MODULO II
De humana cultura et societate
«Tutte le maggiori conquiste della
mente sono state al di là delle
possibilità di individui isolati»
Ch. S. Peirce
All’origine della socialità umana
Addentrarsi fino al livello originario
dei comportamenti e dei sistemi sociali
significa per ciascuno
acquisire la possibilità di formarsi una competenza sulla
funzione umana di socialità,
che presiede all’incremento/decremento dell’umanità e
della sua coltivazione/cultura.
L’uomo senza qualità
… al marito che piange la morte improvvisa e
inaspettata della moglie e gemendo si chiede ad
alta voce: «Perché sei morta?», lo scienziato
risponde meravigliato: «Caro Signore, ecco la
risposta alla domanda: sua moglie è morta per
arresto del cuore!»…
(F. D’Agostino in risposta a E. Boncinelli su «Avvenire»).
Una socialità senza umanità
Lo scienziato risponde senza aver colto o forse aver dato credito
allo spessore umano che la domanda del marito conteneva.
Lo scienziato si è limitato ad intervenire a livello oggettivo,
positivo.
Ha trascurato il carattere simbolico-comunicativo di ogni
relazione interumana oggettiva e nella misura in cui ha
risposto in modo umanamente assurdo, si è espresso anche in
modo scientificamente errato.
E’ stato Robert Musil, romanziere austriaco (Klagenfurt,
Carinzia, 1880 - Ginevra, 1942) a mettere in piedi la breve
scena grottesca precedente, nel suo romanzo L’uomo senza
qualità (1930/1933/1943).
L'uomo senza qualità racconta di Ulrich, un uomo ideale
che, riassumendo in sé tutte le qualità o le non qualità del
secolo appena iniziato, il Novecento, vive privo di reali
interessi, affetto da una vera e propria malattia della volontà.
L'opera afferma l'importanza del senso della possibilità
arrivando a sostenere che nel futuro le azioni si svolgeranno
sempre di più nel pensiero piuttosto che "nella vita pratica".
L’autore è guidato da una filosofia prima che conferisce alla
realtà un senso, totalmente alienato dal senso comune.
L’ultra-socialità,
qualità specie-specifica
del genere umano
Michael Tomasello, nel recente volume Le origini culturali della
cognizione umana (1999), tr. it. di M. Ricucci, Bologna, Il Mulino
2005, ci fa cogliere come caratteristica specie-specifica
dell’umano l’ultra-socialità.
Tomasello è uno scienziato di fama mondiale,
-Direttore a Lipsia del Max Planck Institute for Evolutionary
Anthropology (1998) e del Wolfgang Köhler Primate Research
Center (2001).
-Ha condotto confronti sistematici tra i due ambiti distinti
rappresentati da conoscenza sociale e comunicazione nei primati
non umani e linguaggio, conoscenza sociale e apprendimento
culturale nei bambini.
«Perché noi (esseri umani) e non loro (scimpanzé) siamo
soggetti culturali?»
La domanda si pone anzitutto a livello filogenetico
perchè
-la differenza genetica che separa gli umani dagli scimpanzé e
minima (meno dell’1%).
- anche gli scimpanzè giungono ad un efficace modellamento
del loro ambiente di vita, disponendo di forme incipienti di
cultura e di sistemi vocali e motori di segnalazione per la
comunicazione referenziale e intenzionale
Competenze cognitive
dei primati non umani
- l’impiego di strumenti;
- la comprensione delle relazioni di primo ordine (relazioni
fra oggetti)
- la comprensione delle relazioni di secondo ordine
(relazioni fra relazioni), soprattutto nel campo delle
relazioni sociali;
- la comprensione della causalità fisica;
- la comprensione dei consimili come esseri animati e
agenti autonomi.
Competenze cognitive
degli umani
Competenza specie-specifica, esclusiva, degli esseri
umani è :
- la capacità di capire e interpretare gli altri come
agenti intenzionali, cioè in grado sia di produrre e
comunicare simboli e significati dotati di scopi
sia di elaborare piani per raggiungerli.
