Lo spazio giornalistico come spazio comunicativo Dimensione enunciativa Voce del giornale Ogni giornale si costituisce come un soggetto semiotico, una voce, con una propria identità e un proprio discorso (ethos della retorica classica). Ethos “L’ethos oratorio è l’impressione che l’oratore produce di sé per mezzo di ciò che dice: la parola detta deve essere in sintonia con la personalità di chi la enuncia, la deve veicolare. Più che l ’ individualità e la personalità reale dell’oratore, esso costituisce il “personaggio” che l’oratore viene a rappresentare nel suo discorso, che deve rispettare certe caratteristiche e certi clichés, che deve assumere atteggiamenti e comportamenti in linea con un sistema di valori facilmente riconoscibile e condiviso”. (Parodi Scotti, Ethos e consenso nella teoria e nella pratica dell’oratoria greca e latina, Pitagora, 1996, p. 4) Istituzione dei soggetti della comunicazione giornalistica Ducrot, Les mots du discours, Minuit, Paris, 1980:56: “Si tratta della costruzione, nel discorso, del locutore e dell’allocutario. Gli psicolinguisti e i sociolinguisti hanno talvolta notato che si può, parlando, costruire un ’ immagine di sé e della persona a cui si parla, immagine che l’interlocutore sia accetta, sia rigetta: uno dei principali mezzi di questa costruzione è proprio la possibilità, iscritta secondo noi nella lingua, cioè nella significazione di parole e frasi, di far sì che voci diverse si esprimano, dando l’istruzione di identificarle con degli esseri della realtà – e specificandone persino certe istruzioni da osservare in questa identificazione”. Soggetti empirici e soggetti simulacrali E. tore Emittente empirico E.tario Testo E.tore E.tario Cfr. Eco, Lector in fabula, Bompiani 1979. Ricevente empirico L’enunciazione nel giornale • Ogni giornale, in quanto discorso, istituisce comunicazione: enunciatore ed enunciatario dei soggetti della • Distinzione tra i soggetti empirici (giornalisti e lettori) e i loro simulacri nel testo • Patto di fiducia tra il giornale e i suoi lettori: • strategia di autorappresentazione della propria immagine e come voce che indica al lettore come interpretare la pluralità delle notizie • Costruzione di una immagine complementare dei lettori • Le tracce della enunciazione sono sempre rinvenibili, in modo più o meno esplicito, all’interno del testo Contratto di lettura Progetto redazionale = Mondo costruito Dispositivo d’enunciazione = Relazione E.tore/E.tario Livello di manifestazione Temi = Contenuto Cfr. Manetti, L’enunciazione, Mondadori, 2008: 163-5 Simulacri = Le marche formali Piano dell’enunciazione testata rappresenta una “ istanza di organizzazione del ‘notiziabile’ selezionato e di guida alla sua interpretazione” (Lorusso e Violi, 2004:52): è un racconto e al tempo stesso un discorso. • Ogni Racconto e discorso • Il giornale deve rispondere a una doppia aspettativa dei suoi lettori: • Una di tipo sintagmatico, che tende a instaurare legami logico-narrativi tra il fatto del giorno e quelli dei giorni precedenti (per ricucirli in una narrazione unica) • Una di tipo paradigmatico, legata al fatto che il giornale si presenta come un soggetto riconoscibile nello spazio dell’informazione “Contrariamente alla maggior parte dei beni di consumo ordinari, alimentari e vestimentari, per esempio, che richiedono una perpetua mobilità nei comportamenti di acquisto e uso (ché occorre – imperativo sociale – variare costantemente tanto la propria mise quanto il proprio menu), il giornale, oggetto di comunicazione, sollecita in ognuno la costrizione inversa, esigendo la ripetizione, incoraggiando l’abitudine o la routine o, per dirla meno disforicamente, una certa costanza: come se, una volta eletto il proprio giornale, il restargli fedele non fosse, in sostanza che rimanere fedeli a se stessi” (Landowski, La società riflessa (1989), Meltemi, 1999: 155) • Marrone, Corpi sociali, 2001:80: «Da qui il fatto, tanto evidente quanto trascurato dagli studiosi di giornalismo, che in un quotidiano (ma anche, in modo diverso, nelle testate di altri media) non sono presenti solo le notizie circa i fatti del giorno (secondo il principio classico della imprevedibilità), ma anche rubriche periodiche, testimonianze, posta, annunci, programmi radiofonici e televisivi, previsioni meteorologiche, fumetti, giochi, tutto quanto insomma tende a produrre l’effetto di una quotidianità ripetitiva, di un’abitudine, di una costanza, di un eterno ritorno dell’uguale. In tal modo