. Poco più di , Tonino Cantelmi presentò in un Congresso di Psichiatria a Roma Era il ed i giornali italiani riportarono la notizia nelle prime pagine, facendola rimbalzare in tutto il mondo. Il popolo della Rete reagì con sdegno, gridando al complotto e al sabotaggio tecnofobo oppure ironizzando su una presunta retedipendenza dello psichiatra stesso. Le osservazioni di Cantelmi, arricchite dal contributo essenziale di Massimo Talli, diedero vita ad un vasto percorso di ricerca che è esitato nella costituzione della , fondata da Daniele La Barbera e da altri psichiatri (tra cui Cantelmi, Caretti, Di Giannantonio, Longo) nell’ambito della Società Italiana di Psichiatria. Il focus si è spostato dal paradigma della tecnodipendenza alla consapevolezza che Sono le parole di un ventenne in difficoltà, la cui complessa situazione personale ci ha condotti a esplorare ancora una volta la psicologia di internet. È uno di quei ragazzi che stanno sempre alle prese con il pc, il più possibile lontano da tutto e da tutti, compresi i familiari che vivono sotto lo stesso tetto... Per mesi riescono a non uscire di casa pur di stare connessi e passano il tempo a gironzolare on line con i loro Inventarsi un personaggio e metterlo on line è, oggi,un modo di comunicare che, oltre a essere ogni giorno più diffuso, merita di essere analizzato dal punto di vista psicologico, poichè permette una vasta serie di operazioni emotive, tutte interessanti: non è certamente un caso, infatti, che esistano tantissime persone che proprio attraverso un Avatar sono riuscite a fare cose altrimenti rese impossibili dalla timidezza, dalla vergogna, o, semplicemente, dalla difficoltà a trovare persone simili a sé nel proprio ambiente, cui si contrappone l’estrema facilità del fare gruppo on line. Poter creare un Avatar per ogni occasione ha qualcosa di straordinario e ci mostra ancora una volta quanto formidabile possa essere la nostra umana capacità di inventarci identità sempre nuove e usarle per esprimerci e comunicare. Come è accaduto nel caso di “detestabilis”, l’Avatar sciamanico, il cui Autore dichiara: Nella la parola Avatar ha il significato di , ovvero assunzione di un corpo fisico da parte di un Dio. È dunque per traslazione metaforica se nel gergo di internet i personaggi digitali sono definiti Avatar. Nella , ove nasce il concetto di Avatar, il processo di personificazione del Dio assume un’importanza cruciale che può essere ricondotta all’Avatar contemporaneo . In quel lontano contesto, infatti, tale processo è lo strumento indispensabile affinché qualcosa di spirituale si possa manifestare in veste umana, rendendo tangibile la dimensione dell’ultraterreno. Un’istanza spirituale prende in prestito una forma e un corpo fisico, manifestandosi sotto l’aspetto di una persona: quello che sembra un individuo non è, allora, solo se stesso, ma è uno dei tanti alter ego possibili di un dio, poichè la religione induista si basa sull’idea che le incarnazioni possano essere molteplici e ripetibili. In ogni cultura il rappresenta un meccanismo simbolico arcaico e potente, che riguarda molti fenomeni, anche distanti tra loro e non necessariamente di tipo religioso. Ciò che si manifesta, può essere, infatti, un’entità divina, ma anche un concetto, un’idea, un simbolo. Anche nel linguaggio comune si dice a volte che una persona “incarna un ideale”, ad esempio di Bellezza, o di Libertà. Gli archetipi e gli ideali, che caratterizzano ogni civiltà, sono entità così astratte che necessitano di un modo per rendersi visibili agli occhi: tutto ciò che è troppo astratto, distante, indefinito sembra aver bisogno, insomma, di diventare concreto. come per l’Avatar induista è possibile cogliere solo alcuni aspetti e non la totalità delle caratteristiche del dio, così per gli Avatar, quotidianamente messi in rete, è possibile percepire solo alcune incarnazioni di aspetti del proprio Sé, un Sé che resta sempre un po’ sullo sfondo, nascosto e inafferrabile. La messa in scena virtuale è rivelatrice di qualcosa, che magari off line non trova spazio, ma si può aggirare, “quasi tranquillamente”, nella realtà virtuale. Gli che abitano rappresentano, allora, emozioni e pensieri tradotti in immagini, personaggi con i loro destini, che Gli Avatar non rivelano tutta la Verità sulla persona che li utilizza e possono senza dubbio occultarla (dietro un’età diversa, un altro sesso, un altro status). È importante, allora, dal punto di , capire come attribuire loro la giusta funzione emotiva e sociale, costruendo griglie di interpretazione in grado di rivelare l’effetto che comporta per una persona vestire quotidianamente i panni dei propri Avatar. Ci chiediamo in che rapporto questi ultimi siano con il vero io dei loro Autori, se ne manifestino qualcosa che non poteva essere svelato altrove o, se, piuttosto, ne portino alla luce verità nascoste o ingannevoli. Gli Avatar che vanno in giro per le loro strade digitali, sembrano, infatti, esser creature dalle incredibili potenzialità espressive: invenzioni curiose, parlanti, portatrici di messaggi. “I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi. Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti. L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile”. La comunicazione mediata da computer si è diffusa nelle case solo da una ventina d’anni con la nascita del , gli studi sistematici su di essa risalgono agli anni ’80, anche se già alla fine degli anni’60 e ’70 apparvero alcuni studi pionieristici. Seguirà una panoramica sommaria delle teorie principali sulla , senza la pretesa di fornirne una descrizione dettagliata e contestualizzata storicamente. nato negli anni 80 per opera delle sociologhe Sproull e Kiesler (1986), ipotizzava che la CMC, per le caratteristiche intrinseche al tipo di tecnologia adottata, potesse offrire una “ . Molte delle informazioni sugli interlocutori non possono, infatti, venir trasmesse, con la conseguenza che le “presenze sociali” nel gruppo risultano ridotte e livellate tra di loro. Da questa ridotta disponibilità di informazioni condivisibili derivano due conseguenze generali: le persone che interagiscono via computer sono isolate dalle regole sociali e questo le fa sentire al sicuro dal controllo e dalle critiche. le persone che interagiscono via computer tendono più frequentemente ad adottare comportamenti disfunzionali, come l’uso di insulti e di termini aggressivi (flaming) che gli autori considerano essere tipico di questo media. 1. si contesta il metodo con cui gli studi sono stati condotti: si trattava spesso di gruppi sperimentali, composti da studenti, che sperimentavano la CMC in laboratorio, senza mai essersi incontrati prima e a cui veniva chiesto di portare a termine un compito. 2. L’approccio fu poi accusato di determinismo tecnologico in quanto faceva derivare la povertà sociale della comunicazione direttamente dalle caratteristiche intrinseche della tecnologia, cioè dalla sua ristretta ampiezza di banda, concependo la presenza sociale solo come una quantità di informazioni da trasmettere. 3. La difficoltà nello spiegare l’alta frequenza con cui la CMC veniva usata per scopi ricreativi. Se la CMC fosse stata effettivamente povera socialmente, come sarebbe stato possibile avviare una comunicazione da sempre ricca di contenuti sociali e personali? Nato nei primi anni 90 La larghezza di banda di un mezzo di comunicazione non ha niente a che fare con la capacità di trasmettere indici sociali che, invece, sono più frequentemente deducibili da altri contesti informativi (Spears e Lea, 1992), come: le informazioni che fanno da cornice ad un messaggio, per il sesso o l’appartenenza istituzionale; le conoscenze interlocutori; precedenti relative agli le deduzioni fatte a partire dalla situazione comunicativa, per esempio l’argomento del newsgroup a cui si partecipa. La CMC non determina né la scomparsa delle norme sociali né comportamenti devianti, benché alcuni codici tipici della comunicazione interpersonale (espressioni non verbali), e gli effetti visibili delle emozioni, vengano limitati. Queste mancanze vengono spesso colmate da strategie comunicative inventate (uso delle emoticons), capaci di generare lo stesso livello di empatia e comprensione della comunicazione face to face. L’attenzione al contesto sociale, piuttosto che alla larghezza di banda, allontana il modello SIDE da un’impostazione deterministica: al contrario della RSC, sostiene che la CMC possieda delle caratteristiche tali da poter essere considerata : essa sarebbe sovraccarica di contenuti sociali, nel senso che le relazioni si svilupperebbero in una modalità “più stereotipicamente sociale” che nelle interazioni “face to face” (Walther, Burgoon, 1992). Le persone tenderebbero a classificare se stesse e gli altri in categorie sociali in maniera ancor più netta di quanto accada normalmente. Questo è valido sia per il ricevente che per l’ emittente. Quest’ultimo tenderebbe a presentarsi agli altri in maniera predeterminata, avendo modo di preparare con cura la propria persona online e di censurare o accentuare alcuni elementi. Questo processo, detto (Walther, 1996) è più accentuato nelle comunicazioni online di tipo asincrono, in cui il tempo per preparare il messaggio è maggiore. dà la possibilità: di scegliere quando partecipare alla discussione con il risultato che, tendenzialmente, gli interlocutori hanno più tempo e più voglia di dedicarsi a curare gli aspetti relazionali e sociali della comunicazione. Il rischio di creare delle persone ideali e stereotipate appare progressivamente crescente, in quanto una volta avviato il processo di costruzione sociale della realtà (Berger e Luckmann, 1966), gli interlocutori tendono a non deludere le aspettative altrui e a confermare quelle che hanno sugli altri. La comprensione dello sviluppo e degli effetti dei nuovi media rappresenta una sfida centrale per la società moderna. (Norman, 2007). La nasce proprio da questa esigenza e promette di rivoluzionare radicalmente la stessa comprensione dell’uomo contemporaneo. deriva dalla parola scienza che studia i principi di funzionamento e la realizzazioni di macchine automatiche in grado di simulare le funzioni di organismi viventi. scienza che studia i fenomeni della vita affettiva e mentale dell’uomo. Gli studi si concentrano soprattutto . Gli argomenti più frequentemente dibattuti sono: L’identità online La psicopatologia Internet correlata La psicoterapia mediata da computer Le caratteristiche della Computer Mediated Communication (CMC) Le applicazioni del Web in ambito lavorativo, educativo, formativo e altro ancora I cyber crimini, come la cyber pedofilia o il cyber bullismo Con l’emergere dell’ , al tempo dei , di nuovi strumenti di informazione quali ei , la ciberpsicologia ha dovuto modificare e, in alcuni casi, creare nuovi strumenti di indagine. “Alcuni strumenti di indubbio valore per esaminare aspetti della personalità, come il test , ormai appartengono alla tradizione. Le risposte a questo test si trovano su Internet, come hanno fatto negli Usa alcuni padri per superare il test psicologico e ottenere l'affido dei figli”. Il tema della è particolarmente importante . La rete, infatti, accanto a contenuti di tipo educativo e ricreativo, ne offre altri non adatti ai piccoli utenti: siti che propongono materiale pornografico; siti che istigano alla violenza, all’odio e al razzismo; siti che cercano di adescare con messaggi accattivanti Utenti che si servono del mezzo telematico per scopi illeciti. sulla sicurezza dei giovani italiani in rete (Telefono Azzurro ed Eurispes) , mostra sconcertante aumento dell’uso di chat, community e blog, anche nella prima decade di vita. Se nel il numero di adolescenti e di bambini internauti che chattavano era rispettivamente del e poco più del , nel , invece, la percentuale saliva a quota per i primi e a per i secondi, in pratica un bambino su tre (Cantoni, 2009). Come è accaduto per ogni innovazione tecnologica, accanto agli entusiasmi giustificati dalle potenzialità di Internet, hanno nel tempo trovato spazio almeno altrettante perplessità nei confronti del nuovo mezzo. Sono sempre di più, oggi, gli specialisti che svolgono studi sui . La review di studi che qui presentiamo si propone di fornire le più aggiornate ricerche condotte sull’ : Disturbi e comportamenti online anche