Urbanistica:
un inquadramento generale
Prof.ssa Elisa Scotti
Università di Macerata
Corso di diritto delle pubbliche amministrazioni
Slides a cura degli Avv. Livio Lavitola e Andrea Di Leo
PRIMA PARTE
Nozioni e principi generali
La nozione di “urbanistica”
L’urbanistica è una materia “trasversale”,
che può essere vista sotto diversi punti di
vista: architettonico, tecnico, sociologico,
economico, politico e, ovviamente
giuridico
il DIRITTO URBANISTICO
Tale branca del diritto può essere definita
come la scienza giuridica che ha ad
oggetto la programmazione e la
pianificazione delle modifiche del territorio
L’obiettivo è quindi quello dello
SFRUTTAMENTO RAZIONALE DEL
TERRITORIO
alla nozione di urbanistica si tende oggi a
preferire quella di
“GOVERNO DEL TERRITORIO”
nozione infatti usata nella Costituzione
per sottolineare come la materia abbia ad
oggetto non solo “l’area metropolitana” ma
l’intero territorio
Urbanistica ed altre branche del
diritto …
• Il diritto urbanistico, quindi, proprio per tale
vocazione “ampia”, presenta notevoli
interferenze con la tutela del paesaggio e
il diritto ambientale.
Diritto urbanistico e diritto
dell’edilizia
• Distinto dal d.u. è invece il diritto
dell’edilizia, il quale disciplina le modalità
“concrete” con le quali possono attuarsi le
trasformazioni territoriali ammesse dalla
pianificazione (oggetto, appunto, del d.u.)
LE FONTI
La COSTITUZIONE
a) Detta alcuni principi generali;
b) Disciplina il riparto di competenze
legislative (Stato-Regioni)
A) PRINCIPI GENERALI
• Molte norme costituzionali
possono essere considerate
come riferimento per la disciplina
urbanistica
… principi generali
Si ritiene così che gli artt. 2 (garanzia dei
diritti inviolabili dell’uomo) e 3 (principio di
eguaglianza, formale e sostanziale), 16-18
(libertà di associazione, stabilimento,
circolazione, formazione di comunità …)
Cost. rappresentino un riferimento
“cornice” per il governo del territorio.
Principi costituzionali di riferimento
generale
Infatti l’urbanistica può essere considerata
uno degli strumenti per realizzare le
condizioni per la realizzazione dei principi
contenuti nelle citate disposizioni
costituzionali
Principi costituzionali di riferimento
generale
Basti pensare, ad. es., a come incide il
degrado dell’assetto urbano (carenza di
servizi, collegamenti, etc.) sulle possibilità
per i cittadini di realizzazione della pari
dignità sociale, al legame tra l’ambiente di
vita e le possibilità di sviluppo della
persona umana.
Principi costituzionali
• Altre norme costituzionali invece
hanno un rapporto diretto con la
disciplina urbanistica
• L’art. 9 Cost. che sancisce l’obbligo, per la
Repubblica di tutelare
“il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione”
Principi più direttamente connessi
al d.u.
• L’art. 32 Cost. nel tutelare la salute,
presuppone una adeguata distribuzione
sul territorio nazionale delle strutture
sanitarie: ciò avviene chiaramente in sede
di pianificazione urbanistica
Principi costituzionali: diritto
urbanistico e proprietà privata
• Altre norme di sicura incidenza sulla
disciplina urbanistica sono gli artt. 41 e 42
Cost.
• Tali disposizioni nel contemperare il diritto
di proprietà del privato con l’interesse della
collettività rappresentano la giustificazione
per gli interventi pubblici autoritativi
• Si pensi alla disciplina delle espropriazioni
per pubblica utilità (i relativi vincoli sono
contenuti negli strumenti urbanistici) e alla
possibilità, sempre nell’ambito della
funzione di pianificazione di imporre limiti
alla proprietà privata (limiti che,
tipicamente, nel diritto u. rientrano nella
categoria dei vincoli)
B) La Costituzione ed il riparto di
competenze
Art. 117
La potestà legislativa è esercitata dallo
Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali.
• Quanto al diritto urbanistico, si dispone
che
Lo Stato ha legislazione esclusiva in
materia di tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono invece oggetto di competenza
concorrente Stato-Regioni:
governo del territorio (vale a dire:
l’urbanistica); valorizzazione dei beni
culturali e ambientali
Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la
potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla
legislazione dello Stato.
altre competenze legislative
“a rilevanza urbanistica”
In realtà nell’elenco dell’art. 117 Cost. esistono
numerose altre materie concorrenti che
evidentemente hanno una rilevanza per il diritto
urbanistico – governo del territorio, come:
“porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e
di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia”
Il riparto delle funzioni amministrative
(118 Cost.)
Di interesse anche ricordare la distribuzione delle funzioni
amministrative
• Le funzioni amministrative sono attribuite
ai Comuni
salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano
conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza.
• I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono
titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle
conferite con legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze.
L’art. 118 è espressione del generale
PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’
Tale principio assume particolare
importanza nel diritto urbanistico: è
chiaro che nessun soggetto può
svolgere le funzioni di governo del
territorio meglio di quello “più vicino”
alla collettività di riferimento
Gli altri principi del diritto
urbanistico
Oltre a quelli dettati dalle norme
costituzionali ricordate, esistono altri
principi “fondamentali” del diritto
urbanistico (Mengoli)
Essi sono
I. principio di conformazione e di vincolo
II. principio del carico urbanistico
III. Principio di contribuzione
I. Limitazioni conformative e
vincoli urbanistici
La pianificazione urbanistica si attua sia
mediante la previsione di opere pubbliche
che, soprattutto, mediante norme e
prescrizioni che disciplinano e limitano il
libero uso edificatorio (e non) degli
immobili
(Mengoli)
Tali limitazioni possono essere distinte in
1) LIMITAZIONI CONFORMATIVE
Sono la normale conseguenza degli atti di
pianificazione, incidono sulla possibilità
edificatoria ma non la sopprimono in toto.
Non danno luogo a ad indennizzo
2) VINCOLI
Sono una limitazione “speciale”, connessa
a particolari situazioni, configurazione o
destinazione di alcuni immobili
Segue: vincoli urbanistici
Sono soggetti a una disciplina speciale sotto
diversi punti di vista:
- durata talvolta temporanea
- possibile indennizabilità
- competenza anche di autorità amministrative
diverse da quelle ordinariamente competenti
II. Principio del carico urbanistico
E’ l’effetto che viene prodotto
dall’insediamento come domanda di
strutture ed opere collettive, in
dipendenza del numero di abitanti
insediati su un dato territorio
(Mengoli)
Diversi sono gli istituti giuridici nei quali
emerge il concetto di carico urbanistico:
- gli standards urbanistici di cui al D.M.
1444/68
- nella sottoposizione di alcuni interventi al
pagamento del “contributo di costruzione”
v. successivo p. III CONTRIBUZIONE
III. Principio di contribuzione
L’edificazione determina un costo per la
collettività:
- realizzazione delle necessarie opere di
urbanizzazione (necessarie ad inserire
l’edificazione nel contesto)
- consumo del territorio (il quale è risorsa
scarsa e collettiva)
- aumento del carico urbanistico: alla
creazione di nuovi edifici corrisponde un
aumento dei fruitori dei servizi pubblici
Segue: contribuzione
E’ principio dell’ordinamento che chi intenda
esercitare il proprio ius aedificandi debba
contribuire alle spese ed agli oneri
complessivi gravanti sulla collettività.
Tramite:
- prestazioni patrimoniali
- obblighi di facere (esecuzione diretta delle
opere, cessione di aree a fini di p.u., etc.)
(Gatto Costantino- Savasta)
SECONDA PARTE
Gli strumenti urbanistici
La pianificazione del territorio
La pianificazione urbanistica
disciplina la distribuzione spaziale
degli interventi nel territorio e
organizza i relativi strumenti per un
ordinato sviluppo del territorio che si
dimostri compatibile con lo sviluppo
economico
(Fiale)
Tale funzione è assolta tramite gli
STRUMENTI (o PIANI) URBANISTICI
Finalizzati al controllo e all’indirizzo dello
sviluppo urbanistico
Principali tipi di piano
- piani territoriali di coordinamento regionali
o provinciali, che forniscono direttive
ampie
- piani regolatori generali (“P.R.G.”):
A) intercomunali (direttive ampie)
B) comunali (regolamentazione operativa
dell’assetto del territorio)
- programmi di fabbricazione (piani regolatori dei Comuni
minori)
Segue: tipi di piano
- programmi pluriennali di attuazione, finalizzati
alla temporalizzazione degli interventi
Hanno finalità attuative
- piani particolareggiati di esecuzione e
piani di lottizzazione
- piani speciali di zona (edilizia economica e
popolare, insediamenti produttivi, recupero)
Riparto delle funzioni di
pianificazione
Come si vede, dunque, oltre ad un diverso
livello di dettaglio degli strumenti (si va
infatti da un livello di pianificazione
direttiva a veri e propri piani attuativi),
esiste anche un problema di riparto di
competenze tra il Comune e gli altri Enti
Locali in materia di pianificazione.
