Che cosa è l’ischemia
miocardica ?
ISCHEMIA MIOCARDICA
 “L’ ischemia è quella condizione in cui la
deprivazione di ossigeno è accompagnata
da inadeguata rimozione di metaboliti
conseguente alla ridotta perfusione.”
 Durante ischemia si determina uno
squilibrio tra domanda ed apporto di
ossigeno miocardico.
 In presenza di una ostruzione coronarica,
un aumento delle richieste d’ossigeno
dovute ad esercizio, tachicardia o stress
emotivi porta ad un transitorio equilibrio.
Questa
condizione
viene
definita
“ischemia da aumentata richiesta” ed è
responsabile della angina stabile.
ISCHEMIA MIOCARDICA
 In altre situazioni lo squilibrio è causato da una
riduzione del consumo di ossigeno secondario
all’aumento del tono vascolare coronarico o
all’aggregazione piastrinica e alla formazione di
trombi; questa condizione, definita “ischemia da
ridotto apporto” è alla base dell’infarto miocardico
e dell’angina instabile.
FATTORI DETERMINANTI IL CONSUMO
DELL’OSSIGENO MIOCARDICO
Frequenza
cardiaca
Sviluppo
di
Tensione
Stato
Contrattile
REGOLAZIONE DEL FLUSSO
CORONARICO
Poiché la tensione ventricolare sviluppata durante la
sistole comprime i vasi intramiocardici, la maggior parte
del flusso coronarico avviene durante la diastole.
Le resistenze al circolo coronarico vengono regolate
da alcuni meccanismi di controllo:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Metabolismo miocardico
Controllo endoteliale
Autoregolazione
Controllo miogenico
Forze compressive extravascolari
Controllo del Sistema Neurovegetativo
LA RISERVA CORONARICA
L’ischemia causata da una transitoria occlusione
coronarica è seguita da un aumento del flusso al di sopra dei
valori di base, una risposta denominata iperemia reattiva.
Questo fenomeno sarebbe dovuto
metaboliti vasoattivi quali l’adenosina
all’accumulo
di
La differenza tra il flusso coronarico basale e quello di
picco durante iperemia reattiva rappresenta la riserva di
flusso coronarico.
Il concetto di riserva coronarica definita come rapporto tra
flusso massimo e flusso a riposo è una misura delle
resistenze coronariche (v.n. >3.5 il flusso di base). Resistenze
anormali possono essere causate da stenosi o disordini
microcircolatori.
L’Angina Stabile
La malattia delle arterie coronarie
(CAD) è nella maggior parte dei casi
dovuta all’ostruzione delle arterie
coronarie da parte delle placche
ateromatose.
ANGINA STABILE
DEFINIZIONE
È un dolore toracico provocato da ischemia miocardica ed associato
ad alterazioni della funzionalità miocardica ma in assenza di
necrosi.
Il dolore è precipitato dallo sforzo fisico o da situazioni che diano
discrepanza fra richiesta di Ossigeno da parte del miocardio ed
insufficiente disponibilità di flusso coronarico.
Nel termine stabile è insito un concetto di costanza e ripetibilità del
disturbo nel tempo sia in termini di frequenza che di severità
degli episodi anginosi.
ANGINA STABILE
Classificazione sec Canadian Cardiovascular Society (CCS)
Classe I: l’attività fisica ordinaria non comporta angina. Non compare
angina camminando o salendo le scale, mentre compare durante
uno sforzo intenso, rapido o prolungato.
Classe II: lievi limitazioni: l’angina compare camminando o salendo le
scale rapidamente, camminando in salita, camminando o salendo le
scale dopo i pasti, al freddo, con il vento, durante stress emotivo o
nelle prime ore dopo il risveglio. Camminando per più di due isolati
in piano o salendo le scale per più di un piano a passo normale in
condizioni normali.
Classe III: limitazione marcata dell’attività fisica ordinaria. L’angina
compare camminando per uno o due isolati in piano e salendo le
scale per più di un piano in condizioni normali.
