A.A. 2006-2007
Corso di Politica Sociale
Maria Letizia Pruna
Ottava lezione
Il mercato del lavoro
Il “cuore” del welfare
Il “luogo” per eccellenza del welfare è il
mercato del lavoro: una istituzione sociale
all’interno della quale si costruiscono le
condizioni di vita degli individui e il loro
livello di benessere, ma anche le loro
aspettative e prospettive di vita e la
protezione dai rischi sociali su cui
potranno contare.
Mercato e lavori
Principali riferimenti bibliografici
 A. Accornero, Era il secolo del Lavoro, Il Mulino,
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Bologna, 1997
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Milano, 2006
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Einaudi, Torino, 2000
CNEL, Rapporto sul mercato del lavoro 2003, Roma,
Luglio 2004
CNEL, Rapporto sul mercato del lavoro 2004, Roma,
Luglio 2005
D. De Masi, Il futuro del lavoro, Rizzoli, Milano, 1999
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Bologna, 2004
 L. Gallino, Se tre milioni vi sembran pochi, Einaudi,
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Torino, 1998
E. Mingione, E. Pugliese, Il Lavoro, Carocci, Roma,
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M.L. Pruna, Occupazioni e disoccupazioni, CUEC,
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Mulino, Bologna, 2000
J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini&Castoldi, Milano,
1995
R. Semenza, Le trasformazioni del lavoro, Carocci,
Roma, 2004
R. Solow, Il mercato del lavoro come istituzione
sociale, Il Mulino, Bologna, 1994
A. Supiot (a cura di), Il futuro del lavoro, Carocci,
Roma, 2003
Il concetto di mercato del lavoro
 E’ un luogo virtuale, non uno spazio fisicamente
delimitato (non coincide con confini amministrativi)
 Riguarda una merce particolare, e anche per questo
è sottoposto a regole: non può funzionare come
qualsiasi altro mercato
 E’ un’istituzione sociale, nel senso che è
incardinato in strutture di relazioni sociali e le
regole che lo governano sono definite nel contesto
sociale
Il mercato del lavoro è…
quel contesto all’interno del quale avviene
la compravendita di una merce sui generis,
che è la forza lavoro, la capacità lavorativa.
Si tratta di un mercato particolare nel quale
la “merce” trattata non può essere
fisicamente separata dal proprietario/a.
Ogni lavoratore o lavoratrice è inseparabile
dalla prestazione lavorativa che offre.
...
Ciò implica che…
1. la relazione sociale tra le parti non si esaurisce al
momento dello scambio come di solito avviene
nello scambio di una qualsiasi merce;
2. la merce oggetto di scambio nel mercato del lavoro
non è una merce nata allo scopo di essere venduta
(la persona, inscindibile dalla prestazione di
lavoro);
3. contrariamente a qualsiasi altra merce, la forza
lavoro è in grado di contrattare il proprio prezzo.
E’ una merce che ragiona e che si organizza.
Il concetto di lavoro
Nel linguaggio comune il termine “lavoro” ha
almeno due significati differenti, ma solo uno è
quello riferito al mercato del lavoro:
a) può indicare un'attività in termini "sostanziali",
cioè il suo contenuto e significato,
indipendentemente dal quadro formale in cui è
svolta (per esempio, il lavoro della casalinga). In
questa accezione è assimilabile al concetto di
“fatica”.
L’accezione utilizzata nel mercato
b) E’ utilizzato come sinonimo di occupazione,
cioè come un'attività sistematica e specializzata
che ha come contropartita un reddito piuttosto che
il soddisfacimento immediato di un bisogno
(per esempio, il cuoco di un ristorante lavora,
mentre chi prepara una cena per i propri familiari
o per gli amici, anche se compie le stesse
operazioni, con eguale attenzione e competenza,
non sta lavorando).
A che cosa facciamo riferimento
quando parliamo di lavoro?
Lavorare significa svolgere attività
che comportano
un guadagno monetario?
Non è così semplice...
 ci sono attività che comportano un guadagno
monetario ma che non consideriamo lavori:
per esempio, guadagnare attraverso l'affitto di
un appartamento, un investimento in borsa,
una vincita al gioco…
 queste stesse attività lucrative diventano
lavoro se vengono svolte da un agente
immobiliare, un agente finanziario o da un
giocatore professionista.
Il lavoro inteso come occupazione
è quindi indipendente dal contenuto sostanziale
dell'attività ed è definito invece dal
quadro formale in cui si colloca:

il luogo, l'orario, l'organizzazione, il contratto o
la licenza per esercitare l'attività, ecc.
Il significato del lavoro
Il lavoro rappresenta, ancora oggi, il
principale fattore di identità sociale, un
importante canale di socializzazione, e la
prevalente fonte di reddito, diretta
(retribuzioni) e indiretta (pensioni).
Il lavoratore, la lavoratrice
Persona adulta
socialmente integrata
ed economicamente autonoma
“Viviamo in una società nella quale lo status
sociale e la stima in se stessi sono fortemente
legati all’occupazione e al reddito”.
(R. Solow, 1994)
Le diverse componenti
dell’identità sociale
Il mestiere
(il ruolo professionale)
Il posto di lavoro
(l’organizzazione: l’impresa,
l’amministrazione)
Il mercato
(la domanda delle imprese: le condizioni
contrattuali - grado di stabilità e di tutela,
livello retributivo, ecc.)
