolo e/o minaccia esterna sia la manifestazione di conflittualità intrapsichiche) recente può essere correlato all'esordio del disturbo; il vivere in modo conflittuale le esperienze di dipendenza/indipendenza aumenta la vulnerabilità per il disturbo di panico. I due gruppi di fattori ambientali interni ed esterni, possono agire in sinergia nel determinare gli attacchi di panico. Nel 10 per cento circa dei casi (disturbo di panico dovuto a una condizione medica generale) concorrono a determinare il disturbo specifiche patologie internistiche come le disfunzioni tiroidee, le disfunzioni vestibolari (labirintite), malattie respiratorie. Questa eventualità implica che le procedure diagnostiche prevedano anche un attento esame obiettivo generale e l’effettuazione di alcune analisi (esami ematologici ed ematochimici, dosaggio degli ormoni tiroidei ed elettroencefalogramma). Proprio per questo motivo affermiamo che le cause dello scatenarsi di un attacco di panico, possono essere multiple e diverse e spesso possono intrecciarsi fra di loro. Possono essere di tipo biologico e psicologico, ma tutte queste informazioni ci possono servire in senso conoscitivo, ci indirizzeranno per orientare l’intervento ma per risolvere concretamente il problema, è importante soprattutto capire come esso funziona nel presente, più che risalire alle sue cause più remote. In altre parole, nella cura del panico, si rivolge l’attenzione sul concreto funzionamento del disturbo, sulle dinamiche che lo sorreggono, sui processi che lo spiegano a livello di percezioni e di comportamenti della persona che ne è affetta. Cause fisiche Tra le cause fisiche ed emotive che più spesso vengono recuperate dai resoconti dei pazienti panicosi e dell’indagine diagnostica ci sono: periodi di forte stress traumi, perdite o lutti problemi legati a malattie mediche croniche eccessivi impegno di lavoro, sul piano sociale o anche personale (es. perenne intenzione di stare a dieta e conseguente stress relativo agli scarsi risultati) reazione allergica a medici o a sostanze stupefacenti eccessivo o violento esercizio fisico Per arrivare ad orientarci nell’intervento comprendendo le cause del disturbo da panico, possiamo recuperare: la DIMENSIONE BIOLOGICA DELL’ANSIA la PROSPETTIVA PSICOLOGICA la DIMENSIONE EVOLUTIVA DELL’ANSIA la TEORIA STRESS – VULNERABILITA’ La struttura di personalità, può essere da alcuni intesa in senso genetico come temperamento, da altri come organizzazione di elementi della storia dello sviluppo in strutture relativamente stabili. Alcuni autori, hanno intravisto nei tratti patologici classificati nel DSM IV, come disturbi di personalità del Gruppo C, dei fattori predisponenti al panico. Si parla di personalità cosiddette “ ansioso-paurose” , che comprendono in sé diversi tipi di disturbi: evitante, dipendente, ossessivo compulsivo e misto. Il disturbo evitante, si manifesta con l’esplicito timore di essere giudicati, rifiutati o disapprovati, con un’ ipersensibilità alle critiche e la tendenza a non parlare di sé per timore di essere umiliati o ridicolizzati, atteggiamenti solitamente riscontrabili per esempio, in chi soffre di fobia sociale; il Il disturbo dipendente, si manifesta con l’eccessivo bisogno di essere accuditi e protetti e la costante paura della separazione; Il disturbo ossessivo compulsivo, si manifesta con scarsa flessibilità e apertura mentale, dedizione eccessiva al lavoro e alla produttività, estrema meticolosità e inflessibilità nei confronti di se stessi. La personalità di chi ha sofferto o soffre di Disturbo di Panico è importante per inquadrare i diversi aspetti comportamentali che sono racchiusi da questa patologia multifattoriale, in particolar modo possiamo dire che il fobico può presentare nei risvolti pratici di comportamento, atteggiamenti che hanno caratteristiche dei