molto diversi fra loro (dipendenza da cyber-sesso, dipendenza da cyber-relazioni, dipendenza dai giochi di ruolo online e altro ancora), tuttavia accomunati dalla stessa esperienza “additiva”, ovvero di abuso o dipendenza Roberto Gervaso Rapporti aneddotici di dipendenza da computer emersero già negli anni settanta e ottanta (Shotton, 1991). Si parlava ovviamente di problematiche connesse all’uso-abuso del PC e non di Internet, dato che questo ancora non esisteva. Secondo la leggenda il primo studioso ad ipotizzare il disturbo e a chiamarlo fu lo psichiatra americano (1995), il quale in maniera piuttosto provocatoria fece girare in Rete i relativi criteri diagnostici. Da allora, nel panorama scientifico, si sono affacciate una moltitudine di definizioni per descrivere la sindrome: Internet Addiction (Young, 1996), Internet Dependency, (Scherer, 1997), Compulsive Internet Use (Greenfield, 1999), Compulsive Computer Use (Potenza e Hollander, 2002), ecc. Come avviene per le scatole cinesi, così la IRP può essere intesa come un sottoinsieme più piccolo di un problema più grande, che a sua volta può essere scomposto in base all’oggetto specifico di dipendenza (vedi il prospetto terminologico), ovvero in: (2005) tendono a operare un ulteriore distinzione tra e , attribuendo alla prima una interattività sessuale (sistema “uomo-macchinauomo”) completamente assente nella seconda (sistema “uomo-macchina”). con il suo modello cognitivocomportamentale, propone di utilizzare semplicemente il termine (contrapposto a Generalized Pathological Internet Use) per indicare una qualsiasi forma di dipendenza on-line specifica. Un ulteriore definizione è stata da noi proposta per evidenziare l’aspetto “euforizzante” della Rete, definendo: (Cantelmi et al., 1999; Cantelmi, 2000). Uno spunto di riflessione, non solo terminologico, ci viene offerto da Caretti con la sua , un disturbo, previsto dal DSM, indotto dalla tecnologia che presenta un quadro clinico sovrapponibile a quello di una intossicazione acuta da Internet (Caretti, 2000; Cantelmi, 2001). Technological Addiction Pathological Computer Use Internet Addiction Internet Psychopathology Cyber Addiction Compulsive Computer Use Internet Addiction Disorder Specific Internet Use Related Net Compulsion Pathological Cybersexual Addiction Compulsive Gambling Online Cyberporn Addiction Tech Abuse Compulsive Internet Use Muds Addiction Trance Dissociativa da Videoterminale Pathological Internet Use Cyber Addiction Internet Dependency Information Addiction Net Addiction Compulsive Online shopping Retomania Trading Online Addiction Generalized Pathological Internet Use Problematic Internet Use Ebay Addiction New Media Psychopathology Related Generale Cybersex Addiction Relationship Overload Specifico Itinerario terminologico della IRP, secondo un continuum ”generale - specifico” Storicamente la IRP è stata diagnosticata impiegando criteri di valutazione molto diversi fra loro. Il primo riconoscimento ufficiale al disturbo, si deve a Young che nel 1996 propose i criteri diagnostici per la Internet Addiction Disorder (Young, 1996). Successivamente la stessa autrice pensò di adottare i , un disturbo considerato più vicino alla fenomenologia della IRP per il fatto di non implicare l’assunzione di sostanze chimiche (Young, 1998 e Potenza, 2006). Alcuni criteri per il gioco d’azzardo patologico (“rincorsa” alle perdite, commettere atti illegali per finanziare il gioco, e reperire denaro per alleviare una situazione finanziaria causata dal gioco) non vennero ritenuti applicabili alla IRP Un criterio venne creato ex-novo: (Johansson, Gotestam, 2004; Leung, 2004). Le linee guida proposte da Shapira e colleghi (2000), invece, si soffermano sugli aspetti emotivi connessi con l’esperienza di perdita del controllo, focalizzandosi, in particolare, sulle ingenti angosce e preoccupazioni che accompagnano l’uso smodato della Rete. Più di recente Cantelmi e Talli (2009) hanno proposto un set di criteri articolato in : sintomi sintomi (manifesti) (occulti) Per diagnosticare il disturbo è necessaria la presenza di almeno due sintomi overt e almeno due sintomi covert, per un periodo di tempo non inferiore ai 6 mesi. Ad oggi la IRP non fa parte di alcun sistema diagnostico: i soggetti affetti dalla sindrome possono essere inseriti all’interno della categoria del . Sono sempre più insistenti le proposte di inserire tale forma di addiction nella prossima edizione del DSM. L’ American Journal of Psychiatry ha pubblicato un articolo di J. Block che identifica la come un particolare tipo di disturbo riconducibile allo spettro E’ necessario che si presentino 5 o più dei seguenti sintomi (Young 1998): 1. Ti senti eccessivamente assorbito da Internet (pensi al collegamento precedente o pianifichi la prossima sessione on-line)? 2. Senti il bisogno di passare più tempo collegato alla Rete per ottenere la stessa soddisfazione? 3. Hai ripetutamente tentato di controllare, ridurre o interrompere l’uso di Internet, ma senza successo? 4. Ti senti irrequieto, nervoso, depresso o irritabile quando tenti di ridurre o interrompere l’uso di Internet? 5. Rimani on-line più a lungo di quanto originariamente intendessi? 6. Hai rischiato di perdere relazioni importanti, il lavoro, la scuola o la carriera a causa di Internet? 7. Hai mentito ai familiari, al terapeuta o ad altri per nascondere l’entità del tuo coinvolgimento in Rete? 8. Usi Internet come mezzo per scappare dai problemi o per alleviare l’umore disforico (sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione)? Shapira 2000 A. Preoccupazione maladattiva connessa ad Internet, come indicato dalle seguenti: 1. Preoccupazione relativa ad Internet esperita come irresistibile 2. Eccessivo uso di Internet per periodi di tempo più lunghi di quelli Pianificati B. L’uso di Internet e le preoccupazioni ad esso connesse causano angoscia clinicamente significativa o indebolimento delle aree sociali, professionali, ecc. C. L’uso eccessivo di Internet non avviene esclusivamente per periodi di ipomania o mania e non è meglio spiegato da altri disturbi Cantelmi, Talli 2007, 2009, 2010 E’ necessario che siano presenti 2 o più dei sintomi OVERT e 2 o più dei sintomi COVERT, per un periodo di tempo di almeno 6 mesi. I sintomi non sono meglio spiegati da altri disturbi. OVERT 1. Elevato tempo di permanenza online, non giustificato da motivi di lavoro o di studio 2. Manifestazioni sintomatiche offline (ad es. nervosismo, irritabilità, depressione, ecc.) 3. Conseguenze negative dovute all’uso eccessivo di Internet (ad es. isolamento sociale, scarso rendimento lavorativo, ecc.) COVERT 1. Irrefrenabile impulso a collegarsi ad Internet 2. Ripetuti tentativi di controllare, ridurre o interrompere l’uso di Internet 3. Frequenti menzogne relative all’uso eccessivo di Internet 4. Ricorrenti pensieri e/o fantasie relativi ad Internet Le stime sull’incidenza della IRP nella popolazione, variano a seconda della metodologia di rilevazione adottata (rilevazioni effettuate in Rete e rilevazioni effettuate fuori dalla Rete) e degli strumenti impiegati (questionari che si inspirano a differenti criteri diagnostici). indicano un tasso di diffusione compreso tra il %. Ad esempio, lo studio di Greenfield condotto su un campione composito di 17251 soggetti, di età compresa tra gli 8 e gli 85 anni, riporta un tasso di incidenza del disturbo pari › Recentemente, uno studio svolto da alcuni ricercatori coreani ha evidenziato un tasso di incidenza più basso su 13000 partecipanti allo studio solo il di loro è risultato dipendente da Internet. Probabilmente le differenze nel grado di diffusione riportato sono dovute all’influenza di molteplici fattori. capacità di raccogliere una grande quantità di dati in un periodo di tempo relativamente breve. vizio del campione, possono selezionare soprattutto i soggetti che usano frequentemente Internet o che ritengono di avere un problema nella modalità di utilizzo di Internet. con selezione random dei soggetti campione rappresentano un importante modo di affrontare la ricerca sulla IRP. Fino ad oggi, è stato pubblicato un solo studio che utilizza questa modalità di raccolta dati. (Young 1998): sintetizza i principali fattori che facilitano e/o predispongono l’insorgere dei disturbi correlati con Internet: La facile ed immediata accessibilità ad ogni servizio online permette la gratificazione immediata di ogni più piccolo bisogno. L'elevato controllo che si può esercitare sulle proprie attività online si accompagna ad una percezione irreale di onnipotenza. La straordinaria quantità di stimoli presenti in Rete permette di conseguire un elevato stato di eccitazione psicologica. utilizza un approccio cognitivo-comportamentale, in base al quale: deriva da cognizioni problematiche unite a dei comportamenti che intensificano o mantengono la risposta disadattiva. La teoria pone l'enfasi sulle intesi come la . Secondo l’autore le che si innescano automaticamente con Internet possono riguardare il (rimuginazioni sul proprio valore personale, dubbi su di sé, ecc.) o (generalizzazioni o pensieri di tipo tutto o nulla). Il prodotto di tali cognizione è un a seconda dei casi, che può essere, caratterizza le persone dipendenti da una funzione specifica di Internet (es. materiale erotico, gioco d'azzardo, aste, ecc.). Queste forme di dipendenza sono contenuto-specifiche ed esisterebbero indipendentemente dalla presenza o meno di Internet. , invece, comprende un sovrautilizzo generalizzato e multidimensionale di Internet che appare riconducibile all’uso stesso della rete. DISTALE L’elaborato modello cognitivo-comportamentale di Davis (1999) PROSSIMALE prevede un percorso virtuale, caratterizzato è la prima fase che gli utenti attraversano caratterizzata da una costante e crescente attenzione nei riguardi della e-mail e una certa persistenza nella navigazione negli innumerovoli siti che intessono la Rete; seconda fase, caratterizzata da una iperfocalizzazione su applicazioni interattive come chat e mud, costruendosi progressivamente un identità sempre più sfaccettata e multipla. ritiene che i soggetti affetti dal disturbo siano, più frequentemente, dei nuovi utenti della Rete, che non avezzi al nuovo ambiente tecnologico ne rimangono per cosi dire “incantati”. Anche coloro che utilizzano la Rete da più tempo possono sviluppare il disturbo, ma solo dopo aver scoperto una nuova applicazione particolarmente attraente. Ad ogni modo, sia i nuovi che i vecchi utenti raggiungeranno, prima o poi, per proprio conto lo stadio III, quello dell’equilibrio. Nuovi utenti della Rete Vecchi utenti Nuova esperi enza online Incanto (ossess ione) Disillusio ne (evitame nto) Equilibri o (normalit à) della Rete I° stadio II° stadio III° stadio Una delle possibili conseguenze della dipendenza patologica del computer e dalle sue applicazioni è la (Caretti, 2000): Dal punto di vista livelli evolutivi: 1) la dipendenza, 2) la regressione, 3) la dissociazione. si possono riscontrare tre un ipercoinvolgimento di tipo ritualistico con il computer e le sue applicazioni; una relazione di tipo ossessivo-compulsivo con le esperienze e le realtà virtuali; una tendenza a "sognare ad occhi aperti" come modalità prevalente sull'azione nei rapporti reali; una vergogna conscia o inconscia come tratto peculiare di debolezza dell'Io; tendenze fobiche nei confronti della vita sociale. una tendenza a relazioni immaginarie che compensano le scarse relazioni oggettuali ritiro autistico; fantasia autistica come modalità difensiva dell'Io. labilità dei confini dell'Io; dispersione del Sé; depersonalizzazione, cioè distacco ed estraneamento da se stessi fino alla perdita del contatto vitale con la realtà. Non è possibile affermare con sicurezza se vi siano dei fattori predisponenti in grado di sottendere all’abuso di tale strumento : - difficoltà psicologiche (problemi familiari,relazionali,ecc.) - psichiatriche (disturbi di personalità, fobia sociale, ecc.) • Alcuni ammettono di ricorrere al web con l’intenzione di ricercare una nuova eccitante identità, • altri sono spinti dall’esaltante prospettiva dell’anonimato, • altri soltanto per ridurre la tensione e lo stress della vita d’ogni giorno, • altri ancora con lo scopo di intraprendere nuove amicizie o solo perché sulla rete trovano un luogo sicuro e protettivo. Secondo uno studio di Marcucci e Lavenia (2004) le personalità IRP avrebbero in comune il caratterizzanto dalla tendenza ad isolarsi, difficoltà a formare relazioni sociali stabili. I loro interessi e passatempi di solito aumentano il loro stato di isolamento dalle altre persone in quanto sono più interessati alle cose (oggetti, macchine, ecc.) che alle persone. i soggetti di potrebbero avere una maggiore propensione a sviluppare una dipendenza da Internet per via dell’uso particolare che fanno della Rete. Svolgono attività a più elevato “gradiente tossicologico”: videogames, sesso virtuale gioco d’azzardo (Come dimostra uno studio su un campione di adolescenti di Taiwan) Secondo Wallace (2000), le persone con elevato maggiormente attratte dalla Rete: • per le sensazioni di controllo che offre (la possibilità di scegliere i siti da visitare, cosa leggere, cosa scaricare..) Chak e Leung (2004) hanno indagato la come predittore della dipendenza da Internet. 