nel giornale non si trova soltanto l’imprevedibile ma anche il banale, nel senso del prevedibile, dell’atteso». • Ogni testata costruisce la propria immagine e il proprio “contratto di lettura” con i suoi lettori trovando una propria personale misura nella tensione necessaria tra racconto e discorso, tra oggettività e soggettività, tra sintagma e paradigma (Marrone, 2001: 79-80). Due macro-strategie enunciative soggettiva oggettiva Stile soggettivante: l’enunciatore si manifesta in modo più marcato ed esplicito, orientando l’informazione da uno specifico punto di vista. Stile oggettivante: tende a presentare l ’ informazione senza, almeno apparentemente, intermediazioni soggettive Il direttore come primo enunciatore delegato • Stile oggettivo: effetto trasparenza enunciativa: il direttore tende a scomparire come enunciatore delegato; il giornale sembra farsi da sé, riflettendo la realtà senza una esplicita istanza interpretativa -> strategia di neutralità del giornale • L’assenza di firma ha la funzione esplicita di cancellare la distanza enunciativa che pur sempre separa un enunciatore specifico dall’enunciatore testata • Stile soggettivo: in alcuni quotidiani ( “ il Foglio ” di Ferrara, “ la Repubblica” ancora legata al nome di Scalfari) il direttore in quanto enunciatore delegato ha una forte funzione coesiva; la sua presenza serve a ribadire l’orizzonte di valori a cui si richiama il quotidiano e così a riattualizzare il contratto tra enunciatore e enunciatario (vedi argumentum di autorità della retorica classica) Le diverse voci, ciascuna dotata di un proprio stile enunciazionale, tendono • a confluire in una voce coerente della testata (nel caso dei quotidiani agenda e attivisti) oppure • a mantenere la propria specificità come prova della pluralità delle posizione (nel caso dei quotidiani istituzionali che applicano una strategia di neutralizzazione, es. del Corriere della sera) • I quotidiani attivisti (e in buona parte anche i quotidiani agenda) hanno uno stile soggettivante: si caratterizzano cioè per la forte identità di valori e gusti tra enunciatario ed enunciatore e per il fatto di espandere il discorso e ridurre il racconto. • I quotidiani istituzione hanno uno stile oggettivante, cioè presentano una identificazione più debole con i lettori; espandono il racconto e riducono il discorso. Tipologie di contratti di lettura Legati a diverse rappresentazioni del Lettore Modello. Il Lettore Modello è rappresentato da una certa enciclopedia, insieme di conoscenze, attitudini, sistemi di valore. Parte della informazione viene dunque necessariamente presupposta; le presupposizioni linguistiche (cfr. Sbisà, Detto non detto) servono a riattivare queste conoscenze, hanno funzione di coesione testuale e cognitiva. Contratto di lettura e valori modali Enunciatore ed enunciatario entrano in relazione tra loro soprattutto attraverso i carichi modali che li contraddistinguono (Marrone 2001:109-110): • Dovere • Volere • Potere • Sapere La comunicazione è una forma di azione in cui un Soggetto operatore (enunciatore) congiunge un Soggetto di stato (enunciatario) con un Oggetto (il messaggio). Enunciatore ed enunciatario (attanti) sono variamente caricati di valori modali: una cosa è parlare a un pubblico dotato di dovere (discorso didattico), altra cosa rivolgersi a un destinatario dotato di volere (tipico del discorso giornalistico). Contratto informativo: l’enunciatore si assume il doverinformare e il saper-trovare la notizia; l’enunciatario viene dotato di un voler-sapere e di un poter-comprendere (es. Tg1) Contratto pedagogico: l’enunciatario non è dotato del potercomprendere e l’enunciatore si assume il compito non solo di informare ma anche di spiegare il senso delle notizie, il loro valore informativo, le conseguenze che quegli eventi potrebbero avere sull’enunciatario (es. Tg4) Contratto paritetico: enunciatore ed enunciatario sono dotati del medesimo voler sapere e poter-comprendere e insieme vanno a caccia delle notizie (es. Tg3) • Ma nella realtà le cose sono sempre assai più complesse, non solo perché ogni testata è portata a cambiare tipo di contratto a seconda delle esigenze strategiche del momento, ma anche e soprattutto perché si danno casi in cui attraverso microtattiche comunicative il contratto tra enunciatore ed enunciatario viene surrettiziamente riscritto per le specifiche esigenze informative del momento. Esempio (da Marrone, Corpi sociali, Einaudi 2001): Tg3, 7 ottobre 1996; lancio di