Dal Mithos al Lògos,
ovvero del lungo cammino naturale
dell’Intelligenza dell’Uomo
Dal Mito alla Filosofia
 … si può far risalire a quasi tre millenni or sono la
comparsa dei primi Miti” dell’antica Grecia.
 Naturalmente la loro origine va annoverata alla
“tradizione orale”, che si arricchiva di generazione in
generazione … dèi e dèe, semidei e super eroi
abitavano numerosi le cime e le pendici del Monte
Olimpo, che si trova in un acrocoro tormentato ai
confini tra la Macedonia e la Tessaglia …
 Il poeta Esiodo ne è stato il primo grande cantore.
L’Olimpo e gli dèi
 Per Fontanelle e de Mairan, studiosi francesi del ‘700, è
stata l'aurora boreale, vista incombere dai greci preomerici sulle pendici della catena montuosa
dell'Olimpo, ad aver determinato la nascita del mito
che ivi localizza la sede degli dèi.
 La luminosità a cui l'Olimpo dovrebbe il suo nome non
è il consueto bagliore delle nevi inondate dal sole, o lo
splendore di una cima che emerga improvvisa al di
sopra delle nubi, ma la più sorprendente e fantastica
luce che l'aurora boreale accende nel cuore della notte.
Esiodo I
 Oltre alle Opere e i giorni, è possibile attribuire con
certezza ad Esiodo anche la Teogonia, il primo poema
religioso greco che tenta di stabilire un ordine nella
genealogia delle divinità adorate in Grecia (teogonia è
esattamente questo, cioè la nascita delle divinità).
Quest'opera nasce dall'esigenza da parte dell'autore di
"definire" e riorganizzare la fluttuante materia
mitologica che, a causa delle diverse tradizioni locali
dell'Ellade, presentava differenti leggende o addirittura
differenti "genealogie" per il medesimo dio o dea.
Esiodo II
 Essa, inoltre, contiene numerose informazioni sulle
origini dell'universo e sulle divinità primordiali che si
pensava contribuirono alla sua formazione, e proprio
per tale ragione la Teogonia fu il testo che garantì la
vittoria di Esiodo alle feste Calcidiche, e quindi deve
essere ritenuto precedente a Le Opere e i Giorni, il più
famoso scritto esiodeo.
Omero e Apollodoro di Atene
 Omero, il grande poeta epico citò e rese protagonisti in
tutte e due le sue opere, l’Iliade e l’Odissea, dèi e dèe,
che di volta in volta aiutarono o si opposero alle
avventure degli eroi umani o dei semidei, come
Achille, figlio di Teti e di Peleo (Achille era, per
Omero, il Pelìde)…
 Apollodoro d’Atene, vissuto nel II secolo a. C. scrisse
l’opera “Sugli dèi”, nella quale egli illustrò con dovizia
di particolari le tematiche e le cronologie “divine”.
I poeti tragici e i poeti lirici
 Eschilo, Sofocle ed Euripide (VI-V secolo) sono i
massimi tragèdi della letteratura greca: nelle loro
opere gli dèi e le dèe vivono le vicende umane con
grande partecipazione. La tragedia attica è il genere
letterario dove si descrive il dramma -in un certo senso
incomprensibile- della vita umana, con il suo dolore e
le sue oscurità.
 Anche i poeti lirici, come Teocrito, Ibico, Archiloco,
Stesicoro, Mimnermo, Anacreonte, Alceo, Saffo,
Pindaro … e molti altri inserirono nelle loro opere
storie, di eroi, dèi e semidei, come Eracle e Prometeo.
I miti a Roma, Ovidio
 La fonte principale dei miti nella civiltà latina è Publio
Ovidio Nasone (43 a. C. - 18 ca d. C.). Questo autore,
soprattutto con l’opera Le Metamorfosi ha narrato
250 storie di dèi e semidei, storie di desideri, amori e
trasformazioni, come quella di Narciso (in fiore), di
Atteone (in cervo), di Dafne (in alloro) … auspice
Artemide, la latina Diana.
 Altri autori del mondo classico si occuparono, attorno
ai secoli II a. C. - II d. C., di “genealogie divine”, come
Eratostene di Cirene, Antonino Liberale, Partenio
di Nicea, e molti altri.
Gli dèi greco-latini come
manifestazioni di potenza
 Gli dèi greci, presenti sul monte Olimpo, ma anche
nella vita degli uomini erano quasi manifestazioni di
potenze umane portate a un livello emblematico
superiore, e agenti verso gli uomini e le donne della
terra; gli dèi intervenivano nella vita delle persone,
manifestando di volta in volta sentimenti e
comportamenti di protezione o di avversione, in
questo molto simili agli uomini stessi: gli dèi e le dèe,
dunque, come vere e proprie immagini
antropomorfe, con tutti i pregi e difetti dei mortali.
Ma non li passeremo in rassegna tutti …
Le “divinità” greche e latine I
 Dal Caos primigenio uscirono la Notte, l’Erebo (buio
assoluto), il Tartaro, Gaia, Eros, e poi Nemesi, Sonno,
Destino, Vecchiaia, Inganno e Sventura (le Astrazioni);
Rea, la grande madre che generò gli dèi olimpici; le
Esperidi custodi del giardino; Eris, cioè la Discordia,
madre di Pena, Dolore, Fame, Oblio e Giuramento;
Etere, Emera, Tifone, Urano, Ponto, le Erinni o Furie, i
Titani, i Ciclopi, gli Ecatonchiri (i giganti con 100
braccia e 50 teste, come Briareo …) e poi … Cronos, e
finalmente Zeus, dio sommo dell’Olimpo, provvisti
dei poteri massimi e della folgore: l’aquila il suo
simbolo …
Le “divinità” greche e latine II
 … e poi Atena, dea della ragione, la Minerva latina;
Ares, dio della guerra, il Marte latino; Afrodite, o
Venere, dea dell’amore, nata dalla schiuma marina
fecondata da Urano; Efesto, o Vulcano, dio del fuoco;
Ermes-Mercurio, messaggero divino, protettore dei
ladri, dei viaggiatori e dei mercanti: di Ermes
potremmo parlare a lungo a proposito della scienza …
ermeneutica; Dioniso, il Bacco latino, dio orgiastico
del vino e delle feste (il filosofo tedesco Nietzsche ne
fece il suo punto di riferimento … mitologico e
simbolico); …
Le “divinità” greche e latine III
 … Poseidone, o Nettuno, dio del mare, padre di
giganti e mostri tra cui Polifemo; Demetra, dea del
raccolto, madre di Persefone, che andava a trovare
nell’Ade; Pan (cfr. il cosiddetto “timor panico”), che
insidiava le ninfe ed era pastoralmente scherzoso; e …
Apollo, dio della musica, dell’armonia e della purezza,
quasi il contraltare di Dioniso, come indicò
chiaramente Nieztsche: ragione e sentimento, passione
e logica; Artemide, la latina Diana, dea della caccia e
incarnazione della natura …
Le “divinità” greche e latine IV
 … Persèfone, regina degli inferi … e Ade, invisibile re
degli inferi il cui nome non si pronunziava; Estia, dea
del focolare domestico; e come dimenticare Era, o
Giunone, gelosissima sposa di Zeus; e Mnemòsine,
personificazione della memoria; Helios, lo splendente
dio del sole, che con il suo cocchio attraversava il cielo
da est e avost; Eos, l’aurora dalle rosee dita …; e
Selene, la splendente argentea luna …
Superuomini e semidei I
 Questo era, possiamo dire, un “secondo livello” del
mondo soprannaturale, che dialogava con il mondo
degli umani e degli dei. Spesso si trattava di figure nate
dall’unione di dèi e uomini, o donne …
 … e allora troviamo Epimèteo, o “colui che comprende
il ritardo”, Promèteo, che rubò agli dèi il fuoco della
conoscenza per darlo agli uomini; Ermafrodito dalla
doppia natura (maschile e femminile), Driope, madre
di Pan; Atlante, gigante condannato da Zeus a reggere
la volta celeste sulle spalle; Eracle (o “gloria di Era) …
Superuomini e semidei II
 … Europa, una delle innumerevoli amanti di Zeus; Teti e
Peleo, genitori di Achille; Leda, altra amante di Zeus, per
unirsi al quale si trasformò in cigno; Perseo, che decapitò
Medusa e salvò Andromeda da un mostro marino; Danae,
amata da Zeus sotto forma di pioggia d’oro …; Medusa,
gòrgone mortale il cui sguardo trasformava in pietra, uccisa
da Perseo; … e Pandora, che custodiva il vaso contenente
tutti i mali dell’umanità; Giapeto, padre di tutti gli uomini;
Chirone, il più sapiente dei Centauri; Pirra e Deucalione,
che si salvarono, come il biblico Noè, dal diluvio mandato
da Zeus. E altri … molti altri, che qui trascuriamo, perché
altra e più difficile impresa ci attende …
Dal Mito alla Filosofia I
 Il Mito è dunque il primo sapere condiviso dell’uomo
mediterraneo, che affida ad esso le proprie, paure,
speranze, desideri (da “de sidera”, dagli astri del cielo).
