Informare come far sapere
(dimensione cognitiva)
Livello superficiale e
livello profondo

Livello superficiale: l’assetto narrativo del testo giornalistico si distingue da
altri assetti discorsivi possibili (tipo descrittivo, argomentativo, informativo
ecc.; cfr. tipologie testuali, Bonomi).

Livello profondo, in cui certi modelli culturali di organizzazione di grandi
blocchi di senso forniscono al livello superficiale una logica sottostante
dell’azione e alcune regole implicite di comportamento. Qui si colloca una
logica dell’azione di tipo culturale e sociale che, per quanto nascosta, detta
agli attori in gioco le regole di comportamento, assegnando agli eventi che
accadono un senso sulla base di tale logica.
Livello superficiale: tipi testuali





Ogni enunciazione testuale è il compimento di un tipo di
comunicazione ricorrente nella società e normalizzato
nella sua struttura
Ogni tipo testuale assolve una funzione specifica cioè
trasmette informazioni di tipo peculiare (distinzione
backgroud/foreground):
Nella retorica classica:
Narrativi, descrittivi, argomentativi, espositivi
Secondo Werlich (1976):
Narrativi, descrittivi, argomentativi, informativi, regolativi
Secondo De Beaugrande-Dressler (1981):
Narrativi, descrittivi, argomentativi
Tipo descrittivo






Funzione: delineare le caratteristiche di una persona, un
paesaggio, un oggetto
Foreground: fenomeni (persone, cose, stati di cose,
relazioni) colti nel contesto spaziale
Matrice cognitiva: Capacità di cogliere le differenze e
interrelazioni delle percezioni relative allo spazio.
Schemi di rappresentazione mentale di oggetti o
ambienti tipici colti nella loro staticità (frames e
schemata).
Generi e forme non finzionali: descrizione interna a
testi che narrano eventi reali; descrizione interna a testi
informativi (enciclopedie, dizionari, ecc.); descrizione
tecnico-scientifica, carta di identità
Generi e forme finzionali: descrizione interna a testi
narrativi finzionali, poesia lirica.
Risponde alla domanda: che cosa è dove rispetto a
Tipo narrativo








Funzione: raccontare un fatto, una storia
Foreground: azioni, eventi, relativi a persone, oggetti,
relazioni, concetti colti nel contesto temporale
Matrice cognitiva: capacità di cogliere le differenze e
interrelazioni tra le percezioni relative al tempo (plans,
scripts)
Strumenti sintattici: subordinazione
Struttura: tipo predicativo
Generi e forme finzionali: racconti, romanzi, novelle,
poesia epica, barzelletta
Generi e forme non finzionali: biografie, articoli di
cronaca, relazioni di viaggio, corrispondenze di inviati
speciali
Risponde alla domanda: Chi ha fatto cosa quando?
Livello profondo: narratività

Uno schema ricorrente è alla base dell’organizzazione del senso:





Un agente (umano, ambientale, culturale, ecc.),
dotato di un programma d’azione (programma narrativo),
con uno scopo,
una serie di fasi intermedie,
un esito.
Principali oggetti di studio della semiotica narrativa strutturalista:


Logica delle azioni (dimensione pragmatica)
Organizzazione dei valori (ogni soggetto si muove sulla base di una
assiologia di riferimento)
Informazione e commento
nella linguistica testuale
Distinzione tra due tipi di testo


Tipo argomentativo
Tipo informativo
Tipo argomentativo







Funzione: sostenere una tesi su basi logiche
Foreground: relazione tra concetti (similarità, contrasti ecc.),
argomento, valutazione
Matrice cognitiva: giudizio, capacità di giudicare e di scegliere tra i
concetti esaminati quelli più convincenti e probanti (Plans)
Strumenti testuali: parallelismo, parafrasi
Generi e forme non finzionali: arringa giudiziaria, saggi scientifici,
discorsi politici e dibattiti in generale, articoli di fondo, recensioni
Generi e forme finzionali: poesia celebrativa, dialogo filosofico.
Risponde alla domanda: perché?
Tipo informativo





Funzione: fornire notizie utili su personaggi, argomenti o
fatti
Foreground: analisi (scomposizione) e sintesi
(composizione) degli elementi costitutivi dei concetti
Matrice cognitiva: comprensione (capacità di capire)
(schemata)
Generi e forme non finzionali: lezione, manuale
scolastico, saggio divulgativo, recensione informativa,
abstract, orari dei treni, avvisi, intervista, pastone
Generi e forme finzionali: poesia didascalica
Informazione e commento
nell’analisi semiotica