Art. 13 T.U.E.L.
“spettano al Comune tutte le funzioni
amministrative che riguardano la
popolazione ed il territorio comunale”
Vige poi il generale
principio di sussidiarietà,
prima preso in considerazione, sancito
dall’art. 118 Cost.
Quindi i due principi di sussidiarietà e
competenza generale amministrativa
dei Comuni, rappresentano un limite
all’esplicazione del potere degli altri
EE.LL. (Regione e Provincia).
Sul punto interessante la pronuncia
CdS, IV, 1947/2005
“la pianificazione urbanistica comunale non può
non correlarsi al quadro obbligatorio derivante
dalle scelte compiute dagli Enti ( Regione e
Provincia) titolari, in un ambito territoriale più
vasto, di poteri di coordinamento nel governo
del territorio.”
Il potere regionale che risulti “in contrasto con le
norme di pianificazione e regolamentari del
comune o col disposto di fonti primarie si iscrive
a pieno titolo in un sistema in cui ( secondo
l'art. 118 della Costituzione) le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni
salvo che, per assicurarne l'esercizio
unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei
princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza”.
Si darà ora conto – sinteticamente – della
disciplina del principale strumento di
pianificazione, ossia il
PIANO REGOLATORE GENERALE
Tutti i principi esaminati finora trovano
rispondenza concreta nella disciplina di
tale strumento
IL P.R.G.
La disciplina del P.R.G. è dettata in primo
luogo dalla L. 1150/42 (Legge Urbanistica)
In particolare, essa stabilisce:
Art. 7: contenuto
Art. 8-10: formazione e procedimento
Art. 7 L. Urbanistica: contenuto
1. Il piano regolatore generale deve considerare la totalità
del territorio comunale.
2. Esso deve indicare essenzialmente:
1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali,
ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti;
2) la divisione in zone del territorio comunale con la
precisazione delle zone destinate all’espansione
dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e
dei caratteri da osservare in ciascuna zona;
3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o
sottoposte a speciali servitù;
4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso
pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse
collettivo o sociale;
5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico,
ambientale, paesistico;
6) le norme per l’attuazione del piano.
Si parla quindi di previsioni di
LOCALIZZAZIONE (determinazione di aree
destinate a servizi di interesse pubblico,
quindi preordinate alla espropriazione)
ZONIZZAZIONE (suddivisione del territorio
comunale –tutto- in zone, ciascuna delle
quali connotata da caratteristiche e vincoli)
Artt. 8-10: procedimento
Fasi principali:
1. ELABORAZIONE TECNICA DELLO
SCHEMA DI PIANO
Eseguita dagli Uffici tecnici comunali o da
progettisti esterni
2. ACQUISIZIONE DEI PARERI
ai sensi del T.U.E.L. e delle Leggi Regionali
3. DELIBERA DI ADOZIONE DEL PIANO
Consiglio Comunale
A seguito della delibera di adozione vigono
le norme di salvaguardia
4. PUBBLICAZIONE DEL PIANO
Deposito presso il Comune per 30 gg
consecutivi
5. OSSERVAZIONI di qualunque soggetto
interessato (enti, associazioni, privati)
Possono essere presentate nei 30 gg.
successivi a quelli previsti per il deposito
nella segreteria comunale
6. DELIBERA CONS. COMUNALE SU
OSSERVAZIONI
La delibera deve contenere controdeduzioni
puntuali (deve risultare chiaramente quali
osservazioni sono accolte e quali respinte)
7. TRASMISSIONE DEL PIANO ALLA
REGIONE (o alla PROVINCIA)
unitamente ad osservazioni e controdeduzioni
8. APPROVAZIONE DEL PIANO DA
REGIONE O PROVINCIA
Possibili modifiche [previste solo a tutela di aspetti
non di competenza del Comune: vediamo qui
operare il principio di sussidiarietà] previa
acquisizione delle deduzioni del Comune
IL PIANO DEVE ESSERE APPROVATO ENTRO 12
MESI DAL DEPOSITO
9. PUBBLICAZIONE DEL DECRETO DI
APPROVAZIONE in G.U. (e nel B.U.
Regionale)
Art. 11. Durata ed effetti del piano generale
1. Il piano regolatore generale del Comune ha vigore a
tempo indeterminato.
2. I proprietari degli immobili hanno l’obbligo di osservare
nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le
prescrizioni di zona che sono indicate nel piano.
3. Le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in
cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni
stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli
che comportino l’inedificabilità, perdono ogni efficacia
qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del
piano regolatore generale non siano stati approvati i
relativi piani particolareggiati e di lottizzazione.
La giurisprudenza in materia di PRG
Vediamo ora alcuni dei temi sui quali ha
avuto modo di pronunciarsi la
giurisprudenza, costituzionale ed
amministrativa.
I vincoli a contenuto espropriativo
Corte Costituzionale, 20.5.1999, n. 179
ha precisato dichiarato l’illegittimità
costituzionale delle disposizioni che
consentono alla pubblica amministrazione
la reiterazione senza indennizzo dei
vincoli urbanistici (preordinati
all'espropriazione o di inedificabilità
assoluta) dopo la scadenza quinquennale
segue
Quanto alla possibilità di reiterare i
vincoli, la giurisprudenza amministrativa
ritiene che l’atto di reiterazione del vincolo
preordinato all’esproprio deve essere
adeguatamente giustificato sulla base di
una idonea istruttoria e di una adeguata
motivazione, da cui possano evincersi con
chiarezza e precisione non solo le finalità
di interesse pubblico che l’ente intende
concretamente perseguire, ma anche la
loro perdurante attualità (C.d.S., sez. IV,
26 febbraio 2008, n. 683)
La partecipazione dei privati nel procedimento
di formazione del prg
Il rigetto delle osservazioni deve essere
assistito da una motivazione che sia congrua
rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla
base delle osservazioni stesse, ove, per altro, sia
stato rappresentato (e ciò deve essere
dimostrato) il loro apporto critico e collaborativo in
comparazione con gli interessi pubblici coinvolti
(cfr. T.A.R. Catania n. 1316/2005, cit.; Consiglio
di Stato, IV, 7 giugno 2004, n. 3559), così che,
nell'interesse reale della popolazione, sia
assicurata l'adozione di soluzioni urbanistiche,
oltre che legittime, anche opportune e razionali.
(TAR Catania, 9 dicembre 2008, n. 2323)
Le scelte pianificatorie e la
discrezionalità
Le scelte dell'Amministrazione nell'adozione
dello strumento urbanistico sono connotate da
alta discrezionalità e non necessitano di
specifica motivazione, essendo sufficiente il
richiamo ai criteri tecnici di redazione del
piano, se non in presenza di aspettative
qualificate e non generiche in capo ai privati,
quali quelle derivanti da pronunce giurisdizionali
passate in giudicato oppure da accordi
intervenuti con l'ente locale, in particolare da
convenzioni di lottizzazione, ma a condizione
che siano divenute operative (Consiglio Stato,
sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2630).
Legislazione regionale
Ma, come si è già evidenziato, la materia
dell’urbanistica rientra nelle competenze
legislative “concorrenti” Stato-Regioni.
Molte Regioni hanno quindi approvato
delle proprie “Leggi Urbanistiche”
Con le quali vengono disciplinati in
maniera più dettagliata contenuti e
procedimenti inerenti la pianificazione
Nelle Marche
L. R. 5 agosto 1992, n. 34
Con questa Legge la Regione ha dettato
una normativa più dettagliata rispetto alle
previsioni contenuti nella L. Urb. Statale.
V. artt. 14-21 per quanto riguarda il
contenuto del PRG; artt. 26 e 26 bis per il
procedimento di formazione.
Il “modello Toscano”
Tra i modelli di pianificazione risultanti
dalla legislazione regionale quello di cui
alla L.R. Toscana n. 1/2005 presenta
notevoli peculiarità.
