Prof. Simone Olianti “Un giovane monaco domandava a un anziano: ‘perché mi invade la paura quando vado nel deserto?’ E l’anziano: ‘perché tu non scorgi Dio con te”. Da un apoftegma dei Padri del Deserto “Se alcuni sono dominati dalle cattive abitudini precedenti, eppure possono insegnare puramente a parole, lasciate che insegnino… Perché forse, svergognati dai propri detti cominceranno infine a mettere in pratica ciò che insegnano” Giovanni Climaco, La Scala del Paradiso, gradino n.26 “La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette al megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani” S. Kierkegaard, dal Diario “All’inizio mi pareva una cosa stranissima che le letture che più mi avevano aiutato a fidarmi di ciò che avveniva in psicoterapia fossero favole che parlavano di maghi e sciamani, rabbi chassidici, monaci del deserto e maestri zen. L’educazione più appropriata non me l’avevano data i prodotti della scienza e della ragione, ma quelli della poesia e del mito”. Sheldon Kopp ( in: Guru, metafore di uno psicoterapeuta, 1971). “Ogni spina ha la sua rosa” Una bambina di 6anni “Sopravvissi non so come alla notte. Entrai nel giorno” Emily Dickinson “Chi sa vedersi così com’è è più grande di chi resuscita i morti” Isacco il Siro • “Abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare per risolvere i problemi causati dal vecchio modo di pensare” (A. Einstein). • Troppo spesso, di fronte a un problema, si ha la tendenza a cercare la spiegazione piuttosto che la “soluzione” • La differenza tra il perché e il come. • “Come quando ci si perde in un labirinto. Non ha senso chiedersi quando, da dove, perché si è entrati. La cosa migliore è cercare rapidamente una via d’uscita”(R.Bandler) • Non si devono aspettare occasioni ma crearle, poiché il miglior modo per prevedere il futuro è inventarlo. “Viviamo in un’epoca di passioni tristi,un tempo cioè nel quale le difficoltà della vita più che una fatica sono diventate una malattia,perché ogni risposta appare insufficiente e incapace sicché la crisi non è più solo un tempo difficile,ma tutta la vita appare come una crisi, una condizione permanente di difficoltà senza soluzione e senza senso.Essi di fronte al dilagare delle passioni tristi intendono proporre una prassi governata dalle passioni gioiose” (Benasayag- Schmit,2004,15) L’uomo moderno, ipertecnologico e superassicurato, è sempre più succube di un nemico subdolo e invasivo: la sua paura. Paura di soffrire.Paura di morire. PAURA DI VIVERE. L’ansia e la depressione mietono sempre più vittime, anche fra i bambini e i giovani. Crisi di speranza…crisi di fiducia e di senso L’uomo è roso da tre grandi angosce: 1. La paura della distruzione davanti alla morte. 2. La disperazione davanti all’assurdo, il non senso della vita. 3. La tristezza dell’isolamento. Karlfried Graf Durckheim Affidarsi a Dio 2 piste: Aprirsi all’altro “ Alcune delle cose peggiori della mia vita…non sono mai capitate”. Mark Twain “Agape è figlia di Apatheia” Evagrio Pontico “ L’angoscia è una forza che spinge i mistici ad una più profonda intimità con Dio. Invece di lasciarsi bloccare dalla tristezza o invadere dalla collera, essi usano questa energia per approfondire la ricerca di Dio” Jean Vanier (Abbracciamo la nostra umanità, p.10) DISPERAZIONE CHIUSURA, TRISTEZZA, COLLERA LA CRISI ANGOSCIA ESISTENZIALE ANGOSCIA PATOLOGICA DEPRESSIONE INTIMITA’ CON DIO APERTURA ALLA RICERCA DI DIO SPERANZA “ L’inferno è il dolore di non essere più capaci di amare” Dostoevskij “Ho trovato il significato della mia vita nell’aiutare gli altri a trovare nella loro vita un significato”. V. Frankl “Nessuno sviluppa la propria personalità perché qualcuno gli ha detto che sarebbe utile o consigliabile farlo. La natura non si è mai lasciata vincere da consigli bene intenzionati. Solo una forza che agisce causalmente mette in moto la natura, anche quella umana. Senza che vi sia una necessità, nulla si modifica, meno che mai la personalità umana. Solo il bisogno più acuto è capace di smuoverla”. C.G. JUNG “Un solo capello turba l’occhio e una piccola preoccupazione fa scomparire l’hesychia. Hesychia è infatti deposizione dei pensieri e rifiuto anche delle preoccupazioni ragionevoli. Chi ha veramente raggiunto l’hesychia non si preoccupa neppure della propria carne: perché non mente colui che ha promesso”. (Giovanni Climaco, La Scala del Paradiso,XXVII grad.,52s) LE CRISI DELLA VITA: DAL SENSO DI FALLIMENTO ALL’ESPERIENZA DELLA GRAZIA • Nei momenti difficili siamo messi alla prova. Viene alla luce quello che abbiamo nel cuore (Deut.8,1-16). Siamo tentati d’incredulità e d’idolatria. • Recitando il sal.146 ho letto: “Il Signore rialza chi è caduto”. Accanto al verso del salmo, una chiosa a lapis:” Poteva non farlo cadere!” • Perché Dio permette che io cada? Quale senso si nasconde dentro la crisi? • La crisi ci spinge oltre. Ad andare oltre. Ci rimette in cammino. • Occorre che qualcuno ci aiuti a disvelare la presenza di Dio nei fatti della nostra vita. Dov’è Dio in quel fatto? Cosa c’entra con la crisi del mio lavoro o del mio matrimonio? • Dov’è Dio quando piango o bestemmio la vita? • La fede non dà la sicurezza dell’evidenza, ma la certezza della speranza. • La speranza che Dio agisce nell’oscurità. Quando non vedi e non speri più. Perché devi andare oltre, non fermarti alle sicurezze che ti farebbero sedere, accomodare, non camminare più. • La crisi ti spinge a camminare. Ma occorre un pane che ti dia forza e sostegno: la sua grazia. • Se hai il coraggio di vedere al buio, di camminare anche se è notte, puoi percepire, prima flebilmente, poi con fiducia sempre più grande che Dio è presente, che è sempre stato presente, più intimo a te di quanto tu lo sia a te stesso. INCONTRARE DIO NEL DESERTO DELLA VITA LA CRISI: TEMPO DI IDOLATRIA O DI NUOVE OPPORTUNITA’ “Nel deserto si acquista quello sguardo che ferisce d’amore lo Sposo divino e la cui purezza permette di vedere Dio” San Bruno, al suo amico Rauld il Verde • Perché INCONTRARE Dio nel deserto? Il deserto è scomodo,nel deserto non c’è niente: il deserto scarnifica, è vuoto, non puoi attaccarti a nulla. • Atterraggio! Consapevolezza. Via la maschera! Nel deserto non valgono le “medaglie”, i conti in banca, i titoli (dott., prof.,ing., mons.) • Nel deserto sperimentiamo la nostra finitudine e vulnerabilità: si ha sete, si ha caldo, si ha freddo, si ha paura… “PERCIO’ LA ATTIRERO’ A ME, LA CONDURR0’ NEL DESERTO, E PARLERO’ AL SUO CUORE” Osea 2,16 L’Esodo come paradigma del cambiamento • Il Dio biblico, come emerge da una lettura attenta della Torah, non è un genitore iperprotettivo e nevrotico: vuole che cresciamo, che camminiamo, che impariamo ad amare e a vivere nella giustizia. • Tutti i momenti di vera liberazione non portano alla terra promessa ma nel deserto. Nel deserto non si vive, ci si transita…per 40 anni o 40 giorni. • 40 indica un tempo necessario per ricevere un insegnamento. Si impara solo camminando, mettendosi in cammino oltre le nostre sicurezze, al di là di ciò che ci è familiare. • Se si vuole crescere e imparare non