SISTEMI LOCALI DI WELFARE
Lavinia Bifulco
Testi per studenti frequentanti
Bifulco L., a cura di, 2005, Le politiche sociali, Roma, Carocci (capp. 1,2,3,4)
Bifulco L., Bricocoli M., Monteleone R., 2008, Welfare locale e innovazioni istituzionali. Processi di attivazione in Friuli-Venezia
Giulia, in La Rivista delle politiche sociali, 3, pp. 367-385.
Bifulco L., Mozzana C., 2011, La dimensione sociale delle capacità: fattori di conversione, istituzioni e azione pubblica, in
Rassegna Italiana di Sociologia, 3, pp. 399-441.
+ 1 volume a scelta fra i seguenti:
a) Paci M., Pugliese E., (a cura di) (2011), Welfare e promozione delle capacità, Bologna, Il Mulino.
b) Ciarini A., Le politiche sociali nelle regioni italiane. Costanti storiche e trasformazioni recenti, Il Mulino, 2013
c) Kazepov, Y., Barberis E., 2013, a cura di, Il welfare frammentato. Le articolazioni regionali delle politiche sociali italiane, Roma,
Carocci
d) Morlicchio E. (2012), Sociologia della povertà, Bologna, Il Mulino.
e) numero monografico della Rivista delle politiche sociali, 4, 2012, Welfare territoriale
Testi per studenti non frequentanti
Bifulco L., 2005, a cura di, Le politiche sociali. Temi e prospettive
emergenti, Roma, Carocci.
Kazepov, Y., Barberis E., 2013, a cura di, Il welfare frammentato. Le
articolazioni regionali delle politiche sociali italiane, Roma, Carocci.
Ciarini A., 2013, Le politiche sociali nelle regioni italiane. Costanti
storiche e trasformazioni recenti, Bologna, Il Mulino.
RESCALING
Lo Stato è troppo piccolo per i problemi grandi e troppo grande per i
problemi piccoli (Daniel Bell)
RESCALING E LOCALIZZAZIONE
In Italia:
• I nuovi sindaci
• La nuova stagione delle politiche locali (programmazione negoziata)
• Processo di decentramento avviato negli anni 70
TERRITORIALIZZAZIONE
Rescaling
Decentramento
Approcci territorializzati: il territorio come sistema di azione, reti di
azione
TERRITORIALIZZAZIONE
« passaggio da un concetto di territorio come spazio statico e passivo a una
interpretazione del territorio come un contesto dinamico e attivo" (Governa e
Salone, 2004, p. 797).
"Territori di una determinata dimensione, delimitati da confini amministrativi,
appaiono piuttosto come sfere territoriali dinamiche e attive, la cui forma e limiti
sono definiti nell'azione comune dei soggetti che vi operano« (ibidem)
A questo si collega il confluire di diverse tipologie di programmi (per la
rigenerazione urbana, per lo sviluppo, per l’inclusione sociale) in un prospettiva
che tende a considerare il territorio come fattore di protezione e sostegno di
individui e collettività (Vicari Haddock, 2005) grazie alle risorse di varia natura
(sociali, istituzionali, naturali) che vi sono depositate e che possono essere
attualizzate, mobilitate e coordinate per far fronte ai problemi di cui il territorio
stesso è fonte o parte in causa. La capacità effettiva di protezione naturalmente
dipende non da un singolo programma ma dal quadro complessivo delle
politiche che assumono come riferimento un contesto specifico, e dalla loro
capacità di far fronte a fattori e cause di vulnerabilità (ibidem).
WELFARE LOCALE
Il welfare locale rimanda al ruolo assunto dai governi locali e dalle reti
pubblico/private locali nelle decisioni relative al ben-essere di cittadini e
comunità. Un ruolo che va collocato nelle geometrie mobili della governance che
vengono disegnate e ridisegnate dalle relazioni fra scala locale, nazionale,
sovranazionale.
Il riferimento territoriale, però, significa anche un modo specifico di concepire,
programmare e realizzare servizi e interventi. Il welfare locale, perciò, non
consiste solo in una redistribuzione di potere (più o meno equilibrata o
conflittuale) ma anche in una ridefinizione degli approcci e degli strumenti
dell’azione pubblica.