Classe VI: incapacità a condurre qualsiasi attività fisica senza dolore
anginoso. La sindrome anginosa può essere presente anche a riposo.
ANGINA STABILE
Classificazione sec New York Heart Association (NYHA)
Classe I: pazienti con malattia cardiaca ma senza limitazioni alla loro
attività fisica. L’attività fisica ordinaria non comporta fatica,
palpitazioni, dispnea o angina.
Classe II: pazienti con malattia cardiaca e lieve limitazione
dell’attività fisica ordinaria. Essi non presentano disturbi a riposo
ma l’ordinaria attività fisica comporta fatica, palpitazioni, dispnea
od angina.
Classe III: pazienti con malattia cardiaca e marcata limitazione
dell’attività fisica ordinaria. Essi non presentano disturbi a riposo
ma attività fisica inferiore all’ordinaria comporta fatica,
palpitazioni, dispnea od angina.
Classe VI: inabilità a condurre qualsiasi attività fisica senza
disagio.Sintomi di insufficienza cardiaca o angina possono
comparire anche a riposo.
ANGINA STABILE
Caratteristiche
Sensazione di soffocamento ed angoscia, dolore costrittivo
ed opprimente, retrosternale, spesso irradiato, per lo più
lungo la superficie ulnare del braccio sinistro a volte
anche il braccio destro od entrambi. Un dolore al disopra
della mandibola o sotto l’epigastrio difficilmente è di
origine cardiaca.
Nei diabetici e nei pazienti anziani spesso sono presenti
sintomi di ischemia diversi dall’angina (equivalenti
anginosi).
La dispnea a riposo o da sforzo può essere indice di
un’ischemia molto grave.
ANGINA STABILE
Caratteristiche
L’angina pectoris tipica regredisce dopo pochi minuti con il
riposo o la nitroglicerina. Un ritardo di 5-10 min prima
della regressione del dolore suggerisce che i sintomi non
dipendano da ischemia od in alternativa da ischemia grave.
Caratteristiche che non sono suggestive per angina sono la
fugacità del dolore, la momentaneità del dolore descritto
come una pugnalata, l’aggravamento o lo scatenamento del
dolore con il respiro o con un singolo movimento del tronco
o di un braccio, la regressione in decubito orizzontale o con
la deglutizione, la localizzazione in un’area molto piccola,
l’accentuazione alla digitopressione, la durata oltre i trenta
minuti, a meno che il paziente non abbia un infarto od
un’aritmia.
ANGINA STABILE
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Patologie esofagee (reflusso, spasmo esofageo)
Coliche biliari
Sindrome costo-sternale (digitopressione)
Radicolite cervicale
Ipertensione polmonare grave
Embolia polmonare
Pericardite acuta
ANGINA STABILE
FISIOPATOLOGIA
Angina dovuta ad
aumentata
richiesta di
ossigeno
miocardico.
ANGINA STABILE
DIAGNOSI
ELETTROCARDIOGRAMMA A RIPOSO:è normale in
circa la metà dei pazienti. Le più frequenti anomalie sono
rappresentate da anomalie del tratto ST-T.
ELETTROCARDIOGRAMMA DA
SFORZO:sottoslivellamento orizzontale o discendente del
tratto ST di un mm o più durante sforzo, che regredisce con la
fase di recupero. Presenza di angor durante sforzo. Non
eseguibile in pazienti con limitazioni fisiche o con disturbi di
conduzione tipo blocco di branca sinistro, ipertrofia
ventricolare sinistra.
ANGINA STABILE
DIAGNOSI
SCINTIGRAFIA MIOCARDICA:un radionuclide (tallio-201)
viene iniettato all’apice dello sforzo od alla comparsa del
sintomo. Vengono successivamente ottenute immagini di
captazione del tracciante da parte del miocardio. Evidenza di
zone ipocaptanti.
ANGINA STABILE
DIAGNOSI
ECOCARDIOGRAMMA:valuta la funzione ventricolare
sinistra globale e regionale in assenza ed in presenza di
ischemia, l’ipertrofia ventricolare sinistra ed una valvulopatia
associata.
