Un nuovo sistema di coordinate
Alcune “rivoluzioni” tra Otto e Novecento:
 Ambito politico-sociale
1896-1908: Seconda rivoluzione industriale
1914-18: Grande guerra
1917: Rivoluzione d’Ottobre
 Scienza e filosofia:
1899: Freud pubblica L’interpretazione dei sogni
1905: Einstein formula la teoria della relatività ristretta (a
cui seguirà, nel 1916, la teoria della relatività generale)
1903-1911: Planck sviluppa la teoria dei quanti
1900-01: Husserl pubblica le Ricerche logiche (e nel 1913
le Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia
fenomenologica)
Un nuovo sistema di coordinate
 Campo della tecnica e delle invenzioni tecnologiche:
Tra fine 800 e primi anni del 900, Marconi inventa la
radio, e in generale si sviluppano le telecomunicazioni
(telegrafo, telefono ecc.)
Negli stessi anni, i fratelli Lumière inventano il cinema;
Grande sviluppo dei trasporti: auto, aereo, grandi
transatlantici ecc.
Un nuovo sistema di coordinate
Stephen Kern, Il tempo e lo spazio: La percezione del mondo
tra Otto e Novecento (The Culture of Time and Space 18801918, 1983):
“Nel periodo che va dal 1880 allo scoppio della prima guerra
mondiale una serie di radicali cambiamenti nella tecnologia e
nella cultura creò nuovi, caratteristici modi di pensare e di
esperire lo spazio e il tempo. Innovazioni tecnologiche che
comprendono il telefono, la radiotelegrafia, i raggi X, il cinema,
la bicicletta, l’automobile e l’aeroplano posero il fondamento
materiale per questo nuovo orientamento; sviluppi culturali
indipendenti quali il romanzo del ‘flusso di coscienza’, la
psicoanalisi, il cubismo e la teoria della relatività plasmarono
direttamente la coscienza: il risultato fu una trasformazione
delle dimensioni della vita e del pensiero” (p. 7).
Un nuovo sistema di coordinate
Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento (1971):
“Le prime origini della pittura cubista cadono suppergiù negli
stessi anni, i primi di questo secolo, in cui Planck formula la teoria
dei quanta, Einstein trasformando l’equazione di MichelsonMorley scrive le equazioni della relatività e Freud porta la
psicologia del profondo a quella tappa decisiva che è
rappresentata dal libro sull’interpretazione dei sogni. Sono
altrettanti avvenimenti che sfaccettano e significano, nei loro
campi diversi e rispettivi, quello che [si può chiamare] un nuovo
sistema di coordinate dell’uomo nel mondo, una nuova percezione
che l’uomo ha della struttura e quindi un nuovo sentimento e
giudizio del mondo, e del proprio essere ed esserci nel mondo. E
senza dubbio, nella misura in cui si è davvero stabilito un nuovo
sistema di coordinate, se ne debbono riscontrare gli effetti anche
in letteratura, e tanto più nel romanzo” (pp. 3-4).
Un nuovo sistema di coordinate
Mario Lavagetto, Svevo e la crisi del romanzo europeo (2000):
“Il secolo [...] nasce in modo fortemente traumatico, grazie a
una cesura radicale dopo la quale “niente sarà più come prima”
e i confini del possibile e dell’impossibile risulteranno
drasticamente modificati. È come se lungo un arco molto ampio
– che va dalla musica alla filosofia, dalla fisica al romanzo –
fossero stati predisposti dei detonatori che, in rapida sequenza,
innescheranno formidabili esplosioni destinate a rivoluzionare i
presupposti, i riferimenti e le condizioni stesse di lavoro; a
trasformare il modo in cui i singoli pensano se stessi e il mondo
che li circonda” (251).
Un nuovo sistema di coordinate
Erich Auerbach, Mimesis (1946):
“I cambiamenti veloci produssero una confusione tanto
maggiore, in quanto non era possibile abbracciarli nel loro
insieme; essi si manifestarono contemporaneamente in molte
singole sfere della scienza, della tecnica e dell’economia,
cosicché nessuno, neanche coloro che ne erano a capo,
poterono prevedere e giudicare le situazioni nuove che ne
risultarono. […] dappertutto nel mondo sorsero crisi di
adattamento, si accumularono e si fecero minacciose,
condussero a quegli sconvolgimenti che non abbiamo ancora
superato” (II,334).