722 utenti della Rete di Hong Kong (per il 78% di età compresa fra i 12 e i 26 anni e per il 36% maschi) hanno compilato quattro questionari che comprendevano e riguardavano: 1) l’uso di Internet; 2) l’Internet Addiction Test; 3) la Cheek and Buss Shyness Scale; 4) le Internality, Powerful Others and Chances Scales. Per Morahan-Martin l’abuso di Internet non è che . Più che la dipendenza, sono questi problemi psicologici a sottendere specifici fattori predisponenti e a richiedere un idoneo trattamento. Come riferisce Cardaci, la Rete ha effetti diversi a seconda del grado di dell’utente. Negli vi sarebbe un accresciuto senso di benessere e autostima, ridotti livelli di solitudine e di emotività negativa e maggiore coinvolgimento sociale. Negli gli effetti sarebbero opposti. “La tecnologia amplifica le caratteristiche della nostra personalità e in alcuni casi le contiene, ovvero costituisce uno “sfogo” che altrimenti potrebbe rivolgersi all'esterno”. Secondo una nota ricerca della Young gli utenti dipendenti trascorrono più tempo in ambienti di comunicazione sincrona come le (per il 35%), e i (per il 28%): - comportano una gratificazione tale da innescare un rinforzo del comportamento più di quanto non avvenga per applicazioni in cui l’utente è confinato in un ruolo passivo. : presentano notevoli elementi di depersonalizzazione, poiché si avvalgono di una tecnologia che rende meno plausibile ed evidente il contesto ludico, facilitando l’identificazione del giocatore con il personaggio . : possono costituire invece un eccellente modalità di evasione dalla realtà e di fuga dal quotidiano. E’ possibile interagire con gli altri utenti senza essere riconosciuti, ed esprimere la propria personalità liberamente senza paura di essere giudicati. Si può anche assumere un'identità fittizia per sentirsi più accettati e desiderabili dagli atri utenti Un fenomeno poco conosciuto connesso a questo tipo di comunicazione è : uno stato di inquietudine e di accentuazione del pensiero legato all'esperienza interrotta in chat. L’utente che si scollega alla Rete, può pensare che da qualche parte c'è un dialogo che continua senza di lui . Molti degli aspetti fin qui evidenziati vengono enormemente potenziati dai cosidetti metaworlds (metamondi) hai a disposizione un alter-ego, (ossia la rappresentazione digitale di sè stessi avatar), che interagisce in un mondo abitato da personaggi a cui corrispondono persone altrettanto reali. Ogni incontro e conversazione che avviene assume pertanto la connotazione di un vero e proprio rapporto interpersonale. A differenza di quanto avviene con chat o Mud, è presente una importante componente della comunicazione umana, il linguaggio non verbale, che rende le interazioni molto congruenti rispetto a quelle reali, seppure lo scambio comunicativo viene mediato dagli avatar. sono analoghi a quelli utilizzati nella pubblicità, in cui le espressioni più frequenti sono "realizza i tuoi sogni" o "quello che desideri avrai". il rischio maggiore: scegliere, a lungo andare, il mondo virtuale quale alternativa a quello reale in quanto più attraente. . Tra le nuove cyber addiction più importanti ricordiamo: Il termine cybersex riguarda tutte quelle attività di carattere sessuale svolte in Rete mediante l’uso dei servizi e-mail, IRC, canali CUSeeMe, ecc. Spesso la persona ha una grande paura della relazione fisica concreta ed una forte difficoltà nei rapporti affettivi, ma si possono constatare situazioni di abuso e dipendenza anche in soggetti che dispongono di buone risorse relazionali e affettive, che sviluppano questa modalità aggiuntiva di consumo di sesso virtuale non per paura del sesso reale, ma con un atteggiamento che inizialmente è di tipo ludico. Alcuni mantengono questo aspetto sotto controllo, in altri c'è un coinvolgimento progressivo, che può portare alla compulsività con la necessità di collegarsi quotidianamente per un numero di ore sempre crescente. l gioco d’azzardo compulsivo è un disturbo già da tempo riconosciuto e contemplato dal manuale diagnostico dei disturbi mentali. La possibilità di accedere da casa a casinò virtuali, oppure a siti per scommettitori, facilita sicuramente lo sviluppo di tale compulsione, che può divenire ancora più grave e deleteria per la vita di relazione ed economica, e interessare fasce di età sempre più giovani. giochi di ruolo interattivi dove gli utenti possono interagire contemporaneamente. Le Muds, rispetto ai giochi di ruolo tradizionali, hanno maggiori aspetti di depersonalizzazione, perché si avvalgono di una tecnologia che rende meno plausibile ed evidente il contesto ludico e facilita una maggiore identificazione del giocatore con il personaggio virtuale. Alcuni soggetti affetti da IRP provano una forte spinta a stabilire relazioni amicali/affettive mediante e-mail, chat lines o newsgroup, a scapito dei propri rapporti reali familiari e sociali. Spesso chi chatta, grazie ad un contesto privo di riscontri visivi, mente circa la propria identità (caratteristiche fisiche, età, sesso, occupazione e stato civile) per provare l'euforia di una libertà illimitata nel presentarsi agli altri e nell'immaginarli ed avere così la possibilità di realizzare in modo virtuale il proprio ideale dell'io. Proprio per mantenere un’ immagine (virtuale) di sé e dell’altro soddisfacente, o addirittura idealizzata, di solito la conoscenza che si crea tra le persone che abitualmente si collegano fra loro rimane confinata entro i limiti della Rete. L’uso delle chat, quindi, se da un lato permette di riprodurre un contesto comunicativo e relazionale con l’Altro, dall’altro comporta anche il rischio di negare l’Altro o di entrarci in relazione in modo parziale e narcisistico. - Questa dipendenza, piuttosto comune anche negli ambienti di lavoro, si caratterizza per la ricerca estenuante di qualsiasi tipo di informazioni, anche banali, senza riuscire più neanche a distinguerne l'utilità. Le informazioni vengono ricercate attraverso attività come il web surfing (passare da un sito all’altro) e/o indagini senza fine su materiali allocati su banche dati. l’Internet Addiction Questionnaire di Suler (1996), la Davis Online Cognition Scale di Davis e coll. (2002), la Chen Internet Addiction Scale di Chen (2003) l’Internet Addiction Test della Young (1998), probabilmente il questionario più diffuso e impiegato nel mondo (Talli et al., 1998). In Italia è stato proposto da Del Miglio, Gamba e Cantelmi (2001) uno strumento denominato Concepito e realizzato presso l’Università “La Sapienza” di Roma il questionario è a tutt’oggi l’unico strumento italiano ad essere validato sulla popolazione. L’UADI si compone di 75 items a cui è possibile rispondere secondo una scala Likert strutturata in cinque livelli (1=assolutamente falso; 2=piuttosto falso; 3=né vero né falso; 4=abbastanza vero; 5=assolutamente vero)2 Sono cinque le dimensioni indagate dal test: la tendenza ad evadere dalle difficoltà quotidiane mediante Internet; la comparsa di esperienze sensoriali bizzarre, la tendenza alla alienazione e alla fuga dalla realtà; la comparsa di conseguenze sulla vita reale, il cambiamento di abitudini, umori e rapporti sociali; la propensione ad usare Internet per sperimentare parti del sé o/e per cercare nuove emozioni; la comparsa di sintomi di dipendenza, come il progressivo aumento del tempo di collegamento, la compulsività e l'eccessivo coinvolgimento. Lo strumento (riportato in appendice) può dimostrarsi utile per l’individuazione del tipo e del grado di abuso che alcuni utenti fanno della Rete e aiutare l’operatore nella comprensione del tipo di funzione psicologica che questa tecnologia può svolgere per l’individuo. Come segnalato da Young, esiste una certa difficoltà a reperire il giusto trattamento al proprio problema e questo è ancora più evidente in Italia. Molti psichiatri e psicoterapeuti non sono preparati ad affrontare la IRP e alcuni non ne riconoscono neppure l'esistenza (Fata, 2000). Di norma vengono prescritti i seguenti trattamenti: formati da persone accomunate dal medesimo problema, si propongono di condividere le proprie esperienze per riacquistare il controllo sulla Rete. favoriscono il recupero personale e spirituale dell’individuo mediante un percorso simile a quello degli Alcolisti Anonimi. favorisce la presa di coscienza del problema promuovendo il successivo cambiamento psicologico. particolarmente indicata nel caso in cui la IRP si accompagni ad una patologia pregressa, permette di giungere alla presa di consapevolezza di parti profonde di sé ed al loro cambiamento. utili per affrontare e risolvere il problema, soprattutto dal punto di vista comportamentale. Nonostante le molte carenze poc’anzi evidenziate, l’Italia è stata una delle prime nazioni europee a sperimentare una forma di psicoterapia online rivolta, in particolar modo, ai casi di dipendenza dalla Rete. Il servizio, accessibile tramite il sito , ha offerto gratuitamente interventi di tipo consulenziale e terapeutico . Più recentemente, il dr. Kerley ha istituito su Second Life il primo centro di , denominato L’obiettivo del centro è aiutare i navigatori problematici a migliorare il proprio adattamento alla vita reale seguendo un percorso terapeutico virtuale specifico, basato su un rapporto interpersonale “avatar to avatar”. Dal punto di vista architettonico il centro si compone di uno studio professionale, di un’ampia camera per gli incontri di gruppo e di una confortevole sala d’attesa. In questo ambiente l’avatar del dottor Kerley tiene sessioni di terapia di 50 minuti, regolarmente prenotate e pagate. Secondo Gross e Antony (2002) i possibili impieghi dell’avatar –terapia sono due: -la prima possibilità è di usarla a fianco dei metodi di erogata dal computer senza psicoterapeuta”. -La seconda, per la quale forse non è necessario creare degli avatar di aspetto particolarmente realistico, potrebbe essere la . “Se vuoi capire qualcosa del tuo tempo, non rivolgerti ai politici, ai preti, ai giornalisti, che sanno soltanto gestire l’epoca in cui vivono. Vai dagli artisti e chiedi a loro, perché gli artisti sono i soli a intuire il segno profondo dei tempi che cambiano”. Marshall McLuhan La letteratura sulla IRP tende spesso a presentare l’internet dipendente come un soggetto che ha come unica motivazione quello di rifugiarsi nella Rete per non pensare ai propri problemi. Invece secondo il modello proposto i soggetti “internet dipendenti” scelgono di collegarsi alla Rete per ragioni differenti e la stessa applicazione (chat, mud, ecc.) può avere significati o conseguenze diverse per il soggetto. Si possono distinguere al momento due principali tipologie di Internet dipendenti o retomani: è quello che meglio si adatta allo stereotipo di Internet dipendente, dato che utilizza la Rete principalmente per scappare dai propri vissuti depressivi. Presenta nella vita reale difficoltà o problematiche oggettive ed un sostanziale senso d’impotenza e di estraneità sociale. Quando si collega alla Rete lo fa esclusivamente per anestetizzarsi dal dolore reale, senza manifestare alcuna aspettativa di successo o di cambiamento personale (la Rete come analgesico). - Non crede di poter cambiare la propria condizione psicologica, ha solo bisogno della Rete per eccitarsi e stordirsi sempre di più. Nei casi di intossicazione acuta arriva a sostituire progressivamente la vita reale con la dimensione