L’importanza della stabilità
dell’identità sociale
Anche il cambiamento di un solo elemento può
modificare l’identità sociale di un individuo,
ma quando cambiano tutti e tre gli elementi che la
compongono può venire compromessa
drasticamente. Chi cambia spesso mestiere, posto di
lavoro e tipo di contratto, difficilmente può contare
su un’identità sociale solida e positiva, e su ciò che
questa favorisce (in primo luogo in termini di
inserimento socio-economico).
Il lavoro non scompare
Il lavoro non sta scomparendo.
Il lavoro cresce e cambia, occupa uno spazio
temporale minore nella vita degli individui
(si lavora per un numero inferiore di anni nel
corso della vita e per un numero inferiore di
ore nel corso dell'anno), ed è cercato e svolto
- in forme diverse - da un numero crescente
di persone, soprattutto donne.
Perché il lavoro cambia
 La terziarizzazione dell’economia e della
società
 La riduzione della dimensione delle
imprese
 L’innovazione tecnologica e le I.T.C.
(Information and Communication
Technologies)
 La globalizzazione dei mercati
La condizione di occupazione...
Coincide sempre meno con l’inserimento in
un’attività lavorativa "standard", cioè con una piena
e definitiva inclusione nel sistema produttivo
attraverso l’appartenenza stabile ad una specifica
organizzazione lavorativa (un’impresa,
un’amministrazione), ma si identifica sempre più
con un inserimento lavorativo che segue un
percorso più o meno graduale e accidentato di
stabilizzazione progressiva.
ESCLUSI ED INCLUSI
Gli esclusi:
non sono assimilabili agli
“assenti” (gli inattivi)
quanto ai “perdenti”: quelli
che riescono ad avere solo o
soprattutto occasioni di
lavoro poco qualificate,
poco retribuite, poco stabili
e poco tutelate, con
ricorrenti e prolungati
periodi di totale assenza di
lavoro e di reddito.
Gli inclusi:
non sono semplicemente i
“presenti” (quelli che
risultano occupati) quanto i
“vincenti”: coloro che
riescono ad ottenere le
condizioni di lavoro
soggettivamente migliori (un
impiego dipendente o
un’attività autonoma, un
orario a tempo pieno o uno a
tempo parziale, a seconda
delle aspirazioni o delle
necessità).
Perdenti e vincenti
La crescente divisione tra perdenti e vincenti è
legata alla regolazione più recente del mercato
del lavoro, che tende ad accentuare i
comportamenti competitivi e
a disabilitare quelli solidaristici.
Dove si compete è inevitabile che ci siano
quelli che vincono
e quelli che perdono.
Per poco o per sempre...
Esclusione e inclusione lavorativa possono
entrambe configurarsi come condizioni transitorie
o come veri e propri destini, che si determinano
nei percorsi verso il lavoro (cioè nel periodo della
formazione scolastica) e attraverso i lavori (cioè
nella composizione delle esperienze lavorative, più
o meno coerente e professionalizzante).
Il grado e la qualità dell'istruzione acquisita
rappresentano un elemento fondamentale nella
definizione dei destini personali,
e non solo lavorativi.
Il tempo
La durata delle condizioni di svantaggio
diventa un elemento fondamentale per
distinguere la condizione di esclusione
da quella di inclusione.
Occorre intervenire sul tempo...
Ridurre la durata della disoccupazione,
ridurre la durata dell’incertezza.
Non è il semplice fatto di cercare un lavoro che
costituisce un problema sociale, come non lo è il
fatto di avere un lavoro non stabile: il problema
nasce quando le persone devono cercare un
lavoro per due anni invece che per due mesi, o
quando sono costrette a svolgere lavori instabili
per molti anni invece che solo occasionalmente.
Anche per prolungarlo…
Aumentare la durata media
delle esperienze di lavoro:
 in
tre anni si acquisiscono competenze, si instaurano
relazioni sociali, si chiariscono attitudini e aspirazioni, si
imparano le regole del mercato, si rafforza la capacità di
inserimento.
INVECE
 in tre mesi non si riesce ad imparare gran che, né si ha il
tempo di costruire relazioni; non si possono consolidare in
modo significativo le proprie capacità, ed è molto più
difficile comporre un percorso coerente.
...e occorre intervenire sulle
situazioni ricorrenti
Un'altra dimensione determinante nella
creazione di esclusione o inclusione è
costituita dalla ricorrenza delle
situazioni di svantaggio o vantaggio.
Dalle difficoltà temporanee
ai problemi sociali
Affrontare un periodo di disoccupazione non rappresenta
una difficoltà estrema per nessuno, ma diventa un problema
sociale - e molto grave - quando periodi di disoccupazione
ricorrono ripetutamente nella vita dei medesimi individui.
Allo stesso modo, il fatto di avere qualche esperienza di
lavoro "atipico" non è di per sé un problema, ma lo diventa
quando questo tipo di occupazione costituisce l'unica
occasione ricorrente di lavoro per determinate categorie
sociali, cioè quando l’instabilità del lavoro si concentra su
alcuni rendendo precaria la loro esistenza.
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Lezione n.8