Il disastro di Chernobyl
Chernobyl, Ucraina, 26 aprile 1986
25 Aprile 1986: nella centrale nucleare di Chernobyl è in
corso un esperimento non autorizzato.
Obiettivo: Si voleva verificare se nel caso di un
abbassamento fortuito di potenza, vi fosse energia
elettrica sufficiente per mettere in funzione i dispositivi
di raffreddamento di emergenza.
Per evitare lungaggini burocratiche i
ricercatori di
Donetsk hanno contattato direttamente i direttori delle
centrali dotate di reattore di tipo RBMK: Leningrado,
Smolinsk, Koursk, Ignalina e Chernobyl.
Il direttore di Chernobyl è l’unico che accetta. Il 25 aprile
sono previsti i consueti lavori periodici di manutenzione
della centrale: arresto temporaneo del reattore.
Durante l’esperimento non sono presenti né il direttore, né
l’ingegnere capo della centrale.
La centrale di Chernobyl è costituita da quattro
reattori, uno a fianco all’altro, ognuno in grado di
produrre 1 gigawatt (GW) di energia elettrica.
Le unità 1 e 2 sono state realizzate tra il 1973 e il
1974, mentre la 3 e la 4 completate nel 1983; altri due
reattori, sempre da 1 GW l’uno, sono in fase di
realizzazione.
La centrale è situata a pochi chilometri da Pripyat, 18
chilometri a nord-ovest della città di Chernobyl e 110
chilometri a nord della capitale Kiev e dista solo 16 km
dal confine con la Bielorussia.
Reattori RBMK
Reaktor Bolshoi Moshchnosty Kanalky => reattore di grande potenza a
canali. In uso dal 1972.
Adattamento di un reattore militare, progettato in origine per produrre
materiale fissile a scopo bellico .
Il reattore RMBK è come un grosso cilindro di 14 metri di diametro e
sette di altezza.
• 4 pompe di raffreddamento principale, una delle quali sempre pronta ad
essere azionata;
• 221 barre di controllo;
• 2.500 blocchi di grafite (che pesano oltre 1.500 tonnellate) e che hanno
il ruolo di moderatori della combustione, all'interno dei quali sono ricavati
i canali in cui viene immesso il combustibile.
Le centrali nucleari
Sono
costituite
da
una
struttura in cui si trova il
combustibile nucleare (uranio
naturale o uranio arricchito nel
suo
isotopo
235),
detta
nocciolo, nella quale avvengono
le reazioni di fissione nucleare,
e
da
un
insieme
di
apparecchiature ausiliarie che
provvedono ad asportare il
calore prodotto dalla fissione e
a convertirlo in altre forme di
energia.
Queste
apparecchiature
ausiliarie sono in larga misura
identiche a quelle usate nelle
centrali
termoelettriche
convenzionali.
All'interno del nocciolo, il combustibile nucleare è presente
sotto forma di barre o di pastiglie, intercalate ad acqua, acqua
pesante, grafite o berillio con la funzione di moderatori di
neutroni, cioè di rallentare i neutroni perché possano generare
più facilmente la fissione dei nuclei del combustibile.
Per controllare questa reazione a catena, nel nocciolo possono
essere inserite le barre di controllo, composte da sostanze
(per es., cadmio e boro) in grado di assorbire i neutroni: il loro
maggiore o minore inserimento permette di controllare il
numero di neutroni disponibili per la fissione.
Attraverso il nocciolo circola il fluido di raffreddamento che ha
lo scopo di sottrarre il calore prodotto e di portarlo alle
apparecchiature per trasformarlo in energia elettrica o
meccanica. Il fluido di raffreddamento deve assorbire
pochissimo i neutroni e realizzare uno scambio termico ottimale;
le sostanze più usate sono l'acqua, il sodio liquido (nei reattori
veloci), il biossido di carbonio e l'elio.