Dal punto di vista semiotico si tratta di una distinzione difficilmente
sostenibile perché la messa in discorso di qualunque notizia ne
orienta comunque l ’ interpretazione, rendendo impossibile
distinguere un fatto da un commento sul fatto

Dal punto di vista enunciativo si può invece adottare questa
distinzione perché tra le figure di enunciatore che compaiono su un
giornale alcune hanno una esplicita funzione di commentatore
(enunciatori autorevoli, esterni e interni)

Moltiplicazione degli spazi del commento (tendenza alla costruzione
di un discorso cognitivo oggettivo più che interpretativo):



Articoli di analisi
Articoli propriamente di commento
Articoli di puntualizzazione (la nota, la polemica, l’esperto..)
Costruzione cognitiva del
senso




Anche l’acquisizione e la trasmissione del sapere possono essere
letti come processi, dotati di una temporalità, di una direzionalità e di
una dimensione trasformativa
In che modo si costruisce la notizia nel discorso, la si condivide, la si
dà come sicura o incerta?
L’enunciatore è a conoscenza di ciò di cui parla oppure delega a
qualcun altro la responsabilità del contenuto informativo del
discorso?
Fino a che punto l’enunciatario si appropria del sapere che circola
nel discorso e quanto invece l’informazione che riceve resta sfocata,
irreale, incerta?
Informare e osservare

Ruoli funzionali al progresso del sapere: informatori e
osservatori, soggetti enunciazionali, attanti (funzioni
astratte, che possono essere incarnate anche
alternativamente da un singolo attore; possono anche
restare istanze astratte e implicite, che l’analisi deve
preoccuparsi di esplicitare).
Informatore



Figura discorsiva che organizza l ’ informazione, mette il soggetto del
percorso cognitivo in condizione di poter sapere, si offre alla capacità
cognitiva dell’osservatore. È come un messaggero (es.: colui che informa
Edipo sulla identità dell’uomo che ha ucciso e della donna che ha sposato)
L’informatore è un attante intermedio che “sa che c’è qualcosa da far
sapere”.
Può essere animato o inanimato:
 Esperto
 Pentito, spia, testimoni
 Fonte riservata (informatore implicito), dossier, sondaggi
 Strumento di precisione: microscopio, reagenti ecc.
 Carte processuali
Osservatore



Caratterizzato da un fare ricettivo. Osserva il percorso cognitivo e ne
dà una interpretazione.
L’osservatore è attante intermedio tra enunciazione ed enunciato:
“sa che c’è qualcosa da sapere”
Dall ’ osservatore dipende il punto di vista, relativo a chi vede
(dall’interno o dall’esterno) e dunque interpreta; da non confondersi
con la prospettiva (relativa al soggetto del fare: percorso narrativo); la
prospettiva può restare la medesima, pur cambiando il punto di vista
L’osservatore può avere una funzione



Percettiva: punto di vista in senso visivo; selezione percettiva della realtà
Cognitiva: selezione di certi aspetti dipendente dalla competenza modale
dell’osservatore
Valutativa: deformazione dell’oggetto dipendente dalla disposizione patemica
(credenze, opinioni, aspettative) e dagli scopi pragmatici (convincere,
aggredire, difendere) dell’osservatore.
Osservatore implicito
o esplicito



Nella pittura implicito è l ’ osservatore esterno, che coincide con lo
spettatore empirico, esplicito è un personaggio che dall’interno guarda
la scena del quadro e indica allo spettatore o a un altro personaggio
presente nel quadro ciò che deve essere guardato, e che dunque deve
essere considerato importante;
Nei tg l’osservatore resta implicito quando la camera inquadra la scena
in modo tradizionale, senza far avvertire la sua presenza; può essere
tematizzata esplicitamente quando si percepisce la camera che scruta,
si insinua in luoghi non facilmente accessibili; o addirittura quando la
telecamera è inquadrata da un’altra telecamera (delegata)
Possibili osservatori:


Inviato (funzione percettiva e cognitivo-interpretativa: non può
vedere tutto; es. Montanelli)
Direttore del giornale (funzione valutativa; es. Scalfari)
Competenze dell’informatore
e dell’osservatore




