Virginia Woolf Nasce a Londra il 25 gennaio 1882: Padre: Leslie Stephen, critico e storiografo, uno dei maggiori intellettuali dell’epoca; Madre: Julia Duckworth (nata Jackson); quando sposa Stephen nel 1878 è alla sua seconda esperienza di matrimonio: vedova con tre figli; dal secondo matrimonio avrà altri quattro figli – Virginia sarà la terza. L’infanzia è scandita da esperienze traumatiche e da una catena di lutti che la segneranno profondamente: 1895: Muore la madre, e in questa occasione ha la sua prima crisi nervosa; La sorellastra Stella prende il posto della madre, ma lei stessa muore due anni dopo; 1904: Muore il padre, dopo una lunga malattia. Virginia Woolf Dopo la morte del padre, l’avventura intellettuale di V. Woolf entra nel vivo: Già negli anni precedenti, grazie al fratello Thoby, era entrata in contatto con alcuni intellettuali di spicco della cultura inglese; 1904: Si trasferisce con i due fratelli – Thoby e Adrian – e con la sorella Vanessa nel quartiere di Bloomsbury, e dà vita a una sorta di cenacolo di artisti e di intellettuali – conosciuto come “gruppo di Bloomsbury”; 1905: Nuovo lutto familiare: muore anche il fratello Thoby, di tifo; 1912: Sposa uno dei membri del gruppo, Leonard Woolf, noto intellettuale, scienziato politico; con lui darà vita (1917) a una casa editrice – la “Hogarth Press” – che pubblicherà, oltre agli stessi libri della Woolf, varie opere dei maggiori scrittori modernisti (T.S. Eliot, Forster, Mansfield ecc.) Virginia Woolf In questo periodo incomincia a dedicarsi alla narrativa: 1913: Esce il suo primo romanzo, The Voyage Out; 1920: Secondo romanzo, Night and Day; 1921: Raccolta di racconti, Monday or Tuesday; 1922: Altro romanzo, Jacob’s Room, che era stato iniziato nel 1920; 1923: Inizia a lavorare a uno dei suoi capolavori, Mrs Dalloway, che uscirà nel 1925. Virginia Woolf La produzione narrativa è accompagnata anche da una consistente produzione critica: 1913: Inizia a tenere un diario in cui annota riflessioni sulla scrittura (pubblicato parzialmente nel 1953, con il titolo A Writer’s Diary, Diario di una scrittrice); 1917: Inizia a collaborare con il “Times Literary Supplement”, per il quale scrive articoli e recensioni; 1923: Pubblica Mr Bennett and Mrs Brown; 1925: Esce una raccolta di saggi, The Common Reader. Mrs Dalloway: Ideazione La genesi di Mrs Dalloway avviene in un contesto biografico e culturale molto complesso: • La Woolf è impegnata su vari fronti: collaborazione con il Times Lit. Sup., stesura di nuovi saggi, idea di raccoglierli in un volume; • Si impegna in varie letture, sia di classici sia di nuovi libri (in particolare Proust e l’Ulisse di Joyce, uscito nel 1922); • Ci sono anche alcuni eventi luttuosi che probabilmente lasciano tracce sul romanzo: in particolare, la morte di Kitty Maxse, un’amica della madre (8 ott. 1922), e la morte di Katherine Mansfield (16 gen. 1923). Mrs Dalloway: Ideazione [Le citazioni seguenti sono tratte dal Diario di una scrittrice] Il primo nucleo del progetto è un racconto, intitolato Mrs Dalloway in Bond Street, scritto nel 1922. Un’idea che poi si sviluppa in un progetto più ampio: 14 ott. 1922: «La signora Dalloway si è ramificata in un libro; abbozzo qui uno studio della pazzia e del suicidio; il mondo visto dal sano e dal pazzo, fianco a fianco… o qualche cosa di simile» (89). 29 ott. 1922: «Voglio elaborare La signora Dalloway. Voglio preordinare questo libro meglio degli altri e trarne il massimo» (91). Mrs Dalloway: Stesura Diario, 19 giugno 1923: «Ma io, che cosa sento nei riguardi del mio lavoro, di questo libro, cioè Le ore, ammesso che si chiami così? Il lavoro deve nascere da un sentimento profondo, diceva Dostoevskij. […] In questo libro ho anche troppe idee. Voglio dare la vita e la morte, la saggezza e la follia; criticare il sistema sociale e mostrarlo all’opera, nel momento di massima intensità. […] È un’emozione profonda a dettarmi Le ore? Naturalmente la parte della pazzia mi snerva tanto, mi fa schizzare a tal punto il cervello qua e là che non oso affrontare il pensiero di impiegarci un’altra settimana. […] Nondimeno io credo che sia importantissimo, in questo libro, puntare sulle cose centrali, se anche non si piegano (come tuttavia dovrebbero) agli abbellimenti del linguaggio» (95-96). Mrs Dalloway: Stesura Un aspetto che caratterizza la stesura è la difficoltà, quasi il senso di pericolo che la Woolf avverte scrivendo: Diario, 19 giugno 1923: «Prevedo, per tornare alle Ore, che questa sarà una lotta infernale. Il disegno è così strano e possente. Devo continuamente forzare la materia per adattarvela. Il disegno è senza dubbio originale e m’interessa moltissimo. Vorrei scrivere e scrivere, a gran velocità, con accanimento. Inutile dire che non posso riuscirci. Fra tre settimane sarò del tutto inaridita» (96). Diario, 29 agosto 1923: «Interminabile lotta con Le ore, che si dimostra uno dei miei libri più stuzzicanti e insieme più riottosi. Ha parti bellissime e parti bruttissime; m’interessa molto; non so smettere di costruirlo, eppure… eppure. Che ha questo libro?» (98). Mrs Dalloway: Stesura Nonostante tutto, continua a scrivere: Diario, 15 ottobre 1923: «Confesso di riporre discrete speranze in questo libro. Adesso continuerò a scriverlo finché, in tutta onestà, non sarò più in grado di vergare un’altra riga. Il giornalismo, e ogni altra cosa, devono lasciargli il passo» (100). Diario, 26 maggio 1924: «La mia mente è piena delle Ore. Adesso dico che ci lavorerò per quattro mesi, giugno, luglio, agosto, settembre e poi sarà finito, e lo metterò via per tre mesi, durante i quali terminerò i miei saggi […]» (101). Mrs Dalloway: Stesura Diario, 7 settembre 1924: Parla dell’«ultimo tratto della Signora Dalloway. Ci sono arrivata: alla festa, finalmente, che dovrà avere inizio in cucina e lentamente risalire in tutta la casa. Dovrà essere un pezzo estremamente complicato, brillante e solido» (106) Diario, 17 ottobre 1924: Annota «un fatto strabiliante, le ultima parole dell’ultima pagina della Signora Dalloway […] Comunque le avevo scritte otto giorni fa. “Ella era là”, e mi sentii felice di essermene liberata, perché era stata una grande tensione nelle ultime settimane, e tuttavia più fresca mentalmente […] Senza dubbio mi sento liberata con maggiore pienezza del solito dal libro che volevo scrivere; se tutto questo resisterà a rileggerlo è da vedere» (108). Mrs Dalloway: Revisione e pubblicazione Diario, 13 dicembre 1924: «Percorro al galoppo le pagine della Signora Dalloway, ricopiando a macchina il libro dal principio […] Davvero, in tutta onestà, lo ritengo il più compiuto dei miei romanzi […] I recensori diranno che è slegato perché le scene della pazzia non sono collegate alle scene in casa Dalloway. E suppongo vi sia qualche tratto di scrittura superficiale e vistosa. Ma è “irreale”? È soltanto bravura? Non credo. E, come mi sembra di aver già detto, mi lascia immersa negli strati più ricchi della mia mente. Ora posso scrivere, scrivere e scrivere: la sensazione più felice del mondo» (110). Mrs Dalloway: Revisione e pubblicazione Il libro viene pubblicato nel maggio 1925 dall’editore Harcourt Brace, in un periodo in cui la Woolf comincia già a progettare un nuovo romanzo, che sarà To the Lighthouse (1927). Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process” Diario, 19 giugno 1923: «Il problema […] è nei personaggi. La gente (Arnold Bennett, per esempio) dice che io non so creare, o almeno non ho creato, nella Camera di Jacob, personaggi che sopravvivano. La mia risposta… ma lasciamola al Nation: è solo il vecchio assunto che il personaggio si disperde in frammenti, al giorno d’oggi; il vecchio assunto postdostoevskiano. Comunque mi sembra vero, io non posseggo quel dono della “realtà”. Io disincarno, e fino a un certo punto volontariamente, perché diffido della realtà, della sua meschinità. Ma andiamo avanti. Ho il potere di evocare la realtà vera?» (95). Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process” Diario, 15 ottobre 1923: «Sono adesso nel bel mezzo della scena della pazzia in Regent’s Park. […] Credo che il disegno sia più notevole che in ogni altro mio libro. Quasi mi sembra di non saperlo portare a termine. Sono zeppa di idee per questo libro. […] Il dubbio, credo, è il personaggio della signora Dalloway. Potrebbe essere troppo rigido, troppo luccicante e vistoso. Ma posso chiamare a sostenerla innumerevoli altri personaggi. Ho scritto la centesima pagina oggi» (99). Mrs Dalloway: I personaggi e il “tunneling process” Diario, 30 agosto 1923: «Avrei molto da dire a proposito delle Ore e della mia