Un nuovo sistema di coordinate Alcune “rivoluzioni” tra Otto e Novecento: Ambito politico-sociale 1896-1908: Seconda rivoluzione industriale 1914-18: Grande guerra 1917: Rivoluzione d’Ottobre Scienza e filosofia: 1899: Freud pubblica L’interpretazione dei sogni 1905: Einstein formula la teoria della relatività ristretta (a cui seguirà, nel 1916, la teoria della relatività generale) 1903-1911: Planck sviluppa la teoria dei quanti 1900-01: Husserl pubblica le Ricerche logiche (e nel 1913 le Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica) Un nuovo sistema di coordinate Campo della tecnica e delle invenzioni tecnologiche: Tra fine 800 e primi anni del 900, Marconi inventa la radio, e in generale si sviluppano le telecomunicazioni (telegrafo, telefono ecc.) Negli stessi anni, i fratelli Lumière inventano il cinema; Grande sviluppo dei trasporti: auto, aereo, grandi transatlantici ecc. Un nuovo sistema di coordinate Stephen Kern, Il tempo e lo spazio: La percezione del mondo tra Otto e Novecento (The Culture of Time and Space 18801918, 1983): “Nel periodo che va dal 1880 allo scoppio della prima guerra mondiale una serie di radicali cambiamenti nella tecnologia e nella cultura creò nuovi, caratteristici modi di pensare e di esperire lo spazio e il tempo. Innovazioni tecnologiche che comprendono il telefono, la radiotelegrafia, i raggi X, il cinema, la bicicletta, l’automobile e l’aeroplano posero il fondamento materiale per questo nuovo orientamento; sviluppi culturali indipendenti quali il romanzo del ‘flusso di coscienza’, la psicoanalisi, il cubismo e la teoria della relatività plasmarono direttamente la coscienza: il risultato fu una trasformazione delle dimensioni della vita e del pensiero” (p. 7). Un nuovo sistema di coordinate Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento (1971): “Le prime origini della pittura cubista cadono suppergiù negli stessi anni, i primi di questo secolo, in cui Planck formula la teoria dei quanta, Einstein trasformando l’equazione di MichelsonMorley scrive le equazioni della relatività e Freud porta la psicologia del profondo a quella tappa decisiva che è rappresentata dal libro sull’interpretazione dei sogni. Sono altrettanti avvenimenti che sfaccettano e significano, nei loro campi diversi e rispettivi, quello che [si può chiamare] un nuovo sistema di coordinate dell’uomo nel mondo, una nuova percezione che l’uomo ha della struttura e quindi un nuovo sentimento e giudizio del mondo, e del proprio essere ed esserci nel mondo. E senza dubbio, nella misura in cui si è davvero stabilito un nuovo sistema di coordinate, se ne debbono riscontrare gli effetti anche in letteratura, e tanto più nel romanzo” (pp. 3-4). Un nuovo sistema di coordinate Mario Lavagetto, Svevo e la crisi del romanzo europeo (2000): “Il secolo [...] nasce in modo fortemente traumatico, grazie a una cesura radicale dopo la quale “niente sarà più come prima” e i confini del possibile e dell’impossibile risulteranno drasticamente modificati. È come se lungo un arco molto ampio – che va dalla musica alla filosofia, dalla fisica al romanzo – fossero stati predisposti dei detonatori che, in rapida sequenza, innescheranno formidabili esplosioni destinate a rivoluzionare i presupposti, i riferimenti e le condizioni stesse di lavoro; a trasformare il modo in cui i singoli pensano se stessi e il mondo che li circonda” (251). Un nuovo sistema di coordinate Erich Auerbach, Mimesis (1946): “I cambiamenti veloci produssero una confusione tanto maggiore, in quanto non era possibile abbracciarli nel loro insieme; essi si manifestarono contemporaneamente in molte singole sfere della scienza, della tecnica e dell’economia, cosicché nessuno, neanche coloro che ne erano a capo, poterono prevedere e giudicare le situazioni nuove che ne risultarono. […] dappertutto nel mondo sorsero crisi di adattamento, si accumularono e si fecero minacciose, condussero a quegli sconvolgimenti che non abbiamo ancora superato” (II,334). Un nuovo sistema di coordinate Robert Musil, L’uomo senza qualità (1930-33): “Dalla mentalità, liscia come un olio, degli ultimi due decenni del diciannovesimo secolo era insorta improvvisamente in tutta l’Europa una febbre vivificante. Nessuno sapeva bene cosa stesse