Positive: volere e potere (favoriscono la circolazione delle
informazioni)
Negative: non volere, non potere, non saper-fare (fonte non
affidabile, agente doppio)
Se le fonti dell’informazione sono molteplici e contraddittorie, il
sapere tende a sgretolarsi e a perdere di credibilità, mentre se
l’informatore è unico viene prodotto un discorso realistico, veritiero
Analogamente se gli osservatori sono molti, la verità tende a
frammentarsi, mentre se è uno solo si costruisce una specie di
certezza soggettiva
Realismo integrale
Oggettività forte
Informatore unico
Soggettività forte
Osservatore unico
Realismo
soggettivo
Realismo
oggettivo
Oggettività debole
Informatori multipli
Soggettività debole
Osservatori multipli
Derealizzazione
Informazione politica
Realismo soggettivo:
Assetto cognitivo tipico di situazioni di crisi: un
osservatore giornalista unico tenta di unificare
un quadro complesso e variegato al suo interno,
a partire dal quale si irradia una molteplicità di
informatori possibili, fonti, voci, rumori, smentite
che indeboliscono l’oggettività del sapere. Ne
risulta un punto di vista esplicitamente
soggettivo, dove l ’ intera verità del discorso
viene
delegata
alla
competenza
dell’osservatore e spesso dell’enunciatore (es.
Scalfari).
Configurazione cognitiva derealizzata:
La molteplicità degli informatori (uomini politici) e
degli osservatori (giornali) non permette ai
destinatari di congiungersi con una notizia certa.
Una volta stipulato il contratto di veridizione tra
enunciatore ed enunciatario, l ’ enunciatore può
embrayare
verso
di
sé
la
funzione
dell’osservatore, assumersi in prima persona la
responsabilità del sapere e indicare qual è il vero
informatore.
In tal modo dalla derealizzazione si passa al suo
opposto, dove informatore e osservatore sono
unici, il che consente di assicurare la credibilità del
discorso.
Marche formali
dell’enunciazione



Marche personali: deissi
Marche modali: soggettività / oggettività
Marche temporali: narrazione / commento
Segnalano l’atteggiamento del locutore verso il proprio discorso e il tipo
di rapporto che instaura con l’enunciatario:
 Partecipazione/distanza: presenza del parlante segnalata dalle forme
deittiche della prima persona o forme impersonali
 Assertività/incertezza: forme dichiarative, indicative oppure forme di
hedging (attenuazione della assertività)
Hedging o modalità
Atteggiamento assunto dal parlante nei confronti dell’enunciato.
L’impegno sul contenuto dell’enunciato può essere espresso con
diversi gradi di forza e certezza, che vanno dalla 1) fattualità
(l’affermazione è data come reale), alla 2) non fattualità (il
parlante sospende il giudizio) alla 3) controfattualità:
Es.
1)
2)
3)
Mario è laureato
Mario probabilmente (forse) è laureato
Mario sarebbe laureato (se avesse fatto l’università, sarebbe
laureato)
Indicatori di mitigazione
Risorse linguistiche che attenuano la certezza o la
perentorietà di determinati concetti o asserzioni e
collocano il parlante in una posizione di apertura rispetto
all ’ interlocutore o al contesto, segnalano cioè la
disponibilità a negoziare le proprie affermazioni con
l’uditorio:




forme avverbiali (forse),
Elementi frasali (una sorta di, in un certo senso, una specie, per
modo di dire, per così dire)
Elementi verbali (sembra che, si dice che)
Forme sintattiche interrogative (e uso del no? nella chiusura di
una frase o di un discorso).
Indicatori di assertività



Forme avverbiali: certamente, assolutamente
Elementi verbali: è facile constatare che, è evidente che, tutti
sanno che, sappiamo che
Forme sintattiche dichiarative
Effetto di senso: perentorietà e chiusura
Strategie del discorso
oggettivante
Lorusso e Violi, Semiotica del testo gionalistico, p. 106:






Spersonalizzazione del discorso (cancellazione delle marche della
enunciazione)
Astrazione (cancellazione dei deittici riferiti a un tempo e a uno spazio definiti)
Oggettivazione del sapere (enunciati modali aletici, che fungono da vere e
proprie fonti di autorità)
Debrayage
Discorso riportato, enunciatori delegati: citazioni con funzione di avvaloramento
delle posizioni esposte (stipulazione di autenticità: Mortara Garavelli 1985)
Presupposizioni
Il carattere interpretativo di un testo viene mascherato, nascosto sotto una
sembianza di oggettività (simulacro di un sapere oggettivo e dimostrativo)
Strumenti dell’autenticazione del
sapere



Impressioni di citazione o false citazioni: una singola parola o una
singola espressione tra virgolette che può così essere utilizzata in
modi diversi, funzionali ai fini del proprio discorso (inclusa la
legittimazione o delegittimazione di soggetti).
Presunto discorso di autorità (ipse dixit), che esplicita la base di
sapere (riferimento epistemico) di chi parla, quale garanzia di
attendibilità.
Produzione di una serie di illusioni:



Illusione della prova (le parole altrui sono riprese come parole
autorevoli, prove della attendibilità di quanto viene detto);
Illusione della trasparenza (si fa mostra di citare le parole esatte
pronunciate dal personaggio)
Illusione di intersoggettività (l’enunciatore è in sintonia con quanto
espresso da altri)
Verità dell’informazione
Il criterio della verità di un enunciato non è dato dalla sua
relazione di adeguatezza alla realtà esterna, ma dalla
relazione interna all’enunciato stesso tra enunciatore ed
enunciatario, i quali possono trovare – sulla base dei
rispettivi carichi modali – un accordo più o meno
profondo sulla verità di quanto si scambiano nel
processo comunicativo. La “verità”, in altri termini, non è
l ’ effetto di una rappresentazione ma l ’ esito di una
relazione intersoggettiva, dunque qualcosa strettamente
legato ai modi in cui i testi inscrivono al proprio interno le
relazioni sociali che, da un lato, presuppongono e,
dall’altro, determinano. (Marrone, 2001:109)
Detto e non detto
della informazione
Il far sapere non è una trasmissione di informazioni, ma un flusso
complesso di saperi detti e non detti, che si appoggia sulla
cooperazione del lettore e su una serie di competenze implicite:
credenze acquisite o provocate, che possono essere recuperate.
L’atto informativo riesce quando l’universo di sapere dell’enunciatore
viene a coincidere con l’universo di sapere dell’enunciatario.
La questione degli
impliciti
Presupposizioni e implicature
Semiotica dell’implicito

Ogni trasmissione di sapere si regge su molti impliciti: il testo è “una macchina
pigra” che fa economia di quel che dice (Eco, Lector in fabula, 1979).

Nessun articolo dice tutto: l’iper-informazione è la negazione della informazione.

De Mauro già nel 1976 sottolineava la presenza negli usi linguistici giornalistici
di una quantità di informazioni implicite, condizione necessaria nel discorso
giornalistico.

Eco: “ogni giornale si trascina un bagaglio ideologico sottinteso che fa da codice
a ogni frase”
Implicito e linguaggio
naturale
“Il senso ‘esplicito’ (quello la cui trasmissione è presentata come
oggetto del discorso) costituisce solamente un livello della
semantica delle lingue naturali, sotto il quale possono celarsi più
strati di significati ‘impliciti’.
La stratificazione del dire è una condizione necessaria del linguaggio
comune, assente nei linguaggi artificiali (soprattutto logicomatematici).
La lingua scientifica, nel suo intento almeno, si definisce attraverso
l’eliminazione dell’implicito: donde le qualità di trasparenza e di
schiettezza che spesso le vengono ascritte, e che indussero
Condillac a darle l’appellativo di ‘lingua ben fatta’”.
O. Ducrot, Presupposizione e allusione, Enciclopedia Einaudi, vol. X:
1083
Semiotica e pragmatica
dell’implicito

La semiotica strutturale generativa va alla ricerca degli aspetti
profondi del senso di un testo, ritenendoli più rilevanti della
superficie del discorso



Impliciti contestuali: fatti in discussione
Impliciti culturali: di genere e di settore
La pragmatica non stabilisce alcuna gerarchia tra dimensione
profonda e dimensione superficiale; piuttosto procede ad un lavoro
di smontaggio e di rimontaggio della superficie testuale. In
particolare individua:



Impliciti retorico-argomentativi: es. formulazioni retoriche negative
(“non sarà fuori luogo chiedersi..”), affermazioni ironiche, ecc.
Impliciti del dizionario: presupposizioni lessicali, attivate da una
serie di elementi linguistici (trigger)
Impliciti derivati dalla organizzazione sintattica dell’enunciato
Questioni in gioco

Cosa sono gli impliciti?



Dove stanno gli impliciti?


presupposizioni e implicature (detto non detto)
Ducrot include le allusioni e classifica presupposizioni e allusioni tra gli “impliciti
relativi”; gli impliciti relativi riguardano il modo in cui si presenta l’oggetto della
comunicazione e si distinguono dagli impliciti assoluti che riguardano ciò che si
introduce da sé nel discorso, senza che il locutore lo voglia e persino senza che
lo sappia.
Problema del contesto cognitivo o oggettivo
A quale piano dell’attività mentale-linguistica appartengono?