La pianificazione territoriale
nella l.r. Toscana 1/2005
• Art. 9
a) Piano regionale di indirizzo territoriale
b) Piano territoriale di coordinamento
provinciale
c) Piano strutturale comunale
Funzione della pianificazione territoriale
Individuazione di:
- Invarianti strutturali
art. 4 L.R. 1/05
Le risorse, i beni e le regole relative all'uso,
individuati dallo statuto di cui all'articolo 5,
nonché i livelli di qualità e le relative prestazioni
minime, costituiscono invarianti strutturali del
territorio da sottoporre a tutela al fine di
garantire lo sviluppo sostenibile.
• Art. 5
• lo statuto … assume e ricomprende, all'interno dello specifico
strumento della pianificazione territoriale, le invarianti strutturali …
, quali elementi cardine dell'identità dei luoghi, consentendo in tal
modo l'individuazione, ad ogni livello di pianificazione, dei percorsi
di democrazia partecipata delle regole di insediamento e di
trasformazione nel territorio interessato la cui tutela garantisce, nei
processi evolutivi sanciti e promossi dallo strumento medesimo, lo
sviluppo sostenibile ….
• 3. Gli strumenti della pianificazione territoriale … contengono la
definizione degli obiettivi, degli indirizzi e delle azioni
progettuali strategiche, ai diversi livelli di competenza e di
specificazione, tenendo conto dello statuto del territorio. del
territorio.
A tal fine, ogni strumento della pianificazione territoriale
definisce altresì … i criteri per la verifica di
compatibilità di ogni altro atto di governo del
territorio, eventualmente previsto per l'attuazione
dello strumento medesimo, con il nucleo di regole,
vincoli e prescrizioni derivanti dallo statuto
Gli “atti di governo del territorio”
Dalla “pianificazione territoriale” si distinguono gli atti di
governo del territorio che hanno natura “operativa”.
Art. 10
… il regolamento urbanistico comunale …, i piani complessi di
intervento …., nonché i piani attuativi ….
Sono inoltre compresi tra gli atti di governo del territorio, …:
a) i piani e i programmi di settore;
b) gli accordi di programma e gli altri atti della programmazione
negoziata comunque denominati.
Gli atti del governo del territorio sono approvati nel rispetto degli
strumenti della pianificazione territoriale
Il piano strutturale
fissa le linee generali della pianificazione
urbanistica comunale, ma non possiede
carattere “conformativo” del regime dei
suoli
ART. 53 – Il piano strutturale
• Il piano strutturale delinea la strategia dello sviluppo
territoriale comunale mediante l'indicazione e la
definizione:
• a) degli obiettivi e degli indirizzi per la
programmazione del governo del territorio;
• delle unità territoriali organiche elementari che
assicurano un'equilibrata distribuzione delle dotazioni
necessarie alla qualità dello sviluppo territoriale;
• delle dimensioni massime sostenibili degli insediamenti
nonché delle infrastrutture e dei servizi necessari (…);
• la ricognizione delle prescrizioni del piano territoriale di
coordinamento e del piano di indirizzo territoriale;
• lI piano strutturale contiene inoltre:
• il idoneo a individuare, valorizzare o recuperare le
identitquadro conoscitivo à locali …;
• la ricognizione delle prescrizioni del piano territoriale di
coordinamento e del piano di indirizzo territoriale; …
• la valutazione degli effetti che dalle previsioni
derivano a livello paesaggistico, territoriale,
economico, sociale e per la salute umana
Il Regolamento urbanistico comunale
Atto di governo del territorio, strumento
“operativo”, detta la disciplina puntuale delle
trasformazioni edilizie ed urbanistiche del
territorio comunale.
• In esso si distingue
• A) disciplina per la gestione degli insediamenti
esistenti;
• b) disciplina delle trasformazioni degli assetti
insediativi, infrastrutturali ed edilizi del
territorio.
• In sostanza, il R.U. presenta i contenuti
tipici del P.R.G. come delineato dalla
legislazione statale.
Chiarisce i rapporti tra Piano Strutturale e
Regolamento Urbanistico, TAR Toscana.
27.6.2011, n. 1111
• Il Piano urbanistico Strutturale fissa le linee generali della
pianificazione urbanistica comunale, mentre il Regolamento
Urbanistico è lo strumento precettivo e direttamente
conformativo nei confronti dei privati … Il Piano Strutturale infatti
definisce lo statuto del territorio e le invarianti strutturali; le risorse
costituenti la struttura i dentitaria del territorio mediante
l’individuazione dei sistemi territoriali funzionali; i principi di governo
del territorio; i criteri per l’utilizzazione delle risorse essenziali e la
disciplina della valorizzazione del paesaggio, nonché le aree ed
immobili di notevole interesse pubblico.
• Il Regolamento Urbanistico invece regolamenta la gestione degli
insediamenti esistenti indicando in particolare la disciplina
dell’utilizzazione, del recupero e della riqualificazione del patrimonio
urbanistico ed edilizio esistente nonché le aree, entro il perimetro
dei centri abitati, in cui è consentita l’edificazione.
• Il ruolo del Regolamento non è quindi quello di dare mera
attuazione alle previsioni del Piano, ma di concretizzarne gli
indirizzi per il governo del territorio che sono necessariamente
definiti, in tale ultimo strumento, solo in linea di massima.
• … non si può ritenere che le previsioni del Regolamento Urbanistico
siano meramente ripetitive …, di quelle del Piano Strutturale, …
perché … i due strumenti hanno propri e diversificati contenuti
pur nel rispetto della loro gerarchia, nel senso che il secondo
(Regolamento) non può derogare alle previsioni del primo ma
deve dettare una disciplina più puntuale delle diverse zone
(T.A.R. Toscana Firenze I, 25 giugno 2001 n. 1093).
• con riferimento alle previsioni di cui alla L.R. n. 1/05 questo
Tribunale ha poi affermato che il Piano Strutturale ha funzioni di
indirizzo e di programma e lo stesso, coerentemente, lascia
ampi margini di manovra al Regolamento Urbanistico (T.A.R.
Toscana III, 14 settembre 2010 , n. 59469
Il superamento della “cogestione” del
piano regolatore, nella legge toscana
Come visto precedentemente, la legislazione
statale prevede un modello nel quale il prg
comunale sia “cogestito” tra Comune ed Ente
Locale “superiore” (Regione o Provincia): ciò
avviene, in particolare, nel passaggio
dall’adozione (comunale) all’approvazione
(con poteri di modifica) da parte della
Regione/Provincia.
La
giurisprudenza,
rispetto
al
modello
“tradizionale” afferma che il PRG costituisce un
atto complesso ineguale: per il suo
perfezionamento necessita il concorso di
due soggetti pubblici (Cons. Stato, Ad. Plen., 9
marzo 1983, n. 1 e T.A.R. Campania, Napoli, 28
ottobre 1997 n. 2658).
Si parla a tal proposito anche di un atto di
copianificazione.
L’art. 17 della L.R. Toscana prevede che
lo strumento urbanistico è approvato
dal medesimo soggetto che lo ha
adottato.
Il “confronto” e la concertazione avviene
invece tramite gli Accordi di pianificazione
e in sede di Conferenza paritetica
interistituzionale.
TAR Toscana, I, 30.4.2009, n. 739
Il superamento del principio del p.r.g. quale atto
complesso ineguale è ora compiutamente operato dalla
legge regionale n. 1/2005, ispirato all’opposto principio
della responsabilità esclusiva di ciascun ente per i
piani di sua competenza. La l.r. 5/95 prevedeva pareri
obbligatori ma non vincolanti e osservazioni di tutti gli
enti nel procedimento di formazione dei piani, successivi
alla loro adozione e precedenti all’approvazione dei
medesimi. Essa già innovava il procedimento
tradizionale, da un lato, favorendo la partecipazione, già
durante l’iter di formazione, di tutti i soggetti
istituzionalmente competenti al governo del territorio;
dall’altro, demandando l’approvazione del piano al solo
soggetto al quale esso era territorialmente riferibile.
• Mentre la conformazione tra i piani era prima
accertata dalla regione mediante lo strumento
dell’approvazione che dava luogo ad una fattispecie
complessa, nella quale il piano era ancora imputabile a
due soggetti, con la l.r. 5/95 essa era assicurata da un
parere obbligatorio ma non vincolante rilasciato dal
soggetto istituzionale sovraordinato. Con la l.r. 1/2005
(come è stato ben rilevato dalla dottrina) si passa dalla
verifica di conformità del piano già adottato rispetto
a quello di livello superiore a quella di compatibilità
che si colloca in una fase anteriore all’adozione del
piano. In tale contesto scompare il rapporto
gerarchico tra i piani, rimando essi affidati
all’esclusiva responsabilità dei soggetti ai quali gli
stessi sono territorialmente riferibili.