Problema: in condizioni di bassa potenza (700 MW) l’acqua
forma delle “bolle” di vapore che diminuiscono la sua capacità di
refrigerare, mentre la grafite continua a produrre i neutroni
per la reazione a catena.
Il reattore tende a surriscaldarsi e la potenza può salire molto
velocemente: coefficiente di vuoto positivo.
Caratteristica vietata nei reattori nucleari occidentali per
motivi di sicurezza.
Difetto di
sovietica:
costruzione
già
segnalato
alla
direzione
rischi di instabilità quando il reattore
è a bassa potenza
4 incidenti: nel 1975 a Leningrado, nel 1982 a Chernobyl,
nel 1981 e 1983 a Ignalina. Nessuno ne aveva mai saputo
nulla.
Nei reattori RBMK le barre impiegano oltre 20 secondi a
entrare completamente nel nocciolo, invece dei 2 previsti
per altri tipi di reattori.
Il 2 febbraio 1984 una lettera ufficiale del direttore
dell’Istituto per la Ricerca e il Design degli impianti nucleari
sovietico segnalava il problema al Cremlino: segreto di Stato.
Gli operatori delle centrali erano totalmente all’oscuro, così
come i ricercatori di Donestk.
00:00 il sistema di raffreddamento di emergenza è stato
isolato il giorno prima, per non disturbare lo svolgimento del
test. La potenza è scesa da 1600 MW a 720 MW.
00:18 La potenza è a 500 MW. Il controllo viene affidato al
sistema automatico del reattore, così da mantenere stabile
la potenza intorno a quel valore.
Il sistema non funziona, la potenza crolla a 30 MW. Bisogna
farla risalire in fretta per condurre l’esperimento. Si tratta
di ritirare le barre di controllo e poi accendere le pompe del
sistema di raffreddamento, per portare via calore dal
nocciolo.
Per procedere più spediti viene disattivato il sistema
automatico nel separatore di vapore, che blocca troppo il
flusso.
01:21 Tutti gli indicatori sono anomali.
01:24 Vengono chiuse le valvole che alimentano le turbine.
La produzione di vapore aumenta in maniera esponenziale,
la potenza risale troppo rapidamente, tutta l’acqua
comincia a bollire, in venti secondi la reazione diventa
incontrollabile.
L’operatore preme il tasto di protezione di emergenza, che
dovrebbe arrestare il sistema, ma le sbarre di controllo
rientrano lentamente nel nocciolo e invece di spegnere la
reazione è come se la comprimessero nella parte bassa del
reattore.
Le pastiglie di uranio si sbriciolano, reagiscono con l’acqua
provocando la radiolisi e una produzione esplosiva di
ossigeno e idrogeno. In 4 secondi la potenza del reattore
4 aumenta di 100 volte.
Il tetto superiore, di ben 2.700 tonnellate di cemento
armato, si affloscia su se stesso come fosse di cartone
e rimane appeso in posizione quasi verticale, provocando
lo sprofondamento della base del reattore di almeno
quattro metri.
La grafite reagisce con l’aria formando monossido di
carbonio, che comincia a bruciare a una temperatura di
3000 gradi centigradi, determinando la fuoriuscita e la
diffusione nell’ambiente di gran parte del materiale
radioattivo contenuto nel reattore 4.
Una colonna infuocata di gas e materie radioattive si
alza verso il cielo superando l’altezza di un chilometro.
Chernobyl prima e dopo
Nel reattore c’erano 190 tonnellate di combustibile
nucleare.
Oltre 35 tonnellate furono proiettate fuori dalla
parte nord accumulandosi all’esterno.
Altre 135 tonnellate si fusero, colando nella zona
inferiore del reattore.
Un'altra decina di tonnellate sotto forma di polvere
invasero l’interno della centrale, mentre altre 10
tonnellate furono proiettate sotto forma di
frammenti fuori da Chernobyl.