 Il Mito si pone come una sapienza antica che continua a
parlare nei secoli, anche dopo che l’uomo occidentale ha
scoperto il metodo logico-argomentativo della filosofia e
della scienza.
 Uno dei maggiori studiosi di ogni tempo della psiche
umana, il medico zurighese Karl Gustav Jung, riteneva che
al Mito, così come alle storie sacre ci si dovesse sempre
riferire per comprendere i principi cardine della vita
umana, gli archetipi.
Dal Mito alla Filosofia II
 Il Mito diventa poi Filosofia quando l'uomo cerca
di interpretare la sua complessa esperienza vitale,
la sua vita di tutti i giorni, utilizzando lo
strumento della ragione.
 In questo senso, ciò-che-esiste, cioè l’uomo e il
mondo, deve trovare una spiegazione razionale
che lo collochi nel contesto della totalità come
sua parte integrante, e di cui la ragione è lo
strumento privilegiato, anche se non unico, della
comprensione.
… cioè dal Mithos al Lògos I
 Si passa dunque dal mythos al lògos, con la fatica
consapevole del pensiero che rende conto delle cose,
superando il sapere mitico di cui si aveva conoscenza a
partire da Omero ed Esiodo, smettendo quindi di
scomodare gli dèi, costretti ad agire per spiegare le
esperienze della vita. È un intento poderoso e audace
che si servì delle conoscenze matematiche dei
geometri egiziani e degli astronomi babilonesi, ma che
vi aggiunse, come novità, vale a dire il bisogno di
dimostrare ciò che si riconosce per vero, il lògos.
… cioè dal Mithos al Lògos II
 Questo fu certamente il primo passo verso la cultura
dell’Occidente che conosciamo noi. È una cosa che
non dobbiamo nasconderci: noi abbiamo modo di
ricordare questa prima peculiarità dell’Occidente, e ciò
nel momento in cui la cultura e la civiltà occidentale
ed europea entrano sempre più in stretto contatto con
le altre grandi civilizzazioni mondiali, attraverso
l’informazione e le tecnologie.
I filosofi “presocratici” I
 La Natura fu il primo campo di indagine di questi
pensatori, la natura e i princìpi, o cause dei fenomeni come
la nascita, la crescita, la morte e la trasformazione delle
cose: generazione e corruzione furono i punti di
riferimento delle prime riflessioni sistematico-razionali di
questi pensatori universali provenienti dalla Ionia (l’attuale
Turchia orientale):
 Talete di Mileto (VII-VI sec. A C.) pensava che il principio
generatore di tutto fosse l’acqua, fonte di vita per la natura
ed elemento su cui galleggerebbe la Terra.
I filosofi “presocratici” II
 Anassimandro di Mileto (610-547 a C.), allievo di
Talete riteneva che il principio di tutto fosse l’àpeiron,
cioè l’illimitato, da cui si svilupperebbero i quattro
elementi: l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco.
 Anassìmene di Mileto (586-528 a. C.), forse allievo di
Anassimandro, pensava che fosse l’aria il principio
responsabile della vita animale, vegetale e terracquea,
mediante processi di rarefazione e condensazione.
I filosofi “presocratici” III
 Anassàgora di Clazòmene (496-428 a. C.), portò ad
Atene la filosofia naturale proponendo un principio
più complesso, che già prelude all’ulteriore sviluppo
del pensiero: per lui all’origine delle cose del mondo e
del mondo stesso vi sarebbero stati dei semi, governati
da un intelletto superiore, il nous, origine ordinatrice
e di governo del tutto. Si può notare come Anassagora
pose le basi di sviluppi successivi della filosofia greca,
soprattutto in Platone.
La Scuola Eleatica I
 Un passo in avanti nella ricerca sull’uomo e sulla
natura delle cose viene compiuto dalla cosiddetta
“Scuola eleatica”, dalla città campana di Elea (la Velia
romana), i cui massimi rappresentanti furono il
sommo Parmenide e Zenone. La cosiddetta "Scuola
eleatica"… fu la prima a condurre gli enigmi che
ostavano alla comprensione dell’uomo e della natura
alla dignità del concetto.
La Scuola Eleatica II
 "Scuola eleatica è un’espressione comune; ma in realtà
siamo certi che non si trattò di una scuola, come al
contrario ce la fa apparire una sintesi di una tradizione
successiva di pensiero che si sviluppò nella Magna
Grecia, quindi nell’Italia meridionale, e in particolare a
Velia, come oggi si chiama la città in cui Parmenide
scrisse il primo testo di una certa ampiezza che ci sia
stato tramandato.”
(Hans Georg Gadamer, Il cammino della filosofia, 1990,
Rai Educational)
La Scuola Eleatica III
 Questa “Scuola”, fatto straordinario, ci consegna per la
prima volta un testo scritto, pienamente filosofico, anche se
redatto in versi. Si tratta di un poema didascalico. Ma, pur
essendo scritto nella lingua di Omero, pur essendo redatto
con il lessico omerico, pur possedendo l’efficacia espressiva
dell’epica omerica, formula argomentazioni estremamente
astratte e concettuali.
 Fu un erudito di nome Simplicio che, alla chiusura
dell’Accademia di Atene, decise di ricopiare il celebre testo
del Poema di Parmenide, facendolo arrivare fino a noi. Si
tratta del “Poema intorno alla Natura”, il Perì Phùseos.
La Scuola Eleatica IV - Parmenide
 Parmenide di Elea (V secolo a. C.) è ritenuto il
fondatore dell’ontologia, cioè della scienza dell’essere.
 Òntos-lògos è il ragionamento sull’essere.
 Per Parmenide “l’essere è pieno, unico, incontaminato e
perfetto”.
 Passato e futuro appartengono al non-essere: tutto
il mondo dei fenomeni appartiene al divenire e
dunque al non-essere, perché mutevole e
cangiante, illusorio e ingannevole.
