CHIMICA VERDE E’
Invenzione, progettazione e applicazione di processi e prodotti chimici per
ridurre o eliminare l’uso e la generazione di sostanze pericolose
Un approccio alla sintesi, processi ed uso di prodotti chimici che riducano i
rischi per l’uomo e per l’ambiente
AREE DI RICERCA, SVILUPPO E COMMERCIO DELLA
CHIMICA VERDE
Natura dei composti dei partenza
Natura dei reagenti e delle trasformazioni
Natura delle condizioni di reazione
Natura del prodotto finale
LA SINTESI IDEALE
IL SOGNO
SELETTIVITA’ 100%
NESSUN COPRODOTTO
NESSUN SOLVENTE
REAGENTI ED INTERMEDI ATOSSICI E NON PERICOLOSI
SINTESI A BASSE TEMPERATURE E BASSE PRESSIONI
NESSUN PROBLEMA DI SEPARAZIONE DEL CATALIZZATORE DAI
REAGENTI E DAI PRODOTTI
TURNOVER NUMBER (TON) MOLTO ALTO (PICCOLE QUANTITA’ DI
CATALIZZATORE)
12 PRINCIPI DELLA GREEN CHEMISTRY
Atom Economy
Questo parametro, introdotto da B.Trost e detto anche efficienza atomica (EA),
è il rapporto fra il peso molecolare del composto desiderato e la somma totale
dei pesi molecolari di tutte le sostanze prodotte nella reazione stechiometrica.
Esempio: produzione di fenolo da benzensolfonato di sodio
SO3Na
ONa
+ 2NaOH
+ Na2SO3 + H2O
Si vede che la produzione di 116 g di fenato sodico produce
contemporaneamente 126 g di solfito di sodio e 18 g di acqua: in termini di
massa, la reazione produce più sottoprodotti che prodotto principale.
Poiché l’efficienza atomica è il rapporto fra il peso molecolare del composto
desiderato e la somma totale dei pesi molecolari di tutte le sostanze prodotte
nella reazione stechiometrica, in questo caso l’efficienza è pari a 116/260, cioè
del 44,6%.
Un altro chimico, Sheldon, ha introdotto un altro parametro, il Fattore E
(environment) definito come il rapporto fra il peso degli scarti ed il peso totale
del prodotto desiderato.
Nel calcolo esso tiene conto anche della resa di reazione e dell’eventuale
alimentazione di solvente fresco a causa di riciclo inefficace. Unica eccezione è
relativa all’acqua, che non viene considerata qualora sia un sottoprodotto di
reazione.
In un processo ideale il fattore E dovrebbe essere uguale a zero. Se la
reazione del fenato sodico per dare fenolo avvenisse con una resa del
100%, il fattore E sarebbe pari a 126/116, cioè 1,09%.
Secondo Sheldon questo numero è caratteristico dei processi industriali su larga
scala ma, in processi di Chimica Fine, come quelli farmaceutici, per es., il valore
di E può superare anche 100.
Consideriamo anche l’esempio della sintesi dell’e-caprolattame, precursore del
Nylon 6. La reazione classica prevede la reazione del cicloesanone con solfato di
idrossilammina, formazione dell’ossima e trasposizione di Beckmann con acido
solforico: l’efficienza atomica è del 29% ed il fattore E vicino a 4,5.
O
H
N
+ 0.5 (H3NOH)2SO4 + 1.5 H2SO4 + 4 NH3
O
+ 2 (NH4)2SO4
Lo schema di sintesi proposto dalla Sumitomo invece, prevede una via catalitica
(uso di zeoliti) ed è una reazione di ammossimazione con acqua ossigenata ed
ammoniaca: l’efficienza atomica risulta essere del 75% ed il fattore E uguale a
zero (l’acqua non deve essere considerata).
O
H
N
+ H2O2 + NH3
O
+ 2 H2O
Bisogna sempre considerare anche, oltre all’ammontare dei sottoprodotti
indesiderati, l’impatto che questi possono avere sull’ambiente. Pertanto il
fattore E deve essere moltiplicato per il quoziente di rischio ambientale Q.
Infatti, un Kg di NaCl non può essere considerato paragonabile ad un Kg di un
sale di cromo: il fattore Q tiene pertanto conto della pericolosità intrinseca
dei prodotti indesiderati della reazione.
Il valore di Q è 1 per il non tossico cloruro di sodio, e potrebbe essere da 100 a
1000 per un sale di cromo, in base alla sua tossicità, difficoltà di smaltimento o di
riciclo.
Bisogna notare che il fattore Q, per una stessa sostanza, è legato anche
all’ammontare con cui tale sostanza è prodotta. Ad es., la generazione fino a
100-1000 tonnellate annue di NaCl può essere considerata ad impatto
ambientale trascurabile, tale da considerare Q prossimo a zero. Tuttavia, al
crescere della quantità di NaCl (es. 10.000 t/a), può diventarne più difficoltoso il
trattamento ed il rilascio nell’ambiente e Q pertanto diventa 1.
USO E PROUZIONE DI SOSTANZE CON UNA TOSSICITA’ MINIMA
I fattori importanti nella valutazione della pericolosità di un composto per l’uomo
sono:
dose tossica,
tipo di danno,
reversibilità.
Il danno può essere contenuto anche limitandone la biodisponibilità, cioè limitando
la capacità di raggiungere il bersaglio biologico (ad es. impedendo di raggiungere
lo stomaco se è lì che può provocare il danno): occorre conoscenza di come le
sostanze penetrano nel corpo.
Ad esempio se si vuole evitare l’assorbimento di una sostanza attraverso le vie
respiratorie, basta aumentare le dimensioni delle particelle della sostanza in
quanto sono effettivamente respirabili solo particelle con dimensioni inferiori a 10
mm.