disturbi del gruppo C diagnosticati nel Manuale DSM IV. E’ chiaro che, si tratta di persone che soffrono prevalentemente di paura, prima che di un disturbo di personalità. Sulla base fobica, queste persone sviluppano poi, tutte quelle ulteriori complicazioni che sono legate ad un atteggiamento rigido di personalità che va a sommarsi al disturbo d’ansia sottostante (Troiano, 2001). EVITAMENTI RICHIESTA DI AIUTO TENERE OSSESSIVAMENTE IL CONTROLLO L’ATTEGGIAMENTO PROTETTIVO DELLA FAMIGLIA Il risultato di 15 anni di studio su questa patologia attraverso protocolli di intervento specifici. E’ importante analizzare le t.s.: 1) evitamento; 2) richiesta di aiuto; 3) controllo delle proprie reazioni e della situazione circostante. Il trattamento: I° fase (1 seduta) parte CONOSCITIVO – OPERATIVA in quanto indaga un problema e porta essa stessa al cambiamento parte delle PR: - d.b. (sposta attenzione) - ristrutturazione della paura dell’aiuto e dell’evitamento II° fase : (2-5 seduta) viene ribadito il cambiamento ottenuto nella I° fase della terapia. Le PR : WF “spegnere il fuoco aggiungendo la legna”. 5’ X 5 La WF si evolve in: al bisogno III° fase: la terapia spostata alla soluzione. Le PR: “come se” Il paziente esperisce concretamente le proprie risorse IV° fase : (ultima seduta) consolidato il lavoro fin a quel punto svolto. Si sottolinea come il paziente non abbia creato nulla di nuovo ha solo tirato fuori risorse che aveva dimenticato di avere. Immanuel Kant recita: “la maggioranza dei problemi non deriva dalle risposte che ci diamo ma dalle domande che ci poniamo”, questo ci porta a pensare che sono le domande a creare le risposte piuttosto che le ipotesi a indurre domande. Albert Einstein alla stessa stregua ci informa: “Sono le nostre teorie che determinano le nostre osservazioni”. I° SEDUTA e DOMANDE AD IMBUTO STRATEGICO = tutte quelle tattiche e manovre orientate ad un fine preciso. - Dialogo strategico: grazie al quale anche la prima seduta è terapeutica, nella prima seduta si può però già avere un processo di ristrutturazione del s.p.r., questo è stato possibile grazie alle domande ad imbuto (es. “Lei ha paura di morire o di perdere il controllo? questa alternativa installa nel paziente una riflessione su ciò che gli succede, noi possiamo trarre un insieme di informazioni sull’aspetto fobico o ossessivodiscriminiamo anche sulle t.s. sull’aspetto fobicofuga/ossessivaricerca di controllo). La RELA ZION E La COM UNIC AZIO La NE STRAT EGIA TERAP EUTIC A Con le domande ad imbuto e la prima seduta lavoriamo su questi 3 livelli es. “Rispetto alle situazioni percorse lei le evita o le rifugge?” evita (fuga) parametro fobico affronta ossessivo es. “Nel momento in cui prende l’attacco, cerca qualcuno oppure combatte da solo?” es. “Lei tende a parlare molto del suo problema o tende a tenere tutto per sé?” N.B. Dopo ogni domanda ad imbuto e risposta, c’è una parafrasi. es. “Quando lei chiede aiuto e lo riceve si sente bene oppure dopo si sente meno fiducioso nelle sue capacità?” Con la domanda ad imbuto già introduciamo una ristrutturazione importantissima “la paura dell’aiuto” es. “Tutte le volte che lei sfugge ad una situazione paurosa come si sente?” La prima seduta è una seduta: Suggestiva: basata sull’auto inganno terapeutico che fa auto persuadere il paziente. Persuasiva: basata sull’auto inganno facendo avvicinare la nostra percezione ai nostri desideri. Nella terapia si utilizza di più la persuasione basata sull’auto inganno, perché aggira le resistenze del paziente, efficacemente combatte i drop-out. Alla stregua dei saggi cinesi si compiono cose senza che si vedano. Manipolatoria : ingiunzione diretta. La fase delle domande ad imbuto, è fondamentale per aprire il campo alla fase di prescrizione. “Non è importante vedere nuovi mondi ma vedere il nostro mondo con occhi diversi.”