A seguito dell’esplosione verificatasi nel reattore 4 e del
successivo incendio che ne seguì furono liberate
nell’atmosfera sostanze radioattive per un attività totale
pari a circa 14 EBq (1 EBq = 1018 Bequerel = 1 miliardo di
miliardi di Bequerel) circa 400 volte la bomba di
Hiroshima!!
Le comuni attività dimpiegate per trattare certi tipi di
tumore difficilmente supera i 3.7·108 Bequerel.
La fuoriuscita si protrasse nel tempo dal momento
dell’esplosione (26 aprile) fino a circa il 6 maggio sotto
forma di gas, vapori,polveri…
Fra i principali radionuclidi liberati, quelli aventi maggior
impatto biologico erano rappresentati dallo Iodio (131I, 132I,
134I, 135I), dal Cesio (134Cs, 137Cs) e dallo Stronzio (89Sr,
90Sr).
Contaminazione ambientale
Le particelle di maggiori dimensioni ricaddero in un raggio di
circa 100 km dalla centrale, provocando la maggior parte della
contaminazione.
I gas, le polveri più sottili, furono trasportati dalle correnti in
varie parti dell’emisfero, per poi ricadere al suolo con le
precipitazioni.
L’impatto non ha riguardato solo Ucraina, Bielorussia e Russia:
più della metà del Cesio 137 rilasciato in atmosfera ha
raggiunto altri Paesi europei.
Almeno 14 Paesi europei (Austria, Svezia, Finlandia, Norvegia,
Slovenia, Polonia, Romania, Ungheria, Svizzera, Repubblica
Ceca, Italia, Bulgaria, Repubblica Moldava e Grecia) sono stati
raggiunti da radiazioni sopra 1 Ci/km2 (1 Curie su metro
quadrato pari a 37 kBq/m2), il limite usato per definire
radioattiva un’area.
Nube radioattiva in tutta Europa:
131I
 T1/2  8 giorni
137Cs
 T1/2  30 anni
La nube attraversa la
Bielorussia,
dove
deposita il 70% dei
radionuclidi emessi e
contamina il 23% del
territorio,
l’Ucraina
(7%) e la Russia (0,6%)
per
un
totale
di
162,000
km2
contaminati.
La contaminazione è a
“macchia di leopardo”,
molto
irregolare,
a
causa delle correnti,
dei venti e delle piogge.
LA DEPOSIZIONE DEL CESIO
Immagine animata della deposizione del
Cesio nei primi 12 giorni dopo l'incidente
di Chernobyl. Ogni scatto animato
corrisponde,approssimativamente, a 12
ore.
Le unità d’intervento
I pompieri
I primi ad andare alla
centrale nucleare per
spegnere l’incendio e
quindi
interrompere
l’emissione di materiale
radioattivo
furono
circa 600 vigili del
fuoco che pomparono
acqua
fredda
nel
centro del reattore
per le prime dieci ore
dopo
l’incidente.
L’intervento non diede i
risultati desiderati e
fu quindi abbandonato.
I liquidatori
Tra il 27 aprile e il 5 maggio,
più di 30 elicotteri militari
sorvolarono il reattore in
fiamme
sganciando
2.400
tonnellate di piombo e 1.800
tonnellate di sabbia nel
tentativo di estinguere il
fuoco
ed
assorbire
le
radiazioni.
Tutti questi tentativi non solo si rivelarono tuttavia inutili, ma anzi
peggiorarono la situazioni per via del calore accumulatosi al di sotto
dei materiali scaricati.
La temperatura all’interno del reattore aumentò nuovamente con un
conseguente aumento della quantità di radiazioni emesse. Alla fine,
il reattore venne raffreddato utilizzando azoto. L’incendio fu
domato e le emissioni radioattive messe sotto controllo solo il 6
maggio.
Compiti dei liquidatori:
• ripulire la centrale (rimuovevano con delle pale la grafite
accumulatasi sopra la centrale: venivano chiamati per
questo “cicogne”), i villaggi e le strade;
• spostare con le loro braccia il materiale contaminato;
•seppellire con le pale quintali di scorie e materiale
radioattivo;
•lavare con getti d’acqua la
struttura della centrale,
i palazzi di Pripyat e le
case dei villaggi;
•successivamente gli venne
dato il compito di interrare intere città.
