TESI DI LAUREA IN FISICA
di
Giuseppe Corrado De Luca
LA FISICA DELL’OCCHIO ILLUSTRATA
DA SIMULAZIONI JAVA
http://www.ba.infn.it/~fisi2005/evangelista/deluca/occhio.ppt
Introduzione
Capitolo1: PERCORSO STORICO DELLE IDEE SUL MECCANISMO
DELLA VISIONE
Capitolo2 : ANATOMIA e FISIOLOGIA DELL’ OCCHIO
Capitolo3 : L’ OCCHIO SEMPLIFICATO
Capitolo4 : PROCESSO FORMATIVO DELL’IMMAGINE
Appendice A : LISTA DEGLI APPLET
Appendice B : LISTA DEL PROGRAMMA SORGENTE DELL’APPLET n.6
L’occhio
CORNEA – trasparente
•Indice di rifrazione=1.377
•Spessore massimo=0.5 mm
•Diametro=12.5 mm
CRISTALLINO – trasparente
Lunghezza globo oculare
2.4 cm.
Il bulbo oculare ha forma
approssimativamente
sferica. In avanti presenta
una calotta quasi sferica
con curvatura maggiore di
quella bulbare
Umor Acqueo
–
–
•Spessore massimo=3.5 mm
•Diametro=10 mm
IRIDE - opaca
•Spessore massimo=1 mm
trasparente
•Indice di rifrazione=1.333
Umor Vitreo
•composto da tre strati
concentrici, di indici di rifrazione 1.376,
1.375 e 1.406
trasparente
•Indice di rifrazione=1.336
•Diametro=12 mm
PUPILLA
foro nero al centro dell’iride
•Diametro
=2mm, in caso di massima
illuminazione
=8 mm, in caso di minima
illuminazione
Il foro pupillare delimita il fascio di raggi che attraversa l’occhio e va a colpire la retina.
Le cellule della retina impressionate trasmettono gli impulsi nervosi al cervello, che
ricostruisce l’oggetto osservato.
Se si volesse studiare il comportamento dell’occhio applicando rigorosamente le leggi dell’ottica
a tutte le componenti dell’occhio,si andrebbe incontro a qualcosa di molto complicato.
Oggi si sa che si può considerare una struttura dell’occhio cosiddetta semplificata, che si basa
su delle opportune assunzioni.
Questa struttura “funziona bene”, nel senso che, dando alle componenti (dell’occhio
semplificato) opportuni valori numerici ed applicando ad esse le leggi dell’ottica, si trova, per
ciascuna delle componenti, un comportamento molto simile a quello reale (distanze focali
molto vicine a quelle reali – differenze di 2-3 decimi di mm).
•
•
•
•
•
Semplificazioni :
la cornea si può considerare, dato il suo piccolo spessore, anziché un menisco, un diottro
sferico, con raggio di curvatura di 8 mm.
Il cristallino, formato da sei strati con indice di rifrazione differente, si può considerare
come un’unica lente biconvessa sottile di indice di rifrazione 1.42.
Si può assumere che l’umor acqueo (n = 1.333) e l’umor vitreo (n = 1.336) abbiano lo
stesso indice di rifrazione: 1.336.
E’ come avere lo stesso mezzo ottico tra cornea e cristallino e tra cristallino e retina.
Si possono considerare allineati tutti i centri di curvatura (variazioni di circa 10 tra i singoli
assi ottici) su una retta che si può definire asse ottico dell’occhio.
Si può considerare valida l’approssimazione parassiale. Solo un fascio ristretto di raggi
(formanti angoli piccoli q con l’asse ottico) riesce a penetrare attraverso la pupilla e ad
impressionare la retina. Ciò comporta una differenza massima di circa l’1% tra q e senq
per le varie superfici rifrangenti.
Cliccare su Tabelle per visualizzare i valori numerici relativi alla struttura dell’occhio
semplificato.
Questo applet mostra la struttura dell’occhio semplificato
L’occhio semplificato
Un unico mezzo con indice di rifrazione pari a 1.336
Percorso didattico
1° passaggio: attraversamento della cornea
2°passaggio: attraversamento del cristallino
- con accomodamento
- senza accomodamento
Ruolo dei punti nodali
Determinazione della direzione lungo la quale si trova un oggetto
Determinazione della distanza di un oggetto
Il fenomeno della diffrazione
1° passaggio: attraversamento della cornea
La convergenza dei raggi nell’occhio è dovuta essenzialmente alla
cornea.
L’immagine si trova oltre la retina.
Formula del diottro sferico:
1 n1 n1  1


o
i
r
dove:
• n1 =1.336 (indice di rifrazione dell’umor acqueo) ,
• r = 8 mm (raggio di curvatura della cornea)
L’iride e la pupilla ci appaiono, guardando un occhio, più grandi e più vicine alla cornea di
quanto lo siano nella realtà, perchè la cornea e l’umor acqueo ci danno di esse un’immagine
virtuale ed ingrandita.
2°passaggio: attraversamento del cristallino
L’immagine dovuta alla cornea diventa oggetto virtuale per il cristallino.
Il cristallino apporta un’ulteriore convergenza ai raggi rifratti dalla cornea.
I muscoli ciliari fanno variare la curvatura delle facce del cristallino al variare della
distanza dell'oggetto osservato. Tale fenomeno è chiamato processo di
accomodazione del cristallino.
La relazione tra distanza focale e raggi di curvatura è:
1 n2  n1 1 1

(  )
f
n1
ra rp
dove:
f = distanza focale;
n2 = 1.42 (indice di rifrazione del cristallino);
n1 = 1.336 (indice di rifrazione del mezzo che circonda il cristallino);
ra = raggio di curvatura della superficie anteriore (6 mm  10.2mm);
rp = raggio di curvatura della superficie posteriore (-5.5 m  -6 mm).