Altro esempio: si può evitare l’assorbimento di una sostanza via pelle variandone
la solubilità in acqua o in ambiente lipofilo; variando la polarità della sostanza in
questione mediante opportune modifiche strutturali si può renderla non idonea
all’assorbimento cutaneo.
Necessità di progettare composti adatti al loro scopo ma che presentino
una tossicità ridotta. Oggigiorno, nota la struttura molecolare di un
composto è possibile prevederne, con buona approssimazione, molte
proprietà. Lo sviluppo sostenibile di una nuova classe di composti per una
data applicazione può prevedere le linee di azione schematizzate:
Innanzitutto deve essere definito un test-kit, cioè un certo numero di sostanze
appartenenti alla classe in esame che, anche se con differenze strutturali,
possono essere potenzialmente utili per l’applicazione.
La predizione dell’attività e del possibile impatto sulla salute e sull’ambiente è
effettuato tenendo conto delle relazioni note con le sigle SAR e QSAR, cioè
Strucutre-Activity Relationship e Quantitative Strucutre-Activity Relationship.
La SAR è quella relazione secondo la quale molecole simili hanno proprietà
simili, intese come reattività o attività biologica.
Esempio: è noto che i nitrili (R-CH2-CN) sono tossici perché rilasciano cianuro
(CN-) nel corpo umano. E’ stato dimostrato che il meccanismo con cui avviene
questo rilascio prevede la preliminare formazione di un radicale in posizione a al
nitrile (R-CH.-CN), cui fa seguito la formazione del cianuro. Impedendo la
formazione del radicale, ad es. inserendo dei sostituenti metilici al posto degli
idrogeni, si blocca il meccanismo di rilascio del cianuro e la sostanza R-CMe2-CN
perde tossicità.
Nel caso non sia noto il meccanismo di azione biologica, allora si può ricorrere alla
sostituzione della funzione sospetta con gruppi alternativi.
Esempio: la manifattura degli adesivi per i parabrezza delle auto;molti di questi
composti sono a base di isocianati (RNCO) che sono tossici. La ricerca ha portato
all’uso alternativo di esteri aceto acetati (CH3COCH2COOR), tramite i quali si
ottengono adesivi ugualmente efficaci ma privi della funzione organica sotto
accusa.
La relazione QSAR è ancora più incisiva perché esprime la dipendenza
quantitativa di una proprietà dai parametri strutturali della molecola.
Ad es., legare la K di equilibrio di una reazione alla presenza di un dato sostituente
in una determinata posizione di un anello aromatico.
Una volta terminata la fase computazionale si procede alla sintesi delle molecole
selezionate e alla valutazione effettiva della loro attività e del loro impatto su
salute e ambiente.
Vengono allora valutati cinque parametri eco-tossicologici:
Velocità di Rilascio (R),
Intervallo Spaziotemporale (S),
Bioaccumulo (B),
Attività Biologica (AB),
Incertezza (I).
Ai primi quattro parametri è assegnato un valore da 1 a 4 in ordine di rischio
crescente.
Siccome questa attribuzione può essere dubbia, ciascuno dei numeri è
accompagnato da una lettera che ne indica l’attendibilità (da a, elevata, a d,
bassa).
Il quinto parametro, l’incertezza (I), tiene conto proprio di questa difficoltà e con
valori da 1 a 4 indica l’incertezza crescente nella stima della valutazione del
rischio.
I cinque valori sono riportati in un diagramma penta dimensionale, usando ciascun
apotema del pentagono come scala per ogni parametro.
Ad es., con R = 2, S = 3, B = 4, AB = 1 e I = 2 si ottiene il seguente grafico:
La superficie individuata all’interno del diagramma è indicativa dell’entità del
rischio, che è tanto più elevato quanto più esse è periferica ed estesa.
La velocità di Rilascio (R) misura l’ammontare di sostanza
involontariamente emessa nell’ambiente nell’unità di tempo durante il suo
uso.
L’Intervallo Spaziotemporale (S) tiene conto del fatto che se una sostanza è
immessa nella biosfera, il suo effetto sull’ambiente dipenderà dalla sua
tendenza a disperdersi in esso e dalla sua persistenza.
Il Bioaccumulo (B) indica quanto un certo composto sia in grado di
accumularsi all’interno di un organismo, in concentrazioni crescenti man
mano che si sale di livello trofico nella catena alimentare. Ad es., insetticidi
o pesticidi clorurati sono stati trovati spesso in quantità ingenti nel fegato di
pesci e uccelli.
L’Attività Biologica (AB) tiene conto degli effetti di un composto sulla vita.
Il quinto parametro, l’Incertezza (I), è attribuito sulla base di quanto precisi
sono i valori assegnati ai precedenti quattro.
Tutto il processo è poi corredato da valutazioni di carattere economico e
sociale.
POLIAMMIDI
Poliammidi o Nylon: prodotti di policondensazione di diammine con acidi
carbossilici o prodotti di polimerizzazione di lattami.
Nelle macromolecole lineari i gruppi ammidici si alternano con catene di gruppi
CH2 di determinata lunghezza; i gruppi terminali sono carbossilici o amminici.
Nomenclatura:
- una cifra indica la derivazione da un solo componente bifunzionale (es.
lattame); Nylon 6 da e-caprolattame.
- due cifre indicano la derivazione da due componenti (diammina e acido
bicarbossilico); Nylon 6,6 da acido adipico ed esametilendiammina.
Il Nylon 6,6 è il capostipite delle poliammidi ed è stato sintetizzato nel
1933; la DuPont ha iniziato a produrlo già nel 1936.
Il Nylon 6 ed il Nylon 6,6 sono destinati per il 90% al settore delle fibre e per il
10% al settore dei polimeri termoplastici.