Chiunque resti sul tetto più di 3 minuti è destinato a morire.
Eppure…Migliaia tra pompieri, soldati, operai spalavano
macerie radioattive pezzi di grafite che emanavano, in un
secondo e mezzo, la dose che una persona accumula in una
vita intera in condizioni naturali, usando semplici badili o a
mani nude, con mascherine, stivali e guanti di gomma…
Furono circa 800.000 persone fra militari e civili, e molti
tra loro erano volontari ed anche donne.
La reazione nell’Urss
•28 Aprile, 1986
17:58 L‘Ansa riprende una notizia che proviene
da Stoccolma: "I centri di controllo svedesi hanno
registrato livelli di radioattività più alti del normale che
potrebbero essere causati da una perdita di una
centrale dell‘Unione Sovietica".
21:00 L‘agenzia di stampa sovietica Tass
annuncia che "un incidente è avvenuto nella centrale
nucleare di Chernobyl in seguito a un danneggiamento di
un reattore atomico", "sono state prese le misure per
eliminare le conseguenze dell‘incidente" e che "si sta
dando concreto aiuto ai colpiti".
•Dopo 36 ore viene evacuata la popolazione della città di
Pripyat (circa 45.000 persone)
•Il 3 maggio viene dato l’ordine di evacuare la
popolazione nel raggio di 30 km dalla centrale (circa
130.000 persone).
• Solo il 30 aprile si riesce ad avere una fornitura di
azoto liquido e l’incendio verrà spento il 6 maggio…
• 1 Maggio 1986: si inizia a controllare l‘acqua e il
latte.
• 23 Maggio 1986: vengono distribuite pastiglie di
ioduro di potassio.
•L’URSS ammise pubblicamente la gravità del disastro
solo il 14 Maggio con un discorso di Gorbaciov.
Dose totale di irraggiamento
e contaminazione
•dose nube: dovuta alla esposizione diretta alla nube
radioattiva;
•dose inalata: dovuta alla inalazione di radionuclidi, in
parte espirati e in parte trattenuti con la respirazione;
•dose al suolo: dovuta alla radioattività depositata al
suolo e su altre superfici  dipende dal tempo di
dimezzamento dei radionuclidi oltre che dal tempo di
permanenza nelle aree contaminate;
•dose da catena alimentare: dovuta alla ingestione di cibi
e bevande contaminate.
• Iodio 131: assorbito prevalentemente dalla tiroide (vita
media 8 giorni)
• Stronzio 90: entra a far parte costitutiva del tessuto
osseo. Causa la leucemia (vita media 28 anni). Oggi gli
esperti assumono che l’80% dello stronzio sia già entrato
nella catena alimentare.
• Cesio 137: Il cesio viene assorbito nel tratto
gastrointestinale e viene depositato nei muscoli, nei
testicoli, nel fegato, nelle ossa e nel sangue (tempo di
dimezzamento di 30 anni).
Negli anni’90 sono stati trovati bambini con valori di
radioattività di 5000 Bq/kg…Se un bambino pesa 10 kg
significa che viene colpito internamente, ogni secondo, da
50.000 raggi gamma…La normalità sarebbe ZERO.
Funghi, mirtilli, patate, latte…
Molti nuclidi furono spazzati via dal suolo dalla pioggia
ed entrarono nelle falde acquifere e nei fiumi.
Durante l’incidente fu rilasciato anche del Plutonio
239 (tempo di vita media di circa 24.000 anni).
Gli scienziati sono particolarmente preoccupati
perchè il Plutonio può decadere in Americcio.
Quest’ultimo può raggiungere gli strati del suolo più
profondo in un tempo molto breve, rappresentando
una seria minaccia per le riserve di acqua per i
prossimi secoli (vita media dell’Americcio: 433 anni).
