Giulia Zanelli Quarantini Matelsup 2009-10 Intervista immaginaria a un genio della Matematica del passato: CALEB GATTEGNO Come i bambini usano la propria mente D. Ci racconti della sua vita da ragazzo, piuttosto particolare CG: sono nato ad Alessandria, in Egitto. La mia era una famiglia di ebrei sefarditi, in casa si parlavano correntemente Francese, Spagnolo, Italiano e Inglese e, con il cuoco o lo shoeshine, anche un poco di Arabo. Vivevamo una realtà semicoloniale, Alessandria era una città assolutamente cosmopolita, che accoglieva, nelle sue strade eleganti e sulla splendida Corniche sul mare, popoli, culture, lingue e religioni molto diverse. Con i miei cugini, frequentavamo le scuole italiane, inglesi o il Lycée Francais. Per studiare, però, siamo quasi tutti andati in Europa. Lì a Basilea, in Svizzera, nel 1937, ho portato a termine un dottorato di ricerca in Matematica. D. Quello che colpisce, della sua vita e carriera, è la assoluta libertà nell'individuazione del campo di indagine: nei suoi quasi 250 libri e oltre 500 articoli, si occupa via via di Matematica, di Psicologia, di Filosofia e spesso di argomenti più generali, quali il cervello, l'amore, la consapevolezza ... CG: il mio interesse principale è sempre stato la mente umana, la sua capacità di apprendimento, che cosa influenza questa capacita di apprendimento, compreso per esempio il ruolo importante che svolge l'affettività. In particolare con i bambini ho cercato di pormi la domanda “Come funzionano? Come usano la loro mente?” Tutti i fondamenti della Matematica, come li conosciamo dalla letteratura scientifica, sono basati su dogmi che secondo me sono sbagliati: essi non lavorano sulla realtà della mente di chi impara. Questo non è mai interessato, interessava solo scrivere un elenco di passaggi per usare i meccanismi e ottenere i risultati inseriti nei nostri programmi. Hanno così poco a cuore la realtà, che non si sono resi conto che contare è un'attività complessa. Per secoli abbiamo insegnato che contare è la base dell'aritmetica elementare. Ciò è sbagliato: avrete tutti notato che ci vuole un po' prima che I ragazzi imparino a dire 1, 2, 3, 4, in ordine, loro dicono 1, 3, 7, 4 .. non è vero? E quando finalmente imparano a dire 1, 2, 3, noi siamo contenti, ma non ci chiediamo perchè all'inizio non ci riescono? I bambini devono avere un po' di tempo per capire le cose da soli. http://www.atm.org.uk/about/peo ple/gattegnoclips/ATMGattegno-07.mp3 D. Qual'è secondo lei il contributo più importante che la sua opera ha fornito all'insegnamento della Matematica ai bambini? CG:si tratta di una forma di disciplina che gli insegananti devono dare a sé stessi, parlo dell'educazione degli insegnanti. Essi devono realizzare che la realtà deve essere presentata agli altri partendo dal modo in cui essi hanno ragionato, non da come essa è stata tramandata: quindi, se io sono in possesso di alcuni criteri, per esempio per addizionare due frazioni, il mio lavoro consiste nel fare in modo che anche gli studenti abbiano dei criteri, non la Conoscienza. La Conoscienza scaturirà da essi. Per esempio: una volta, alla mia scrivania ad Addis Abeba nel 1957, mi sono sorpreso ad arrossire, mi vergognavo di me stesso. Venti anni dopo il mio dottorato in Matematica, ho capito che addizionare due frazioni significa fare un'addizione. Ovviamente, lo dicevo sempre, lo sapevo fare, sapevo trovare le soluzioni, ma non avevo capito. Improvvisamente mi è stato chiaro che ogni volta che io sommo 2 mele e 3 pere, non ho 5 mele o 5 pere. Ho qualcosa che è cambiato, ho 5 frutti. Per capire come metterle insieme , dovevo passare ad un altro livello, dove la “melitudine” e la “peritudine” vengono rimpiazzate dalla “fruttitudine”. Solo allora io posso dire 5. E non avevo mai capito che Denominatore Comune vuol dire dare a entrambe lo stesso nome. Ora, al centro della parola Denominatore vedo la parola Francese nom, che conoscevo benissimo. Non mi era mai parso così chiaro che è l'addizione che costringe a trovare il denominatore comune, non la frazione. Ecco perché mi vergognavo. http://www.atm.org.uk/about/people/gattegnoclips/ATM-Gattegno-01.mp3 D: lei pensa quindi che il metodo di insegnamento tradizionale possa essere stato in qualche maniera poco efficace? CG: mi sento dire spesso “Io insegno, ma loro non imparano”. Be', se lo sai, smetti di insegnare ...! Non intendo dire che ti devi licenziare, ma smettere di insegnare in una maniera che non riesce a fare imparare. Cerca di capire che cosa devi fare per essere ogni giorno più preparato per aiutare