TERZA PARTE
cenni su:
Edilizia
“Sanatorie”
Tutela del paesaggio
Il testo unico dell’edilizia
Il DPR 380/2001 disciplina l’attività edilizia.
La disciplina contenuta nel TUEd quindi ha
come presupposto logico la pianificazione
urbanistica: affinchè un intervento edilizio
possa essere assentito occorre, in primo
luogo la conformità agli strumenti
urbanistici
Riparto di competenze
Art. 2 - Competenze delle regioni e degli enti locali
1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel
rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle
disposizioni contenute nel testo unico.
2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti
degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.
3. Le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei
principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle
regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi
medesimi.
4. I comuni, nell’ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui
all’articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, disciplinano
l’attività edilizia.
5. In nessun caso le norme del presente testo unico possono essere
interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni e compiti
trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti locali dalle
disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore.
Art. 27 Vigilanza sull’attività urbanisticoedilizia
Il dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale esercita, anche secondo le
modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti
dell'ente, la vigilanza sull'attività urbanisticoedilizia nel territorio comunale per assicurarne
la rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei
titoli abilitativi.
I titoli edilizi
Il T.U. Ed. stabilisce differenti regimi:
1. Attività edilizia libera (art. 6)
ad es. gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non
comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni,
e serre mobili
stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività
agricola, le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree
pertinenziali degli edifici
Per tale categoria di interventi non occorre titolo abilitativo
Alcune opere sono soggette solo a una previa comunicazione, la
carenza determina solo sanzioni di tipo pecuniario
2. Interventi subordinati a permesso di
costruire (Art. 10)
1. Costituiscono interventi di trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati
a permesso di costruire:
a) gli interventi di nuova costruzione;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad
un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente e che comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei
prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli
immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino
mutamenti della destinazione d’uso.
3. Interventi subordinati a denuncia
di inizio attività (art. 22)
Sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attività gli interventi non riconducibili
all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6,
che siano conformi alle previsioni degli strumenti
urbanistici, dei regolamenti edilizi e della
disciplina urbanistico-edilizia vigente.
Sono, altresì, realizzabili mediante denuncia di
inizio attività le varianti a permessi di costruire
che non incidono sui parametri urbanistici e
sulle volumetrie (…)
Sanatorie
Si distingue tra sanatoria:
- ordinaria (v. art. 36 del DPR 380/2001)
che presuppone l’accertamento della (doppia) conformità
alla disciplina urbanistico-edilizia
- speciale: i “condoni” edilizi
a carattere “eccezionale”, volta a sanare veri e propri
abusi
La tutela del paesaggio
RIPARTO DI COMPETENZE LEGISLATIVE
Allo Stato la competenza esclusiva in materia di
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali
Le Regioni invece concorrono con lo Stato nella
competenza in materia di (governo del territorio e)
valorizzazione dei beni culturali e ambientali
RIPARTO DELLE FUNZIONI
AMMINITRATIVE
Il d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e paesaggistici)
prevede l’attribuzione di competenze
allo Stato (Ministero dei bb. culturali,
paesaggistici ed ambientali, anche tramite le
Soprintendenze),
alle Regioni nonché, su delega di queste,
ai Comuni (ad. es per il rilascio dei titoli)
realizzando così un sistema pienamente ispirato
al principio di sussidiarietà
La pianificazione paesaggistica
I PIANI TERRITORIALI PAESAGGISTICI
(art. 143 ss d.lgs. 42/04)
- di competenza delle Regioni, congiuntamente
con il Ministero per alcuni beni (135 d.lgs. 42/04)
- strumenti di pianificazione che coinvolgono
l’intero territorio regionale
- hanno valore cogente per gli altri strumenti
pianificatori, i quali devono recepirne le
prescrizioni
- i limiti introdotti dai p.p. non danno diritto ad
indennizzo
- recepiscono al loro interno i vincoli già previsti
dalla normativa statale
La Corte Costituzionale ha avuto modo,
proprio con specifico riferimento alla
pianificazione paesaggistica, di precisare il
“confine” tra la “tutela” (competenza dello
Stato) e la “valorizzazione” (competenza
delle Regioni) del paesaggio.
Si v. in particolare
Corte Cost. 7.11.2007, n. 367
• “Vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi
pubblici diversi: quello alla conservazione del
paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla
fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni”
• “la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi
dell’art. 118 della Costituzione, proprio a forme di
coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha
affidato alle Regioni il compito di redigere i piani
paesaggistici, (…) con l’osservanza delle norme di
tutela paesaggistica poste dallo Stato (…)”
• “In buona sostanza, la tutela del paesaggio, che
è dettata dalle leggi dello Stato, trova poi la sua
espressione nei piani paesaggistici, redatti dalle
Regioni”.
Quarte Parte
Cenni sui rapporti tra le procedure
di pianificazione e la Valutazione
Ambientale Strategica
VAS (e VIA)
• Valutazione Ambientale Strategica e
Valutazione di Impatto Ambientale sono
due “processi”, introdotti nel nostro
ordinamento in recepimento di direttive
UE, volti ad un esame preventivo degli
effetti di determinati piani e progetti
sull’ambiente e sul patrimonio culturale, in
funzione di politiche di “sviluppo
sostenibile”
• Trattando di pianificazione assume rilievo centrale la
VAS e non la VIA.
• Infatti mentre la VIA consiste nella “valutazione ambientale
dei progetti” e consiste nel “procedimento mediante il quale
vengono preventivamente individuati gli effetti sull'ambiente di
un progetto” (art. 5, co. 1, lett. b, dlgs 152/2006 – “Codice
dell’Ambiente”)
• La VAS ha ad oggetto piani e programmi e consiste nel
processo che comprende …, lo svolgimento di una verifica di
assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo
svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del
programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni,
l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla
decisione ed il monitoraggio; (così art-. 5, co. 1, lett. a)
L’oggetto della VAS
• Per piani e programmi si intendono “gli atti e
provvedimenti di pianificazione e di
programmazione comunque denominati”
(lett. e, art. 5, co. 1, cit.)
I quali, sono soggetti a VAS quando “possono
avere impatti significativi sull'ambiente e sul
patrimonio culturale” (art. 6, co. 1)
• In particolare sono assoggettati a VAS i piani e programmi
• A) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità
dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca,
energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle
acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione
territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il
quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area
di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti
elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto;
• b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di
conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale
per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come
siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali
e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una
valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del d.P.R. 8 settembre
1997, n. 357, e successive modificazioni.
Rapporto tra la VAS e le
procedure di pianificazione
•
•
•
•
Art. 15. Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della
consultazione
1. L'autorità competente, in collaborazione con l'autorità procedente, svolge le attività
tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le
osservazioni, obiezioni e suggerimenti (…) ed esprime il proprio parere motivato
entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui
all'articolo 14. (…).
2. L'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, provvede,
prima della presentazione del piano o programma per l'approvazione e tenendo
conto delle risultanze del parere motivato di cui al comma 1 (…) alle opportune
revisioni del piano o programma.
Art. 11, co. 5
La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del
presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed
approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la
previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per
violazione di legge.
T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 9.2.2012, n. 51
La valutazione ambientale strategica (VAS) non
costituisce un sub-procedimento autonomo rispetto
alla procedura di pianificazione, ma un semplice
passaggio endoprocedimentale che si concreta
nell'espressione di un parere di verifica della sostenibilità
ambientale della pianificazione.
TAR Lombardia Milano Sez. II, Sent., 26-11-2009, n. 5171
• la scelta di escludere dalla VAS gli atti che non costituiscono
variante al PRG trova una giustificazione nella funzione e
nella natura della stessa VAS, che costituisce un atto di
valutazione interno al procedimento di pianificazione,
cioè una valutazione degli effetti ambientali conseguenti
alla esecuzione delle previsioni ivi contenute.
• Proprio perché la VAS si colloca "al livello di macroterritorio",
tendente ad esaminare gli impatti strategici delle scelte di
pianificazione, essa si differenza della VIA, che opera a
livello di uno specifico progetto. Da ciò discende che va
esclusa la necessità di una valutazione strategica,
quando lo strumento attuativo non ha modificato la
disciplina di pianificazione e programmazione.
• A seguito delle modifiche apportate dal d.lgs.
128/2010, il parere VAS deve essere tenuto in
considerazione
nella
redazione
del
piano/programma
da
sottoporre
ad
approvazione.
• Il precedente testo normativo, al co. 2 dell’art.