Tranne lo Iodio, tutti gli altri elementi radioattivi
entrano nel corpo umano attraverso la catena
alimentare. L’esposizione delle persone attorno a
Chernobyl è quindi diversa da quella delle vittime delle
bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.
In quest’ultimo caso infatti le persone furono esposte
ad alte dosi in un tempo molto breve, mentre nel caso
di Chernobyl la maggior parte delle persone sono state
esposte a basse dosi di radiazioni su un periodo di
tempo lungo.
Meno irraggiamento esterno ma molte più patologie
legate all’irraggiamento cronico di lungo periodo,
quello che deriva dall’alimentazione contaminata.
Conseguenze sanitarie del disastro di
Chernobyl
Quattro gruppi di popolazione sembrano essere stati
maggiormente colpiti dalle maggiori ripercussioni
sanitarie:
1.lavoratori impiegati nella bonifica, i cosiddetti
‘liquidatori’, inclusi i militari che hanno costruito il guscio
protettivo del reattore;
2. evacuati dalle aree fortemente contaminate nel raggio
di 30 chilometri dalla centrale
3. residenti delle aree meno contaminate
4. bambini nati da famiglie appartenenti ai tre gruppi di
cui sopra
31
Le prime tre vittime dell’incidente furono tre operatori: uno
morì immediatamente investito direttamente dall’esplosione, il
secondo per infarto miocardico, il terzo per le ustioni riportate.
237 liquidatori (vigili del fuoco, personale civile e militare):
diarrea, vomito, comparsa di lesioni cutanee, difficoltà
respiratorie.
21 morirono subito (dosi maggiori). Nei sopravvissuti si
manifestò un grave abbassamento delle difese immunitarie, che
rese necessario anche trapianti di midollo osseo.
Conseguenze sanitarie tardive:
il cancro alla tiroide
Nei meccanismi di sintesi degli ormoni tiroidei lo Iodio
costituisce l’elemento costitutivo fondamentale: questo
elemento viene assunto dall’organismo prevalentemente
attraverso la catena alimentare.
In molti Paesi, tra cui la Bielorussia, vi è una condizione di
scarso apporto iodico alimentare che rende le tiroidi
particolarmente “avide” di questa sostanza.
Quando, in seguito all’esplosione del reattore 4, furono
liberate enormi quantità di Iodio, questo fu rapidamente
concentrato nelle tiroidi delle persone soggette a
contaminazione.
In generale la dose di radioattività ricevuta da un organo
dipende da 3 fattori:
• la sua massa;
• la sua capacità di concentrare la sostanza radioattiva;
• il tempo di permanenza della sostanza radioattiva al suo
interno (emivita biologica)
A parità di radioattività trattenuta, la quantità di dose è
inversamente proporzionale alla sua massa  tiroidi di
minori dimensioni ricevono in proporzione maggiori quantità
di dose.
Inoltre le tiroidi dei bambini sono, per motivi fisiologici,
capaci di concentrare maggiori quantità di iodio.
Le tiroidi dei bambini bielorussi che nel 1986 erano appena
nati o avevano un’età inferiore a 6 anni, furono quelle che
ricevettero dosi di radioattività maggiori.
Nel 1990 in Bielorussia si inizia ad osservare un
aumento di carcinomi tiroidei nei bambini, con un
incremento da 0,03 a 3 casi l’anno ogni 100.000
bambini.
Il 98% di questi tumori fu osservato in bambini con
meno di 10 anni; il 65% dei bambini aveva meno di 5
anni; alcuni casi di tumore maligno furono registrati in
bambini ancora in utero al momento dell’incidente.
Prima del 1989 questo tumore era raro e presentava
un’incidenza simile a quella dei Paesi dell’Europa
Occidentale e degli Stati Uniti (l’1% di tutti i tumori
nella popolazione generale).
Un uguale aumento di questa patologia veniva
registrato anche in Ucraina e nella Federazione Russa.