La filogenesi dagli australopiteci
6.000.000 di anni fa – un evento evolutivo
Una popolazione di grandi scimmie antropomorfe si trovò ad essere
isolata riproduttivamente dai suoi conspecifici e diede origine al
genere Australopithecus, suddiviso in varie specie.
2.000.000 di anni fa – altro evento evolutivo
Una sola specie di australopitechi era sopravvissuta all’estinzione,
ma si era talmente evoluta da richiedere una nuova denominazione
di genere: Homo.
200.000 anni fa – nuovo evento evolutivo
La popolazione africana del genere Homo spazzò via tutte le altre
lasciando discendenti oggi noti come Homo sapiens.
Homo sapiens
I membri di questa nuova specie avevano un cervello più grande
dei loro antecedenti evolutivi e cominciarono
-a produrre nuovi strumenti di pietra con specifiche funzioni e
proprie tradizioni d’uso degli strumenti…..fino ai processi
produttivi computerizzati
-A usare simboli, linguistici e artistici, per comunicare e per
strutturare la vita sociale…fino alla scrittura, al denaro, alla
matematica, all’arte
-A sviluppare nuovi tipi di pratiche e di organizzazioni sociali,
dalla sepoltura cerimoniale dei morti all’addomesticamento di
piante e animali…fino alle istituzioni religiose, amministrative,
educative, commerciali
L’enigma dell’evoluzione umana
I 6.000.000 di anni che separano gli esseri umani attuali dalle altre
scimmie antropomorfe sono un tempo troppo breve perché la
normale evoluzione biologica basata sulla variazione genetica e
sulla selezione naturale producesse le abilità cognitive necessarie
agli esseri umani per creare, mantenere e far progredire l’intero
complesso di tecnologie, tradizioni, forme di comunicazione e di
rappresentazione simbolica, istituzioni e organizzazioni sociali, di
cui il mondo umano è fatto.
Fino a 2.000.000 di anni fa il genere Homo non aveva abilità
cognitive diverse dalle grandi scimmie
Solo negli ultimi 250.000 anni sono emersi i primi vistosi segni di
abilità cognitive specie-specifiche dell’Homo sapiens
La trasmissione sociale/culturale
E’ il solo meccanismo biologico noto
che può produrre cambiamenti
comportamentali e cognitivi notevoli
in breve tempo, rispetto all’evoluzione
organica.
Esempi di trasmissione
socio/culturale
-gli uccelli che apprendono dai genitori il canto tipico della loro
specie
-i piccoli di ratto che mangiano solo ciò che mangia la madre
-le formiche che localizzano il cibo grazie ai feromoni secreti dai
conspecifici
-i giovani scimpanzè che apprendono le tecniche d’uso degli
strumenti possedute dagli adulti intorno a loro
-i bambini che acquisiscono le convenzioni linguistiche del loro
gruppo sociale
Meccanismi di trasmissione
socio-culturale
-attivazione da parte dei genitori di schemi
d’azione fissi nella prole
-trasmissione di abilità tramite l’apprendimento
imitativo
-trasmissione di abilità tramite l’istruzione
Come avviene la trasmissione
sociale/culturale
-un individuo o un gruppo di individui inventano un
comportamento o un artefatto
-uno o più utilizzatori vi apportano un miglioramento adottato per
molte generazioni
-altri individui o gruppi introducono un’ulteriore modifica poi
appresa e adottata
- e così di seguito producendo un processo di evoluzione
culturale cumulativa in tempi storici
Condizioni per l’evoluzione
culturale cumulativa
- la creatività
- l’invenzione
- una trasmissione sociale fedele con effetto «dente d’arresto»
(ratchet effect), che impedisca slittamenti all’indietro,
e
corredata da processi di sociogenesi, nei quali una pluralità di
individui crea quello che nessun individuo potrebbe creare da
solo
N. B. - Per i primati non umani la difficoltà maggiore non sta nel
mettere in atto le prime due condizioni ma nell’ottemperare
alla terza, indispensabile per l’effetto cumulativo.