virtuale, andando così incontro a drammatici fenomeni psicopatologici di tipo dissociativo e/o autistico impiega Internet per conseguire uno scopo che va oltre l’eccitazione fine a se stessa. Il cyberspazio diviene per loro un enorme serbatoio di stimoli ma soprattutto lo spazio ideale per concretizzare le loro elevate aspettative di riuscita. Gli ambiti di azione: -relazioni sociali online (che possono estendersi al di là della dimensione virtuale) -gioco d’azzardo online, percepito come una enorme occasione di successo economico. Nei casi di intossicazione acuta arriva a produrre ed inseguire degli obiettivi così ambiziosi e disancorati dalla realtà da sconfinare nella mania. Come è noto l’insorgere della dipendenza, sia quella indotta da sostanze che da comportamenti, è subordinato a molteplici cause, le quali non scaturiscono tutte dalla medesima situazione, bensì da fattori diversi, la cui interazione, come in un pericoloso cocktail, può appunto generare il disturbo: Sia il retomane per fuga che per azione utilizzano la Rete per eccitarsi, ma il primo, come già detto, lo fa per scappare dai propri problemi, il secondo per raggiungere il successo o un cambiamento. Considerando la sequenza eziologica della dipendenza, è opportuno precisare che è la finalità dell’agire online più che l’eccitazione sottostante a mantenere la stessa dipendenza. retomania per fuga = le personalità caratterizzate da tratti di tipo depressivo e/o tendenti a difficoltà sociali. retomania per azione= le personalità caratterizzate da disturbo di personalità (narcisistico, ossessivo, ecc.) e/o con aspetti depressivi (compensati) o maniacali. (E’ bene precisare che ogni servizio presente in Rete può essere usato dal soggetto sia per fini di evasione che di ricerca di successo). A livello grafico possiamo rappresentare la IRP lungo un continum che parte da un tipo di “retomania per fuga” e arriva ad una “retomania per azione”: Presenza di aspettative di cambiamento personale Ricerca dell’effetto euforizzante Esperienza non confinata alla dimensione virtuale Deriva maniacale Assenza di aspettative di cambiamento personale Ricerca dell’effetto analgesico Esperienza confinata alla dimensione virtuale Deriva autistica Retomania per fuga Retomania mista Retomania per azione Per meglio comprendere la differenza tra le due tipologie di retomani potremmo pensare ad un'altra addiction, ben più studiata e riconosciuta dalla comunità scientifica della IRP, il per alcuni il gioco può rappresentare semplicemente un motivo di evasione ed eccitazione (i nostri retomani per fuga) per altri una grande opportunità di vincita e di cambiamento personale (i nostri retomani per azione). Entrambi si eccitano con il gioco ma con motivazioni moltodiverse fra loro. Riferendoci all’Analisi Transazionale (TA) possiamo adesso individuare quattro atteggiamenti fondamentali (posizioni) in relazione a come l’utente dipendente percepisce: se stesso, la realtà circostante la virtualità della Rete. Per ogni posizione abbiamo cercato di definire la condizione principale vissuta dall’utente e il suo tipo di retomania ( se “per fuga” o “per azione”). Come si può notare dalla tabella sottostante, la retomania per fuga rappresenta la deriva additiva più diffusa ma non necessariamente la più pericolosa. Percezione della realtà (cattiva o buona) Percezione di sé (cattiva o buona) Percezione della virtualità (cattiva o buona) Posizione Cattiva Cattivo Buona Il soggetto usa la Rete per non pensare a sé e alla realtà andando incontro ad una condizione psicologica di “ritiro autistico”.Si parla di Retomania per fuga Cattiva Buono Buona Il soggetto usa la Rete per sfuggire ad una realtà esterna palesemente insoddisfacente. Si parla di Retomania per fuga. Buona aumentare Cattivo Buona Il soggetto usa la Rete per aumentare la propria autostima (autocura) o come mediatore-facilitatore dei suoi rapporti con la realtà.Si parla di Retomania per fuga. Buona Buono Buona Il soggetto usa la Rete in modo specifico, o per aumentare il proprio livello di eccitazione o per raggiungere determinati obiettivi. Si parla di Retomania per azione. Cattiva/buona Cattivo/buono Cattiva In questo caso il soggetto non può dipendere dalla Rete Qui di seguito riportiamo due casi emblematici di addiction pervenuti nel nostro studio nel corso degli anni 2005-06: Maria, 27 anni, Retomane per azione. La paziente era giunta in seduta psicoterapica a seguito di una forte “intossicazione” da Internet. Prima di allora non aveva mai mostrato segni di disagio psichico né difficoltà di tipo relazionale. Maria aveva cominciato poco prima del periodo estivo ad usare la Rete in modo anomalo, intrattenendosi nelle chat anche per più di 70 ore settimanali, e trascorrendovi talvolta intere notti. L’idea di base che motivava questo comportamento è che doveva assolutamente trovare un ragazzo con cui passare l’estate. A questo scopo, dopo una breve conoscenza in Rete, Maria incontrava i potenziali pretendenti nella sua città per conoscerli realmente. A fine Settembre la paziente aveva conosciuto ben 30 ragazzi senza per questo legarsi con nessuno: “Non ero mai contenta... non riuscivo a trovare il ragazzo che mi ero imposta di trovare” Giovanni, 23 anni, Retomane per fuga. Il paziente in questione presentava una forma accentuata di depressione concomitante all’uso compulsivo di materiale pornografico online. Da circa un anno, all’insaputa dei genitori, si collegava ad ogni ora del giorno e della notte a chat erotiche masturbandosi più volte con partner virtuali dall’indubbia identità sessuale. Dall’anamnesi emergono gravi problematiche relazionali: Giovanni conduce una vita isolata, non ha amici né ha mai avuto rapporti sentimentali e tantomeno sessuali. Solo quando è online riesce a sopportare il peso di tali problemi nonostante il profondo senso di vergogna che poi lo affligge dopo ogni rapporto autoerotico. Nel periodo di massimo abuso il paziente arriva ad intrattenersi nelle chat sino a 80 ore settimanali. Nell’uso “normale” della Rete un aumento progressivo delle esperienze, parallelamente all’uso di sempre maggiori strumenti e servizi online. - il primo approccio alla Rete viene solitamente mediato dall’uso della e-mail o del web (zapping da un sito all’altro), - successivamente utilizzate anche altre applicazioni ben più sofisticate e complesse di queste, come chat, newsgroup, mud, ecc. Nell’uso “patologico” della Rete tale processo si ripete, ma in modo speculare. Nonostante il background esperienziale acquisito con i precedenti collegamenti, l’utente arriva a restringere progressivamente l’uso che fa della Rete aumentando progressivamente il suo tempo di permanenza online. L’ossessività che caratterizza il suo agire tende a circoscriversi su temi specifici della Rete, come sesso, azzardo, ecc. Si possono individuare 4 fasi evolutive ben precise, che conducono l’utente a divenire progressivamente un vero e proprio Retedipendente: l’utente entra in contatto con la Rete, mediante il web o la posta elettronica. Appare tanto disorientato quanto curioso di fare nuove esperienze. Sul piano relazionale, stabilisce con Internet un tipo di rapporto “uomo-macchina” (anche se il soggetto comunica con altre persone, queste passano in secondo piano rispetto alla fascinazione tecnologica della Rete). l’utente è in grado di utilizzare un ampia varietà di strumenti e servizi e di muoversi in Rete con sufficiente sicurezza. E’ consapevole dei pericoli insiti in tale tecnologia. Sul piano relazionale, stabilisce con Internet un tipo di rapporto “uomo-macchina-uomo” (la Rete viene percepita come un mezzo di comunicazione). l’utente comincia a selezionare le applicazioni della Rete che possono maggiormente soddisfarlo. Incrementa il suo tempo di permanenza online. Sul piano relazionale, stabilisce con Internet un tipo di rapporto “uomomacchina-uomo” (nonostante il soggetto cominci ad utilizzare la Rete, e quindi anche le persone che incontra on-line, in modo indiscriminato non ne appare ancora consapevole). l’utente restringe ulteriormente l’ambito di utilizzo della Rete, dedicando il suo tempo di permanenza a pochissime applicazioni e servizi (chat e mud in paticolare). Sul piano relazionale stabilisce con Internet un tipo di rapporto “uomo-macchina” (anche se il soggetto comunica con altre persone queste vengono percepite come oggetti di piacere). Dal punto di vista grafico, possiamo riassumere quanto detto nel seguente modo: Uso normale della Rete Uso problematico della Rete Media Massima Fase d’ingresso Fase di uso nella Rete della Rete Fase di dipendenza dalla Rete Uomo-macchina-uomo Uomo-macchina Fase di abuso Interazione Area di uso della Rete Permanenza on-line Massima Massima Minima Lo strumento che proponiamo in queste pagine origina dalla necessità di valutare il fenomeno IRP nel modo più oggettivo possibile, evitando di ricorrere alla classica metodologia del questionario “self-report”. inedito : Compie inferenze di tipo quantitativo e qualitativo. L’attuale versione beta del programma è in grado di operare in modo silente, poichè non viene avvertito e percepito dall’internauta, se non quando l’uso della Rete diviene problematico. Solo in questa particolare condizione il software installato nel PC si attiverà per avvertire l’utente dei pericoli connessi al suo abuso telematico. il software permette di compiere due tipi di analisi: Poichè il programma è in grado di cogliere gli spostamenti dell’utente nella Rete (se ad esempio chatta e poi gioca con un MUD) e i relativi tempi di connessione, può valutare il livello di coinvolgimento raggiunto dall’utente (se usa, abusa, dipende dalla Rete) nonché altri importanti parametri come il rischio di tolleranza o di dissociazione. Il programma consente inoltre di visualizzare i principali contenuti toccati dalla navigazione online (contenuti pornografici, politici, ecologisti, ecc.) e di calcolare per ognuno di essi la frequenza di comparsa. In questo modo si può sapere se un soggetto si intrattiene in chat per motivi di amicizia o sessuali. Il coinvolgimento giornaliero (Cg), espresso in termini di uso-abuso-dipendenza, viene calcolato in base ad alcuni parametri: - la frequenza d’uso giornaliera (Fg), - la motivazione di base (M), se è ludica o lavorativa, - il tempo di permanenza online giornaliero (Tg), - la differenza di tempo di permanenza online tra le ultime due settimane (Ts2 / Ts1) - il livello di esposizione giornaliero (Eg). Quest’ultimo parametro, in particolare, costituisce una stima di quanto il soggetto si espone continuativamente, senza interruzioni, alla Rete: più elevato è questo indice più elevata è la probabilità che il soggetto sviluppi una sintomatologia di tipo dissociativo. Il rapporto Ts2 / Ts1, invece, consente di valutare la propensione del soggetto ad aumentare progressivamente la sua permanenza online (fenomeno della tolleranza). Cg = (Fg • Tg • Eg / M) • (Ts2 / Ts1) Nell’analisi qualitativa, i contenuti più frequentemente ricercati dal soggetto vengono conteggiati e raggruppati in base ad alcune categorie generali (violenza, sesso, ecc.). In questo modo è possibile integrare i risultati dell’analisi quantitativa con informazioni di contenuto, così da delineare meglio gli interessi e i bisogni del soggetto che vengono appagati dalla Rete. Ciò permette di sapere, ad esempio, se un soggetto si intrattiene in chat per motivi di amicizia o sessuali oppure se la sua forma di dipendenza da MUD riguarda giochi di ruolo a contenuto sessuale o violento. ESEMPI DI ANALISI Tabella di raccolta quantitativa Attività online Frequenza d’uso giornaliera Tempo di permanenza (min.) Ts2/Ts1 Livello di esposizione Motivazione 1=personale 2=lavorativa Coinvolgime nto Chat 3 30 0,75 1 1 67,5 E-mail 2 12 1 1 1 24 Ricerca 5 2 0,66 1 2 3,3 Gambling 0 0 0 1 1 0 MUD 6 420 1,2 3 1 9072 Trading 0 0 0 1 1 0 Web 4 20 0,66 1 2 26,4 Game 2 244 1 2 1 976 Tabella di raccolta qualitativa Contenuti Percentuale Violenza 48 Sesso 12 Gossip 10 Natura 8 Denaro 7 Cultura 5 Musica 5 politica 5 TOTALE 100 Tabella diagnostica finale Livello di coinvolg. Uso della Rete Rischio tolleranza Rischio dissociazione Diagnosi USO Generalizzato No No Retomane MUD in fase tossicomanica ABUSO Specifico Si Si Il contenuto del MUD è prevalenteme nte di natura violenta DIPENDENZA Crediamo che si possa affermare