Esiste una forte correlazione fra la distribuzione
temporale e geografica di questo tumore e la
contaminazione da radionuclidi dello Iodio.
Appare evidente che l’incremento dei tumori alla tiroide
in queste zone è dovuto all’esposizione alle radiazioni e in
particolare all’assorbimento degli isotopi radioattivi dello
Iodio rilasciati dal reattore.
La carenza iodica endemica e la mancata attuazione di
una immediata profilassi con ioduro di potassio, che
avrebbe potuto bloccare la captazione del radioiodio,
contribuirono a determinare una elevata esposizione
delle tiroidi alle radiazioni, specialmente nei bambini nei
quali la dose per grammo di tessuto fu molto più
rilevante rispetto all’adulto.
L’incremento raggiunse un picco nel 1993 con una
tendenza al plateau negli anni successivi. Il gruppo dei
bambini più esposti al rischio (≤ 5 anni al momento
dell’incidente) rappresenta la maggioranza dei nuovi
casi/anno, mentre si osserva una tendenza decrescente
di nuovi casi nel gruppo di bambini di oltre 9 anni.
I tumori alla tiroide dovuti all’esposizione alle radiazioni
di Chernobyl si sono mostrati particolarmente aggressivi
con formazione precoce e rapida di tumori secondari alle
ghiandole linfatiche e ai polmoni con peggioramento delle
prognosi e con richieste di interventi chirurgici multipli
da effettuare.
Infatti, se si confrontano i tumori alla tiroide a
insorgenza spontanea con quelli indotti dall’esplosione del
reattore di Chernobyl, si nota che questi ultimi
mostravano una invasione extratiroidea già al momento
della diagnosi nel 49,1% dei casi, rispetto al 24,9% di
tumori simili riscontrati in Italia e Francia.
Gli effetti delle radiazioni ionizzanti sulla tiroide non
sono solo rappresentati dai tumori, ma anche da
manifestazioni autoimmuni, cioè dalla produzione di
anticorpi rivolti contro la tiroide.
L’esposizione della tiroide alle radiazioni (sia esterne che
per l’ingestione di radioiodio) è un fattore di rischio per
l’attivazione di reazioni autoimmunitarie. E’ anche vero
che la tiroide è spesso sede di autoimmunità anche in
popolazioni non esposte a radiazioni.
Una serie di lavori ha dimostrato che nelle aree
mggiormente colpite dalla fuoriuscita della radiazioni
di Chernobyl, esiste un significativo aumento dei valori
degli
autoanticorpi
anti-tiroidei
rispetto
alla
popolazione non esposta (rispettivamente il 6% contro
l’1%).
Dato il lungo periodo di latenza di questi
tumori, è possibile aspettarsi un loro
aumento ancora per decadi e anche la
parte della popolazione che ha ricevuto
dosi relativamente più basse andrebbe
sottoposta a un monitoraggio a lungo
termine in modo da poter intervenire
tempestivamente.
È estremamente complesso valutare il tipo di
effetto per il quale, qualunque dose, per quanto
piccola, può essere capace di causare un danno (per
esempio mutazioni genetiche o induzione di tumori).
Prima che questo potenziale effetto si verifichi,
trascorre inoltre un periodo di tempo che può
essere anche lungo e se a ciò si aggiunge che
esistono
molte
variabili
(diverso
tipo
di
alimentazione, le diverse abitudini di vita, etc.) che
possono influenzare il manifestarsi del danno, si
capisce come sia molto difficile imputare con
assoluta certezza l'insorgenza di un tumore
all'azione di una modesta esposizione alle radiazioni.