Il territorio, infatti, è la chiave di volta per una ricalibratura delle politiche che
prova a soddisfare esigenze divenute centrali, quali: commisurare servizi e
interventi ai bisogni e alle risorse specifiche di una collettività; prendere in conto
l’interdipendenza fra i fattori da cui dipende il ben-essere (l’abitazione, il lavoro,
l’accesso ai servizi sanitari, ecc); mobilizzare e coordinare più livelli, attori e
responsabilità; riconoscere il ruolo attivo di destinatari e cittadini nelle politiche;
mettere a frutto e alimentare i potenziali cooperativi locali
WELFARE LOCALE
I tempi e i modi in cui prende forma il welfare locale variano a
seconda dei paesi, così come le implicazioni. Ma è importante
ribadire che in tutti i casi parlare di welfare locale non significa solo
parlare della scala che perimetra - e a cui sono ancorati - attori, poteri,
bisogni e risposte del welfare, ma anche: i. dei rapporti fra attori che
emergono localmente dagli incroci e dai riallineamenti fra asse
verticale e asse orizzontale dei poteri; ii e delle risposte di un certo
tipo (integrate, focalizzate, etc.) che fra questi attori vengono
negoziate e messe a punto; iii per far fronte a specifiche domande e
problemi sociali; iiii sulla base delle risorse disponibili e attivabili nel
contesto.
WELFARE LOCALE
il welfare locale, così inteso, ha la sua risorsa più preziosa proprio
nei potenziali e nelle reti d’azione attivabili territorialmente. Da qui
deriva la sua carica innovativa, la possibilità cioè che emergano nuovi
attori, nuove risposte, nuovi modi di configurare problemi e
soluzioni, nuove risorse.
A questo si collega anche l’opportunità di fare riferimento al concetto
di sistema di welfare locale per indicare la specifica configurazione di
bisogni, risorse, arrangiamenti formali e informali coinvolti nel
disegno e nell’implementazione delle politiche che emerge
dall’intreccio tra gli aspetti economici, politici, sociali e culturali di
un contesto locale (Andreotti, Mingione, Polizzi 2012, p. 1926).
WELFARE LOCALE-REGIONALE
Welfare regionali in Italia
Potenzialità innovative locali ma anche frammentazione
«Nuovi» approcci, metodi di intervento
WELFARE LOCALE-REGIONALE
Il programma Micro-Aree, lanciato a Trieste nel 2005 a partire da
una precedente sperimentazione, prevede interventi integrati sui temi
della salute, dell’habitat e dello sviluppo di comunità in aree
territoriali molto circoscritte. Il programma, voluto e promosso
dall’Azienda sanitaria, è basato sull’idea che nella piccola scala sia
possibile dare corpo sia all’integrazione fra competenze, sia al
coinvolgimento dei servizi, del terzo settore e dei cittadini nelle scelte
rilevanti per il benessere.
Questa idea è stata formalizzata attraverso un accordo fra l’Azienda
sanitaria, il Comune e l’Agenzia regionale per l’edilizia pubblica che
ha definito, d’intesa con il terzo settore, le linee progettuali
d’intervento su quartieri che contano in media fra 1000 e 2500
abitanti. Si tratta normalmente di aree caratterizzate dalla
prevalenza di insediamenti di edilizia pubblica.
Gli interventi vengono progettati provando a tenere insieme diversi
obiettivi, fra cui: migliorare la conoscenza sui problemi di salute delle
persone; favorire la permanenza dei cittadini nel proprio domicilio;
accrescere l’appropriatezza nell’uso di farmaci, delle prestazioni
diagnostiche e terapeutiche; promuovere la collaborazione e il
coordinamento fra attori e fra servizi.
Quando il programma era alle sue battute iniziali, un gruppo di
operatori del distretto socio-sanitario ha provato a entrare in contatto
con gli abitanti del caseggiato di una delle aree interessate bussando
direttamente alle porte dei loro alloggi. Le reazioni prevalenti sono
state la diffidenza e l’ostilità e le porte sono rimaste spesso chiuse. A
quel punto gli operatori hanno cambiato strategia: hanno aperto un
ombrellone giallo nel cortile dello stabile e si sono accomodati alla
sua ombra, esponendosi all’attenzione e alla curiosità degli abitanti.
L’espediente ha sortito il suo effetto e, alla spicciolata, le persone
hanno iniziato ad avvicinarsi, a chiedere e dare informazioni. Oggi, in
quello stesso caseggiato, la micro-area ha sede in un alloggio al pian
terreno molto accogliente, fornito di cucina e di un divano.