ECOCARDIOGRAMMA DA STRESS:ecodipiridamolo ed
ecodobutamina.
ANGINA STABILE
DIAGNOSI
Variabili ad alto rischio per ECG da sforzo
• Sottoslivellamento di ST >2 mm
• Sottoslivellamento di ST >1 mm al I stadio
• Sottoslivellamento di ST in molteplici derivazioni
• Sottoslivellamento di ST per oltre 5 min durante il recupero
• Risposta pressoria anomala
• Aritmie ventricolari
ANGINA STABILE
DIAGNOSI
Coronarografia:
La diagnosi definitiva di coronaropatia ed una precisa definizione
della sua gravità anatomica e della prognosi, nonché dei suoi
effetti sulla funzione cardiaca richiedono il cateterismo
cardiaco.
ANGINA STABILE
TERAPIA
1. Riduzione dei fattori di rischio coronarico. (ipertensione,
dislipidemia, attività fisica, fumo di sigaretta.
2. Antiaggreganti. la riduzione dell’aggregazione piastrinica con
aspirina riduce il rischio di complicanze (IMA).
3. Nitrati . determinano un effetto vasodilatante artero(comprese le coronarie) –venoso. La diminuzione del tono
venoso riduce il precarico, producendo di conseguenza una
riduzione della tensione di parete e di richieste di ossigeno
miocardico. La diminuzione del tono arterioso determina una
riduzione di post-carico e quindi del lavoro cardiaco.
ANGINA STABILE
TERAPIA
1. B-bloccanti. Sono efficaci anche come antipertensivi ed
antiaritmici. Hanno capacità di inibire competitivamente gli
effetti delle catecolamine circolanti. A livello miocardico:
riducono la FC, riduzione della contrattilità e della velocità di
conduzione.
2. Calcio antagonosti. L’efficacia di questa classe di farmaci
consiste nel bloccare l’entrata degli ioni calcio e nel rallentare il
recupero dei canali. Si ottiene la riduzione delle richieste
miocardiche di ossigeno ed un aumento dell’apporto; il
secondo effetto è particolarmente importante nei pazienti con
componente vasospastica (Prinzmetal).
LE SINDROMI CORONARICHE
ACUTE
• ANGINA INSTABILE.
• INFARTO:
–CON ST ELEVATO
–SENZA ST ELEVATO
LE TRE PRINCIPALI PRESENTAZIONI
DELLE SCA UA/NSTEMI
Angina a riposo*
Angina che si presenta a riposo,
prolungata, di solito > 20 minuti.
Angina di nuova
Insorgenza
Angina di nuova insorgenza severa
(almeno Classe III CCS).
Aumento dell’ Angina Angina precedendemente diagnosticata
che è diventata chiaramente più
frequente, di durata maggiore, o a soglia
più bassa (aumento di > 1 CCS) fino
almeno ad una classe III CCS.
* Pts with NSTEMI usually present with angina at rest.
Braunwald
Circulation 80:410; 1989
L’Angina Instabile
L’Angina Instabile:
Patogenesi
The Most Common Type of Vulnerable Plaque
Naghavi et al. Circulation. 2003;108:1664
La rottura della placca o la sua erosione sembrano
elementi necessari ma non sufficienti ad innescare una
sindrome coronarica acuta.
Fattori che possono influenzare questo fenomeno sono:
 CONDIZIONI LOCALI DI FLUSSO (Un ridotto flusso può
condizionare la formazione di un trombo parietale o
occlusivo)
 L’INTENSITA’ DELLO STIMOLO TROMBOGENICO
(l’abbodanza
del
materiale
lipidico,
altamente
trombogenico, puo’ essere un fattore importante).
 STATO DI ATTIVAZIONE DEL SISTEMA EMOSTATICO
(Sistema di coagulazione da una parte e sistema
fibrinolitico endogeno dall’altra possono influenzare
l’evento trombotico acuto).
