L’impegno dei cristiani di fronte alle sfide dell’immigrazione
Ragusa, 23-25 aprile 2005
Le condizioni per la costruzione
di una società multiculturale
Laura Zanfrini
Università Cattolica di Milano
(docente di Sociologia dei processi economici e di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica)
[email protected]
Il modello dell’insediamento
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È tipico dei “classici” paesi d’immigrazione, dove quest’ultima è
una componente costitutiva della storia e dell’identità nazionale
Le politiche migratorie sono finalizzate ad accrescere la
popolazione e a sostenere lo sviluppo economico (politiche per
l’immigrazione)
L’immigrazione è la fase iniziale di un processo di
“cittadinizzazione”, che di norma sfocia nella naturalizzazione
I criteri di selezione nel passato privilegiavano gli immigrati
“assimilabili”, oggi chi ha già parenti regolarmente residenti o
naturalizzati e i soggetti a elevato potenziale
L’obiettivo delle politiche migratorie e per gli immigrati è la
piena integrazione economica e sociale
L’enfasi è tradizionalmente posta sui controlli esterni (agenzie
migratorie, politiche dei visti, ecc.) superati i quali il migrante è
in linea di principio legittimato a competere ad armi pari sul
mercato del lavoro e nella società (-->la mobilità è incoraggiata)
Il modello del lavoro temporaneo
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È tipico dell’esperienza europea e più in particolare di quei paesi
che manifestano una tradizionale reticenza a riconoscersi nel ruolo
di paesi d’immigrazione
Le politiche migratorie sono finalizzate a soddisfare specifici
fabbisogni del mercato del lavoro, spesso di carattere temporaneo
L’immigrazione è pensata come presenza a tempo e scopo
determinati, l’insediamento permanente è scoraggiato e
l’acquisizione della cittadinanza ostacolata da una legislazione
improntata al diritto di sangue
I criteri di selezione privilegiano gli immigrati originari da paesi coi
quali esistono accordi bilaterali e/o in possesso di specifiche
qualifiche
L’obiettivo delle politiche migratorie e per gli immigrati è di
scongiurare la stabilizzazione promuovendo la rotazione delle
presenze, il rientro dei migranti, o la c.d. “integrazione provvisoria”
L’enfasi è tradizionalmente posta sui controlli interni con l’obiettivo
di garantire ai nazionali, “proprietari dello Stato”, un accesso
privilegiato alle risorse e alle opportunità sociali (--> mobilità in
linea di principio scoraggiata)
Il modello della residenza permanente
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È tipico dei paesi europei con un passato coloniale ed eventualmente
con l’esigenza di sostenere la crescita demografica
Le politiche migratorie sono principalmente destinate a governare
l’afflusso, non sempre “voluto”, di ex coloni
L’immigrazione è pensata come presenza tendenzialmente permanente
e l’acquisizione della cittadinanza è “automatica” o comunque regolata
dal diritto di suolo
I criteri di selezione recepiscono l’opportunità di concedere un
trattamento preferenziale ai migranti provenienti dalle ex colonie,
spesso formalizzando ex post flussi già esistenti
L’obiettivo delle politiche migratorie e per gli immigrati è quello di
favorire l’integrazione dei migranti e dei loro discendenti, secondo
strategie che riflettono le peculiarità dei diversi approcci nazionali
(assimilazionismo, principio dell’equità razziale, istituzionalizzazione
delle minoranze)
È un modello più flessibile del precedente, dal punto di vista sia dei
controlli sul lavoro straniero, sia della possibilità di regolarizzare il
proprio status
Il modello dell’Europa mediterranea
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È tipico dei paesi europei che hanno conosciuto la loro transizione in aree di
destinazione dopo l’avvento generalizzato delle politiche di chiusura
Il deficit di regolazione istituzionale ha fortemente segnato le prime fasi del
ciclo migratorio, accompagnandosi a una buona capacità di mobilitazione
della società civile (sovraccarico funzionale del volontariato)
L’obiettivo delle politiche migratorie e per gli immigrati è quello di
assecondare i fabbisogni del mercato del lavoro, recependo al contempo
istanze di politica estera (accordi bilaterali), di favorire la loro integrazione
sociale negando al contempo i diritti politici
La diffusione e il radicamento culturale del lavoro “nero”, unitamente alla
disfunzionalità delle politiche migratorie, determinano un ripetuto e anomalo
ricorso alle regolarizzazioni di massa
Lo scarso universalismo del mercato del lavoro si declina attraverso marcati
processi di etnicizzazione del m.d.l. e dequalificazione professionale degli
immigrati istruiti
L’insufficiente istituzionalizzazione del mercato dei servizi alla persona è un
corollario di questa variante familistica dei regimi di welfare
È un modello caratterizzato dalla distanza tra le previsioni di legge e la loro
concreta applicazione
Le peculiarità
dell’esperienza italiana
I punti di forza

