Fondamenti economici
del diritto di proprietà
Lezione 3
Diritti di proprietà
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Proprietà come fascio di poteri accompagnati da limiti.
In generale, definiamo un diritto di proprietà (DdP) come
l’attribuzione ad un agente del potere di utilizzare
liberamente (= entro i limiti consentiti dalla legge) un certo
bene o servizio.
Esistono due tipi essenziali di DdP: il diritto di possesso
ed il diritto di trasferimento.
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N.b.: i due diritti possono essere separati: un individuo può avere
diritto di trasferire la proprietà anche se non può godere del suo
possesso (p.e. nel caso della tutela di un minore).
Godere di un diritto di possesso garantisce la protezione
“fisica” (non economica!) contro l’interferenza altrui
nell’uso dei propri beni e servizi.
In generale, i DdP sono suddivisibili e, appunto, trasferibili
(mercato dei DdP)…
… a condizione però che essi siano ben definiti.
L’assenza di DdP ben definiti è causa del fallimento del
mercato (c.d. approccio DdP ai market failures).
Una prima spiegazione:
l’occupazione di beni “liberi”
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Nel caso di risorse comuni del tipo res nullius vale la c.d.
regola dell’occupazione: il bene diventa proprietà di chi ne
viene in possesso.
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Esempi: animali selvatici, pesci, tesori perduti, giacimenti, ecc.
Questa regola però può scatenare la c.d. “corsa
all’occupazione”, ovvero la gara tra diversi agenti per
aggiudicarsi il bene.
Ciò è inefficiente, perché solo chi arriva primo nella
“corsa” diventa proprietario, mentre tutti gli altri sprecano
le risorse investite nella “corsa”.
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E’ una forma di esternalità negativa, come quella tra imprese che
concorrono per accaparrarsi una clientela predeterminata.
Per evitare, o attenuare, l’eccesso di investimento
inevitabile in una “corsa all’occupazione”, il diritto fornisce
spesso regole molto dettagliate
–
P.e. regolamenti per lo sfruttamento giacimenti, regolamenti di
caccia e pesca.
Approcci al diritto di proprietà
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La AED ha elaborato altre giustificazioni economiche per l’esistenza del
diritto di proprietà
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Il proprietario è in generale libero di esercitare i suoi poteri/diritti ed i terzi
non possono interferire con tale esercizio → diritto di esclusione.
Il concetto di esclusione è dunque la base per una prima spiegazione
dell’esistenza del diritto di proprietà.
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In una situazione di negoziazione (bargaining) entrambe le parti
beneficiano dal cooperare.
La volontà delle parti di appropriarsi del, e dividersi il, surplus cooperativo
di una transazione è la base per una seconda spiegazione dell’esistenza
del diritto di proprietà.
La creazione del diritto di proprietà come soluzione al problema delle
esternalità  teorema di Coase
Si può dimostrare che questa è la spiegazione più generale, che
abbraccia le altre due.
Escludibilità e DdP
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Esistono due categorie di beni non escludibili: i beni pubblici e le risorse
comuni.
I beni pubblici sono anche non rivali: questo rende socialmente
inefficiente limitarne il godimento imponendo su di essi un DdP. Quindi
l’efficienza richiede di mantenere il libero accesso a tali beni.
Nel caso delle risorse comuni, invece, il beneficio privato per chi utilizza il
bene si scontra con il costo collettivo del suo eccessivo sfruttamento
dovuto al fatto che sono beni rivali. Quindi il libero accesso a tali beni è
socialmente inefficiente.
Secondo Demsetz (1967) istituire un DdP è la soluzione al problema
dell’eccessivo sfruttamento delle risorse comuni → il DdP rende
escludibile la risorsa comune trasformandola in un bene privato.
Tre osservazioni:
–
È l’escludibilità che crea la proprietà privata, ma è la rivalità nell’utilizzo
del bene che ne giustifica la creazione.
–
Le risorse comuni soffrono di un altro problema: l’assenza di adeguati
incentivi all’investimento per migliorare il bene a causa della non
appropriabilità dei relativi benefici. Tale problema spiega perché possa
essere socialmente efficiente rendere escludibili anche beni non rivali.
–
Esiste una soluzione alternativa all’escludibilità: la proprietà pubblica
della risorsa comune con adeguata regolamentazione del suo utilizzo.
Anticommon
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Si parla di anticommon quando su un bene ad utilizzo
individuale, e quindi rivale, esiste titolarità molteplice del
diritto di escludibilità (= più proprietari).
Chi vuole usare il bene deve quindi pagare ciascun
titolare del DdP…
…. ma l’esazione del prezzo da parte di un titolare riduce
la possibilità di esazione da parte di tutti gli altri.
Il mercato fallisce per un problema di esternalità positiva.
Ciascun proprietario fissa il proprio prezzo tenendo conto
solo del proprio interesse, senza considerare che p.e. una
riduzione del prezzo porterebbe un beneficio agli altri
proprietari in termini di maggior utilizzo del bene.
Quindi: in generale, ciascuna risorsa comune deve avere
un proprietario, ed uno solo!
Negoziazione e surplus
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Surplus cooperativo (SC): valore creato trasferendo una
risorsa a chi la valuta di più.
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Esempio: Aldo valuta la propria auto 3000€, Bea possiede 5000€ e
valuta l’auto 4000€; il SC di un eventuale scambio è pari a 1000€.
Valore limite (VL): ciò che le parti ottengono in assenza di
scambio.
Due problemi:
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lo scambio può non realizzarsi perché le parti non trovano l’accordo;
ammesso che lo scambio si realizzi, come ripartire il SC?
Soluzione non cooperativa: la negoziazione fallisce, lo
scambio non avviene, A & B ottengono i rispettivi VL
–
•
A mantiene l’auto (= 3000€), B ottiene 5000€; il valore totale è 8000€
Soluzione cooperativa: lo scambio avviene ed il bene finisce
a chi lo valuta di più; si crea un SC che va diviso tra A & B
–
–
–
–
B ottiene l’auto, A & B si dividono in 5000€ di B;
p.e. l’auto viene scambiata per 3500€: A ottiene 3500€, B ottiene l’auto
(che valuta 4000€) e gli avanzano 1500€;
valore totale: 3500 + 4000 + 1500 = 9000€
surplus cooperativo = 9000 – 8000 = 1000€
Il riparto del surplus
