Prof. Simone Olianti
“Un giovane monaco domandava a
un anziano:
‘perché mi invade la paura quando
vado nel deserto?’
E l’anziano:
‘perché tu non scorgi Dio con te”.
Da un apoftegma dei Padri del Deserto
“Se alcuni sono dominati dalle
cattive abitudini precedenti,
eppure possono insegnare
puramente a parole, lasciate che
insegnino… Perché forse,
svergognati dai propri detti
cominceranno infine a mettere in
pratica ciò che insegnano”
Giovanni Climaco,
La Scala del Paradiso,
gradino n.26
“La nave è ormai in mano al
cuoco di bordo e ciò che
trasmette al megafono del
comandante non è più la rotta
ma ciò che mangeremo domani”
S. Kierkegaard, dal Diario
“All’inizio mi pareva una cosa stranissima
che le letture che più mi avevano
aiutato a fidarmi di ciò che avveniva in
psicoterapia fossero favole che
parlavano di maghi e sciamani, rabbi
chassidici, monaci del deserto e maestri
zen.
L’educazione più appropriata non me
l’avevano data i prodotti della scienza e
della ragione, ma quelli della poesia e
del mito”.
Sheldon Kopp
( in: Guru, metafore di uno psicoterapeuta,
1971).
“Ogni spina ha la sua rosa”
Una bambina di 6anni
“Sopravvissi non so come alla notte.
Entrai nel giorno”
Emily Dickinson
“Chi sa vedersi così com’è
è più grande di chi resuscita i morti”
Isacco il Siro
• “Abbiamo bisogno di un nuovo modo di
pensare per risolvere i problemi
causati dal vecchio modo di pensare”
(A. Einstein).
• Troppo spesso, di fronte a un problema,
si ha la tendenza a cercare la
spiegazione piuttosto che la “soluzione”
• La differenza tra il perché e il come.
• “Come quando ci si perde in un labirinto.
Non ha senso chiedersi quando, da dove,
perché si è entrati. La cosa migliore è
cercare rapidamente una via
d’uscita”(R.Bandler)
• Non si devono aspettare occasioni ma crearle,
poiché il miglior modo per prevedere il futuro
è inventarlo.
“Viviamo in un’epoca di passioni tristi,un
tempo cioè nel quale le difficoltà della
vita più che una fatica sono diventate
una malattia,perché ogni risposta appare
insufficiente e incapace sicché la crisi
non è più solo un tempo difficile,ma
tutta la vita appare come una crisi, una
condizione permanente di difficoltà senza
soluzione e senza senso.Essi di fronte al
dilagare delle passioni tristi intendono
proporre una prassi governata dalle
passioni gioiose” (Benasayag- Schmit,2004,15)
L’uomo moderno, ipertecnologico e
superassicurato, è sempre più succube di
un nemico subdolo e invasivo: la sua
paura.
Paura di soffrire.Paura di morire.
PAURA DI VIVERE.
L’ansia e la depressione mietono sempre
più vittime, anche fra i bambini e i
giovani.
Crisi di speranza…crisi di fiducia e di
senso
L’uomo è roso da tre grandi angosce:
1. La paura della distruzione davanti alla
morte.
2. La disperazione davanti all’assurdo, il
non senso della vita.
3. La tristezza dell’isolamento.
Karlfried Graf Durckheim
Affidarsi a Dio
2 piste:
Aprirsi all’altro
“ Alcune delle cose
peggiori della mia
vita…non sono mai
capitate”.
Mark Twain
“Agape è figlia di Apatheia”
Evagrio Pontico
“ L’angoscia è una forza che spinge
i mistici ad una più profonda
intimità con Dio. Invece di
lasciarsi bloccare dalla tristezza
o invadere dalla collera, essi
usano questa energia per
approfondire la ricerca di Dio”
Jean Vanier (Abbracciamo la nostra umanità, p.10)
DISPERAZIONE
CHIUSURA,
TRISTEZZA,
COLLERA
LA CRISI
ANGOSCIA
ESISTENZIALE
ANGOSCIA
PATOLOGICA
DEPRESSIONE
INTIMITA’ CON
DIO
APERTURA ALLA
RICERCA DI DIO
SPERANZA
“ L’inferno è il dolore di non
essere più capaci di amare”
Dostoevskij
“Ho trovato il significato della
mia vita nell’aiutare gli altri a
trovare nella loro vita un
significato”.
V. Frankl
“Nessuno sviluppa la propria
personalità perché qualcuno gli ha
detto che sarebbe utile o consigliabile
farlo.
La natura non si è mai lasciata vincere da
consigli bene intenzionati. Solo una forza che
agisce causalmente mette in moto la natura,
anche quella umana. Senza che vi sia una
necessità, nulla si modifica, meno che mai la
personalità umana. Solo il bisogno più acuto è
capace di smuoverla”.
C.G. JUNG
“Un solo capello turba l’occhio e una
piccola preoccupazione fa scomparire
l’hesychia.
Hesychia è infatti deposizione dei
pensieri e rifiuto anche delle
preoccupazioni ragionevoli. Chi ha
veramente raggiunto l’hesychia non si
preoccupa neppure della propria carne:
perché non mente colui che ha
promesso”. (Giovanni Climaco, La Scala del Paradiso,XXVII grad.,52s)
LE CRISI DELLA VITA: DAL SENSO
DI FALLIMENTO ALL’ESPERIENZA
DELLA GRAZIA
• Nei momenti difficili siamo messi alla
prova. Viene alla luce quello che
abbiamo nel cuore (Deut.8,1-16). Siamo
tentati d’incredulità e d’idolatria.
• Recitando il sal.146 ho letto: “Il
Signore rialza chi è caduto”. Accanto
al verso del salmo, una chiosa a
lapis:” Poteva non farlo cadere!”
• Perché Dio permette che io cada? Quale
senso si nasconde dentro la crisi?
• La crisi ci spinge oltre. Ad andare oltre.
Ci rimette in cammino.
• Occorre che qualcuno ci aiuti a
disvelare la presenza di Dio nei fatti
della nostra vita. Dov’è Dio in quel
fatto? Cosa c’entra con la crisi del
mio lavoro o del mio matrimonio?
• Dov’è Dio quando piango o bestemmio
la vita?
• La fede non dà la sicurezza
dell’evidenza, ma la certezza della
speranza.
• La speranza che Dio agisce nell’oscurità.
Quando non vedi e non speri più. Perché
devi andare oltre, non fermarti alle
sicurezze che ti farebbero sedere,
accomodare, non camminare più.
• La crisi ti spinge a camminare. Ma
occorre un pane che ti dia forza e
sostegno: la sua grazia.
• Se hai il coraggio di vedere al buio, di
camminare anche se è notte, puoi
percepire, prima flebilmente, poi con
fiducia sempre più grande che Dio è
presente, che è sempre stato presente,
più intimo a te di quanto tu lo sia a te
stesso.
INCONTRARE DIO NEL DESERTO DELLA VITA
LA CRISI: TEMPO DI IDOLATRIA
O DI NUOVE OPPORTUNITA’
“Nel deserto si acquista quello sguardo
che ferisce d’amore lo Sposo divino e
la cui purezza permette di vedere Dio”
San Bruno, al suo amico Rauld il Verde
• Perché INCONTRARE Dio nel deserto?
Il deserto è scomodo,nel deserto non c’è
niente: il deserto scarnifica, è vuoto,
non puoi attaccarti a nulla.
• Atterraggio! Consapevolezza. Via la
maschera! Nel deserto non valgono le
“medaglie”, i conti in banca, i titoli
(dott., prof.,ing., mons.)