nascendo; nessuno avrebbe potuto dire se sarebbe sorta una nuova arte, un uomo nuovo, una nuova morale o magari un nuovo ordinamento della società. Perciò ognuno ne diceva quel che voleva. Ma dappertutto si levavano uomini a combattere contro il passato. […] Erano diversissimi fra loro, e il contrasto fra i loro scopi non avrebbe potuto essere maggiore. Si amava il superuomo, e si amava il sottouomo; si adorava il sole e la salute, e si adorava la fragilità delle fanciulle malate di consunzione; si professava il culto dell’eroe e il culto socialista dell’umanità; si era credenti e scettici, naturisti e raffinati, robusti e morbosi […] Chi avesse voluto scomporre e anlizzare quel periodo avrebbe trovato un nonsenso, qualcosa come un circolo quadrato fatto di ferro ligneo, ma in realtà tutto si era amalgamato e aveva un senso baluginante” (61-62). Un nuovo sistema di coordinate Franz Marc, Vassily Kandinsky, Il cavaliere azzurro (Der Blaue Reiter, 1912): “Si apre, anzi si è già aperta, una grande stagione: il risveglio spritituale […] Siamo sulla soglia di una delle più grandi epoche che l’umanità abbia mai vissuto, l’epoca della grande spiritualità. […] Rispecchiare gli avvenimenti artistici direttamente connessi a questa svolta e i fatti necessari a illuminarli anche in altri campi della vita spirituale, è il nostro primo e massimo obiettivo” (249). “Noi ci avventuriamo in nuove terre e viviamo una grande, sconvolgente esperienza: scopriamo che tutto è ancora intatto, inespresso, vergine, inesplorato. Il mondo si apre dinanzi a noi in tutta la sua purezza: i nostri passi tremano. Se vogliamo osare e camminare, dobbiamo tagliare il cordone ombelicale che ci unisce al passato materno. Il mondo partorisce un’età nuova” (259). Un nuovo sistema di coordinate Virginia Woolf, Mr Bennett and Mrs Brown (1924): individua una “frattura generazionale” tra i romanzieri della sua generazione (georgiani) e quelli della generazione precedente (edoardiani): “Nel o intorno al dicembre 1910 il carattere umano [human character] è cambiato […] Tutte le relazioni umane sono mutate – quelle tra padroni e servi, mariti e mogli, genitori e figli. E quando le relazioni umane cambiano, c’è un contemporaneo cambiamento nella religione, nel comportamento, nella politica, e nella letteratura. […] E così si è iniziato a fracassare e a distruggere. È ciò che sentiamo tutto intorno a noi, nelle poesie e nei romanzi e nelle biografie, perfino negli articoli di giornale e nei saggi, il rumore di cose rotte e cadenti, sfondate e distrutte. […] I segni di tutto questo sono evidenti ovunque. La grammatica è violata; la sintassi disintegrata […]”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova I presupposti del realismo e del naturalismo ottocentesco vengono contestati: 1) Non esiste una realtà “oggettiva” (soggettivismo e relativismo) Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni “insignificanti” Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento: “L’oggetto [...], per il romanzo tradizionale, prenovecentesco, non può, non deve mai essere insignificante; se lo assume e lo rappresenta è proprio perché è in qualche modo significativo o utilmente significativo: porta il suo contributo” Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni “insignificanti” Umberto Eco, Le poetiche di Joyce: “Il principio dell’essenziale [...] fa sì che nel romanzo tradizionale non si dica affatto che il protagonista si è soffiato il naso, a meno che questo atto “conti” qualcosa al fine dell’azione. Se non conta è un atto insignificante, romanzescamente “stupido”. Ora, con Joyce [sta parlando di Ulisse] abbiamo l’assunzione di pieno diritto di tutti gli atti stupidi della vita quotidiana quale materia narrativa. [...] ciò che prima era inessenziale diventa centro dell’azione, nel romanzo non accadono più grandi cose importanti, ma accadono tutte le piccole cose, senza mutuo legame, nel flusso incoerente del loro sopravvenire, i pensieri come i gesti, le associazioni di idee come tutti gli automatismi del comportamento” (71-72) Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni “insignificanti” Erich Auerbach, Mimesis: “Ai tempi nostri si è avuto uno spostamento di accento; molti scrittori rappresentano i piccoli