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Condizione per l’accordo volontario: ciascuna delle parti
deve ottenere almeno il proprio VL più una quota (al limite
pari a zero) del SC
Un riparto “ragionevole” del SC è quello in parti uguali. In
tal caso ciascuna parte ottiene VL + ½ SC
– Nell’esempio: A ottiene 3500€ (= VL + ½ SC) e B
ottiene 5500€ (= VL + ½ SC)
N.b.: si tratta di una soluzione ragionevole, ma non
razionale. La soluzione razionale è quella del c.d. gioco
dell’ultimatum: B offre per l’auto 3001€, prendere o
lasciare, ed A accetta (perché comunque 3001 > 3000); il
SC va praticamente tutto a B.
Le tre fasi della negoziazione:
1. Individuare i VL
2. Determinare il SC
3. Ripartire il SC
Dalla negoziazione al DdP
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Le tre fasi della negoziazione sono all’origine dell’istituto
della proprietà.
Stato di natura (fase 1): una società a potere diffuso, dove
il DdP non è rispettato; ciascuno deve difendersi da sé,
sostenendo i relativi costi e quindi ottenendo dalle proprie
risorse solo il VL.
Contratto sociale (fase 2): accordo cooperativo per far
rispettare il DdP, conferendo allo Stato il monopolio
nell’uso della forza; gli agenti beneficiano di maggiore
efficienza e minori costi nella tutela delle proprie risorse; si
crea quindi un SC.
Distribuzione del SC (fase 3): il contratto sociale stabilisce
anche come deve essere ripartito il SC.
Come nello scambio di un singolo bene, agli agenti
conviene cooperare nell’istituire il DdP e nell’assicurarne la
difesa perché questo garantisce il formarsi di un SC che
poi verrà ripartito secondo le regole del contratto sociale.
E’ la c.d. “fondazione bargaining” del diritto di proprietà.
Il modello del parcheggio
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Hp: il beneficio che si ottiene nell’uso del parcheggio è
inversamente correlato con il numero degli accessi.
Beneficio individuale → P (= prezzo che l’utente è
disposto a pagare per accedere)
Per l’hp, la relazione tra beneficio ed accessi è: P = a – Q,
dove Q è il # di accessi.
Caso 1: assenza di DdP sul parcheggio.
Esito: completa dissipazione del valore perché il numero
degli accessi cresce fino ad azzerare il beneficio:
Q = a , P* = 0 (punto F)
Caso 2: DdP al proprietario del parcheggio.
Esito: il proprietario agisce da monopolista sugli
abbonamenti al parcheggio.
Profitto  = PQ = (a – Q)Q = aQ – Q2,
max  per Q** = a/2, P** = a/2 (punto M)
P
In M si ha una
soluzione efficiente
a
AC
a/2
M
C
Q**
= a/2
Q°° = a/3
F
Q*
=a
Q° = 2/3 a
Q
•
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In M si ha una soluzione efficiente (= max beneficio sociale).
Infatti aumentare il numero di accessi di una unità rispetto a
Q** incrementa di P** il profitto per il proprietario, ma
riducendo il beneficio per tutti gli altri utenti riduce i loro
accessi e quindi anche il profitto per il proprietario.
N.b.: Il monopolio non genera alcun costo sociale perché il
surplus del consumatore è comunque zero dato che il
prezzo è sempre pari al beneficio per un dato # di accessi.
Conclusione: assegnare il DdP monopolistico sul
parcheggio consente di trovare la soluzione efficiente.
Ma il monopolista sostiene dei costi per assicurarsi il DdP e
la relativa rendita di monopolio:
•
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–
–
Rent-seeking costs: spese improduttive sostenute al solo scopo di
ottenere o mantenere il monopolio. Esempio: spese di lobbying.
Rent-dissipation costs: eccesso di investimenti (di per sé produttivi)
sostenuti nella “gara” per aggiudicarsi il diritto di monopolio. Se
esiste libertà di aggiudicazione del bene, l’esito della gara - avendo
un solo vincitore - genera uno spreco degli investimenti di tutti i
perdenti (è problema simile alle risorse comuni: il bene è a
disposizione del primo che arriva!). Esempio: investimenti per
ottenere brevetti scientifici.
•
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Caso 3: due proprietari del parcheggio, ovvero proprietà
comune (common)
Esito: duopolio di Cournot in cui ogni proprietario decide
quanti abbonamenti vendere tenendo conto della
decisione dell’altro proprietario; si avrà un eccesso di
sfruttamento.
P = a – Q = a – (QA + QB)
Soluzione: QA° = QB° = a/3 , P° = a/3 (punto C)
Quindi: Q° = 2/3 a > Q** = a/2
Ma Q** era efficiente, quindi per Qtot° si ha un eccesso di
sfruttamento ed una riduzione del benessere sociale.
Ciascun proprietario decide quanti abbonamenti vendere
guardando solo al proprio profitto e tralasciando di
considerare l’effetto negativo sul beneficio di tutti gli
utenti (e quindi sul benessere sociale) di ogni aumento
nel numero degli accessi → esternalità negativa.
Come assegnare i DdP?
•
•
•
Come garantire che l’allocazione dei DdP realizzi
il massimo benessere sociale?
Due alternative: soluzione privata vs. soluzione
pubblica.
Soluzione privata: sotto determinate condizioni e
purché i DdP siano liberamente negoziabili,
l’allocazione iniziale dei DdP non rileva ai fini del
benessere sociale; il meccanismo di mercato
porterà i DdP nelle mani di coloro che li valutano
di più, garantendo l’efficienza.
–
•
E’ la soluzione del teorema di Coase
Soluzione pubblica: l’allocazione efficiente dei
DdP è realizzata dal policy-maker che li
distribuisce a chi li valuta di più.
–
Problema: in assenza del mercato, occorre un
meccanismo alternativo che riveli le preferenze degli
agenti rispetto ai DdP.
Esternalità: una definizione
•
Quando l’esito di una transazione di mercato
condiziona il benessere di soggetti non coinvolti (o
“terzi”: cioè diversi dal compratore e venditore), tale
effetto viene detto esternalità.
–
•
•
L’esempio di Coase 1960 (esternalità negativa): il pascolo
di una mandria di proprietà di un allevatore distrugge il
raccolto di un contadino sconfinando nei suoi terreni
La presenza di esternalità fa sì che il mercato non
raggiunga l’allocazione efficiente delle risorse.
Questo perché in presenza di esternalità, dovremmo
tenere conto anche del benessere dei soggetti terzi
(ovvero: l’interesse collettivo all’esito del mercato va
al di là del benessere dei venditori e compratori
direttamente coinvolti), ma la transazione di mercato
non riesce a tenere conto di tale circostanza.
L’ottimo sociale si ottiene per una quantità inferiore
di prodotto rispetto all’equilibrio di mercato
Prezzo
mandria
Danni del
pascolo
Costo sociale
Offerta di bestiame
(costo opportunità privato)
Ottimo
sociale
E
Domanda
di bestiame
0
QEFF
Q*
Dimensione
mandria
Esternalità: soluzioni tradizionali