15, invece, affermava che la revisione del piano
alla luce del parere avveniva “ove necessario”:
si dubitava quindi dell’efficacia vincolante (così
R.Greco, VIA, VAS e AIA: queste sconosciute, www.giustizia–
amministrativa.it )
• Sebbene la norma sanzioni con
l’illegittimità espressamente solo la
“assenza di VAS”, si può ritenere che “la
stessa conseguenza, in termini di
illegittimità, si deve collegare ai piani e ai
programmi eventualmente in contrasto con
i contenuti del parere di VAS” (V.Italia,
2012)
VAS e partecipazione
• Di rilievo le disposizioni in materia di
“consultazione” durante il processo di VAS.
• Art. 13, co 5.
•
La proposta di piano o di programma è comunicata, anche secondo
modalità concordate, all'autorità competente. La comunicazione comprende
il rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso. (…) La
proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale sono altresì
messi a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e
del pubblico interessato affinché questi abbiano l'opportunità di
esprimersi
•
Art. 14 Consultazione
•
1.Contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 13, comma 5,
l'autorità procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana …. L'avviso deve contenere: il titolo della
proposta di piano o di programma, il proponente, l'autorità procedente,
l'indicazione delle sedi ove può essere presa visione del piano o
programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può
consultare la sintesi non tecnica.
2. L'autorità competente e l'autorità procedente mettono, altresì, a
disposizione del pubblico la proposta di piano o programma ed il
rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la
pubblicazione sul proprio sito web.
3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al
comma 1, chiunque può prendere visione della proposta di piano o
programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie
osservazioni in forma scritta, anche fornendo nuovi o ulteriori
elementi conoscitivi e valutativi.
•
•
.
QUINTA PARTE
Pianificazione attuativa
Piani integrati e complessi
Urbanistica negoziata
Attuazione del PRG:
considerazioni generali
• Nel sistema originario della L. Urbanistica
il PRG trovava attuazione unicamente con
i Piani Particolareggiati, di iniziativa
pubblica.
• E’ con la legge ponte del 1967 che la
lottizzazione viene ridisegnata.
• La lottizzazione, che diviene “convenzionata”, si pone
come alternativa al Piano Particolareggiato.
• Da tale modello “convenzionato” prenderanno spunto
numerosi strumenti attuativi, sempre più basati sulla
collaborazione pubblico-privato.
• Si tratta del fenomeno della urbanistica consensuale o
per accordi: che trova le sue motivazioni:
a) esigenza di raggiungere tramite la partecipazione del
privato il miglior assetto del territorio
b) possibilità di soddisfare la domanda di opere di
urbanizzazione che le amministrazioni non sono in grado
di finanziare
(Stella Richter, 2010)
Si produce così un
Capovolgimento del rapporto con il PRG,
nel senso che non è più il piano
regolatore a vincolare la fase attuativa,
ma è l’attuazione a modificare, per
quanto occorrente, il piano.
Così determinandosi sempre più uno
spostamento del peso del governo del
territorio dal piano al progetto
(Stella Richter, 2010)
Piano particolareggiato e programma
pluriennale di attuazione
• Il piano particolareggiato (PP) è lo
strumento che nella L.1150/42 costituisce
il sistema generale di esecuzione del
PRG.
• Il piano pluriennale di attuazione (PPA)
è invece la concreta previsione di azioni e
programmi.
Il PP
• Iniziativa comunale
• Specificano con prescrizioni di dettaglio
le indicazioni del PRG
• Hanno ad oggetto porzioni limitate di
territorio
•
•
Art. 13. L- 1150/42 Contenuti dei piani particolareggiati
(abrogato dall'art. 58 del d.P.R. n. 327 del 2001, limitatamente alle norme
riguardanti l’espropriazione)
1. Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani
particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti
stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre
essere determinati :
- le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze;
- gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico;
- gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro
o a bonifica edilizia;
- le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia
indicata nel piano;
- gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare;
- la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione
serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili
esigenze future.
• Il procedimento di formazione segue l’iter 1.schema di
piano – 2.adozione – 3.pubblicazione – 4.osservazioni –
5.approvazione
• L’approvazione contiene il termine di validità del piano
(entro cui “attuare” lo stesso) nonché quello per le
espropriazioni previste.
TAR Veneto, II, 14.3.2012. n. 373
la mancata fissazione di un termine, non rende illegittimo il Piano
Particolareggiato, la cui validità deve ritenersi di durata
decennale (Cons. Stato sez. VI, 9 marzo 2005, n. 985; Tar
Campania, 11 gennaio 2008, n. 158; Tar Umbria 7 dicembre 2001,
n. 650).
TAR Campania, V, 17.4.2011, n. 2094
L'art. 17 della Legge 17 agosto 1942 n. 1150 è da intendersi nel senso che,
scaduto il termine di efficacia stabilito per l'esecuzione del piano
particolareggiato, nella parte in cui esso è rimasto inattuato non
possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione
delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria; pertanto va
certamente censurato l’operato dell’Amministrazione che ha
proseguito in una sequenza procedimentale indiscutibilmente viziata,
rilevando – dopo la scadenza del termine decennale di efficacia del
piano particolareggiato – la illegittimità degli espropri previsti dal
piano per la realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di
urbanizzazione primaria ove, come nella fattispecie, non si versi in ipotesi
in cui la possibilità di utilizzare uno strumento di pianificazione ad iniziativa
privata (come la lottizzazione) permette al privato di superare ogni possibile
inerzia dell'Amministrazione nella determinazione delle condizioni idonee a
rendere possibile l'edificazione dell'area.
Evoluzione degli strumenti attutivi
• Il “modello” del PP, caratterizzato da un’impronta,
dirigista (l’iniziativa pubblica, la necessità di procedere
con le espropriazioni), è stato via via “abbandonato” per
lasciare il campo ad altri strumenti attuativi più duttili
dove l’iniziativa e la collaborazione del privato assumono
maggiore valore: piani di lottizzazione, piani di edilizia
economica e popolare, piani di recupero etc
… il “nuovo” piano particolareggiato
nel Decreto Sviluppo
• Importanti novità in merito alla disciplina del PP
sono state introdotte dal DL 70/11
Ultrattività del piano particolareggiato e iniziativa
privata:
Decorsi 2 anni dal termine di esecuzione, in
presenza di un interesse dell’A. di dotare le aree
di infrastrutture e servizi il Comune accoglie
proposte di iniziativa privata (non in “variante”
di destinazioni d’uso)
• Si può parlare del superamento del pp di
iniziativa pubblica (V. Italia, 2012)
• Il Legislatore ha anche previsto
semplificazioni amministrative per l’ipotesi
di pp “di iniziativa” privata: è sufficiente
una sola deliberazione, senza adozionedeposito-osservazioni-approvazione.
Il piano di lottizzazione
• Disciplinato dall’art. 28 della L. 1150/42
… fino a quando non sia stato approvato il
piano particolareggiato di esecuzione, la
lottizzazione di terreno a scopo edilizio
può essere autorizzata dal Comune …
L’iniziativa è dei privati.
Per “lottizzazione edilizia” si intende
qualsiasi utilizzazione dei suoli che,
indipendentemente
dall’entità
del
frazionamento fondiario e dal numero dei
proprietari prevede la realizzazione
contemporanea di più edifici che postulino
la realizzazione di opere di urbanizzazione
secondaria necessarie all’insediamento
[Circolare Min. LL.PP. 3210/1967]
La convenzione di lottizzazione
Art. 28, co. 5 L’autorizzazione comunale è subordinata alla
stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario,
che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree
necessarie per le opere di urbanizzazione primaria…, nonché la
cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di
urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n 2;
2) l’assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle
opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle
opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di
quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici
servizi;
…;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve
essere ultimata l’esecuzione delle opere di cui al
precedente paragrafo ;
4) congrue garanzie finanziarie per l’adempimento
degli obblighi derivanti dalla convenzione.
La convenzione deve essere approvata con
deliberazione consiliare nei modi e forme di legge.
Il rilascio delle licenze edilizie nell’ambito dei singoli lotti
è subordinato all’impegno della contemporanea
esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria
relative ai lotti stessi.
Piano di lottizzazione
(in generale: strumento attuativo) e urbanizzazione:
quando si può prescindere dallo strumento attuativo
per ottenere il titolo edilizio?
