POLARIMETRIA
Obiettivi: imparare ad usare un
polarimetro
POLARIMETRIA
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La polarimetria è un metodo di analisi non
distruttivo che si basa sulla capacità delle
molecole chirali di deviare il piano della luce
polarizzata linearmente.
La polarimetria è una tecnica che utilizza
radiazioni elettromagnetiche asimmetriche, per
cui è intrinsecamente in grado di distinguere tra
enantiomeri. La sua principale applicazione
riguarda la determinazione del potere rotatorio e
della concentrazione di sostanze ( glucosio) in
materie prime e prodotti alimentari , misurazione
pratica e molto veloce.
La luce polarizzata
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Onda elettromagnetica linearmente polarizzata.
La luce è un'onda elettromagnetica che consiste in un campo
elettrico E e un campo magnetico H oscillanti, che possono essere
rappresentati da vettori perpendicolari tra loro, e perpendicolari alla
direzione di propagazione.
Il piano di polarizzazione è il piano su cui oscilla il campo elettrico E,
ma poiché una sorgente di luce è di solito composta da un insieme
di emettitori disposti in maniera casuale, la luce emessa è un
insieme di onde con tutte le possibili orientazioni del vettore E.
La luce polarizzata linearmente invece è una radiazione
elettromagnetica in cui il vettore E oscilla in un solo ben preciso
piano di polarizzazione. La luce polarizzata linearmente (spesso
chiamata semplicemente luce polarizzata) è ottenuta dalla luce non
polarizzata per mezzo dei filtri polarizzatori, che in un polarimetro
sono rappresentati normalmente dalla tormalina, da un prisma di
Nicol o un prisma di Glan Thompson, oppure da polaroidi artificiali.
PRINCIPIO
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Un raggio di luce AB, che vibra inizialmente in
tutte le direzioni, attraversa una sostanza
polarizzante. Questa, «filtrando» la luce, ne
lascia uscire soltanto la componente verticale.
Un metodo adatto per polarizzare la luce
consiste nel far passare luce ordinaria attraverso
un sistema ottico, formato da spato di Islanda
(carbonato di calcio cristallino), detto prisma di
Nicol, inventato nel 1828 dal fisico inglese
William Nicol.
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Un sistema più moderno è l'impiego di un Polaroid, inventato
dall'americano E.H. Land, nel quale un composto organico
cristallino, opportunamente orientato, è contenuto all'interno di una
plastica trasparente. Gli occhiali da sole, molto spesso, hanno lenti
polaroid. Un fascio di luce è in grado di attraversare due
polarizzatori soltanto se i loro assi di polarizzazione sono paralleli. Se
gli assi sono perpendicolari la luce non passa. La figura seguente
illustra questo principio su cui si basa il polarimetro, che è lo
strumento che serve a studiare l'effetto delle diverse sostanze
chimiche sul piano della luce polarizzata.
I due dischi di materiale polarizzante hanno gli assi perpendicolari
fra di loro. Sebbene ogni disco da solo sia trasparente, l’area in cui
si sovrappongono è opaca. Si può verificare questo fenomeno
usando due paia di occhiali da sole Polaroid.
Lo schema dello strumento è riportato nella figura seguente:
POLARIMETRO
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Il polarimetro è lo strumento che permette la
misurazione del potere rotatorio di sostanze otticamente
attive. I suoi elementi costitutivi fondamentali, in ordine
di disposizione costruttiva, possono così schematizzarsi:
sorgente di luce;
polarizzatore;
tubo polarimetrico, contenente l'analita;
analizzatore del fascio di luce, posto in uscita dal tubo
polarimetrico e mobile;
oculare, tramite il quale viene visualizzato l'angolo di
rotazione tramite una scala.
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Quando polarizzatore e analizzatore vengono incrociati con un tubo
polarimetrico che non contiene alcuna sostanza, si ha estinzione del
raggio luminoso con un campo buio osservabile tramite l'oculare.
Quando sul cammino ottico della luce polarizzata viene invece
interposta una sostanza otticamente attiva, viene impartita al piano
di polarizzazione una rotazione di un determinato angolo φ e il
campo appare illuminato. Ruotando l'analizzatore di un angolo con
stesso segno e valore assoluto dell'angolo φ si ottiene l'oscuramento
del campo e viene effettuata la misura del potere rotatorio
sfruttando la componente luminosa diretta verso lo stesso
analizzatore, mentre la componente normale viene estinta. Nella
pratica costruttiva, per ottenere una sensibilità della misura
accettabile, si lavora con strumenti ponendo, rispettivamente,
un'altro o altri due filtri polarizzatori dopo il filtro principale.