Il menù tradizionale di interventi a disposizione del policy
maker per far fronte al problema delle esternalità è ampio:
1.
2.
3.
Regolamentazione del mercato (obblighi e divieti).
Tasse (o sussidi, in caso di esternalità positive) pigouviani.
Risarcimento del danno causato al terzo.
La distinzione fondamentale è tra interventi di tipo
coercitivo (n.1) volti ad imporre direttamente la produzione
della quantità efficiente e interventi miranti ad agire sugli
incentivi degli agenti (nn.2 & 3), in cui il policy maker cerca di
allineare i costi privati a quelli sociali. Infine

Le soluzioni tradizionali poggiano su due ipotesi implicite:
Hp 1: una delle parti causa l’esternalità (principio di causazione);
Hp 2: chi è responsabile della generazione dell’esternalità deve
essere indotto dal policy maker a ridurre la propria attività.

Il teorema di Coase discende dal respingere entrambe le hp.

Il punto di vista di Coase

Respinta l’hp 1: entrambe le parti causano
l’esternalità perché quest’ultima non sussisterebbe
se una delle parti non esistesse.
 Il problema giuridico della causazione perde rilevanza.
 Data la natura reciproca dell’esternalità, il modo in cui
la legge assegna inizialmente i DdP deve essere
irrilevante per l’efficienza.