Un nuovo sistema di coordinate
Robert Musil, L’uomo senza qualità (1930-33):
“Dalla mentalità, liscia come un olio, degli ultimi due decenni del
diciannovesimo secolo era insorta improvvisamente in tutta l’Europa
una febbre vivificante. Nessuno sapeva bene cosa stesse nascendo;
nessuno avrebbe potuto dire se sarebbe sorta una nuova arte, un uomo
nuovo, una nuova morale o magari un nuovo ordinamento della società.
Perciò ognuno ne diceva quel che voleva. Ma dappertutto si levavano
uomini a combattere contro il passato. […] Erano diversissimi fra loro,
e il contrasto fra i loro scopi non avrebbe potuto essere maggiore. Si
amava il superuomo, e si amava il sottouomo; si adorava il sole e la
salute, e si adorava la fragilità delle fanciulle malate di consunzione; si
professava il culto dell’eroe e il culto socialista dell’umanità; si era
credenti e scettici, naturisti e raffinati, robusti e morbosi […] Chi avesse
voluto scomporre e anlizzare quel periodo avrebbe trovato un nonsenso,
qualcosa come un circolo quadrato fatto di ferro ligneo, ma in realtà
tutto si era amalgamato e aveva un senso baluginante” (61-62).
Un nuovo sistema di coordinate
Franz Marc, Vassily Kandinsky, Il cavaliere azzurro (Der Blaue
Reiter, 1912):
“Si apre, anzi si è già aperta, una grande stagione: il risveglio
spritituale […] Siamo sulla soglia di una delle più grandi epoche
che l’umanità abbia mai vissuto, l’epoca della grande spiritualità.
[…] Rispecchiare gli avvenimenti artistici direttamente connessi a
questa svolta e i fatti necessari a illuminarli anche in altri campi
della vita spirituale, è il nostro primo e massimo obiettivo” (249).
“Noi ci avventuriamo in nuove terre e viviamo una grande,
sconvolgente esperienza: scopriamo che tutto è ancora intatto,
inespresso, vergine, inesplorato. Il mondo si apre dinanzi a noi in
tutta la sua purezza: i nostri passi tremano. Se vogliamo osare e
camminare, dobbiamo tagliare il cordone ombelicale che ci unisce
al passato materno.
Il mondo partorisce un’età nuova” (259).
Un nuovo sistema di coordinate
Virginia Woolf, Mr Bennett and Mrs Brown (1924): individua
una “frattura generazionale” tra i romanzieri della sua
generazione (georgiani) e quelli della generazione precedente
(edoardiani): “Nel o intorno al dicembre 1910 il carattere
umano [human character] è cambiato […] Tutte le relazioni
umane sono mutate – quelle tra padroni e servi, mariti e mogli,
genitori e figli. E quando le relazioni umane cambiano, c’è un
contemporaneo cambiamento nella religione, nel
comportamento, nella politica, e nella letteratura. […] E così si
è iniziato a fracassare e a distruggere. È ciò che sentiamo tutto
intorno a noi, nelle poesie e nei romanzi e nelle biografie,
perfino negli articoli di giornale e nei saggi, il rumore di cose
rotte e cadenti, sfondate e distrutte. […] I segni di tutto questo
sono evidenti ovunque. La grammatica è violata; la sintassi
disintegrata […]”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
I presupposti del realismo e del naturalismo ottocentesco
vengono contestati:
1) Non esiste una realtà “oggettiva” (soggettivismo e
relativismo)
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni
“insignificanti”
Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento:
“L’oggetto [...], per il romanzo tradizionale, prenovecentesco,
non può, non deve mai essere insignificante; se lo assume e lo
rappresenta è proprio perché è in qualche modo significativo o
utilmente significativo: porta il suo contributo”
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni
“insignificanti”
Umberto Eco, Le poetiche di Joyce: “Il principio dell’essenziale
[...] fa sì che nel romanzo tradizionale non si dica affatto che il
protagonista si è soffiato il naso, a meno che questo atto “conti”
qualcosa al fine dell’azione. Se non conta è un atto
insignificante, romanzescamente “stupido”. Ora, con Joyce [sta
parlando di Ulisse] abbiamo l’assunzione di pieno diritto di tutti
gli atti stupidi della vita quotidiana quale materia narrativa. [...]