Forte capacità d’attrazione da parte del tessuto industriale

Adozione di una legislazione “innovativa” nel panorama europeo

Ruolo strategico della cooperazione bilaterale coi paesi d’origine

Lancio di un nuovo programma per la gestione dei flussi che sposta
l’enfasi dalla dimensione quantitativa a quella qualitativa degli
ingressi

Capacità di mobilitazione da parte dell’associazionismo e del terzo
settore a sostegno del processo d’integrazione
Le peculiarità
dell’esperienza italiana
I punti di debolezza

Etnicizzazione del m.d.l. e dequalificazione (fenomeni di
brain wasting)

Diffusione e radicamento culturale del lavoro “nero”

Ricorso reiterato ai provvedimenti di regolarizzazione di
massa

Insufficiente istituzionalizzazione del mercato dei servizi
alla persona

Scarso universalismo del m.d.l. ( seconde generazioni)
Le “ipocrisie” delle politiche migratorie

Politiche di blocco
Persistente fabbisogno di lavoro immigrato, forte capacità d’attrazione
dell’economia sommersa, totale insufficienza dell’attività ispettiva,
impatto economico delle rimesse

Politiche per l’immigrazione qualificata
Concentrazione degli immigrati nel settore secondario del m.d.l.,
natura auto-propulsiva delle migrazioni, fenomeni di brain-drain,
retorica “illuministica”

Politiche per l’immigrazione temporanea
Fragilizzazione dello status giuridico dei migranti, tensione con le
istanze di fidelizzazione espresse dalle imprese, misconoscimento del
ruolo dell’immigrazione come produttrice di welfare, esasperazione
della concezione funzionalistica dell’immigrazione e dei rischi di
concorrenzialità con le fasce più deboli
Le “ipocrisie” delle politiche migratorie

Regolamentazione dell’immigrazione familiare e umanitaria
Tensione con lo sviluppo del diritto internazionale, dubbi di legittimità
delle pratiche di esternalizzazione dei confini, misconoscimento del
ruolo di questi canali per l’approvvigionamento di manodopera

Adozione di un approccio olistico
Tensione con la concezione funzionalistica dell’immigrazione
(complementarietà), sottovalutazione del necessario legame tra
politiche per l’integrazione degli immigrati e politiche per la
costruzione di una società “integrata”
La discriminazione

È una evidente smentita di una delle fondamentali “profezie”
che hanno accompagnato la modernizzazione: la caduta di
rilevanza dello status ascritto nella divisione del lavoro sociale e
nella distribuzione delle risorse e delle opportunità

Ancorché non sempre intenzionale consente ai gruppi sociali
dominanti di monopolizzare le opportunità più vantaggiose

Accompagna inevitabilmente il processo di stabilizzazione delle
popolazioni immigrate, per effetto del verificarsi del “paradosso
dell’integrazione”

È una prassi iniqua, che penalizza taluni gruppi sociali, ma che
diventa anche causa di “frattura” della coesione sociale
La problematicità del discorso
sulla discriminazione


Tensione tra l’enfasi sulle pari opportunità e una politica
migratoria obbediente all’idea di complementarietà tra
stranieri e autoctoni
Tensione tra la diffusione dello status di denizenship e la
temporaneità degli ingressi autorizzati

Tensione tra l’esigenza di integrazione e la subalternità dei
ruoli riservati agli immigrati