Respinta l’hp 2: l’intervento del policy maker non è
necessario se le parti sono in condizione di
contrattare tra loro senza costi (o almeno, senza
costi rilevanti) l’allocazione dei DdP.
 L’esternalità non è un problema del Mercato, ma
casomai di assenza di un mercato → se i DdP sono ben
definiti, le parti trovano da sole l’allocazione efficiente.
Il teorema di Coase (versione 1)



Il teorema di Coase afferma che la contrattazione privata può
internalizzare le esternalità ottenendo la soluzione efficiente, a
patto di aver ben definito i relativi DdP.
Teorema: se tutte le parti del mercato possono contrattare senza
costi l’allocazione delle risorse (ovvero scambiare senza costi i
DdP), allora il libero mercato risolve da solo il problema delle
esternalità generando l’allocazione efficiente delle risorse.
 Ronald Coase (1960), “The problem of social cost”, JLE
Corollario: se vale il teorema, il sistema economico può
raggiungere la soluzione di massimo benessere
indipendentemente dall’allocazione iniziale dei diritti
di proprietà (cioè a prescindere da chi ha la legge
a proprio favore nel caso p.e. dell’inquinamento).
 Tale allocazione dei DdP determina solo il riparto
del massimo benessere, cioè a chi toccherà la
“fetta” più grossa.
Un esempio numerico
Hp:  due tipi di mandria, grande (Qg) o piccola (Qp).
 I ricavi, costi e relativi profitti dell’allevatore sono:
se Q = Qp: RT = 40€, CT = 20€, p = 20, con EXTp = 10€
se Q = Qg: RT = 60€, CT = 30€, g = 30, con EXTg = 25€
 Dato che g = 30 > 20 = p, l’ottimo privato dell’
allevatore è per Q = Qg.
 Ma se teniamo conto dell’esternalità si ha:
p – EXTp = 20 – 10 = 10 > 5 = 30 – 25 = g – EXTg
 Quindi la quantità che massimizza il benessere sociale
 - EXT, cioè l’ottimo sociale, è Q = Qp.
 Problema: come indurre l’allevatore a scegliere Qp?

Le tre soluzioni tradizionali

Soluzione 1 (regolamentazione): il policy maker impone una
dimensione massima della mandria Q  Qp.
Quindi l’allevatore sceglie Qp → ottimo sociale.

Soluzione 2 (tassazione): il policy maker impone una tassa pari
al costo marginale indotto dall’esternalità. Quindi:
se Q = Qg, T = EXT = 25 – 10 = 15 ; se Q = Qp, T = 0
I profitti dell’allevatore al netto della tassa sono:
p’ = 40 – 20 – 0 = 20 ;
g’ = 60 – 30 – 15 = 15
L’allevatore sceglie Qp perché p’ > g’ → ottimo sociale.

Soluzione 3 (risarcimento): il policy maker impone un
risarcimento del danno in misura pari al costo totale
dell’esternalità. Quindi:
se Q = Qp, Rp = EXTp = 10 ; se Q = Qg, Rg = EXTg = 25
I profitti dell’allevatore al netto del risarcimento sono:
p” = 40 – 20 – 10 = 10 ;
g” = 60 – 30 – 25 = 5
L’allevatore sceglie Qp perché p” > g” → ottimo sociale.
Possibilità di negoziazione




Cosa accade se le parti hanno la possibilità di negoziare (senza
costi) l’allocazione di un DdP opportunamente definito?
Caso 1: la legge assegna all’allevatore un DdP negoziabile
denominato “diritto al pascolo”. In questo caso il contadino
può offrire all’allevatore un compenso pari a 15€, cioè pari al
costo marginale dell’esternalità nel caso di Q = Qg, affinché
questi scelga la mandria piccola Qp. Avremo infatti:
se Q = Qg, g° = 30 ; se Q = Qp, p° = 40 – 20 + 15 = 35
e quindi l’allevatore sceglie Qp → ottimo sociale.
Caso 2: la legge assegna al contadino un DdP negoziabile
denominato “diritto alla coltivazione senza immissioni”. In
questo caso l’allevatore può offrire al contadino un compenso
pari al costo totale dell’esternalità (cioè al danno causato) in
cambio del permesso di portare la mandria al pascolo. Sarà:
se Q = Qg, Pg = EXTg = 25 → g°° = 30 – 25 = 5;
se Q = Qp, Pp = EXTp = 10 → p°° = 20 – 10 = 10.
Se il contadino accetta, l’allevatore sceglie Qp → ottimo sociale.
Quindi, assegnato il DdP, la negoziazione conduce
Il teorema di Coase

Teorema: se tutte le parti del mercato possono
scambiare senza costi i DdP (opportunamente
definiti) sulle risorse, allora il libero mercato risolve
da solo il problema delle esternalità generando
l’allocazione efficiente delle risorse.

Corollario: se vale il teorema, le parti raggiungono la
soluzione di massimo benessere indipendentemente
dall’allocazione iniziale dei DdP.