ciò che prima era inessenziale diventa centro dell’azione, nel
romanzo non accadono più grandi cose importanti, ma
accadono tutte le piccole cose, senza mutuo legame, nel flusso
incoerente del loro sopravvenire, i pensieri come i gesti, le
associazioni di idee come tutti gli automatismi del
comportamento” (71-72)
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni
“insignificanti”
Erich Auerbach, Mimesis: “Ai tempi nostri si è avuto uno
spostamento di accento; molti scrittori rappresentano i piccoli
fatti insignificanti per amore dei fatti stessi, o piuttosto quale
fonte di motivi, di penetrazione prospettica in un ambiente, in
una coscienza o nello sfondo del tempo; essi hanno rinunciato a
rappresentare la storia dei loro personaggi con la pretesa di una
compiutezza esteriore, conservando la successione cronologica
e concentrando tutta l’attenzione sulle importanti svolte
esteriori del destino. Il romanzo gigantesco di James Joyce,
un’opera enciclopedica, specchio di Dublino, dell’Irlanda,
specchio anche dell’Europa e dei suoi millenni, ha per cornice
la giornata esteriormente insignificante d’un professore di
ginnasio e d’un agente di avvisi pubblicitari”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni
“insignificanti”:
“Esso comprende meno di 24 ore della loro vita, simile al
romanzo To the Lighthouse di Virginia Woolf, che rappresenta
parti di due giorni molto distanti nel tempo [...]. Proust
rappresenta giornate e ore singole di epoche diverse, però alle
svolte esteriori del destino, che frattanto hanno colpito i
personaggi del romanzo, si accenna soltanto occasionalmente o
retrospettivamente o con anticipazioni, senza che in esse sia
posta la mira del racconto; spesso devono essere completate dal
lettore; il modo in cui nel testo citato si parla della morte del
padre, cioè occasionalmente, per accenni o anticipazioni, ne è
un buon esempio”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni
“insignificanti”:
“Questo spostamento del centro di gravità esprime quasi uno
spostamento di fiducia; si attribuisce meno importanza alle
grandi svolte esteriori e ai colpi del destino, come se da essi
non possa scaturire nulla di decisivo per l’oggetto; si ha fiducia
invece che un qualunque fatto della vita scelto casualmente
contenga in ogni momento e possa rappresentare la somma dei
destini; si ha fiducia maggiore nelle sintesi, ottenute con
l’esaurire un fatto quotidiano, piuttosto che nella trattazione
completa in ordine cronologico” (II,331-32).
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore
(1925). Una prima versione esce nel 1916, con il titolo Si gira.
“Studio la gente nelle sue più ordinarie occupazioni, se mi
riesca di scoprire negli altri quello che manca a me per ogni
cosa ch'io faccia: la certezza che capiscano ciò che fanno.
In prima, sì, mi sembra che molti l'abbiano, dal modo come tra
loro si guardano e si salutano, correndo di qua, di là, dietro alle
loro faccende o ai loro capricci. Ma poi, se mi fermo a guardarli
un po' addentro negli occhi con questi miei occhi intenti e
silenziosi, ecco che subito s'aombrano. Taluni anzi si
smarriscono in una perplessità cosí inquieta, che se per poco io
seguitassi a scrutarli, m'ingiurierebbero o m'aggredirebbero”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore:
“No, via, tranquilli. Mi basta questo: sapere, signori, che non
è chiaro né certo neanche a voi neppur quel poco che vi viene a
mano a mano determinato dalle consuetissime condizioni in cui
vivete. C'è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete
vederlo. Ma appena appena quest'oltre baleni negli occhi d'un
ozioso, come me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi
turbate o irritate”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore:
“Resta ella stessa sbalordita e quasi atterrita delle apparizioni
della propria immagine su lo schermo, cosí alterata e
scomposta. Vede lí una, che è lei, ma che ella non conosce.
Vorrebbe non riconoscersi in quella; ma almeno conoscerla”.