Ciascuna micro-area ha un referente e una propria sede,
normalmente collocata all’interno dei complessi residenziali pubblici.
Oltre ai referenti, sono coinvolti i portieri sociali, di norma operatori
di cooperative sociali
Le attività sono diverse e toccano sia l’elaborazione di progetti di
intervento personalizzati, modulati sulle specificità della persona e del
suo contesto di vita (per esempio assistenza domiciliare, interventi di
inserimento lavorativo, etc.) , sia la vita quotidiana nei caseggiati (per
esempio, corsi di ginnastica dolce e di cucina auto-gestiti dagli
abitanti), sia l’organizzazione di iniziative di una certa rilevanza
collettiva.
La micro-area spesso fa da incubatrice per lo sviluppo di gruppi
informali di cittadini che organizzano feste di quartiere e diverse
attività come mercatini, feste, manifestazioni sportive. In una microarea un gruppo di cittadini, costituitosi in associazione, si è impegnato
in un’attività di riqualificazione degli spazi verdi del quartiere,
aggregando anche altri abitanti. La microarea, in questo senso,
rafforza la capacità di esprimere voce, di agire e di riprogettare il
proprio contesto di vita.
Attualmente le micro-aree sono tredici ma il programma è entrato da
poco in un ciclo (moderatamente) espansivo. Nel 2011 un protocollo
d’intesa ha previsto l’ampliamento dei territori interessati e nuove
sperimentazioni di attività integrate nelle micro-aree già esistenti.
Tutto ciò grazie anche al coinvolgimento più significativo del Comune
il cui ruolo, a dispetto degli impegni assunti formalmente, è stato
finora abbastanza debole. E’ importante sottolineare, a questo
proposito, che il Piano di zona 2013-2015 ha incluso le microaree fra
i suoi obiettivi.
Come si legge nel Protocollo d’Intesa sottoscritto il 10 novembre 2011 fra Azienda
Sanitaria, Comune e Agenzia per l’edilizia pubblica, l'obiettivo della fase attuale è
“rafforzare e affiancare alla dimensione “micro” – che continua ad essere riconosciuta
come un aspetto strategico e connotante le azioni del Programma, in quanto garanzia
di conoscenza e interazione ravvicinata con i contesti e le persone – una dimensione
“macro” estesa a spazi territoriali più ampi […] A tal fine, questo Protocollo assume
come propri orientamenti: la valutazione della possibilità di allargare la copertura del
Programma ad altre aree-micro del territorio urbano, ma anche, partendo da queste, a
contesti territoriali di riferimento più estesi (rioni), per azioni di riqualificazione dello
spazio fisico, di allargamento della partecipazione attiva dei cittadini o per altre
sperimentazioni; il rafforzamento dei campi di intervento attinenti alla riqualificazione
dello spazio fisico dei rioni e alla promozione di forme di partecipazione attiva dei
cittadini che in tali rioni vivono e operano, anche tramite il coinvolgimento di altri
organismi istituzionali territoriali e servizi pubblici”.
progetto “S.HO.W. Social HOusing Watch” (un osservatorio
sperimentale delle politiche di Social Housinga) , riguarda la
microarea Zindis, di recente istituita a Muggia, un comune limitrofo a
Trieste, in un territorio di soli 527 abitanti
(www.show.ater.trieste.it/download-materiali/):
La microarea ha svolto attività di ascolto e rilevazione dei bisogni
degli abitanti, rendendosi visibile nel rione, andando ‘porta a porta’,
organizzando numerose iniziative ricreative e di socializzazione,
incontri pubblici tematici e così via. La microarea ha svolto, inoltre, un
importante ruolo di ‘antenna’ dei servizi, sensibile a
rilevare/prevenire le situazioni di rischio, specie nella cosiddetta
fascia grigia.
Le funzioni del segretariato sociosanitario e la sperimentazione di forme innovative di
presenza sul territorio (es. Spazio Salute) hanno abbassato la soglia di accesso ai
servizi, svolgendo inoltre la funzione di garante e facilitatore della presa in carico e
dell’integrazione degli interventi, soprattutto in relazione alle situazioni di maggiore
complessità.
