Origini psicologiche della
comunicazione
Non siamo ancora nati e già comunichiamo!
 Il feto è già pronto a percepire i contorni della nostra
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voce e la cadenza della lingua parlata senza tuttavia mai
sentire le parole come noi. Il bambino sente solamente i
suoni lontani.
Il feto inizia a reagire ai suoni verso il sesto/settimo mese
di vita intrauterina.
Il feto è in grado di sentire la voce della propria madre.
Il feto è attento alla voce della mamma.
I feti riescono a sentire i forti rumori ma sanno anche
distinguere fra sequenze diverse nel linguaggio che
sentono.
Eccessivi stimoli non fanno bene
 Il feto quando eccessivamente stimolato, si gira,
chiude gli occhi ed esclude il mondo esterno.
C’è correlazione tra la “scuola fetale” e il
comportamento neonatale?
 Sì. L’apprendimento fetale costituisce la base per il
comportamento del neonato.
 Il neonato possiede moltissime abilità ed è
predisposto a creare ordine dal caos.
 Il neonato è capace di individuare i volti umani, di
imitarne le azioni e di elaborare piccole parti del
linguaggio umano.
 Il neonato è un eccezionale ricercatore di regolarità
con una capacità innata di trovare un senso al
rumore che lo circonda e di trovare intorno a sé
coloro che possono assicurare la sua sopravvivenza.
Come comunicano i neonati?
 Il pianto: il neonato piange per richiamare l’attenzione
 La mamma sa distinguere tra i diversi tipi di pianto?
 La ricerca attuale indica che la capacità di distinguere fra
i diversi tipi di pianto è solamente un mito. Gli adulti
sanno distinguere il livello di sofferenza in un particolare
pianto, ma raramente riescono ad indovinare il
significato di un pianto
 Il bambino è in grado, a circa tredici mesi, di utilizzare
un finto pianto abbreviato con lo scopo di attirare
l’attenzione
 Il sorriso
Il primo “clic”
 Non appena i genitori o coloro che si prendono cura
del bambino riescono a strappargli il primo sorriso,
vengono gettati i semi dell’interazione comunicativa
 Tra le dieci e le sedici settimane di vita i bambini
sono in grado di leggere le labbra
 I bambini sanno mettere insieme suoni e volti
 Tutte queste interazioni sono la base per la
costruzione di una buona capacità di conversazione
La comunicazione tra madre e bambino comincia
prima della nascita
 I neonati desiderano sentire la voce materna e infatti
le madri sono avvantaggiate rispetto ad altri nel
catturare l’attenzione del neonato
 Il bambino sente la voce della madre a partire dalla
venticinquesima settimana di gravidanza
 La voce della madre è più acuta rispetto ai suoni
bassi e profondi dell’ambiente intrauterino e per
questo motivo viene sentita dal bambino più
chiaramente
 Questo potrebbe essere uno dei primi modi in cui il
neonato trova la madre dopo la nascita
Siamo “predisposti” a comunicare anche con gli
altri?
 Il neonato è sensibile alle proprietà ritmiche della
sua lingua e sa fare una distinzione fra alcune delle
lingue straniere
 Concentrarsi sui suoni della propria lingua è il primo
passo per impararla, tuttavia alla nascita i neonati
sono pronti ad apprendere ogni lingua che sentono
 I bambini bilingui sono avvantaggiati
L’importanza del volto
 Sebbene il bambino non sia in grado di vedere
quando si trova nell’utero, egli viene al mondo con la
capacità di memorizzare i volti umani
 I neonati sanno realmente stabilire un contatto già
da appena nati
 Il bambino apprende rapidamente l’associazione
visiva fra volto e madre, perché conoscere l’aspetto
della mamma va a suo vantaggio
Il primo rapporto con “l’altro”
 Sé indifferenziato
 L’assenza della “figura di accudimento” genera nel
bambino la consapevolezza che esiste anche “l’altro
da sé”
 Rapporto iniziale basato sulla richiesta di
soddisfazione di bisogni fisiologici
L’importanza della relazione madre-bambino
 Il rapporto del bambino con la madre è il terreno sul
quale attecchisce la prima forma di comunicazione,
intesa dapprima come relazione, successivamente
come scambio di informazioni
 Il tipo di relazione con la madre influirà sulle future
relazioni interpersonali del soggetto in età evolutiva
 Carenze comunicative materne inficiano lo sviluppo
psichico del bambino, fino agli estremi della
“depressione anaclitica” (o “ospitalismo”)
Le basi della comunicazione parlata
 Emissione di suoni inarticolati
 Lallazione
 Prime sillabe
 Prime parole
Il “motherese”
 È il linguaggio delle mamme oppure il linguaggio diretto ai bambini
 In tutto il mondo le persone tendono a modificare il modo in cui si
esprimono quando conversano con bambini molto piccoli
 Persino i bambini sono in grado di modificare molto presto il loro
linguaggio quando si rivolgono ai neonati o a bambini più piccoli di
loro
 Il timbro eccezionale del linguaggio rivolto ai bambini permette di
cogliere il contenuto del messaggio, svolgendo in tal modo il ruolo
di via di accesso alla comunicazione linguistica
 È emerso dalle ricerche che l’uso di un linguaggio a misura di
bambino può dare un vantaggio enorme ai bambini che stanno
imparando a parlare
Il silenzio (non) è d’oro!
 Le stanze bianche per i bambini di un tempo sono
state sostituite da locali colorati, animati da carillon
e disegni
 Si consiglia ai genitori e alle persone che si prendono
cura del bambino di parlare con lui e di toccarlo e
coccolarlo in modo che riceva una sufficiente
stimolazione tattile
 Una interazione precoce con il bambino migliora le
successive abilità comunicative
Si impara a comunicare con tutto il corpo!