“Nemici per lei diventano tutti gli uomini, a cui ella s'accosta,
perché la ajutino ad arrestare ciò che di lei le sfugge: lei stessa,
sí, ma quale vive e soffre, per cosí dire, di là da se stessa”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore:
“Ebbene, nessuno si è mai curato di questo, che a lei piú di
tutto preme; tutti, invece, rimangono abbagliati dal suo corpo
elegantissimo, e non vogliono aver altro, né saper altro di lei. E
allora ella li punisce con fredda rabbia, là dove s'appuntano le
loro brame; ed esaspera prima queste brame con la piú perfida
arte, perché piú grande sia poi la sua vendetta. Si vendica,
facendo getto, improvvisamente e freddamente, del suo corpo a
chi meno essi si aspetterebbero: cosí, là, per mostrar loro in
quanto dispregio tenga ciò che essi sopra tutto pregiano di lei”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore:
“ […]io udivo qua nella gabbia il sordo ruglio della belva e
l'affanno orrendo dell'uomo che s'era abbandonato alle zanne,
agli artigli di quella, che gli squarciavano la gola e il petto;
udivo, udivo, seguitavo a udire su quel ruglio, su quell'affanno
là, il ticchettío continuo della macchinetta, di cui la mia mano,
sola, da sé, ancora, seguitava a girare la manovella; e
m'aspettavo che la belva ora si sarebbe lanciata addosso a me,
atterrato quello;
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore:
“e gli attimi di quell'attesa mi parevano eterni e mi pareva che
per l'eternità io li scandissi girando, girando ancora la
manovella, senza poterne fare a meno, quando un braccio alla
fne s'introdusse tra le sbarre armato di rivoltella e tirò un colpo
a bruciapelo in un'orecchia della tigre sul Nuti già sbranato; e io
fui tratto indietro strappato dalla gabbia con la manovella della
macchinetta cosí serrata nel pugno, che non fu possibile in
prima strapparmela. Non gemevo, non gridavo: la voce, dal
terrore, mi s'era spenta in gola, per sempre”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Debenedetti, Il romanzo del Novecento: “I Quaderni sono
proprio il romanzo in cui la liquidazione del naturalismo viene
effettuata nel modo più fermo. Si direbbe che la vicenda stessa,
che l’affabulazione di quel romanzo, per una specie di
condensazione inconscia di motivi che l’autore viveva, ma
forse non si proponeva di esprimere in quella forma, delineino
simbolicamente il destino di morte del naturalismo. Si ricorderà
infatti che Serafino, il protagonista, si ribella di continuo alla
sua sorte di operatore, di uomo che gira la manovella della
macchina da ripresa, cioè di strumento passivo che fotografa la
vita e i suoi drammi come altrettanti “dal vero”: quel “dal
vero”, appunto, che fu la prima ambizione del verismo, e gli
diede addirittura il nome italiano”.
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
“E l’epilogo del romanzo è che Serafino, dopo avere
eroicamente fotografato un catastrofico dal vero, è colpito da un
trauma che gli toglie l’uso della parola. Nella sua carica di
simbolo e di allusione, la vicenda dei Quaderni arriva dunque a
dirci che il naturalismo diventa muto, inservibile” (451-52)
Contro il Naturalismo, per una poetica nuova
3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”:
Debenedetti, Il romanzo del Novecento
“Il compito è di vedere “che cosa si nasconde dietro le cose”.
Una seconda realtà, per dirla in breve, più profonda e stabile e
vera di quella vistosamente e sensibilmente presentata dalla
loro apparenza” (295).
Nuove strutture del romanzo
1) Tende a sparire la figura autorevole del narratore
“onnisciente”
2) L’intreccio tradizionale viene destrutturato
3) L’orologio del romanzo “si rompe” e subentra una
temporalità soggettiva e relativa, una durata interiore
4) L’identità del personaggio entra in crisi
5) Si sperimentano nuove tecniche di rappresentazione della
vita interiore (monologo interiore, stream of consciousness)
Virginia Woolf
(1882-1941)
Virginia Woolf
 Nasce a Londra il 25 gennaio 1882:
 Padre: Leslie Stephen, critico e storiografo, uno dei
maggiori intellettuali dell’epoca;
 Madre: Julia Duckworth (nata Jackson); quando sposa
Stephen nel 1878 è alla sua seconda esperienza di
matrimonio: vedova con tre figli; dal secondo matrimonio
avrà altri quattro figli – Virginia sarà la terza.
 L’infanzia è scandita da esperienze traumatiche e da una
catena di lutti che la segneranno profondamente:
 1895: Muore la madre, e in questa occasione ha la sua
prima crisi nervosa;
 La sorellastra Stella prende il posto della madre, ma lei
stessa muore due anni dopo;
 1904: Muore il padre, dopo una lunga malattia.
Virginia Woolf
Dopo la morte del padre, l’avventura intellettuale di V. Woolf
entra nel vivo:
 Già negli anni precedenti, grazie al fratello Thoby, era entrata
in contatto con alcuni intellettuali di spicco della cultura inglese;
 1904: Si trasferisce con i due fratelli – Thoby e Adrian – e con
la sorella Vanessa nel quartiere di Bloomsbury, e dà vita a una
sorta di cenacolo di artisti e di intellettuali – conosciuto come
“gruppo di Bloomsbury”;
 1905: Nuovo lutto familiare: muore anche il fratello Thoby, di
tifo;
 1912: Sposa uno dei membri del gruppo, Leonard Woolf, noto
intellettuale, scienziato politico; con lui darà vita (1917) a una
casa editrice – la “Hogarth Press” – che pubblicherà, oltre agli
stessi libri della Woolf, varie opere dei maggiori scrittori
modernisti (T.S. Eliot, Forster, Mansfield ecc.)