Il “messaggio giuridico” è: l’esistenza del diritto di
proprietà è condizione necessaria e sufficiente per
consentire agli agenti economici di raggiungere
autonomamente l’allocazione efficiente delle risorse.
Il benessere creato da ogni unità scambiata
Prezzo
detersivo
Offerta
(costo opportunità privato)
Differenza tra
disp. a pagare e
disp. a vendere
=
benessere creato
da quello scambio
E
Domanda
0
1
Q*
Quantità
detersivo
Beneficio marginale dell’impresa (rectius: del mercato):
ciò che l’impresa guadagna da ogni unità in più di output.
Costi
Benefici
Costo marginale per il contadino:
danno causato al contadino
da ogni unità in più di output
1 11
Quantità
Costi
Benefici
Beneficio marginale dell’impresa (rectius: mercato): ciò che l’impresa
guadagna da ogni unità in più di output. L’impresa smette di produrre
quando il beneficio marginale è zero, cioè a Q*
Costo marginale per il contadino:
danno causato al contadino
da ogni unità in più di output
Ottimo
1 11
Qeff
Q*
Quantità
L’ottimo sociale Qeff si ha quando il costo marginale uguaglia il beneficio marginale,
cioè quando ogni unità di output reca alla collettività un danno pari al guadagno.
Benefici e costi nel libero mercato
Beneficio totale impresa (rectius: mercato) = D + A + B
Costo totale subito dal contadino = A + B + C
Costi
Benefici
BM
D
CM
C
A
B
Qeff
Q*
Quantità
Nel mercato libero si produce Q*, non Qeff
Il mercato quindi fallisce!
Caso 1: diritto iniziale all’impresa. L’impresa è libera di produrre fino a Q*
Il suo beneficio totale è D+A+B ; il contadino subisce costi totali A+B+C.
Se il contadino si accorda con l’impresa affinché essa limiti la produzione a Qeff in
cambio di una somma S l’accordo conviene ad entrambi a patto che S sia minore di B+C
ma maggiore di B. Infatti ora l’impresa avrà beneficio totale pari a D+A+S > D+A+B, ed
il contadino avrà costi A+S < A+B+C. Si produrrà così la quantità Qeff.
Costi
Benefici
BM
D
CM
C
A
B
Qeff
Q*
Quantità
Benessere totale iniziale = (D+A+B) – (A+B+C) = D – C
Benessere totale post-negoziazione = (D+A+S) – (A+S) = D  il benessere aumenta!
Caso 2: diritto iniziale al contadino. L’impresa è obbligata dalla legge a produrre zero.
Ma l’impresa può offrire al contadino una somma S, maggiore di A ma minore di D+A,
per farsi concedere il permesso a produrre fino a Qeff.
Entrambi ci guadagnano perché il beneficio dell’impresa sarà pari a D+A-S > 0, mentre il
contadino subirà costi A ma incasserà una somma S > A.
Costi
Benefici
BM
D
CM
C
A
B
Qeff
Q*
Quantità
Benessere totale iniziale = 0
Benessere totale post-negoziazione = (D+A-S) + (S-A) = D  il benessere aumenta!
Teorema di Coase




Se le parti possono negoziare senza costi l’allocazione dei
diritti di proprietà, si raggiunge l’ottimo sociale.
Senza costi, perché se esistono costi di transazione (= costi di
negoziazione e stipula del contratto), la negoziazione può
essere impossibile (se i costi sono maggiori di D) e comunque
non si raggiungerà mai l’ottimo sociale perché una parte di
benessere viene “bruciata” dai costi.
Corollario del teorema: se non ci sono costi di transazione,
l’ottimo sociale si raggiunge indipendentemente da chi
possiede inizialmente il diritto di proprietà.
Però la distribuzione del benessere sociale è differente!
 Caso 1: benessere impresa = D+A+S; benessere contadino = – (A+S)
 Caso 2: benessere impresa = D + A – S; benessere contadino = S – A
Sei commenti al teorema
C1. Il teorema è nello stesso spirito del c.d. primo teorema fondamentale
dell’economia del benessere (= quello che afferma che l’equilibrio in un
sistema di mercati perfettamente concorrenziali è socialmente efficiente), in
quanto afferma che l’esito della libera negoziazione tra le parti (comunque
diversa dallo scambio di mercato) conduce all’ottimo sociale.
C2. Il teorema invita a considerare l’esternalità come qualsiasi bene, in modo
che il relativo diritto a “produrla” possa essere liberamente scambiato.
C3. Il corollario del teorema afferma che l’assegnazione iniziale dei Ddp non
rileva rispetto al benessere sociale in quando non incide sulle scelte finali
degli agenti (= quelle che determinano l’efficienza della soluzione). Ma tale
assegnazione è decisiva per la distribuzione del benessere sociale tra le parti.
Infatti, nel caso 1 dell’esempio (diritto al pascolo) si ha p° = 35, mentre nel
caso 2 (diritto alla coltivazione) si ha p°° = 10, pur se in entrambi i casi la
scelta dell’allevatore è quella efficiente Qp.
Il DdP è qualcosa che ha valore economico e la sua allocazione iniziale,
decisa dalla legge, attribuisce tale valore all’una o all’altra parte. Il teorema
assicura che alla fine il DdP finirà comunque nelle mani di chi lo valuta di
più, ma la distribuzione finale del benessere sarà molto diversa. In questo il
teorema è simile al c.d. secondo teorema fondamentale dell’economia del
benessere (= quello che afferma che, data un’opportuna distribuzione
iniziale delle risorse, una qualsiasi allocazione finale efficiente può essere
trovata “lasciando fare” al libero mercato).
C4. Il corollario evidenzia la natura reciproca delle esternalità.
Infatti, se è vero che Q = Qg genera un danno addizionale
all’agricoltore, è anche vero che Q = Qp causa un mancato
profitto all’allevatore.
 Nello spirito dell’approccio bargaining possiamo dire che le parti,
negoziando tra loro per tener conto dell’esternalità, producono un
benessere totale superiore che poi possono dividersi nei modi stabiliti.
C5. Nella sua forma più immediata, un’interpretazione
(ingenua) del teorema è che la legge (= il modo con cui è
assegnato inizialmente il DdP) è irrilevante ai fini
dell’efficienza. Ciò che conta non è la titolarità del DdP, ma che
esso esista, sia ben definito e trasferibile senza costi. In sintesi,
si dice che con il teorema di Coase, market eats law.
C6. In realtà, l’implicazione principale del teorema per la AED è
proprio l’importanza della legge ai fini di: i) definire i DdP e
ii) ridurre (o eliminare) i costi della negoziazione. Se i DdP non
sono ben definiti oppure se i costi sono rilevanti, il teorema
viene meno e quindi l’attribuzione iniziale dei DdP stabilita
dalla legge diventa decisiva per l’efficienza.
Quando conta la legge?