Rischio di rottura della placca
Vulnerabilità della
placca
(malattia
intrinseca)
Triggers di rottura
della placca
(Forze
estrinseche)
RUPTURE TRIGGERS
(extrinsic forces)
 La rottura della placca può essere prevenuta
abolendo o riducendo i “triggers”.
 Solo il 5% degli infarti è legato ad uno sforzo
intenso.
 Prelievi autoptici da placche aterosclerotiche di
pazienti fumatori mostrano la presenza di una
maggiore quantità lipidi extracellulari.
 I ß-bloccanti ed i calcio-antagonisti riducono lo
stress meccanico sulla placca.
Fattori che influenzano la
vulnerabilità della placca
 Entità e composizione del core lipidico;
 Spessore della capsula fibrosa;
 Presenza e attività delle cellule infiammatorie
nella capsula fibrosa;
 Attività delle proteasi extracellulari sulla
capsula fibrosa;
ANGINA INSTABILE
DEFINIZIONE
La definizione di angina instabile si basa, oltre che
sull’assenza di chiare modificazioni
elettrocardiografiche ed enzimatiche diagnostiche di un
infarto miocardico sulla presenza di una o più delle tre
seguenti caratteristiche anamnestiche:
1. Angina ingravescente (più grave, prolungata o
frequente), che si sovrappone ad una forma preesistente
di angina da sforzo relativamente stabile.
2. Angina di nuova insorgenza (in genere meno di un mese),
scatenata da minimi sforzi.
3. Angina a riposo o da minimo sforzo.
ANGINA INSTABILE
CLASSIFICAZIONE (sec Braunwald)
Condizioni cliniche
Gravità
I-Angina di nuova
insorgenza, grave o
accelerata con assenza di
dolore a riposo negli
ultimi 2 mesi
II-Angina a riposo,
subacuta. Dolore a
riposo nell’ ultimo mese
ma non nelle ultime 48
ore
III-Angina a riposo,
acuta. Uno o più episodi
di angor a riposo nelle
ultime 48 ore
A-Sviluppo in presenza di
condizioni extracardiache
che intensificano l’ischemia
miocardica (angina
secondaria)
B-Sviluppo in assenza di
C-Sviluppo entro 2
condizioni extracardiache settimane dall’infarto
(angina primaria)
miocardico (angina postinfartuale)
IA
IB
IC
IIA
IIB
IIC
IIIA
IIIB-Tneg
IIIB-Tpos
IIIC
ANGINA INSTABILE
TROPONINE:
Stratificazione del rischio
ANGINA INSTABILE
FISIOPATOLOGIA
1. AGGREGAZIONE PIASTRINICA: fenomeno sia
primario che secondaria alla rottura o fissurazione della
placca. Intervengono altri fattori come un aumento del
tono vascolare simpatico, elevati livelli di catecolamine
circolanti, ipercolesterolemia, attivazone leucocitaria,
fibrinolisi insufficiente.
2. TROMBOSI: la presenza di una maggiore concentrazione
sierica di antigeni correlati alla fibrina suggerisce che si
verifichi anche un processo trombotico attivo oltre
all’aggregazione piastrinica.
3. VASOCOSTRIZIONE CORONARICA: esiste spesso
un’iperreattività vasomotoria in corrispondenza di
precedenti lesioni ateromatose.
ANGINA INSTABILE
SINTOMATOLOGIA
Il disturbo toracico dell’angina instabile è qualitativamente
simile a quello dell’angina classico da sforzo,
generalmente è più intenso, descritto come dolore, può
durare più di trenta minuti e talora risveglia il paziente
dal sonno.
Può essere associato a sudorazione, dispnea, nausea,
vomito.
Il comune intervento terapeutico caratterizzato da riposo e
somministrazione di nitroglicerina sublinguale, che
controlla l’angina cronica stabile, spesso induce soltanto
una remissione temporanea od incompleta dell’angina
instabile.