T.A.R. Lazio Latina, Sezione I, 2 luglio 2012, n. 529
Il principio per il quale si può prescindere, nelle zone già
urbanizzate, dall’obbligo dello strumento attuativo, è di applicazione
eccezionale e, più in dettaglio, si applica solo all’ipotesi (appunto
eccezionale) della sussistenza di una situazione di fatto che
consenta con sicurezza di fare a meno dello strumento attuativo,
oggettivamente non più necessario per essere stato già
pienamente conseguito il risultato cui tale strumento è
finalizzato, nel senso di una già raggiunta completezza del
sistema infrastrutturale di comparto (T.A.R. Campania, Napoli,
Sez. II, 6 dicembre 2010, n. 26813, dove si evidenzia come ogni
altra soluzione avrebbe il torto di trasformare lo strumento attuativo
in un atto sostanzialmente facoltativo).
Siamo di fronte ad un principio di effettività della norma,
cioè alla necessità che lo strumento attuativo –
lottizzazione, che appesantisce l’esercizio dello ius
aedificandi sia utilizzato con appropriatezza e non sia un
evento solo formale.
Più in generale, la ratio è che il rilascio di un titolo edilizio
presuppone l’indefettibile esistenza o previsione
vincolante di proporzionate relazioni di servizio tra fondo
e rete di urbanizzazione dell’area.
(Gatto Costantino – Savasta, 2012)
Il “lotto intercluso”
• Consiglio di Stato, Sezione IV, 27 ottobre 2011, n. 5764
•
1. L’esonero dalla previa formazione dello strumento di pianificazione
attuativa pur contemplato dal piano regolatore generale comunale può
avvenire riguardo nell’ipotesi del c.d. “lotto intercluso”, nel quale – per
l’appunto - nessuno spazio si rinviene per un’ulteriore pianificazione
(…) e che va conseguentemente identificato quale lotto residuale ubicato
in area completamente urbanizzata (….), fermo restando che …. può
essere al caso considerato intercluso anche il lotto affacciante sulla
pubblica via e compreso tra edifici che sorgono su almeno due lati (….). La
giurisprudenza, pertanto, …., correntemente afferma che a’sensi dell’art. 9
del T.U. approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 380, nella aree per le quali
non sono stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi di quello generale
è inibita qualsiasi attività edilizia, a meno che questa non debba essere
svolta all’interno di un lotto intercluso (….), precisando peraltro, allo stesso
tempo, che la relativa fattispecie costituisce una deroga eccezionale al
divieto per le amministrazioni comunali di rilasciare un permesso di
costruire in assenza della preventiva approvazione dei piani attuativi previsti
dallo strumento urbanistico generale (così, ad es., Cons. Stato , Sez. IV, 10
giugno 2010 n. 3699).
• Non è comunque sufficiente un qualunque stadio
d’urbanizzazione di fatto per eludere l’obbligatorietà della
pianificazione attuativa, essendo - semmai – doveroso il ricorso
a quest’ultima fino a quando essa conservi una qualche utile
funzione anche in aree compromesse o urbanizzate (cfr. al
riguardo Cons. Stato, Sez. V, 6 ottobre 2000 n. 5326), e fermo
altresì restando che (Cons. Stato , Sez. IV, 10 giugno 2010 n.
3699). l’Amministrazione Comunale, prima di assentire l’edificazione
diretta nel presupposto della sussistenza del lotto intercluso, deve
accertare, motivando adeguatamente sul punto, che la
pianificazione esecutiva non conservi un’utile funzione e non sia in
grado di esprimere scelte programmatorie distinte rispetto a quelle
contenute nel piano regolatore generale
Gli altri piani attuativi
• E’ possibile distinguere tra strumenti
attuativi più risalenti (sul modello dei già
esaminati PP e PdL) e strumenti attuativi
di più recente formazione
(Gatto Costantino – Savasta, 2012)
• I primi enfatizzano la funzione pianificatoria di
matrice pubblica: piani di recupero, piani di zona
di edilizia economica e popolare, piani degli
insediamenti produttivi
• Hanno come denominatore comune la
pianificazione in una logica di intervento
autoritativo: l’Amministrazione programma lo
sviluppo (commerciale/industriale: PIP) o
promozione sociale e perequazione (PEEP e p.
di recupero): strumenti attuativi “di zona” (Borbio
– Vallerga, 2010).
• Nella pianificazione di seconda
generazione le forme di intervento sono
connotate per una diversa relazione
pubblico privato (la già menzionata
“urbanistica consensuale”)
• La pianificazione non si limita a dare
esecuzione al prg (come rilevato nelle
considerazioni introduttive, citando Stella
Richter).
• L’oggetto della pianificazione attuativa si
specializza e si estende a più settori di
intervento, che si integrano fra loro in una
visione unitaria del territorio, con particolare
attenzione alle attività produttive e ai riflessi
economici del governo del territorio.
• Acquistano rilievo il recupero urbano e la
valorizzazione dei quartieri.
(Gatto Costantino – Savasta, 2012)
I PIANI DI RECUPERO
•
La l. 457/78 ha disciplinato per la prima volta gli interventi di recupero del
patrimonio edilizio degradato.
•
T.A.R. Campania Napoli, Sezione II, 29 novembre 2011
Il piano di recupero … "è per sua natura finalizzato ad organizzare
razionalmente ed esteticamente il patrimonio edilizio preesistente, avendo
come connotazione tipica – che ne individua anche i limiti oggettivi – quella
di disciplinare la conservazione, ricostruzione e riutilizzazione del
patrimonio preesistente" (Consiglio di Stato, Sezione IV, 5 marzo 2008
n.922). Invero, il piano di recupero è notoriamente, sotto il profilo giuridico,
uno strumento urbanistico sostanzialmente attuativo delle scelte
urbanistiche primarie contenute nel piano regolatore generale ed è
quindi equivalente al piano particolareggiato, dal quale si differenzia in
quanto finalizzato, piuttosto che alla complessiva trasformazione del
territorio, al recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente
con interventi rivolti alla conservazione, ricostruzione e alla migliore
utilizzazione del patrimonio stesso (….).
Procedura fasi principali
- Individuazione zone di recupero
(degrado edilizio e carenza infrastrutturale)
- Perimetrazione
(individuazione degli immobili, delle aree, dei complessi,
per i quali il rilascio del titolo edilizio è subordinato alla
formazione del PR)
- Formazione dei PR (iniziativa pubblica o privata)
- Rilascio dei permessi di costruire
Art. 27. Individuazione delle zone di recupero del patrimonio
edilizio esistente
1. I comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici
generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende
opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente
mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla
ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso.
Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi,
isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature.
• 2. Le zone sono individuate in sede di formazione dello
strumento urbanistico generale ovvero, per i comuni che, alla
data di entrata in vigore della presente legge ne sono dotati, con
deliberazione del consiglio comunale
Art. 30. Piani di recupero di iniziativa dei privati
1. I proprietari di immobili e di aree compresi nelle zone di recupero,
rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore
degli immobili interessati, possono presentare proposte di piani di
recupero.
2. …
3. La proposta di piano è adottata con deliberazione del consiglio
comunale unitamente alla convenzione contenente le previsioni stabilite
dall'art. 28, comma quinto, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e
successive modificazioni.
4. La proposta di piano deve essere pubblicata, ai sensi della legge 17
agosto 1942, n. 1150, con la procedura prevista per i piani particolareggiati.
5. I piani di recupero di iniziativa dei privati diventano efficaci dopo
che la deliberazione del consiglio comunale, con la quale vengono
decise le opposizioni
I PEEP
(piani di zona per edilizia popolare)
• Disciplinato dalla l. 167/1962
• E’ uno s.a. equiparato dalla legge al piano
particolareggiato
• Elementi costitutivi: rete stradale e
delimitazione degli spazi di interesse
pubblico (impianti, opere ed edifici)
• Suddivisione in lotti delle aree
• Efficacia di 18 anni
• Il PEEP deve necessariamente essere
inquadrato nello strumento urbanistico generale,
al fine di evitare che l’edilizia economica e
popolare risulti una pianificazione avulsa e
settoriale.
• Determina effetti espropriativi delle relative aree
T.A.R. Liguria, Sezione I, 10 dicembre 2008, n. 2081
Il PEEP è espressione al massimo grado dell’impronta razionalistica
cui obbediva la pianificazione urbanistica nel secolo appena
trascorso. Alla zonizzazione del territorio s’associa infatti, figlia
della stessa pretesa (deterministico-illuminista) di governo dello
sviluppo futuro del tessuto socio-urbano, la predeterminazione secondo un’inflessibile legge di causalità - del fabbisogno
abitativo da soddisfare entro l’arco di un decennio in favore delle
classi meno abbienti. Il piano dell’edilizia economica e popolare
è dunque ad un tempo piano e programma d’interventi:
pianificazione del territorio e programma delle opere sono
pertanto strutturalmente e teleologicamente interdipendenti.