Tesi della scuola di Chicago: in un mondo (realistico) dove non
vale il teorema di Coase, compito del diritto deve essere
promuovere l’efficienza rimuovendo gli impedimenti alla
negoziazione privata.
L’obiettivo è sempre portare i DdP nelle mani di coloro che li
valutano di più.
Infatti, quando il DdP (ben definito) finisce nelle mani
“sbagliate”, anche se la negoziazione privata riuscisse a
riallocarlo efficientemente, ciò avverrebbe con un costo (c.d.
costo di transazione) e quindi uno spreco di risorse.
 Costo di transazione (CdT): qualsiasi impedimento alle negoziazione
che comporti l’utilizzo di risorse per il suo superamento.



In tale situazione la legge potrebbe fare due cose: i) cercare di
ridurre o eliminare i CdT; ii) cercare di allocare direttamente il
DdP in modo efficiente, neutralizzando l’impatto dei CdT.
In sintesi, la legge conta quando non vale il teorema!
Secondo corollario del teorema: se i CdT sono così elevati da
impedire la negoziazione, l’uso efficiente delle risorse dipende
dall’allocazione iniziale dei DdP operata dalla legge.
Tre obiezioni al teorema



Il caso invariante. Sappiamo che per una data soluzione efficiente, si
avrà una diversa distribuzione finale delle risorse in base
all’assegnazione iniziale dei DdP (proprio come nel 2° TFEB). Ma se una
delle parti ottiene più risorse, questo può generare una specie di “effetto
reddito” che a sua volta modifica la valutazione individuale (cioè la
disponibilità a pagare) del DdP. Segue che anche la soluzione efficiente
non può più essere la stessa. In realtà, quindi, il primo corollario del
teorema vale nel solo caso – il c.d. caso invariante – in cui la soluzione
efficiente sia unica ed indipendente dalla allocazione delle risorse (= in
caso di assenza di rilevanti “effetti reddito”).
Effetti di dotazione. La moderna economia sperimentale ha dimostrato
che gli agenti tendono a dare più valore ad un bene già in loro possesso
(e quindi a domandare un prezzo più elevato per cederlo) rispetto a
quanto valutino lo stesso bene nel caso intendano procurarselo (cioè la
disponibilità a pagare). Si tratta del c.d. endowment effect che, se rilevante,
può invalidare il teorema perché la valutazione soggettiva di un diritto
viene a dipendere dal fatto di possederlo o meno.
Norme sociali. In molti contesti la soluzione privata al problema delle
esternalità viene dal rispetto di usi e norme sociali, invece che dalla
negoziazione e dallo scambio. Questo perché rispettare le consuetudini è
un modo razionale per creare, od aumentare, la propria reputazione e
per raggiungere la soluzione cooperativa nei rapporti con i terzi.
Il teorema di Coase
secondo l’approccio bargaining


Modificando leggermente il nostro esempio
possiamo analizzare in un altro modo la relazione
tra efficienza e diritto di proprietà.
Ipotesi → esistono due possibili regole giuridiche:
 Regola I: diritto dell’allevatore al pascolo
 Regola II: diritto del contadino alla coltivazione

I dati del problema sono:
 Danni causati dal bestiame (= esternalità negativa): 100€
 Esistono due modi di evitare l’esternalità: recintare la
coltivazione o recintare l’allevamento
 Costo di recintare la coltivazione: 50€
 Costo di recintare l’allevamento: 75€
Quale regola adottare?