 31 persone morirono immediatamente dopo l’incidente e circa
137 furono trattate per una sindrome acuta da raggi;
 il destino di molti liquidatori non è noto e non sappiamo
pertanto con certezza se per coloro che sono deceduti la
causa del decesso sia effettivamente dovuta agli eventi
collegati alla loro attività nelle aree contaminate;
 si è assistito a un reale e significativo aumento dei casi di
tumore della tiroide, in modo particolarmente evidente nei
bambini. Per quanto riguarda le forme diagnosticate negli
adulti non è certo se la maggior prevalenza rilevata sia
dovuta a un reale aumento dell’incidenza o a una maggiore
capacità diagnostica indotta dalla aumentata attenzione nei
confronti di questa patologia;
 i tumori indotti da questo fall-out nella popolazione giovanile
hanno un atteggiamento biologico generalmente più aggressivo
rispetto alle forme spontanee e si manifestano con una
precoce comparsa di metastasi a distanza;
 il periodo di latenza fra la esposizione alle radiazioni e la
comparsa dei tumori è stato più breve rispetto a quanto
atteso;
 non si è verificato alcun significativo aumento scientificamente
comprovato di leucemie, malformazioni fetali, anomalie
congenite o di altre manifestazioni patologiche indotte dalle
radiazioni sulla popolazione esposta al fall-out;
 pur essendosi verificato un fall-out non trascurabile nei Paesi
della Cee che può aver determinato una dosimetria capace di
indurre un minimo numero di tumori tiroidei, esso è
assolutamente irrilevante rispetto alla insorgenza spontanea di
questo tumore.
Conseguenze sanitarie:
due diverse verità…
Le stime sulla mortalità derivante dall’incidente di Chernobyl
variano a seconda dei parametri presi in esame.
• L’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) nel 2005
parla di soli quattromila morti.
• Il TORCH-Report (The Other Report on Chernobyl), uno studio
svolto in Gran Bretagna, stima che a seguito dell’incidente nucleare
ancora tra le 30.000 e le 60.000 persone moriranno di tumore.
• Statistiche più recenti di Greenpeace stimano invece in
duecentomila le morti dovute all’incidente di Chernobyl, tra il ’90 e
il 2004 prendendo in esame solo Ucraina, Bielorussia e Russia.
In aggiunta ci furono considerevoli migrazioni dalle
regioni contaminate a quelle intatte, che possono
essere ricostruite solo parzialmente.
Cbi contaminati furono distribuiti alle zone “pulite” e
cibi sani furono distribuiti alle aree contaminate.
Ci si aspetta che certi tipi di cancro ed effetti
genetici impiegheranno anni e addirittura decenni
prima di fare la loro comparsa. Chiunque rivendichi la
conoscenza delle risposte finali sul caso di Chernobyl
– come fa l’AIEA nelle sue dichiarazioni alla stampa –
sta mentendo.
Ma cosa spinge l’AIEA a pubblicare dati e figure che
possono non essere esatti? Cosa la spinge a queste
interpretazioni?
L’obiettivo principale dell’AIEA è la promozione in
tutto il mondo dell’uso pacifico delle tecnologie
nucleari.
Nello stesso momento in cui sminuisce le conseguenze
di Chernobyl, l’AIEA sta finanziando una campagna di
rinascita dell’energia nucleare. Lo scopo è la
costruzione di nuovi reattori nucleari in tutti i
continenti.
Il conflitto di interesse è evidente…
Le conseguenze sulla centrale
Il reattore 2 e il reattore 1 rimasero in funzione
rispettivamente fino al 1991 e al 1996, entrambi messi fuori
uso da un incendio, mentre il reattore 3 fu spento solo il 12
dicembre 2000, dopo lunghe trattative e lo stanziamento di
finanziamenti da parte dell’Occidente.
Il sarcofago che ricopre i resti della centrale nucleare fu
pensato come misura ad interim concepita per durare massimo
20-30 anni. Ma già nel 1994 un consorzio a guida francese, il
“Campenon Bernard SGE”, fu incaricato di effettuare uno
studio di fattibilità per la costruzione di una nuova struttura.
In seguito allo studio di fattibilità svolto nel 1995 dal consorzio
è emerso che l’attuale sarcofago è instabile e non offre
garanzie in caso di terremoti; non è adatto a conservare
materiali radioattivi la cui vita media supera i 10.000 anni.
