PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI 4° GIORNO Anno Pastorale 2014-2015 Il futuro giace nell’interiorità La frase del giovane da cui è partita la mia riflessione pone in evidenza la chiusura del futuro: «Non vedo un futuro». Possiamo chiederci: dov’è il futuro? Dove possiamo cercarlo? L’antropologo Marc Augé, nel libro Che fine ha fatto il futuro?3, annota che ormai il presente è diventato egemonico: 3. MARC AUGÉ, Che fine ha fatto il futuro? Dai nonluoghi al nontempo, Elèuthera, Milano 2009. «Agli occhi dei comuni mortali esso [cioè, il presente] non è più frutto della lenta maturazione del passato, non lascia più trasparire i lineamenti di possibili futuri, ma si impone come un fatto compiuto, schiacciante, il cui improvviso sorgere fa sparire il passato e satura l’immaginazione del futuro» . 4 4. Idem, 27. Del resto il consumo, vero dominus del nostro oggi (occidentale) rende il mondo autosufficiente: il mondo del consumo basta a se stesso, non ha bisogno di ieri né di domani, è tutto nell’oggi, nel momento stesso del consumo. Il consumo consuma anche il tempo. Sembra spegnersi il tempo come principio di speranza. Allora, dove cercare il futuro? Occorre riscoprirne la dimensione interiore. Potremmo parlare di futuro interiore. Il futuro, di cui siamo alla ricerca, forse non è così lontano da noi: c’è una dimensione interiore del futuro. 5. Si pensi al libro XI delle confessioni di Agostino e al testo di EUGÈNE MINKOWSKI, Il tempo vissuto. Fenomenologia e psicopatologia, Einaudi, Torino 2004. Certo, questa è solo una dimensione del tempo, non è unica, ma indubbiamente, da Agostino a Minkowski5, è un aspetto che può vantare una lunga tradizione nel pensiero occidentale. Questo futuro, dunque, giace nell'interiorità, è a portata di mano se solo si osa l’avventura della vita interiore, della conoscenza di sé, e dunque dell’educazione, del primato accordato ai valori umani. Se si osa la forza dell’immaginazione a livello personale e collettivo, a livello individuale come sociale e politico, se si osa ancora formulare a livello collettivo l’utopia di un mondo senza paure e senza ingiustizie, se si osa ancora l’utopia della pace e della condivisione dei beni (che secondo Marcel Mauss sarebbe anche la soluzione più economica per l’umanità), se si ha ancora l’audacia di pensare un avvenire portatore di sensatezza e felicità. Questa dimensione riguarda tanto i giovani quanto gli adulti. In effetti, il futuro è potenzialità nei giovani ed è responsabilità negli adulti. Dalla parte dei giovani Innamorarsi Il futuro non è solo un’estensione dello spirito, un frutto dell’interiorità, vi sono anche i fatti, gli eventi, le situazioni storiche, ma vi è una dimensione di futuro che è a portata di mano dell’uomo. L’innamoramento lo mostra. L’innamoramento è lo stato nascente di una storia futura, è un movimento portatore di un progetto e creatore di futuro: porta gli innamorati a immaginare e progettare un futuro insieme6. 6. Cfr. FRANCESCO ALBERONI, Innamoramento e amore, Garzanti, Milano 1979. È un tentativo che l’immaginario fa di imporsi sull’esistente. In esso vi è una promessa di senso e di felicità che avvolge e travolge. È creazione di futuro a partire dal cuore, dall’interiorità umana, dal desiderio. L’innamoramento parla il linguaggio della vita, un linguaggio umanissimo, anteriore a ogni calcolo, a ogni prudenza, a ogni convenienza. Nell’innamoramento non si guarda a ciò che l’altro fa o possiede, non si guarda alla casta o al censo, all’etnia o alla religione, alla cultura o allo status sociale, ma si cerca e si desidera l’altro e lo si ama per come è. In questo, l’innamoramento diviene anche esplosione del possibile a partire dall’impossibile. L’innamoramento è linguaggio trasgressivo: chi si innamora vi giunge a partire da un mondo di regole, di divieti, di tabù, di credenze, di regolamentazioni sociali, di consuetudini, di strade segnate. Le persone innamorate superano le differenze culturali e religiose, etniche e sociali in un colpo solo. Si comprendono, sono intimamente certe di capirsi e di essere mosse da un surplus di senso che le guida a voler creare una storia anche a costo di affrontare ostacoli e impedimenti pesanti. Certo, queste differenze e le difficoltà che comportano nella convivenza non vengono eliminate: esse riemergeranno non appena si passerà dall’innamoramento in cui è l’amore che sceglie le persone alla vita quotidiana insieme, ovvero all’amore come scelta. Tuttavia è innegabile che nello stato di innamoramento si operi una relativizzazione delle differenze in nome di un sentimento estremamente vitale e potente. Lo stato nascente che è l’innamoramento è capace di riorganizzare il passato e di riorientare la vita: l’innamoramento è una rinascita. L’innamoramento rifà il passato, è tipico del giovane, e ridà anche giovinezza a chi giovane non è più. Nell’innamoramento scompare la paura del futuro. Esso libera il desiderio e lo pone al centro di tutto. Trasgressivo, l’innamoramento è anche profetico. Nell’innamoramento tutto è simbolicamente già realizzato e tutto è concretamente ancora da realizzare: ma questo «tutto» è dato in mano ai due demiurghi che sono gli innamorati, i creatori del loro futuro. Nell’innamoramento i due intravedono nella loro storia ancora da costruire ma in certo senso già anticipata, già realizzata nel sogno e nell’immaginazione, una promessa di vita straordinaria. Qui il punto interrogativo da cui siamo partiti diviene una domanda precisa: quale promessa di vita le nostre chiese, la nostra società sa mostrare ai giovani? Il punto interrogativo riguarda la nostra capacità di adulti, di società, di Chiesa, di essere in grado di promettere vita e di dare fiducia, ovvero di mettere in pratica quelle condizioni grazie alle quali diviene possibile vivere. Desiderare L’innamoramento dà voce al desiderio. E il desiderio è elemento costitutivo dell’essere umano. L’uomo è homo desiderans. Ma mentre ci chiediamo che fine ha fatto il futuro, dobbiamo chiederci che fine ha fatto il desiderio, che di per sé sa creare futuro. La società dei consumi ha diffuso l’idea di poter soddisfare tutto e che la felicità consista nell’essere saziati, riempiti, colmati, soddisfatti in ogni bisogno. L’Occidente è sempre più una società di obesi, di «troppo pieni». La sazietà consumistica è una prigione del desiderio, il quale viene ridotto a bisogno indotto da soddisfarsi immediatamente.