è possibile rimanere dove siamo. • Il disagio, la fatica, la scomodità sono i segni che stiamo affrontando il nuovo e il cambiamento. “ La maggior parte delle persone crede che l’istinto più forte sia quello di sopravvivenza, ma non è così. L’istinto più forte è quello di aggrapparsi a ciò che è familiare” V. SATIR • Quando si ha voglia di crescere si deve andare nella direzione del fastidio e del distacco. Laddove ci accarezzano e basta, non ci fanno crescere. • L’ESODO è il momento in cui il popolo d’Israele viene fatto uscire dall’Egitto. Il popolo nel deserto è guidato da Dio: di giorno da una nube; di notte da una colonna di fuoco. • Nel deserto il popolo deve camminare verso una meta incomprensibile, non familiare, non spontaneo. • Oltre il mito della spontaneità, il deserto conduce alla autenticità di sé e della propria vita. • Non si puo fare solo ciò che si vuole, perché nel deserto non si puo scegliere ciò che ci piace o non ci piace. • Nel deserto non si sta, si cammina. Ma il popolo si lamenta, mormora contro Dio e contro Mosè: manca l’acqua, il cibo (Es.15-16); si incontrano nemici interni ed esterni (Es.17-18) • Il popolo si lamenta mentre cammina verso la terra promessa…le crisi accadono e ci servono per dire: fermati e accorgiti, dove stai andando? Cosa hai dimenticato? Cosa desidera davvero il tuo cuore? “ Camminando si apre cammino” Proverbio brasiliano • La strada si apre solo camminando. Se stai seduto vedi le cose da un’unica prospettiva. Tutto ciò che oggi ci meraviglia, ieri era considerato impossibile. • Prova a camminare su strade nuove e credute impossibili. Solo così la strada si apre. • Tutte le cose importanti della Bibbia accadono nel deserto, dove non si può vivere, ma lì si nasce. • Il deserto è luogo di tentazioni, di demoni, di purificazione. Si impara a purificare gli occhi per accorgersi che Dio c’è nella nostra vita e fa nuove tutte le cose. Si purifica il cuore dagli idoli per fare spazio all’amore:” Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. “Se l’inverno dicesse: ho la primavera nel cuore, Chi gli crederebbe?” Gibran “Vuoi guarire la ferita del tuo cuore? Prenditi cura degli altri, la tua ferita si rimarginerà presto • Camminare rafforza la speranza • La speranza è la capacità che l’uomo, e solo l’uomo,ha di lasciarsi condizionare dal proprio futuro. La speranza è la manna che ci fa andare avanti di giorno in giorno, perché soltanto l’oggi ci è dato da vivere. • Abramo e Ulisse: gli scontenti viaggiano verso il passato, gli uomini di speranza viaggiano verso il futuro. • Come coltivare la speranza? Prenditi cura dell’oggi; dell’altro, della natura, degli animali e dei fiori… “Quando vivo un fallimento il mio io che si dava tante arie per come tutto gli riusciva bene viene annientato. I mistici parlano di morte dell’io. Chi fallisce sperimenta abbastanza spesso la morte dell’io senza aver bisogno di esercitarsi nell’abbandono dell’io con la meditazione e con l’ascesi. Egli viene privato dell’io e della sua sicurezza. Non gli resta più nulla. E in questo nulla egli intuisce Dio in maniera nuova. Il nulla lo conduce a Dio. Quando non resta più nulla su cui poter costruire scopre Dio come il vero fondamento della sua vita. Egli non riesce più a edificare qualcosa sulla sua professione, sulla fiducia che la relazione funziona… Proprio in essa, però, Dio si manifesta come il vero fuoco che fa bruciare il roveto! (…). Proprio il fallimento, in quanto rottura di tutte le nostre illusioni e sicurezze, può introdurci nel mistero dell’amore divino. Vuoto, nulla fallimento: sono questi per i mistici i presupposti per una vera esperienza di Dio. Naturalmente il fallimento non conduce a Dio in maniera automatica. Può essere una chance solamente per chi si lascia denudare da ogni cosa e si arrende a Dio nella sua impotenza e nella sua nudità. Proprio nel suo fallimento Dio può allora sorgere come Colui che nel suo figlio Gesù Cristo è disceso nella nostra nullità, come colui che sulla croce si è annientato per noi. Una volta che l’uomo vecchio è stato annientato nel fallimento siamo aperti a Cristo che vuole abitare in noi e condurci al nostro vero io”. (GRUN A.- ROBBEN M. , Come vincere nelle sconfitte,2003,pp151-153) “ chi ha un perché vivere, può accettare quasi ogni come” V.Frankl Nel deserto sperimentiamo la nostra finitudine e vulnerabilità. Per vivere la CRISI come opportunità è fondamentale: • • • • • Non fuggire la crisi, ma viverla, attraversandola. Accettare i propri limiti, senza farsi limitare. Essere buoni con se stessi, senza essere indulgenti. Diventare consapevoli per poter scegliere. Aprirsi alla speranza, come convinzione di potercela fare. “Ogni vita merita un romanzo: anche nelle più piccole cose si nasconde qualcosa di cui meravigliarsi” E. Polster 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 1. RICONOSCERE LA PROPRIA INSODDISFAZIONE E INQUIETUDINE “Fecisti nos ad Te, Domine, et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in Te” (S Agostino) 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 2. ASCOLTARE LE PROPRIE DOMANDE “ La maggior parte dei problemi non deriva dalle risposte che ci diamo,ma dalle domande che ci poniamo” I. Kant “ Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre”. Jostein Gaardner 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 3. ORIENTARSI: TROVARE UN SENSO ALLA VITA…QUI ED ORA “ Ho trovato il significato della mia vita nell’aiutare gli altri a trovare un significato alla loro” V. Frankl 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 4. DISTINGUERE IL BISOGNO DAL DESIDERIO “Se desideri ottenere ciò che desideri, hai bisogno di liberarti dal bisogno” R. Bandler “ Il difficile della vita non è ottenere ciò che si desidera,ma continuare a desiderare ciò che si è ottenuto” K. Hepburn 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 5. SCENDERE IN PROFONDITA’…PER STUPIRSI DELLA VITA “ Di meraviglia in meraviglia, l’esistenza si schiude” Lao tze Scendere con la mente nel cuore. Non restare ad un livello superficiale. Dall’esterno dell’ego narcisista all’interno del sé autentico. 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 6. ABBRACCIARE LA NOSTRA UMANITA’ L’arte d’essere pienamente umani “Noi pensiamo molto meno di quanto sappiamo. Sappiamo molto meno di quanto amiamo. Amiamo molto meno di quanto si possa amare. E così siamo molto meno di ciò che siamo”. R.D. Laing “ Per me la vita è il dono che Dio vi ha fatto. Il modo in cui la vivete è il dono che voi fate a Dio. Fate in modo che sia un dono fantastico” Leo Buscaglia “ Il modo migliore di amare la vita è amare molte cose” Van Gogh 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 7. ACCETTARE IL RISCHIO DI AMARE “ La porta della felicità si apre solo verso l’esterno. Chi tenta di forzarla verso l’interno, la chiude ancora di più” S. Kierkegaard Scegliere l’amore. L’amore che dura richiede più volontà che sentimento. Rimuovere gli ostacoli che impediscono di amare. S. Bernardo: De diligendo Deo. Amare se stessi attraverso Dio; è l’amore di Dio il fondamento dell’amore per me stesso. 