La Scuola Eleatica V - Zenone
 Zenone di Elea (V secolo a. C.), fu allievo di Parmenide, e
utilizzò in modo paradossale una serie di narrazioni, per
mostrare la possibilità del pensiero apparentemente logico, ma
realmente assurdo.
 Il più conosciuto dei suoi paradossi è quello del piè veloce
Achille e della tartaruga, che non sarebbe mai raggiunta da
Achille.
 A mettere in discussione le affermazioni di Zenone,
intervenne Aristotele, dicendo che Zenone si sbagliava,
poiché il movimento è un insieme di punti distinti soltanto
in "potenza", e non in "atto". In atto, il tempo e lo spazio
sono un tutt'uno, di punti non distinti tra loro.
 Nella matematica e nella fisica contemporanee, (Gödel, Russell,
Planck) Zenone ha trovato nuova audience.
Senofane il Rapsodo
 In realtà si può dire che la “Scuola eleatica” si deve far
iniziare con Senofane … un rapsodo greco. I rapsodi
erano cantori, che erano soliti declamare, cantando, le
grandi storie di eroi e le antiche leggende della
tradizione, nei nuovi centri della cultura greca.
Sappiamo che dopo Omero ci fu un’intera letteratura
cosiddetta "ciclica", i kìkloi, una gran quantità di saghe
e racconti epici, di cui non sappiamo più nulla.
Il Poema di Parmenide I
 Vediamo un po’ più da vicino questo testo poetico.
Esso comincia con versi di grande potenza descrittiva,
in cui si narra di un uomo di notevole esperienza (che
evidentemente deve essere l’autore stesso), il quale, in
un viaggio favoloso su un carro solare guidato dalle
figlie di Hèlios, è condotto fuori dalle città verso il
palazzo della dea, che, in segno di particolare favore,
gli darà chiarimenti sulla verità dell’essere.
Il Poema di Parmenide II
 "Verità" si dice in greco alétheia: questa parola, se
vogliamo spiegarne esattamente l’uso linguistico,
significa in realtà il "non occultamento", nel senso, ad
esempio, di non nascondere niente in ciò che si dice e
si pensa. Ma attualmente, e per buoni motivi,
traduciamo di solito "sve-la-men-to".
 L’importante, in questa espressione, è appunto il modo
in cui vi traspare l’immensa curiosità dei Greci per il
mondo, lo sforzo di scoprire che cosa c’è sotto, di
portare allo scoperto ciò che si nasconde e di collocarlo
in nuova luce.
La Questione del Nulla I
 La conoscenza del mondo che si aveva in questo secolo
che ora affrontiamo, tra il 600 e il 500 avanti Cristo, si
è certo ampliata enormemente. Ma la filosofia non è
semplice conoscenza del mondo, filosofia è
interrogarsi sugli enigmi che appaiono sullo
sfondo di questo mondo che ci si apre davanti.
 Come è nato quest’ordine cosmico? Da che cosa si è
generato? E che cosa c’era prima?
La Questione del Nulla II
 Se esso è generato, allora prima non c’era nulla.…
Davvero? … Si può davvero pensare che nulla … ci
fosse?… Proprio questo è il grande interrogativo con il
quale il pensiero si incammina a interrogarsi
sull’essere.
 Esiste il nulla? Possiamo evitare questa domanda?
Che cosa c’era prima? Donde è venuto? E così via …
tutte questioni poste in seguito da Aristotele nella sua
fisica e nella sua cosmologia.
La Questione del Nulla III
 In ogni caso, qui il pensiero è ormai diventato pensiero
critico. Un filosofo ha rivolto ai saggi di Mileto la
seguente questione: "Che cosa ne pensate, dunque,
della genesi … dell’ordine cosmico? È dal nulla che è
venuto all’essere? Che cosa vuol dire questo?". In effetti
Parmenide ritiene che tale domanda sia il frutto di una
vera e propria ispirazione divina. E mette in bocca alla
dea ciò che avrebbe dovuto apprendere da lei. Come si
può imparare a capire la nostra conoscenza del
mondo? Come si può imparare a intendere il mondo
come ordine, senza pensare un concetto
inimmaginabile quale è il nulla?
La Questione del Nulla IV
 Il testo dice infatti con parole assai chiare: "Se volete
pensare secondo ragione, dovete tenervi lontani dalla
via nella quale bisognerebbe pensare il nulla". È chiaro:
divenire, nascere, movimento, alterazione … implicano
sempre un nulla. Dal nulla nasce qualcosa. Come
possiamo evitarlo? Bisogna imparare a pensare che
cosa significhi essere, senza volerlo spiegare a partire
dal nulla.
Il Pensiero dell’Essere I
 Che cos’è "essere"? Ecco, la dea insegna: "Segui il noûs!" –
Questo è il termine greco per dire "ragione", o "spirito", o
pensiero; ma questa parola noûs ha una peculiarità tutta
sua … come vedremo. Il noûs è, per così dire,
l’immediatezza del cogliere il vero interiormente, come
quando si dice, per esempio: "me ne avvedo", vale a dire: "lo
vedo con i miei stessi occhi"; "penso a ciò che vedo con i miei
occhi". Naturalmente non è qualcosa che vedo davanti a
me, ma che intuisco visivamente. Come si potrebbe
concepire, altrimenti, l’inizio di tutto l’essere? Non ha
alcun inizio, l’essere. Soltanto un ente può esserci o non
esserci.
Il Pensiero dell’Essere II
 "Questa è la prima cosa che devi imparare, mio diletto:
quando dici che qualcosa è presente, oppure è assente,
ciò non significa che l’una cosa è, e l’altra non è.
Entrambe sono. Devi imparare che ciò che è presente e
ciò che è assente sono entrambi. L’essere è Uno,
tutt’intero, ed è ovunque uniformemente adesso. Non
può essere generato, perché altrimenti un tempo non
sarebbe stato … Non può muoversi, perché altrimenti in
un luogo non sarebbe". Il movimento, la kìnesis, la
ghènesis, richiamano in fondo il problema del
divenire, del nascere dal nulla, di fronte al quale il
pensiero si trova come davanti a un enigma.
Il Pensiero dell’Essere III
 Ma nel Poema di Parmenide c’è tutto un insieme di
argomentazioni, una specie di sentiero della verità su cui la
dea vuole condurre il suo allievo, indicandogli, per così
dire, dei segnavia: "Non deviare da questa strada e non
ricadere in un impensabile come il nulla". E così la dea cerca
di introdurre questo giovane (non è detto però che sia
giovane)… questo suo allievo, a ciò che intendiamo
propriamente per "essere". L’essere è ovunque, c’è sempre,
non può mutare, non si dà alcun divenire, nessun
trapassare in altro: tutto ciò infatti non è essere. E qui
arriviamo al punto particolare che ha fatto storia: infatti,
sotto il segno dell’essere sta anche l’inscindibilità di essere e
noûs, noèin, che si traduce con "pensiero".
Il Pensiero dell’Essere IV
 Come si dovrebbe rendere, altrimenti? Sarebbe meglio dire,
come ho proposto, "avvedersi di qualcosa", "intuire", con la
stessa immediatezza che si ha nel vedere. Noèin è, per così
dire, l’esperienza immediata … "ecco!", "è qui!". Già dire
"qualcosa", è dire troppo: si tratta soltanto di un "c’è!". Noi
non possiamo fare nient’altro che dire "c’è qualcosa", ma
questa è già una proposizione assai complessa.
 "C’è qualcosa": in seguito avremo modo di apprendere
quanti problemi si nascondano dietro questo "qualcosa"
che dobbiamo adoperare ogni volta che pensiamo.