che un certo livello di : la dissonanza cognitiva di Festinger è una teoria che si basa sull'assunto che “l'individuo mira alla coerenza con se stesso” caratterizzi i comportamenti addittivi in genere e che li renda possibili, proprio in virtù della frammentazione dell'esperienza. . le "ricompense" che Internet comporta diminuiscono col tempo a causa dell’instaurarsi della tolleranza. L’individuo si trova di fronte ad una notazione discordante: si collega per stare meglio ma, contemporaneamente appaiono segni di malessere prima inesistenti. A questo punto, la vicenda può avere due sviluppi divergenti. . modificare il proprio atteggiamento trasformandolo in uno più compatibile con l’uso di Internet. Ciò corrisponde all’instaurarsi della dipendenza. Fase iniziale della stabilizzazione Della dipendenza le conseguenze negative dell’abitudine sono avvertite e registrate, la frattura interiore che ne deriva non è minimizzata e il disagio è utilizzato per rafforzare la propria volontà a ridurre il tempo di permanenza online. MENZOGNA ONLINE “Puoi dire quello che vuoi: sono sicuro che tu non sei una donna...” (Ospite 14, in una chat di una bbs milanese) FALSA IDENTITA’ ON LINE : ma è davvero così? faccia a faccia, telefono, instant messaging e posta elettronica. Al telefono si dicono più menzogne che nelle conversazioni faccia a faccia. Nella posta elettronica si mente molto meno che nelle interazioni faccia a faccia. Non vi differenza significativa fra instant messaging e interazioni faccia a faccia. La frequenza delle menzogne tende ad essere tanto maggiore quanto più la comunicazione è sincrona e distribuita e quanto meno è registrabile. Si rivelano più informazioni su di sé online che nei rapporti faccia a faccia La condizione di anonimato visivo favorisce un maggiore disvelamento del sé e permette la comunicazione e condivisione di informazioni personali. In un altra ricerca condotta dalla Whitty sui siti d’incontri si sono considerate le aree identitarie più colpite dalla menzogna. : per risultare più attraenti. Donne: circa la loro bellezza, usando foto datate più di quanto non fanno gli uomini. Uomini: quando riferiscono la loro età anagrafica o quando parlano del loro status familiare ed economico. Aspetti falsificati Uomini Donne Totale Aspetto fisico 2 (6,7%) 14 (46,7%) 16 (26,7%) Informazioni sullo stato civile e i figli 4 (13,3%) 2 (6,7%) 6 (10%) Età 3 (10%) 1 (3,3%) 4 (6,7%) Peso 2 (6,7%) 2 (6,7%) 4 (6,7%) Status socio-economico 2 (6,7%) 1 (3,3%) 3 (5%) Interessi 3 (10%) 0 (0%) 3 (5%) L’ anonimato a volte può addirittura aiutarci ad essere più veri e sinceri con gli altri utenti della Rete. L’avatar o il nickname che possiamo scegliere per auto presentarci in una chat o in un metaworld, divengono la rappresentazione, il clone della nostra reale personalità, in formato redux. “Digital Identity Assessment” (Valutazione dell’Identità in ambiente Digitale): Branca della cyberpsicologia che indaga e delinea la reale identità dell’internauta partendo dall’analisi dei soli “indizi digitali”. - L’avatar e il nickname rappresentano un “biglietto da visita” dell’utente che fornisce importanti informazioni personali (sesso o l’età). - Il contesto spazio-temporale nel quale avviene la comunicazione può fornire molti dati personali e un’ idea sul grado di dell’indagine che stiamo effettuando. - La modalità e il contenuto della comunicazione rappresentano senza dubbio la fonte informativa più importante. Dal loro esame derivano importanti informazioni relative alla psicologia e/o alla psicopatologia dell’utente. Questa metodica investigativa è concepita per essere applicata agli ambienti di Rete deputati esclusivamente alla comunicazione interpersonale (CMC) come chat testuali o grafiche (prive di collegamento audiovideo), l’instant messaging, e che i suoi risultati hanno valore solo probabilistico. Vengono esclusi dall’analisi tutti quegli ambienti di Rete dove le finalità comunicative vengono subordinate a quelle ludiche (Mud - Multi-users dungeon) o dove non viene garantito l’anonimato dell’utente (facebook, myspace, ecc.). Lo psicologo americano Suler ha effettuato la sua ricerca attraverso il “Palace”: una chat multimediale composta da circa 30 stanze (compreso un bar, una sala giochi, camere da letto, uno studio, una spiaggia, una paludebrughiera e diversi locali surreali). Gli utenti possono muoversi liberamente in Palace e parlare tra loro tramite la tastiera del Pc. - Avatar di seduzione. Vengono scelti per il loro forte impatto sugli altri membri. Il loro successo è confermato dalla curiosità di sapere chi si nasconda veramente dietro ad un avatar sexy. Il soggetto spesso manifesta una insoddisfazione per il proprio corpo. - Avatar di potenza. I soggetti hanno spesso una fantasia conscia o inconscia di onnipotenza celando così vulnerabilità e fragilità. Hanno un grosso appeal tra gli adolescenti visto il loro bisogno di nascondere le proprie insicurezze. Avatar idiosincrasici. E’ associato all’individuo come se fosse un proprio marchio di fabbrica. Sono particolarmente originali e creativi. Raramente vengono presi in prestito avatar preconfezionati. - Avatar di facce reali. La maggior parte della gente non usa una propria foto come primo avatar, preferendo un parziale anonimato che esprima un aspetto limitato della loro personalità e che lasci spazio all’immaginazione o anche solo per divertirsi sperimentando nuove identità. Quando un soggetto si rappresenta con l’immagine reale del suo viso intende essere onesto e intimo, dare un segno di amicizia e perfino di romanticismo . - - Avatar demoniaci. Vengono associati con la malizia, con le fantasie di aggressività o sensi di colpa, per esprimere il lato oscuro della loro oscuro della loro personalità in modo sublime. Spesso vengono anche utilizzati in modo consapevole o no per allontanare determinati membri. Può comunque essere indicativo di una certa ansietà verso l’intimità e la vulnerabilità - Avatar di celebrità. C’è una identificazione con ciò che rappresenta la celebrità (sensualità, intelligenza, potere) che può significare il desiderio del soggetto di essere associato a tali requisiti o semplicemente diffondere una corrente popolare. Avatar di cartoni animati: Dietro la scelta di questo avatar si cela un allegra regressione infantile. Con l’aumentare dell’età il tipo di cartone animato scelto diviene più sofisticato, il tono psicologico di questi avatar diventa così più seduttivo e misterioso. - Avatar di animali. Ha uno specifico significato psicologico per la persona in quanto rappresentativo di aspetti reali della propria identità. Può anche rappresentare di per sé caratteristiche ammirate dal soggetto stesso. - - Avatar scioccanti. Sono immagini molto bizzarre che fanno sospettare sulla salute mentale del soggetto. Sono anche molto popolari tra gli adolescenti che possono avere un comportamento estremo per esprimere la propria indipendenza e individualità, testando i propri limiti . - Avatar astratti. Vengono utilizzati da persone particolarmente concettuali o tendenti a visualizzazioni artistiche di tipo simmetrico . Secondo Giannantonio gli avatar a tre dimensioni (come quelli di Second Life), possono evidenziare anche la possibile patologia del navigatore. Un avatar femminile è pericoloso quando è eccessivamente seduttivo e disponibile, immotivatamente disinibito e manipolatorio. La sua versione al maschile è un personaggio che fa riferimento a gesta epiche ed eroiche, si definisce senza macchia e senza paura e si attribuisce qualità assolutamente all’apice, senza manifestare mai alcuna contraddizione o difficoltà “Il patologico si riconosce anche dai colori che usa per il proprio avatar: - violenti - a forte contrasto= il viola per il mondo maschile e il blu elettrico per quello femminile. Nuance che identificano l'ipereccitabilità interiore“. Alcuni cyberpsicologi si interrogano da qualche tempo sulla possibilità che l'avatar scelto possa avere qualche effetto sul comportamento che l’utente adotterà nell’ambiente virtuale nel quale agisce: ESPERIMENTO: Nick Yee e Jeremy Bailenson (2006), entrambi della Stanford University, Assegnato a due gruppi di studenti un avatar per ciascuno. E’ stato dato loro meno di un minuto per esaminare le loro nuove "anime", in una sorta di specchio virtuale, e poi sono stati invitati ad andare in una stanza virtuale in compagnia di un altro avatar, controllato da un aiutante all'oscuro delle finalità dell'esperimento. Indipendentemente dalla loro altezza nella vita reale alcuni soggetti del primo gruppo hanno avuto in sorte avatar più alti dell’altro personaggio nella stanza, altri si son dovuti accontentare di avatar più bassi. Nel secondo gruppo di studenti metà degli avatar assegnati rappresentavano volti più attraenti di quelli della controparte, l’altra metà erano invece meno attraenti. Il compito affidato a tutti era quello di accordarsi con l’altro personaggio nella stanza per dividere una somma di denaro. Hanno così riscontrato che le persone a cui era stato dato un avatar virtuale più alto erano negoziatori più aggressivi, mentre quelli con l’avatar più basso erano più inclini a scendere a compromessi anche quando questo non era proprio nel loro interesse Coloro che avevano un avatar meno attraente inoltre, mentre parlavano con l’altro personaggio, si fermavano mediamente un metro più lontano da lui di quanto facessero quelli a cui era stato assegnato un avatar attraente. NICKNAME = primo ed unico elemento identificativo dell’utente nel web. Rappresenta la pelle telematica di ciascuno, il modo di comunicare e di relazionarsi agli altri. Studio di Bechar-Israeli (1995): Il nick che si sceglie rimanda a un tratto del carattere o della persona (soprannome, collocazione geografica, l’età, il nome proprio, nel 53% circa del campione esaminato). Raramente viene cambiato. La stessa funzione svolge lo user id dell'indirizzo e-mail. Il nomignolo posto alla sinistra della chiocciola è frutto dell’estro e della fantasia, l’altro invece posto alla destra viene in genere acquisito automaticamente ma anch’esso può fornire importanti informazioni (sempre che il nostro interlocutore ce lo voglia comunicare). Ad esempio il suffisso “edu” permette di identificare il mittente come appartenente ad una comunità accademica (scuola o università). Come è noto l’attendibilità di queste informazioni personali può variare, e anche di molto, in funzione del contesto situazionale: ad esempio in una chat a contenuto sessuale è probabile che il nickname dell’utente sia quanto mai distorto dall’esigenza di apparire nel modo più attraente possibile e nel più completo anonimato. In base alla nostra esperienza possiamo individuare alcune classi di nickname a cui probabilisticamente corrispondono specifici profili anagrafo-psicologici: Nickname metal, violento, demoniaco, epico, eroico Adolescente di sesso maschile. Insicurezza, (venom, il distruttore, devil) ricerca di attenzione Nickname a contenuto sentimentale, poetico, floreale Adolescente di sesso femminile. (love, fiorellino, impressionata) Nickname “estetico”, cioè composto da particolari font Adolescente di sesso femminile. (luci@, Valeria, mary ) Creatività Nickname a contenuto sessuale Adolescente / adulto di sesso maschile. (gola profonda, pisellone, birichina sexy) Insicurezza, attenzione insoddisfazione, ricerca di Alcuni utenti cambiano frequentemente il proprio avatar o il proprio nickname, (come accade nella vita reale con l’abbigliamento o con il taglio di capelli). L’utente può modificare il proprio “look virtuale” per varie ragioni: perché insoddisfatto del proprio aspetto online, per ricevere più consenso o attenzione dagli altri utenti, per rispondere a specifiche esigenze ambientali, perché si annoia. per sottendere una precisa intenzionalità manipolatoria. Dimensione situazionale Non tutti i luoghi di comunicazione permettono la medesima libertà di espressione. L’investigazione psicologica che può essere svolta, fornisce un identikit psicologico poco attendibile se non fuorviante. E’ quindi consigliabile, prima di compiere una qualsiasi DIA, valutare attentamente le caratteristiche tecniche dell’ambiente di comunicazione, verificando se vi sono sufficienti “gradi di libertà” espressiva. (Internet Relay Chat) E’ un tipo di discussione testuale sincrona, in cui