una notizia di cronaca politica • Bisogna fare attenzione, perché c’è da farsi venire davvero il mal di • • • • testa. Nel giro di una settimana le posizioni si ribaltano: Ieri, per esempio, avevamo un Fini entusiasta di Cossiga e un Berlusconi che sembrava aprire a D’Alema sulla Bicamerale. Oggi invece sui giornali leggiamo di Berlusconi che dice: «ma per la Bicamerale ci sono pochissime speranze», e Fini che dice: «è un viottolo che vale la pena di percorrere». Ma la notizia importante di oggi è che Massimo D’Alema, il segretario del Pds, si è rimboccato le maniche e si è messo concretamente a lavorare per cercare un’intesa. Vediamo. Semiotica del quotidiano Landowski 1989 Tempo sociale oggettivato (funzione informativa, narrazione - episodicità del racconto) Tempo vissuto del discorso (costruzione di identità sociali - periodicità del discorso) Stile Le Monde Giornali più oggettivi, costruiti in modo da espandere il racconto e contrarre il discorso (Le Monde e CdS: modello giornalistico tradizionale); costruzione di un lettore distaccato dalla propria soggettività: oggettivazione del mondo colto come oggetto di conoscenza e campo d’azione Funzione referenziale, contratto informativo Lettore Modello: dirigente, alto funzionario, ecc.: uomo d’azione e cittadino del mondo Stile Libération Giornali più soggettivi, in cui l’informazione è sempre esplicitamente filtrata attraverso il punto di vista del giornale, in modo che il discorso tende a prevalere sul racconto: strategia della complicità, legami intersoggettivi che legano i protagonisti della comunicazione: giornalisti e lettori. Dal punto di vista dell ’ impaginazione e delle sezioni, sembra che Libération riscriva Le Monde rovesciando l’ordine: sostituzione del locale al mondiale. Funzione fatica, contratto paritario Tono derisorio nella descrizione dei fatti generalmente ritenuti importanti (politica nazionale e internazionale); Assunzione seria delle vicende dei cittadini comuni: inchieste, testimonianze dirette e interviste Lettore Modello: giovane cittadino Modalità • Qui si pone il problema dello stile del discorso, componente essenziale del patto di fiducia con i lettori (modus vs dictum (Bally); modalità vs lexis (Culioli). Modalità per Culioli • Assertività (affermazione/negazione: referenziabilità) (oggettività) • Necessità/possibilità (oggettività) • Valutazione soggettiva (“io penso che”) (soggettività) • Interpellazione-Ingiunzione (messa in relazione di enunciatore ed enunciatario (co-enunciatore): “fai attenzione”) (intersoggettività) Vedi analisi di Veron dei periodici francesi femminili: Marie-France, Cosmopolitan e Biba (S. Fischer e E. Veron, Teoria della enunciazione e discorsi sociali, in Semprini, Lo sguardo semiotico, Angeli, 1992: 143-167): a) «Preparate con calma la loro ripresa scolastica» (Marie-France) giudizio di apprezzamento condiviso: «è bene preparare con calma la ripresa scolastica» Modalità: interpellazione esplicita (II pers.plur.; modo imperativo) è possibile prepararla con calma, la rivista si impegna a fornire indicazioni su come farlo -> strategia della distanza pedagogica b) «Ragazzi: quelle che preparano la ripresa scolastica con calma» tematizzazione: Ragazzi (come una rubrica) assenza di marche di interpellazione: III pers. modalità descrittiva, non ingiuntiva -> strategia della distanza non-pedagogica c) «Ripresa scolastica: lei è calma, io per niente» Ancora stile rubrica: Ripresa scolastica il pronome lei, a cosa fa riferimento? È una ripresa anaforica della prima parte oppure è un secondo co-enunciatore? opposizione tra lei e io nella seconda parte -> strategia della complicità Veron, p. 166: «una lettura che mette in rilievo le relazioni che il discorso costruisce tra enunciatore e co-enunciatore è una via per superare la staticità propria delle analisi del contenuto tradizionali». Strategia della distanza 1. Distanza pedagogica • differenza tra enunciatore ed enunciatario: il primo tiene a distanza il secondo: guida, mostra, spiega, consiglia; l’enunciatario è rappresentato come un soggetto che ascolta, capisce, trae profitto dai consigli; • Universo del discorso fortemente gerarchizzato 2. Distanza non pedagogica • l’enunciatore si limita a produrre delle affermazioni sul registro impersonale: non ci sono marche di interpellazione, ma discorsi costruiti alla terza persona come avviene nel genere del reportage oggettivizzato; • non sono presenti nemmeno gerarchizzazioni dell’universo del sapere, ma si