L’Equilibrio degli Opposti I
 Dunque, il colloquio procede per strade faticose, e
viene detto anche che noèin ed èinai – pensare ed
essere – sono inscindibili, si co-appartengono; "Senza
l’essere … non potrai mai trovare … questo intuire,
questo avvedersi. Il nulla non è; questo pensiero, in cui
ognora ci si smarrisce come mortali disorientati, deve
essere del tutto abbandonato". Certo, questo
ammonimento a evitare l’assurdo pensiero del nulla è,
per così dire, una lezione divina. Ma gli uomini,
possono far questo?
L’Equilibrio degli Opposti II
 Non devono forse pensare la pluralità di ciò che
accade, che si altera, si organizza, è presente o assente
– non è lecito che si pensi magari anche a queste cose?
"Sì" – risponde la dea – "e voglio anche mostrarti come
lo si può fare secondo ragione, senza pensare
l’assurdità del nulla". E con ciò prende avvio la parte
più ampia del poema, quella perduta, in cui Parmenide
ripercorre le conoscenze dei pensatori di Mileto, sotto
una nuova luce critica.
Unità e Molteplicità
 Insomma, non era così semplice spiegarsi come mai il
giorno e la notte … si avvicendino. Ma questo era
appunto il nuovo tipo di conoscenza che in fondo già i
pensatori di Mileto possedevano, senza averne ancora colto
il significato; vale cioè a dire: non si tratta affatto di
un’opposizione, giorno e notte sono una cosa sola.
 In altri termini: c’è una via per spiegare le differenze e la
molteplicità, la varietà dell’esperienza, senza dover
pensare il nulla. Essa consiste nel concepire le cose
come presenti nella luce e come dileguantisi da essa.
Così come il giorno e la notte si succedono perché sono la
stessa cosa, così la luce e il buio sono in verità forme nelle
quali le cose scompaiono, sì, alla vista, ma non per questo
cadono nel nulla.
Democrito e l’Atomismo I
 Ora, però, qualcuno potrebbe facilmente dire: "Ma
come puoi tu, così, spiegare davvero l’ordine del
mondo? Se l’essere è ovunque uniforme, non si
deve in qualche modo pensare qualcosa come una
mescolanza delle molte cose che sono? Che sono,
appunto: non è necessario il nulla, ma almeno ci
dovrebbe già essere la molteplicità". E di fatto c’è: è la
grande intuizione degli atomi, con cui, in seguito, in
diretto riferimento al pensiero eleatico, i Greci hanno
sviluppato la teoria atomistica: pensiamo a Democrito
(Abdera, 470-370 ca a. C.) e ai suoi predecessori, dei
quali sappiamo veramente poco.
Democrito e l’Atomismo II
 Gli atomisti non hanno segnato la storia universale del
sapere, come è avvenuto invece per la teoria atomica
della scienza moderna, che dal XVIII secolo a oggi ha
diretto la nostra immagine del mondo. In ogni caso,
essi ebbero un certo ruolo – Democrito fu comunque
uno studioso importante, anche se, per motivi di cui
diremo, le sue dottrine non ci sono pervenute in forma
dettagliata.
Democrito e l’Atomismo III
 Eppure ha lasciato più di cento manoscritti. Gli
Alessandrini ne avevano ancora conoscenza, e la tarda
antichità – in particolare Epicuro – ha ricavato molte
delle sue nozioni proprio dall’indagine democritea.
Ma, come si è già detto, questa è solo una tarda
conseguenza di quella sfida per il pensiero che
Parmenide mette in bocca alla dea: ". Voi dovete
pensare soltanto l’essere, uno, immutabile e vero, e
nient’altro”.
… e ancora Parmenide
 “Questo soltanto è propriamente vero. Tutto il resto … è
luce mutevole e … buio che avanza, e così tutte le altre
variazioni, in cui gli opposti si separano a vicenda,
come il caldo e il freddo, il secco e l’umido e così via".
 Questo è dunque il Poema di Parmenide, la cui parte
teoretica, cioè la dottrina dell’essere, ci è tuttora
conservata nei suoi versi.
Eraclito, l’Essere e il Divenire I
 Seguendo i manuali e le divulgazioni, di solito
troviamo un accostamento, o meglio una
contrapposizione, fra questo eleatico che immobilizza
il cosmo, negando ogni movimento e ogni alterazione
e – come sua controparte – la dottrina di Eraclito
(Efeso, 550-480 ca a. C.). È un’idea facile da pensare, e
c’è poi un famoso frammento di Eraclito che dice:
"Tutto è divenire. Tutto scorre".
Eraclito, l’Essere e il Divenire II
 Se si confronta questa affermazione con quel concetto
di conoscenza dell’essere, ne ricaviamo una
dissoluzione sconsolata della possibilità di sapere in
quanto tale. Se fosse vero questo che "tutto scorre",
allora ci sarebbe solo quella estrema disperazione del
sapere che chiamiamo scepsi (scetticismo). E in
effetti, nel seguito della tradizione eleatica, si è
supposto anche questo, che in realtà noi non possiamo
sapere nulla.
Eraclito, l’Essere e il Divenire III
 Veniamo così a un problema teoreticamente
importante per la nostra conoscenza degli inizi della
filosofia: il fatto, cioè, che possediamo solo citazioni. Il
Poema di Parmenide è ben di più che una citazione, è
una trascrizione molto diligente. Ma nel caso di
Eraclito … abbiamo soltanto singole frasi, anche se di
una pregnanza, di una incisività, di una concisione
estreme. Faccio solo un esempio: "La via in salita e in
discesa è una e medesima …“. È possibile darne una
lettura aristotelica, che rimedita la visione della natura
che c’era a Mileto.
Eraclito, l’Essere e il Divenire IV
 Potrebbe essere questa: "Ah, gli eventi naturali sono
sempre un ciclo. Dall’alto vengono il fuoco, il calore e la
luce, e poi ancora le nuvole e l’acqua, e … in mezzo …
l’aria e alla fine la terraferma". Con questa visione
retrospettiva viene individuata in questo frammento di
Eraclito la ciclicità dei processi della natura, e in
effetti, poi, molti hanno inteso così.
 Però, se consideriamo l’insieme dei molti frammenti
eraclitei conservati, allora vediamo che questo non è
certo il modo più avveduto di comprendere questa
proposizione.
L’Unità nella Diversità I
 "La via in salita e la via in discesa" – un’osservazione
grandiosa! – "è la medesima". È proprio necessario che
qualcuno ce lo dica, che sono la stessa cosa: sono così
diverse! La salita è faticosa; anche la discesa è gravosa per le
ginocchia, ma è più facile.
 Ma si potrebbe anche tradurre "l’andata e il ritorno sono
la stessa strada" – in greco le parole sono uguali – ed ecco
un’altra esperienza, anche chi non è alpinista: può farla …
All’andata la strada è più lunga; ma al ritorno per noi è più
corta, perché la conosciamo già. Perciò, forse … anzi ne
sono addirittura certo, Eraclito non ha voluto dire
nient’altro che questo: ciò che ci appare così diverso, in
realtà, invece, è il medesimo.
L’Unità nella Diversità II
 E questo vale anche per il famoso fiume. "Tutto
scorre". "Non possiamo scendere due volte nello
stesso fiume: è acqua sempre nuova che ci
lambisce". Piano! Non nello stesso fiume!
 È infatti lo stesso fiume quello in cui scorre l’acqua! E
allora il "tutto scorre" non esclude affatto che vi sia
un’uguaglianza. E così possiamo imparare dalle
citazioni di Eraclito molte cose interessanti.