PROCESSO CLASSICO DI PRODUZIONE DELL’ACIDO ADIPICO
Stadio 1:
Ossidazione del cicloesanone con aria
Temp. 125-165°C
P = 8-15 bar
Cat. = naftenati di Mn o Co
Il cicloesilidroperossido intermedio viene trasformato, in presenza di un
catalizzatore, in una miscela anolo/anone.
Conversione: 10-12% pewr avere selettività di 80-85%.
OH
O2
Cat.
O O H
Cat.
O
+
+ H2O
Stadio 2
Ossidazione della miscela anolo/anone con HNO3 al 60% (Monsanto ossida
cicloesanolo puro ottenuto per riduzione del fenolo in presenza di Pd a 150°C e
10 bar).
Catalizzatore: metavanadato di ammonio/nitrato di rame
Temp. = 50-80°C
P atmosferica
Si forma inevitabilmente ossido nitroso (N2O), prodotto stechiometrico, che
provoca la distruzione dell’ozono, smog, piogge acide. Nonostante un efficace
recupero e riciclo di N2O, ne vengono ancora emesse nell’atmosfera diverse
migliaia di tonnellate all’anno
OH
O
Cat.
+
HNO3
COOH
COOH
+ H2O
Nuova tecnologia per fenolo: ossidazione del benzene con N2O;
N2O si forma nell’ossidazione del cicloesanone ad acido adipico con HNO3;
N2O (gas serra) viene generalmente incenerito o distrutto cataliticamente (alti costi);
Rhodia riconverte N2O in HNO3.
Sintesi dell’acido adipico: metodo di Noyori
Ossidazione con H2O2 al 30%: in queste percentuali rientra nei limiti di sicurezza e
l’unico sottoprodotto è H2O.
Rese a partire da cicloesene (ottenuto per parziale idrogenazione del benzene):
90%.
Rapporto molare Cicloesene/W/PTC (trasferitore di fase) = 100/1/1
Temp. = 75-90°C; t = 8h. Da 100g di cicloesene si ottengono 161g di acido adipico.
Unico solvente: H2O (catalisi bifasica).
Reazione in un solo stadio (6 passaggi)
Acido adipico via biochimica
Occorre modificare l’Escherichia Coli per non
arrivare all’acido Shikimico, precursore di
amminoacidi.
Riduzione dell’acido muconico con Pt/C 10% a
T amb. e 50 psi per 3h con resa del 90%. Il
glucosio è disponibile da risorse rinnovabili
quali la cellulosa.
Per diventare operativo (molto lontani):
problemi di scale-up e di processo; necessità di
ristrutturazione e adattamento della produzione
agricola e dell’industria chimica.
Sintesi dell’acido adipico
BASF
DSM-Shell
HCN più cosotso di CO
5° PRINCIPIO DELLA GREEN CHEMISTRY
L’uso di sostanze ausiliarie (solventi, agenti di
separazione, ecc.) dovrebbe essere evitato dove
possibile oppure innocuo quando necessario
I SOLVENTI
Nel 1733 Hermannus Boerhaave (medico olandese)
scrisse:
“Oltre ai quattro elementi fuoco, acqua, aria e terra
dobbiamo considerare un quinto elemento, il
solvente, che è essenziale per i chimici per
effettuare tutte le loro belle reazioni.”
Nel 1890 Wilhelm Ostwald scrisse:
“Quasi tutti i processi chimici, che
avvengono in natura, sia in organismi
animali che vegetali o sulla superficie non
vivente della terra………avvengono fra
sostanze in soluzione”.
H+
CH3COOH + C2H5OH
CH3COOC2H5 + H2O
1862: Berthollet, studiando l’esterificazione dell’acido acetico con
etanolo, notò per la prima volta l’influenza dei solventi sulla velocità
di reazione.
1890: Menschutkin affermò che una reazione non può essere
separata dal mezzo in cui avviene.
Cos’è un solvente organico?
E’ una sostanza organica capace di sciogliere altre sostanze per dare un
sistema omogeneo.
Consente ai diversi reagenti di incontrarsi per far avvenire la reazione.
Serve per attivare i reagenti.
Non deve reagire con essi, ma deve favorire la reazione.
Deve poter essere rimosso alla fine (e possibilmente essere riciclato).
Quali sono i campi di utilizzo dei solventi organici?
I solventi in chimica sono onnipresenti.
Vengono impiegati come mezzo di reazione, per separazioni, per
purificazioni, e come smacchianti.
Principalmente vengono usati nell’industria delle vernici, lacche, pitture ed
inchiostri.
Grandi quantità servono per la preparazione di fibre sintetiche e di polimeri.
Servono nella purificazione di sostanze chimiche.
Solventi “classici” per reazioni organiche, alcuni
inconvenienti:
Tossici
Infiammabili
Volatili
Costosi
Inquinanti
Quali sono i fattori economici?
Costi di produzione
Costi di impianto
Costi di recupero
Costi di smaltimento
Costi di purificazione
Stoccaggio
Perché i solventi classici sono pericolosi?
• Per l’uomo:
contatto,
vapori,
ingestione,
(avvelenamento, effetti
cancerogeni e teratogeni,
ecc.)
• Per l’ambiente:
perdite,
scarico incontrollato,
gas di sfiato,
(piogge acide, ozono
atmosferico, effetto serra,
ecc.)
I solventi “classici” hanno però dei vantaggi
Finora la chimica è stata sviluppata sfruttando le proprietà dei solventi classici:
generano specie solvatate che possono essere più reattive;
possono avere caratteristiche acide o basiche;
possono formare dei legami ad idrogeno;
se ne può sfruttare la polarità;
se ne possono sfruttare gli effetti sulla cinetica e selettività delle reazioni.