• Nel deserto sperimentiamo la nostra
finitudine e vulnerabilità: si ha sete, si
ha caldo, si ha freddo, si ha paura…
“PERCIO’ LA ATTIRERO’ A
ME, LA CONDURR0’ NEL
DESERTO, E PARLERO’ AL
SUO CUORE”
Osea 2,16
L’Esodo come paradigma del
cambiamento
• Il Dio biblico, come emerge da una lettura
attenta della Torah, non è un genitore
iperprotettivo e nevrotico: vuole che
cresciamo, che camminiamo, che impariamo
ad amare e a vivere nella giustizia.
• Tutti i momenti di vera liberazione non
portano alla terra promessa ma nel
deserto. Nel deserto non si vive, ci si
transita…per 40 anni o 40 giorni.
• 40 indica un tempo necessario per ricevere un
insegnamento. Si impara solo camminando,
mettendosi in cammino oltre le nostre
sicurezze, al di là di ciò che ci è familiare.
• Se si vuole crescere e imparare non è
possibile rimanere dove siamo.
• Il disagio, la fatica, la scomodità sono i segni
che stiamo affrontando il nuovo e il
cambiamento.
“ La maggior parte delle persone crede che l’istinto più forte
sia quello di sopravvivenza, ma non è così. L’istinto più forte è
quello di aggrapparsi a ciò che è familiare” V. SATIR
• Quando si ha voglia di crescere si deve andare
nella direzione del fastidio e del distacco.
Laddove ci accarezzano e basta, non ci fanno
crescere.
• L’ESODO è il momento in cui il popolo
d’Israele viene fatto uscire dall’Egitto. Il
popolo nel deserto è guidato da Dio: di giorno
da una nube; di notte da una colonna di fuoco.
• Nel deserto il popolo deve camminare verso
una meta incomprensibile, non familiare, non
spontaneo.
• Oltre il mito della spontaneità, il deserto conduce
alla autenticità di sé e della propria vita.
• Non si puo fare solo ciò che si vuole, perché nel
deserto non si puo scegliere ciò che ci piace o non
ci piace.
• Nel deserto non si sta, si cammina. Ma il popolo si
lamenta, mormora contro Dio e contro Mosè:
manca l’acqua, il cibo (Es.15-16); si incontrano
nemici interni ed esterni (Es.17-18)
• Il popolo si lamenta mentre cammina verso la
terra promessa…le crisi accadono e ci servono per
dire: fermati e accorgiti, dove stai andando? Cosa
hai dimenticato? Cosa desidera davvero il tuo
cuore?
“ Camminando si apre cammino”
Proverbio brasiliano
• La strada si apre solo camminando. Se stai seduto vedi le
cose da un’unica prospettiva. Tutto ciò che oggi ci
meraviglia, ieri era considerato impossibile.
• Prova a camminare su strade nuove e credute impossibili.
Solo così la strada si apre.
• Tutte le cose importanti della Bibbia accadono nel
deserto, dove non si può vivere, ma lì si nasce.
• Il deserto è luogo di tentazioni, di demoni, di
purificazione. Si impara a purificare gli occhi per
accorgersi che Dio c’è nella nostra vita e fa nuove tutte le
cose. Si purifica il cuore dagli idoli per fare spazio
all’amore:” Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.
“Se l’inverno dicesse:
ho la primavera nel cuore,
Chi gli crederebbe?”
Gibran
“Vuoi guarire la ferita del tuo cuore?
Prenditi cura degli altri, la tua ferita si rimarginerà presto
• Camminare rafforza la speranza
• La speranza è la capacità che l’uomo, e solo
l’uomo,ha di lasciarsi condizionare dal proprio
futuro. La speranza è la manna che ci fa
andare avanti di giorno in giorno, perché
soltanto l’oggi ci è dato da vivere.
• Abramo e Ulisse: gli scontenti viaggiano verso
il passato, gli uomini di speranza viaggiano
verso il futuro.
• Come coltivare la speranza? Prenditi cura
dell’oggi; dell’altro, della natura, degli animali e
dei fiori…
“Quando vivo un fallimento il mio io che si
dava tante arie per come tutto gli
riusciva bene viene annientato. I mistici
parlano di morte dell’io. Chi fallisce
sperimenta abbastanza spesso la morte
dell’io senza aver bisogno di esercitarsi
nell’abbandono dell’io con la meditazione
e con l’ascesi. Egli viene privato dell’io e
della sua sicurezza. Non gli resta più
nulla. E in questo nulla egli intuisce Dio
in maniera nuova.
Il nulla lo conduce a Dio. Quando non resta
più nulla su cui poter costruire scopre Dio
come il vero fondamento della sua vita.
Egli non riesce più a edificare qualcosa
sulla sua professione, sulla fiducia che la
relazione funziona…
Proprio in essa, però, Dio si manifesta
come il vero fuoco che fa bruciare il
roveto! (…). Proprio il fallimento, in quanto
rottura di tutte le nostre illusioni e
sicurezze, può introdurci nel mistero
dell’amore divino.
Vuoto, nulla fallimento: sono questi per i
mistici i presupposti per una vera
esperienza di Dio.
Naturalmente il fallimento non conduce
a Dio in maniera automatica.
Può essere una chance solamente per chi
si lascia denudare da ogni cosa e si
arrende a Dio nella sua impotenza e
nella sua nudità.
Proprio nel suo fallimento Dio può allora
sorgere come Colui che nel suo figlio
Gesù Cristo è disceso nella nostra nullità,
come colui che sulla croce si è
annientato per noi.
Una volta che l’uomo vecchio è stato
annientato nel fallimento siamo aperti a
Cristo che vuole abitare in noi e
condurci al nostro vero io”.
(GRUN A.- ROBBEN M. , Come vincere nelle sconfitte,2003,pp151-153)
“ chi ha un perché vivere, può
accettare quasi ogni come” V.Frankl
Nel deserto sperimentiamo la nostra finitudine e
vulnerabilità.
Per vivere la CRISI come opportunità è
fondamentale:
•
•
•
•
•
Non fuggire la crisi, ma viverla, attraversandola.
Accettare i propri limiti, senza farsi limitare.
Essere buoni con se stessi, senza essere indulgenti.
Diventare consapevoli per poter scegliere.
Aprirsi alla speranza, come convinzione di potercela fare.
“Ogni vita merita un
romanzo: anche nelle più
piccole cose si nasconde
qualcosa di cui
meravigliarsi”
E. Polster
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
1. RICONOSCERE LA PROPRIA
INSODDISFAZIONE E INQUIETUDINE
“Fecisti nos ad Te, Domine, et inquietum est
cor nostrum, donec requiescat in Te”
(S Agostino)
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
2. ASCOLTARE LE PROPRIE DOMANDE
“ La maggior parte dei problemi non deriva
dalle risposte che ci diamo,ma dalle domande
che ci poniamo” I. Kant
“ Una risposta è il tratto di strada che ti sei
lasciato alle spalle. Solo una domanda può
puntare oltre”. Jostein Gaardner
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
3. ORIENTARSI: TROVARE UN SENSO ALLA
VITA…QUI ED ORA
“ Ho trovato il significato della mia vita
nell’aiutare gli altri a trovare un
significato alla loro” V. Frankl
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
4. DISTINGUERE IL BISOGNO DAL
DESIDERIO
“Se desideri ottenere ciò che desideri, hai
bisogno di liberarti dal bisogno” R. Bandler
“ Il difficile della vita non è ottenere ciò che si
desidera,ma continuare a desiderare ciò che si
è ottenuto” K. Hepburn
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
5. SCENDERE IN PROFONDITA’…PER
STUPIRSI DELLA VITA
“ Di meraviglia in meraviglia, l’esistenza si
schiude” Lao tze
Scendere con la mente nel cuore. Non restare
ad un livello superficiale.