L’Unità nella Diversità III
 C’è un passo, riportato da Platone, che è
indubitabilmente di Eraclito,: "L’uno che si sdoppia,
torna a richiudersi in se stesso". Qui si riassume già
tutto: lo sdoppiarsi, l’essere-differente, che non è però
il distacco … come condizione irreversibile. Sempre, in
ogni distacco, c’è – improvviso – il ritrovarsi insieme. È
un’esperienza che si fa. Ecco un altro esempio,
evidente a ciascuno, anch’esso sicuramente di Eraclito:
"la fame e la sazietà …".
L’Unità nella Diversità IV
 Sembra che non ci sia un passaggio tra le due: conosco
persone che dicono drasticamente e con grande
sicurezza: "grazie, sono sazio", e non mangiano più.
Oppure prendiamo altri casi: la guerra e la pace. Che
impatto improvviso, quando la vita ordinata della pace
da un giorno all’altro – letteralmente – si trasforma in
un mondo completamente diverso!
 Eraclito, evidentemente, quando ha cercato questa
unità nella differenza, l’unità nella diversità, aveva
di mira una cosa di importanza decisiva: l’unità che,
in tutte le differenze, torna sempre a prorompere.
L’Unità nella Diversità V
 E a questo proposito ci sono delle esperienze – sulle
quali dovremo un po’ intrattenerci prossimamente –
che tutti conosciamo.
 Forse, una delle forme più impressionanti di questo
passaggio istantaneo è quella fra il sonno e la veglia.
Diciamo di addormentarci con piacere, mentre nel
nostro mondo civilizzato troviamo sempre assai
sgradevole il risveglio. E magari sarà anche vero.
L’Unità nella Diversità VI
 Ma, in fondo, come sappiamo benissimo: è un istante,
e si è di nuovo "in sé"; è questo che diciamo, quando ci
ritroviamo svegli. Così come è un istante … quello in
cui ci si addormenta e non si sente più nulla, "come
un morto". Eraclito ha riflettuto proprio su questi
fenomeni e con ciò ha posto alla filosofia – accanto alla
concezione parmenidea dell’essere – una nuova grande
sfida.
Verso Platone
 Platone ha fatto proprie queste due grandi potenze
del pensiero, manifestatesi e operanti intorno al 500
avanti Cristo – prima ancora che la tragedia, come è
noto a tutti, producesse la grande stagione della
cultura greca di Atene. In questo preciso momento,
dunque, erano già state gettate le basi di quella che
sarà la strada del pensiero e dell’insegnamento nelle
prime scuole filosofiche, quella di Platone per i
socratici, e quella di Aristotele per i platonici.
Pitagora
 Pitagora di Samo (570-497 a. C.) individuò la dualità
tra corpo e anima, come riflesso del contrasto tra bene
e male. L’anima è immortale e dunque semplice e
perfetta (come spiegherà Platone), mentre il corpo è
generato e corruttibile.
 Ma vi è un principio ordinatore di tutto l’universo, ed è
il Numero, con il quale si può spiegare la norma della
natura,e il suo alternarsi con il caos.
I Sofisti
 Sofisti erano detti i filosofi che davano un’importanza
assoluta all’arte della persuasione, soprattutto
nell’Atene della grande stagione politica del V e del IV
secolo.
 A loro si oppose decisamente Platone, che non li
considerava “filosofi”, cioè “amanti della sapienza alla
ricerca della verità”, ma “filodossi”, cioè amanti della
mera opinione soggettiva. I più famosi di costoro
furono Gorgia, Prodico, Ippia e Antifonte, ma
soprattutto Protagora.
Protagora
 Protagora di Abdèra (V secolo a. C.) fu esiliato per il
suo scetticismo circa l’esistenza degli dèi; rappresenta
senz’altro l’iniziatore del filone relativista della
filosofia, di matrice retorica e scettica. In ogni caso il
suo relativismo non lo portò mai a porre in dubbio che
si possano definire come “buone” o “male”, “giuste” o
“ingiuste” le azioni umane libere.
 “L'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono
in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non
sono” ( Protagora, fr.1, in Platone, Teeteto, 152a).
Socrate I
 Socrate (469-399 a. C.) è il grande maestro di tutti
noi. Si potrebbe anche dire … poco meno di Gesù di
Nazaret, per certi aspetti.
 Nulla scrisse e la sua figura conobbe onori e rifiuti, e
una morte per condanna dello Stato ateniese.
 Platone gli diede gloria immortale facendolo
protagonista di quasi tutti i suoi dialoghi.
 Il suo maggiore interesse era etico, come osservatore
acutissimo dei comportamenti umani.
Socrate II
 Ma il suo motto più famoso e fondamentale “So di non
sapere”, è l’inizio di ogni sapere, di ogni epistemologia
fondata sul ragionamento e sulla logica argomentativa.
 Riteneva che ogni uomo dovesse vivere virtuosamente
e che il fine della vita di ognuno fosse di dedicarsi al
“sommo bene”.
 Lo troveremo successivamente, parlando di Platone.
Platone I
 Platone (Atene 427-347 ca a. C.) è il padre e fondatore
della filosofia occidentale.
 La sua importanza è imparagonabile a quella di alcun
altro pensatore, forse escluso il suo supremo allievo
Aristotele.
 Mente eccelsa e dialettica, Platone impegnò la sua vita
nella ricerca e nell’uso del sapere a vantaggio
dell’uomo, il quale ha la possibilità di comprendere
come funziona la natura delle cose e come egli stesso è
strutturato (antropologia filosofica), e in ragione di
quali sue caratteristiche agisce.
Platone II
 Per il grande Maestro le “idee” sono il principio di
ogni cosa del mondo, a partire dall’idea fondamentale
del “bene”. Platone, si può dire, utilizza il meglio delle
intuizioni dei grandi predecessori, il solenne
Parmenide e l’oscuro Eraclito: per Platone il divenire
delle cose del mondo non sono “non-essere”, bensì
copia imperfetta delle idee delle cose stesse.
Parmenide e Eraclito, dunque, per Platone hanno
entrambi ragione.
 Attorno al mondo delle idee Platone costruisce la sua
gnoseologia, cioè la sua teoria della conoscenza.
Platone III
 Nella vita umana come nella vita pubblica, nella politica,
per Platone si può operare tenendo conto dell’imperfezione
di ciò che viene compiuto, ma della possibilità di
migliorarsi, somigliando sempre di più all’idea di bene, che
tutto governa e ispira, essendo la somma virtù.
 La “città ideale” (vita politica collettiva), da un lato, e
l’anima “razionale” (vita individuale) dall’altro, che governa
le passioni dell’irascibile e del concupiscibile, mostrano
come l’uomo abbia in se stesso la possibilità di compiere
atti virtuosi alla ricerca del bene. L’anima è come il
guidatore di un cocchio trainato da due focosi cavalli, che
impetuosamente incedono, ma che ubbidiscono al
comando delle redini …
Platone IV
 Anche se Platone ha scritto molte opere, sulle tracce del
suo maestro Socrate, sostenne sempre la superiorità del
discorso orale sullo scritto.
 E così, nonostante scrisse moltissimo, si può dire che molte
delle sue posizioni teoriche furono lasciate al libero fluire
del pensiero narrante e dialogante, tra lui e i suoi
interlocutori, i molti allievi che frequentavano la scuola da
lui stesso fondata, l’Accademia.
 Tanti “non-scritti”, gli agraphà dògmata, persistono nella
tradizione e sono ritenuti (anche da Aristotele stesso) forse
la parte più elevata dell’insegnamento platonico.