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 8. SCEGLIERE DI COSTRUIRE LEGAMI E PONTI “ Amare è prendersi cura del destino dell’altro” E. Levinas “Se mi addomestichi, poi dovrai prenderti cura di me” dice la volpe al Piccolo Principe “ C’è una terra dei vivi e una terra dei morti, e il ponte è l’amore. L’unica sopravvivenza e l’unico significato” Thornton Wilder Abitare la solitudine per aprire il cuore e dilatare la mente 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 9. INTEGRARE LA PARTE NON AMATA DI SE’ Accettare l’ombra. Riconoscere e confessare le proprie paure. Esse hanno origine nell’inconscio: paura di essere inutili, rifiutati, abbandonati. Paura d’invecchiare,di soffrire, di morire. Paura del nulla, dell’inferno. Paura perfino di dio. 10 PASSAGGI verso la luce e l’autenticità 10. ACCOGLIERE IL DESIDERIO DI DIO “ Signore davanti a Te ogni mio desiderio” (sal.37,10) “ Come la cerva anela ai corsi delle acque, così l’anima mia anela a te, o Dio” (sal.42) Dall’eros alla mistica “La fonte ha sete d’essere bevuta” S.Gregorio di Nissa AMORE E TRASCENDENZA Ascoltiamo il teologo greco-ortodosso Christos Yannaras “ Se ti sei innamorato una volta, sai ormai distinguere la vita da ciò che è supporto biologico e sentimentalismo, sai ormai distinguere la vita dalla sopravvivenza. Sai che la sopravvivenza significa vita senza senso e sensibilità, una morte strisciante: mangi il pane e non ti tieni in piedi, bevi acqua e non ti disseti, tocchi le cose e non le senti al tatto, annusi il fiore ed il suo profumo non arriva alla tua anima. Se però l’amato è accanto è accanto a te, tutto improvvisamente risorge, e la vita ti inonda con tale forza che ritieni il vaso di argilla della tua esistenza incapace a sostenerla. Tale piena della vita è l’eros. Non parlo di sentimentalismi e slanci mistici, ma della vita, che solo allora diventa reale e tangibile, come se fossero cadute squame dai tuoi occhi e tutto, attorno a te, si manifestasse per la prima volta, ogni suono venisse udito per la prima volta, e il tatto fremesse di gioia alla prima percezione delle cose. Tale eros non è privilegio dei virtuosi, né dei saggi; è offerto a tutti con pari possibilità. Ed è la sola pregustazione del Regno, il solo reale superamento della morte. Perché solo se esci dal tuo io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a lui” ( C. Yannaras, Variazioni sul Cantico dei Cantici, p.25) LECTIO DIVINA Una lettura della crisi a partire da: Mc. 10,46-52 - La crisi è inevitabile. Tutti gli uomini sperimentano prima o poi dei fallimenti, delle perdite. - La crisi ci mette di fronte a noi stessi, ai nostri limiti, alle nostre paure, alla nostra incapacità di amare. - La crisi rivela le ferite del nostro cuore e le nostre idolatrie. - La crisi conduce al disincanto. Il disincanto è l’anticamera del cinismo, oppure dell’umiltà, che è la verità di se stessi. Nella crisi sperimenti il grido di Bartimeo (Mc.10,46-52). Non hai appoggi umani. Tenti di appoggiarti, ma non hai appoggi. Tutti ti dicono di tacere: il tuo grido profondo viene dall’angoscia e provoca angoscia. Vivi così la solitudine, l’incomprensione. Il tuo cuore è tentato di bestemmiare Dio: il silenzioso, l’impotente. Dov’è Dio? Fai l’esperienza che il contrario della vita non è la morte, ma quella mancanza di speranza e di amore, che quando giunge a livelli intollerabili, rende la morte e ciò che alla morte conduce, preferibile alla vita. Sei come Bartimeo: cieco ( non vedi via via d’uscita, non ti accorgi delle cose buone e belle che sono nella tua vita, non vedi le persone che Dio ti ha posto accanto) e mendicante (chiedi amore graffiando e aggredendo, senza dignità: disposto a qualunque cosa pur di sentirti vivo!) Lungo la strada (Mc.10,46): senza dimora, senza casa. Ti senti “buttato fuori” dalla vita, non ti senti mai a casa ma come in un esilio forzato e perenne. - Senti perché qualcuno te l’ha detto, che Gesù sta passando e cominci a gridare: Gesù, abbi pietà di me! (Mc.10,47) - Non hai più nulla da difendere, né niente da perdere. Sei ormai cieco e mendicante: non hai il rispetto di te stesso né il rispetto degli altri. Vogliono farti tacere ma puoi solo gridare, gridare dal profondo del tuo cuore ferito: “Dio, se ci sei,ascoltami! Abbi pieta di me!” Il grido del cuore, come un vagito infantile, tocca il cuore di Dio; Gesù si ferma e ti chiama. Ma questa chiamata non è sempre diretta. Egli si serve di una persona, di più persone per chiamarti. Qualcuno che lo segue ti dice: “ coraggio, alzati, ti chiama!” -Il tuo grido è sato sentito, ma sei ancora in terra, seduto lungo la strada. Devi scuoterti, sfidare la tua sfiducia,scrollare le sicurezze che pensavi ti sorreggessero. Soltanto allora puoi balzare in piedi, rimetterti in piedi, davanti a Gesù. E’ il balzo della fede, della fiducia infantile, di chi ha sperimentato la cecità, il vuoto, la solitudine. Devi chiedere. Tu che non hai mai voluto chiedere niente perché ce la facevi da solo. Perché non avevi bisogno di nessuno. Bastavi a te stesso. Adesso hai bisogno degli altri. Hai bisogno di un Altro. Hai bisogno di occhi nuovi che ti facciano rivedere ciò che vedi più: tua moglie, i tuoi figli, i tuoi amici. Perché questa è la cecità: non vedere più ciò che sei, ciò che hai; sono lì, in casa tua ma non li vedi. La tua fiducia ti ha salvato. Sperimenti la grazia di un incontro che cambia, non la tua vita, ma il tuo modo di vederla e di viverla. Ciò che prima era oscuro, adesso è illuminato: tendono alla chiarità le cose oscure e agli Occhi piace vedere la luce. Chi ti ha ridato occhi per vedere e il gusto di vedere è la luce del mondo,che illumina ogni uomo. Sei ancora sulla strada, dietro di Lui e non hai più paura… Perché Lui è diventato la tua strada ed il tuo senso. “Ogni momento di nudità e debolezza è un momento sacro, è l’inizio inconsapevole di ogni germoglio nuovo” AVVIARE IL CAMBIAMENTO-CERCARE AIUTO cambiamento Eccessiva critica per se stessi Comprensione per se stessi Indulgenza verso di sé Non sentirsi Individuare le origini Assumersi la responsabilità vittime del del cambiamento delle trappole proprio passato La sofferenza provata nel passato, nell’infanzia spiega perché il cambiamento sia così difficile e richieda tanto tempo ; non giustifica però il fatto che si mantengano in vita pattern distruttivi senza sforzarsi di modificarli Non rimandare il cambiamento: il momento migliore è adesso Non esistono danni così grandi che non possono essere affrontati -ESSERE ONESTI CON SE STESSI -AFFRONTARE LA REALTÀ -PAZIENZA E PERSEVERANZA Non ingannare se stessi. L’autoinganno porta a reiterare comportamenti autolesionistici e impedisce di stabilire relazioni autentiche È difficile cambiare CERCARE AIUTO da soli. AIUTO PROFESSIONALE? LA SCELTA DEL TERAPEUTA E DELLA TERAPIA Spesso i familiari rinforzano la trappola invece di dare aiuto per cambiare “Siate voi stessi il cambiamento che volete realizzare nel mondo” Mahatma Gandhi LA VITA COMUNITARIA oltre i conflitti interpersonali per una autentica pienezza di vita “ La comunità è un