Dall’esterno dell’ego narcisista all’interno del sé
autentico.
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
6. ABBRACCIARE LA NOSTRA UMANITA’
L’arte d’essere pienamente umani
“Noi pensiamo molto meno di quanto sappiamo. Sappiamo
molto meno di quanto amiamo. Amiamo molto meno di
quanto si possa amare. E così siamo molto meno di ciò
che siamo”. R.D. Laing
“ Per me la vita è il dono che Dio vi ha fatto. Il modo in
cui la vivete è il dono che voi fate a Dio. Fate in modo
che sia un dono fantastico” Leo Buscaglia
“ Il modo migliore di amare la vita è amare molte cose”
Van Gogh
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
7. ACCETTARE IL RISCHIO DI AMARE
“ La porta della felicità si apre solo verso
l’esterno. Chi tenta di forzarla verso l’interno,
la chiude ancora di più” S. Kierkegaard
Scegliere l’amore. L’amore che dura richiede più
volontà che sentimento. Rimuovere gli ostacoli
che impediscono di amare.
S. Bernardo: De diligendo Deo. Amare se stessi
attraverso Dio; è l’amore di Dio il fondamento
dell’amore per me stesso.
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
8. SCEGLIERE DI COSTRUIRE LEGAMI E PONTI
“ Amare è prendersi cura del destino dell’altro”
E. Levinas
“Se mi addomestichi, poi dovrai prenderti cura di
me” dice la volpe al Piccolo Principe
“ C’è una terra dei vivi e una terra dei morti, e il ponte è
l’amore. L’unica sopravvivenza e l’unico significato”
Thornton Wilder
Abitare la solitudine per aprire il cuore e dilatare la
mente
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
9. INTEGRARE LA PARTE NON AMATA DI SE’
Accettare l’ombra.
Riconoscere e confessare le proprie
paure. Esse hanno origine nell’inconscio:
paura di essere inutili, rifiutati,
abbandonati. Paura d’invecchiare,di
soffrire, di morire. Paura del nulla,
dell’inferno. Paura perfino di dio.
10 PASSAGGI
verso la luce e l’autenticità
10. ACCOGLIERE IL DESIDERIO DI DIO
“ Signore davanti a Te ogni mio desiderio”
(sal.37,10)
“ Come la cerva anela ai corsi delle acque, così
l’anima mia anela a te, o Dio” (sal.42)
Dall’eros alla mistica
“La fonte ha sete d’essere bevuta”
S.Gregorio di Nissa
AMORE E TRASCENDENZA
Ascoltiamo il teologo greco-ortodosso Christos Yannaras
“ Se ti sei innamorato una volta, sai ormai distinguere la
vita da ciò che è supporto biologico e
sentimentalismo, sai ormai distinguere la vita dalla
sopravvivenza. Sai che la sopravvivenza significa vita
senza senso e sensibilità, una morte strisciante:
mangi il pane e non ti tieni in piedi, bevi acqua e non
ti disseti, tocchi le cose e non le senti al tatto, annusi
il fiore ed il suo profumo non arriva alla tua anima.
Se però l’amato è accanto è accanto a te, tutto
improvvisamente risorge, e la vita ti inonda con tale
forza che ritieni il vaso di argilla della tua esistenza
incapace a sostenerla.
Tale piena della vita è l’eros. Non parlo di
sentimentalismi e slanci mistici, ma della vita, che
solo allora diventa reale e tangibile, come se fossero
cadute squame dai tuoi occhi e tutto, attorno a te, si
manifestasse per la prima volta, ogni suono venisse
udito per la prima volta, e il tatto fremesse di gioia
alla prima percezione delle cose.
Tale eros non è privilegio dei virtuosi, né dei saggi; è
offerto a tutti con pari possibilità.
Ed è la sola pregustazione del Regno, il solo reale
superamento della morte. Perché solo se esci dal tuo
io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa
domandi a Dio e perché corri dietro a lui”
( C. Yannaras, Variazioni sul Cantico dei Cantici, p.25)
LECTIO DIVINA
Una lettura della crisi a partire da: Mc. 10,46-52
- La crisi è inevitabile. Tutti gli uomini
sperimentano prima o poi dei fallimenti, delle
perdite.
- La crisi ci mette di fronte a noi stessi, ai
nostri limiti, alle nostre paure, alla nostra
incapacità di amare.
- La crisi rivela le ferite del nostro cuore e le
nostre idolatrie.
- La crisi conduce al disincanto.
Il
disincanto è l’anticamera del cinismo,
oppure dell’umiltà, che è la verità di se
stessi.
Nella crisi sperimenti il grido di Bartimeo
(Mc.10,46-52).
Non hai appoggi umani. Tenti di appoggiarti,
ma non hai appoggi. Tutti ti dicono di
tacere: il tuo grido profondo viene
dall’angoscia e provoca angoscia. Vivi così la
solitudine, l’incomprensione.
Il tuo cuore è tentato di bestemmiare Dio: il
silenzioso, l’impotente.
Dov’è Dio? Fai l’esperienza che il contrario
della vita non è la morte, ma quella
mancanza di speranza e di amore, che
quando giunge a livelli intollerabili, rende la
morte e ciò che alla morte conduce,
preferibile alla vita.
Sei come Bartimeo: cieco ( non vedi via via
d’uscita, non ti accorgi delle cose buone e
belle che sono nella tua vita, non vedi le
persone che Dio ti ha posto accanto) e
mendicante (chiedi amore graffiando e
aggredendo, senza dignità: disposto a
qualunque cosa pur di sentirti vivo!)
Lungo la strada (Mc.10,46): senza dimora, senza
casa. Ti senti “buttato fuori” dalla vita,
non ti senti mai a casa ma come in un esilio
forzato e perenne.
- Senti perché qualcuno te l’ha detto, che
Gesù sta passando e cominci a gridare:
Gesù, abbi pietà di me! (Mc.10,47)
- Non hai più nulla da difendere, né niente da
perdere. Sei ormai cieco e mendicante: non
hai il rispetto di te stesso né il rispetto
degli altri. Vogliono farti tacere ma puoi
solo gridare, gridare dal profondo del tuo
cuore ferito: “Dio, se ci sei,ascoltami!
Abbi pieta di me!”
Il grido del cuore, come un vagito infantile,
tocca il cuore di Dio; Gesù si ferma e ti
chiama. Ma questa chiamata non è sempre
diretta. Egli si serve di una persona, di più
persone per chiamarti. Qualcuno che lo
segue ti dice: “ coraggio, alzati, ti chiama!”
-Il tuo grido è sato sentito, ma sei ancora in
terra, seduto lungo la strada. Devi
scuoterti, sfidare la tua sfiducia,scrollare
le sicurezze che pensavi ti sorreggessero.
Soltanto allora puoi balzare in piedi, rimetterti
in piedi, davanti a Gesù.
E’ il balzo della fede, della fiducia infantile, di
chi ha sperimentato la cecità, il vuoto, la
solitudine.
Devi chiedere. Tu che non hai mai voluto
chiedere niente perché ce la facevi da solo.
Perché non avevi bisogno di nessuno. Bastavi a
te stesso.
Adesso hai bisogno degli altri. Hai bisogno di un
Altro.
Hai bisogno di occhi nuovi che ti facciano
rivedere ciò che vedi più: tua moglie, i tuoi
figli, i tuoi amici.
Perché questa è la cecità: non vedere più ciò
che sei, ciò che hai; sono lì, in casa tua ma
non li vedi.
La tua fiducia ti ha salvato. Sperimenti la
grazia di un incontro che cambia, non la tua
vita, ma il tuo modo di vederla e di viverla.