Piano della razionalità?
Piano della emotività e del pregiudizio?
Cosa sono gli impliciti?
Linguaggio
Assenza di
intenzionalità
Implicito
assoluto
Non-detto
ordinario
Intenzionalità
Implicito
relativo
Detto non-detto
Esplicito
Detto
Linguaggi artificiali
Linguaggi logico-matematici
Come distinguere detto e non
detto?




1. Condizione della disponibilità: è detto ciò che è disponibile al
ricevente sulla superficie del discorso
Condizione della messa in discussione: è detto ciò che può essere
messo in discussione
Condizione del non allontanamento: la specificazione del detto
richiede parafrasi che non si allontanano in modo significativo dal
testo di partenza: maggiori sono le modifiche da apportare alla
dimensione sintattica, maggiori le aggiunte di materiale linguistico,
maggiore è il ruolo dell’implicito nella costruzione del senso.
L’implicito fa parte del senso di un testo, diversamente dal non
detto.
Implicito relativo



Il presupposto viene detto, ma in modo particolarissimo: non viene
presentato come la cosa che si vuole dire. Sebbene esso formi l’oggetto di
una scelta del locutore, e sebbene esso sia, per conseguenza,
necessariamente confessato e riconosciuto, la sua scelta non viene
ostentata, non viene proclamata scopo della comunicazione. Il contenuto
presupposto sembra essersi insinuato nel messaggio, piuttosto che essere
affermato. È questo ciò che spinge a ritenerlo implicito. È un “voler dire che
è al tempo stesso volere non aver l’aria di dire”.
Lo stesso accade nel caso dell’allusione: il locutore può dire qualcosa,
senza avere l’aria di dirlo, ma facendolo dire da colui che interpreta le sue
parole. Può, ad esempio, criticare una persona particolare, presente,
attraverso una considerazione generale (Certo che oggi l’educazione è una
qualità rara) (cfr. Ducrot: 1087-8).
Si tratta di trasferire ad altri la responsabilità di quello che si dice (fenomeno
simile alla citazione di una fonte estranea:
Secondo X, presto il governo si dimetterà)
Dove stanno gli impliciti?

Gli impliciti sono spesso considerati parte integrante del contesto di
proferimento. Secondo Stalnaker le presupposizioni sono elementi del
common ground, credenze che i partecipanti alla interazione ritengono
condivise (contesto cognitivo)

Secondo Sbisà si tratta di virtualità che circondano il testo, elementi
linguistici che specificano i requisiti della sua asseribilità e che come tali
devono essere riconosciuti (contesto situazionale)

Appartengono dunque a un piano normativo e non psicologico (mentale),
alla dimensione intersoggettiva e non soggettiva (cfr. Frege e Wittgenstein);
al piano dell’accordo e del coordinamento fra soggetti.
Normatività degli impliciti

Non possono essere identificati con credenze e conoscenze
effettivamente e coscientemente possedute da emittenti e riceventi;
si tratta di enunciati che considerato il testo, dovrebbero essere
accettati dal parlante e nel caso delle presupposizioni anche
dall’interlocutore

Concezione non rappresentazionalista: il significato non è qualcosa
di rappresentato dalle forme linguistiche, perché tra parole e mondo
non si dà un rapporto di rispecchiamento, ma di reciproca influenza
e coordinazione

Concezione non lineare della comunicazione, che consiste piuttosto
in una messa a disposizione di più enunciati e di un intero contesto
nello spazio intersoggettivo
Impliciti e comprensione

Cosa significa comprendere?


Non costruire nella mente una rappresentazione, ma
Saper parafrasare, riformulare il testo in altre parole, rendere esplicito
ciò che è implicito.
La comprensione è lo stato in cui si trova il ricevente quando è in grado di
rispondere al testo in modo appropriato.
Per la comprensione del senso di un testo è utile partire dall’implicito.
Per l’analisi degli impliciti, Sbisà propone la produzioni di parafrasi
eplicitanti, come disciplina dotata di una sua serietà e utilità cognitiva e
sociale.
La parafrasi riguarda il piano delle connessioni sintattiche, che però non
possono essere distinte dalla dimensione semantica.
Perché occuparsi degli impliciti?




Per aumentare il controllo sulla comunicazione verbale
Ottimizzare l’acquisizione di informazioni
Rendere possibile il distacco critico dagli impliciti che altrimenti
vengono assorbiti in modo subliminare
Pretendere dai testi e dalla loro comprensione una sorta di
esattezza (che non equivale alla esattezza logico-semantica),
intesa come possibilità di smontare e rimontare gli impliciti del
discorso
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Lezioni del 21 e 22 novembre 2012