ANGINA INSTABILE
DIAGNOSI
ELETTROCARDIOGRAMMA: si verificano comunemente,
ma non sempre, alterazioni del tratto ST
(sottoslivellamento o sopraslivellamento) e/o inversione
dell’onda T.
ESAMI di LABORATORIO:gli enzimi cardiaci non sono
elevati. La Troponina è una proteina regolatrice che è un
marker specifico di danno cellulare miocardico.
È controindicato in questi pazienti l’esecuzione di un TEST
da SFORZO.
ANGINA INSTABILE
TERAPIA
NITRATI: risolvono il dolore ischemico. Possono essere
somministrati per via endovenosa. Si può passare alla
somministrazione orale o topica dopo 24 h dall’assenza
dei sintomi.
B-BLOCCANTI:possono essere somministrati a tutti i
pazienti che non presentano controindicazioni al loro
utilizzo. Quando si desidera un betablocco rapido si può
utilizzare la somministrazione endovenosa di esmololo
anche nei pazienti con funzione ventricolare sinistra
compromessa. Il dosaggio dovrebbe essere gradualmente
aumentato in modo da portare la frequenza cardiaca a 5060 BPM.
ANGINA INSTABILE
TERAPIA
EPARINA: per via endovenosa è efficace nei pazienti con
angina instabile. Sei ore dopo l’inizio dell’infusione o ad
ogni modificazione del dosaggio bisogna determinare il
tempo di attivazione parziale della tromboplastina (aPTT).
ASPIRINA E TICLOPIDINA: la potenziale importanza
dell’aggregazione piastrinica e della formazione del
trombo nella patogenesi dell’angina instabile ha
determinato l’importante ruolo dell’aspirina nel
trattamento di questi pazienti.
CLOPIDOGREL: potente antiaggregante piastrinico oggi
consigliato dalle ultime linee guida per il trattamento dei
pazienti con angina instabile ad alto rischio.
ANGINA INSTABILE
TERAPIA
INIBITORI delle GP IIb/IIIa:Il legame del fibrinogeno ad
altre proteine adesive per mezzo del recettore IIb/IIIa
serve come via finale comune per la formazione del
trombo. L’inibizione di questa via riduce ulteriormente la
formazione del trombo. In base ai dati di numerosi trials,
gli inibitori delle GP IIb/IIIa dovrebbero essere utilizzati
nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica
(tirofiban, abciximab, eptifibatide). In particolare nei
pazienti con angina instabile refrattaria ed in quelli che
presentano un profilo di rischio alto può essere utilizzato
il tirofiban. Il TIROFIBAN è un composto non peptidico
derivato dalla tiroxina che produce una inibizione dosedipendente del GP IIb/IIIa.
ANGINA INSTABILE
TERAPIA
PTCA con impianto di stent.
ANGINA di PRINZMETAL
 Nel 1959, Prinzmetal descrisse una sindrome
caratterizzata da dolore cardiaco secondario ad
ischemia miocardica che si verifica nella
maggior parte dei casi a riposo ed associato alla
rilevazione ECG di elevazione del tratto ST.
 Questa sindrome, ora conosciuta come angina di
Prinzmetal od angina Variante, può essere
associata ad infarto acuto miocardico ed a gravi
aritmie cardiache.
L’Infarto Miocardico Acuto
INFARTO MIOCARDICO ACUTO
DEFINIZIONE
È il risultato di un’occlusione
coronarica (temporanea o
permanente) con necrosi ischemica
del miocardio a valle; si verifica nei
portatori di aterosclerosi coronarica
per il complesso intrecciarsi di vari
fattori: fissurazone e rottura di
placca, aggregazione piastrinica,
danno endoteliale, meccanismi
infiammatori.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO
DEFINIZIONE
The Most Common Type of Vulnerable Plaque
Naghavi et al. Circulation. 2003;108:1664
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
ANATOMIA PATOLOGICA
L’IMA può essere suddiviso in due tipi principali:
 infarto trasmurale, in cui la necrosi miocardica coinvolge
l’intera parete.
 infarto subendocardico (non trasmurale) nel quale la
necrosi coinvolge il subendocardio, il miocardio, o entrambi
senza coinvolgere l’epicardio.