i giovani a corredare le proprie menti con cose che sono così elementari che quello che normalmente viene insegnato in 5 anni, io lo posso insegnare in 18 mesi. Mia figlia ha imparato a leggere a 20 mesi e mio figlio a tre anni, non perché glielo abbia insegnato io, ma perché ho lasciato che imparassero. http://www.atm.org.uk/about/people/gattegnoclips/ATM-Gattegno-06.mp3 D: oltre ai famosi regoli CusineaireGattegno, lei ha inventato molti altri strumenti per una pedagogia del fare e del costruire. CG: Si, per sempio i “geopiani”: si tratta di strumenti didattici adatti a favorire l’esperienza geometrica: sono efficaci a diversi livelli di apprendimento.Su di una tavoletta di legno è disegnato un reticolato i cui nodi sono messi in evidenza con dei chiodini o delle viti; fra di essi si possono tendere degli elastici di diverso colore. Sui geopiani si possono tracciare le più diverse figure; diviene così possibile rappresentare e studiare numerose differenti situazioni geometriche: relative alla forma e alle proprietà delle figure, alle dimensioni ed estensioni, problemi di simmetria, di similitudine, di ricerca di casi possibili, di classificazione ed altri ancora. Con un geopiano a 9 chiodi si possono ottenere tutti i tipi di quadrilateri: quadrati, rombi, rettangoli, parallelogrammi, trapezi, deltoidi, ecc. Con un geopiano a 16 chiodi si può illustrare il teorema di Pitagora generalizzato o teorema di Carnot. Con un geopiano a 25 chiodi si possono costruire molti angoli oppure introdurre i primi concetti sul piano cartesiano o proporre esercizi sulla simmetria assiale e su quella centrale o sulla determinazione dell’area di figure poligonali. Naturalmente aumentando il numero dei chiodi del geopiano, aumentano anche le situazioni che si possono proporre. E’ evidente che un geopiano con 121 chiodi potrà essere utilizzato magnificamente per introdurre il piano cartesiano o per l’equivalenza delle figure poligonali e per metterne in evidenza i vari elementi. Un altro geopiano è quello formato da un reticolato a forma didodecagono regolare (i 12 chiodi sono disposti su una circonferenza) e permette di rappresentare triangoli equilateri, quadrati, esagoni e dodecagoni. Questo geopiano permette pure di delimitare archi, settori, individuare diametri, corde, rappresentare angoli al centro, angoli alla circonferenza, stabilire proprietà di archi e corde, dimostrare la relazione esistente fra angoli inscritti nella circonferenza e i corrispondenti angoli al centro. Delle innumerevoli attività che si possono effettuare con questi strumenti è bene tenere presente l’opportunità che gli allievi riproducano sul quaderno le situazioni e i risultati realizzati sul geopiano. D: lingua 2. dopo aver fondato la Cuisenaire Company in Inghilterra nel 1954, della quale è stato direttore fino al 1986, è stato in Etiopia, in qualità di membro della commissione che si propone di trovare una soluzione al problema dell'analfabetismo. CG: si, ed è in quella occasione che ho sviluppato un metodo pensato per rendere più semplice l'alfabetizzazione, che in seguito è stato utilizzato moltocome strumento per l'insegnamento dell'Inglese come lingua 2 E' stato chiamato “words in colour”: codifica per colore i fonemi e rende quindi più intuitivo l'approccio alla lingua. D: Dal 1966, lei ha lavorato a New York CG: ho diretto “Schools for the Future” un'organizzazione di ricerca benefica e mi sono occupato di “Educational Solutions”, che pubblica materiale per l'insegnamento e si occupa della formazione degli insegnanti. http://www.educationalsolutio ns.com/ August 4, 1988 Caleb Gattegno, 76, a Proponent Of Novel Learning Theories, Dies By GLENN FOWLER Caleb Gattegno muore a Parigi nel 1988, in poco dopo aver partecipato ad un ultimo seminario. In occasione della sua morte John Holte, autore di “Perché i bambini falliscono” ha affermato:” Gattegno è stato abile come pochi altri nel farci capire chiaramente la natura dell'imparare non, come molti fanno, spezzetandolo in tanti frammenti scollegati e poco reali, ma chiedendoci qual'è la 2sensazione” dell'imparare”. BIBLIOGRAFIA Come abbiamo avuto modo di dire, la bibliografia di Gattegno è monumentale, composta da monografie, saggi su riviste, manuali che accompagnano i suoi strumenti didattici. Anche gli argomenti spaziano dalla didattica della Matematice, all'insegnamento delle lingue, dalla Psicologia alla Filosofia, alla Pedagogia e non solo Per un tentativo di biblio grafia esaustiva, si rimanda al bel sito di Educational Solutions: http://educationalsolutions.com/index.php