luogo terribile. E’ il luogo della rivelazione dei nostri limiti e dei nostri egoismi. Quando comincio a vivere per tutto il tempo con altre persone, scopro le mie povertà, le mie debolezze, la mia incapacità di intendermi con alcuni, i miei blocchi… Se siamo accolti con i nostri limiti e con le nostre capacità, la comunità diventa a poco a poco il luogo della liberazione; scoprendo di essere accettati e amati dagli altri, ci si accetta e ci si ama meglio. La comunità allora è il luogo in cui si può essere se stessi…diventa luogo di vita e di crescita” (J. Vanier, La Comunità,1980, pp15-16) “Noi aspettiamo una teofania, della quale conosciamo soltanto il luogo, e questo luogo si chiama comunità” Martin Buber “ Stupisce di vedere come l’abate e il cellerario si preoccupano costantemente dei fratelli, di ognuno in particolare, in tutta la sua unicità, piuttosto che della comunità in blocco, un ideale che tanto sembra assillare lideologia contamporanea. La vita comune non diventa mai un’idea astratta o un idealismo. San Benedetto avrebbe apprezzato senza dubbio l’aforisma di ” “ Dietrich Bonhoeffer: ‘ Chi ama la comunità, distrugge la comunità; chi ama i fratelli costruisce la comunità” ( Esther de Waal, Seeking God, p.139) ” Tu non amavi me ma…il matrimonio” ( Un marito alla moglie poco dopo la separazione ) Dal “Libro della Regola eremitica”di Camaldoli Si raccomanda come virtù eremitica indispensabile quella: ”accogliente compassione del cuore che si china con misericordiosa umanità sulla debolezza dell’altro” Benigna cordis affectio, alienae infirmitati misericordi humanitate condescendens ( Liber heremiticae regulae 45) Dall’isolamento alla solitudine • L’isolamento è una delle fonti più universali di sofferenza umana. Causa di ansia, depressione, alcolismo… • Isolamento è non sentirsi cercati, desiderati, amati da qualcuno. • In famiglia si può essere isolati. In convento si può essere isolati. H. Nouwen, Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo, 1980, 23-24 Per passare dall’isolamento alla solitudine è opportuno diventare consapevoli: “che nessun amico, nessun amante, nessun marito, nessuna moglie, nessuna comunità potranno mai acquietare la nostra brama più profonda di unità e di completezza. E’ opprimendo gli altri con queste aspettative divine, di cui spesso siamo consapevoli solo in parte, che rischiamo di inibire l’espressione di libera amicizia e di amore, evocando invece dei sentimenti di inadeguatezza e di debolezza. H. Nouwen, Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo, 1980, 23-24 “Amicizia, amore, vita fraterna non possono svilupparsi in forme di ansioso attaccamento reciproco. Fino a quando il senso di isolamento ci unirà nella speranza che insieme non saremo più soli noi ci puniremo a vicenda per mezzo dei nostri desideri inappagati e non realistici di unità” Molte persone che soffrono di isolamento, spesso acutizzato da mancanza di affetto nell’immediata cerchia familiare, scorgono una soluzione definitiva per il loro dolore in un nuovo amico, un nuovo amante, o una nuova comunità, con un senso di aspettativa messianica. C’è un cammino difficile da fare: la conversione dall’isolamento alla solitudine. Invece di fuggire il senso di isolamento cercando di rimuoverlo, occorre convertirlo in solitudine feconda. Per una vita spirituale e veramente fraterna occorre trovare il coraggio di entrare nel deserto del nostro isolamento trasformandolo in giardino di solitudine. Occorre la fede e un percorso di consapevolezza, di guarigione del cuore. E’ un cammino possibile, anzi indispensabile per giungere alla capacità feconda di comunione con gli altri. Impara dalla natura: guardi un’acacia, un tiglio una quercia in inverno e non crederesti mai , a vederli adesso che a giugno daranno fiori e odori meravigliosi. La SOLITUDINE è riferita al cuore: si tratta di una qualità o di un atteggiamento interiore che non dipende dall’isolamento fisico. Talvolta questo isolamento è necessario perché la solitudine del cuore si sviluppi (hesychia) In solitudine si può sviluppare l’attenzione verso l’io e verso l’altro. In solitudine possiamo essere presenti a noi stessi. La possiamo vivere come un bambino e come un santo nell’immediatezza del qui ed ora. Thomas Merton, Il segno di Giona “ In questa solitudine profonda scopro la dolcezza che ci permette di amare realmente i fratelli. Più vivo da solitario,più prova affetto per loro. E’ un affetto puro e pieno di reverenza per la solitudine altrui” Henry Nouwen, Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo, p.38 “Senza la solitudine del cuore l’intimità dell’amicizia, del matrimonio e della vita comunitaria non può essere creativa. Senza la solitudine del cuore, nei nostri rapporti con gli altri noi saremo poveri ed avidi, viscidi e soffocanti, dipendenti e sentimentali, sfruttatori e parassiti, perché senza la solitudine del cuore non potremo percepire gli altri come diversi da noi stessi, ma solo come persone da usare per il soddisfacimento dei nostri bisogni personali, spesso celati” Dall’ostilità all’ospitalità • Creare spazio all’altro che ti è estraneo e che non hai scelto • Dalla sim-patia alla em-patia • Presupposto di ogni vita comunitaria/fraterna/cristiana e convertire il nemico (hostis) in ospite (hospes). Dall’ostilità all’ospitalità • Se c’è un concetto meritevole di essere riportato alla profondità originale e al suo potenziale evocativo, questo è il concetto di ospitalità. 1. I tre stranieri ricevuti a Mamre da Abramo (Gn.18,1-15). 2. La vedova di Sarepta offrì cibo e riparo ad Elia (1 Re17,9-24). 3. I due viandanti di Emmaus (Lc.24,13-35) La vita fraterna: ospitare Gesù presente nell’altro Hostis Abbassare le difese Hospes Umiltà/ Verità “Amare è prendersi cura del destino dell’altro” Levinas “L’ inferno sono gli altri” Sartre “L’inferno è il dolore di non essere più capaci di amare” Dostoevskij Disponibilità/ Attenzione Gratitudine /Gioia Dall’ostilità all’ospitalità • Se devi difendere le “tue cose”, il tuo “prestigio”, il “tuo ruolo”, la tua “tranquillità” difficilmente potrai passare all’altro, accoglierlo come hospes. • Essere rigidi e sulla difensiva è l’ostacolo più grande all’accoglienza. • Ospitalità significa creazione di uno spazio libero dove l’altro possa entrare per diventare amico invece che nemico. • Ospitalità non significa cambiare le persone ma offrire loro uno spazio libero dove il cambiamento possa avvenire. Aneddoto Zen • “Nan-In, un maestro Giapponese dell’era Meiji (1868-1912) ricevette un professore universitario che faceva ricerche sulla dottrina Zen. Nan-In servì il tè. Riempì fino all’orlo la tazza dell’ospite e seguitò a versare. Il professore osservava il traboccare, finchè non riuscì a trattenersi: “E’ strapiena, non ne entra più” esclamò. “Come questa tazza” disse Nan-In, tu sei pieno di opinioni e di speculazioni. Come posso mostrarti lo Zen se prima non vuoti la tua tazza”. Dall’ostilità all’ospitalità • Per ospitare l’altro nella sua radicale diversità occorre svuotarsi, decentrarsi dal proprio io. • Per accogliere l’altro nella vita