Virginia Woolf
In questo periodo incomincia a dedicarsi alla narrativa:
 1913: Esce il suo primo romanzo, The Voyage Out;
 1920: Secondo romanzo, Night and Day;
 1921: Raccolta di racconti, Monday or Tuesday;
 1922: Altro romanzo, Jacob’s Room, che era stato iniziato
nel 1920;
 1923: Inizia a lavorare a uno dei suoi capolavori, Mrs
Dalloway, che uscirà nel 1925.
Virginia Woolf
La produzione narrativa è accompagnata anche da una
consistente produzione critica:
 1913: Inizia a tenere un diario in cui annota riflessioni sulla
scrittura (pubblicato parzialmente nel 1953, con il titolo A
Writer’s Diary, Diario di una scrittrice);
 1917: Inizia a collaborare con il “Times Literary
Supplement”, per il quale scrive articoli e recensioni;
 1923: Pubblica Mr Bennett and Mrs Brown;
 1925: Esce una raccolta di saggi, The Common Reader.
Mrs Dalloway: Ideazione
La genesi di Mrs Dalloway avviene in un contesto biografico e
culturale molto complesso:
• La Woolf è impegnata su vari fronti: collaborazione con il
Times Lit. Sup., stesura di nuovi saggi, idea di raccoglierli in
un volume;
• Si impegna in varie letture, sia di classici sia di nuovi libri (in
particolare Proust e l’Ulisse di Joyce, uscito nel 1922);
• Ci sono anche alcuni eventi luttuosi che probabilmente
lasciano tracce sul romanzo: in particolare, la morte di Kitty
Maxse, un’amica della madre (8 ott. 1922), e la morte di
Katherine Mansfield (16 gen. 1923).
Mrs Dalloway: Ideazione
[Le citazioni seguenti sono tratte dal Diario di una scrittrice]
Il primo nucleo del progetto è un racconto, intitolato Mrs
Dalloway in Bond Street, scritto nel 1922. Un’idea che poi si
sviluppa in un progetto più ampio:
14 ott. 1922: «La signora Dalloway si è ramificata in un libro;
abbozzo qui uno studio della pazzia e del suicidio; il mondo
visto dal sano e dal pazzo, fianco a fianco… o qualche cosa di
simile» (89).
29 ott. 1922: «Voglio elaborare La signora Dalloway. Voglio
preordinare questo libro meglio degli altri e trarne il massimo»
(91).
Mrs Dalloway: Stesura
Diario, 19 giugno 1923:
«Ma io, che cosa sento nei riguardi del mio lavoro, di questo
libro, cioè Le ore, ammesso che si chiami così? Il lavoro deve
nascere da un sentimento profondo, diceva Dostoevskij. […]
In questo libro ho anche troppe idee. Voglio dare la vita e la
morte, la saggezza e la follia; criticare il sistema sociale e
mostrarlo all’opera, nel momento di massima intensità. […] È
un’emozione profonda a dettarmi Le ore? Naturalmente la
parte della pazzia mi snerva tanto, mi fa schizzare a tal punto
il cervello qua e là che non oso affrontare il pensiero di
impiegarci un’altra settimana. […] Nondimeno io credo che
sia importantissimo, in questo libro, puntare sulle cose
centrali, se anche non si piegano (come tuttavia dovrebbero)
agli abbellimenti del linguaggio» (95-96).
Mrs Dalloway: Stesura
Un aspetto che caratterizza la stesura è la difficoltà, quasi il
senso di pericolo che la Woolf avverte scrivendo:
Diario, 19 giugno 1923:
«Prevedo, per tornare alle Ore, che questa sarà una lotta
infernale. Il disegno è così strano e possente. Devo
continuamente forzare la materia per adattarvela. Il disegno è
senza dubbio originale e m’interessa moltissimo. Vorrei
scrivere e scrivere, a gran velocità, con accanimento. Inutile
dire che non posso riuscirci. Fra tre settimane sarò del tutto
inaridita» (96).
Diario, 29 agosto 1923:
«Interminabile lotta con Le ore, che si dimostra uno dei miei
libri più stuzzicanti e insieme più riottosi. Ha parti bellissime e
parti bruttissime; m’interessa molto; non so smettere di
costruirlo, eppure… eppure. Che ha questo libro?» (98).
Mrs Dalloway: Stesura
Nonostante tutto, continua a scrivere:
Diario, 15 ottobre 1923:
«Confesso di riporre discrete speranze in questo libro.
