Stereotipi e pregiudizi • Persistenza di stereotipi e pregiudizi (connotazione negativa del termine) anche nell’epoca della tolleranza, dell’eguaglianza, della convivenza democratica. • Spesso gli stereotipi e i pregiudizi continuano a vivere in modo nascosto. 1 • Quali sono le discipline che hanno studiato/studiano stereotipi e pregiudizi? • I pregiudizi sono stati analizzati in primo luogo dalla filosofia; gli stereotipi da scienze sociali come la psicologia sociale (in primo luogo) e anche dalla sociologia (vedi, per un approfondimento, B.M. Mazzara, Stereotipi e pregiudizi, il Mulino, 1997). 2 Gli stereotipi Origine tipografica, fine XVIII secolo. Significato originario di stereotipo: riproduzione a mezzo stampa di forme fisse. Il termine passa nelle scienze sociali negli anni Venti del Novecento grazie a un giornalista statunitense, Walter Lippmann, che si occupa di analizzare come si forma l’opinione pubblica. Analisi del ruolo della stampa in questo processo. 3 Gli stereotipi, qui, sono semplificazioni della realtà – rigide e grossolane. Forma di difesa contro la complessità del mondo. Lippmann anticipa alcuni aspetti importanti dell’analisi degli stereotipi, in particolare il loro carattere culturale e di gruppo. I singoli se ne appropriano per rapportarsi alla realtà, appunto semplificandola. 4 La funzione principale degli S. Oggi si sottolinea il carattere difensivo degli S.: per loro tramite cerchiamo di proteggerci dai continui processi di cambiamento della realtà sociale. L’effetto più importante degli S. Alterazione dei dati dell’esperienza: eventuali informazioni che contraddicono gli S. vengono ignorate. 5 • Attraverso gli S. vengono attribuite determinate caratteristiche negative a specifici gruppi sociali (solitamente minoranze svantaggiate oppure - come nel caso delle donne – a soggetti proposti come socialmente marginali). 6 • Tre dimensioni importanti per capire la forza sociale degli S.: 1. il grado di condivisione (all’interno di un gruppo) 2. il livello di generalizzazione (delle caratteristiche stereotipiche) 3. il grado di rigidità (qual è il grado di resistenza al cambiamento degli S.) 7 Una definizione di stereotipo Insieme coerente e rigido di credenze negative che vengono nutrite (in modo condiviso) nei confronti di un determinato gruppo o categoria sociale (Mazzara). Stereotipo come nucleo cognitivo del pregiudizio 8 • La differenza concettuale tra categorie e stereotipi. Non si può vivere senza ‘mappe mentali’; si può vivere senza stereotipi. • Categorie e stereotipi hanno a che fare con questioni di ordine; gli stereotipi sono legati in modo diretto al mantenimento di forme di potere (le relazioni di potere sono tematizzate, per loro tramite, come immutabili). 9 • Le rappresentazioni unilaterali - gli stereotipi – occultano la complessità del reale. Lo fanno nell’interesse di ordine, sicurezza e dominio. • Illusione di precisione, di chiarezza: i danni della stereotipizzazione sociale come forma di controllo sociale 10 • La stereotipizzazione come processo che preserva e riproduce identità, norme e comportamenti. • La negazione delle differenze 11 • Importanza delle interazioni sociali nella costruzione degli stereotipi e delle ‘categorie emozionali’ mobilitate all’interno di queste interazioni. • Il ruolo centrale del linguaggio. Il linguaggio esprime i rapporti di potere dominati e li riproduce. Le credenze condivise sono trasmesse attraverso il linguaggio 12 • Che cos’è lo Stereotype Threat (minaccia legata agli stereotipi) (vedi A. Taurino, 2005) • Il gruppo fatto oggetto di stereotipi negativi vive una condizione di ansia che finisce per confermare gli stereotipi ( e i pregiudizi ) di cui è oggetto. • Gli stereotipi e i pregiudizi incidono sui comportamenti. 13 Breve excursus sulle rappresentazioni sociali Stereotipi come forme di rappresentazione sociale Ruolo delle RS come criteri di organizzazione cognitiva della realtà (vedi Taurino, 2005) RS come “ modalità di pensiero pratico orientata verso la comunicazione, la comprensione e il dominio dell’ambiente sociale, materiale e ideale” (Jodelet). 