Ciò che prima era oscuro, adesso è illuminato:
tendono alla chiarità le cose oscure e agli
Occhi piace vedere la luce.
Chi ti ha ridato occhi per vedere e il gusto
di vedere è la luce del mondo,che
illumina ogni uomo.
Sei ancora sulla strada, dietro di Lui e non
hai più paura…
Perché Lui è diventato la tua strada ed il
tuo senso.
“Ogni momento di nudità
e debolezza è un
momento sacro, è
l’inizio inconsapevole di
ogni germoglio nuovo”
AVVIARE IL CAMBIAMENTO-CERCARE AIUTO
cambiamento
Eccessiva critica
per se stessi
Comprensione
per se stessi
Indulgenza
verso di sé
Non sentirsi
Individuare le origini Assumersi la responsabilità vittime del
del cambiamento
delle trappole
proprio passato
La sofferenza provata nel
passato, nell’infanzia spiega
perché il cambiamento sia
così difficile e richieda tanto
tempo ; non giustifica però il
fatto che si mantengano in
vita pattern distruttivi senza
sforzarsi di modificarli
Non rimandare il
cambiamento: il
momento migliore
è adesso
Non esistono
danni così
grandi che non
possono essere
affrontati
-ESSERE ONESTI CON
SE STESSI
-AFFRONTARE LA REALTÀ
-PAZIENZA E PERSEVERANZA
Non ingannare se stessi.
L’autoinganno porta a
reiterare comportamenti
autolesionistici e
impedisce di stabilire
relazioni autentiche
È difficile cambiare CERCARE AIUTO
da soli.
AIUTO PROFESSIONALE?
LA SCELTA DEL TERAPEUTA
E DELLA TERAPIA
Spesso i familiari
rinforzano la
trappola invece
di dare aiuto per
cambiare
“Siate voi stessi il
cambiamento che volete
realizzare nel mondo”
Mahatma Gandhi
LA VITA COMUNITARIA
oltre i conflitti interpersonali per una
autentica pienezza di vita
“ La comunità è un luogo terribile. E’ il luogo della rivelazione
dei nostri limiti e dei nostri egoismi. Quando comincio a
vivere per tutto il tempo con altre persone, scopro le mie
povertà, le mie debolezze, la mia incapacità di intendermi
con alcuni, i miei blocchi…
Se siamo accolti con i nostri limiti e con le nostre capacità, la
comunità diventa a poco a poco il luogo della liberazione;
scoprendo di essere accettati e amati dagli altri, ci si
accetta e ci si ama meglio. La comunità allora è il luogo in
cui si può essere se stessi…diventa luogo di vita e di
crescita”
(J. Vanier, La Comunità,1980, pp15-16)
“Noi aspettiamo una
teofania, della quale
conosciamo soltanto il
luogo, e questo luogo si
chiama comunità”
Martin Buber
“ Stupisce di vedere come l’abate e il
cellerario si preoccupano costantemente
dei fratelli, di ognuno in particolare, in
tutta la sua unicità, piuttosto che della
comunità in blocco, un ideale che tanto
sembra assillare lideologia
contamporanea. La vita comune non
diventa mai un’idea astratta o un
idealismo. San Benedetto avrebbe
apprezzato senza dubbio l’aforisma di ”
“ Dietrich Bonhoeffer:
‘ Chi ama la comunità, distrugge la
comunità; chi ama i fratelli
costruisce la comunità”
( Esther de Waal, Seeking God, p.139)
” Tu non amavi me
ma…il matrimonio”
( Un marito alla moglie poco dopo la separazione )
Dal “Libro della Regola eremitica”di
Camaldoli
Si raccomanda come virtù eremitica indispensabile
quella:
”accogliente compassione del cuore
che si china con misericordiosa
umanità sulla debolezza dell’altro”
Benigna cordis affectio, alienae infirmitati misericordi
humanitate condescendens
( Liber heremiticae regulae 45)
Dall’isolamento alla solitudine
• L’isolamento è una delle fonti più universali di
sofferenza umana. Causa di ansia,
depressione, alcolismo…
• Isolamento è non sentirsi cercati, desiderati,
amati da qualcuno.
• In famiglia si può essere isolati. In convento si
può essere isolati.
H. Nouwen, Viaggio spirituale per
l’uomo contemporaneo, 1980, 23-24
Per passare dall’isolamento alla solitudine è
opportuno diventare consapevoli:
“che nessun amico, nessun amante, nessun marito,
nessuna moglie, nessuna comunità potranno mai
acquietare la nostra brama più profonda di unità
e di completezza.
E’ opprimendo gli altri con queste aspettative
divine, di cui spesso siamo consapevoli solo in
parte, che rischiamo di inibire l’espressione di
libera amicizia e di amore, evocando invece dei
sentimenti di inadeguatezza e di debolezza.
H. Nouwen, Viaggio spirituale per
l’uomo contemporaneo, 1980, 23-24
“Amicizia, amore, vita fraterna non possono
svilupparsi in forme di ansioso attaccamento
reciproco.
Fino a quando il senso di isolamento ci unirà
nella speranza che insieme non saremo più
soli noi ci puniremo a vicenda per mezzo dei
nostri desideri inappagati e non realistici di
unità”
Molte persone che soffrono di isolamento,
spesso acutizzato da mancanza di affetto
nell’immediata cerchia familiare, scorgono
una soluzione definitiva per il loro dolore in un
nuovo amico, un nuovo amante, o una nuova
comunità, con un senso di aspettativa
messianica.
C’è un cammino difficile da fare: la conversione
dall’isolamento alla solitudine.
Invece di fuggire il senso di isolamento cercando
di rimuoverlo, occorre convertirlo in solitudine
feconda.
Per una vita spirituale e veramente fraterna
occorre trovare il coraggio di entrare nel
deserto del nostro isolamento trasformandolo
in giardino di solitudine.
Occorre la fede e un percorso di consapevolezza,
di guarigione del cuore.
E’ un cammino possibile, anzi indispensabile per
giungere alla capacità feconda di comunione
con gli altri.
Impara dalla natura: guardi un’acacia, un tiglio
una quercia in inverno e non crederesti mai ,
a vederli adesso che a giugno daranno fiori e odori
meravigliosi.
La SOLITUDINE è riferita al cuore: si tratta di una
qualità o di un atteggiamento interiore che non
dipende dall’isolamento fisico. Talvolta questo
isolamento è necessario perché la solitudine del
cuore si sviluppi (hesychia)
In solitudine si può sviluppare l’attenzione verso l’io
e verso l’altro.
In solitudine possiamo essere presenti a noi stessi.
La possiamo vivere come un bambino e come un
santo nell’immediatezza del qui ed ora.
Thomas Merton, Il segno di Giona
“ In questa solitudine profonda scopro
la dolcezza che ci permette di amare
realmente i fratelli. Più vivo da
solitario,più prova affetto per loro. E’
un affetto puro e pieno di reverenza
per la solitudine altrui”
Henry Nouwen, Viaggio spirituale per l’uomo
contemporaneo, p.38
“Senza la solitudine del cuore l’intimità
dell’amicizia, del matrimonio e della vita
comunitaria non può essere creativa. Senza la
solitudine del cuore, nei nostri rapporti con gli
altri noi saremo poveri ed avidi, viscidi e
soffocanti, dipendenti e sentimentali, sfruttatori e
parassiti, perché senza la solitudine del cuore non
potremo percepire gli altri come diversi da noi
stessi, ma solo come persone da usare per il
soddisfacimento dei nostri bisogni personali,
spesso celati”
Dall’ostilità all’ospitalità
• Creare spazio all’altro che ti è estraneo e che
non hai scelto
• Dalla sim-patia alla em-patia
• Presupposto di ogni vita
comunitaria/fraterna/cristiana e convertire il
nemico (hostis) in ospite (hospes).