scoperta: come io scavi bellissime caverne dietro i miei personaggi; questo mi sembra dia proprio ciò che voglio: umanità, profondità, umorismo. L’idea è che le caverne siano comunicanti e ognuna venga alla luce al momento giusto» (98). Diario, 15 ottobre 1923: «Mi è toccato brancolare un anno intero per scoprire ciò che io chiamo il mio procedere per gallerie [my tunneling process]: in questo modo racconto il passato a rate, come e quanto mi occorre. Questa è la mia scoperta principale, finora» (100). Mrs Dalloway, Impianto generale Il libro non è diviso in capitoli, ma è articolato in sequenze narrative separate da brevi spazi bianchi Racconta una normalissima giornata di giugno nella Londra degli anni Venti, dal mattino alle 10.00 - quando Clarissa esce per comprare i fiori - fino alla notte - durante la festa che ha organizzato in casa sua Cfr. Joyce, Ulisse, che racoconta una giornata qualunque nella Dublino del primo Novecento (16 giugno 1904, il cosiddetto Bloomsday) Mrs Dalloway, Il tempo Si possono individuare diverse tipologie di tempo che si intrecciano e si sovrappongono nel romanzo: 1) Il tempo cronologico, il tempo degli orologi che battono le ore (tempo della storia) Mrs Dalloway, Il tempo Si possono individuare diverse tipologie di tempo che si intrecciano e si sovrappongono nel romanzo: 1) Il tempo cronologico, il tempo degli orologi che battono le ore (tempo della storia) 2) Il tempo del racconto, il tempo dell’organizzazione narrativa, il modo in cui gli avvenimenti vengono raccontati attraverso particolari artifici costruttivi (come ellissi o analessi) Mrs Dalloway, Il tempo Si possono individuare diverse tipologie di tempo che si intrecciano e si sovrappongono nel romanzo: 1) Il tempo cronologico, il tempo degli orologi che battono le ore (tempo della storia) 2) Il tempo del racconto, il tempo dell’organizzazione narrativa, il modo in cui gli avvenimenti vengono raccontati attraverso particolari artifici costruttivi (come ellissi o analessi) 3) Il tempo interiore (tunneling process) Mrs Dalloway, Il tempo Si possono individuare diverse tipologie di tempo che si intrecciano e si sovrappongono nel romanzo: 1) Il tempo cronologico, il tempo degli orologi che battono le ore (tempo della storia) 2) Il tempo del racconto, il tempo dell’organizzazione narrativa, il modo in cui gli avvenimenti vengono raccontati attraverso particolari artifici costruttivi (come ellissi o analessi) 3) Il tempo interiore (tunneling process) 4) Il tempo come forza distruttrice «Anche l’amore distrugge. Tutto ciò che era bello, tutto ciò che era vero, finiva» (p. 114) Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown Il saggio che ha una vicenda editoriale complicata: Una prima versione, intitolata Mr Bennett and Mrs Brown, viene pubblicata nel nov. 1923 sul «New York Evening Post» (e poi ripresa in altre riviste); Il saggio viene poi rielaborato in uno scritto successivo, Character in Fiction, pubblicato nel luglio 1924 sulla rivista «Criterion», diretta da T.S. Eliot; Sempre nel 1924, questo testo viene ripubblicato dalla Hogarth Press in forma di libretto autonomo, con il titolo originario Mr Bennett and Mrs Brown. Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown Il saggio sviluppa una tesi radicale, fondata sulla contrapposizione netta tra due generazioni di scrittori, su una «frattura» generazionale che ha segnato la letteratura inglese intorno al 1910: Da una parte: Gli edoardiani, rappresentati soprattutto da scrittori come Bennett, Galsworthy, Wells; Dall’altra: I georgiani, come Joyce, Eliot, Forster, Lawrence e lei stessa. Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Una piccola figura è sorta davanti a me – la figura di un uomo, o di una donna, che ha detto: “Mi chiamo Brown. Prendimi, se ci riesci” Molti romanzieri vivono la stessa esperienza. Un signor Brown, Smith o Jones gli va incontro e dice, nel modo più seducente e affascinante del mondo: “Vieni e prendimi, se ci riesci”. Così […] annaspano un volume dopo l’altro, passando i migliori anni della loro vita nell’inseguimento, e il più delle volte ricevendo ben poco denaro in cambio. Pochi prendono il fantasma; i più si devono accontentare di un brandello del suo vestitop, o di una ciocca dei suoi capelli». Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Credo che tutti i romanzi […] abbiano a che fare con il personaggio, ed è per esprimere il personaggio – non per predicare dottrine, cantare canzoni o celebrare le glorie dell’Impero britannico – che la forma del romanzo, così goffa, verbosa e non drammatica, così ricca, elastica e viva, è stata sviluppata. Per esprimere il personaggio, ho detto; ma vi renderete subito conto che di queste parole può essere data la più ampia interpretazione». Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Secondo [Bennett], solo se i personaggi sono reali il romanzo ha qualche possibilità di sopravvivere. Altrimenti è destinato a morire. E tuttavia mi chiedo: che cos’è la realtà? E chi sono i giudici della realtà? Un personaggio può apparire reale al signor Bennett e del tutto irreale a me». Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown Per illustrare la sua tesi, racconta un aneddoto personale: un viaggio in treno in cui si è trovata per caso nello scompartimento con due sconosciuti, che chiama Mr Smith e Mrs Brown. Osservandoli, ascoltando frammenti di conversazioni, ha intuito che qualche dramma segreto stava turbando la vita della donna, e ha provato una grande compassione per lei, un forte senso di immedesimazione. In sostanza, ha visto in lei il personaggio di un romanzo potenziale, ma un personaggio che andava capito, in qualche modo aggredito, svelato nelle sue emozioni e nei suoi pensieri più reconditi. Il personaggio: Mr Bennett e Mrs Brown «Il signor Bennett non ha guardato una sola volta la signora Brown nel suo angolo. Sta lì seduta nell’angolo dello scompartimento […] e nessuno degli scrittori edoardiani l’ha osservata più di tanto. Hanno guardato con grande forza, penetrazione e simpatia fuori dal finestrino […] ma mai lei, mai la vita, mai la natura umana». Il punto di vista Gérard Genette, Figure III. Discorso del racconto: «La formula di focalizzazione non coinvolge sempre un’opera intera, ma piuttosto un segmento narrativo determinato, che può essere brevissimo. La distinzione tra di diversi punti di vista, d’altra parte, non è sempre tanto precisa come ci potrebbe far credere la semplice considerazione dei tipi puri». Il “personaggio relativo” Enrico Testa, Eroi e figuranti: Il personaggio nel romanzo: «I loro tratti più evidenti [dei personaggi relativi] sono sinteticamente riassumibili nella terna di temporalità, mutabilità e relazione. Partecipano del tempo che hanno avuto in sorte; nel corso del racconto modificano per crisi o sviluppo […] psicologia e comportamenti; e, non monadicamente isolati, si lasciano coinvolgere in più rapporti […]. Eleggono, insomma, […] il sentimento della relazione come guida della loro esistenza. E, almeno tendenzialmente, s’immettono in una partitura compositiva non più monologica ma plurivocale». Moments of being Diario, 19 giugno 1923: «[…] io non posseggo quel dono della “realtà”. Io disincarno, e fino a un certo punto volontariamente, perché diffido della realtà, della sua meschinità. Ma andiamo avanti. Ho il potere di evocare la realtà vera? [I haven’t that "reality" gift. I insubstantise, wilfully to some extent, distrusing reality--its cheapness. But to get further. Have I the power of conveying the true reality?]». “Se scrivo è per andare verso le cose centrali” Moments of being Diario, 27 febbraio 1926: “Perché non esiste una scoperta, nella vita? Qualcosa su cui si possa mettere le mani e dire: ‘Eccolo’? […] Poi (mentre ieri sera passavo per Russel Square) vedo montagne nel cielo: le grandi nubi; e la luna che è sorta sulla Persia; ho la grande e stupefacente sensazione di qualche cosa, lassù, che è ‘quello’, ‘la cosa’ [the thing]. Non mi riferisco alla bellezza, non esattamente. È che la cosa basta in se stessa: soddisfacente, compiuta. È la sensazione della mia straordinarietà, di me che cammino sulla terra: dell’infinita stranezza della condizione umana […] Mi accade spesso di imbattermi in questo ‘qualcosa’ e mi sento allora in perfetta pace” (p. 131). Moments of being Da un saggio su J. Conrad, recensione a Lord Jim (1917): “Quello che ci colpisce è il modo in cui funziona la mente di Conrad; egli ha un “momento di visione” [a moment of vision] in cui vede le persone come se non le avesse mai viste prima; descrive questa visione, e anche noi ne siamo folgorati”.