14 • Attraverso le RS la realtà sociale viene non solo riprodotta, ma creata in modo condiviso. • Le RS. Si strutturano attraverso le conversazioni della vita quotidiana, nelle interazioni minute, poco visibili. Relazione tra RS e ‘senso comune’. 15 I pregiudizi • P. come giudizi emessi prima di possedere sufficienti dati di esperienza. Giudizio preventivo, preconcetto (importante battaglia della scienza moderna contro i preconcetti, le idee consolidate e considerate, in quanto tali, esenti da giudizio) . 16 • P. come idea errata e ostacolo alla vera conoscenza. • Le scienze sociali mettono in luce come il pregiudizio sia di solito sfavorevole (in linea di principio ci può essere anche un pregiudizio favorevole) e si riferisca a specifici gruppi sociali. 17 • Possibili conseguenze negative della presenza di P. per la convivenza fra i gruppi umani: la realtà viene filtrata attraverso pre-disposizioni mentali e emotive, per lo più, come detto, sfavorevoli. I P. diventano strumentali a strategie di riduzione e controllo di determinati gruppi sociali (si pensi al pregiudizio antiebraico nella storia e alla immane tragedia della Shoah). 18 Definizioni di pregiudizio 1.Ristretta: Giudizio che precede l’esperienza o in assenza di dati empirici 2. Allargata Tendenza a considerare in modo ingiustificatamente sfavorevole le persone che appartengono a un determinato gruppo sociale. 19 Qualche esempio concreto • 1. Stereotipi e pregiudizi di genere Facciamo riferimento alla penalizzazione e discriminazione delle donne come gruppo rispetto agli uomini come gruppo (nel lavoro, nelle retribuzioni, nelle posizioni di alta responsabilità). 20 • Sottovalutazione dell’importanza dei ruoli pubblici per le donne (nonostante i loro elevati livelli di istruzione). Centralità, per contro, delle figure femminili nei messaggi pubblicitari. • Il drammatico caso del ‘femminicidio’ in Italia (124 le donne uccise nel 2012 , con 47 tentati omicidi; nel 60% dei casi come esito di relazioni troncate) e la sua relazione con stereotipi e pregiudizi di genere. 21 • Gli stereotipi legati ai ruoli sociali: l’ordine di genere (Connell): la subordinazione delle donne legata alla dominanza sociale maschile. Le donne e i ruoli di cura. • Persistenza di S. e P. di genere, che tendono a riprodursi nel tempo. Come S. e P. condizionano i processi di formazione dell’identità personale e sociale. 22 Stereotipi e pregiudizi nelle identità di genere Qualche esempio di stereotipi connessi al modello femminile (Ruspini). Le donne: • Non sono aggressive • Non si percepiscono come leader • Hanno molta comprensione per gli altri • Sono affettuose • Utilizzano raramente parolacce • Sono fedeli • Amano l’arte e la letteratura 23 Gli uomini a loro volta: • Sono molto realistici • E’ difficile influenzarli • Sono attivi • Amano la matematica e le scienze naturali • Non hanno paura • Hanno attitudine al comando • Sanno imporsi e affermarsi • Sanno controllare le emozioni 24 • In sintesi, per stereotipi di genere si intende la semplificazione della realtà legata ai ruoli di genere e sessuali. • Più in particolare con questo termine si fa riferimento a quei meccanismi di categorizzazione per mezzo dei quali viene interpretato, elaborato, decodificato ciò che è maschile e ciò che è femminile. 25 • Attraverso l’’etichettamento’ si costruiscono precise immagini mentali dei due generi, che costruiscono la realtà sociale. • Vengono in tal modo elaborate due polarità contrapposte (maschile/femminile), ciascuna delle quali investita di forti valenze ideologiche. • Gli esiti nefasti degli stereotipi di genere nella vita sociale – tra gli altri, i processi di autostereotipizzazione di donne e uomini 26 • 2. Stereotipi e pregiudizi a carattere etnico-razziale • Intreccio fra dinamiche socio-strutturali, psicologiche e culturali. La relazione con l’Altro. • Vecchio e nuovo razzismo: dal pregiudizio manifesto al pregiudizio latente - non per questo meno pericoloso. 