non esistono mondi virtuali da costruire o nemici da sconfiggere, ma solo canali contraddistinti da un nome e da un topic dove un numero variabile di partecipanti chiacchiera. I partecipanti interagiscono fra loro mediante avatar (bidimensionali o tridimensionali) e condividono lo stesso contesto ambientale, solitamente realistico e accattivante. E’un mondo virtuale , un ambiente tridimensionale online dato da una simulazione elettronica, i cui contenuti vengono creati e sono posseduti dai suoi stessi abitanti. Questi vengono rappresentati tramite degli avatar, personalizzabili in maniera praticamente illimitata. In Italia le persone che si collegano quotidianamente alle chat, sono circa 7 milioni. Il 70% sono donne Usano la Rete per fare amicizia, per condividere le proprie esperienze, ma anche per vivere nuove relazioni sentimentali, più appaganti di quelle che hanno nella vita reale. Gli uomini maggiormente per per vivere un esperienza di cyber sex (Cantelmi). Ad un elevata permanenza online corrisponde un disagio psicologico ben definito, denominato Internet Related Psychopatology. La personalità di un dipendente dalla Rete si accompagna ai seguenti tratti psicologici: introversione, insoddisfazione per la vita reale, familiarità alla dipendenza, disagio relazionale, bassa autostima. Altro indizio di una possibile condizione di addiction è rappresentato dalle fasce orarie di collegamento alla Rete. Gli addicted rimangono connessi molto tempo anche durante le ore notturne. La pratica di passare da un sito all’altro con estrema rapidità = noia o iperattività = evoluzione verso un utilizzo "usa e getta" del web ( Cantelmi, Talli, 2007). E' una forma meno spontanea di comunicazionene ma più oggettiva e "stabile“rispetto alla forma verbale. E' un messaggio scritto e gettato nel cyberspazio. L’anonimato degli interlocutori permette una maggiore libertà di espressione, facilitando l'intimità e la confidenza tra le persone. Flaming: stile comunicativo fatto di espressioni molto forti e di insulti rinvenibile in utenti particolarmente aggressivi o provocatori. Si parla di utenti frustrati nei loro bisogni primari e desiderosi di essere maggiormente considerati dagli altri utenti della Rete. L’ insieme di regole, create dalle comunità virtuali che regolano le modalità d’interazione tra i membri viene chiamata “netiquette”. Bombing: l’invio allo stesso utente centinaia di messaggi fino a bloccargli la possibilità di comunicare con l’esterno. Si parla di utenti con un indole psicologica tutt’altro che benevola, spesso rinvenibile nelle mailing list o nei newsgroup. Lurking: stile di interazione di tipo passivo. Si segue una discussione senza mai partecipare attivamente con propri contributi. Può dipendere da una mancata conoscenza dello strumento utilizzato ma anche da fattori di insicurezza e passività personale. Gender swapping: un individuo assume l'identità del sesso opposto. E’ una pratica abbastanza comune, soprattutto tra gli uomini, che non è indicativa di omosessualità o travestitismo nella vita reale (Bruckman, 1993). Accade perché un personaggio femminile riceve più attenzioni di uno maschile, soprattutto quando entra in un Mud o in una chat per la prima volta (Bruckman, 1993; Rheingold, 1993). Chi pratica il “gender swapping” ricerca un’esperienza altamente emozionante, sperimentando ruoli e abitudini completamente diverse da quelle abituali. (Vaccaro, 2001): Le personalità istrioniche tendono a manifestare maggiormente le proprie emozioni. Il messaggio è drammatico, pieno di spazi, puntini di sospensione, caratteri (font) diversi ed espressioni colorite per dare maggiore espressività al testo. Le personalità narcisistiche tendono a scrivere molto oppure a parlare di loro in modo estremamente positivo. Le personalità schizoidi tendono a mostrare una espressività breve e penetrante. Il corpo del messaggio può essere piuttosto disorganizzato. Le personalità compulsive tendono a rivelare pochissime emozioni e ad inviare messaggi logicamente organizzati e intellettualizzati. ”: la tendenza da parte del soggetto a negare le proprie incertezze e paure, così da fornire un’immagine sociale tanto forte e sicura quanto irrealistica e artificiale. - - - Le ragioni possono essere molteplici: per mascherare e migliorare la propria identità ritenuta insoddisfacente (almeno in quel particolare contesto comunicativo) per ricevere più considerazione dagli altri utenti della Rete per assecondare eventuali spinte regressive o di onnipotenza per la difficoltà “strutturale” di prendere contatto con la propria fragilità psicologica. Le donne usano più spesso degli uomini le “emoticons” (faccine). Gli errori ortografici ci danno indizi sul livello culturale dell’utente, uomo o donna che sia. La velocità di interlozione può variare da tempi di attesa più lunghi (maggiore riflessività, noia, razionalità ed insicurezza o semplicemente distrazione) o più rapidi (dinamismo, reattività, impulsività, sicurezza ed interesse per l’interlocutore. Esistono diversi ambiti di rapporto interpersonale (Capacchione, 2006) Le persone cercano di creare e mantenere uno spazio-cuscinetto intorno a sè che li separi dagli altri. L’ampiezza di questo spazio è moderata da molti fattori: cultura, la razza, il sesso, l’età, il grado di intimità con l’altro. La distanza interpersonale è maggiore nelle diadi maschio-maschio, minore nelle diadi femmina-femmina e fra i due estremi si collocano le diadi miste. Questo è quello che accade in Second Life. Il grado di intimità entro un’interazione diadica è salvaguardato da cambiamenti compensatori nello sguardo o nella distanza interpersonale. (se finiamo troppo vicini a qualcuno con il quale non vogliamo condividere molta intimità possiamo distogliere lo sguardo per ridurre l’intimità indesiderata e ritornare in uno stato di equilibrio). Lo sguardo reciproco e la distanza interpersonale sono inversamente correlati. Diverse ricerche hanno dimostrato delle differenze di genere nel contatto oculare: le diadi femmina-femmina esibiscono con maggiore probabilità e frequenza sguardi reciproci delle diadi maschio-maschio e miste. Anche questo aspetto si mostra identico in ambiente virtuale. Inoltre questa differenza di genere si è rivelata influenzata dal luogo online nel quale gli avatar erano immersi. In particolare le diadi maschio-maschio erano significativamente meno propense a guardarsi reciprocamente in ambienti chiusi comparate con tutte le altre composizioni diadiche e i luoghi outdoor. La diade maschio-maschio preferisce, in altre parole, meno intimità e una maggiore distanza interpersonale. Nella vita reale lo sguardo gioca un ruolo importantissimo nel comportamento conversazionale, regolando il tempo dell’attenzione e del turno nel parlare. Anche in Second Life più due avatar parlano a lungo e più si guardano reciprocamente. : Le donne tendono a comunicare tematiche di tipo personale, soffermandosi sulle emozioni e gli stati d’animo. Inoltre tendono ad impiegare quei verbi che esprimono dubbio, incertezza e necessità. Gli uomini si caratterizzano per la discussione di temi impersonali come il lavoro, il denaro, lo sport. Fanno un largo uso di articoli e preposizioni per aumentare l’idea di concretezza ed esprimono maggiormente giudizi Come è noto nelle chat di tipo sessuale, solitamente l’approccio maschile diviene più esplicito e concreto di quello femminile. (Herring, 1993). Esiste un grado di congruenza che intercorre tra ciò che viene detto dal singolo utente e il tema generale di discussione. 3 livelli sequenziali di congruenza: : Il contenuto comunicato coincide con quello richiesto/trattato dagli altri utenti della Rete. Il soggetto manifesta aderenza alla realtà e interesse per ciò che viene discusso. : Il contenuto comunicato diverge da quello richiesto/trattato dagli altri utenti della Rete. Il soggetto adotta uno stile comunicativo di tipo difensivo, caratterizzato da evasività, scarsa fiducia e cautela. Difficoltà a mostrarsi agli altri per quello che realmente è. : Il contenuto comunicato diverge completamente da quello richiesto/trattato dagli altri utenti della Rete. Il soggetto manifesta scarsa aderenza alla realtà oppure un atteggiamento esibizionista, provocatorio, finalizzato alla ricerca di attenzioni. Ora possiamo delineare l’identità del nostro interlocutore virtuale facendo convergere i vari indizi digitali raccolti, intorno alle principali aree di signficato. Per facilitare il compito abbiamo elaborato una griglia di raccolta di indici: Più alto sarà il numero degli indici convergenti in una medesima area, maggiore sarà la probabilità che la pista interpretativa suggerita abbia una sua validità ai fini diagnostici. Il report interpretativo abbraccia tre macro aree distinte: -anagrafica, -psicologica, -psicopatologica. -L’attendibilità del profilo dipende dal numero di “gradi di libertà” connessi a quel particolare ambiente comunicativo e dal numero di “indizi digitali” rilevati nel corso dell’osservazione del caso (ad un maggiore numero di indizi corrisponde un più elevato grado di attendibilità). -La griglia di raccolta include alcuni indici ad elevata specificità, che possiedono valore predittivo solo se riferiti alla specifica situazione di osservazione (riportata tra parentesi), e che quindi non sono generalizzabili ad altre situazioni. -Complessivamente gli indici proposti ai fini diagnostici sono 48, di cui 21 per la dimensione estetica, 5 per quella situazionale e 22 per quella relazionale. Avatar di seduzione (2d) Avatar di potenza (2d) Avatar idiosincrasici (2d) Avatar di facce reali (2d) Avatar demoniaci (2d) X X X Nickname violento X X X X Nickname demoniaco X X X X Avatar di cartoni animati (2d) Avatar astratti (2d) Avatar scioccanti (2d) Colori violenti, contrastati (3d) Avatar seduttivo, manipolativo (3d ; fem.) Avatar eroico, epico (3d ; maschio) Nickname metal Nickname eroico-epico Nickname sentimentale Nickname poetico Nickname floreale Nickname estetico Nickname sessuale Frequenti cambiamenti avatar o di nick Dimensione Situazionale Chat sex Chat incontri di à dell’Io Ipereccitabilit Fragilità compulsiv Addiction Schizoide Personalità narcisistica Personalità isterica Personalità Personalità Noia Evasività Razionalità Onnipotenza Impulsività Passività l’interloc. Fiducia di Dimensione Estetica attenzione Interesse per Ricerca Creatività Sicurezza e Insicurezza Insoddisfazion à Perfezionismo relazione Aggressività insod. RegressioneImmatur. Manipolativit bassa Single- Istruzione femminile Adolescente maschile Sesso Sesso Indici digitali Elevato tempo di permanenza X Collegamenti notturni Zapping Dimensione Relazionale Flaming Bombino Lurking Gender swapping - spoofing Testo espressivo, emozionale X Testo lungo o autoreferenziale X Testo disorganizzato Testo freddo e logico Tempi lunghi di risposta Tempi brevi di risposta Distanza minima dell’avatar (3d) Testo “senza paura” X X X X Testo con “emoticons” Testo con errori ortografici Contenuto impersonale Contenuto personale Contenuto esplicito (chat sex) Contenuto non esplicito (chat sex) Congruenza totale X Congruenza parziale Congruenza assente Fornire e-mail, telefono, indirizzo abitativo Area Anagrafica 3 TOT. Area Psicologica Area Psicopatologica 4 1 3 2 1 1 1 1 1 Gradi di libertà espressiva: Numero degli indici rilevati: 3 7 Livello di attendibilità dell’analisi: 3 (1 = bassa ; 2 = media ; 3 = alta) (< 6 = insufficiente ; > 6 = sufficiente) (1 = insufficiente ; 2 = sufficiente ; 3 = elevato ) Area anagrafica Contrariamente a quanto dichiarato nel corso della sessione online, l’utente è probabilmente un soggetto giovane (adolescente) di sesso maschile. Area psicologica Dagli indici rilevati sembra emergere una personalità caratterizzata da ingenti vissuti d’incertezza e insicurezza personale, a cui sembrano contrapporsi l’uso di modalità difensive di tipo compensatorio. Di conseguenza l’utente può manifestare atteggiamenti e comportamenti diametralmente opposti a quelli reali, e quindi improntati ad un eccesso di sicurezza, assertività e disinvoltura. Sul piano pulsionale, sembrano emergere cariche aggressive non sempre adeguatamente gestite o controllate: soprattutto in condizioni di stress l’utente può incorrere in stati di elevata tensione o in vere e proprie esplosioni emotive. La relazione online con