Dall’ostilità all’ospitalità
• Se c’è un concetto meritevole di essere
riportato alla profondità originale e al suo
potenziale evocativo, questo è il concetto di
ospitalità.
1. I tre stranieri ricevuti a Mamre da Abramo
(Gn.18,1-15).
2. La vedova di Sarepta offrì cibo e riparo ad Elia
(1 Re17,9-24).
3. I due viandanti di Emmaus (Lc.24,13-35)
La vita fraterna: ospitare Gesù presente nell’altro
Hostis
Abbassare le difese
Hospes
Umiltà/ Verità
“Amare è prendersi cura
del destino dell’altro”
Levinas
“L’ inferno sono gli altri”
Sartre
“L’inferno è il dolore di non
essere più capaci di amare”
Dostoevskij
Disponibilità/
Attenzione
Gratitudine
/Gioia
Dall’ostilità all’ospitalità
• Se devi difendere le “tue cose”, il tuo “prestigio”,
il “tuo ruolo”, la tua “tranquillità” difficilmente
potrai passare all’altro, accoglierlo come hospes.
• Essere rigidi e sulla difensiva è l’ostacolo più
grande all’accoglienza.
• Ospitalità significa creazione di uno spazio libero
dove l’altro possa entrare per diventare amico
invece che nemico.
• Ospitalità non significa cambiare le persone ma
offrire loro uno spazio libero dove il
cambiamento possa avvenire.
Aneddoto Zen
• “Nan-In, un maestro Giapponese dell’era Meiji
(1868-1912) ricevette un professore universitario
che faceva ricerche sulla dottrina Zen. Nan-In
servì il tè. Riempì fino all’orlo la tazza dell’ospite e
seguitò a versare. Il professore osservava il
traboccare, finchè non riuscì a trattenersi: “E’
strapiena, non ne entra più” esclamò. “Come
questa tazza” disse Nan-In, tu sei pieno di
opinioni e di speculazioni. Come posso mostrarti
lo Zen se prima non vuoti la tua tazza”.
Dall’ostilità all’ospitalità
• Per ospitare l’altro nella sua radicale diversità
occorre svuotarsi, decentrarsi dal proprio io.
• Per accogliere l’altro nella vita comunitaria
occorre “vuotare la propria tazza”.
• Occorre cominciare ad individuare chi ci è
“straniero/estraneo” nella nostra stessa
comunità e cercare di renderci consapevoli dei
motivi di questa distanza, di questa estraneità.
Dall’ostilità all’ospitalità
• E’ solo ospitando chi ti è vicino che puoi
amare e ospitare chi ti è lontano.
• Nella regola francescana, Francesco esorta i
suoi frati ad essere come una madre gli uni
per gli altri, ad avere la premura e la tenerezza
di una madre.
Dall’ostilità all’ospitalità
• Ospitalità significa creare uno spazio all’altro
di creatività e di libertà, senza aggrapparsi
nevroticamente all’altro, per compensare le
nostre carenze affettive e relazionali (questo
accade spesso anche nei matrimoni).
• Sappiamo che abbiamo ospitato l’altro e non
“parassitato” se l’altro con noi si sente libero
di essere se stesso, non manipolato e se ha lo
spazio per crescere.
Dall’ostilità all’ospitalità
• Ospitare l’altro per servire l’altro.
• Per ospitare davvero l’altro occorre essere
poveri. E’ la povertà che produce il buon
ospite:
• Chi è colmo di idee, concetti, opinioni (anche
sulla vita fraterna!) non può essere un buon
ospite.
Dall’ostilità all’ospitalità
• La povertà è la disposizione interiore che ci
permette di abbassare le difese, convertendo i
nemici in amici.
• Si percepisce l’altro, il diverso da me come
nemico solo fino a quando si ha qualcosa da
difendere.
• Per essere fratelli, per condividere occorre
scendere, ridimensionando il nostro ego
smisurato.
Dall’ostilità all’ospitalità
•
•
•
•
San Paolo: “mi sono fatto tutto a tutti”.
Charles De Foucauld: tuareg coi tuareg.
Lorenzo Milani: montanaro con i montanari.
Annibale di Francia: povero con i poveri.
Dall’ostilità all’ospitalità
• Occorre accettare di perdere potere.
• Spesso la vita comune, nel matrimonio o nei
conventi, può trasformarsi in un campo di
battaglia, in una lotta sottile per il potere, per
il dominio sull’altro.
• Tutti noi per natura tendiamo a dominare sugli
altri oppure, a sottometterci agli altri.
• Difficile è camminare insieme condividendo
un progetto di vita.
Dall’ostilità all’ospitalità
• Si può cogliere l’altro, la fragilità dell’altro solo
se si è prima accettato la nostra debolezza, la
nostra vulnerabilità.
• Accettare il nostro limite, la nostra
vulnerabilità, la nostra mortalità per non
chiedere all’altro ciò che non ci può dare.
• C’è una pagina bellissima, illuminante in
proposito di Henry Nouwen:
Dall’ostilità all’ospitalità
• “Spesso il seme della violenza si rivela al centro dei più
intimi rapporti. I confini fra il baciare e il mordere,
l’accarezzare e lo spiare, il guardare con tenerezza e il
guardare con sospetto. Sono in realtà fragilissimi.
Appena l’illusione nascosta dell’immortalità comincia a
predominare, non ci vuole molto perché il desiderio di
essere amati si converta in violenza bramosa. Appena i
bisogni inappagati ci portano a pretendere dai nostri
fratelli ciò che non possono darci noi trasformiamo loro
in idoli, e noi stessi in demoni”
(Nouwen,109)
Dall’ostilità all’ospitalità
• “Spesso il seme della violenza si rivela al centro dei più
intimi rapporti. I confini fra il baciare e il mordere,
l’accarezzare e lo spiare, il guardare con tenerezza e il
guardare con sospetto. Sono in realtà fragilissimi.
Appena l’illusione nascosta dell’immortalità comincia a
predominare, non ci vuole molto perché il desiderio di
essere amati si converta in violenza bramosa. Appena i
bisogni inappagati ci portano a pretendere dai nostri
fratelli ciò che non possono darci noi trasformiamo loro
in idoli, e noi stessi in demoni”
(Nouwen, 1980,109)
“La comunità è un fenomeno
religioso,non c’è nulla che
possa legare insieme degli
esseri umani ostinati e feriti,
se non una potenza
trascendente”
Parker Palmer
(“A place called community”)
“Che i nostri affetti non uccidano
noi,
né muoiano essi”
John Donne
(“Poesie teologiche ed amorose”)
“Il trucco della vita non è
ottenere ciò che si vuole ma
volere ciò che già si è
ottenuto”
Kathrin Hepburn
“La felicità è continuare a
desiderare ciò che già si
possiede”
Sant Agostino
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• La dimensione del volere oltre la dimensione
del sentire.
• Quando il sentire non tiene più è
fondamentale la dimensione del volere.
• Dio mi ha chiamato a questa vita, in questa
comunità di fratelli. Ogni giorno sono
chiamato a riscegliere questa comunità di
fratelli.
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• Tutto ciò che è umano è psicologia: coinvolge
la psicologia delle persone, i dinamismi interni
l’inconscio, i meccanismi di difesa.
• Coinvolge soprattutto le emozioni: la paura, la
rabbia, la gioia, la tristezza, lo stupore, il
disgusto…
• La vita comunitaria ha una dimensione
psicologica e relazionale che non dobbiamo e
non possiamo sottovalutare.