La forma umana della trasmissione socio/culturale
Gli esseri umani sono in grado di mettere in comune le proprie risorse
cognitive in modi sconosciuti alle altre specie animali
Essi sono dotati di una specie-specifica forma di cognizione sociale,
che li rende capaci di comprendere i conspecifici come
esseri simili a loro stessi e di mettersi nei panni mentali
degli altri.

gli umani imparano dagli
altri, come i non umani,
+
imparano tramite gli altri
Cfr.: Allegato T (nella parte evidenziata in giallo si riporta l’esempio, addotto da
Tomasello, di trasmissione culturale cumulativa esponenzialmente potenziata
negli uomini dall’impiego della immedesimazione intenzionale)
L’immedesimazione intenzionale
La comprensione dell’altro come essere intenzionale al pari di
me è cruciale nell’apprendimento culturale umano.
Gli artefatti culturali (strumenti) e le pratiche sociali (simboli
linguistici) puntano invariabilmente al di fuori di se stessi:
ai problemi che sono chiamati a risolvere e alle situazioni
comunicative che sono chiamati a rappresentare.
Per apprendere l’uso convenzionale di uno strumento o di un
simbolo in un contesto sociale, debbo riuscire a comprendere
perché – verso quale terminale esterno – l’altro stia usando lo
strumento o il simbolo  dimensione intenzionale dell’uso
La successione degli eventi
evolutivi umani
Da un unico adattamento biologico, gli umani hanno sviluppato
una nuova forma di cognizione sociale  nuove forme di
apprendimento culturale nuovi processi di sociogenesi e di
evoluzione culturale cumulativa
I processi culturali messi in moto da questo adattamento non
hanno creato dal nulla nuove abilità cognitive, ma sono partiti da
abilità cognitive pre-esistenti a livello individuale e le hanno
trasformate in nuove abilità cognitive a livello culturale con una
dimensione sociale e collettiva, nei tempi storici di qualche
migliaio di anni.
Verifica ontogenetica
della forma umana
di trasmissione socio-culturale
Si tratta di appurare se l’immedesimazione intenzionale è la
forma specie specifica della trasmissione socio-culturale anche
a livello di evoluzione individuale.
Cosa succede nello sviluppo del bambino?
Come si sviluppa nel bambino la competenza specie specifica
dell’immedesimazione intenzionale?
I fattori dell’ultra-socialità umana
Tre sono i fattori che documentano nel bambino la presenza della
ultra-socialità umana e che ne determinano la maturazione:
1) fattore imitativo
2) fattore attentivo
3) fattore mezzo-fine
Cfr.: Allegato M (dove si documenta, con esempi tratti dalla
letteratura antica, che anche prima che si costituissero le
scienze umane e antropologiche, si aveva consapevolezza
dell’importanza di questi fattori per la trasmissione culturale)
Il fattore imitativo
- i neonati, diversamente dai piccoli dei primati non umani,
sviluppano molto precocemente la capacità di imitare le azioni
dei consimili.
 semplice emulazione, cioè riproduzione meccanica e
stereotipata del comportamento altrui (cosa fanno gli altri)
 comprensione dell’intenzione e del piano mentale implicati
nell’azione imitata (che cosa intendono fare gli altri).
 imparare dagli altri + attraverso gli altri.
Il fattore attentivo
- Il bambino, nel suo rapporto con un oggetto o un evento, si trova
spesso coinvolto in «scene di attenzione congiunta».
In esse, la relazione diadica (bambino-oggetto/evento; bambinoadulto) si trasforma in relazione triadica (bambino-oggetto/eventoadulto).
Tale condivisione dell’attenzione comporta:
a) la focalizzazione delle reciproche risorse psicologiche sul
medesimo oggetto-evento
b) favorisce l’incontro di menti fra adulto e bambino.
Il fattore mezzo-fine
- fin verso gli otto mesi circa, la mente infantile funziona in modo
alquanto rigido, Piaget direbbe quasi «magico», nello stabilire le
connessioni fra le proprie azioni e i risultati ottenuti.