Platone V
 Le idee sono per Platone il fondamento, non solo del
pensare, ma dello stesso essere-delle-cose, sono un
fondamento ontologico, oltre che conoscitivo.
 L’uomo conosce attraverso il riconoscimento di ciò che
sta già dentro la propria anima, operando con la
reminiscenza che proviene dal mondo delle idee
immortali.
 La verità comunque rimane sempre al di là delle
possibilità conoscitive dell’uomo, il quale può solo
intuirne i contorni attraverso la riflessione e il dialogo.
Platone VI
 Lo schema conoscitivo platonico è dunque il seguente:
- conoscenza sensibile o opinione (δόξα)
- immaginazione (ει̉κασία)
- credenza (πίστις)
- conoscenza intelligibile o scienza (ε̉πιστήμη)
- pensiero discorsivo (διάνοια)
- intellezione (νόησις)
Platone VII
 In nessuno come in Platone vive e suggerisce
conoscenza il Mito, tutti i miti della tradizione, e uno
in particolare, quello di Eros, che tutto muove, muove
il mondo e muove l’uomo, muove il desiderio e la
collera, muove la paura e il coraggio, muove la viltà e il
sacrificio, muove …
 Figlio di Pòros e di Penìa, cioè di Risorsa e Povertà,
Eros opera come principio unificante del
molteplice e del contraddittorio …
Platone VIII
 Per Platone vale l'ideale della kalokagathìa (dal greco kalòs kài
agathòs), ossia «bellezza e bontà». Tutto ciò che è bello (kalòs)
è anche vero e buono (agathòs), e viceversa. La bellezza delle
idee che attira l'amore intellettuale del filosofo perciò è anche il
bene dell'uomo. Il fine della vita umana diventa la visione delle
idee e la contemplazione di Dio.
 Tale contemplazione è sempre imperfetta nella dimensione del
mondo sensibile, dominata dalla materia che, in quanto priva di
essere, è un semplice non-essere. L'uomo si trova a metà strada
tra questi due estremi: mentre le idee sono in sé e per sé, come
realtà indipendente e assoluta (ab-soluta), appunto perché
"sciolta da" ogni altra, non essendo relative ad altro da sé, l'uomo
invece è calato nell’esistenza (da ex-sistentia, "essere fuori").
Platone IX
 Nel mondo delle idee dunque si trova la “dimora
dell’essere”, poiché all’esistenza appartiene solamente il
fluire imperfetto delle cose del mondo e della vita.
 Così come l’uomo ha l’idea del triangolo e delle altre
figure geometriche, così le idee rappresentano la
perfezione dell’essere, che si riflette nelle cose del
mondo sensibile.
 Platone configura così una visione dualista della realtà,
che avrà grandi sviluppi e anche grandi critiche, a
partire dal grande allievo Aristotele.
Platone X
 Forse la presenza di Aristotele nella scuola platonica
indurranno il Maestro a correggere parzialmente al sua
visione del mondo, con l’introduzione del concetto di
partecipazione (metèxis) delle cose ai vari gradi
dell’essere e soprattutto con l’introduzione del
principio dialettico, come “processo di unificazione e
moltiplicazione”.
 La dialettica si presta dunque alla ricerca della verità
tramite l’esercizio continuo dell’interrogazione
dubitante, la maieutica.
Platone XI
 Per quanto riguarda la Politica, per Platone una sana
organizzazione dello Stato è dunque il riflesso
dell'organicità dell'anima umana, a cui i filosofi sono
preposti. L'anima irascibile o volitiva, simboleggiata
dal cavallo bianco, diventa virtuosa quando è
caratterizzata da coraggio e audacia: essa trova il suo
corrispettivo nella classe dei guerrieri, che hanno il
compito di difendere la città. L'anima concupiscibile,
simboleggiata dal cavallo nero, è rappresentata infine
dagli artigiani e i commercianti, che devono sapere
sviluppare la virtù della temperanza; costoro sono più
portati al lavoro produttivo.
Platone XII
 Per Platone, dunque, l’Anima e lo Stato devono avere
riferimenti rispondenti razionalmente alle virtù
preposte:
 Governanti-filosofi: testa, razionalità, sapienza,
giustizia;
 Guerrieri: torace, volitività, coraggio;
 Artigiani e commercianti: addome, concupiscibilità,
temperanza.
Platone XIII
 I Dialoghi e gli scritti sicuramente attribuibili a
Platone, secondo un ordinamento successivo (I sec. D.
C.) sono i seguenti:
 Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone,
Cratilo, Teeteto, Sofista, Politico, Parmenide, Filebo,
Simposio, Fedro, Carmide, Lachete, Liside, Eutidemo,
Protagora, Gorgia, Menone, Ippia Maggiore, Ippia
Minore, Ione, Menesseno, La Repubblica, Timeo,
Crizia, Leggi, e le Lettere.
Aristotele I
 Aristotele (Stagira 383 – Calcide 322 a. C.) ha
influenzato la filosofia e la scienza successive forse al
pari di Platone, di cui fu il più brillante allievo, anche
se a volte non riconosciuto come tale. Può essere che il
suo progressivo distaccarsi dalle dottrine del Maestro,
fecero preferire Speusippo, come successore di Platone
stesso, alla morte di questi, alla direzione
dell’Accademia filosofica, che il grande ateniese aveva
fondato decenni prima.
Aristotele II
 La biografia del grande stagirita è complessa, così come la
sua eredità teoretica e morale.
 Egli si mosse, dopo avere condiviso la vicenda accademica
per ben 18 anni, a partire dal compimento del 17mo anno di
età, anche se i primi anni, in assenza di Platone,
l’Accademia era retta da Eudosso di Cnido.
 Dopo avere condiviso con alcuni colleghi esperienze di
ricerca ad Atarneo, Asso e Mitilene, fu chiamato a Pella, da
re Filippo II di Macedonia, che gli chiese di istruire suo
figlio Alessandro.
 Aristotele ivi rimase per tre anni e istruì il futuro grande
nei fondamenti della storia e della sapienza greca.
Aristotele III
 Tornato ad Atene verso il 335, Aristotele fonda, con
l’aiuto di Alessandro, nel Liceo dedicato ad Apollo
Licio, la sua scuola il Peripato, così detta per
l’abitudine del Maestro di insegnare passeggiando.
 Vi insegna soprattutto materie scientifiche, quali
zoologia, botanica, mineralogia, ma nei pomeriggi e
nelle serate tiene, oggi potremmo dire, conferenze
aperte a tutti i cittadini.
 Resta ad Atene fino alla morte di Alessandro, per
rifugiarsi fino alla morte a Calcide, inviso agli ateniesi.
Destino comune a molti grandi.
Aristotele IV
 Il suo testamento è molto interessante:




«Andrà senz'altro bene, ma qualora capitasse qualcosa, Aristotele ha steso le seguenti disposizioni:
tutore di tutti, sotto ogni aspetto, dev'essere Antipatro; però, Aristomene, Timarco, Ipparco, Diotele e
Teofrasto, se è possibile, si prendano cura dei figli, di Erpillide [la sua convivente] e delle cose da me
lasciate, fino all'arrivo di Nicanore. E al momento giusto, mia figlia [Piziade] sia data in sposa a
Nicanore [...] Se invece Teofrasto vorrà prendersi cura di mia figlia, allora sia padrone lui [...]