fatti insignificanti per amore dei fatti stessi, o piuttosto quale fonte di motivi, di penetrazione prospettica in un ambiente, in una coscienza o nello sfondo del tempo; essi hanno rinunciato a rappresentare la storia dei loro personaggi con la pretesa di una compiutezza esteriore, conservando la successione cronologica e concentrando tutta l’attenzione sulle importanti svolte esteriori del destino. Il romanzo gigantesco di James Joyce, un’opera enciclopedica, specchio di Dublino, dell’Irlanda, specchio anche dell’Europa e dei suoi millenni, ha per cornice la giornata esteriormente insignificante d’un professore di ginnasio e d’un agente di avvisi pubblicitari”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni “insignificanti”: “Esso comprende meno di 24 ore della loro vita, simile al romanzo To the Lighthouse di Virginia Woolf, che rappresenta parti di due giorni molto distanti nel tempo [...]. Proust rappresenta giornate e ore singole di epoche diverse, però alle svolte esteriori del destino, che frattanto hanno colpito i personaggi del romanzo, si accenna soltanto occasionalmente o retrospettivamente o con anticipazioni, senza che in esse sia posta la mira del racconto; spesso devono essere completate dal lettore; il modo in cui nel testo citato si parla della morte del padre, cioè occasionalmente, per accenni o anticipazioni, ne è un buon esempio”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 2) Cambia la gerarchia tra fenomeni significativi e fenomeni “insignificanti”: “Questo spostamento del centro di gravità esprime quasi uno spostamento di fiducia; si attribuisce meno importanza alle grandi svolte esteriori e ai colpi del destino, come se da essi non possa scaturire nulla di decisivo per l’oggetto; si ha fiducia invece che un qualunque fatto della vita scelto casualmente contenga in ogni momento e possa rappresentare la somma dei destini; si ha fiducia maggiore nelle sintesi, ottenute con l’esaurire un fatto quotidiano, piuttosto che nella trattazione completa in ordine cronologico” (II,331-32). Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925). Una prima versione esce nel 1916, con il titolo Si gira. “Studio la gente nelle sue più ordinarie occupazioni, se mi riesca di scoprire negli altri quello che manca a me per ogni cosa ch'io faccia: la certezza che capiscano ciò che fanno. In prima, sì, mi sembra che molti l'abbiano, dal modo come tra loro si guardano e si salutano, correndo di qua, di là, dietro alle loro faccende o ai loro capricci. Ma poi, se mi fermo a guardarli un po' addentro negli occhi con questi miei occhi intenti e silenziosi, ecco che subito s'aombrano. Taluni anzi si smarriscono in una perplessità cosí inquieta, che se per poco io seguitassi a scrutarli, m'ingiurierebbero o m'aggredirebbero”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore: “No, via, tranquilli. Mi basta questo: sapere, signori, che non è chiaro né certo neanche a voi neppur quel poco che vi viene a mano a mano determinato dalle consuetissime condizioni in cui vivete. C'è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete vederlo. Ma appena appena quest'oltre baleni negli occhi d'un ozioso, come me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi turbate o irritate”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore: “Resta ella stessa sbalordita e quasi atterrita delle apparizioni della propria immagine su lo schermo, cosí alterata e scomposta. Vede lí una, che è lei, ma che ella non conosce. Vorrebbe non riconoscersi in quella; ma almeno conoscerla”. “Nemici per lei diventano tutti gli uomini, a cui ella s'accosta, perché la ajutino ad arrestare ciò che di lei le sfugge: lei stessa, sí, ma quale vive e soffre, per cosí dire, di là da se stessa”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore: “Ebbene, nessuno si è mai curato di questo, che a lei piú di tutto preme; tutti, invece, rimangono abbagliati dal suo corpo elegantissimo, e non vogliono aver altro, né saper altro di lei. E allora ella li punisce con fredda rabbia, là dove s'appuntano le loro brame; ed esaspera prima queste brame con la piú perfida arte, perché piú grande sia poi la sua vendetta. Si vendica, facendo getto, improvvisamente e freddamente, del suo corpo a chi meno