Adesso continuerò a scriverlo finché, in tutta onestà, non sarò
più in grado di vergare un’altra riga. Il giornalismo, e ogni
altra cosa, devono lasciargli il passo» (100).
Diario, 26 maggio 1924:
«La mia mente è piena delle Ore. Adesso dico che ci
lavorerò per quattro mesi, giugno, luglio, agosto, settembre e
poi sarà finito, e lo metterò via per tre mesi, durante i quali
terminerò i miei saggi […]» (101).
Mrs Dalloway: Stesura
Diario, 7 settembre 1924:
Parla dell’«ultimo tratto della Signora Dalloway. Ci sono
arrivata: alla festa, finalmente, che dovrà avere inizio in cucina
e lentamente risalire in tutta la casa. Dovrà essere un pezzo
estremamente complicato, brillante e solido» (106)
Diario, 17 ottobre 1924:
Annota «un fatto strabiliante, le ultima parole dell’ultima
pagina della Signora Dalloway […] Comunque le avevo
scritte otto giorni fa. “Ella era là”, e mi sentii felice di
essermene liberata, perché era stata una grande tensione nelle
ultime settimane, e tuttavia più fresca mentalmente […] Senza
dubbio mi sento liberata con maggiore pienezza del solito dal
libro che volevo scrivere; se tutto questo resisterà a rileggerlo
è da vedere» (108).
Mrs Dalloway: Revisione e pubblicazione
Diario, 13 dicembre 1924:
«Percorro al galoppo le pagine della Signora Dalloway,
ricopiando a macchina il libro dal principio […] Davvero, in
tutta onestà, lo ritengo il più compiuto dei miei romanzi […] I
recensori diranno che è slegato perché le scene della pazzia
non sono collegate alle scene in casa Dalloway. E suppongo vi
sia qualche tratto di scrittura superficiale e vistosa. Ma è
“irreale”? È soltanto bravura? Non credo. E, come mi sembra
di aver già detto, mi lascia immersa negli strati più ricchi della
mia mente. Ora posso scrivere, scrivere e scrivere: la
sensazione più felice del mondo» (110).
Mrs Dalloway: Revisione e pubblicazione
Il libro viene pubblicato nel
maggio 1925 dall’editore
Harcourt Brace, in un periodo
in cui la Woolf comincia già a
progettare un nuovo romanzo,
che sarà To the Lighthouse
(1927).
Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process”
Diario, 19 giugno 1923:
«Il problema […] è nei personaggi. La gente (Arnold
Bennett, per esempio) dice che io non so creare, o almeno
non ho creato, nella Camera di Jacob, personaggi che
sopravvivano. La mia risposta… ma lasciamola al Nation: è
solo il vecchio assunto che il personaggio si disperde in
frammenti, al giorno d’oggi; il vecchio assunto postdostoevskiano. Comunque mi sembra vero, io non posseggo
quel dono della “realtà”. Io disincarno, e fino a un certo
punto volontariamente, perché diffido della realtà, della sua
meschinità. Ma andiamo avanti. Ho il potere di evocare la
realtà vera?» (95).
Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process”
Diario, 15 ottobre 1923:
«Sono adesso nel bel mezzo della scena della pazzia in
Regent’s Park. […] Credo che il disegno sia più notevole che
in ogni altro mio libro. Quasi mi sembra di non saperlo
portare a termine. Sono zeppa di idee per questo libro. […] Il
dubbio, credo, è il personaggio della signora Dalloway.
Potrebbe essere troppo rigido, troppo luccicante e vistoso.
Ma posso chiamare a sostenerla innumerevoli altri
personaggi. Ho scritto la centesima pagina oggi» (99).
Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process”
Diario, 30 agosto 1923:
«Avrei molto da dire a proposito delle Ore e della mia
scoperta: come io scavi bellissime caverne dietro i miei
personaggi; questo mi sembra dia proprio ciò che voglio:
umanità, profondità, umorismo. L’idea è che le caverne siano
comunicanti e ognuna venga alla luce al momento giusto»
(98).
Diario, 15 ottobre 1923:
«Mi è toccato brancolare un anno intero per scoprire ciò
che io chiamo il mio procedere per gallerie [my tunneling
process]: in questo modo racconto il passato a rate, come e
quanto mi occorre. Questa è la mia scoperta principale,
finora» (100).