Partendo dall’analisi dei dati demografici e sanitari, la microarea ha condotto azioni di
conoscenza e follow-up a domicilio, con visite alle persone già in carico e a tutte le
situazioni di nuova segnalazione; ha contribuito alla costruzione di progetti di cura
personalizzati, promuovendo il massimo grado di protagonismo da parte della persona
e la valorizzazione delle risorse presenti nel contesto, ricercando ove necessario misure
di sostegno economico.
Gli interventi sono sempre stati orientati verso strategie di comunità: suscitando
relazioni tra una pluralità di soggetti - piuttosto che relazioni ‘uno a uno’ sul modello
utente/operatore - è possibile comprendere i bisogni, individuare risorse e moltiplicare
connessioni tra le persone.
La microarea è divenuta un punto di riferimento e un supporto alle
necessità della vita quotidiana, favorendo la permanenza al proprio
domicilio e contemporaneamente contrastando fenomeni di isolamento
ed esclusione sociale. Ha giocato un ruolo strategico nella costruzione
di forti e credibili alleanze con la persona, le reti familiari, amicali, di
vicinato, la cui tenuta è messa a dura prova dall’aggravarsi di
condizioni di malattia, solitudine ed esclusione sociale, precarietà
economica e altri fattori di rischio spesso concomitanti.
La localizzazione dell’intervento ha innescato nuove forme di ascolto,
dialogo e quindi collaborazione con la cittadinanza intorno ai
problemi e alle necessità del rione, creando opportunità di
partecipare alla definizione di cosa occorresse fare e di come
provare a farlo insieme. Anche le funzioni del portierato ATER si sono
sviluppate in modo inedito, integrando le funzioni di raccolta e
trasmissione delle segnalazioni relative all’abitare con azioni itineranti
di pulizia e cura delle aree esterne.
La microarea è divenuta un punto di riferimento e un supporto alle
necessità della vita quotidiana, favorendo la permanenza al proprio
domicilio e contemporaneamente contrastando fenomeni di isolamento
ed esclusione sociale. Ha giocato un ruolo strategico nella costruzione
di forti e credibili alleanze con la persona, le reti familiari, amicali, di
vicinato, la cui tenuta è messa a dura prova dall’aggravarsi di
condizioni di malattia, solitudine ed esclusione sociale, precarietà
economica e altri fattori di rischio spesso concomitanti.
La localizzazione dell’intervento ha innescato nuove forme di ascolto,
dialogo e quindi collaborazione con la cittadinanza intorno ai
problemi e alle necessità del rione, creando opportunità di
partecipare alla definizione di cosa occorresse fare e di come
provare a farlo insieme. Anche le funzioni del portierato ATER si sono
sviluppate in modo inedito, integrando le funzioni di raccolta e
trasmissione delle segnalazioni relative all’abitare con azioni itineranti
di pulizia e cura delle aree esterne.
Ascoltando i bisogni e sperimentando soluzioni, sono state avviate
attività a carattere continuativo: hanno cadenza settimanale
consolidata, tra altro: il gruppo spesa, gli incontri “Zindis Caffè”
presso la sede e l’attività motoria di gruppo.
La sede svolge un ruolo fondamentale: punto di riferimento per gli
abitanti e ‘cuore’ della microarea, dal carattere volutamente aperto e
multifunzionale che ha consentito di valorizzare il contributo di quanti
più soggetti possibile nell’organizzazione e gestione di attività.
Dall’inizio dell’intervento a oggi, si è potuto riscontrare un crescente
grado di partecipazione e di iniziativa autonoma degli abitanti: sono
nati ‘gruppi informali’ che hanno dato vita a iniziative innovative, tra
le quali spicca l’Orto sociale di Zindis.
[…] In conclusione, la microarea ha giocato un’importante funzione di
incubatore di idee e progetti condivisi dedicati a Zindis; ha svolto un
ruolo di interfaccia - in entrambe le direzioni - nel rapporto con le
istituzioni, promuovendo il riconoscimento istituzionale delle risorse
attivate, in particolare del privato sociale e dell’associazionismo.
La localizzazione delle funzioni di regia delle risorse si è dimostrata
capace di riorientare la spesa pubblica dal mero ‘consumo’ di
prestazioni (sanitarie, sociali, ecc.) verso forme di investimento nei/sui
territori: una spesa, cioè, la cui efficacia si misuri nella capacità di
evidenziare e moltiplicare la dotazione di risorse di un determinato
contesto.
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7novembre - Dipartimento di Sociologia