Variazione raggi di curvatura => variazione distanza focale.
Quindi, se la distanza dell’oggetto dall’occhio varia, varia anche la distanza focale
del cristallino, con la conseguente variazione della distanza focale del sistema
cornea-cristallino.
Questo permette ad un occhio normale di formare sulla retina l’immagine di un
oggetto per tutto l’intervallo di accomodazione del cristallino:
distanza oggetto =   distanza oggetto = 25 cm (punto remoto  punto prossimo).
Nell’occhio affetto da presbiopia il cristallino ha un potere di accomodazione
ridotto=>l’immagine si trova oltre la retina ed è perciò sfocata. In questo applet si
mostra il caso limite in cui l’accomodazione è nulla.
Punti nodali
Poiché si può (con buona approssimazione) considerare l’occhio come un sistema ottico
centrato, si possono definire i punti nodali.
Proprietà dei punti nodali:
ad un raggio incidente passante per il primo punto nodale (punto nodale oggetto), corrisponde
un raggio emergente parallelo e passante per il secondo punto nodale.
Nell’occhio i punti nodali sono molto vicini tra loro e si possono considerare coincidenti.
Uso dei punti nodali nella determinazione dell’immagine di un oggetto posto
al di fuori dell’asse ottico
Determinazione della direzione lungo la quale si trova un oggetto
Dalla simulazione relativa ai punti nodali si nota che, al variare della direzione lungo cui si trova un
oggetto, varia la posizione del punto immagine sulla retina. Il cervello associa ad ogni punto della retina
una determinata direzione. Oggetti puntiformi che si trovano lungo la stessa direzione hanno l’immagine
nello stesso punto della retina.
Determinazione della distanza di un oggetto
Metodi usati dall’occhio:
• Sforzo di accomodazione (visione monoculare)
•
Si è visto che le immagini si formano sulla retina grazie all’accomodazione del cristallino. Se l’oggetto è a distanza
finita dall’occhio, il cervello ordina al cristallino di accomodarsi fin quando la zona della retina colpita dai raggi si
riduce al minimo ed in tal caso l’immagine si forma sulla retina. Il cristallino si accomoda tanto più, quanto più
l’oggetto è vicino all’occhio. Dalla quantità o sforzo di accomodazione il cervello deduce la distanza dell’oggetto.
Con questo metodo il cervello riesce a valutare distanze inferiori a 4 m.
Metodo della parallasse (visione monoculare) determina la distanza relativa di due oggetti.
Se due oggetti si trovano lungo la stessa direzione, l’occhio non riesce a distinguere quale dei due è più
distante, poiché hanno l’immagine nella stessa zona della retina.
L’occhio allora si sposta in modo che l’asse ottico rimanga parallelo a se stesso ed il cervello, dalla zona
impressionata sulla retina, deduce quale dei due oggetti è più lontano.
•
Visione binoculare Da questa simulazione si nota che, quando gli occhi (nella loro posizione iniziale)
guardano l’oggetto, la zona retinica colpita è al di sopra dell’asse ottico per l’occhio destro e al di sotto per
l’occhio sinistro. Se gli occhi restassero immobili, il cervello concluderebbe, dagli impulsi provenienti dall'occhio
destro, che l'oggetto si trova a sinistra e, dagli impulsi provenienti dall'occhio sinistro, che l'oggetto si trova a
destra. L'osservatore quindi vedrebbe due oggetti, uno a destra e l'altro a sinistra. Gli occhi normalmente, per
osservare l'oggetto S, ruotano intorno al loro centro, in modo che entrambi gli assi ottici passino per l'oggetto; in
tal modo le zone impressionate si trovano entrambe sugli assi ottici e l'occhio vede un unico oggetto nel punto
d'incrocio dei due assi. Questo fenomeno si dice fusione. L’angolo di rotazione dipende dalla distanza
dell’oggetto: è tanto più grande, quanto più vicino è l’oggetto. La rotazione degli occhi, chiamata convergenza,
viene eseguita mediante gli appositi muscoli che regolano la posizione dei bulbi oculari nelle orbite. Le
informazioni al cervello arrivano da tali muscoli e non dai nervi ottici. Il meccanismo della visione binoculare è un
mezzo telemetrico più potente dell'accomodazione, ma è anch'esso inesatto. Ad una distanza maggiore di 200
m, tale meccanismo è del tutto inadeguato. Per distanze maggiori esistono altri meccanismi di natura
prevalentemente psicologica.
La diffrazione
E’ dovuta alla pupilla, l’apertura circolare attraverso cui passa la luce.
Sulla retina quindi la zona colpita dai raggi provenienti da un oggetto puntiforme non è un punto, ma un
disco centrale circondato da anelli concentrici.
Calcoliamo allora l’ordine di grandezza del cerchio costituito dal massimo centrale di diffrazione. Il raggio
del cerchio è dato da:
R  Dtgq  D1.22
l
d
D = distanza pupilla - retina  20 mm,
d = apertura pupilla =2 mm (stiamo considerando la visione diurna),
l = 6×10-4 mm (ricordiamo che il visibile è compreso tra 4×10-4 mm e 7×10-4 mm).
Il raggio del cerchio illuminato è allora R = 5.5 mm.
Quindi, con la pupilla di apertura 2 mm, la luce proveniente da una sorgente puntiforme viene
concentrata in un dischetto di circa 10 mm di diametro: 4 - 5 coni impressionati - l’immagine si può
considerare puntiforme.
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occhio