Criteri da considerare quando si cerca un solvente pulito
Criteri che riguardano le proprietà del solvente (efficacia migliore o
paragonabile al solvente classico):
• Potere solvatante
– meccanismo di solvatazione
– stato della soluzione: temperatura, agitazione, pressione
Reattività delle specie solvatate
Sufficiente reattività
Fornisce i prodotti desiderati
Selettività della reazione
Comprensione del meccanismo di azione del nuovo solvente
Ottimizzazione delle condizioni sperimentali
Criteri che riguardano la natura del solvente:
Come si distribuisce/disperde nell’ambiente
Come viene assimilato da parte degli organismi viventi (volatilità, lipofilicità,
peso e dimensioni molecolari, degradazione)
Canali di assorbimento per l’uomo e gli animali (pelle/occhi, polmoni, apparato
digerente)
Tossicità
ESEMPI DI NUOVI SOLVENTI ALTERNATIVI
ACQUA
CO2 SUPERCRITICA
IDROCARBURI PERFLUORURATI
LIQUIDI IONICI
ETEROGENIZZAZIONE DI CATALIZZATORI OMOGENEI
Ancoraggio ad un supporto solido:
- polimerizzazione di un opportuno monomero: il metallo, tramite il legante
fosfinico risulta ancorato ad una matrice polimerica
R
R
X
M
X
X
P
CH
M
CH2
X
P
CH
CH2
n
R
R
- funzionalizzazione di un supporto preformato quale un polimero
Pol
Br2
HCo(CO)4
Pol
Pol
LiPPh 2
Br
Ph
H
P
Co(CO)4
Pol
Ph
- adsorbimento su supporti quali zeoliti, silice, allumina, ecc.
Principale incoveniente: leaching
PPh2
Pol = polimero
Catalizzatori omogenei supportati in fase liquida
Solubilizzazione di un catalizzatore omogeneo in un sottile film di solvente
altobollente, poco volatile, adsorbito su un supporto solido.
Solventi più usati: bifenile, polietilenglicol, trifenilfosfina fusa.
Film solv./cat.
Supporto solido
Limiti:
-solo substrati gassosi (substrati liquidi possono solubilizzare lo strato di solvente,
disattivando così il catalizzatore per leaching);
-perdita di solvente e disattivazione per aggregazione delle particelle metalliche.
SVILUPPI
CATALIZZATORI BIFASICI
“ACQUOSI”
“NON ACQUOSI”
Separazione del prodotto di reazione dal catalizzatore (solubile):
Distillazione, rettifica, tutte operazioni che comportano uno stress termico del
catalizzatore. Questo può causare reazioni di decomposizione e progressiva
disattivazione del catalizzatore; inoltre, difficilmente il recupero del catalizzatore
è quantitativo e questo comporta una perdita di produttività.
PROCESSO SHOP (SHELL Higher Olefin Process)
Primo processo industriale di catalisi bifasica
Oligomerizzazione dell’etilene ad a-olefine lineari, principalmente C4-20, a 80120°C e 70-140 bar nella fase polare 1,4-butandiolo contenete il catalizzatore
[Ni(1,5-COD)2]/(C6H5)2PCH2COOH: i prodotti costituiscono una fase liquida
trasparente sovrastante la fase catalitica.
Oligomerizzazione
C2H4
C2H4
Olefine
C12-18
C
C + solvente
Reattori
Separatore di fase
Distillazione
C20
Metatesi
C10-14
Isomerizzazione
C4-10
Diagramma di flusso semplificato del processo SHOP (SHELL Higher Olefin Process)
CATALISI BIFASICA
Fase Prodotti
P
A+B
Catalizzatore
Fase catalitica
Poiché la formazione di un sistema bifasico liquido è dovuta alle differenti forze
intermolecolari dei due liquidi, la scelta della fase catalitica dipende principalmente dalle
proprietà solventi della “fase prodotto” ad alta conversione.
Se il prodotto è apolare la fase catalitica deve essere polare e viceversa.
E’ fondamentale che il catalizzatore sia tale da solubilizzarsi nella fase catalitica e
pertanto essere il più possibile “simile” a tale fase dato che “similia similibus solvuntur”.
CATALISI BIFASICA ACQUOSA
A+B
MLx
Prodotti
Fase gas
Fase gas
Fase organica
Fase organica
Catalizzatore
Fase acquosa
Catalizzatore
idrosolubile
Limitazioni
Solubilità dei reagenti organici
Possibili reazioni con l’acqua
REAZIONE DI DIELS-ALDER
+
CN
+
CN
CN
La reazione di Diels-Alder fra ciclopentadiene ed acrilonitrile mostra solo
un piccolo aumento di velocità passando da un idrocarburo come solvente
a metanolo ma l’aumento è molto grande in acqua. Questo aumento
non è un semplice effetto polare in quanto la reazione è poco sensibile alla
differente polarità degli altri due solventi ma è un tipico effetto
idrofobico.
Quando i due reagenti idrofobici si avvicinano diminuisce la superficie
idrofobica esposta all’acqua: lo stato di transizione si trova quindi ad
energia più bassa rispetto ai reagenti
Stato di transizione
REAZIONI CATALITICHE IN AMBIENTE BIFASICO ACQUOSO
Impianto di idroformilazione (oxo-sintesi) in ambiente bifasico
acquoso (Oberhausen, Germania)
PROCESSO UNION CARBIDE
R-CH=CH2+ CO + H2
RCH2CH2CHO + R(CH3)CHCHO
normale (n)
iso (i)
100-300 psi CO/H2, 100°C, P/Rh = 1000
Vantaggi
H
P
P
Rh
CO
P
 Alta attività catalitica
Buona selettività n/i
Svantaggi
Difficile separazione del catalizzatore
da aldeidi Cn (n>8)
P=P
3
PROCESSO RURHRCHEMIE/
RHONE-POULENC
R-CH=CH2+ CO + H2
RCH2CH2CHO + R(CH3)CHCHO
normale (n)
iso (i)
600-800 psi CO/H2, 125°C, P/Rh < 100
H
P
P
Rh
CO
P
Vantaggi
 Facile separazione dei prodotti
 Alta selettività n/i
Svantaggi
 Limitata solubilità delle olefine in H2O
P=P
SO3Na
3
Alchene
Solubilità a T amb.