essi si aspetterebbero: cosí, là, per mostrar loro in quanto dispregio tenga ciò che essi sopra tutto pregiano di lei”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore: “ […]io udivo qua nella gabbia il sordo ruglio della belva e l'affanno orrendo dell'uomo che s'era abbandonato alle zanne, agli artigli di quella, che gli squarciavano la gola e il petto; udivo, udivo, seguitavo a udire su quel ruglio, su quell'affanno là, il ticchettío continuo della macchinetta, di cui la mia mano, sola, da sé, ancora, seguitava a girare la manovella; e m'aspettavo che la belva ora si sarebbe lanciata addosso a me, atterrato quello; Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Cfr. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore: “e gli attimi di quell'attesa mi parevano eterni e mi pareva che per l'eternità io li scandissi girando, girando ancora la manovella, senza poterne fare a meno, quando un braccio alla fne s'introdusse tra le sbarre armato di rivoltella e tirò un colpo a bruciapelo in un'orecchia della tigre sul Nuti già sbranato; e io fui tratto indietro strappato dalla gabbia con la manovella della macchinetta cosí serrata nel pugno, che non fu possibile in prima strapparmela. Non gemevo, non gridavo: la voce, dal terrore, mi s'era spenta in gola, per sempre”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Debenedetti, Il romanzo del Novecento: “I Quaderni sono proprio il romanzo in cui la liquidazione del naturalismo viene effettuata nel modo più fermo. Si direbbe che la vicenda stessa, che l’affabulazione di quel romanzo, per una specie di condensazione inconscia di motivi che l’autore viveva, ma forse non si proponeva di esprimere in quella forma, delineino simbolicamente il destino di morte del naturalismo. Si ricorderà infatti che Serafino, il protagonista, si ribella di continuo alla sua sorte di operatore, di uomo che gira la manovella della macchina da ripresa, cioè di strumento passivo che fotografa la vita e i suoi drammi come altrettanti “dal vero”: quel “dal vero”, appunto, che fu la prima ambizione del verismo, e gli diede addirittura il nome italiano”. Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: “E l’epilogo del romanzo è che Serafino, dopo avere eroicamente fotografato un catastrofico dal vero, è colpito da un trauma che gli toglie l’uso della parola. Nella sua carica di simbolo e di allusione, la vicenda dei Quaderni arriva dunque a dirci che il naturalismo diventa muto, inservibile” (451-52) Contro il Naturalismo, per una poetica nuova 3) Si cerca di rappresentare una “seconda realtà”: Debenedetti, Il romanzo del Novecento “Il compito è di vedere “che cosa si nasconde dietro le cose”. Una seconda realtà, per dirla in breve, più profonda e stabile e vera di quella vistosamente e sensibilmente presentata dalla loro apparenza” (295). Nuove strutture del romanzo 1) Tende a sparire la figura autorevole del narratore “onnisciente” 2) L’intreccio tradizionale viene destrutturato 3) L’orologio del romanzo “si rompe” e subentra una temporalità soggettiva e relativa, una durata interiore 4) L’identità del personaggio entra in crisi 5) Si sperimentano nuove tecniche di rappresentazione della vita interiore (monologo interiore, stream of consciousness) Virginia Woolf (1882-1941) Virginia Woolf Nasce a Londra il 25 gennaio 1882: Padre: Leslie Stephen, critico e storiografo, uno dei maggiori intellettuali dell’epoca; Madre: Julia Duckworth (nata Jackson); quando sposa Stephen nel 1878 è alla sua seconda esperienza di matrimonio: vedova con tre figli; dal secondo matrimonio avrà altri quattro figli – Virginia sarà la terza. L’infanzia è scandita da esperienze traumatiche e da una catena di lutti che la segneranno profondamente: 1895: Muore la madre, e in questa occasione ha la sua prima crisi nervosa; La sorellastra Stella prende il posto della madre, ma lei stessa muore due anni dopo; 1904: Muore il padre, dopo una lunga malattia. Virginia Woolf Dopo la morte del padre, l’avventura intellettuale di V. Woolf entra nel vivo: Già negli anni precedenti, grazie al fratello Thoby, era entrata in contatto con alcuni intellettuali di spicco della cultura inglese; 1904: Si trasferisce con i due fratelli – Thoby e Adrian – e con la sorella Vanessa nel