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Lo schema dello strumento è riportato
nella figura seguente:
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Il suo funzionamento è il seguente. Con la luce accesa e il tubo
portacampione vuoto, il prisma analizzatore viene ruotato in modo che il
raggio di luce che è stato polarizzato dal prisma polarizzatore venga
completamente bloccato e il campo visivo risulti oscurato. Gli assi del
prisma polarizzatore e del prisma analizzatore sono perpendicolari fra loro.
A questo punto il campione viene inserito nel tubo portacampione. Se la
sostanza è otticamente inattiva non succederà niente e il campo visivo
resterà oscurato. Se invece verrà messa nel tubo una sostanza otticamente
attiva, essa farà ruotare il piano di polarizzazione e un po' di luce passerà
attraverso l'analizzatore fino all'osservatore. Ruotando il prisma analizzatore
in senso orario o antiorario l'osservatore può bloccare di nuovo il raggio di
luce e riportare il campo al buio. L'angolo di cui l'analizzatore deve essere
ruotato, , detto rotazione osservata, è uguale al numero di gradi di cui la
sostanza otticamente attiva ha fatto ruotare il piano della luce polarizzata.
Se l'analizzatore deve essere ruotato a destra (in senso orario), la sostanza
otticamente attiva è detta destrorotatoria (+). Se invece l'analizzatore
deve essere ruotato a sinistra (in senso antiorario), la sostanza è
levorotatoria (-).
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La rotazione osservata di un campione di una
sostanza otticamente attiva dipende dalla
struttura molecolare, dal numero di molecole
della sostanza contenute nel portacampione,
dalla lunghezza del tubo, dalla lunghezza d'onda
della luce polarizzata e dalla temperatura. Tutti
questi fattori devono essere standardizzati se
vogliamo confrontare l'attività ottica di sostanze
diverse. La rotazione specifica, [], di una
sostanza otticamente attiva viene espressa nel
modo seguente:
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dove l è la lunghezza del tubo portacampione in decimetri, e c è la
concentrazione in grammi per millilitro, t è la temperatura della soluzione e
 è la lunghezza d'onda della luce.
Il solvente usato viene indicato fra parentesi. Le misure vengono effettuate
in genere a temperatura ambiente . La rotazione specifica, come sopra
definita, di una sostanza otticamente attiva diventa così una proprietà
caratteristica di quella sostanza, come il punto di fusione, del punto di
ebollizione o della densità. All'inizio del diciannovesimo secolo il fisico
francese Jean Baptiste Biot (1774-1862) studiò il comportamento al
polarimetro di un grande numero di sostanze. Alcune, come la trementina,
l'essenza di limone, le soluzioni di canfora in alcol e le soluzioni di zucchero
in acqua, risultavano otticamente attive. Altre, come l'acqua, l'alcol e le
soluzioni di sale in acqua, erano otticamente inattive. Più tardi molti prodotti
naturali (carboidrati, proteine e steroidi, tanto per citarne alcuni) furono
aggiunti all'elenco dei prodotti otticamente attivi. Qual è la caratteristica
strutturale delle molecole che ne determina l'attività o la
mancanza di attività ottica? Perché le molecole chirali sono
otticamente attive
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Quando la luce polarizzata attraversa una molecola si ha interazione
fra la luce e gli elettroni della molecola. L'interazione provoca una
piccolissima rotazione del piano di polarizzazione a causa
dell’interazione tra i campi elettrici e magnetici generati dal moto
degli elettroni della molecola e quelli della luce. Nel polarimetro noi
non mettiamo la molecola singola, ma un numero enorme di
molecole di una data sostanza .
Se la sostanza è achirale, per ogni molecola in una data orientazione
che ruota il piano della luce polarizzata in una data direzione,
esisterà sempre un'altra molecola, con orientazione speculare, che
ruoterà il piano di un angolo uguale, in senso opposto. Ne viene che
il raggio di luce passa attraverso il campione senza subire una
variazione netta del piano di polarizzazione.
Le molecole achirali sono otticamente inattive..
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La situazione cambia nel caso di molecole chirali.
Prendiamo un campione costituito da un solo
enantiomero (poniamo sia R) di una sostanza chirale. Per
ogni molecola in una data orientazione non esiste più
l'orientazione speculare (perché l'immagine speculare è
propria di una molecola diversa, quella dell'enantiomero
S). La rotazione della luce polarizzata, provocata dalla
molecola, non è compensata da quella di un'altra
molecola e la luce, nell’attraversare il campione, subisce
una variazione del piano di polarizzazione.
Le molecole chirali sono otticamente attive.
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Presentazione prof Murano, Polarimetria, 261 kb