(ppm)
Etilene
131
Propene
200
1-Butene
222
1-Pentene
148
1-Esene
50
1-Ottene
2,7
Solubilità di alcheni lineari in acqua
Gas esausto
Agitatore
Olefina
Separatore
Syngas
Colonna di stripping
Reattore
Separatore
di fase
Aldeide grezza
H2 O
Scambiatore di calore
Vapore
Diagramma di flusso del processo Ruhrchemie/Rhone Poulenc per la produzione di
n-butanale (Oberhausen).
Condizioni operative
Valore medio
Temperatura
125°C
P gas di sintesi
50 bar
V(H2O)/V(solvente org.)
6
TPPTS/Rh
>60
Conversione
99%
Selettività aldeidi C4
95%
n-Butanale
95%
i-Butanale
4,5%
Selettività n/i
19
Fattore “E”
0,04
Dati caratteristici del processo Ruhrchemie-Rhône Poulenc
Evitare/minimizzare scarti: per scarto si intende qualsiasi
cosa prodotta in un processo che non sia il prodotto
desiderato.
Principalmente si tratta di sali inorganici (es. NaCl, Na2SO4, (NH4)2SO4),
formati in stadi di neutralizzazione, o derivati da reagenti inorganici
stechiometrici (es., ossidanti metallici stechiometrici).
Nell’industria chimica lo scarto può essere inerte o contaminato.
Uno scarto inerte può essere riciclato o rilasciato
nell’ambiente.
Uno scarto contaminato richiede trattamenti speciali!!!
Le acque di scarto sono un tipico esempio di scarto contaminato che
necessita di essere trattato prima di essere riciclato o rilasciato
nell’ambiente.
In ogni caso però, indipendentemente dal tipo di scarto, lo scarto costa
denaro.
Pertanto c’è una forte motivazione a ridurre gli scarti.
IL FATTORE E
Una misura dello scarto è data dal Fattore E
Il Fattore E indica la reale quantità di scarto formato in un
processo per la produzione di 1 Kg di prodotto.
Nel processo di idroformilazione in ambiente bifasico
acquoso il Fattore E è solo 0,04, indicando così una bassa
quantità di formazione di sottoprodotti indesiderati, rendendo pertanto il
processo globale ancora più interessante ed “appetibile” da un punto di
vista di chimica sostenibile.
Parametri tecnici dell’oxo sintesi
HCo(CO)4 HCo(CO)3PBu3 HRh(CO)(PR3)3
R = C 6 H5
HRh(CO)(PR3)3
R = m-C6H4SO3Na
P(bar)
200-350
50-100
15-20
10-100
T(°C)
110-180
160-200
85-115
50-130
n/i
80/20
88/12
92/8
95-99/5-1
Selet.
Media
Bassa
Alta
Molto alta
Idrog.
Media
Alta
Bassa
Bassa
Produzione n-butanale (sistema bifasico-acquoso): 1.000.000 t/a;
Costo Rh: 40.000 $/Kg
Perdita = 2 Kg Rh/10 anni (0,0025% vendita n-butanale)
n-butanale: 1 euro/Kg.
Punto triplo
Punto critico
Un fluido supercritico è qualsiasi composto al di sopra del suo punto
critico, che è il massimo sia di T che di P a cui un liquido ed un gas
coesistono.
Sopra il punto critico, compressioni isotermiche provocano un continuo
aumento in densità senza però condensazione ad uno stato liquido.
Tutte le sostanze, in teoria, hanno un punto critico, ma molte degradano
prima di raggiungerlo.
Gli esperimenti che hanno portato alla scoperta del punto critico furono messi a
punto da Denis Papin in Inghilterra nel 1680. Papin progettò un reattore a
pressione che chiamò “digestore” e l’usò per provare che l’ebollizione di H2O può
essere “soppressa” per azione della pressione.
In seguito il barone Cagniard de Latour (1822) riprese gli esperimenti.
Denis Papin
J’ai introduit une petit marmite a Papin, construite avec un bout de canon de
fusil tres epais, une certaine quantitè d’alcool a 36 degrés……
Le liquide [….] a disparu complètemnt, et s’est converti en une vapeur
tellement transparente….
….on pourrait peut-etre obtenir quelques autres rèsultats intèressana pour la
chimie… (Baron Charles Cagniard de LaTour)
Cagniard de LaTour:
“Ho introdotto in un piccolo digestore di Papin, costruito dalla parte
terminale di una canna di cannone a pareti spesse, una certa quantità
di alcol a 36°C ed una sfera di marmo; il liquido occupava circa un
terzo della capacità interna dell’apparato.
Avendo ascoltato il tipo di rumore che il marmo produceva
facendolo rotolare nella canna, prima a freddo, e poi scaldando via
via su un fuoco, sono arrivato al punto in cui il marmo sembrava
rimbalzare ad ogni collisone, come se il liquido non esistesse più
all’interno della canna”.
Diagramma di stato della CO2
Caratteristiche della CO2 allo stato supercritico
Simile ai gas:
• occupa l’intero volume
• alta velocità di diffusione
• bassa viscosità
• nessuna tensione di vapore
• miscibile con i gas
Simile ai liquidi:
• densità omogenea
• solvente per solidi e liquidi
• diffusione del calore
La CO2 come solvente
Vantaggi:
• poco costosa
• non corrosiva
• non infiammabile
• non tossica
• può essere recuperata e riciclata
• non genera scarti e non lascia residui
• non ha effetti dannosi sullo strato di ozono atmosferico
• è un solvente dalle proprietà modulabili
La CO2 come solvente
Inconvenienti:
• è necessaria alta pressione per ottenere la CO2 allo stato
liquido o supercritico
• scarsa solubilità di alcuni reagenti
DENSITA’ E POTERE SOLVENTE DI scCO2 IN FUNZIONE
DELLA TEMPERATURA E DELLA PRESSIONE
FLUIDI SUPERCRITICI
E l’effetto serra?