Gérard Genette, Nuovo discorso del racconto
A proposito dell’incipit, distingue tra un tipo A e un tipo B:
“Se opponiamo grossolanamente due tipi di incipit, il tipo
A che suppone il personaggio ignoto al lettore, lo considera
in un primo momento dall’esterno assumendo in un certo
senso tale ignoranza, poi lo presenta formalmente [...], e il
tipo B che lo suppone di primo acchito già noto,
designandolo immediatamente col cognome, o col nome, o
addirittura con un semplice pronome personale o con
l’articolo determinativo “familiarizzante”, possiamo
osservare nella storia del romanzo moderno un’evoluzione
significativa, che consiste grosso modo in un passaggio dal
tipo A, dominante fino a Zola escluso […], al tipo B [...].
L’uso del tipo B è lampante del XX secolo nei romanzi come
Ulysses, il Processo o il Castello” (57-58).
Mrs Dalloway, Impianto generale
 Il libro non è diviso in capitoli, ma è articolato in sequenze
narrative separate da brevi spazi bianchi
 Racconta una normalissima giornata di giugno nella Londra
degli anni Venti, dal mattino alle 10.00 - quando Clarissa esce
per comprare i fiori - fino alla notte - durante la festa che ha
organizzato in casa sua
 Cfr. Joyce, Ulisse, che racoconta una giornata qualunque
nella Dublino del primo Novecento (16 giugno 1904, il
cosiddetto Bloomsday)
Mrs Dalloway, Il tempo
Si possono individuare diverse tipologie di tempo che si
intrecciano e si sovrappongono nel romanzo:
1) Il tempo cronologico, il tempo degli orologi che battono le
ore (tempo della storia)
2) Il tempo del racconto, il tempo dell’organizzazione
narrativa, il modo in cui gli avvenimenti vengono
raccontati attraverso particolari artifici costruttivi (come
ellissi o analessi)
3) Il tempo interiore (tunneling process)
4) Il tempo come forza distruttrice
«Anche l’amore distrugge. Tutto ciò che era bello, tutto ciò
che era vero, finiva» (p. 114)
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
Il saggio che ha una vicenda editoriale complicata:
 Una prima versione, intitolata Mr Bennett and Mrs Brown,
viene pubblicata nel nov. 1923 sul «New York Evening Post»
(e poi ripresa in altre riviste);
 Il saggio viene poi rielaborato in uno scritto successivo,
Character in Fiction, pubblicato nel luglio 1924 sulla rivista
«Criterion», diretta da T.S. Eliot;
 Sempre nel 1924, questo testo viene ripubblicato dalla
Hogarth Press in forma di libretto autonomo, con il titolo
originario Mr Bennett and Mrs Brown.
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
Il saggio sviluppa una tesi radicale, fondata sulla
contrapposizione netta tra due generazioni di scrittori, su una
«frattura» generazionale che ha segnato la letteratura inglese
intorno al 1910:
 Da una parte: Gli edoardiani, rappresentati soprattutto da
scrittori come Bennett, Galsworthy, Wells;
 Dall’altra: I georgiani, come Joyce, Eliot, Forster, Lawrence
e lei stessa.
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
«Una piccola figura è sorta davanti a me – la figura di un
uomo, o di una donna, che ha detto: “Mi chiamo Brown.
Prendimi, se ci riesci”
Molti romanzieri vivono la stessa esperienza. Un signor
Brown, Smith o Jones gli va incontro e dice, nel modo più
seducente e affascinante del mondo: “Vieni e prendimi, se ci
riesci”. Così […] annaspano un volume dopo l’altro, passando
i migliori anni della loro vita nell’inseguimento, e il più delle
volte ricevendo ben poco denaro in cambio. Pochi prendono il
fantasma; i più si devono accontentare di un brandello del suo
vestitop, o di una ciocca dei suoi capelli».
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
«Credo che tutti i romanzi […] abbiano a che fare con il
personaggio, ed è per esprimere il personaggio – non per
predicare dottrine, cantare canzoni o celebrare le glorie
dell’Impero britannico – che la forma del romanzo, così goffa,
verbosa e non drammatica, così ricca, elastica e viva, è stata
sviluppata. Per esprimere il personaggio, ho detto; ma vi
renderete subito conto che di queste parole può essere data la
più ampia interpretazione».
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
«Secondo [Bennett], solo se i personaggi sono reali il
romanzo ha qualche possibilità di sopravvivere. Altrimenti è
destinato a morire. E tuttavia mi chiedo: che cos’è la realtà? E
chi sono i giudici della realtà? Un personaggio può apparire
reale al signor Bennett e del tutto irreale a me».
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
Per illustrare la sua tesi, racconta un aneddoto personale:
un viaggio in treno in cui si è trovata per caso nello
scompartimento con due sconosciuti, che chiama Mr Smith e
Mrs Brown.