gli altri utenti appare congruente e caratterizzata dalla ricerca di attenzione e affetto. Area psicopatologica L’esigenza dell’utente di aumentare la propria autostima con conferme di tipo esterno (giudizi positivi) può lasciare prefigurare l’esistenza di tratti di personalità simil-narcisistici. In questo senso il soggetto può manifestare una marcata sensibilità ai giudizi e alle critiche degli altri, oppure, all’opposto, mostrarsi completamente disinteressato e sereno con se stesso. I vissuti di onnipotenza che mascherano quelli di impotenza e di bassa autostima trovano nella Rete un più valido mezzo di espressione, creando, di conseguenza, le premesse psicologiche idonee per un suo uso “additivo”. In effetti l’uso della Rete ed in particolare della chat grafica appare abnorme per via dell’elevato tempo di permanenza online e dei frequenti collegamenti notturni. L’addiction che ne deriva, si accompagna a precise caratteristiche psicologiche, come introversione, insoddisfazione per la vita reale, tendenza all’evasione e al ritiro online, disagio interpersonale e bassa autostima. Prima della pubblicazione in Italia dello UADI, i questionari che potevano essere reperiti fuori e dentro la Rete per la valutazione delle problematiche psicopatologiche connesse all’uso di Internet presentavano numerose deficienze: l’esiguità del campione su cui venivano fatte le varie inferenze psicologiche che di fatto limitava la sua rappresentatività. -il metodo di reclutamento del campione stesso. Molti autori riuscivano anche in tempi relativamente brevi a raccogliere un gran numero di soggetti e dati mediante l’utilizzo di questionari elettronici accessibili dagli utenti della Rete. Con questo metodo l’autore si trovava, di fatto, nell’impossibilità di appurare la reale identità dell’utente che compilava il questionario, selezionando per di più solo gli utenti interessati alla ricerca e non altri. Quasi tutti gli strumenti, inoltre, erano privi di un qualsivoglia studio di validazione. Non si poteva, quindi, sapere né il grado di attendibilità e di validità di quello specifico strumento, né tantomeno inferire le norme a cui riferire il singolo punteggio. Infine la mancanza di una definizione chiara e univoca di ciò che ci si prefiggeva di indagare con lo strumento, data la molteplicità di criteri diagnostici proposti per il disturbo. Se i criteri diagnostici per misurare l’Internet Addiction Disorder differivano da autore e autore, differivano anche gli strumenti ad essi ispirati. Tuttavia alcune caratteristiche, connesse al costrutto “dipendenza”, ricorrevano più di altre: “craving” ( l’impulso irrefrenabile verso l’oggetto di piacere, nel nostro caso la Rete), “lack of control” (l’incapacità dell’individuo di controllare l’impulso), “withdrawal” ( l’astinenza, con i suoi sintomi tipici quali, irritabilità, ansietà, insonnia, sudorazione, ecc.) e “tolerance” ( l’aumento progressivo della quantità di piacere ricercato nell’oggetto di dipendenza). Anche quando le caratteristiche da misurare coincidevano alcuni questionari potevano presentare un set di item palesemente “sbilanciato” su una o più di queste caratteristiche, con il risultato di andare a misurare solo una parte del problema (vedi figura). L’UADI prometteva di superare buona parte di questi inconvenienti e di attestarsi come il primo (e al momento unico) questionario validato sulla popolazione italiana. Un impegno che riteniamo mantenuto, viste le indubbie qualità psicometriche dello strumento e il suo crescente interesse presso la comunità scientifica e non. In queste pagine ripercorriamo il processo di costruzione e validazione del 2001 e l’attuale semplificazione delle procedure per l’interpretazione dei punteggi. Ci proponiamo, in definitiva, di mettere a disposizione dell’interessato uno strumento di collaudata affidabilità e di ancora più facile uso e interpretazione. A voi decidere se ci siamo riusciti. Il lavoro di costruzione e validazione del test UADI è ben descritto nell’articolo “Costruzione e validazione preliminare di uno strumento (UADI) per la rilevazione delle variabili psicologiche e psicopatologiche correlate all’uso di Internet” uscito nel settembre del 2001 sul “Giornale Italiano di Psicopatologia” ad opera degli autori Del Miglio, Gamba e Cantelmi. E’ da queste pagine che ricaviamo i principali dati psicometrici presenti in questo paragrafo, in primo luogo quelli concernenti il campione di validazione. I soggetti sono stati tutti reperiti in condizioni off-line (senza fare uso di questionari elettronici), presso alcuni Internet Cafè (o simili) e ambienti lavorativi e universitari di varie città italiane. Agli utenti è stato somministrato un protocollo di 80 item a cui si poteva rispondere secondo una scala Likert strutturata su cinque livelli (1 = assolutamente falso ; 2 = piuttosto falso ; 3 = né vero né falso ; 4 = abbastanza vero ; 5 = assolutamente vero). I contenuti indagati dagli item riguardano molti aspetti psico-pato-logici connessi con l’uso, abuso, dipendenza della Rete: tolleranza, astinenza, impatto sulla vita reale (relazioni, salute, lavoro), compulsività, esperienze sensoriali bizzarre, fuga-alienazione, identità, onnipotenza, ricerca di emozioni, sperimentazione di aspetti diversi del sé, regressione. Come si può vedere dalla tabella 1, il campione raccolto si compone di 163 maschi e di 78 femmine con un età compresa tra i 13 e i 57 anni. I soggetti celibi superano di gran lunga quelli sposati e coloro che possiedono il diploma di scuola media superiore sono in netta prevalenza numerica. Per quanto concerne l’uso della Rete, la maggior parte dei soggetti permane in Rete per non più di 12 ore settimanali mentre coloro che superano il limite delle 40 ore settimanali sono una esigua minoranza. Mediamente i soggetti esaminati usano Internet da almeno 24 mesi. Variabile SESSO Frequenza Percentuale maschi femmine 163 78 67.6 32.4 < 20 20 - 25 26 - 30 31 - 36 > 36 24 75 66 37 39 10.0 31.1 27.4 15.4 16.2 celibe coniugato 195 46 80.9 19.1 media media superiore laurea 22 168 51 9.1 69.7 21.2 6 - 12 13 - 19 20 - 24 25 - 31 32 - 38 > 38 91 28 43 12 50 17 37.8 11.6 17.8 5.0 20.7 7.1 6 - 12 13 - 19 20 - 26 27 – 33 34 – 40 > 40 169 37 20 6 6 3 70.1 15.4 8.3 2.5 2.5 1.2 ETA’ STATO CIVILE TITOLO di STUDIO MESI di UTILIZZO ORE di COLLEGAMENTO Al fine di individuale e delineare le principali dimensioni indagate dal test, è stata effettuata l’analisi fattoriale delle componenti principali (ACP). Come si può notare dalla tabella 2 i cinque fattori estratti con auto valore maggiore di 2,5 spiegano circa il 40 % della varianza totale e risultano tutti rappresentati da un numero considerevole di item. Componente 1 Varianza (%) 23.889 6.319 2 3 3.849 4 3.360 5 3.168 Item (1 – 75) 58,57,17,71, 72,21,45,20, 6,53,11,61,4, 3,5 38,24,50,44, 33,62,23,54, 69,74,40,55, 26,29,12 59,49,43,64, 35,41,70,22, 39,14,73,32, 27,66,51 68,18,31,30, 7,36,13,25, 15,37,9,42, 19,60,65 75,16,47,1,8, 52,2,67,46, 63,48,28,34, 56,10 Nome dato alla componente Il primo fattore estratto, denominato EVASIONE, raccoglie una serie di item che descrivono un uso di Internet all’insegna dell’evasione, come atto di compensazione rispetto alle difficoltà della vita reale quotidiana. Gli item relativi al secondo fattore, denominato DISSOCIAZIONE, descrivono alcuni sintomi dissociativi (esperienze sensoriali bizzarre, depersonalizzazione, de realizzazione) insieme alla tendenza all’alienazione e alla fuga dalla realtà Il terzo fattore, denominato IMPATTO SULLA VITA REALE, raccoglie una serie di item relativi alle conseguenze sulla vita reale dovute all’uso “distorto” di Internet. Gli item del quarto fattore, denominato SPERIMENTAZIONE, descrivono l’uso di Internet come spazio privato, come laboratorio sociale di sperimentazione del sé, come terreno per il gioco e la regressione, come strumento per la ricerca di emozioni L’ultimo fattore estratto, denominato DIPENDENZA, contiene item che riguardano alcuni comportamenti e sintomi della dipendenza, in particolare tolleranza (aumento progressivo del periodo di collegamento) astinenza, compulsività e ipercoinvolgimento. Oltre all’individuazione di cinque specifiche scale, riconducibili alle cinque componenti estratte (Evasione compensatoria, Dissociazione, Impatto sulla vita reale, Sperimentazione e Dipendenza), l’analisi fattoriale ha suggerito anche l’eliminazione di alcuni item per così giungere ad un nuovo strumento di 75 item.Per la misura dell’attendibilità del questionario gli autori si sono avvalsi del calcolo del coefficiente alfa di Cronbach. Come si può notare dalla tabella 3 le stime risultano soddisfacenti per tutte le scale. Scala Alpha Evasione Compensatoria 0,8966 Dissociazione 0,9273 Impatto sulla vita reale 0,8182 Sperimentazione 0,8205 Dipendenza 0,7605 Come per qualsiasi analisi psicometrica di questo tipo, si sono calcolate la media e la deviazione standard di ciascuna scala e l’analisi della varianza (ANOVA) delle principali variabili anagrafiche e non (sesso, titolo di studio, stato civile, ore di collegamento, mesi di utilizzo). Considerando che ciascuna scala contiene 15 item e che le sommatorie dei punteggi grezzi alle risposte possono variare da 15 a 75 , i soggetti presentano generalmente punteggi medi abbastanza bassi, soprattutto alla scala della Dissociazione. Come si può notare dalla tabella sottostante, la scala della Dipendenza presenta invece una media piuttosto vicina al punteggio grezzo intermedio (45). Scala Media Dev. Standard Evasione Compensatoria 36.19 12.49 Dissociazione 29.25 13.18 Impatto sulla vita reale 36.60 11.15 Sperimentazione 36.50 10.51 Dipendenza 43.73 9.51 Non si sono riscontrate, nei punteggi, differenze statisticamente significative tra maschi e femmine. Un dato interessante è invece emerso per la variabile età: i soggetti con meno di 20 anni presentano in media punteggi più alti a tutte le scale, in particolare alla scala SPE, EVA e DISS. (Purtroppo la scarsa numerosità di soggetti che appartengono a questa categoria non permette di fare attendibili ipotesi esplicative.) Infine il calcolo delle correlazioni tra le scale dello UADI e ore di collegamento non ha evidenziato alcun valore significativo. Il numero di ore che gli utenti passano collegati alla Rete, dunque, non permette di discriminare l’uso dall’abuso, almeno in questo campione. Diversamente emerge una correlazione negativa tra le scale EVA, DIS e SPE dello UADI con la variabile “mesi di utilizzo” (p< 0.01): con l’aumentare dei mesi di utilizzo della Rete diminuiscono i punteggi delle scale. Questo dato smentirebbe la convinzione diffusa che i comportamenti d’abuso e successivamente di dipendenza si sviluppano nel tempo, parallelamente alla crescita dell’utilizzo di Internet. L’utilizzo sempre più diffuso del test da parte degli addetti ai lavori (ricercatori, psicologi, laureandi in psicologia, ecc.) e il suo crescente interesse presso gli stessi internauti, ci ha indotto nel corso dell’anno 2009 ad operare una semplificazione delle procedure di interpretazione dei risultati. A tal fine abbiamo condotto quello che in psicometria viene definita la “standardizzazione dei punteggi grezzi” per consentire l’immediata classificazione del soggetto partendo dal suo punteggio grezzo ( Boncori, 2006 ). Si è deciso di trasformare il punteggio grezzo in punteggio T, che come è noto riguarda una distribuzione normale con media 50 e deviazione standard 10. Ogni possibile punteggio grezzo conseguibile nelle cinque scale dello UADI (da 15 a 75) è stato trasformato in punteggio T secondo le seguenti formule (vedi il foglio di profilo riportato in appendice): __ z X X DS T = z x 10 + 50 Legenda: z = punteggio standardizzato con media 0 e ds 1 ; X X = punteggio grezzo conseguito dal soggetto ; = media aritmetica dei punteggi grezzi ; DS = deviazione standard dei punteggi grezzi ; T = punteggio standardizzato con media 50 e ds 10. Secondo questa nuova scala, i soggetti che superano il punteggio di 70, cioè che si discostano di due deviazioni standard dalla media, vengono considerati patologici. Al di sotto di un punteggio di 30, invece il soggetto presenta una condizione psicologica molto lontana dalla caratteristica indagata. Un punteggio compreso tra i 31 e 69, come è facilmente intuibile, classifica il soggetto come normale. Per una più