La CO2 di un processo può essere completamente riciclata
Se ne userebbe comunque una quantità minore di quanta ne
viene immessa nell’atmosfera dai processi di combustione
Esempio di impiego di CO2 supercritica
Estrazione della caffeina dai chicchi di caffè (ca. 100.000
t/a), al posto di CH2Cl2
Serve anche per l’estrazione dell’aroma del luppolo
Impiego di scCO2 nell’estrazione della caffeina, in sostituzione di
solventi organici clorurati tossici.
Data la sua alta diffusibilità e bassa tensione superficiale, la CO2
supercritica può penetrare profondamente nei chicchi, dove il 97-99%
della caffeina può essere estratto riducendo così il contenuto della
caffeina dall’originale 0.8-2.5% ad un valore residuo di circa 0.1%.
Il processo ha il vantaggio di produrre un estratto pregiato (caffeina) ed un
raffinato altrettanto pregiato (caffè decaffeinato).
Il processo è stato commercializzato dalla Hag, compagnia di caffè
tedesca, nel 1978. Ora la Hag appartiene a Maxwell House (una
corporazione della Philip Morris) ed ha creato un grosso impianto negli
USA.
Molti altri impianti sono poi stati creati in tutto il mondo e si stima che in
totale vengano prodotte 100.000t/a di caffè decaffeinato.
Il processo è un processo batch per il caricamento ma l’estrazione è in
continuo. Un processo in continuo vero e proprio non è ancora fattibile in
quanto non è disponibile una via tecnica economica che permetta un
continuo carico e scarico del materiale solido (chicchi non macinati) in un
regime di alta pressione (>10 MPa).
Vengono usati grossi reattori di estrazione che possono essere alti più di
20 m e larghi 3 m di diametro.
La fase CO2 caricata di caffeina passa attraverso una camera di
assorbimento in un’unità separatrice.
La caffeina viene estratta dalla fase supercritica mediante una doccia di
goccioline di acqua.
CO2 torna al reattore
Diagramma di flusso semplificato per la decaffeinizzazione dei chicchi di
caffè mediante scCO2
Esempio di impiego di CO2 supercritica
Impiego nella pulitura a secco al posto della trielina
(tricloroetilene)
Impiego nella pulitura a secco
Sebbene numerosi studi abbiano mostrato che percloroetilene sia
altamente tossico e forse anche cancerogeno, oggi i “lavatori a
secco” usano per ca. 95% percloroetilene come solvente.
Al momento, CO2 compressa insieme a surfattanti per la pulitura è
considerata un sostituto con alto potenziale.
Negli anni ’90 il gruppo di De Simone (USA) trovò un detergente per
CO2 liquida con proprietà pulenti. Queste molecole formano micelle
inverse e dove presenti impurezze, queste vengono incapsulate negli
spazi interni idrofilici. Questi insiemi sono capaci di diffondere nella fase
CO2 dove vengono continuamente estratti.
Il primo prototipo di lavatrice che utilizza la tecnologia della CO2 fu
costruito nel 1997. Oggigiorno milioni di Kg di indumenti sono
puliti nel mondo utilizzando questa tecnologia.
APPLICAZIONI IN CATALISI
IMMOBILIZZAZIONE DEL CATALIZZATORE
Combinare un contatto intimo dei reagenti e del catalizzatore durante la
reazione ma con il massimo grado di discriminazione nella fase di
separazione.
Creare confini di fase facilita grandemente la separazione ma crea
spesso barriere di trasferimento di massa riducendo così TON e/o
selettività.
Altro problema è il leaching del catalizzatore ed una contaminazione
incrociata fra il substrato e la fase catalitica.
Le proprietà di scCO2 rendono questo fluido idoneo per certi
processi.
Idrogenazione catalitica enantioselettiva di
immine: sintesi dell’erbicida Metolachlor
Lo stato dell’arte è rappresentato da una sintesi classica che richiede
l’uso di H2SO4 e I2 (o di HI), oltre al catalizzatore (complesso di Ir)
O
N
O
HN
O
Ir(I)/I2/H2SO4
Cl
N
O
substrato/Ir >1.000.000
(S) - Metolachlor
A. Togni, Angew. Chem. Int. Ed. Engl., 1996, 35, 1475
La stessa reazione in CO2 supercritica (scCO2) è
un esempio di un nuovo processo
Immina
scCO2
H2
Ammina
scCO2
scCO2
Immina
Ammina
scCO2
Estrazione
H2
H2
H2
= Catalizzatore
…..la cui efficienza si conserva dopo ripetuti cicli.
N
O
scCO2
T = 40°C; p° = 200 bar
H2 30 bar
eccesso enantiomerico %
Ir cat.
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
n° cicli catalitici
HN
O
Solubilità di leganti organici in scCO2
Per aumentare la solubilità in scCO2 del complesso organometallico
impiegato come catalizzatore in una reazione, ad es. idrogenazione,
occorre funzionalizzarlo con perfluoroalcani
F3C
F2
C
C
F2
F3C
F2
C
F2
C
C
F2
C
F2
F2
C
F2
C
C
F2
C
F2
F2
C
P
C
F2
scCO2
P
scCO2
P
scCO2
M
scCO2
=
F3C
F2
C
C
F2
F2
C
C
F2
F2
C
C
H2
CH2
OHC
T = 40-60°C
OHC
CHO
CO/H2 (p = 40-100 atm)
Rh cat./L*
R
R
R
(R)
100
98
96
94
92
90
88
86
84
82
80
R=H
+
+
R
(S)
iso
n
R = iBu
PAr2
O P O
O
Istogram.