comunitaria occorre “vuotare la propria tazza”. • Occorre cominciare ad individuare chi ci è “straniero/estraneo” nella nostra stessa comunità e cercare di renderci consapevoli dei motivi di questa distanza, di questa estraneità. Dall’ostilità all’ospitalità • E’ solo ospitando chi ti è vicino che puoi amare e ospitare chi ti è lontano. • Nella regola francescana, Francesco esorta i suoi frati ad essere come una madre gli uni per gli altri, ad avere la premura e la tenerezza di una madre. Dall’ostilità all’ospitalità • Ospitalità significa creare uno spazio all’altro di creatività e di libertà, senza aggrapparsi nevroticamente all’altro, per compensare le nostre carenze affettive e relazionali (questo accade spesso anche nei matrimoni). • Sappiamo che abbiamo ospitato l’altro e non “parassitato” se l’altro con noi si sente libero di essere se stesso, non manipolato e se ha lo spazio per crescere. Dall’ostilità all’ospitalità • Ospitare l’altro per servire l’altro. • Per ospitare davvero l’altro occorre essere poveri. E’ la povertà che produce il buon ospite: • Chi è colmo di idee, concetti, opinioni (anche sulla vita fraterna!) non può essere un buon ospite. Dall’ostilità all’ospitalità • La povertà è la disposizione interiore che ci permette di abbassare le difese, convertendo i nemici in amici. • Si percepisce l’altro, il diverso da me come nemico solo fino a quando si ha qualcosa da difendere. • Per essere fratelli, per condividere occorre scendere, ridimensionando il nostro ego smisurato. Dall’ostilità all’ospitalità • • • • San Paolo: “mi sono fatto tutto a tutti”. Charles De Foucauld: tuareg coi tuareg. Lorenzo Milani: montanaro con i montanari. Annibale di Francia: povero con i poveri. Dall’ostilità all’ospitalità • Occorre accettare di perdere potere. • Spesso la vita comune, nel matrimonio o nei conventi, può trasformarsi in un campo di battaglia, in una lotta sottile per il potere, per il dominio sull’altro. • Tutti noi per natura tendiamo a dominare sugli altri oppure, a sottometterci agli altri. • Difficile è camminare insieme condividendo un progetto di vita. Dall’ostilità all’ospitalità • Si può cogliere l’altro, la fragilità dell’altro solo se si è prima accettato la nostra debolezza, la nostra vulnerabilità. • Accettare il nostro limite, la nostra vulnerabilità, la nostra mortalità per non chiedere all’altro ciò che non ci può dare. • C’è una pagina bellissima, illuminante in proposito di Henry Nouwen: Dall’ostilità all’ospitalità • “Spesso il seme della violenza si rivela al centro dei più intimi rapporti. I confini fra il baciare e il mordere, l’accarezzare e lo spiare, il guardare con tenerezza e il guardare con sospetto. Sono in realtà fragilissimi. Appena l’illusione nascosta dell’immortalità comincia a predominare, non ci vuole molto perché il desiderio di essere amati si converta in violenza bramosa. Appena i bisogni inappagati ci portano a pretendere dai nostri fratelli ciò che non possono darci noi trasformiamo loro in idoli, e noi stessi in demoni” (Nouwen,109) Dall’ostilità all’ospitalità • “Spesso il seme della violenza si rivela al centro dei più intimi rapporti. I confini fra il baciare e il mordere, l’accarezzare e lo spiare, il guardare con tenerezza e il guardare con sospetto. Sono in realtà fragilissimi. Appena l’illusione nascosta dell’immortalità comincia a predominare, non ci vuole molto perché il desiderio di essere amati si converta in violenza bramosa. Appena i bisogni inappagati ci portano a pretendere dai nostri fratelli ciò che non possono darci noi trasformiamo loro in idoli, e noi stessi in demoni” (Nouwen, 1980,109) “La comunità è un fenomeno religioso,non c’è nulla che possa legare insieme degli esseri umani ostinati e feriti, se non una potenza trascendente” Parker Palmer (“A place called community”) “Che i nostri affetti non uccidano noi, né muoiano essi” John Donne (“Poesie teologiche ed amorose”) “Il trucco della vita non è ottenere ciò che si vuole ma volere ciò che già si è ottenuto” Kathrin Hepburn “La felicità è continuare a desiderare ciò che già si possiede” Sant Agostino La vita comunitaria: aspetti psicologici • La dimensione del volere oltre la dimensione del sentire. • Quando il sentire non tiene più è fondamentale la dimensione del volere. • Dio mi ha chiamato a questa vita, in questa comunità di fratelli. Ogni giorno sono chiamato a riscegliere questa comunità di fratelli. La vita comunitaria: aspetti psicologici • Tutto ciò che è umano è psicologia: coinvolge la psicologia delle persone, i dinamismi interni l’inconscio, i meccanismi di difesa. • Coinvolge soprattutto le emozioni: la paura, la rabbia, la gioia, la tristezza, lo stupore, il disgusto… • La vita comunitaria ha una dimensione psicologica e relazionale che non dobbiamo e non possiamo sottovalutare. La vita comunitaria: aspetti psicologici • I nostri dinamismi inconsci, appresi fin dall’infanzia, hanno un forte peso e un grande influsso sulle nostre motivazioni e decisioni. • Non possiamo far finta che questo non esista, in uno spiritualismo vago che non ha nulla di cristiano. Basta leggere le parenesi nelle epistole di San Paolo o degli altri apostoli. Come recita un famoso adagio della teologia Scolastica: la grazia suppone la natura e la perfeziona. La vita comunitaria: aspetti psicologici • Il livello psicologico, imprescindibile ed ineludibile, è però soltanto il primo livello. • Esiste poi il livello della Grazia. E’ un livello che si interseca profondamente con l’altro. • Chi può dire dove finisce il livello psicologico e comincia quello spirituale? I veri maestri della spirito: i Padri greci, i Padri del deserto, fino a Tereda D’Avila e Giovanni Della Croce, passando da Meister Eckhart e Taulero, evidenziano che psicologico e spirituale sono due dimensioni che si intersecano profondamente, anche se questi maestri non conoscevano la categoria dello psicologico come si intende oggi nelle scienze umane. La vita comunitaria: aspetti psicologici • Le relazioni interpersonali nei gruppi socialmente costituiti e stabili (come le comunità religiose) non sono una realtà prefabbricata occasionale, fatta di regole fittizie che servono soltanto ad equilibrare il quieto vivere del gruppo. Esse sono una dimensione essenziale e costitutiva dell’essere umano, dimensione che aiuta ciascuno a crescere nella propria identità e maturità psicologica e che può essere fonte di profonda soddisfazione ma anche motivo di gran sofferenza là dove la convivenza è esperienza penosa e difficile ( Crea, 2001, 12). La vita comunitaria: aspetti psicologici • Lo studio della psicologia sociale a questo proposito ci aiuta a rilevare come in queste interazioni gli individui che costituiscono il gruppo ne escono sempre in qualche modo cambiati. L’incontro con l’altro non lascia mai indifferenti, anzi provoca un continuo modellamento reciproco, fatto di acquisizioni di informazioni e di significati ulteriori relativi al senso profondo della relazione. Nel rapporto con l’altro si modella la realtà della rete delle relazioni e si viene da essa stessa modellati