quartiere di Bloomsbury, e dà vita a una sorta di cenacolo di artisti e di intellettuali – conosciuto come “gruppo di Bloomsbury”; 1905: Nuovo lutto familiare: muore anche il fratello Thoby, di tifo; 1912: Sposa uno dei membri del gruppo, Leonard Woolf, noto intellettuale, scienziato politico; con lui darà vita (1917) a una casa editrice – la “Hogarth Press” – che pubblicherà, oltre agli stessi libri della Woolf, varie opere dei maggiori scrittori modernisti (T.S. Eliot, Forster, Mansfield ecc.) Virginia Woolf In questo periodo incomincia a dedicarsi alla narrativa: 1913: Esce il suo primo romanzo, The Voyage Out; 1920: Secondo romanzo, Night and Day; 1921: Raccolta di racconti, Monday or Tuesday; 1922: Altro romanzo, Jacob’s Room, che era stato iniziato nel 1920; 1923: Inizia a lavorare a uno dei suoi capolavori, Mrs Dalloway, che uscirà nel 1925. Virginia Woolf La produzione narrativa è accompagnata anche da una consistente produzione critica: 1913: Inizia a tenere un diario in cui annota riflessioni sulla scrittura (pubblicato parzialmente nel 1953, con il titolo A Writer’s Diary, Diario di una scrittrice); 1917: Inizia a collaborare con il “Times Literary Supplement”, per il quale scrive articoli e recensioni; 1923: Pubblica Mr Bennett and Mrs Brown; 1925: Esce una raccolta di saggi, The Common Reader. Mrs Dalloway: Ideazione La genesi di Mrs Dalloway avviene in un contesto biografico e culturale molto complesso: • La Woolf è impegnata su vari fronti: collaborazione con il Times Lit. Sup., stesura di nuovi saggi, idea di raccoglierli in un volume; • Si impegna in varie letture, sia di classici sia di nuovi libri (in particolare Proust e l’Ulisse di Joyce, uscito nel 1922); • Ci sono anche alcuni eventi luttuosi che probabilmente lasciano tracce sul romanzo: in particolare, la morte di Kitty Maxse, un’amica della madre (8 ott. 1922), e la morte di Katherine Mansfield (16 gen. 1923). Mrs Dalloway: Ideazione [Le citazioni seguenti sono tratte dal Diario di una scrittrice] Il primo nucleo del progetto è un racconto, intitolato Mrs Dalloway in Bond Street, scritto nel 1922. Un’idea che poi si sviluppa in un progetto più ampio: 14 ott. 1922: «La signora Dalloway si è ramificata in un libro; abbozzo qui uno studio della pazzia e del suicidio; il mondo visto dal sano e dal pazzo, fianco a fianco… o qualche cosa di simile» (89). 29 ott. 1922: «Voglio elaborare La signora Dalloway. Voglio preordinare questo libro meglio degli altri e trarne il massimo» (91). Mrs Dalloway: Stesura Diario, 19 giugno 1923: «Ma io, che cosa sento nei riguardi del mio lavoro, di questo libro, cioè Le ore, ammesso che si chiami così? Il lavoro deve nascere da un sentimento profondo, diceva Dostoevskij. […] In questo libro ho anche troppe idee. Voglio dare la vita e la morte, la saggezza e la follia; criticare il sistema sociale e mostrarlo all’opera, nel momento di massima intensità. […] È un’emozione profonda a dettarmi Le ore? Naturalmente la parte della pazzia mi snerva tanto, mi fa schizzare a tal punto il cervello qua e là che non oso affrontare il pensiero di impiegarci un’altra settimana. […] Nondimeno io credo che sia importantissimo, in questo libro, puntare sulle cose centrali, se anche non si piegano (come tuttavia dovrebbero) agli abbellimenti del linguaggio» (95-96). Mrs Dalloway: Stesura Un aspetto che caratterizza la stesura è la difficoltà, quasi il senso di pericolo che la Woolf avverte scrivendo: Diario, 19 giugno 1923: «Prevedo, per tornare alle Ore, che questa sarà una lotta infernale. Il disegno è così strano e possente. Devo continuamente forzare la materia per adattarvela. Il disegno è senza dubbio originale e m’interessa moltissimo. Vorrei scrivere e scrivere, a gran velocità, con accanimento. Inutile dire che non posso riuscirci. Fra tre settimane sarò del tutto inaridita» (96). Diario, 29 agosto 1923: «Interminabile lotta con Le ore, che si dimostra uno dei miei libri più stuzzicanti e insieme più riottosi. Ha parti bellissime e parti bruttissime; m’interessa molto; non so smettere di costruirlo, eppure… eppure. Che ha questo libro?» (98). Mrs Dalloway: Stesura Nonostante tutto, continua a scrivere: Diario, 15 ottobre 1923: «Confesso di riporre discrete speranze in questo libro. Adesso