Vennero utilizzate oltre 300.000
tonnellate di cemento ed oltre
100.000 tonnellate di strutture
metalliche.
Il terreno circostante venne
ricoperto con altri 100.000 metri
quadrati di cemento nel tentativo
di ridurne la radioattività.
Conseguenza di tutto ciò è che il
peso di questa mastodontica
struttura si è moltiplicato ed oggi
questo soprappeso grava sulle
fondamenta che da 20t/mq si è
giunti
sino
ai
200
t/mq,
provocando così un progressivo
abbassamento del terreno – che
poggia su materiale argilloso- che
ormai si è abbassato di 4m.
All’interno del sarcofago è
contenuto il 95% del materiale
radioattivo
sprigionato
al
momento dell’incidente. Nel caso
in cui il sarcofago cedesse il
materiale sarebbe rilasciato
pericolosamente
nell’ambiente
scatenando
una
catastrofe
mondiale;
si
stima
che
potrebbero
fuoriuscire
4
tonnellate
di
polveri
radioattive.
Attraverso i 1000 metri
quadrati di crepe e fessure si
infiltrano ogni anno 2.200
metri cubi di acqua piovana
(oltre all’acqua di condensa,
altri 1.650 metri cubi), che
corrodono e danneggiano le
strutture
metalliche.
Le
infiltrazioni sono un grave
pericolo per le falde acquifere
e i fiumi.
Possibile conseguenza: l'infiltrazione di una "sensibile quantità
di stronzio radioattivo" (parole del Professor Vadim Goudzenko
di Kiev) nel fiume Pripyat che passa vicino a Chernobyl e
fornisce parte dell'acqua potabile della capitale Ucraina.
Senza i finanziamenti della
Comunità internazionale l’Ucraina
non è in grado di portare avanti il
progetto della costruzione di un
nuovo sarcofago. Solo nel 2000,
gli ucraini hanno speso più del 5%
del loro Pil per mitigare gli
effetti
sociali,
sanitari
e
ambientali del disastro.
Il 20 novembre 1997 è nato il
“Chernobyl
Shelter
Found”
(CSF) amministrato dalla Banca
europea per la ricostruzione allo
sviluppo.
Per
realizzare
il
progetto è necessario oltre un
miliardo di US dollari.
Ancora oggi un’area vasta come due volte l’Irlanda situata tra la
Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, con una popolazione di due
milioni e mezzo di abitanti, è altamente radioattiva.
In molti dei villaggi evacuati è tornata a vivere la gente; la
cosiddetta “zona morta” è fatta di rigogliosi boschi di betulle e
di corsi d’acqua dove si pesca. Nessuno crede alla pericolosità
delle radiazioni; le radiazioni non si vedono, non alterano il sapore
dei cibi. Gli uomini pescano incuranti dei divieti e i bambini vanno
nei boschi a cogliere mirtilli e funghi.
Chi ammette di mangiare cibo contaminato, di bere latte
radioattivo, non ha altra alternativa che lasciare i villaggi per
vivere di stenti nella povertà nelle periferie di Kiev o di Minsk.
Se il vento quel 26 aprile 1987 avesse
soffiato verso est le radiazioni avrebbero
cancellato Kiev e con la capitale ucraina due
milioni e mezzo di persone…
La fissione nucleare
I nuclei pesanti (Z>92), se bombardati ad es. con neutroni, tendono
a decadere spezzandosi in due nuclei di massa circa metà di quella
di partenza, emettendo inoltre altri neutroni, che possono provocare
una reazione a catena.
Nella fissione viene
emessa energia
n
235
92 U

236 *
92 U


144
56 Ba
140
54 Xe


89
36 Kr  3n
94
38 Sr  2n
1g di fissione 
30000 kWh di energia
= consumo familiare
di 5 anni!!!
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Chernobyl