I tutori e Nicanore, ricordandosi di me, si prendano cura anche di Erpillide, sotto ogni aspetto e anche
se vorrà risposarsi, in modo che non sia data in sposa indegnamente, visto che è stata premurosa con
me. In particolare, le vengano dati, oltre a quello che ha già ottenuto, anche un tallero d'argento e tre
schiave, quelle che vuole, la schiava che già ha e lo schiavo Pirro. E se vorrà abitare a Calcide, le sia data
la casa per gli ospiti vicino al giardino; se invece vorrà stare a Stagira, le sia data la mia casa paterna
[...]
Sia libera Ambracide e le si diano, alle nozze di mia figlia, cinquecento dracme e la giovane serva che già
possiede [...] Sia liberato Ticone quando mi figlia si dovesse sposare, e così anche Filone, Olimpione e il
suo ragazzino. Non vendano nessuno dei giovani schiavi che attualmente mi servono, ma siano
impiegati; una volta dell'età giusta, siano liberati, se lo meritano [...]
Ovunque sia costruita la mia tomba, là siano portate e deposte le ossa di Piziade, come lei stessa
ordinò; dedichino poi anche da parte di Nicanore, se sarà ancora vivo - come ho pregato a suo favore statue di pietra alte quattro cubiti a Zeus Salvatore e ad Atena Salvatrice a Stagira».[
Aristotele V
 Il pensiero di Aristotele è vasto e complesso: prende le
mosse dal platonismo, ma va molto oltre, come vedremo.
 Innanzitutto egli cerca di superare il fortissimo dualismo
gnoseologico del Maestro ateniese, proponendo … di
considerare come la realtà tutta potesse essere compresa a
partire dal concetto di “essere”.
 I trattati giovanili sull’Anima (De anima) e sulla Filosofia
(Protrectico), già manifestano la sua fortissima tensione
morale, per cui la filosofia stessa, essendo disinteressata
all’utile, è la strada maestra verso la conoscenza e la bontà
(cioè il bene).
Aristotele VI
 A seguito della chiusura dell’Accademia e delle altre
scuole filosofica classiche voluta dall’imperatore
Giustinano nel 529 d. C., anche le opere di Aristotele
rischiarono di andare perdute.
 Si può dire che le salvò nell’84 a. C. Lucio Cornelio
Silla che le fece portare a Roma, dove furono riordinata
da Andronico di Rodi.
 Le grandi opere di Aristotele, a differenza di Platone
che preferì la struttura dialogica, si configurano come
“trattati”.
Aristotele VII
 L'insieme di queste opere può essere ordinato per
argomenti omogenei:
Logica, scritti raccolti nel titolo complessivo di Organon
- in greco, "strumento" - comprendenti:
- Le categorie (un libro)
- Sull'interpretazione (un libro)
- Analitici primi (due libri)
- Analitici secondi (due libri)
- Topici (otto libri)
- Elenchi sofistici (un libro)
Aristotele VIII
 Metafisica (quattordici libri)
 Fisica (otto libri) con scritti correlati:
- Sul cielo (quattro libri)
- Sulla generazione e corruzione (due libri)
- Sulle meteore (quattro libri)
- Storia degli animali (un libro)
- Sulle parti degli animali (un libro)
- Sulla generazione degli animali (un libro)
- Sulle migrazioni degli animali (un libro)
- Sul movimento degli animali (un libro)
Aristotele IX
 Sull’anima (tre libri) con scritti correlati:
- Sensazione e sensibile (un libro)
- Memoria e reminiscenza (un libro)
- Il sonno (un libro)
- I sogni (un libro)
- La divinazione mediante i sogni (un libro)
- Lunghezza e brevità della vita (un libro)
- Giovinezza e vecchiaia (un libro)
- La respirazione (un libro)
Aristotele X
 Etica, comprendente
- Etica Nicomachea (dieci libri)
- Etica Eudemia (sei libri)
- Grande etica (due libri)
 Politica (otto libri) correlata alla Costituzione degli
Ateniesi
 Retorica (tre libri)
 Poetica, incompiuta,
oltre a numerosi altri scritti ritenuti apocrifi, come “I
problemi e “Le audizioni meravigliose”.
Aristotele XI
 Per Aristotele la filosofia è la scienza dell’essere e delle
cause dell’esistere:
 l’ontologia, o metafisica (dizione attribuita ad Andronico
di Rodi), poiché il Maestro la chiamava “teologia”, è la
scienza dei fondamenti, cioè dell’essere costituito
secondo potenza e atto: in tale modo Aristotele supera la
dicotomia tra “essere” e “divenire”, proponendo una sorta di
unificazione concettuale, il “sinolo”, cioè il sun-olon, il “con
il tutto”. Tutto può diventare (atto) ciò che è in potenza.
 Diverso è il discorso del “possibile” e dell’”attuale”, come
nel caso dell’embrione umano vs. essere-umano-nato.
Aristotele XII
 Le Cause:
 causa formale: consiste nelle qualità specifiche
dell'oggetto stesso, nella sua essenza;
 causa materiale: la materia è il sostrato senza cui
l'oggetto non esisterebbe;
 causa efficiente: è l'agente che determina
operativamente il mutamento;
 causa finale: la più importante di tutte, in virtù della
quale esiste un'intenzionalità nella natura; è lo scopo
per cui una certa realtà esiste.
Aristotele XIII
 Per Aristotele il processo conoscitivo (Logica) avviene
solamente tramite la deduzione e la struttura del
sillogismo, là dove valgono i principi di identità e di non
contraddizione:
a) l’uomo è razionale,
b) il “razionale” è libero,
c) l’uomo è libero,
siccome a due premesse necessarie (a e b), segue una
conclusione incontrovertibile (c).
Aristotele XIV
 L’Etica è l’altro grande centro della speculazione aristotelica, per cui
l’etimologia del termine stesso diventa oggetto di riflessione morale intorno al
“bene” e alla virtù, a partire dalla condizione umana, che è rappresentata dalla
sua antropologia:
 Le tre modalità etiche di condotta (edonismo, politica, teoretica) vanno
comunque integrate fra loro, senza privilegiare l'una a discapito dell'altra.
L'uomo infatti deve saper sviluppare e assecondare armonicamente tutte e tre
le potenzialità dell'anima che contraddistinguono il proprio essere o entelechia,
e da Aristotele identificate con:
- l'anima vegetativa, comune anche alle piante e agli animali, che attiene ai
processi nutritivi e riproduttivi;
- l'anima sensitiva, comune agli animali, che attiene alle passioni e ai desideri;
- l'anima razionale, che appartiene soltanto all'uomo, e consiste nell'esercizio
dell'intelletto.
Aristotele XV
Per Aristotele esistono le
 Virtù etiche:
- Giustizia,
- Coraggio
- Temperanza
- Liberalità
- Magnificenza
- Magnanimità
- Mansuetudine
 Virtù dianoetiche-calcolative
- Arte
- Prudenza
 Virtù dianoetiche-scientifiche
- Sapienza
- Scienza
- Intelligenza
Aristotele XVI
 Aristotele, il “filosofo” per eccellenza, così come lo
chiamava Tommaso d’Aquino, si interessò
profondamente anche delle scienze della terra e della
vita umana, creando il primo completo sistema
scientifico classificatorio della cultura occidentale.
 Molto del suo pensiero scientifico con il tempo è stato
superato dalle scoperte successive, a partire
dall’astronomia e dalle scienze della natura.
 La sua importanza resta però somma, per le vie
conoscitive che ha aperto il suo metodo (dal greco
metà-odon, per la via) alla ricerca successiva.
Lo Stoicismo I
 Dopo la stagione dei Maestri Platone e Aristotele, la
storia della filosofia annovera alcuni filoni di pensiero
che si sono soffermati su particolari questioni etiche e
conoscitive.