27 • Un’espressione del pregiudizio oggi: evitare ogni contatto con l’Altro, lo straniero; scoraggiare il coinvolgimento. Fuga dall’Altro come espressione del disagio. Esclusione e discriminazione si ripresentano per questa via. • Che cos’è il razzismo simbolico: chi appartiene alle minoranze deve competere sulla scena sociale come tutti gli altri. Le iniziative di sostegno alle minoranze sarebbero forme di discriminazione. 28 • Che cos’è il razzismo differenzialista: ciascuna cultura è diversa, per queste le culture (e i gruppi che ne sono portatori) devono restare separati. Politica segregazionista come risultato. In sintesi: • Alla costruzione della diversità corrisponde per lo più una gerarchia. I migranti, di conseguenza, vengono percepiti come individui di categoria sociale inferiore. 29 • In generale: distorsione nella percezione e nella valutazione dei fenomeni che riguardano le minoranze (vedi le forme di devianze). • In questa visione sarebbero le differenze etniche a ‘causare’ determinati comportamenti – negativi o, eventualmente, positivi. Risultato: cresce la distanza sociale. 30 • Stereotipi e pregiudizi come produttori di discriminazione sociale a livello quotidiano (attraverso un processo culturale quotidiano). • Conoscere il loro funzionamento per promuovere maggiore tolleranza e comprensione reciproca tra le culture. 31 Le radici storiche di stereotipi e pregiudizi verso lo straniero La costruzione dell’Altro • Nel periodo in cui la Gran Bretagna si dedicava alla tratta dei neri (lo schiavismo: dal XVI al XIX secolo; 12 milioni di esseri umani provenienti dall’Africa incatenati e trasportati nelle Americhe; 2 milioni di morti solo nel corso della traversata atlantica; 4 milioni di morti stimati a cusa delle condizioni della schiavitù) fioriscono stereotipi ei pregiudizi. 32 • Mancanza di capacità per assumere ruoli di responsabilità; incapacità di governo. Da cui “inferiorità morale” dei popoli colonizzati. • Al contempo: il ne(g)ro come “essere spensierato”: Il discorso colonialista e imperialista dei proprietari terrieri. 33 • Gli S. e i P. servono per giustifcare il dominio dei bianchi sui neri. • Gli stereotipi e i pregiudizi razzisti non possono essere separati dal discorso colonialista (Pickering). 34 • La costruzione del ‘Primitivo’ (XIX secolo). Vedi Cristoforo Colombo e i ‘cannibali’. • Il ‘Primitivo’ come opposto concettuale del soggetto civilizzato: il primo è nomade, sessualmente promiscuo, vive in regime di proprietà comune; ha una mentalità illogica legata a magia e superstizione. 35 • 1874 (Stocking, Victorian Antropology) • “Con la pelle scura e bassi di statura, tutt’altro che belli, nudi e sporchi, promiscui e brutali con le donne, adoravano gli spiriti che credevano albergare negli animali o addirittura in stecchi e pietre – avevano cervelli più piccoli (…)”. 36 • I ‘primitivi’ (non bianchi) sono ‘infantili, intuitivi e spontanei” – e per questo hanno bisogno di controllo e guida da parte dell’Europa. Innata tendenza alla violenza fisica. • L’interpretazione: le società europee rappresentano lo zenit della civiltà, le società ‘primitive’ (in Africa o in Australia) il nadir. 37 • Queste società erano considerate ‘non evolute’: una forma di esistenza arretrata, immutabile, che l’Occidente si era lasciato alle spalle. Il ruolo selfserving di S. e P. Lo sterminio del 90% della popolazione aborigena in Australia ad opera dei colonialisti britannici a partire dalla fine del XVIII secolo per appropriarsi delle loro terre e risorse agricole e ambientali. 38 • Secondo questa visione, le abilità tecnologiche, il controllo del pensiero razionale, la raffinatezza culturale erano la misura della civilizzazione europea. • Secondo Ward (1910, cit. in Pickering, 2001, p. 58): “Il selvaggio africano di oggi serve a indicarci quanto noi stessi ci siamo evoluti da un simile stato primitivo”. 