Osservandoli, ascoltando frammenti di conversazioni, ha
intuito che qualche dramma segreto stava turbando la vita
della donna, e ha provato una grande compassione per lei, un
forte senso di immedesimazione.
In sostanza, ha visto in lei il personaggio di un romanzo
potenziale, ma un personaggio che andava capito, in qualche
modo aggredito, svelato nelle sue emozioni e nei suoi pensieri
più reconditi.
Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown
«Il signor Bennett non ha guardato una sola volta la signora
Brown nel suo angolo. Sta lì seduta nell’angolo dello
scompartimento […] e nessuno degli scrittori edoardiani l’ha
osservata più di tanto. Hanno guardato con grande forza,
penetrazione e simpatia fuori dal finestrino […] ma mai lei,
mai la vita, mai la natura umana».
Il punto di vista
• Si tratta della prospettiva da cui la storia viene
osservata e comunicata al lettore
• E’ uno strumento di regolazione dell’informazione
narrativa, cioè seleziona le informazioni che il narratore
decide di trasmetterci
Il punto di vista
Opzioni narrative fondamentali:
• Narrazione onnisciente (focalizzazione zero secondo
Genette): il narratore dispone di un livello di sapere
superiore ai personaggi (N>P)
• Prospettiva ristretta (focalizzazione interna): il
narratore dispone di un livello di sapere uguale a quello
del personaggio (N=P)
• (Focalizzazione esterna: il narratore dispone di un
livello di sapere inferiore ai personaggi: N<P)
Il punto di vista
La focalizzazione interna può essere:
 Fissa, cioè incentrata dall’inizio alla fine su un unico
personaggio;
 Variabile, quando si sposta tra vari personaggi;
 Multipla, quando uno stesso avvenimento viene
narrato attraverso il punto di vista di vari personaggi (es.,
nel romanzo epistolare).
Il punto di vista
Gérard Genette, Figure III. Discorso del racconto:
«La formula di focalizzazione non coinvolge sempre
un’opera intera, ma piuttosto un segmento narrativo
determinato, che può essere brevissimo. La distinzione
tra di diversi punti di vista, d’altra parte, non è sempre
tanto precisa come ci potrebbe far credere la semplice
considerazione dei tipi puri».
Il “personaggio relativo”
Enrico Testa, Eroi e figuranti: Il personaggio nel
romanzo:
«I loro tratti più evidenti [dei personaggi relativi] sono
sinteticamente riassumibili nella terna di temporalità,
mutabilità e relazione. Partecipano del tempo che hanno
avuto in sorte; nel corso del racconto modificano per crisi
o sviluppo […] psicologia e comportamenti; e, non
monadicamente isolati, si lasciano coinvolgere in più
rapporti […]. Eleggono, insomma, […] il sentimento
della relazione come guida della loro esistenza. E, almeno
tendenzialmente, s’immettono in una partitura
compositiva non più monologica ma plurivocale».
Moments of being
Diario, 19 giugno 1923:
«[…] io non posseggo quel dono della “realtà”. Io
disincarno, e fino a un certo punto volontariamente,
perché diffido della realtà, della sua meschinità. Ma
andiamo avanti. Ho il potere di evocare la realtà vera? [I
haven’t that "reality" gift. I insubstantise, wilfully to
some extent, distrusing reality--its cheapness. But to get
further. Have I the power of conveying the true reality?]».
“Se scrivo è per andare verso le cose centrali”
Moments of being
Diario, 27 febbraio 1926: “Perché non esiste una
scoperta, nella vita? Qualcosa su cui si possa mettere le
mani e dire: ‘Eccolo’? […] Poi (mentre ieri sera passavo
per Russel Square) vedo montagne nel cielo: le grandi
nubi; e la luna che è sorta sulla Persia; ho la grande e
stupefacente sensazione di qualche cosa, lassù, che è
‘quello’, ‘la cosa’ [the thing]. Non mi riferisco alla
bellezza, non esattamente. È che la cosa basta in se
stessa: soddisfacente, compiuta. È la sensazione della mia
straordinarietà, di me che cammino sulla terra:
dell’infinita stranezza della condizione umana […] Mi
accade spesso di imbattermi in questo ‘qualcosa’ e mi
sento allora in perfetta pace” (p. 131).
Moments of being
Da un saggio su J. Conrad, recensione a Lord Jim (1917):
“Quello che ci colpisce è il modo in cui funziona la mente di
Conrad; egli ha un “momento di visione” [a moment of vision]
in cui vede le persone come se non le avesse mai viste prima;
descrive questa visione, e anche noi ne siamo folgorati”.
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Mrs Dalloway