3D 1
Istogram.
3D 2
A
Ar =
(R,S)-BINAPHOS, in C6H6
CH 2CH 2(CF 2)6F
ee (%)
B
Ar =
(R,S)-3H2F6 -BINAPHOS, in scCO2
Gli idrocarburi perfluorurati come solventi
F
F F
F
F
F F F F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F F F F
F
F
F
F F
F
PERFLUORODECALINA
PERFLUOROMETILCICLOESANO
p. eb. = 142°c
p. eb. = 76°C
F
F F F F
F
F
F
F
F F F F
F
PERFLUOROESANO
p. eb. = 58-60°C
Gli idrocarburi perfluorurati come solventi
Dissolvono grandi quantità di gas
Sono immiscibili con solventi organici
La separazione dei prodotti è facile
Vengono usati soprattutto in sistemi bifasici
Da SCIENCE del 24 Giugno 1966 (vol. 152, n° 3730)
Sopravvivenza dei mammiferi che respirano liquidi organici
equilibrati con ossigeno a pressione atmosferica.
Riassunto. Dato che l’ossigeno e la CO2 sono molto solubili in certi oli
al silicone e in fluorocarburi, questi liquidi consentono la respirazione di
mammiferi. Le cavie ed i gatti che respirano […] fluorocarburi
sopravvivono per settimane. La respirazione delle cavie è ottimale in
questi liquidi organici a circa 20°C. Nei gatti, l’ossigenazione arteriosa
è eccellente, ma vi è difficoltà nella eliminazione della CO2. Tutti gli
animali hanno subito danni polmonari per aver respirato fluorocarburi.
Ulteriori studi sulla respirazione tramite liquidi organici potrà portare
allo sviluppo di un metodo sicuro per consentire la respirazione
dell’uomo mediante liquidi all’equilibrio con gas a pressione
L.C. Clark Jr., F. Gollan
atmosferica.
Fase gas
Fase idrocarburica
Fase gas
Fase idrocarburica
Fase acquosa
HRh(CO)(PPh3)3
HRh(CO)[P(C6H4SO3Na)3]3
Fase gas
Fase idrocarburica
Fase fluorurata
HRh(CO)[P[(CH2)2(CF2)5CF3]3]3
Catalisi bifasica fluorurata
Fase Prodotti
P
A+B
L
L
Catalizzatore
L
L = Catene fluorurate
Fluoro-Fase
L
I.T. Horvath, Acc. Chem. Res., 1998, 31, 641.
Ossidazione di aldeidi ad acidi carbossilici
CHO
COOH
O2
Cat.
E
P
O2
Fase
org
E
F-Fase
Cat.
O2
Fase org.
E
O2
P
P
Fase
omogenea
F-Fase
Cat.
Cat.
C7F15
Solvente = perfluorodecalina
Temp. = 60°C; p(O2) = 1 atm; t = 12 h;
Resa = 87%
O
Cat. =
Ni
O
C7F15
2
Toluene + esano
Toluene + esano +
C6F11CF3
Fase
fluorurata
C6F11CF3
Separazione di fase di n-esano (3 ml)-toluene (1
ml)-C6F11CF3 (3 ml) in un sistema bifasico
fluorurato a temperatura ambiente. Il colore blue
della fase fluorurata è dovuto ad un complesso
perfluoroalchilato di cobalto-ftalocianina
Soluzione monofasica di n-esano (3 ml)-toluene
(1 ml)-C6F11CF3 (3 ml). Il colore blue della fase
fluorurata è dovuto ad un complesso
perfluoroalchilato di cobalto-ftalocianina
Idroformilazione catalizzata da complessi di rodio
“fluorurati”
• Il catalizzatore di rodio fluorurato può essere usato per una vasta gamma di olefine
• Aldeidi pesanti sono facilmente separate dalla fase fluorurata*
• L’attività del catalizzatore e la selettività n/i è paragonabile a quella dei catalizzatori
di rodio modificati con fosfine (processo Union Carbide)
• Eccellente stabilità del catalizzatore a basso leaching nella “fase prodotto”
• Il solvente fluorurato separa il catalizzatore dai prodotti ed agisce anche come un
trasferitore di calore
• Studi NMR hanno evidenziato la presenza di due specie di rodio nella fase
fluorurata:
HRh(CO)P[(CH2)2(CF2)5CF3]3 e HRh(CO)P[(CH2)2(CF2)5CF3]2.
*Separazione liquido-liquido a 40°C (%)
Composto:
C6F11CF3
1-decene
Fase superiore
2,7
19,5
Fase inferiore
99,3
0,7
undecanale
77,8
tracce
Idroformilazione in semi-continuo
dell’1-decene
C10
Prodotti
separati
Fase
gas
Prodotti
F-Fase
• Il reattore viene caricato con Rh(CO)2Acac,
P[CH2CH2(CF2)3]3, C7F14 e 5 bar CO/H2 (1/1)
a 25°C.
• Il reattore viene scaldato a 100°C e caricato
con 1-decene a 10 bar CO/H2 (1/1).
• Tempo di reazione: 3 ore.
• Il reattore viene raffreddato a 15°C ed i
prodotti separati
• Il reattore viene caricato con 5 bar CO/H2 (1/1)
a 25°C, scaldato a 100°C e caricato con 1-decene
a 10 bar CO/H2 (1/1).
ALTRE APPLICAZIONI
Nuovo ipotetico approccio per la rimozione di prodotti chimici
indesiderati dal sangue:
estrazione mediante reagenti fluorurati
trasformazioni chimiche di tali prodotti con reagenti o catalizzatori
fluorurati.
Fluoroidrocarburi sono stati già usati con successo come trasportatori di
ossigeno o come “sostituenti del sangue” ed anche per diagnosi e rilascio
di farmaci.