L’una è in funzione dell’altra; quest’ultima, a sua volta, è causa (di
legittimità) della prima: solo nell’unità organica e funzionale
realizzano la finalità pubblicistica socio abitativa avuta di mira.
Il Piano degli insediamenti produttivi
(PIP)
• Il PIP è un PP avente ad oggetto aree
destinate ad interventi produttivi dai PRG
• E’ un piano speciale con finalità di
reperimento e predisposizione di aree per
le attività produttive, tramite lo strumento
espropriativo.
• Rilevante anche la funzione di programmazione e
promozione dell’iniziativa industriale, che tende
all’armonizzazione della stessa nel contesto urbano.
Cons. Stato, IV, 22.1.2007, n. 144
Il piano per insediamenti produttivi è non solo e
non tanto uno strumento di pianificazione
urbanistica nel senso tradizionale, quanto e
soprattutto uno strumento di politica
economica, perché ha la funzione di
incentivare le imprese, offrendo loro, ad un
prezzo politico, previa espropriazione ed
urbanizzazione, le aree occorrenti per il loro
impianto o la loro espansione.
TAR Campania, Napoli, III, 10 aprile 2007, n. 3200
La determinazione dell’Amministrazione di individuare i
terreni rientranti nell’area del piano degli insediamenti
produttivi deve essere necessariamente assistita da una
congrua motivazione, la quale faccia riferimento alle
esigenze di pubblico interesse che non potrebbero
essere altrimenti dimostrando nel contempo l’idoneità
del piano soddisfatte, - che non è soltanto uno
strumento di pianificazione urbanistica, ma soprattutto di
politica economica - ad apportare un incremento di
ricchezza per l’intero sistema economico, non
potendo lo strumento espropriativo in esame essere
utilizzato semplicemente per consentire a singoli
imprenditori - più o meno individuati o individuabili al
momento dell’adozione del piano - di ricavare maggiori
profitti dai loro investimenti.
PROGRAMMI COMPLESSI
La più recente legislazione ha introdotto
politiche di riqualificazione urbana.
Realizzata con strumenti intersettoriali.
I “programmi complessi” sono:
- Programmi integrati di intervento – PII
- Programmi di recupero urbano – PRU
- Programmi di riqualificazione urbana e di
sviluppo sostenibile del territorio - PRUSST
Programmi integrati di intervento
art. 16 della L. 179/92
1. Al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed
ambientale, i comuni promuovono la formazione di programmi
integrati. Il programma integrato è caratterizzato dalla presenza di
pluralità di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di
intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, da una
dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal
possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie
pubblici e privati.
• 2. Soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o
associati fra di loro, possono presentare al comune programmi
integrati relativi a zone in tutto o in parte edificate o da
destinare anche a nuova edificazione al fine della loro
riqualificazione urbana ed ambientale”.
In sintesi:
- Pluralità di funzioni
- Integrazione di diverse tipologie di
intervento, comprese opere di interesse
pubblico
- Incidenza sulla riorganizzazione urbana
- Possibile concorso di operatori e risorse
finanziarie pubbliche e private
In dottrina è così stato chiarito che “il
programma integrato agisce, in breve, ai
fini della riconversione di intere parti del
territorio comunale che risultino
obsolete o degradate rispetto allo
sviluppo urbano emergente” (P.Urbani –
S.Civitarese Matteucci, Diritto Urbanistico,
2010).
Quanto alla funzione, i PII, devono mirare
a “regolare e realizzare processi di
ristrutturazione urbanistica al fine di
riqualificare aree già edificate e
dismesse caratterizzate da situazioni di
profondo degrado edilizio, urbanistico
ed ambientale” (così A. Chierichetti,
Riqualificazione urbana e pianificazione
urbanistica, Riv. Giur. Urbanistica, 1/99).
TAR, Lazio, Sez. II bis, 27.1.2010, n. 1058
“tali programmi sono definiti comunemente come strumenti
urbanistici di secondo livello, connotati di finalità proprie e
peculiari rispetto a tutti gli altri strumenti urbanistici
attuativi, posto che hanno come finalità primaria quella di
convogliare l’iniziativa pubblica e quella privata - anche
economica con risorse finanziarie pubbliche e private - verso
obiettivi di riqualificazione con una propria specifica disciplina,
(…)
Detti strumenti hanno una propria e specifica disciplina, che in
considerazione della ampia portata della riorganizzazione urbana
(per estensione e rilievo) cui tendono, svolgono la funzione di un
piano speciale con ampia possibilità di derogare alle stesse
prescrizioni di PRG (….).
I Programmi integrati d’intervento propongono così un
nuovo tipo di urbanistica nascente da un accordo tra
più parti (pubbliche e private), c.d. urbanistica
contrattata o consensuale, disciplinata in via generale
dalla L.17.2.1992, n. 179 e, a livello regionale, dalla L.R.
n. 22 del 1997, secondo la quale il Programma integrato
costituisce un piano attuativo dello strumento urbanistico
generale (art.1, comma 2)”.
Posto, quindi, che si versa nel campo della c.d.
urbanistica concertata il punto “critico” è senz’altro quello
di individuare dei criteri idonei a verificare se nella
operazione posta in essere tramite il Piano Integrato
di Intervento si realizzi, oltre che la finalità del
privato anche l’interesse pubblico avuto di mira
dall’Amministrazione comunale di volta in volta.
In tale prospettiva, un particolare elemento da valutare è
quello del rapporto tra la “nuova edificazione” e la natura
di “recupero” urbanistico e ambientale dell’esistente.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 19.6.2008, n. 3049
proprio perché caratterizzati da una pluralità di funzioni, e quindi
proprio perché non mirano solo al recupero e risanamento
dell’esistente ma più in generale alla riqualificazione anche
ambientale del contesto urbano, questi programmi si
differenziano da altri strumenti quali, in particolare, i piani di
recupero di cui all’art. 28 della legge n. 457 del 1978, rispetto ai
quali possono comportare “anche” nuova edificazione.
Imprescindibili esigenze logiche, prima ancora che testuali,
impongono allora di ritenere che, nel disegno del Legislatore
nazionale, la funzione specifica demandata al programma
integrato presuppone un rapporto strutturale di proporzionalità
tra le preesistenze da riqualificare e i nuovi volumi da edificare,
oltrepassato il quale viene meno la causa tipica dell’istituto: il
quale risultereebbe in definitiva utilizzato per il perseguimento
di fini di governo del territorio che esorbitano da quelli
specificamente prefissati”.
In base a tali principi il CdS ha ritenuto che
il programma contestato – nella misura in cui consente la
decuplicazione delle volumetrie esistenti, sostituendo il vecchio
edificio scolastico con una struttura alberghiera e con un grande
centro commerciale – altera i connotati funzionali specifici del
P.I.R.U.E.A. come sopra individuati, piegando questo strumento
attuativo al perseguimento di fini urbanistico-edilizi che
possono ben corrispondere a quell’interesse pubblico che solo
alle Amministrazioni procedenti spetta di individuare, ma che
restano estranei al perimetro di questo peculiare programma.
In termini piani, ben può ammettersi che il Programma – come
sottolinea il comune – possa risultare legittimo anche se comporta il
100% di nuova edificazione: ma un incremento dell’edificato dieci
volte superiore a tale percentuale costituisce sintomo obiettivo
di un improprio utilizzo del P.I.R.U.E.A. in luogo degli altri
strumenti all’uopo previsti dall’ordinamento urbanistico.
PROGRAMMI DI RECUPERO
URBANO
• Disciplinati dall’art. 11 L. 493/1993.
• Previsione di un insieme sistematico di opere da
realizzarsi con il concorso di risorse pubbliche e
private, finalizzate a
- realizzazione,
manutenzione,
ammodernamento
urbanizzazioni primarie
- Edificazione
di
completamento
e
integrazione
dell’esistente
- Inserimento di arredo urbano, manutenzione, restauro,
ristrutturazione edilizia
PROGRAMMI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA
(E DI SVILUPPO SOSTENIBILE DEL
TERRITORIO)
• Disciplinati da art. 2 L. 179/92, attuato da DM
21.12.1994.