- verso i nove mesi, il bambino diventa capace
a) di usare mezzi differenti per raggiungere lo stesso scopo
b) di riconoscere il valore strumentale delle azioni intermedie per
il raggiungimento dello scopo.
- Il bambino piccolo è anche in grado di cogliere le proprietà
dinamiche degli oggetti, come è documentato dal gioco di finzione o
simbolico, in cui i bambini estraggono le proprietà intenzionali di
vari oggetti e le usano per giocare.
L’apprendimento per simulazione
La comparsa delle competenze di ultra-socialità favorisce
l’apprendimento per simulazione, basato sull’equazione:
«gli altri sono come me».
Con esse si manifesta anche
1) la tendenza a trattare gli altri come «simili a sé»
2) la tendenza a stabilire un’analogia sostanziale fra gli altri e
se stessi.
Tali competenze sociali determinano l’apprendimento
culturale e la rappresentazione simbolica della realtà, che
manca agli scimpanzé.
Ontogenesi dei fattori sociali
di elaborazione simbolica
della realtà
Fasi cruciali:
1)
2)
3)
4)
5)
La nascita
La rivoluzione dei nove mesi
L’acquisizione del linguaggio
L’acquisizione di una determinata lingua
Elaborazione di una teoria della mente degli altri (a circa
4 anni)
6) Capacità di metacognizione e di riformulazione delle
rappresentazioni
La nascita
-- Al momento della nascita il neonato viene al mondo come
organismo biologico e con capacità nervose assai ridotte,
controllate soprattutto dal midollo spinale e dal tronco
dell’encefalo.
-- Il neonato è perciò sostanzialmente un organismo
sottocorticale ed è totalmente incapace di sopravvivere da solo
(prole inetta).
-- Tuttavia nel volgere di poco tempo egli diventa un soggetto in
grado di interagire in modo significativo con i membri della
propria comunità.
La rivoluzione dei nove mesi
- fase critica nel passaggio da
organismo biologico a soggetto sociale-culturale
- vi è la comparsa osservabile di comportamenti intenzionali
da parte dell’infante ovvero della messa in opera di segnali
comunicativi (gesti) con l’intenzione di richiedere o
richiamare l’attenzione dell’adulto: p. es.
- i gesti deittici
- i gesti rappresentativi
- In questo periodo il bambino rafforza anche la sua capacità di
comprendere gli atti comunicativi degli interlocutori come
dotati di intenzionalità.
I gesti
I gesti presentano un doppio valore
- richiestivo = servono per chiedere all’adulto oggetti ed
esprimono un desiderio
- dichiarativo = servono per richiamare l’attenzione
dell’adulto su un certo oggetto/evento e consentono di
condividere la medesima referenza nel mondo esterno
Tipi di gesti
- i gesti deittici, che non hanno un significato stabile e
autonomo dal contesto, come il tendere un oggetto verso
l’adulto con l’evidente intenzione di mostrare ciò che si tiene in
mano;
- i gesti rappresentativi che comportano l’uso di movimenti
convenzionali delle mani, del corpo e del viso, associati
stabilmente a qualche significato e veicolanti un’intenzione
comunicativa non strettamente dipendente dal contesto, come
l’alzare il braccio oscillando il palmo della mano= fare ciao.
La comunicazione non verbale
Nella CNV, il bambino mostra di comprendere le intenzioni
comunicative degli interlocutori

le imita praticando l’inversione dei ruoli

usa un simbolo nei confronti dell’adulto nello stesso modo in
cui l’adulto l’ha usato nei suoi confronti
La comunicazione non verbale 2
Nella misura in cui, già nei gesti, con la pratica dell’inversione di
ruoli, si manifesta nel bambino la capacità di immedesimazione
intenzionale
dobbiamo concludere
1) La CNV non solo precede ma pone le condizioni per lo sviluppo
delle competenze linguistiche nel bambino
2) Con l’acquisizione del linguaggio le competenze simboliche già
presenti nel bambino troveranno espressione adeguata
3) Cervello, pensiero e linguaggio hanno proceduto in modo
indipendente, ma hanno seguito una traiettoria di co-evoluzione
L’acquisizione del linguaggio
È resa possibile dall’interazione sociale con i propri simili ed è un
processo contingente connesso con:
- la funzione di supporto (scaffolding) dell’adulto;
- la presenza di precisi format comunicativi;
- la comprensione delle intenzioni comunicative dell’interlocutore

L’apprendimento delle parole, compresi i termini privi di senso,
avviene nel flusso dell’interazione sociale attraverso l’imitazione
per inversione dei ruoli
L’acquisizione del linguaggio 2
All’interno di cornici contestuali regolari e di format
comunicativi stabili, il bambino ha modo di cogliere e
di apprendere la prospettiva con cui l’adulto impiega
certe parole in determinate situazioni.