fa piuttosto ricorso a una giustapposizione non classificatoria dei temi Strategia della complicità • Costruzione di un soggetto che prende la parola in prima persona, l’enunciatario stesso viene fatto parlare e rappresentato come enunciatore • dialogo tra enunciatore e enunciatario, attraverso il quale si istituisce una comunità di valori condivisa • noi inclusivo (io+tu) Distanza/vicinanza •Distanza: uso della lingua più trasparente, oggettivo e non marcato •Vicinanza: uso soggettivo e marcato Sul piano linguistico: •metafore e metaplasmi •Iconicità •Domesticazione: ricerca di un linguaggio condiviso, ricorso a tipiche espressioni del parlato Sul piano della testualità: •preferenza per la funzione ludica e fatica (brillantezza) Sul piano comunicativo: •scelta di forme dialogiche e informali Noi • Nei pronomi personali, il passaggio dal singolare al plurale non implica una semplice pluralizzazione: noi non è una molteplicità di oggetti identici, ma un congiungimento tra l’io e il non-io; in noi è sempre io che predomina in quanto non vi è noi che a partire da io, e questo io, per la sua qualità trascendente, si assoggetta l’elemento non-io. La presenza dell’io è costitutiva del noi. • Noi si dice in un modo per me+voi (forma inclusiva) e in un altro per me+loro (forma esclusiva). In ognuna delle due forme ciò che predomina è una persona, io nell’esclusivo (che comporta il congiungimento con la non-persona, tu nell’inclusivo (che comporta il congiungimento della persona non soggettiva con io implicito… in noi inclusivo, che si oppone a lui, loro, è il tu a essere messo in rilievo, mentre nel noi esclusivo che si oppone a tu, voi, è sottolineato l’io (Benveniste, Struttura delle relazioni di persona nel verbo, in Problemi di linguistica generale I, pp. 278 sgg.) Noi come amplificazione • Noi non è un io quantificato o moltiplicato, è un io dilatato oltre la persona in senso stretto, accresciuto e nello stesso tempo con dei contorni vaghi…da un lato, con noi l’io si amplia in una persona più massiccia, più solenne o meno definita; è il noi maiestatico. Dall’altro, l ’ uso di noi smorza l ’ affermazione troppo decisa di io in un’espressione più larga e diffusa; è il noi dell’autore e dell’oratore (noi di modestia)…l’abituale distinzione di singolare e plurale deve essere, se non sostituita, almeno interpretata nell ’ ordine della persona da una distinzione tra persona ristretta (=singolare) e persona amplificata (=plurale) (Benveniste, ivi, p. 280) Pronomi nel giornalismo • Fairclough (1989:127-8) segnala la frequenza della forma inclusiva del noi negli editoriali politici. Implicazioni: il giornalista ha l’autorità di dar voce ai cittadini; rafforzamento dell ’ ideologia collettiva che enfatizza l’unità anziché la rappresentazione di prospettive specifiche. • Loporcaro (2005): Il noi nel Tg è indicatore di complicità tra giornalista e spettatore; il notiziario mira a presentarsi come voce della comunità, costruzione di un soggetto collettivo (noi inclusivo), manifestazione di un patto di reciproca appartenenza tra emittente e destinatario. Identificazione del giornalista con il pubblico • Fusione fra l’istanza narrante e il pubblico in un tutto indistinto che è l’opposto di quanto si richiederebbe per una informazione referenziale (Loporcaro 2005:126). • Discorso complice e non critico (Calabrese e Volli, I telegiornali:istruzioni per l’uso, 1995: 234-35) • Obiettivo: ribadire vincoli affettivi e ideologici In pubblicità Strategia oggettivante, distanza indefinita (non pedagogica) •«Il caffè è un piacere. Se non è buono, che piacere è?» •«Dove c’è Barilla c’è casa» •«Dash. Più bianco non si può» •«C’è la birra e c’è la Grölsch» •«Grana Padano. Formaggio d’autore» Strategia della distanza istituzionale «Crediamo nell’Italia e nel futuro delle famiglie e delle imprese» (Banca Popolare di Bari) Strategia di ammiccamento •«Come te. La prima assicurazione che non ti vede così» (Genertel) •«Chiamami Peroni, sarò la tua birra» •«Fai vedere chi sei» (Ministero della Istruzione) •«E tu di che Lumberjack sei?» •«Quanti soldi butti via con il tuo conto?» (Conto arancio) Strategia di prossimità • «Con il nostro Mobile Banking hai più tempo anche per fare jogging» (Unicredit) Strategia di complicità •«Il nome. L’unica cosa che so di lei. Ma sento che tra poco la sento» (Cercafacile Omnitel) •«Affidiamoci ai nostri valori» (Banca del Sud) Cfr. Marmo, L’instabile costruzione enunciativa della identità aziendale in rete, in «Versus», Quaderni di studi semiotici 94-96, 2003, pp. 135-147 Nella comunicazione aziendale • Il ricorso al noi può servire a enfatizzare gli sforzi degli amministratori e la positività dei risultati ottenuti (noi esclusivo). • I risultati meno positivi vengono presentati in modo impersonale (declinazione della responsabilità). • L ’ uso del passivo crea un ’ impressione di oggettività e di non responsabilità degli agenti (frequente anche nelle cronache sportive) oppure segnala un maggior distacco del narratore (cfr. Santulli, Le parole del potere, il potere delle parole, Angeli, 2005: 110) • L’uso della II pers. può servire a stimolare un senso di appartenenza nel destinatario. Nel discorso politico • Il discorso politico non è (o almeno è solo in parte) discorso rappresentativo. Non è un insieme di enunciati in rapporto cognitivoreferenziale con il reale. • Anziché mirare ad una rappresentazione fedele degli eventi, il discorso politico costruisce il suo soggetto in forma attanziale (Greimas 1966), cioè come un sistema di ruoli: funzioni discorsive e testuali (Paola Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini, Fare comunicazione, Carocci, 2006:165-192) • Embrayage attanziale: identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore (adesione del parlante al contenuto dell’enunciazione): ricorso alle citazioni, repliche, negazioni, confutazioni Discorso polemico, e in generale propagandistico Ma anche ricerca di coesione e di identificazione • Débrayage attanziale: cancellazione dell’enunciatore attraverso i tratti formali del discorso descrittivo e oggettivo (prevalenza della III persona e della forma impersonale o passiva) Discorso didattico Effetto di distanziamento che si raggiunge anche quando in un discorso politico il parlante fa riferimento a se stesso in quanto ruolo istituzionale (descrizioni definite / non-io). Risultato: enfatizzazione dell’importanza e della sacralità del ruolo e deresponsabilizzazione del soggetto Embrayage •Il noi nel modello del contatto: Mussolini, Il primo anniversario della marcia su Roma, 28 ottobre 1923: Camicie Nere! Noi ci conosciamo; fra me e voi non si perderà mai il contatto uso pletorico del noi inclusivo e aggregante •Mussolini, Al popolo di Mantova, 25 ottobre 1925: I miei non sono discorsi, nel senso tradizionale della parola: sono allocuzioni, prese di contatto tra la mia anima e la vostra, tra il mio cuore e i vostri cuori. I miei discorsi non hanno quindi nulla di comune con i discorsi ufficiali e compassati pronunciati in altri tempi da uomini in troppo funeree uniformi, uomini che non potevano parlare direttamente al popolo perché il popolo non li comprendeva e non li amava Ricorso privilegiato al campo semantico del sentimento (anima, cuore, spirito, fede) • Esaltazione del rapporto immediato e quasi corporeo tra il capo del governo e la comunità (processo di rispecchiamento). La comunità preesiste all ’ individuo che le appartiene in modo necessario (evocazione dell’identità collettiva). Questo è il principio organizzatore dello stile di Mussolini: espressione di una identificazione sentimentalizzata (non argomentata) tra oratore e uditorio • Svilimento della parola come strumento di mediazione e di rappresentazione e esaltazione di una immediatezza irriflessa, istintiva e emozionale che trascina all’azione • Molteplicità di atti linguistici esercitivi Fedel, Il linguaggio politico nel Novecento: il caso di Benito Mussolini, in Id., Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999: Elementi del discorso agitatorio di Mussolini • Andamento paratattico della retorica mussoliniana: • stimolo all’azione • espressione di una appartenenza naturale • Perentorietà, sottrazione al dialogo (Mussolini si presenta come l’unico portatore della verità e dei valori) • Assenza di problematicità; certezza che intensifica l’adesione dell’uditorio e l’orientamento all’azione • Componente ritmica (asemantica) • Obiettivo: far sentire l’esistenza della comunità • Spinta emotiva • Drammatizzazione: rappresentazione scenica dell’azione, del gesto, della parola • Presenza abbondante di tropi: • Metafore religiose • Metafore belliche • Metafore medico-chirurgiche Fedel, Il concetto di demagogia, in Id. Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999: 161-180 • Struttura uno/molti: la demagogia ha una struttura oratoria obbligata a due poli: l’oratore e l’uditorio: uno che parla e molti che ascoltano. • funzione motivante del linguaggio. Nella situazione demagogica l’efficacia del discorso non dipenderà dai contenuti di verità, dalla razionalità o dalla validità logica delle parole, ma dal fatto che esse sappiano stimolare in modo adeguato il complesso motivazionale degli individui (valori, sentimenti, interessi, credenze) per controllarne l’agire. Ne deriva: semplificazione, illogicità, indifferenza alla verità, drammatizzazione. • L’emotività come requisito della ricezione del linguaggio. I sentimenti fanno parte delle componenti motivazionali dell’agire, di conseguenza il discorso del demagogo farà presa anche (e soprattutto) sui sentimenti per produrre gli effetti voluti. Modello del contratto Campagne socialiste dal 1979 in poi (Craxi): manifesta enunciazione di contratti programmatici ed esplicita richiesta di mandati fiduciari: abbiamo proposto agli elettori un contratto. Se ci daranno forza, promettiamo in cambio di lavorare per garantire al paese cinque anni di stabilità e governabilità (Craxi, intervista al Messaggero, 13 maggio 1979) • Noi esclusivo • Insistenza sull’atto commissivo (tipico della propaganda politica) Caratteri dei discorsi didattici • Sequenze referenziali e veridittive: trasmissione del sapere e del far-credere • Uso della terza persona e della forma impersonale: il soggetto dell’enunciazione è occultato all’interno del proprio enunciato: debrayage attanziale • Forme discorsive descrittive, scientifiche, storiche • Assenza di confronti con altri enunciati • Il fine è spingere il ricevente a identificarsi con i contenuti dei messaggi • L’adesione dell’uditorio è presupposta • Gli oggetti di accordo restano impliciti Un discorso oggettivo con stile neutro in terza persona può essere altrettanto persuasivo di un discorso soggettivo Esempio di discorso didattico Enrico Berlinguer: prosa austera di tono quasi scientifico, sequenze argomentative centrate sui rapporti di causa-effetto, mezzo-scopo Discorso del 20 settembre 1981: struttura di tipo elencativo, forma della enumerazione: I guasti profondi che tensione e guerra fredda producono nel mondo di oggi: - limitano e soffocano l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità di un numero grande di popoli e stati; - Portano, nelle forme più varie, a restringere e a coartare in tutti i sistemi sociali la libertà e i diritti democratici - Complicano la soluzione dei problemi economici e sociali all’interno di tutti i paesi, da quelli più poveri a quelli più ricchi - Avvelenano gli animi, generano paura e odi tra gli uomini e fra i popoli, alimentano sfiducia, spengono la ragione e sfibrano le energie; - ………. - Pace e sviluppo, dunque: due obiettivi che possono e debbono essere comuni a tutte le forze, le istituzioni, le organizzazioni che hanno a cuore le sorti dell’uomo.(cit. in Desideri, p.181) Altro esempio di discorso didattico: Monti • Autopresentazione, immagine di sé, ethos • Credo di fare…. • Dovere, attenzione a non tradire la fiducia degli altri • Prevalenza di atti • verdettivi, centrista è una parola perfetta…un po’ vecchia; il terreno pulito contro la corruzione è una questione essenziale • Esercitivi o direttivi: bisogna fare di più, continua a valere il mio invito ad essere irriverenti, è una delle prime cose che andrebbero riproposte, ognuno è invitato a contribuire, ma serve, bisogna continuare le riforme, la cosa da evitare, noi non possiamo isolarci, non devono essere considerati, dovrebbe essere così cortese da riconoscere…la politica deve fare • Atti espositivi e forme di attenuazione con verbi parentetici e di atteggiamento proposizionale Strategie del discorso oggettivante • Spersonalizzazione del discorso (cancellazione delle marche della enunciazione) • Astrazione (cancellazione dei deittici riferiti a un tempo e a uno spazio definiti) • Oggettivazione del sapere (enunciati modali aletici, che fungono da vere e proprie fonti di autorità) • Debrayage • Discorso riportato, enunciatori delegati: citazioni con funzione di avvaloramento delle posizioni esposte (stipulazione di autenticità: Mortara Garavelli 1985) • Presupposizioni Il carattere interpretativo di un testo viene mascherato, nascosto sotto una sembianza di oggettività (simulacro di un sapere oggettivo e dimostrativo) Discorso polemico • Molto frequente, in linea con la natura competitiva della politica • Esplicitazione degli oggetti di accordo • Confronto con la parola degli avversari (spesso manipolata): • Strategie della citazione: allusione, replica, negazione, confutazione, obiezione • Strategie di embrayage attanziale finalizzati alla identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore Esempi del discorso polemico Alcide De Gasperi (discorso al Senato, 22 luglio 1948, polemico con il socialista Giua): polemica garbata con l ’ avversario politico, tono interlocutorio: L ’ onorevole Giua ha accennato alla concezione originaria cristiana, che renderebbe facile la collaborazione con i comunisti, paragonati da lui ai cristiani e specialmente a quella frazione di cristiani del tempo di Tertulliano. Egli ha detto che il Cristo storico è un liberatore di schiavi. No! È una concezione errata…. (cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, p. 174) Più aspro il tono del discorso alla Camera del 28 luglio 1953 (presentazione del suo VIII e ultimo governo) …ma voi opposizioni, siete forse d’accordo tra voi? Voi vi unite in un atto negativo; ma siete capaci di unirvi in un atto positivo? Aldo Moro; forti accenti polemici nei confronti degli avversari interni alla Dc (dorotei); uso frequente del paradosso, dell’antitesi e dell’ossimoro Discorso del 18 gennaio 1969 Non credo che occorra aggiungere altro, per dire che significato io intendo dare alla sollecitazione al Congresso, all’invito pressante ad aprire finalmente le finestre di questo castello nel quale siamo arroccati, per farvi entrare il vento che soffia nella vita, intorno a noi. Non è un fatto di politica interna di partito, di distribuzione o redistribuzione del potere. Io non so che fare di queste cose (cit. in Desideri, p. 178) Discorso del 29 giugno 1969, XI Congresso della Dc Sarebbe un grave errore, un errore fatale, restare in superficie e non andare nel profondo; pensare in contingenza, invece che di sviluppo storico. Tocca alle forze politiche e allo Stato creare in modo intelligente e rispettoso i canali attraverso i quali la domanda sociale e anche la protesta possano giungere a uno sbocco positivo, ad una società rinnovata, ad un più alto equilibrio sociale e politico (cit. in Desideri, p. 177) Linguaggio della provocazione • Contesta le regole del gioco politico • Es. i discorsi di Pannella: • toni di voce acuti, ritmo martellante; • particolari modalità espressive e riformulazione semantica; parole chiave: sfascio, ammucchiata, silenziamento (per parlamento), scippare, imbavagliare, sgovernare. • Ricorso all’iperbole e al paradosso • Teatralizzazione della propria immagine • Bossi: • semplificazione semantico-grammaticale, invettiva verbale • centralità del dialetto nella duplice funzione di collante etnico per l’autoriconoscimento delle genti lombarde e di rottura con la lingua italiana standard come codice ufficiale dello statalismo. • Fallacie: “stia bene attento il presidente Scalfaro...noi facciamo lo sciopero fiscale” (argumentum ad baculum) • Formule: “uomo avvisato mezzo salvato” Altro esempio di discorso della provocazione: Grillo • Cornice: guerra alla politica • Siamo in guerra, Arrendetevi, siete circondati • Nomignoli per gli avversari • Psiconano (Berlusconi), Topo Gigio (Veltroni), Alzheimer (Prodi), Salma (Fassino e poi Napolitano),Azzurro Caltagirone (Casini), “il nano Bagonghi con gli occhialini rossi” (Maroni); i media sono barracuda, Monti è Rigor Montis, Bersani: Bersanator (zombi), un morto che parla • Critica del linguaggio della politica, definito oscuro, contorto e fuori • • • • della realtà, semplificazione Teatralizzazione, messa in scena degli eccessi Metaforica morte/vita (tipica del vitalismo e del totalitarismo), bellica: traditori, cadere in trappola, ecc. Fallacie dell’argomentazione: ad hominem inversione dell’onere della prova Nascondimento e silenzio (Oracolo: “non dice né nasconde ma manda segni”), R. Simone, «Repubblica», 14.3.2013 Embrayage+débrayage: Prodi 1996 • Sento, parlando oggi in quest ’ aula, nella veste di presidente del consiglio, tutto il peso della mia personale responsabilità. È il grande peso della nostra storia, di cui questo parlamento conserva la memoria più preziosa e di cui è l’espressione più alta. Di fronte a questo parlamento, che è il punto di riferimento di tutte le nostre istituzioni, il governo sente forte l’esigenza di rinnovamento espressa dal popolo italiano. Esso, per la prima volta nella storia unitaria, ha indicato in una grande inedita coalizione popolare lo strumento per dare avvio a una nuova fase della vita della repubblica. Embrayage: Berlusconi 2001 • Sette anni fa presentammo in quest’aula il programma del nostro primo