ESEMPIO
Colesterolo insolubile in perfluorodecalina a T ambiente; dopo l’aggiunta
di 10 equivalenti di 2-perfluoroottiletanolo come reagente fluorurato, il
colesterolo è rivelabile in fase fluorurata.
La formazione di una “tenda da doccia fluorurata” intorno al colesterolo
attraverso interazioni attrattive fra i gruppi ossidrilici del 2perfluorottiletanolo e del colesterolo potrebbe essere una possibile
spiegazione per la solubilizzazione del colesterolo.
I liquidi ionici (o sali fusi) come solventi
I liquidi ionici sono liquidi interamente costituiti da ioni,
ovvero: sali organici con un basso punto di fusione,
presenti allo stato liquido a temperatura ambiente.
Possono essere liquidi ionici i sali inorganici quali NaCl, per es.?
I liquidi ionici (o sali fusi) come solventi
I liquidi ionici sono
Liquidi interamente costituiti da ioni, ovvero sali organici con un
basso punto di fusione (<100°C);
Possono essere presenti allo stato liquido a temperatura
ambiente;
Hanno una tensione di vapore praticamente non misurabile
I liquidi ionici come solventi
Gli archetipi dei liquidi ionici sono i sali cloroalluminati (AlCl4-)
dei seguenti cationi:
N
1-Butilpiridinio: [Nbupy]+
N
N
1-Etil-3-metilimidazolio: [emim]+
R
N
+ N
R'
+
N
R
R'
+
R N R
R
R'
+
R P R
R
Cl-, Br[AlCl4]-, [Al2Cl7][PF6]-, [BF4][HSO4][RSO4]-, [RSO3]-
[CF3COO]-, [CF3SO3][(CF3SO2)2N]-
Tipici cationi ed anioni usati per la formazione di liquidi ionici
I liquidi ionici come solventi
Vantaggi:
tensione di vapore nulla e volatilità molto bassa
possono agire da solventi e da catalizzatori al contempo
sono facilmente riciclabili
le reazioni procedono in condizioni blande di T e P
i prodotti sono facilmente separabili
alcuni sono liquidi nell’intervallo di temperatura –100 - +200°C!
Perché usare i liquidi ionici come solventi?
I liquidi ionici eliminano i problemi collegati alla solvolisi (dovuta
alla presenza di –OH nel solvente) ed alla solvatazione
Sono un mezzo capace di sciogliere un gran numero di molecole
organiche ed inorganiche fino a concentrazioni molto alte (bastano
pertanto volumi di reazione minori).
I liquidi ionici come solventi
Inconvenienti:
La tossicità non è ancora completamente determinata
I costi di produzione di grandi quantità possono essere elevati
I liquidi ionici come solventi
Consideriamo il sale [emim]Cl/AlCl3: le proprietà del liquido ionico
variano al variare della frazione molare di AlCl3.
E’ possibile pertanto passare da:
proprietà basiche
proprietà acide
AlCl3/[emim]+<1
AlCl3/[emim]+>1
Reazioni di Friedel-Crafts (F-C)
in liquidi ionici
Normalmente le reazioni di alchilazione e di acilazione di F-C
vengono condotte in un solvente inerte in presenza di AlCl3
CH 3
Cl
H3C
AlCl 3
CH 3
CH 3
+
HCl
+
HCl
Solvente
Cumene
O
O
H3C
AlCl 3
CH 3
CH 3
80°C, Solvente
Acetofenone
Reazioni di Friedel-Crafts (F-C)
in liquidi ionici
Le stesse reazioni avvengono, a temperatura ambiente, nel liquido
ionico [emim]Cl/AlCl3. In questo caso il solvente agisce anche
da catalizzatore acido di Lewis
CH 3
Cl
H3C
CH 3
[emim]Cl/AlCl3
+
HCl
+
HCl
CH 3
Cumene
O
O
H3C
[emim]Cl/AlCl3
CH 3
CH 3
Acetofenone
N
N
AlCl4-
Termicamente stabile fra -100°C e +200°C.
Rapporto [emim]Cl/AlCl3 = 1 : pf 6°C;
Rapporto [emim]Cl/AlCl3 = 35/65 : pf -96°C.
Densità e viscosità dipendono dalla lunghezza delle catene
alchiliche sull’anello.
10 Anioni (PF6-, BF4-) + 1 catione (vari sotituenti)
Circa 600 liquidi ionici
PROCESSO DIMERSOL/DIFASOL
Processo Dimersol (IFP): dimerizzazione olefine (propene e butene) a
eseni e otteni.
25 Impianti nel mondo: produzione totale 3x106 t/a.
Olefine C8 vengono idroformilate ad alcoli C9 usati nell’industria dei
plasticizzanti.
Il processo opera senza solvente in presenza di un catalizzatore a base di
Ni tipo [LNiCH2R][AlCl4] (L = PR3)
Catalizzatore solubile in solventi aromatici o clorurati (maggiore attività in
soluzione).
Problema: separazione dei prodotti dal catalizzatore
Anni ’90: ricercatori IFP scoprono che liquidi ionici cloroalluminati erano
solventi per il catalizzatore di Ni.
Sistema ternario [bmim]Cl-AlCl3-EtAlCl2 (bmim = 1-butil-3metilimidazolo) + NiCl2: formazione di una specie cataliticamente attiva
stabilizzata dal liquido ionico.
Il Processo Dimersol può essere condotto in sistema bifasico liquidoliquido a P atmosferica e T fra -15°C e + 5°C.
Vantaggi:
I prodotti di reazione non sono solubili nel liquido ionico (meno densi) e
vengono separati;
Maggiore attività del catalizzatore (>250 Kg propene dimerizzato per 1
g cat.)
Migliore selettività verso dimeri desiderati (no oligomeri superiori)
Processo DIFASOL (IFP): dimerizzazione in continuo di butene
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