Tensione tra i principi antidiscriminatori e un governo
dell’immigrazione obbediente ai fabbisogni del sistema
produttivo e alle istanze sicuritarie
L’integrazione sociale
È la coesione armonica e la convivenza pacifica di tutti gli attori che
compongono una determinata società
erroneamente
essa è spesso definita come il processo
dell’“integrarsi” da parte di categorie sociali problematiche e
minoritarie, o come il sentirsi più o meno integrati; essa in realtà
riguarda la
capacità della società di adempiere la funzione
integrativa nei riguardi dei propri attori

Agli albori della sociologia l’enfasi era posta sul problema
dell’ORDINE SOCIALE, venutosi a creare all’inizio del
diciannovesimo secolo sotto i colpi dell’industrialismo e della
democrazia rivoluzionaria
L’integrazione sociale
Nell’epoca della società “globale” o della globalizzazione l’enfasi si
sposta sul problema dell’integrazione degli immigrati e degli
appartenenti alle minoranze etniche poiché:
è
in atto una trasformazione in senso multiculturale della società;
l’inclusione dei new comers è più difficile in ragione del declino
delle agenzie integrative centrali nell’epoca fordista (grande fabbrica,
sindacato, partiti politici di massa, chiese, ecc.);
vi è la convinzione diffusa che gli immigrati contribuiscano in
misura significativa alla “rottura” della coesione sociale;
la loro esperienza è “specchio” delle problematiche dell’integrazione
sociale tout-court (la società dell’incertezza)
Rispetto alla versione classica del paradigma
dell’assimilazione si registra un passaggio:

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

Dall’enfasi sulla dimensione culturale all’enfasi sulla dimensione
socio-economica
Dalla
inevitabilità
e
desiderabilità
dell’assimilazione
all’agnosticismo circa i suoi esiti e all’ambivalenza circa la sua
desiderabilità
Dall’unidirezionalità del processo alla natura interattiva del
processo di integrazione
Da una concezione primordialistica a una concezione situazionale
dell’etnicità
Da un’idea di progressione regolare attraverso le generazioni a
quella di una molteplicità di percorsi adattivi offerti alle seconde
generazioni
Dall’assimilazione entro la core culture all’assimilazione
segmentata
Quattro aree critiche
in materia d’integrazione
1.
2.
3.
4.
Le trasformazioni del mercato del lavoro dentro
lo scenario post-fordista
L’emergenza di una questione “urbana” e la
rilevanza della dimensione locale (--> modelli
territoriali di integrazione)
La crisi del Welfare State e la sua ridefinizione
La globalizzazione e la sfida allo Stato nazionale
Le trasformazioni del mercato del lavoro
dentro lo scenario post-fordista
I fenomeni registrati dalla ricerca empirica:
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

l’etnicizzazione dei rapporti di impiego come componente della
segmentazione del mercato del lavoro
l’esposizione dei migranti e dei loro discendenti alla disoccupazione e
alla sottoccupazione
la segregazione di genere
i processi di costruzione sociale dell’irregolarità
la crescita di un “welfare parallelo” alimentato dal lavoro immigrato
specie dentro la variante familista dei regimi di welfare
la dequalificazione della manodopera straniera istruita
Le trasformazioni del mercato del lavoro
dentro lo scenario post-fordista
Le forme di inclusione lavorativa:
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

Esemplificano un modello di regolazione scarsamente universalistico
ma in cui contano ancora le differenze ascritte
Manifestano le aporie delle politiche migratorie rispetto alla realtà
sociologica delle migrazioni
Tradiscono l’aspettativa diffusa di una integrazione subalterna, che
garantisca agli autoctoni un canale preferenziale nell’accesso alle
opportunità e alle ricompense sociali (aspettativa avvalorata da una
politica migratoria informata al principio di complementarietà tra il
lavoro autoctono e quello immigrato)
Confermano l’esistenza di un processo di riproduzione
intergenerazionale degli svantaggi sociali
L’emergenza di una questione “urbana”
e la rilevanza della dimensione locale
I fenomeni registrati dalla ricerca empirica:
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la rivalutazione dello spazio – e del territorio – come categoria
interpretativa dei fenomeni sociali: la pluralità dei modelli locali di
integrazione
il conflitto etnico come conflitto urbano, che ha per oggetto la
distribuzione dei costi reali o presunti dell’immigrazione e l’uso degli
spazi pubblici
la difficile costruzione del consenso verso le politiche per l’integrazione
i processi di costruzione sociale della devianza e i fenomeni di
vittimizzazione
l’involuzione dell’atteggiamento degli europei verso gli immigrati e i
richiedenti asilo
L’emergenza di una questione “urbana”
e la rilevanza della dimensione locale
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