governo. Da allora molte cose sono cambiate e ciascuno di noi ha imparato molto dai dati della vita e della politica. Ma consentitemi di cominciare con una frase schietta, diretta, semplice: noi siamo qui per lo stesso motivo di allora, vogliamo cambiare l ’ Italia. Lo faremo pacificamente, nell’ordine, nel libero dibattito democratico, guardando ai valori fondamentali della persona scolpiti nella costituzione della nostra repubblica, nel rispetto intransigente dei diritti civili di tutti e di ciascuno, ma lo faremo. Lo faremo nella legalità, in piena integrazione nel sistema istituzionale vigente e nel rispetto di tutti i poteri costituzionali dello stato, ma lo faremo. Lo faremo nell’ottimismo, che non c’è mai mancato, nello spirito di fiducia e di cooperazione con tutti coloro che mostrano buona volontà, e anche in un clima sereno, ma lo faremo. Perché il paese che noi tutti amiamo ha il diritto di compiere e completare al meglio la lunga e difficile transizione che ha investito il suo sistema politico e costituzionale. C ’ è un capitolo da chiudere definitivamente: ed è quello della vecchia politica. E c’è un capitolo tutto da scrivere: quello di un nuovo modo di far politica. • Berlusconi 2001 • «quando presi quella squadra e dissi: voglio che questa squadra non solo giochi bene, ma voglio che vinca in Italia, che poi vinca in Europa….quando presentai il progetto della mia prima piccola città..e dissi che volevo costruire una città che risolvesse i problemi del rapporto tra le automobili….» Il linguaggio della semplificazione • Berlusconi (1994, in Galli de’ Paratesi, La lingua di Berlusconi): Nel 1993 c ’ era una gran voglia di cambiamento, una voglia di rinnovamento del modo stesso di far politica, una voglia di rinnovamento morale, una voglia anche del modo di esprimersi della politica in maniera diversa. Non più quel linguaggio da templari che nessuno capiva: si sentiva il bisogno di un linguaggio semplice, comprensibile, concreto. • Il linguaggio diviene un esplicito elemento di propaganda: semplificazione semantica e sintattica; scarso il ragionamento dialettico e la riflessione politica • Appello enfatico all’affetto, sentimentalismo, pietismo, condivisioni emotive; metafore religiose • Fallacie: “Prodi ha la faccia larga e pastosa di un dottor Balanzone” (attacco alla persona dell’avversario: argumentum ad hominem) Berlusconi 2013 • Strutture presentative: c’è • Ethos: autopresentazione come esperto, tecnico (conti, cifre), • • • • • capacità di valutare, di agire: io mi sono opposto sempre alla Germania; io non condividevo assolutamente Accordo sui fatti: ma questi sono fatti, fatti importati della storia italiana Esitazione Segnali di incertezza: pause, prolungamenti vocalici, intonazioni sospensive, anacoluti (o tema sospeso) Reticenza: non dico…ma (preterizione: dire affermando di non dirlo) Atti linguistici • Direttivi: bisogna essere in grado di tagliare le spese; non si può • Verdettivi: Alfano è il migliore; ci sono in giro tanti clown, tanti personaggi che io non assumerei mai nelle mie aziende; Nemmeno uno che io giudicherei degno di essere assunto in una mia azienda. • espressivi, ironici: Tutti economisti di sinistra, complimenti; ma io sono irresistibile caro Floris Bersani 2013 • Enunciazione: ancoraggio discorsivo: pronomi dimostrativi, indicatori di vicinanza/distanza, di simpatia/disprezzo: deissi empatica, atteggiamento emotivo negativo: quella banca lì, questa destra qui, queste cose qui • Atti linguistici • Direttivi: bisognerà dire che in questo caso è stato il comune di Siena; andiamo a vedere le discussioni in Parlamento; le banche devono risanarsi; deve girare meno contante; non si dica più come mi ha detto una volta Tremonti…,noi dobbiamo; non possono pretendere, cominciamo col vedere, guarderei meglio, io dico, si doveva e si dovrebbe fare una cosa più progressiva, noi dobbiamo chiedere, andiamo a vedere • Domanda retorica: chiede per affermare (atto linguistico indiretto: forma e funzione non coincidono) • Mitigazione: forse, credo che, penso che • Polifonia, dialogismo • Ethos: singolare e collettivo: “diciamo e facciamo” Seconda Scheda di analisi: Strategie enunciative • Distinzione tra soggetti empirici e loro simulacri interni al testo • Quali sono e come emergono nel testo le “voci del giornale”? • Stile enunciazionale: • Oggettivante • Soggettivante • Tipo di contratto di lettura tra la testata e il pubblico: • Informativo • Pedagogico • Paritetico • Polemico