sia attraverso la valorizzazione delle differenze individuali e sia con l’attivazione delle diverse dimensioni ambientali costitutive del gruppo di appartenenza. La vita comunitaria: aspetti psicologici • Nell’ottica di questa interazione partecipativa la presa di coscienza dell’unicità e dell’individualità dell’altro porta allo sviluppo di un processo di crescita in cui, a partire dalla scelta del gruppo come luogo della propria formazione, si apprende a valorizzare e integrare le differenze individuali in vista di interessi e ideali comuni. • Quando nella comunità prevale questo aspetto pedagogico il comportamento relazionale sarà risultante di differenti dimensioni vissute sul terreno della conoscenza e del rispetto della reciprocità. La vita comunitaria: aspetti psicologico La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri. • Oltre che come luogo di crescita della propria identità e dell’identità comune, la comunità può essere intesa come ambiente dove le persone realizzano i propri bisogni. Anzitutto i bisogni personali di base, come il cibo, l’abitazione, la sicurezza…; ma anche quelli relazionali perché è nella rete delle relazioni comunitarie che i religiosi e le religiose individuano e soddisfano i loro bisogni emozionali, di sostegno, di amicizia e di affettività relazionale. La vita comunitaria: aspetti psicologico La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri. • In quanto luogo di investimento affettivo, la comunità aiuta a realizzare le proprie necessità vitali di protezione e di sicurezza affettiva e le proprie aspirazioni inconsce di reciprocità e di libertà con gli altri, permettendo lo sviluppo di sane difese psicologiche utili ad integrare l’angoscia relazionale che la vicinanza dell’altro genera. La vita comunitaria: aspetti psicologico La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri. • Inoltre insieme ai bisogni psicologici e affettivi, la comunità risponde anche ai bisogni di significato e di autorealizzazione di ciascuno, in quanto luogo di realizzazione di sé e di ricerca di senso nell’ideale comune. Nella misura in cui tali esigenze sono accolte e soddisfatte, la persona si sentirà integrata insieme con gli altri, poiché essa “arriva nella comunità con il suo pattern specifico di bisogni e motivazioni, e risponde e reagisce alla vita comunitaria sulla base di questi”. La vita comunitaria: aspetti psicologico La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri. • Compito della comunità è allora quello di riconoscere le necessità dei singoli e di contribuire a soddisfare nella rete delle relazioni, integrando insieme le caratteristiche interpersonali e intrapersonali dei bisogni di ognuno, in vista della perseveranza de della consistenza comunitaria. (Crea, 2001, 22-23) La vita comunitaria: aspetti psicologico Disagio relazionale nelle comunità religiose • E’ nella comunione che i religiosi realizzano l’ideale di dedizione a Dio. • E’ all’interno di strutture di comunione definite nello spazio e nel tempo che essi vivono concretamente la fraternità, realizzando il proprio compito relazionale attraverso la dedizione reciproca verso gli altri che condividono la stessa vita comunitaria. La vita comunitaria: aspetti psicologico Disagio relazionale nelle comunità religiose • In quanto esperti di comunione, i consacrati sono chiamati a trovare strategie di adattamento anche quando tali stimolazioni eccedono la loro capacità di risposta alle esigenze dell’altro, anche quando cioè la reciproca influenza di fattori disfunzionali soggettivi (di forte ansia, di bassa autostima) e di fattori situazionali (di scarsa comunicazione, di povera empatia, di incomprensioni, di pregiudizi) rende la convivenza comunitaria piuttosto conflittuale e stressante. La vita comunitaria: aspetti psicologico Disagio relazionale nelle comunità religiose • Diversamente, in mancanza di adeguate risposte dinanzi al sovraccarico di stimolazioni interpersonali, essi rischiano di logorare l’ideale di altruismo che li spinge a farsi tutto a tutti anche dentro la loro comunità oltre che con la gente all’esterno, avviando così un processo di svuotamento motivazionale ed emozionale simile a quello che caratterizza il sovraccarico della dedizione agli altri nelle professioni di aiuto, definito come burnout relazionale. La vita comunitaria: aspetti psicologico Conflitti comunitari stressanti • Il malessere del gruppo non è tanto il risultato causale di ciò che la persona o la comunità fa e neppure la somma della maturità individuali, ma piuttosto è un processo che si rivela nel mondo incongruente di integrare i diversi fattori relazionali e intrapsichici, i quali incidono negativamente sui rapporti comunitari fino a logorarli e renderli stressanti. La vita comunitaria: aspetti psicologico Conflitti comunitari stressanti • In effetti, quando i rapporti reciproci vissuti quotidianamente dalle persone all’interno della comunità sono conflittuali e difficili essi costituiscono un flusso di stimolazioni che incidono negativamente sulle dinamiche relazionali, comunitarie e alimentano la progressiva disgregazione del vissuto comunitario, fino a consumare il tessuto relazionale svuotandolo della sua valenza emozionale e motivazionale. La vita comunitaria: aspetti psicologico Conflitti comunitari stressanti • Le persone coinvolte in tali dinamiche conflittuali possono giungere ad un progressivo esaurimento emozionale e a una condizione di depersonalizzazione nei confronti degli altri nonché a una svalutazione delle proprie competenze relazionali, adottando in tal modo delle risposte disadattive tipiche di una particolare forma di stress relazionale che è il burnout. La vita comunitaria: aspetti psicologico Conflitti comunitari stressanti • In tale contesto i conflitti comunitari stressanti assumono una particolare fisionomia determinata da relazioni meno autentiche, da rapporti tesi, da obiettivi confusi: dall’iniziale entusiasmo per l’ideale comune ecco che quelli che dovevano essere gli esperti di comunione rischiano di diventare “operatori cortocircuitati” all’interno della realtà della vita comunitaria. • (Crea, 2001, 50) La vita comunitaria: aspetti psicologico Il burnout comunitario • Riferito inizialmente agli operatori socio-sanitari il concetto di burnout è stato successivamente applicato a una vasta gamma di professioni di aiuto. Negli ultimi anni le ricerche effettuate con gli operatori pastorali hanno permesso di constatare l’adattabilità di tale costrutto anche nell’ambito della vita religiosa. (Crea, 2001, 50) La vita comunitaria: aspetti psicologico Il burnout comunitario • Quando però il trasporto motivazionale dei religiosi di una comunità è confrontato da condizioni conflittuali presenti nella rete delle relazioni comunitarie, questi esperti di comunione rischiano di bruciare il loro zelo e il loro entusiasmo, poiché: “hanno dato e dato, fino al momento in cui non è rimasto più niente da dare” (Maslach,1992,20) (Crea, 2001, 50) La vita comunitaria: aspetti psicologico Il burnout comunitario • E’ allora che possono manifestare comportamenti di disadattamento, quando in comunità ci sono “membri che non sono responsabili nel loro lavoro, individui che non si parlano l’un l’ altro, persone che litigano circa il modo migliore di procedere nei progetti comunitari, persone che sono irritatamente loquaci o noiosamente silenziose…” (Crea, 2001, 50) La vita comunitaria: aspetti psicologico Le 5 fasi del burnout comunitario 1. 