continuerò a scriverlo finché, in tutta onestà, non sarò più in grado di vergare un’altra riga. Il giornalismo, e ogni altra cosa, devono lasciargli il passo» (100). Diario, 26 maggio 1924: «La mia mente è piena delle Ore. Adesso dico che ci lavorerò per quattro mesi, giugno, luglio, agosto, settembre e poi sarà finito, e lo metterò via per tre mesi, durante i quali terminerò i miei saggi […]» (101). Mrs Dalloway: Stesura Diario, 7 settembre 1924: Parla dell’«ultimo tratto della Signora Dalloway. Ci sono arrivata: alla festa, finalmente, che dovrà avere inizio in cucina e lentamente risalire in tutta la casa. Dovrà essere un pezzo estremamente complicato, brillante e solido» (106) Diario, 17 ottobre 1924: Annota «un fatto strabiliante, le ultima parole dell’ultima pagina della Signora Dalloway […] Comunque le avevo scritte otto giorni fa. “Ella era là”, e mi sentii felice di essermene liberata, perché era stata una grande tensione nelle ultime settimane, e tuttavia più fresca mentalmente […] Senza dubbio mi sento liberata con maggiore pienezza del solito dal libro che volevo scrivere; se tutto questo resisterà a rileggerlo è da vedere» (108). Mrs Dalloway: Revisione e pubblicazione Diario, 13 dicembre 1924: «Percorro al galoppo le pagine della Signora Dalloway, ricopiando a macchina il libro dal principio […] Davvero, in tutta onestà, lo ritengo il più compiuto dei miei romanzi […] I recensori diranno che è slegato perché le scene della pazzia non sono collegate alle scene in casa Dalloway. E suppongo vi sia qualche tratto di scrittura superficiale e vistosa. Ma è “irreale”? È soltanto bravura? Non credo. E, come mi sembra di aver già detto, mi lascia immersa negli strati più ricchi della mia mente. Ora posso scrivere, scrivere e scrivere: la sensazione più felice del mondo» (110). Mrs Dalloway: Revisione e pubblicazione Il libro viene pubblicato nel maggio 1925 dall’editore Harcourt Brace, in un periodo in cui la Woolf comincia già a progettare un nuovo romanzo, che sarà To the Lighthouse (1927). Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process” Diario, 19 giugno 1923: «Il problema […] è nei personaggi. La gente (Arnold Bennett, per esempio) dice che io non so creare, o almeno non ho creato, nella Camera di Jacob, personaggi che sopravvivano. La mia risposta… ma lasciamola al Nation: è solo il vecchio assunto che il personaggio si disperde in frammenti, al giorno d’oggi; il vecchio assunto postdostoevskiano. Comunque mi sembra vero, io non posseggo quel dono della “realtà”. Io disincarno, e fino a un certo punto volontariamente, perché diffido della realtà, della sua meschinità. Ma andiamo avanti. Ho il potere di evocare la realtà vera?» (95). Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process” Diario, 15 ottobre 1923: «Sono adesso nel bel mezzo della scena della pazzia in Regent’s Park. […] Credo che il disegno sia più notevole che in ogni altro mio libro. Quasi mi sembra di non saperlo portare a termine. Sono zeppa di idee per questo libro. […] Il dubbio, credo, è il personaggio della signora Dalloway. Potrebbe essere troppo rigido, troppo luccicante e vistoso. Ma posso chiamare a sostenerla innumerevoli altri personaggi. Ho scritto la centesima pagina oggi» (99). Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process” Diario, 30 agosto 1923: «Avrei molto da dire a proposito delle Ore e della mia scoperta: come io scavi bellissime caverne dietro i miei personaggi; questo mi sembra dia proprio ciò che voglio: umanità, profondità, umorismo. L’idea è che le caverne siano comunicanti e ognuna venga alla luce al momento giusto» (98). Diario, 15 ottobre 1923: «Mi è toccato brancolare un anno intero per scoprire ciò che io chiamo il mio procedere per gallerie [my tunneling process]: in questo modo racconto il passato a rate, come e quanto mi occorre. Questa è la mia scoperta principale, finora» (100). Gérard Genette, Nuovo discorso del racconto A proposito dell’incipit, distingue tra un tipo A e un tipo B: “Se opponiamo grossolanamente due tipi di incipit, il tipo A che suppone il personaggio ignoto al lettore, lo considera in un primo momento dall’esterno assumendo in un certo senso tale ignoranza, poi lo presenta formalmente [...], e il tipo B che lo suppone di primo acchito già noto, designandolo immediatamente col cognome, o col nome, o addirittura con un semplice pronome personale o con l’articolo determinativo “familiarizzante”, possiamo osservare nella storia del romanzo moderno un’evoluzione significativa, che consiste grosso modo in un passaggio dal tipo A, dominante fino a Zola escluso […], al tipo B [...]