39 • La differenza culturale diventa differenza storica; la differenza storica diventa differenza evoluzionistica. • Il ‘primitivo’ rimanda ad ‘allora’ e ‘laggiù contro l’adesso e il qui dell’Occidente ‘civilizzato’ 40 Strategie di confronto con l’Altro L’assimilazione Per lo straniero è fondamentale venire a patti con la nuova realtà culturale e sociale in cui si trova inserito. Che cos’è una ‘ricetta’ nello studio dei modi di conoscenza della vita quotidiana (Alfred Schutz). Modi pratici di risolvere i dilemmi quotidiani. 41 • La cultura di un gruppo sociale è anzitutto una questione di ‘conoscenza pratica’. • I diversi ‘dato per scontato’ del gruppo di destinazione e del gruppo di arrivo. • Che cos’è ‘il mondo dato per scontato’ (Schutz). Relazione con il senso comune. • Obiettivo finale: riduzione della complessità culturale in cui ci si trova inseriti. 42 • La produzione di ‘mappe’ di orientamento: schemi pratici di relazione con la realtà. • Perché lo straniero diventa una fonte preziosa di innovazione culturale nel corso del periodo di assimilazione. La sua capacità critica cresce. • Quando il processo di assimilazione sarà completo, l’ambivalenza dello straniero sarà riassorbita. Il riferimento principale sarà ad un solo mondo. 43 • L’esclusione • L’etnocentrismo come sentimento universale? • Etnocentrismo= la ‘nostra’ cultura versus la cultura dell’Altro/degli altri. Relazione con la xenofobia (avversione verso lo straniero). • In realtà, ogni cultura è in costante trasformazione e mutamento. • Lo straniero come incarnazione delle paure del cittadino contemporaneo. 44 • Ma anche l’etnocentrismo ha caratteristiche di ambivalenza: disprezzo e ‘ammirazione’ per lo straniero si mescolano. • L’ambivalenza come dimensione indissociabile dalla relazione con lo straniero come ‘altro’ culturale. 45 • Qualche esempio del ‘fascino’ che la figura dello straniero può esercitare oggi: la moda, l’alimentazione, l’arredamento, la medicina alternativa. • La fortuna di ciò che è ‘etnico’ come misura dell’ambivalenza del nostro tempo verso lo straniero. 46 • Va ricordato che gli stereotipi sono, tradizionalmente, gli strumenti più efficaci per bloccare l’ambivalenza. Questo vale, ovviamente, anche nei confronti dello straniero. Gli stereotipi (e i pregiudizi) al servizio dell’esclusione. Le ragioni (vedi la parte precedente delle slides). 47 Simmel e lo straniero • Lo studioso che per primo ha messo in luce l’ambivalenza della figura dello straniero: Georg Simmel (1908, trad. it. Sociologia, 1989). • Comprendere lo straniero per comprendere la società moderna. Interesse alle forme della ‘sociazione’ e alla relazione tra identità e organizzazione sociale. 48 • Un aspetto importante dell’analisi di Simmel: l’adesione allo stereotipo rafforza la possibilità di mantenere il ‘distacco’ di fronte al caos della vita cittadina (vedi ‘La metropoli e la vita dello spirito’, Simmel 1903). • L’atteggiamento blasé contro l’eccesso di stimoli che vengono dalla metropoli. Lo stereotipo come veicolo di creazione della distanza sociale ( la distanza sociale come primo passo verso la segregazione e l’esclusione sociale: vedi Bauman, Modernità e Olocausto, 1989). 49 • La relazione vicino & lontano. Lo straniero come colui (colei) che ‘arriva oggi e resta domani’. E’ estraneo ma non completamente sconosciuto; è fisicamente vicino eppure è culturalmente distante. • Lo straniero rappresenta per Simmel il confine: è incluso ed escluso contemporaneamente. Mette in gioco le categorie dell’inclusione e dell’esclusione, dell’assimilazione e dell’integrazione. 50 • Lo straniero è indispensabile alla società perché, per suo tramite, il problema dei confini viene costantemente posto. Lo straniero come nemico, che nemico deve restare se i confini devono essere mantenuti. • L’ostilità che patisce sotto forma di esclusione sociale deriva dal suo essere ‘incluso’ nella società: il paradosso dello straniero secondo Simmel (vedi Burgazzoli, in Lo straniero e il nemico, a cura di Dal Lago, 1998). 