L’efficienza richiede che la legge adotti la regola I (regola efficiente):
l’allevatore ha diritto al pascolo e il contadino, per evitare i danni, dovrà
recintare la coltivazione, al costo di 50€.
Ma se è consentito negoziare i DdP, potrebbe valere anche la regola II.
Infatti, anche se la legge dà al contadino il diritto di coltivare senza
interferenze (e quindi impone all’allevatore l’onere di recintare il pascolo
al costo di 75€), le parti si possono accordare in modo che sia comunque
il contadino a recintare il proprio terreno al costo di 50€ in cambio di un
compenso pagato dall’allevatore. L’accordo produce infatti un surplus
cooperativo SC pari a 25€, pari cioè al risparmio di costo (75€ - 50€) che
si ottiene trasferendo l’onere di recinzione dall’allevatore al contadino.
Il compenso pagato dall’allevatore al contadino stabilisce anche come
viene diviso il SC della negoziazione. Per esempio, se l’accordo è di
dividere il SC in parti uguali, cioè 12,5€ a testa, il compenso sarà pari a
62,5€ (= 50€ + 12,5€).
Quindi, nonostante la legge preveda la regola II, la possibilità di
negoziare conduce comunque alla soluzione efficiente (= recinzione del
contadino) come se valesse la regola I. Questa non è altro che la tesi del
teorema di Coase: se le parti possono negoziare senza costi, la
negoziazione porta alla soluzione efficiente indipendentemente da come
la legge assegna i DdP. Di nuovo, si potrebbe concludere che la legge
non conta rispetto all’efficienza. Ma, come prima, sarebbe semplicistico...
La relazione tra CdT e regola efficiente

Nella realtà, i CdT esistono sempre. La questione è se esiste
un livello critico CT* dei CdT tale da invalidare il teorema di
Coase e quindi restituire rilevanza alla legge. In tal caso,
infatti, sarebbe compito del sistema giuridico realizzare la
soluzione di massimo benessere fissando la regola efficiente.
 E’ il caso del c.d. legal flypaper effect (“the right sticks where it hits”)

Nella figura, CT* separa l’area in cui è possibile la
negoziazione da quella in cui è impossibile, ed in cui quindi
è indispensabile l’intervento della legge per ottenere la
soluzione efficiente → funzione allocativa del diritto.
L’allocazione DdP non rileva
per l’efficienza
0
Area della
negoziazione
L’allocazione DdP rileva
per l’efficienza
CT*
Area
dell’intervento

Due “visioni del mondo”


0
Il concetto di livello critico dei CdT consente di illustrare due “visioni
del mondo”, rispetto alla dicotomia libertà di contrattazione vs.
intervento della legge come modi alternativi di realizzare il massimo
benessere sociale.
Hp:  due livelli critici dei CdT, CTLC’ & CTLC”, che riflettono due
opinioni diverse sui limiti della negoziazione, con CTLC” > CTLC’.
- Se il livello effettivo dei CdT, CT è minore di CTLC’ o maggiore di
CTLC”, le opinioni sulla possibilità di negoziare coincidono.
- Ma se CTLC’ < CT < CTLC”, allora vi è disaccordo.
Negoziazione
CTLC’
Negoziazione
Intervento
CTLC”

Intervento
Disaccordo

Quindi, il disaccordo sui limiti della negoziazione privata è “fisiologico”
in base al teorema di Coase.
CdT ed informazioni private

Le fasi di uno scambio sono 3:
 Ricerca della controparte
 Negoziazione
 Esecuzione

A ciascuna di tali fasi corrisponde un diverso tipo di CdT:
 Costi di ricerca (search costs)
 Costi di negoziazione veri e propri (bargaining costs)
 Costi di esecuzione (enforcement costs)




Nella realtà le parti non conoscono né i rispettivi valori limite
(= ciò che possono ottenere in caso di mancato accordo) né
quale sia la soluzione cooperativa che massimizza il benessere.
A volte tali informazioni sono pubbliche (= entrambe le parti le
conoscono): ciò agevola l’accordo. Ma più spesso esse sono del
tutto assenti oppure private (= solo una parte le conosce).
Il costo di convertire le informazioni rilevanti da private a
pubbliche è uno principali costi di negoziazione.
La capacità di mantenere private le proprie informazioni è ciò
che determina quanta parte del surplus cooperativo una parte
riuscirà ad appropriarsi.
Diritti di proprietà e valori limite



Un’osservazione cruciale è che è l’allocazione iniziale dei DdP a
determinare i valori limite delle parti: da tale allocazione
dipende infatti ciò che le parti possono ottenere in caso di
mancato accordo.
Chiarezza nella definizione dei DdP è dunque sinonimo di
conoscenza dei valori limite propri e della controparte.
Dato che la probabilità di soluzione cooperativa aumenta
quando le informazioni sui valori limite sono pubbliche, ecco
che la legge può ridurre i CdT, e quindi agevolare la
negoziazione, stabilendo criteri chiari e semplici di
determinazione della titolarità dei DdP.
 Questa è la ratio economica dell’esistenza di sistemi di registrazione
pubblica quali il catasto oppure di principi giuridici quali “il possesso
vale titolo” (1153 CC).