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• I nostri dinamismi inconsci, appresi fin
dall’infanzia, hanno un forte peso e un grande
influsso sulle nostre motivazioni e decisioni.
• Non possiamo far finta che questo non esista, in
uno spiritualismo vago che non ha nulla di
cristiano. Basta leggere le parenesi nelle epistole
di San Paolo o degli altri apostoli. Come recita un
famoso adagio della teologia Scolastica: la grazia
suppone la natura e la perfeziona.
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• Il livello psicologico, imprescindibile ed ineludibile, è però
soltanto il primo livello.
• Esiste poi il livello della Grazia. E’ un livello che si interseca
profondamente con l’altro.
• Chi può dire dove finisce il livello psicologico e comincia
quello spirituale? I veri maestri della spirito: i Padri greci, i
Padri del deserto, fino a Tereda D’Avila e Giovanni Della
Croce, passando da Meister Eckhart e Taulero, evidenziano
che psicologico e spirituale sono due dimensioni che si
intersecano profondamente, anche se questi maestri non
conoscevano la categoria dello psicologico come si intende
oggi nelle scienze umane.
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• Le relazioni interpersonali nei gruppi socialmente
costituiti e stabili (come le comunità religiose)
non sono una realtà prefabbricata occasionale,
fatta di regole fittizie che servono soltanto ad
equilibrare il quieto vivere del gruppo. Esse sono
una dimensione essenziale e costitutiva
dell’essere umano, dimensione che aiuta
ciascuno a crescere nella propria identità e
maturità psicologica e che può essere fonte di
profonda soddisfazione ma anche motivo di gran
sofferenza là dove la convivenza è esperienza
penosa e difficile ( Crea, 2001, 12).
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• Lo studio della psicologia sociale a questo proposito ci
aiuta a rilevare come in queste interazioni gli individui
che costituiscono il gruppo ne escono sempre in
qualche modo cambiati. L’incontro con l’altro non
lascia mai indifferenti, anzi provoca un continuo
modellamento reciproco, fatto di acquisizioni di
informazioni e di significati ulteriori relativi al senso
profondo della relazione. Nel rapporto con l’altro si
modella la realtà della rete delle relazioni e si viene da
essa stessa modellati sia attraverso la valorizzazione
delle differenze individuali e sia con l’attivazione delle
diverse dimensioni ambientali costitutive del gruppo di
appartenenza.
La vita comunitaria: aspetti psicologici
• Nell’ottica di questa interazione partecipativa la
presa di coscienza dell’unicità e dell’individualità
dell’altro porta allo sviluppo di un processo di
crescita in cui, a partire dalla scelta del gruppo
come luogo della propria formazione, si apprende
a valorizzare e integrare le differenze individuali
in vista di interessi e ideali comuni.
• Quando nella comunità prevale questo aspetto
pedagogico il comportamento relazionale sarà
risultante di differenti dimensioni vissute sul
terreno della conoscenza e del rispetto della
reciprocità.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri.
• Oltre che come luogo di crescita della propria
identità e dell’identità comune, la comunità
può essere intesa come ambiente dove le
persone realizzano i propri bisogni. Anzitutto i
bisogni personali di base, come il cibo,
l’abitazione, la sicurezza…; ma anche quelli
relazionali perché è nella rete delle relazioni
comunitarie che i religiosi e le religiose
individuano e soddisfano i loro bisogni
emozionali, di sostegno, di amicizia e di
affettività relazionale.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri.
• In quanto luogo di investimento affettivo, la
comunità aiuta a realizzare le proprie
necessità vitali di protezione e di sicurezza
affettiva e le proprie aspirazioni inconsce di
reciprocità e di libertà con gli altri,
permettendo lo sviluppo di sane difese
psicologiche utili ad integrare l’angoscia
relazionale che la vicinanza dell’altro genera.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri.
• Inoltre insieme ai bisogni psicologici e affettivi,
la comunità risponde anche ai bisogni di
significato e di autorealizzazione di ciascuno,
in quanto luogo di realizzazione di sé e di
ricerca di senso nell’ideale comune. Nella
misura in cui tali esigenze sono accolte e
soddisfatte, la persona si sentirà integrata
insieme con gli altri, poiché essa “arriva nella
comunità con il suo pattern specifico di
bisogni e motivazioni, e risponde e reagisce
alla vita comunitaria sulla base di questi”.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
La comunità come strumento di soddisfazione dei bisogni dei membri.
• Compito della comunità è allora quello di
riconoscere le necessità dei singoli e di
contribuire a soddisfare nella rete delle
relazioni, integrando insieme le caratteristiche
interpersonali e intrapersonali dei bisogni di
ognuno, in vista della perseveranza de della
consistenza comunitaria.
(Crea, 2001, 22-23)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Disagio relazionale nelle comunità religiose
• E’ nella comunione che i religiosi realizzano
l’ideale di dedizione a Dio.
• E’ all’interno di strutture di comunione
definite nello spazio e nel tempo che essi
vivono concretamente la fraternità,
realizzando il proprio compito relazionale
attraverso la dedizione reciproca verso gli altri
che condividono la stessa vita comunitaria.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Disagio relazionale nelle comunità religiose
• In quanto esperti di comunione, i consacrati
sono chiamati a trovare strategie di
adattamento anche quando tali stimolazioni
eccedono la loro capacità di risposta alle
esigenze dell’altro, anche quando cioè la
reciproca influenza di fattori disfunzionali
soggettivi (di forte ansia, di bassa autostima) e
di fattori situazionali (di scarsa comunicazione,
di povera empatia, di incomprensioni, di
pregiudizi) rende la convivenza comunitaria
piuttosto conflittuale e stressante.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Disagio relazionale nelle comunità religiose
• Diversamente, in mancanza di adeguate
risposte dinanzi al sovraccarico di stimolazioni
interpersonali, essi rischiano di logorare
l’ideale di altruismo che li spinge a farsi tutto a
tutti anche dentro la loro comunità oltre che
con la gente all’esterno, avviando così un
processo di svuotamento motivazionale ed
emozionale simile a quello che caratterizza il
sovraccarico della dedizione agli altri nelle
professioni di aiuto, definito come burnout
relazionale.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Conflitti comunitari stressanti
• Il malessere del gruppo non è tanto il risultato
causale di ciò che la persona o la comunità fa
e neppure la somma della maturità individuali,
ma piuttosto è un processo che si rivela nel
mondo incongruente di integrare i diversi
fattori relazionali e intrapsichici, i quali
incidono negativamente sui rapporti
comunitari fino a logorarli e renderli
stressanti.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Conflitti comunitari stressanti
• In effetti, quando i rapporti reciproci vissuti
quotidianamente dalle persone all’interno
della comunità sono conflittuali e difficili essi
costituiscono un flusso di stimolazioni che
incidono negativamente sulle dinamiche
relazionali, comunitarie e alimentano la
progressiva disgregazione del vissuto
comunitario, fino a consumare il tessuto
relazionale svuotandolo della sua valenza
emozionale e motivazionale.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Conflitti comunitari stressanti
• Le persone coinvolte in tali dinamiche
conflittuali possono giungere ad un
progressivo esaurimento emozionale e a una
condizione di depersonalizzazione nei
confronti degli altri nonché a una svalutazione
delle proprie competenze relazionali,
adottando in tal modo delle risposte
disadattive tipiche di una particolare forma di
stress relazionale che è il burnout.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Conflitti comunitari stressanti
• In tale contesto i conflitti comunitari stressanti
assumono una particolare fisionomia
determinata da relazioni meno autentiche, da
rapporti tesi, da obiettivi confusi: dall’iniziale
entusiasmo per l’ideale comune ecco che
quelli che dovevano essere gli esperti di
comunione rischiano di diventare “operatori
cortocircuitati” all’interno della realtà della
vita comunitaria.