 Fra i nove e i dodici mesi il bambino si sforza di
esprimere le proprie idee e i propri sentimenti,
inizialmente attraverso il gesto dell’indicare con il
dito, il grugnire, il piagnucolare e successivamente
mediante parole
 Il bambino impara che con un solo gesto può fare
succedere qualcosa
La nascita della comunicazione “scritta”
 Da un anno di età (all’incirca) i bambini sono in
grado di tracciare degli scarabocchi, e di solito
provano gusto nell’osservarne il prodotto
 Tra i 2 e i 3 anni gli scarabocchi diventano sempre
più complessi
 Intorno ai 4 anni il bambino entra nella fase
“pittorica”, in cui produce dei veri disegni anche se
elementari
 Con la scolarizzazione i disegni diventano più precisi
e interviene l’apprendimento della scrittura
L’importanza delle interazioni tra pari
 Tra i 2 e i 6 mesi, un bambino messo accanto a un
altro manifesta il suo interesse con vocalizzi e
movimenti
 Nei mesi successivi i gesti divengono più “sociali”,
come offrire o togliere qualcosa
 Durante il secondo anno queste “comunicazioni”
passano da unidirezionali a bidirezionali
 Successivamente si passa al “gioco”, in cui i bambini
si comunicano l’idea di divertimento condiviso
attraverso sorrisi e risate
Nascita dell’amicizia
 In questo periodo si pongono le basi per il
sentimento dell’amicizia
 Un bambino che frequenta abitualmente un altro
bambino userà nei suoi confronti più comunicazioni
di tipo positivo di quanto farà con un bambino
estraneo
Importanza del gioco
 Intorno ai 3 anni i bambini cominciano a sperimentare il
gioco “sociale”, fondato cioè sulla comunicazione
reciproca finalizzata al raggiungimento di determinati
obiettivi
 Elementi del gioco sociale:
a) attività;
b) alternanza di turni
c) non letteralità (azioni che mimano la realtà)
d) ripetizione (i bambini sono interessati più all’attività in
sé che al raggiungimento di particolari scopi)
Tipi di giochi sociali
 A) imitativi
 B) complementari (azioni asincrone)
 C) reciproci (azioni sincronizzate)
I bambini “preverbali” usano prevalentemente il
sorriso o il riso per comunicare agli altri la loro
intenzione di comunicare, oppure compiono
un’azione
I bambini più grandi usano il linguaggio in forme
esplicite ma semplici. Es.: “Giochiamo?”
L’attaccamento e i suoi diversi modelli
 In base al modello di attaccamento costruito
nell’infanzia con la figura di accudimento primaria,
costruiamo il nostro modo di comunicare e
relazionarci agli altri nel resto della nostra vita
 Studi con la “strange situation”
 I modelli di attaccamento tendono alla
intergenerazionalità
 Feedback: di fondamentale importanza nella
costruzione del modello di attaccamento
Modelli disfunzionali:
 Attaccamento insicuro-evitante: la figura di accudimento
(generalmente la madre) rifiuta i tentativi di avvicinamento
da parte del bambino, tenendolo accanto a sé ma per lo più
ignorandolo (“distanziante”).
Il bambino cerca la vicinanza della figura di attaccamento ma
non interagisce con essa.
Situazioni di perdita frequente di figure di riferimento, come nei
brefotrofi o negli ospedali, determinano questo modello.
Il bambino impara a costruire relazioni superficiali, che non lo
facciano soffrire, e a concentrarsi sul mondo inanimato.
Da adulto darà per scontato il rifiuto o l’impossibilità della
relazione, conterà solo su sé stesso.
“Compulsiva fiducia in sé stesso”.
Modelli disfunzionali
 Attaccamento insicuro-ambivalente o resistente: la figura
di accudimento è imprevedibile, incoerente, incostante
nel comportamento verso il bambino.
Il bambino si allarma esageratamente anche di fronte alle
più piccole situazioni di pericolo percepito, proprio
perché non sa se potrà contare su un aiuto esterno.
La presenza della madre spesso non è sufficiente a
calmarlo.
Crescendo, il bambino restringerà progressivamente le
esperienze di vita per non incorrere in situazioni nuove e
dall’esito imprevedibile
Modelli disfunzionali
 Attaccamento disorganizzato-disorientato:
comportamenti imprevedibili, insensati, afinalistici,
comprensivi di parti degli altri modelli di
attaccamento.
La figura di accudimento viene vista come minacciosa,
e contemporaneamente l’unica cui chiedere aiuto. La
figura minacciosa è proprio quella da cui il bambino
si vorrebbe sentire protetto dalla figura di
accudimento.
Spesso la figura di accudimento è affetta da
psicopatologia
Modello funzionale
Attaccamento sicuro: la figura di accudimento è una
base sicura dalla quale partire e alla quale tornare
dopo le proprie “esplorazioni”.
Il bambino sa che la madre ci sarà quando avrà
bisogno di lei.
Circa 2/3 dei bambini hanno un modello di
attaccamento sicuro.
Il bambino sicuro cresce ottimista e fiducioso negli
altri, considera il mondo un posto interessante e la
vita una riserva di opportunità
Relazione tra sviluppo psicologico e del
linguaggio
 Già Piaget aveva introdotto l’argomento parlando del
passaggio dal linguaggio “egocentrico” al linguaggio
“socializzato”
 I primi vagiti emessi dal bambino vengono
interpretati da alcuni psicologi come le prime forme
di espressione di emozioni
 Crescendo, il linguaggio assume gli aspetti
“prosodici”, cioè le diverse intonazioni e inflessioni
tese all’espressione emotiva
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