Come esito dell’esposizione a questo genere di
esperienze, egli ha la possibilità di crearsi e
condividere certe rappresentazioni simboliche degli
oggetti e degli eventi.
Fasi di elaborazione del
linguaggio
1) l’elaborazione delle diverse costruzioni linguistiche
si avvia con la formulazione delle espressioni
olofrastiche
2) passa alle costruzioni a isola verbale
3) giunge alle costruzioni astratte
4) arriva alla narrazione
Le espressioni olofrastiche
- si sviluppano dopo la fase della cosiddetta «lallazione», in cui il
bambio emette sequenze sonore spontanee
- sono espressioni in cui una sola parola rappresenta un intero
enunciato:
p. es., l'interiezione “toh!” = "Che sorpresa!"
o altre parole propriamente "lessicali" come: "Birra!" in un bar,
per chiedere "Vorrei avere una birra!"
Anche in ambito gestuale troviamo i gesti-frase (ruotare la mano
con le dita piegate = "Vai via!"; il pollice alzato ="Tutto a posto!;
l'alzata di spalle = "Non me ne importa niente!") e i gesti-parola
(strofinare l'indice contro il pollice per indicare il denaro; indicare
se stessi in sostituzione della parola io).
Costruzioni a isola verbale
Sono quelle costruzioni verbali in cui compare il verbo.
Da esse il bambino si rende conto della funzione
complementare, cioè del fatto che un verbo, per
indicare un’azione o uno stato, deve completarsi con
altri termini, immessi in varie posizioni,
p. es.: agente/soggetto, oggetto, strumento….
L’acquisizione di una determinata
lingua
Apprendendo la lingua materna, cioè una lingua
determinata, il bambino acquisisce le categorie
cognitive con cui descrivere e spiegare i fenomeni.
Le prime ad essere apprese sono le categorie spaziali e
temporali, alle quali si aggiungono nel tempo quelle
più complesse come le metafore e le altre figure
retoriche.
Una teoria della mente degli altri
A partire dai 3 anni circa, la congiunzione tra linguaggio
e cultura nella socialità si completa attraverso
l’educazione e l’istruzione impartite a livello
istituzionale e sistematico.
Verso i 4 anni, il bambino è in grado di elaborare una
teoria della mente degli altri, cogliendo le loro credenze
e i loro punti di vista.
Gli altri simili a lui non sono soltanto animati e
intenzionali, ma anche governati da uno specifico
sistema di credenze
La metacognizione
E’ un ampliamento della teoria della mente
Consiste nella consapevolezza della ricorsività della
conoscenza, per cui «conosco di conoscere»
Ha come conseguenza la riformulazione delle
rappresentazioni, cioè la capacità di ricombinare in
forme nuove le rappresentazioni mentali già in proprio
possesso.
Conclusione
La cognizione culturale si è presentata come sintesi
dell’evoluzione filogenetica, della traiettoria storica e del
percorso ontogenetico del soggetto.
Nell’intreccio tra natura e cultura, innato e acquisito, geni e
ambiente, imprescindibile è apparsa la
base sociale
E’ come se l’individuo fosse portato sulle spalle degli
individui che l’hanno preceduto e a sua volta portasse sulle
spalle chi verrà dopo
In ciò sembra consistere la dignità dell’esperienza umana.
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