Un trombo occlusivo localizzato ad un’arteria coronaria
principale sembra essere più comune quando l’infarto è
transmurale.
L’infarto subendocardico si verifica, invece, frequentemente
in presenza di arterie coronarie non completamente occluse
Estensione
dell’area
infartuata dopo
infarto anteriore
transmurale
Esempi di
aspetti
macroscopici
di cuori con
infarto
cicatrizzato
Che cos’è la troponina?
Il complesso della troponina
è una struttura proteica
presente all’interno dei
miociti.
Concorre a formare l’unità
contrattile delle cellule
muscolari: il sarcomero.
Il complesso della troponina è formato da tre
subunità:
Troponina T
Troponina I
Troponina C
Tale complesso regola, in maniera calciodipendente l’interazione tra i filamenti sottili di
actina e i filamenti spessi di miosina.
La Troponina T lega la tropomiosina, la I inibisce
l’interazione tra l’actina e la testa miosinica.
La
Troponina C, legando in calcio, toglie
l’inibizione
esercitata
dalla
subunità
I,
permettendo così l’interazione dei segmenti
actinici e miosinici. Tale
interazione è
responsabile dell’accorciamento del sarcomero e
Creatin Chinasi (CK)
• E’ una proteina localizzata nel sarcoplasma delle
•
•
•
•
cellule
muscolari.
Sono stati identificati con l’elettroforesi 3 isoenzimi:
BB: CERVELLO E RENE
MM: MUSCOLO SCHELETRICO E CUORE
MB: CUORE (IN MINOR QUANTITA’ NELL’ INTESTINO,
LINGUA,
DIAFRAMMA, UTERO, PROSTATA, E
MUSCOLO
SCHELETRICO: 1-3%)
Le concentrazioni sieriche di CK aumentano 4-8 ore
dall’inizio della necrosi e ritornano alla norma in 2-3
giorni (con un picco alla 24° ora).
Limiti del CK: FALSI POSITIVI
L’esercizio strenuo aumenta il CK e il CK-MB
Quando viene rilasciata la
troponina?
Quando i miociti vanno incontro a
necrosi
perdono
l’integrità
della
membrana plasmatica: ciò comporta
una diffusione delle molecole del
sarcoplasma nell’interstizio cardiaco
e, quindi, nei vasi sanguigni e linfatici.
Perché i miocardiociti vanno incontro a
necrosi durante PTCA?
Durante
le
procedure
interventistiche
può
verificarsi un “microinfarto” definito dalle linee-
guida
dell’AHA/ACC
come
sindrome
caratterizzata dall’assenza di sopraslivellamento
del tratto ST, valori di CK e CK-MB nei limiti, e
valori di cTnT o cTnI elevati (> 0.01 ng/ml)
A cosa è dovuto il “microinfarto” durante
PTCA?
1) Durante la dilatazione di una stenosi si può
provocare
l’occlusione
temporanea
o
permanente di un piccolo vaso collaterale con
conseguente ischemia e necrosi del territorio
da esso irrorato.
2) La dilatazione in sede di placca aterosclerotica
e/o di formazione trombotica ne provoca la
frantumazione e talora l’embolizzazione
distale di piccoli frammenti che, occludendo i
vasi intramiocardici, impediscono la perfusione
dei miocardiociti.
Poiché il tradizionale marker di necrosi
miocardica, il CK e il suo isoenzima MB, ha bassa
sensibilità e specificità è necessario riferirsi a un
nuovo marker di necrosi miocardica che deve
soddisfare le seguenti caratteristiche:
1.Essere
presente
esclusivamente
nei
miocardiociti.
2.Essere rilasciato precocemente e in maniera
direttamente proporzionale all’entità del
danno durante necrosi miocardica.