• (Crea, 2001, 50)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Il burnout comunitario
• Riferito inizialmente agli operatori
socio-sanitari il concetto di burnout è
stato successivamente applicato a una
vasta gamma di professioni di aiuto.
Negli ultimi anni le ricerche effettuate
con gli operatori pastorali hanno
permesso di constatare l’adattabilità di
tale costrutto anche nell’ambito della
vita religiosa.
(Crea, 2001, 50)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Il burnout comunitario
• Quando però il trasporto motivazionale
dei religiosi di una comunità è
confrontato da condizioni conflittuali
presenti nella rete delle relazioni
comunitarie, questi esperti di
comunione rischiano di bruciare il loro
zelo e il loro entusiasmo, poiché:
“hanno dato e dato, fino al momento in
cui non è rimasto più niente da dare”
(Maslach,1992,20)
(Crea, 2001, 50)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Il burnout comunitario
• E’ allora che possono manifestare
comportamenti di disadattamento,
quando in comunità ci sono “membri
che non sono responsabili nel loro
lavoro, individui che non si parlano l’un
l’ altro, persone che litigano circa il
modo migliore di procedere nei progetti
comunitari, persone che sono
irritatamente loquaci o noiosamente
silenziose…”
(Crea, 2001, 50)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Le 5 fasi del burnout comunitario
1.
2.
La fase iniziale è quella dell’entusiasmo e
dell’idealizzazione, caratterizzata da un forte
investimento energetico e motivazionale
sull’ideale comunitario, soprattutto quando
l’operatore pastorale nutre delle alte aspettative
sugli altri.
La seconda fase, quella della stagnazione, è la fase
in cui la vita comunitaria comincia a non
soddisfare più le attese del religioso, non
corrisponde più ai suoi bisogni, ed egli se ne sente
responsabile. E’ il momento in cui le relazioni sono
percepite come stressanti, il clima comunitario è
teso, i conflitti interpersonali sono attivamente
presenti ma nessuno ne parla.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Le 5 fasi del burnout comunitario
3.
4.
5.
A questo punto subentra la fase della frustrazione, in cui
l’individuo si interroga non tanto sul significato di questa
o quell’attività comunitaria ma sul senso stesso dello
stare insieme.
Nella quarta fase, quella dell’apatia, la persona,
piuttosto che reagire e affrontare direttamente i conflitti
interpersonali presenti in comunità, si difende
ritirandosi in un disinteresse motivazionale ed
emozionale.
Il quadro prosegue fino ad elaborare, nella fase finale,
dei comportamenti alternativi di adattamento per
ristrutturare in una maniera difensiva e accettabile le
proprie relazioni con gli altri.
(Crea, 2001, 52)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
•
I conflitti comunitari possono derivare
da difficoltà di ordine intrapsichico
che la persona vive e che incidono
sulla vita relazionale del gruppo. Vari
studi hanno confermato che i religiosi
non sono esenti da problematiche
individuali di ordine psicologico e da
inconsistenze inconsce che congelano
i valori e impediscono loro di vivere
ciò che proclamano.
(Crea, 2001, 52)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
•
Per esempio, le identificazioni distorte derivanti
da relazioni infantili riproposte all’interno della
comunità religiosa, oppure i conflitti intrapsichici
non risolti nella struttura di personalità, oppure
ancora la difficoltà a sostenere un’immagine
positiva di sé, sono tutti elementi che si
ripercuotono negativamente sui vissuti relazionali,
alimentando nella vita comunitaria quei processi
regressivi e quindi conflittuali con cui il gruppo
cerca di attenuare difensivamente l’ansia e
l’angoscia che il rapporto con l’altro genera
(Crea, 2001, 52)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
•
Con tali difficoltà intrapsichiche la
persona rischia di perpetrare dei
comportamenti disfunzionali che,
all’interno del gruppo, diventano
delle vere stimolazioni stressanti
con cui si alimenta il disagio
relazionale e si influenza il clima
intero della comunità.
(Crea, 2001, 52)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
1.
La soddisfazione dei bisogni e dei valori.
Abbiamo già visto che la comunità è luogo di
soddisfazione dei bisogni di base e dei bisogni
superiori a cui la persona tende. Se però questi non
sono soddisfatti e se l’individuo già vive dei disagi
psicologici egli avrà la tendenza a distorcere i rapporti
interpersonali stabilendo delle relazioni fittizie in
funzione di sé piuttosto che in vista del bene comune.
Inoltre, se c’è discrepanza tra i propri bisogni e quelli
degli altri, egli tenderà a disinvestire il proprio
coinvolgimento negandola conflittualità, oppure
cercando altrove la realizzazione dei propri modelli di
autorealizzazione e di soddisfazione dei propri bisogni.
(Crea, 2001, 53)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
La frustrazione delle proprie aspettative può attivare
nell’individuo un aggressività inespressa che si
manifesta in atteggiamenti di malcontento e di
insoddisfazione velata nel gruppo, oppure in
atteggiamenti aggressivo-passivi in cui i
comportamenti non sono mai diretti verso la vera
sorgente dell’aggressività ma piuttosto verso oggetti
secondari, e si manifestano in sottigliezze,
stuzzicamenti, incomprensioni sottese, malintesi, di
cui il gruppo non è esplicitamente colpevole ma che
hanno comunque un effetto logorante sui rapporti
interpersonali.
(Crea, 2001, 53)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
Il livello di tensione e di stress nei rapporti quotidiani
aumenta anche quando nella comunità si perde il
significato della vita comune, o quando le persone
ricercano dei valori sostitutivi che non sempre
corrispondono a quelli del gruppo. Infatti la mancanza di
soddisfazione dei valori personali, o la discrepanza tra
valori personali e valori di gruppo, può portare a una
distorsione dei rapporti e quindi a un incremento del
disagio personale.La persona che avverte come frustrante
il divario tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere vive in uno
stato di ansia che cercherà di risolvere con atteggiamenti
di distorsione della realtà comunitaria: per esempio
rifugiandosi nel desiderio di una comunità ideale e
perfetta.
(Crea, 2001, 54)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
2.
Idealizzazione dei rapporti.
L’ideale comunitario è un valore fondamentale della vita comune
dei religiosi poiché motiva le persone a ricercare il bene degli
altri con atteggiamenti di dedizione reciproca. L’eccesso di
disponibilità può però essere indice di incongruenza tra le
proprie aspettative e quelle del gruppo, quando vengono
idealizzati i rapporti interpersonali e si proiettano sugli altri delle
aspettative irreali dissociate dalle proprie attuali potenzialità o
dai propri bisogni. La persona in questo caso tende a rifugiarsi in
un ideale di comunità lontano dalla realtà per evitare di
confrontarsi con i propri conflitti intrapsichici o con quelli
esistenti nel contesto comunitario. Avremo così dei
comportamenti di continua dedizione che non aiutanola
comunità a crescere ma al contrario rendono passive le
relazioni, deresponsabilizzando gli individui nel loro
coinvolgimento interpersonale.
(Crea, 2001, 54)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
Le relazioni allora, anziché essere fondate sul valore
del bene comune, saranno vissute in una sorta di
dimensione virtuale del “come se” in cui la persona e
la comunità confondono il reale contatto reciproco (a
volte anche frustrante) con la continua richiesta
implicita di coinvolgimento idealizzato, ma senza una
vera reciprocità emozionale e motivazionale nel clima
comunitario.
(Crea, 2001, 55)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
3.
La dipendenza reciproca e il senso della propria
identità.