accurata interpretazione dei risultati si possono consultare le seguenti tabelle: Punti T Possibilità interpretative della scala Evasione Alto (70 e oltre) Utilizzo della Rete come evasione dai problemi reali – Difficoltà a stabilire relazioni sociali soddisfacenti – Euforia Medio (da 69) tab.5 La rete può essere impiegata per fini di evasione ma contestualmente ad una condizione psicologica dove le esigenze reali prevalgono su quelle immaginative. Punti T Alto (70 e oltre) Medio (da 69) Possibilità interpretative della scala Dissociazione Esperienze sensoriali bizzarre – Depersonalizzazione – Derealizzazione – Alienazione – Fuga dalla realtà Esperienze dissociative assenti o ridotte Tab.6 Punti T Alto (70 e oltre) Medio (da 69) Tab.7 Possibilità interpretative della scala Impatto sulla vita reale Disagio sociale – Affaticamento psicofisiologico – Stravolgimento delle consuete abitudini Internet impatta sulla vita reale in modo nullo o comunque contenuto – Le attività reali si integrano con quelle virtuali Punti T Alto (70 e oltre) Medio (da 69) Possibilità interpretative della scala Sperimentazione Comportamenti trasgressivi, aggressivi – Eccitazione – Menzogna – Identità fluida – Noia Vi è un naturale bisogno di esprimersi in nuovi ruoli o identità - Tab.8 Punti T Possibilità interpretative della scala Dipendenza Alto (70 e oltre) Elevato controllo sui servizi di Rete – Tolleranza – Astinenza – Compulsività – Ipercoinvolgimento Medio (da 69) Adeguata gestione della Rete – Collegamenti definiti in base alle esigenze iniziali - Umore stabile Basso (inferiore a 30) Umore non condizionato dalla navigazione – Disinteresse per Tab.9 Per il computo del punteggio grezzo, per ragioni psicometriche, alcuni item del questionario sono stati costruiti in forma negativa (ad es. l’item 14 “Da quando uso Internet non mi è mai capitato di saltare i pasti o di modificare le mie abitudini”) e di conseguenza richiedono l’inversione del punteggio della risposta (ad es. se il soggetto risponde 1 all’item precedente il punteggio viene trasformato in 5). Ovviamente il punteggio grezzo di ciascuna scala viene ottenuto dalla sommatoria dei punteggi di risposta agli item corrispondenti. Di seguito riportiamo i 75 item del questionario suddivisi per le 5 scale principali: gli item contrassegnati con l’asterisco richiedono l’inversione del punteggio. EVA: 58,57,17,71, 72,21,45,20, 6,53,11,61,4, 3,5 DIS: 38,24,50,44, 33,62,23,54, 69,74,40,55, 26,29,12 IMP: 59*,49*,43*,64*, 35*,41*,70*,22*,39*,14*,73*,32*, 27*,66*,51* SPE: 68,18,31,30, 7*,36,13,25, 15,37,9,42, 19,60,65 DIP: 75,16,47,1,8, 52,2,67,46*, 63,48,28,34,56*,10 “Siamo quelli che escono di rado o mai, sospesi tra la vita del mondo virtuale e la realtà esterna percorsa dall’eco remoto del passato” Tratto dal Primo Manifesto del Connettivismo Sono ragazzi che escludono dalle loro vite ogni altra attività, dallo sport alle feste familiari chiudendo il mondo fuori dalla loro stanza per mesi, o anche per anni. Non si riconoscono più nelle loro vesti, ma soltanto in quelle dei loro Avatar. Vivono come degli estranei in casa loro, ma non si sentono affatto soli: si considerano parte di un’altra famiglia, formata dalle persone incontrate on line. Di solito si fanno chiamare esclusivamente con il loro nickname. Hanno trovato on line la sensazione di essere delle persone come tutte le altre. Instaurare un dialogo senza avere la pretesa di distruggere questo loro senso di appartenenza e critiche. Togliere affetti e modificare i loro interessi sarebbe come togliere ogni riferimento ad una persona che sta cercando di orientarsi. Partire dal rispetto reciproco consente di progettare modi efficaci per ritrovare le abilità perdute e costruire quelle che non sono ancora state raggiunte. Siti di difficile accesso (parole come “anoressia” e “bulimia”vengono infatti evitate per non finire troppo facilmente sui motori di ricerca) una volta varcata la soglia, si ha la sensazione di esser scivolati in un mondo parallelo, fatto di pensieri ripetitivamente concentrati sul conteggio delle calorie, sull’esercizio fisico, sul peso e sul corpo. È un’immersione entro logiche che sembrano ricalcare, in parte, “miti normali”: la magrezza, la bellezza, l’estetica a ogni costo. Non a caso, chi gestisce i siti non si ritiene una persona che soffre di un disturbo, ma piuttosto, un individuo che ha liberamente scelto uno “stile di vita” anoressico; eppure traspare di continuo, dalle pagine web dei siti collegati all’Anoressia, una distorsione emotiva che produce squilibrio, tristezza, sofferenza. I siti pro Ana sono luoghi virtuali caratterizzati da un estetica e un linguaggio tutto loro, ricco di elementi distintivi utili a sentirsi “famiglia”: una delle usanze in voga è denominare Ana (AnorexiA), l’anoressia e Mia (BuiliMia) la bulimia. I saluti alla fine delle e mail o dei messaggi recitano come un mantra frasi del tipo “nel nome di Ana” o “Ana ti amo” o “Ana Love Nell’esaltazione dell’anoressia, intesa come un rigoroso e perfetto stile di vita, vengono dispensati consigli e suggerimenti su come diventare anoressiche e bulimiche doc. i siti più espliciti sono considerati illegali e perciò continuamente oscurati. Ma questo non scoraggia le giovani utenti ad aprirne di nuovi. Il fenomeno appare strisciante, sotterraneo e clandestino, sconosciuto alla maggior parte delle persone. Le immagini proposte sui siti vogliono essere di Si possono ammirare figure di farfalle (animale-totem delle ragazze che sentono il bisogno di rompere la crisalide e mostrare il loro trionfo di bellezza e colori), fiori, petali di rosa, piume, ballerine colte nel momento in cui i loro piedi si librano in un aggraziato volo, ma anche immagini un po’ gotiche, oscure, a testimonianza di un umore che a volte è malinconico, ma anche trasognato, irreale, come se fosse coperto da una nebbia bianca e luminosa che rende magico e trasparente il paesaggio interiore. Alcune situazioni, invece, giungono all’estremo e vengono mostrate foto di persone che di bello hanno solo i vestiti perché al posto del corpo ci sono scheletri. Altre volte, sono mostrati corpi nudi, con immagini che sembrano tratte da manuali di medicina (persone di spalle, con il viso nascosto, che si sottopongono a visite e misurazioni) e forse lo sono. Entrare nel mondo “più ristretto” sembra impossibile, ma è, in verità qualcosa di semplicissimo. Sembra un mondo esclusivo, ma non ci vuole molto a violarne i confini. I forum sono tutti privati: vuol dire solo che bisogna inserire un messaggio di “richiesta di aiuto” per perdere peso, dimostrando di essere un’anoressica “principiante”, ma già in possesso di informazioni ossessive su dieta e fitness e il gioco è fatto. Per accedere, ad esempio, si può contattare la proprietaria fornendo il proprio “curriculum”: altezza, peso, indice di massa corporea, esperienze fatte, eventuali psicoterapie e ricoveri. A discrezione, la proprietaria accetterà se ammettere la nuova adepta alla cerchia ristretta, dove potrà ottenere suggerimenti di vita semplici e truci allo stesso tempo. Per trovare informazioni, però, se non si vuole diventare necessariamente amiche o far parte di un gruppo, basta girare un po’ per i blog autorizzati, che sono comunque carichi di suggestioni e consigli del tipo: “Non ti preoccupare, ci sono decine di cose che puoi fare quando ti viene fame”, “ti spiego come nascondere il fatto che vomiti”, “pensa a qualcosa di schifoso, tipo pulire il water o la lettiera del gatto”… La moda è dilagante e parallelamente si creano una serie di siti satellite dove le ragazzine studiano escamotage per scovare ed entrare nei vari gruppi e gridano i motivi della ricerca forsennata : «devo farcela, devo trovare il sito proana per perdere gli ultimi 3 kg» Difficile arrivare all’obiettivo di perdere ancora peso; se si è già molto magre; nessun adulto, nessun dottore prescrive loro le che vorrebbero, dunque tra loro trovano modo di perfezionarsi a vicenda, preparando cibi, bevande, intrugli che si possono rivelare efficaci nel far perdere peso. Perché si cercano siti di ragazzine di soli 12-13 anni che forniscono idee su alimentazione ed esercizi fisici, o dove si descrivono ampie tipologie di comportamenti a rischio, dallo shopping esasperato, alla sessualità promiscua, dai giri in centro per gli acquisti di Natale alla disperazione per una dieta troppo rigida? Si cerca, come sempre, probabilmente, un rimedio per non sentirsi sole. E tra le ragazze che scelgono nomi come “DevoEsserePerfetta”, “SoloAria”, “CupioDissolvi”, a una ragazza un po’ sola tutto deve sembrare un po’ più facile… ( ) può raccontare di non sentirsi “a posto con la coscienza” se mangia un biscotto e può sentirsi compresa. Ciò la rende diversa dalle altre, isolata a scuola, o la costringe a nascondersi, è qui ammesso. On line “Diarioalimnetare90” utilizza, per creare legami e amicizie, tutto ciò che nella realtà la emargina e la costringe a bugie. Qui può parlare delle fughe in bagno a vomitare, delle tecniche per non far notare a genitori e amiche quello che fa, dei mille modi di nascondere il cibo in camera per eventuali momenti di crisi (abbuffate che interrompono i lunghi digiuni). Qui può condividere cose che in fondo appaiono anche a lei aberranti, come mangiare cibi ancora surgelati o recuperarli dalla spazzatura. Colazione: the al limone con un cucchiano di zucchero---> 35calorie Merenda a scuola: aria Pranzo: il famoso anoressizzante l’aceto Ho mescolato mezzo bicchiere d’aceto nell’acqua Risultato : niente fame, nessuno stimolo fino alle tre Alle quattro è tornata mia madre: davanti a lei due kiwi non molto maturi> saranno 100 calorie Poi un altro mezzo bicchiere di aceto----> non saprei le calorie… Stasera non so chi ci sarà a casa…diciamo che prevedo insalata e pollo ai ferri per non far discutere… cmq l' idea dell’aceto è veramente buona: non si avvertono stimoli per ore..... a piu tardi …baci si sente compresa in Internet per l’anoressia, ma non per questo smette di sentire con drammaticità le sue contraddizioni, la difficoltà a mettersi in gioco, la sua bassissima autostima. Sono i motivi per i quali è una bugiarda patologica e non può assolutamente ammettere davanti agli altri di avere le proprie responsabilità, anche quando le cose vanno male: le sente come colpe e come tali le espia con il digiuno. È un abitudine che ha preso da piccola, rifiutare il cibo quando si sentiva umiliata, come fosse un modo per ritornare eterea, brava, giusta. Per questa ragazza, “il fatto è che la gente che passa le ore a mettere nel forum quello che ha mangiato non è gente normale”, ma “da una parte è un vantaggio, perché unisce”. Così tenta, oltre ai pro-ana, anche la strada del viaggio dentro di sé, rivelando che la cosa più sinistra di fare parte di un gruppo così è che alla fine ci sono strane somiglianze con la realtà dalla quale si fuggiva… Dinamiche interiori La stessa competizione, le gelosie che la facevano disperare si ripropongono, infatti, anche nella cerchia con la quale ha socializzato e che, dopo qualche mese, definisce delle “mentecatte”, esattamente per gli stessi motivi per cui l’avevano attratta! in fondo, si aspettava di trovare un mondo mitico, ideale, dove poter raccontare tutto trovando uno specchio di sé che la incoraggiasse, un mondo di voci che le dicessero “brava”… l’incantesimo si spezza il giorno in cui le capita di leggere un’impresa che la lascia interdetta: “Butterfly”, per punirsi di aver mangiato, racconta di aver bevuto acqua da una pozza accanto a una zona inquinata, per “fondere nel suo corpo i resti dei detriti del mondo in cui vive”. La cosa le appare veramente sinistra, terrificante, mortifera, ma all’inizio prova a dire a se stessa che dovunque ci sono il bene e il male, anche nel suo gruppo virtuale. La sera ha preso l’abitudine di girare con i loro Avatar su Second Life e farsi raccontare imprese tra le più varie: “diario” scherza con loro anche dopo aver letto la frase di “Butterfly”. Ma quelle parole sono ormai una macchia, una crepa nella sua perfetta fantasia di amiche leggere come farfalle, competitive sulla dieta e in fondo, pronte a dare una mano quando serve. Così, “Diario” comincia a dare delle risposte brusche, a trattare male le ragazze che mangiano e poi si disperano, comincia a sentirle brutte, malate, stupide, mostruose.