. L’uso del tipo B è lampante del XX secolo nei romanzi come Ulysses, il Processo o il Castello” (57-58). Mrs Dalloway, Impianto generale Il libro non è diviso in capitoli, ma è articolato in sequenze narrative separate da brevi spazi bianchi Racconta una normalissima giornata di giugno nella Londra degli anni Venti, dal mattino alle 10.00 - quando Clarissa esce per comprare i fiori - fino alla notte - durante la festa che ha organizzato in casa sua Cfr. Joyce, Ulisse, che racoconta una giornata qualunque nella Dublino del primo Novecento (16 giugno 1904, il cosiddetto Bloomsday) Mrs Dalloway, Il tempo Si possono individuare diverse tipologie di tempo che si intrecciano e si sovrappongono nel romanzo: 1) Il tempo cronologico, il tempo degli orologi che battono le ore (tempo della storia) 2) Il tempo del racconto, il tempo dell’organizzazione narrativa, il modo in cui gli avvenimenti vengono raccontati attraverso particolari artifici costruttivi (come ellissi o analessi) 3) Il tempo interiore (tunneling process) 4) Il tempo come forza distruttrice «Anche l’amore distrugge. Tutto ciò che era bello, tutto ciò che era vero, finiva» (p. 114) Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown Il saggio che ha una vicenda editoriale complicata: Una prima versione, intitolata Mr Bennett and Mrs Brown, viene pubblicata nel nov. 1923 sul «New York Evening Post» (e poi ripresa in altre riviste); Il saggio viene poi rielaborato in uno scritto successivo, Character in Fiction, pubblicato nel luglio 1924 sulla rivista «Criterion», diretta da T.S. Eliot; Sempre nel 1924, questo testo viene ripubblicato dalla Hogarth Press in forma di libretto autonomo, con il titolo originario Mr Bennett and Mrs Brown. Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown Il saggio sviluppa una tesi radicale, fondata sulla contrapposizione netta tra due generazioni di scrittori, su una «frattura» generazionale che ha segnato la letteratura inglese intorno al 1910: Da una parte: Gli edoardiani, rappresentati soprattutto da scrittori come Bennett, Galsworthy, Wells; Dall’altra: I georgiani, come Joyce, Eliot, Forster, Lawrence e lei stessa. Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Una piccola figura è sorta davanti a me – la figura di un uomo, o di una donna, che ha detto: “Mi chiamo Brown. Prendimi, se ci riesci” Molti romanzieri vivono la stessa esperienza. Un signor Brown, Smith o Jones gli va incontro e dice, nel modo più seducente e affascinante del mondo: “Vieni e prendimi, se ci riesci”. Così […] annaspano un volume dopo l’altro, passando i migliori anni della loro vita nell’inseguimento, e il più delle volte ricevendo ben poco denaro in cambio. Pochi prendono il fantasma; i più si devono accontentare di un brandello del suo vestitop, o di una ciocca dei suoi capelli». Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Credo che tutti i romanzi […] abbiano a che fare con il personaggio, ed è per esprimere il personaggio – non per predicare dottrine, cantare canzoni o celebrare le glorie dell’Impero britannico – che la forma del romanzo, così goffa, verbosa e non drammatica, così ricca, elastica e viva, è stata sviluppata. Per esprimere il personaggio, ho detto; ma vi renderete subito conto che di queste parole può essere data la più ampia interpretazione». Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Secondo [Bennett], solo se i personaggi sono reali il romanzo ha qualche possibilità di sopravvivere. Altrimenti è destinato a morire. E tuttavia mi chiedo: che cos’è la realtà? E chi sono i giudici della realtà? Un personaggio può apparire reale al signor Bennett e del tutto irreale a me». Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown Per illustrare la sua tesi, racconta un aneddoto personale: un viaggio in treno in cui si è trovata per caso nello scompartimento con due sconosciuti, che chiama Mr Smith e Mrs Brown. Osservandoli, ascoltando frammenti di conversazioni, ha intuito che qualche dramma segreto stava turbando la vita della donna, e ha provato una grande compassione per lei, un forte senso di immedesimazione. In sostanza, ha visto in lei il personaggio di un romanzo potenziale, ma un personaggio che andava capito, in qualche modo aggredito, svelato nelle sue emozioni e nei suoi pensieri più reconditi. Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Il signor Bennett non ha guardato una sola volta la signora Brown nel suo angolo. Sta lì seduta nell’angolo dello scompartimento […] e nessuno degli scrittori edoardiani l’ha osservata più di tanto. Hanno guardato con grande forza, penetrazione e simpatia fuori dal finestrino […] ma mai lei, mai la vita, mai la natura umana». Il punto di vista • Si tratta della prospettiva da cui la storia viene osservata e comunicata al lettore • E’ uno strumento di regolazione dell’informazione narrativa, cioè seleziona le informazioni che il narratore decide di trasmetterci Il punto di vista Opzioni narrative fondamentali: • Narrazione onnisciente (focalizzazione zero secondo Genette): il narratore dispone di un livello di sapere superiore ai personaggi (N>P) • Prospettiva ristretta (focalizzazione interna): il narratore dispone di un livello di sapere uguale a quello del personaggio (N=P) • (Focalizzazione esterna: il narratore dispone di un livello di sapere inferiore ai personaggi: N<P) Il punto di vista La focalizzazione interna può essere: Fissa, cioè incentrata dall’inizio alla fine su un unico personaggio; Variabile, quando si sposta tra vari personaggi; Multipla, quando uno stesso avvenimento viene narrato attraverso il punto di vista di vari personaggi (es., nel romanzo epistolare). Il punto di vista Gérard Genette, Figure III. Discorso del racconto: «La formula di focalizzazione non coinvolge sempre un’opera intera, ma piuttosto un segmento narrativo determinato, che può essere brevissimo. La distinzione tra di diversi punti di vista, d’altra parte, non è sempre tanto precisa come ci potrebbe far credere la semplice considerazione dei tipi puri». Il “personaggio relativo” Enrico Testa, Eroi e figuranti: Il personaggio nel romanzo: «I loro tratti più evidenti [dei personaggi relativi] sono sinteticamente riassumibili nella terna di temporalità, mutabilità e relazione. Partecipano del tempo che hanno avuto in sorte; nel corso del racconto modificano per crisi o sviluppo […] psicologia e comportamenti; e, non monadicamente isolati, si lasciano coinvolgere in più rapporti […]. Eleggono, insomma, […] il sentimento della relazione come guida della loro esistenza. E, almeno tendenzialmente, s’immettono in una partitura compositiva non più monologica ma plurivocale». Moments of being Diario, 19 giugno 1923: «[…] io non posseggo quel dono della “realtà”. Io disincarno, e fino a un certo punto volontariamente, perché diffido della realtà, della sua meschinità. Ma andiamo avanti. Ho il potere di evocare la realtà vera? [I haven’t that "reality" gift. I insubstantise, wilfully to some extent, distrusing reality--its cheapness. But to get further. Have I the power of conveying the true reality?]». “Se scrivo è per andare verso le cose centrali” Moments of being Diario, 27 febbraio 1926: “Perché non esiste una scoperta, nella vita? Qualcosa su cui si possa mettere le mani e dire: ‘Eccolo’? […] Poi (mentre ieri sera passavo per Russel Square) vedo montagne nel cielo: le grandi nubi; e la luna che è sorta sulla Persia; ho la grande e stupefacente sensazione di qualche cosa, lassù, che è ‘quello’, ‘la cosa’ [the thing]. Non mi riferisco alla bellezza, non esattamente. È che la cosa basta in se stessa: soddisfacente, compiuta. È la sensazione della mia straordinarietà, di me che cammino sulla terra: dell’infinita stranezza della condizione umana […] Mi accade spesso di imbattermi in questo ‘qualcosa’ e mi sento allora in perfetta pace” (p. 131). Moments of being Da un saggio su J. Conrad, recensione a Lord Jim (1917): “Quello che ci colpisce è il modo in cui funziona la mente di Conrad; egli ha un “momento di visione” [a moment of vision] in cui vede le persone come se non le avesse mai viste prima; descrive questa visione, e anche noi ne siamo folgorati”.