2. La fase iniziale è quella dell’entusiasmo e dell’idealizzazione, caratterizzata da un forte investimento energetico e motivazionale sull’ideale comunitario, soprattutto quando l’operatore pastorale nutre delle alte aspettative sugli altri. La seconda fase, quella della stagnazione, è la fase in cui la vita comunitaria comincia a non soddisfare più le attese del religioso, non corrisponde più ai suoi bisogni, ed egli se ne sente responsabile. E’ il momento in cui le relazioni sono percepite come stressanti, il clima comunitario è teso, i conflitti interpersonali sono attivamente presenti ma nessuno ne parla. La vita comunitaria: aspetti psicologico Le 5 fasi del burnout comunitario 3. 4. 5. A questo punto subentra la fase della frustrazione, in cui l’individuo si interroga non tanto sul significato di questa o quell’attività comunitaria ma sul senso stesso dello stare insieme. Nella quarta fase, quella dell’apatia, la persona, piuttosto che reagire e affrontare direttamente i conflitti interpersonali presenti in comunità, si difende ritirandosi in un disinteresse motivazionale ed emozionale. Il quadro prosegue fino ad elaborare, nella fase finale, dei comportamenti alternativi di adattamento per ristrutturare in una maniera difensiva e accettabile le proprie relazioni con gli altri. (Crea, 2001, 52) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti • I conflitti comunitari possono derivare da difficoltà di ordine intrapsichico che la persona vive e che incidono sulla vita relazionale del gruppo. Vari studi hanno confermato che i religiosi non sono esenti da problematiche individuali di ordine psicologico e da inconsistenze inconsce che congelano i valori e impediscono loro di vivere ciò che proclamano. (Crea, 2001, 52) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti • Per esempio, le identificazioni distorte derivanti da relazioni infantili riproposte all’interno della comunità religiosa, oppure i conflitti intrapsichici non risolti nella struttura di personalità, oppure ancora la difficoltà a sostenere un’immagine positiva di sé, sono tutti elementi che si ripercuotono negativamente sui vissuti relazionali, alimentando nella vita comunitaria quei processi regressivi e quindi conflittuali con cui il gruppo cerca di attenuare difensivamente l’ansia e l’angoscia che il rapporto con l’altro genera (Crea, 2001, 52) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti • Con tali difficoltà intrapsichiche la persona rischia di perpetrare dei comportamenti disfunzionali che, all’interno del gruppo, diventano delle vere stimolazioni stressanti con cui si alimenta il disagio relazionale e si influenza il clima intero della comunità. (Crea, 2001, 52) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti 1. La soddisfazione dei bisogni e dei valori. Abbiamo già visto che la comunità è luogo di soddisfazione dei bisogni di base e dei bisogni superiori a cui la persona tende. Se però questi non sono soddisfatti e se l’individuo già vive dei disagi psicologici egli avrà la tendenza a distorcere i rapporti interpersonali stabilendo delle relazioni fittizie in funzione di sé piuttosto che in vista del bene comune. Inoltre, se c’è discrepanza tra i propri bisogni e quelli degli altri, egli tenderà a disinvestire il proprio coinvolgimento negandola conflittualità, oppure cercando altrove la realizzazione dei propri modelli di autorealizzazione e di soddisfazione dei propri bisogni. (Crea, 2001, 53) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti La frustrazione delle proprie aspettative può attivare nell’individuo un aggressività inespressa che si manifesta in atteggiamenti di malcontento e di insoddisfazione velata nel gruppo, oppure in atteggiamenti aggressivo-passivi in cui i comportamenti non sono mai diretti verso la vera sorgente dell’aggressività ma piuttosto verso oggetti secondari, e si manifestano in sottigliezze, stuzzicamenti, incomprensioni sottese, malintesi, di cui il gruppo non è esplicitamente colpevole ma che hanno comunque un effetto logorante sui rapporti interpersonali. (Crea, 2001, 53) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti Il livello di tensione e di stress nei rapporti quotidiani aumenta anche quando nella comunità si perde il significato della vita comune, o quando le persone ricercano dei valori sostitutivi che non sempre corrispondono a quelli del gruppo. Infatti la mancanza di soddisfazione dei valori personali, o la discrepanza tra valori personali e valori di gruppo, può portare a una distorsione dei rapporti e quindi a un incremento del disagio personale.La persona che avverte come frustrante il divario tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere vive in uno stato di ansia che cercherà di risolvere con atteggiamenti di distorsione della realtà comunitaria: per esempio rifugiandosi nel desiderio di una comunità ideale e perfetta. (Crea, 2001, 54) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti 2. Idealizzazione dei rapporti. L’ideale comunitario è un valore fondamentale della vita comune dei religiosi poiché motiva le persone a ricercare il bene degli altri con atteggiamenti di dedizione reciproca. L’eccesso di disponibilità può però essere indice di incongruenza tra le proprie aspettative e quelle del gruppo, quando vengono idealizzati i rapporti interpersonali e si proiettano sugli altri delle aspettative irreali dissociate dalle proprie attuali potenzialità o dai propri bisogni. La persona in questo caso tende a rifugiarsi in un ideale di comunità lontano dalla realtà per evitare di confrontarsi con i propri conflitti intrapsichici o con quelli esistenti nel contesto comunitario. Avremo così dei comportamenti di continua dedizione che non aiutanola comunità a crescere ma al contrario rendono passive le relazioni, deresponsabilizzando gli individui nel loro coinvolgimento interpersonale. (Crea, 2001, 54) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti Le relazioni allora, anziché essere fondate sul valore del bene comune, saranno vissute in una sorta di dimensione virtuale del “come se” in cui la persona e la comunità confondono il reale contatto reciproco (a volte anche frustrante) con la continua richiesta implicita di coinvolgimento idealizzato, ma senza una vera reciprocità emozionale e motivazionale nel clima comunitario. (Crea, 2001, 55) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti 3. La dipendenza reciproca e il senso della propria identità. Quando in comunità i conflitti non sono riconosciuti ma negati, le persone ricercano nei rapporti idealizzati la sicurezza necessaria per la propria sopravvivenza psicologica. Per questo attivano degli atteggiamenti di passività e di