 Tra queste lo Stoicismo, scuola di pensiero fondata da
Zenone di Cizio (365-263 a. C.) e Crisippo (281-204
a.C.). Per gli Stoici l’anima umana ospita una scintilla
di divino, cioè del Lògos o ragione universale, per cui
l’uomo deve rinunciare, se può, o almeno governare
rigorosamente le sue passioni naturali.
Lo Stoicismo II
 Epittèto (50-138 d. C.) si rifà a Crisippo, accentuando, nel
suo celeberrimo “Manuale”, le ragioni per cui l’uomo deve
curarsi unicamente delle virtù morali, trascurando glorie e
onori (ahi ahi!).
 Seneca (4 a. C.-65 d. C.), precettore e ministro di Nerone,
fu da questi condannato a morte, teorizzo l’equilibrio e la
riconoscenza reciproca tra gli uomini. Si leggano le
celeberrime “Lettere a Lucilio” e i dialoghi, come il “De
senectute” e il “De vita beata”.
 Marco Aurelio (121-180 d. C.), imperatore, fu grande
filosofo stoico, seguace di Seneca, si definì “primo servitore
dello stato” (cfr. “I Pensieri”).
Il Cinismo e lo Scetticismo
 Del “Cinismo” possiamo ricordare Diogene di Sinope,
detto il Cinico (IV a. C.), che portò alle conseguenze
estreme il rigorismo socratico, teorizzando un ritorno
radicale alla natura e la rinuncia a ogni comodità, per
recuperare l’umanità perduta.
 Lo “Scetticismo”, scuola filosofica perenne, mostra come
suo fondatore Pirrone di Elide (360-270 a. C.), il quale
teorizzò un dubbio metodico circa la possibilità di
conoscere le cose del mondo, per cui l’atteggiamento più
saggio sarebbe l’afasìa, cioè il non dire nulla in termini di
giudizio conoscitivo, e l’atarassìa, cioè l’imperturbabilità,
sotto il profilo del giudizio etico. Grande mentore di questa
linea di pensiero si può considerare l’inglese David Hume
(XVIII sec.), che studieremo l’anno prossimo.
Plotino
 Plotino (205-270) è considerato il maggiore esponente del
neo-platonismo. La sua interpretazione di Platone servì sia
ad Agostino, sia a Tommaso d’Aquino a tentare
collegamenti positivi tra la dottrina cristiana e la tradizione
filosofica classica.
 Tra i principali punti della sua teoria: l’Uno (Dio) è il punto
di inizio, cui accede, ma non completamente l’Intelletto
(detto Nous) e l’Anima umana, divisa tra una parte
superiore (oggi diremmo cosciente) e una parte inferiore
(diremmo inconscio). Jung, suo attento studioso, lo
considera un predecessore nell’analisi dell’interiorità
dell’uomo.
Epicuro
 Epicuro di Samo (341-271 a. C.) teorizzò una vita
equilibrata , partendo dall’atomismo di Democrito, nella
quale la ricerca del piacere fosse sostanzialmente rifuggire
il dolore, e quindi dominare le passioni eccessive, come
illustra bene il frammento sottostante …
Dalla “Lettera a Meneceo”
 Tὸ φρικωδέστατον οὖν τῶν κακῶν ὁ θάνατος οὐθὲν πρὸς
ἡμᾶς, ἐπειδήεπερ ὅταν μὲν ἡμεῖς ὦμεν, ὁ θάνατος oὐ
πάρεστιν, ὅταν δὲ ὁ θάνατος παρῇ, τόθ' ἡμεῖς οὐκ ἐσμέν. »
cioè « Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è
nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e
quando c'è lei non ci siamo più noi. »
Lucrezio
 Lucrezio (99-55 a. C.) fondò il suo pensiero sulla
tradizione epicurea, e sul “materialismo democriteo”.
Nel suo famoso poema “De rerum natura” sostenne
l’esigenza di vivere una vita armoniosa secondo la
natura, alla ricerca di un equilibrio tra la vita dei
singoli e quella della comunità politica.
La filosofia cristiana
 Abbiamo visto l’evoluzione del pensiero antico fino all’avvento
del Cristianesimo e oltre.
 In un ambito di studio limitato, non possiamo sviluppare gli
approfondimenti che un punto così focale meriterebbe, ma
possiamo dire che la nuova “religione” che si riferisce alla
“Persona di Gesù Cristo” rivoluziona tutto il pensiero antico,
proponendo come codice di riferimento, insieme alla Bibbia,
come Primo Testamento, la Buona Novella dei Vangeli e della
prima letteratura cristiana, nella quale le Lettere di Paolo e
l’Apocalisse di Giovanni sono di importanza decisiva. Nasce una
filosofia cristiana? Sì e no, perché il Cristianesimo, più che una
filosofia, è un’esperienza che si rifà alla Persona di Cristo …
cosicché più avanti, allora, si potrà parlare di una filosofia
cristiana, a partire dal grande alessandrino Origene e da
sant’Agostino.
Lo Gnosticismo
 Una dottrina importante caratterizzò i primi tre secoli dell’era
cristiana, permeando anche la stessa dottrina dei seguaci di
Cristo, lo Gnosticismo, i cui principali esponenti furono
Valentino e Carpocrate.
 Qualcuno sostiene che ne fosse in qualche modo coinvolto anche
“Giovanni” con il suo Vangelo, le sue Lettere e l’Apocalisse, ma il
tema è controverso.
 Lo Gnosticismo era essenzialmente un dualismo teoretico, che,
come il manicheismo (da Mani, sacerdote iranico del III secolo d.
C.), ipotizzava una divisione netta tra “bene” e “male”, e una
possibilità di comprensione differenziata tra gli uomini, che si
dividerebbero in incipientes (allievi), proficientes (in cammino) e
perfecti. Eredi successivi degli gnostici e dei manichei furono i
“bogomili”, i “pauliciani” e i “catari” diffusi e perseguitati nel
Medioevo.
Verso sant’Agostino I
 Dobbiamo incamminarci celermente verso Agostino
che, con la sua imponente figura di pensatore, sta
quasi sulla soglia della fine dell’antichità e dell’inizio di
ciò che chiamiamo Medioevo.
 La sua morte, nel 430 d. C. si colloca con le invasioni
vandaliche dell’Africa settentrionale e con gli ultimi
decenni dell’Impero Romano (data simbolica il 476,
deposizione di Romolo Augustolo). Sappiamo peraltro
che l’Impero Romano d’Oriente durerà fino al 1453,
con la conquista di Costantinopoli da parte del sultano
turco Mehmet II …
Verso sant’Agostino II
 Il pensiero cristiano, nel frattempo, si irrobustisce con la
tradizione dei “Padri apostolici” (Policarpo di Smirne,
Ignazio di Antiochia, Clemente Romano, etc.), e dei “Padri
apologisti” (Giustino, Taziano, Aristide, Atenagora, etc.)
che scrivevano agli imperatori romani (Marco Aurelio,
Antonino il Pio, …) del “cristianesimo” come religione che
non si poneva contro l’Impero …
 E poi i grandi Padri, orientali (Atanasio, Cirillo di
Gerusalemme, Basilio di Cesarea, Gregorio Nisseno e
Gregorio di Nazianzo, i padri cappadoci come Teodoro di
Mopsuestia …) e occidentali, come Ireneo di Lione,
Giovanni Cassiano, Evagrio Pontico, Tertulliano, Cipriano
di Cartagine, Ambrogio di Milano, Gerolamo, e Agostino di
Ippona, che ci attende … per il prossimo Anno Accademico.
Scarica

Dal Mito alla Filosofia