Le modalità di integrazione degli immigrati sono rivelatrici delle
caratteristiche delle società locali e delle trasformazioni demografiche,
economiche, sociali, politiche e culturali in cui esse sono coinvolte
Ma anche della capacità progettuale di cui esse sono dotate in ordine al
problema della mediazione degli interessi e alla ridefinizione delle basi
della coesione sociale
Lo straniero assume il ruolo di “capro espiatorio” a fronte del senso di
insicurezza diffuso svelando i deficit di integrazione sociale
La costruzione sociale degli stranieri come “nemici” palesa il rischio che i
progetti di integrazione degli esclusi cedano il passo a istanze di
protezione della società dagli esclusi
Il ridisegno dello Stato sociale
I fenomeni registrati dalla ricerca empirica:
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
messa in discussione dei tradizionali modelli nazionali di integrazione
progressiva convergenza delle politiche adottate dai diversi paesi
europei, centralità della questione delle seconde generazioni
discrezionalità amministrativa, disfunzioni burocratiche, differenziazione
territoriale nel trattamento degli immigrati
rilevanza – a volte sovraccarico funzionale - del volontariato
grande apertura sul fronte dei diritti sociali, grazie anche all’azione di
lobby svolta dalle organizzazioni “pro-immigrati”
introduzione dello status di “denizen”
costante preoccupazione delle amministrazioni locali di assecondare le
richieste di trattamento differenziale, invisibilità degli interventi
Il ridisegno dello Stato sociale
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Gli immigrati fungono da “cartina di tornasole” rispetto alle
inadeguatezze e alle disfunzioni degli interventi di welfare
L’immigrazione svela i caratteri più profondi di un sistema politico e di
welfare, la concezione di democrazia che ne è alla base e di chi ha
diritto a farne parte
Il trattamento riservato agli immigrati (e agli altri soggetti a rischio di
esclusione) denota un cambiamento del quadro ideologico e concettuale
delle politiche e delle rappresentazioni collettive che penalizza i gruppi
“impopolari”
La trasformazione in senso multietnico della società obbliga a
interrogarsi sui criteri di definizione dei diritti di cittadinanza
La globalizzazione
e la sfida allo Stato-nazione
I fenomeni registrati dalla ricerca empirica:
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crescente presenza di “non nazionali” e diffusione del riferimento a
identità “extra-territoriali”
progressivo rafforzamento del pacchetto di diritti riservati agli immigrati
a titolo permanente (ma anche ricorso sempre più diffuso ai programmi
per l’immigrazione temporanea)
introduzione di status giuridici intermedi tra quello di straniero e quello
di cittadino
esclusione degli stranieri dai diritti politici
questione della doppia cittadinanza e della “doppia lealtà”
introduzione della cittadinanza europea, peraltro derivata dalla
cittadinanza nazionale
La globalizzazione
e la sfida allo Stato-nazione




La circolazione internazionale delle persone obbliga a mettere in
discussione il legame tra cittadinanza (nazionalità) e titolarità dei diritti
(denizenship, territorializzazione della cittadinanza, membership postnazionale, ecc.)
I diritti di cittadinanza hanno una valenza integrativa e simbolica e
possono essere usati sia per “produrre” integrazione sia per
istituzionalizzare l’esclusione
Sono messi in discussione i tradizionali modelli di regolazione della
convivenza interetnica, e ci si interroga sulle soluzioni possibili
L’evoluzione in corso porta a emergere la problematica dei “diritti etnici”
e della loro conciliabilità coi diritti individuali
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