Quando in comunità i conflitti non sono riconosciuti
ma negati, le persone ricercano nei rapporti idealizzati
la sicurezza necessaria per la propria sopravvivenza
psicologica. Per questo attivano degli atteggiamenti di
passività e di dipendenza dagli altri per ottenere la
loro stima e la loro ammirazione, necessaria a
sostenere l’immagine idealizzata di sé. Esse accettano
quindi di assumere dei comportamenti che gli altri si
aspettano da loro, anche se non corrispondono alle
proprie aspirazioni o alle proprie aspettative
(Crea, 2001, 55)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
L’individuo che dipende eccessivamente
dall’immagine altrui si sente infatti fragile e
vulnerabile perché percepisce i loro giudizi come una
minaccia alla propria integrità e identità psicologica
(Crea, 2001, 56)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
4.
La consapevolezza emozionale
Il valore della vita comune ha un forte richiamo
emotivo perché è realizzato nei quotidiani rapporti di
dedizione e di fraternità. Tale relazionalità significativa
comporta delle dinamiche emozionali in cui ciascuno
si apre all’altro condividendo non soltanto la
convinzione intellettuale dell’amore fraterno in
comunità ma anche quella emotiva fatta di apertura e
di rispetto reciproci, assumendo così il rischio di una
sana dipendenza dal confratello.
(Crea, 2001, 56)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
Quando però la persona non è sicura di sé o si attende
molto dagli altri percepisce tale rischio come una minaccia,
e si rifugia in un atteggiamento di ritiro emozionale. Infatti,
se la relazione con l’altro è fonte di ansia e di paura la
persona tenderà a reprimere le proprie emozioni
alimentando dentro di sé dei sentimenti di sfiducia e di
incomprensione nei confronti dell’ambiente relazionale
ritenuto come stressante. Essa risolve tale paura
impegnandosi in comportamenti compulsivi e
disfunzionali, oppure con atteggiamenti di rigidità e di
inflessibilità nei confronti delle regole della comunità,
oppure ancora con delle relazioni superficiali per evitare di
coinvolgersi ancora emotivamente con gli altri, nel
tentativo di crearsi un senso di sicurezza alternativo.
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
I religiosi si accorgono allora di vivere assieme non
perché c’è una sana reciproca amicizia che salda le
relazioni, ma per dovere e per formalismo rispetto alle
regole o per interesse rispetto al soddisfacimento dei
loro bisogni.
(Crea, 2001, 57)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
5.
La competitività nei rapporti interpersonali
Il fatto di non riconoscere i propri sentimenti di
inadeguatezza porta a un logorante senso di
spersonalizzazione oppure a una perdita di valore
personale. Per reagire all’ansia che ciò genera, la
persona può assumere dei rapporti di tipo
competitivo e ambivalente che sfociano in
atteggiamenti di aggressività e di ostilità più o meno
velata verso gli altri.
(Crea, 2001, 57)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
Ciò sembra confermato da una ricerca in cui è stato
sottolineato il rapporto tra gli atteggiamenti reattivi e
difensivi degli individui e il loro esaurimento
emozionale e motivazionale. Usando un questionario
per la relazione della sindrome di burnout (il Maslach
Burnout Inventory) con 193 operatori pastorali York ha
trovato infatti una relazione positiva tra il loro livello
di burnout e gli atteggiamenti di aggressività passiva
che essi assumevano in contesti relazionali
significativi, confermando l’importanza delle variabili
interpersonali sui livelli di stress, sull’esaurimento
emozionale e sulla depersonalizzazione.
(Crea, 2001, 58)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
6.
La solitudine patologica
Com’è possibile che nella comunità religiosa, fondata
sul modello evangelico di comunione, ci si possa
sentire soli? Eppure la solitudine nelle comunità
religiose esiste ed è una solitudine legata alla
mancanza di vere relazioni, quando i membri vivono
gli uni accanto agli altri, ma senza legarsi
profondamente, quando cioè la vita comune, che
normalmente dovrebbe servire da supporto per
l’identità, diventa un peso e un ostacolo.
(Crea, 2001, 58)
La vita comunitaria: aspetti psicologico
Alcuni fattori intraindividuali nei conflitti comunitari stressanti
Pur vivendo in un contesto relazionale, a volte i
religiosi fanno difficoltà a convivere con un sano senso
di solitudine, soprattutto quando devono equilibrare
le relazioni di dedizione agli altri (dentro e fuori dalla
comunità) con un sano rapporto con se stessi. In un
sondaggio effettuato con 1155 religiosi di una
congregazione missionaria è stato rilevato che uno dei
principali motivi di disagio comunitario (rilevato da
oltre il 50% dei rispondenti) è appunto il senso di
isolamento e di solitudine, dovuto soprattutto al forte
individualismo e al clima si scarsa comunicazione
presente nella comunità.
(Crea, 2001, 59)
Atteggiamenti negativi di stagnazione
•
•
•
•
Sei consapevole dell’impatto che le parole
hanno su di te e sugli altri?
Sei consapevole dell’impatto che ha su di te
il tuo dialogo interno?
Quanto potere hanno le parole degli altri
sulla tua vita?
Fare attenzione ai pensieri e alle parole
previene situazioni relazionali disfunzionali.
• Imparare a cambiare il nostro punto di vista su ciò
che ci accade. Lo stesso evento: per una persona è
un’opportunità; per un’altra è un problema.
• LA MENTE COSTRUISCE LA REALTA’ CHE PENSA
• “La mente è duttile. Non c’è nulla che possa
obbligarla ad una sofferenza irrimediabile. Un
cambiamento anche minimo, nel modo di gestire
il nostro pensiero, di percepire e interpretare il
mondo, può trasformare la nostra esistenza”
(M.Ricard)
• “Il più grande ostacolo è sempre la
rappresentazione, non la realtà stessa”.
(Etty Hillesum)
Atteggiamenti negativi di stagnazione
Alcune tipologie caratteriali disfunzionali:
• I permalosi
• I tristi/ depressi
• I freddi/anaffettivi
• Gli insicuri
• Gli arrabbiati
• I dominanti
• I sottomessi
• I gelosi
• Gli invidiosi
Atteggiamenti negativi di stagnazione
Alcuni atteggiamenti disfunzionali:
 Lo sfiduciato: “tanto non serve a niente”.
 Il disfattista: “va tutto a rotoli, non c’è
speranza”.
 Il cinico: ”si salvi chi può!”
 L’insabbiatore: ” non vedo nulla, ho la testa
sotto la sabbia”.
 Il procrastinatore: “tiriamo a campare”.
Atteggiamenti negativi di stagnazione
Alcuni atteggiamenti disfunzionali:
 Il tiranno: ”se non si fa come dico io…muoia
Sansone con tutti i filistei!”.
 L’ipercritico: “Dio è morto. Marx è morto, …”.
 La malalingua: “te lo dico in camera caritatis…”.
 Il rigido: ”abbiamo fatto sempre così: il nostro
carisma non si cambia!”.
 Il finto umile: “non sono all’altezza di diventare
vescovo ma se è nella volontà di Dio…”.
Atteggiamenti positivi che creano
comunione in comunità
∞ L’umiltà come verità
∞ Un cuore in ascolto
∞ La fiducia in Dio e nell’altro
∞ Apertura e flessibilità di mente e di
cuore
∞ L’arte di costruire ponti sulle isole
∞ Il perdono
Atteggiamenti positivi che creano
comunione in comunità
∞ Rinnovarsi per rimettersi in gioco: la
potatura
∞ L’attenzione al proprio dono e a quello
degli altri: coltivare
∞ La responsabilità: prendersi cura
∞ Camminare: seguire umilmente la vita
“Siate voi stessi il
cambiamento che volete
realizzare nel mondo”
Mahatma Gandhi
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seconda conferenza - Rogazionisti Centro Nord