dipendenza dagli altri per ottenere la loro stima e la loro ammirazione, necessaria a sostenere l’immagine idealizzata di sé. Esse accettano quindi di assumere dei comportamenti che gli altri si aspettano da loro, anche se non corrispondono alle proprie aspirazioni o alle proprie aspettative (Crea, 2001, 55) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti L’individuo che dipende eccessivamente dall’immagine altrui si sente infatti fragile e vulnerabile perché percepisce i loro giudizi come una minaccia alla propria integrità e identità psicologica (Crea, 2001, 56) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti 4. La consapevolezza emozionale Il valore della vita comune ha un forte richiamo emotivo perché è realizzato nei quotidiani rapporti di dedizione e di fraternità. Tale relazionalità significativa comporta delle dinamiche emozionali in cui ciascuno si apre all’altro condividendo non soltanto la convinzione intellettuale dell’amore fraterno in comunità ma anche quella emotiva fatta di apertura e di rispetto reciproci, assumendo così il rischio di una sana dipendenza dal confratello. (Crea, 2001, 56) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti Quando però la persona non è sicura di sé o si attende molto dagli altri percepisce tale rischio come una minaccia, e si rifugia in un atteggiamento di ritiro emozionale. Infatti, se la relazione con l’altro è fonte di ansia e di paura la persona tenderà a reprimere le proprie emozioni alimentando dentro di sé dei sentimenti di sfiducia e di incomprensione nei confronti dell’ambiente relazionale ritenuto come stressante. Essa risolve tale paura impegnandosi in comportamenti compulsivi e disfunzionali, oppure con atteggiamenti di rigidità e di inflessibilità nei confronti delle regole della comunità, oppure ancora con delle relazioni superficiali per evitare di coinvolgersi ancora emotivamente con gli altri, nel tentativo di crearsi un senso di sicurezza alternativo. La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti I religiosi si accorgono allora di vivere assieme non perché c’è una sana reciproca amicizia che salda le relazioni, ma per dovere e per formalismo rispetto alle regole o per interesse rispetto al soddisfacimento dei loro bisogni. (Crea, 2001, 57) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti 5. La competitività nei rapporti interpersonali Il fatto di non riconoscere i propri sentimenti di inadeguatezza porta a un logorante senso di spersonalizzazione oppure a una perdita di valore personale. Per reagire all’ansia che ciò genera, la persona può assumere dei rapporti di tipo competitivo e ambivalente che sfociano in atteggiamenti di aggressività e di ostilità più o meno velata verso gli altri. (Crea, 2001, 57) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti Ciò sembra confermato da una ricerca in cui è stato sottolineato il rapporto tra gli atteggiamenti reattivi e difensivi degli individui e il loro esaurimento emozionale e motivazionale. Usando un questionario per la relazione della sindrome di burnout (il Maslach Burnout Inventory) con 193 operatori pastorali York ha trovato infatti una relazione positiva tra il loro livello di burnout e gli atteggiamenti di aggressività passiva che essi assumevano in contesti relazionali significativi, confermando l’importanza delle variabili interpersonali sui livelli di stress, sull’esaurimento emozionale e sulla depersonalizzazione. (Crea, 2001, 58) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti 6. La solitudine patologica Com’è possibile che nella comunità religiosa, fondata sul modello evangelico di comunione, ci si possa sentire soli? Eppure la solitudine nelle comunità religiose esiste ed è una solitudine legata alla mancanza di vere relazioni, quando i membri vivono gli uni accanto agli altri, ma senza legarsi profondamente, quando cioè la vita comune, che normalmente dovrebbe servire da supporto per l’identità, diventa un peso e un ostacolo. (Crea, 2001, 58) La vita comunitaria: aspetti psicologico Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti Pur vivendo in un contesto relazionale, a volte i religiosi fanno difficoltà a convivere con un sano senso di solitudine, soprattutto quando devono equilibrare le relazioni di dedizione agli altri (dentro e fuori dalla comunità) con un sano rapporto con se stessi. In un sondaggio effettuato con 1155 religiosi di una congregazione missionaria è stato rilevato che uno dei principali motivi di disagio comunitario (rilevato da oltre il 50% dei rispondenti) è appunto il senso di isolamento e di solitudine, dovuto soprattutto al forte individualismo e al clima si scarsa comunicazione presente nella comunità. (Crea, 2001, 59) Atteggiamenti negativi di stagnazione • • • • Sei consapevole dell’impatto che le parole hanno su di te e sugli altri? Sei consapevole dell’impatto che ha su di te il tuo dialogo interno? Quanto potere hanno le parole degli altri sulla tua vita? Fare attenzione ai pensieri e alle parole previene situazioni relazionali disfunzionali. • Imparare a cambiare il nostro punto di vista su ciò che ci accade. Lo stesso evento: per una persona è un’opportunità; per un’altra è un problema. • LA MENTE COSTRUISCE LA REALTA’ CHE PENSA • “La mente è duttile. Non c’è nulla che possa obbligarla ad una sofferenza irrimediabile. Un cambiamento anche minimo, nel modo di gestire il nostro pensiero, di percepire e interpretare il mondo, può trasformare la nostra esistenza” (M.Ricard) • “Il più grande ostacolo è sempre la rappresentazione, non la realtà stessa”. (Etty Hillesum) Atteggiamenti negativi di stagnazione Alcune tipologie caratteriali disfunzionali: • I permalosi • I tristi/ depressi • I freddi/anaffettivi • Gli insicuri • Gli arrabbiati • I dominanti • I sottomessi • I gelosi • Gli invidiosi Atteggiamenti negativi di stagnazione Alcuni atteggiamenti disfunzionali: Lo sfiduciato: “tanto non serve a niente”. Il disfattista: “va tutto a rotoli, non c’è speranza”. Il cinico: ”si salvi chi può!” L’insabbiatore: ” non vedo nulla, ho la testa sotto la sabbia”. Il procrastinatore: “tiriamo a campare”. Atteggiamenti negativi di stagnazione Alcuni atteggiamenti disfunzionali: Il tiranno: ”se non si fa come dico io…muoia Sansone con tutti i filistei!”. L’ipercritico: “Dio è morto. Marx è morto, …”. La malalingua: “te lo dico in camera caritatis…”. Il rigido: ”abbiamo fatto sempre così: il nostro carisma non si cambia!”. Il finto umile: “non sono all’altezza di diventare vescovo ma se è nella volontà di Dio…”. Atteggiamenti positivi che creano comunione in comunità ∞ L’umiltà come verità ∞ Un cuore in ascolto ∞ La fiducia in Dio e nell’altro ∞ Apertura e flessibilità di mente e di cuore ∞ L’arte di costruire ponti sulle isole ∞ Il perdono Atteggiamenti positivi che creano comunione in comunità ∞ Rinnovarsi per rimettersi in gioco: la potatura ∞ L’attenzione al proprio dono e a quello degli altri: coltivare ∞ La responsabilità: prendersi cura ∞ Camminare: seguire umilmente la vita “Siate voi stessi il cambiamento che volete realizzare nel mondo” Mahatma Gandhi