In breve, almeno parte dei CdT sono endogeni al sistema
giuridico, nel senso che la legge può agire efficacemente sulla
loro dimensione.
Una 2° funzione del diritto è quindi di facilitare la negoziazione
riducendo i CdT → funzione lubrificante del diritto.
Due funzioni per due “teoremi”

Il diritto ha due funzioni/obiettivi:
 Funzione allocativa: la legge interviene al fine di
minimizzare le inefficienze in caso di esito non
cooperativo.
 Funzione lubrificatrice: la legge agevola la negoziazione
privata riducendo i CdT.

A tali funzioni corrispondono due “teoremi”:
 Teorema normativo di Hobbes: obiettivo del diritto è
minimizzare le perdite di benessere causate dal fallimento
della negoziazione privata; ciò avviene assegnando
direttamente il DdP alla parte che lo valuta di più (c.d.
“mimicking the market”: where would right end up if …?)
 Teorema normativo di Coase: obiettivo del diritto è
rimuovere gli ostacoli che impediscono gli accordi privati.
Lubrificazione
dello scambio H
Surplus
cooperativo
Correzione
dell’allocazione
Regola II
SCAMBIO
25
A
T
B
NO SCAMBIO
45°
Regola I
(efficiente)
10
-25
Z
30
C
Legenda:
T → R II , CT = 0 ,  SC = 25
se c’è scambio del DdP da
contadino ad allevatore.
Z → R I , CT = 0 ,  SC = –25
se c’è scambio del DdP da
allevatore a contadino.
Costi di
A → R II , SC = 25 > CT = 10
transazione lo scambio è efficiente.
B → R II , SC = 25 < CT = 30
lo scambio è inefficiente.
C → R I, CT = 30, SC = –25;
lo scambio è inefficiente,
ma vigendo la regola I
lo scambio non serve più!

Il SC che si può ottenere dallo scambio è positivo quando la
legge assegna inizialmente il DdP dalla parte “sbagliata”,
cioè a chi lo valuta di meno.
 Nel nostro esempio, SC > 0 se vale la regola II (diritto del contadino)

Il SC è invece negativo quando la legge assegna già il DdP
alla parte “giusta”: il diritto è già allocato efficientemente.
 Nel nostro esempio, SC < 0 se vale la regola I (diritto dell’allevatore)


Inoltre, anche quando SC > 0, lo scambio può non essere
efficiente. Ciò avviene quando SC < CT, cioè in presenza di
elevati CdT → legal flypaper effect.
Il criterio per lo scambio efficiente dunque è: il DdP deve
essere scambiato al fine di massimizzare il benessere sociale
ogni volta che SC > 0 & SC > CT.
 Zona di scambio: a sinistra della linea a 45°
 Zona di non scambio: a destra della linea a 45°

Rispetto ad un punto come H, che appartiene alla zona di
non scambio e per il quale vale la regola II, il diritto può
operare in due direzioni:
 Lubrificare lo scambio: riduzione dei CdT (movimento verso sinistra)
 Correggere l’allocazione dei DdP: cambiamento della regola
(movimento verso il basso)





Quindi la legge (o il giudice) ha sempre due opzioni per favorire l’efficienza.
La scelta dell’una o dell’altra può corrispondere a precisi obiettivi di policy.
 P.e. partendo da A nella zona di scambio la legge potrebbe comunque
voler realizzare direttamente l’allocazione efficiente. La correzione
dell’allocazione muove il sistema verso il basso; prima o poi si attraversa
la linea a 45° e quindi lo scambio privato non è più possibile.
Problema della funzione allocativa: per realizzare direttamente l’allocazione
efficiente dei DdP, il legislatore deve sapere quali agenti li valutano di più.
Questa però è un’informazione che né il legislatore né il giudice possiedono,
perché è un’informazione privata → problema informativo di Hayek.
Solo lo scambio di mercato può rivelare tali informazioni private. In
alternativa, il legislatore o il giudice possono cercare di scoprire tali
informazioni, sostenendo però dei costi di informazione.
Esiste quindi un trade-off tra costi di transazione (sostenuti dalle parti in caso
di negoziazione privata) e costi di informazione (CI, sostenuti dal legislatore
o dal giudice in caso di allocazione diretta del DdP).
 P.e.: in un processo per l’allocazione di un DdP la Corte può attenersi
strettamente alla lettera dei Codici o ai precedenti OPPURE può provare
a determinare quale delle parti valuta di più il DdP. Nel primo caso la
Corte non sosterrà i CI, mentre le parti, dopo la sentenza, potranno
scambiare il DdP, subendo i relativi CdT. Nel secondo caso le parti non
devono sostenere alcun CdT (perché tanto “ci pensa il giudice” a
dirimere efficientemente la questione), mentre la Corte subisce i CI.
 Regola di efficienza per le Corti: se CdT < CI, seguire i Codici o i
precedenti; se CdT > CI, cercare direttamente l’allocazione efficiente.
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