51 • In questo senso lo straniero è escluso non perché ‘marginale’, ma perché centrale per la vita sociale. • Il privilegio dello straniero secondo Simmel: potere comprendere pienamente le dinamiche sociali. Non è infatti vincolato dall’abitudine e dal senso comune (vedi Schutz), o dalla relazione con il passato. ‘Imparzialità’ e ‘oggettività’ della sua visione. • Lo straniero come potenziale confidente. 52 • Lo straniero come metafora della condizione moderna e contemporanea, caratterizzata dal mutamento costante: siamo tutti ‘stranieri’ (l’uno per l’altro) e ‘stranieri a noi stessi’ 53 Elias o come si costruisce la discriminazione • Norbert Elias non studia direttamente lo straniero, ma il modo in cui vengono costruite forme di dicriminazione tra chi è ‘interno’ al quartiere (gli established) e chi è ‘esterno’ (lo raggiunge successivamente (gli outsiders) (vedi la ricerca nel quartiere operaio inglese Winston Parva: Elias e Scotson, The Established and the Outsiders, 1965) 54 • Il tempo trascorso nel quartiere dalle famiglie operaie già residenti (gli established) come titolo di merito, fonte di status e ‘civilizzazione’. I codici culturali comuni. • Quando arrivano nuove famiglie operaie (gli outsiders) ad insediarsi nel quartiere nascono rumors sulle loro abitudini, i loro stili di vita. I nuovi arrivati sono percepiti come una minaccia alla onorabilità del quartiere e dei suoi abitanti. 55 • Gli outsiders cercano di frequentare gli stessi luoghi degli established (pubs, luoghi di riunione, eccetera), ma vengono costantemente emarginati. Così i loro figli nelle scuole. • Come risultato, secondo Elias, gli outsiders interiorizzano l’immagine negaativa che gli established propongono della loro identità. Non sono in grado di rivendicare i loro diritti. 56 • Interdipendenza dei due gruppi: gli uni non potrebbero esistere senza gli altri. La configurazione che ne deriva è l’antagonismo. • Per comprendere le sue ragioni, secondo Elias è necessario studiare questa interdipendenza. 57 • Anche in questo caso, viene studiata l’ambivalenza che caratterizza il modo con cui ciascun gruppo si relaziona all’altro (come gli outsiders vedono gli established; come questi ultimi valutano i primi). • Lo studio di Elias e Scotson può essere letto come analisi delle dinamiche interattive tra autoctoni e stranieri. 58 Park e ‘l’uomo marginale’ • L’uomo ‘marginale di Park (Scuola di Chicago, America inizio Novecento) è colui che sta tra più mondi, e che non ha la possibilità di integrarsi in alcuno. • Uomo ‘marginale’ = uomo interiormente e socialmente diviso (Park 1928). Il suo tratto distintivo è il disagio, l’instabilità psicologica, l’essere sempre ‘altrove’ rispetto a ciò che vive e osserva nel quotidiano. 59 • L’ambito dell’uomo ‘marginale’ è la metropoli, il luogo per eccellenza dell’incontro tra culture. • Disposizione alla crisi di identità dell’’uomo marginale’: forte capacità critica, ma anche tensioni emotive troppo forti, che gli impediscono di conquistare un ‘sé unitario’. 60 Merton , gli insiders/outsiders e le forme della conoscenza • Lo studio degli insiders/outsiders e’ condotto attraverso una riflessione sui modi della conoscenza: dall’interno del gruppo (insiders) e al suo esterno. Due diverse forme di conoscenza. • La posizione fortemente razionalista di Merton (in base al rifiuto dell’equazione: piu’ familiarità uguale piu’ conoscenza). Esperienza versus ‘vera’ conoscenza scientifica. 61 Qualche riferimento bibliografico • B. M. Mazzara, Stereotipi e pregiudizi, Bologna, il Mulino, 1997. • E. Ruspini, Le identità di genere, Roma, Carocci, 2003. • A. Taurino, Psicologia della differenza di genere, Roma, Carocci, 2005. • M. Wieviorka, Lo spazio del razzismo, Milano, il Saggiatore, 1993. 62 • M. Pickering, Stereotipi. L’Altro. La Nazione. Lo straniero, Firenze, Mediascape, 2001. • A. Dal Lago (a cura di), Lo straniero e il nemico, Genova-Milano, Costa Nolan, 1998. 63