• Tramite i finanziamenti disposti dalla L. 179/92 i
programmi di r.u. avviano il recupero edilizio e
funzionale di contesti urbani identificati tramite
proposte unitarie relative a:
- Parti di opere di urbanizzazione
- Interventi di edilizia non residenziale che migliorino la
qualità della vita
- Edilizia residenziale che inneschi riqualificazione
• Le disponibilità finanziarie non utilizzate per i
programmi di riqualificazione urbana, sono state
trasferite ai p. di riqualificazione urbana e di
sviluppo sostenibile del territorio
• Concernono i sistemi metropolitani con criticità
infrastrutturali e riguardano
- Realizzazione e adeguamento di attrezzature
necessarie a promuovere sviluppo sostenibile
- Realizzazione di un sistema integrato di attività
finalizzate
all’ampliamento/realizzazione
di
insediamenti produttivi e alla riqualificazione di
aree urbane degradate
Gli «accordi»
(art. 11 )
• Art. 11 (Accordi integrativi o sostitutivi del
provvedimento)
• 1. In accoglimento di osservazioni e
proposte presentate a norma dell’articolo
10, l’amministrazione procedente può
concludere, senza pregiudizio dei diritti dei
terzi, e in ogni caso nel perseguimento del
pubblico interesse, accordi con gli
interessati al fine di determinare il
contenuto
discrezionale
del
provvedimento
finale
ovvero
in
sostituzione di questo.
148
Si distinguono quindi:
ACCORDI INTEGRATIVI : che determinano
il contenuto del provvedimento
ACCORDI
SOSTITUTIVI:
l’accordo
sostituisce del tutto il provvedimento
Si parla, inoltre, anche di
ACCORDI PROCEDIMENTALI: che si
inseriscono all’interno del procedimento
• La norma sembra presupporre un procedimento
già pendente: il riferimento è a proposte od
osservazioni ex art. 10 (che disciplina i «Diritti
dei partecipanti al procedimento»).
A tal proposito ha rilevato Cons. St., Sez. VI, 2636/2002
non vi può essere accordo senza che vi sia stato avvio del procedimento,
per cui può senz’altro dirsi che non possono concludersi accordi al di fuori
e prima dell’avvio del procedimento e che non siano espressione della
partecipazione procedimentale tesa a stabilire nel caso concreto quale sia
l’interesse pubblico
In dottrina non manca però chi ritiene tale posizione eccesivamente
«rigida»: in fondo – si sostiene – se si perviene ad un accordo un
«procedimento» esiste … (BASSI)
150
• L’accordo ha come fine la determinazione del
contenuto discrezionale del provvedimento (o
la sostituzione dello stesso).
Tuttavia parte della giurisprudenza ritiene applicabile lo strumento
dell’accordo anche in fattispecie dove non esiste una vera e propria
«discrezionalità».
Cons. St. IV 6344/2007
anche nel caso di procedimenti finalizzati alla adozione di
provvedimenti di natura sostanzialmente vincolata, come le
autorizzazioni in materia edilizia, sussistono fasi in cui
l’Amministrazione deve esercitare poteri chiaramente
discrezionali - …- quanto meno sotto il profilo tecnico, attinenti al
“quantum”, al “quomodo” ed al “quando” degli adempimenti da
eseguire, e quindi risulta pienamente configurabile la stipulazione
di un opportuno accordo procedimentale, trattandosi di un vero e
proprio strumento di semplificazione, idoneo a far conseguire a tutte le
parti un’utilità ulteriore rispetto a quella che sarebbe consentita dal
provvedimento finale
151
Forma e «procedimento»:
(Co 2) Gli accordi di cui al presente articolo
debbono essere stipulati, a pena di nullità,
per atto scritto, salvo che la legge disponga
altrimenti.
(co. 4 bis) A garanzia dell'imparzialità e del
buon andamento dell'azione amministrativa, in
tutti i casi in cui una pubblica amministrazione
conclude accordi, la stipulazione dell'accordo
è preceduta da una determinazione
dell'organo che sarebbe competente per
l'adozione del provvedimento.
152
Disciplina:
(Co. 2) Ad essi si applicano, ove non diversamente
previsto, i princìpi del codice civile in materia di
obbligazioni e contratti in quanto compatibili.
(…)
(co. 4) Per sopravvenuti motivi di pubblico
interesse l’amministrazione recede
unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di
provvedere alla liquidazione di un indennizzo in
relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in
danno del privato.
153
La valutazione della «compatibilità» dei principi civilistici
con gli accordi ex art. 11 è problematica: la giurisprudenza
insegna che occorre guardare alla singola fattispecie,
avendo di mira il particolare interesse pubblico tutelato (ad
es. Cons. St., VI 3490/2004).
In merito al recesso da parte della p.a. si segnala la
differenza con la revoca del provvedimento: questa è
ammessa, oltre che per sopravvenuti motivi di pubblico
interesse, anche per mutamento della situazione
di
fatto” e “nuova valutazione dell’interesse
pubblico originario”: il potere di recesso è
più limitato di quello di revoca.
154
L’accordo di programma
Art. 34 TUEL
co. 1 Per la definizione e l'attuazione di opere, di
interventi o di programmi di intervento che richiedono,
per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e
coordinata di comuni, di province e regioni, di
amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o
comunque di due o più tra i soggetti predetti …
… il presidente della regione o il presidente della
provincia o il sindaco, in relazione alla competenza
primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui
programmi di intervento, promuove la conclusione di un
accordo di programma, anche su richiesta di uno o più
dei
soggetti
interessati,
per
assicurare
il
coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le
modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso
adempimento.
Co. 4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente
della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre
amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del
presidente della regione o del presidente della provincia o del
sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione.
L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della
regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616,
determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli
strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie,
sempre che vi sia l'assenso del comune interessato.
• 5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti
urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere
ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di
decadenza.
• Consiglio di Stato, Sezione IV, 6 maggio 2008, n. 2062
• L’accordo di programma (la cui finalità è quella di semplificare ed
accelerare l’azione amministrativa mediante l’esame
contestuale dei vari interessi pubblici di volta in volta coinvolti)
consiste nel consenso unanime delle amministrazioni interessate
circa un quid (opera, progetto o intervento) da realizzare (Cons.
Stato, IV Sez., n. 2411/06; n. 4206/01; n. 3403/03).
• Tale consenso si forma progressivamente attraverso fasi
successive che (…) sono scandite da atti o deliberazioni degli Enti e
delle Amministrazioni interessati e si perfeziona con la conclusione
(ossia con la sottoscrizione) dell’accordo di programma, che può
dirsi cos’ completo e perfetto (…).
• Trattasi, dunque, di atti di programmazione attuativa, finalizzato
alla definizione ed attuazione di opere, di interventi o di programmi
di intervento, che richiedono per la loro completa realizzazione,
l’azione integrata di Comuni, Province e Regioni (ed,
eventualmente, anche di altri soggetti pubblici o privati).
• In materia urbanistica, l’accordo di programma
costituisce uno strumento di urbanistica negoziata
(Cons. St., IV, 29.7.2008, n. 3757)
Esso può essere ricondotto, in termini generali, al
disposto dell’art. 15 della L. 241/90 (c.d. ACCORDI
ORGANIZZATIVI)
Art. 15 (Accordi fra pubbliche amministrazioni)
Anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14, le
amministrazioni pubbliche possono sempre concludere
tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in
collaborazione di attività di interesse comune.
Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni previste dall’articolo 11, commi 2 e 3.
Negoziazione e funzione urbanistica
Si può constatare – come detto – che numerosi
strumenti, soprattutto nell’ambito della c.d.
programmazione complessa, prima esaminata,
avvengano mediante l’incontro del consenso tra
PA e privato (si pensi ad es. al PII).
Anche altre fattispecie: il negozio con il quale il
privato, anziché subire l’espropriazione, cede
volontariamente un lotto, nonché agli istituti
perequativi.
L’art. 13 della L. 241/90: un “limite” agli accordi
in materia di pianificazione urbanistica?
Art. 13 L. 241/90
Art. 13 (Ambito di applicazione delle norme sulla
partecipazione)
1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si
applicano nei confronti dell’attività della pubblica
amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi,
amministrativi generali, di pianificazione e di
programmazione, per i quali restano ferme le particolari
norme che ne regolano la formazione.
L’esclusione è “apparente” (Urbani –
Civitarese Matteucci, 2010).
- la disciplina “particolare” dell’urbanistica
è di competenza delle Regioni, le quali nel
normare i procedimenti devono tenere
conto dei principi desumibili dalla L. 241
(quindi anche il principio negoziale ex art.
11)
- la legislazione urbanistica già conosce e
disciplina espressamente accordi aventi
ad oggetto la pianificazione attuativa (che
la dottrina riconduce comunque all’art. 11)
- inoltre (Assini – Mantini, 2007), l’art. 13 si
riferirebbe solo alle norme in materia di
partecipazione e non all’attività negoziale
della p.a.
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SLIDES urbanistica MACERATA - alfabetico dei docenti 2009