3.L’elevata concentrazione del marker deve
persistere
per un tempo sufficiente da
consentire una buona
finestra diagnostica
4.La sua misurazione deve essere facile, rapida ed
economica.
CREATIN CHINASI (CK) vs TROPONINE
IL CK-MB RITORNA AI VALORI NORMALI ENTRO 72 ORE DA
UN INFARTO.
LA DEGENERAZIONE DELL’ APPARATO CONTRATTILE
PRODUCE UN CONTINUO RILASCIO DI TnI DAL
COMPLESSO PER 5-10 GIORNI
E DI TnT PER 10-14 GIORNI DOPO IMA, PERMETTENDO UNA
DIAGNOSI TARDIVA DI INFARTO MIOCARDICO.
CREATIN CHINASI (CK) E CK-MB
LE MISURAZIONI DI CK E CK-MB NON DOVREBBERO
ESSERE
ISOLATE
(SINGOLA
MISURAZIONE),
MA
DOVREBBE ESSERE VALUTATO L’AUMENDO E LA
RIDUZIONE NEL TEMPO.
L’AUMENTO DI CK-MB DEL MUSCOLO SCHELETRICO
GENERALMENTE RIMANE AUMENTATO PER UN TEMPO
MAGGIORE RISPETTO AL CK-MB CARDIACO E PRODUCE
UN PATTERN DI “PLATEAU” PER DIVERSI GIORNI.
IN QUESTO CASO, IL DOSAGGIO DELLE TROPONINE (I E T)
PUO’ AIUTARE A DISTINGUERE IL DANNO MUSCOLARE
SCHELETRICO DA QUELLO CARDIACO.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
ETIOLOGIA
ATEROSCLEROSI
ARTERIOPATIE
•ARTERITI: luetica, granulomatosi, PAN
•TRAUMA DI UNA CORONARIA: lacerazione, trombosi, iatrogeno,
da radiazioni.
•ISPESSIMENTO DI PARETE DA DISTURBO METABOLICO:
Mucopolissaccaridosi, omocistinuria, amiloidosi.
•RIDUZIONE DEL LUME DA ALTRI MECCANISMI:
Angina di Prinzmetal, dissezione dell’aorta, dissezione di una
Coronaria
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
FISIOPATOLOGIA
1. FUNZIONE VENTRICOLARE SINISTRA.
FUNZIONE SISTOLICA: si sviluppano quatro quadri
successivi di anomalie contrattili:
Dissincronia, cioè dissociazione temporale di parti dello
stesso segmento muscolare.
Ipocinesia, riduzione dell’accorciamento.
Acinesia, cessazione dell’accorciamento.
Discinesia, espansione paradossa sporgenza sistolica.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
FISIOPATOLOGIA
•
FUNZIONE VENTRICOLARE SINISTRA.
FUNZIONE SISTOLICA
Lesione ischemica ampia
Deterioramento della funzione ventricolare sinistra
Riduzione della GC e della PA
Aumento del volume telesistolico
Dilatazione ventricolare sinistra
Circolo vizioso
Aumento della tensione regionale e
globale
Per la lex di Laplace: T=r*P/2h dove P è la
pressione ventricolare, r il raggio del ventricolo,
h è lo spessore della parete, T è lo stress
parietale.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
FISIOPATOLOGIA
•
REGOLAZIONE della CIRCOLAZIONE.
Depressione della funzione ventricolare sinistra
Diminuisce la gittata sistolica ed aumenta la pressione di riempimento
Riduzione della pressione aortica
Aumento dell’ischemia miocardica
Aumento del precarico
Riduzione della FE
Dilatazione ventricolare
Aumento del postcarico per aumento di
tensione regionale e globale
(lex di Laplace)
Riduzione GS aumento del consumo di O2
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
FISIOPATOLOGIA
1. RIMODELLAMENTO VENTRICOLARE.
Modificazioni delle dimensioni, forma e spessore
del ventricolo sinistro, sia nei segmenti infartuati
che in quelli sani.
Espansione infartuale dilatazione ed
assottigliamento acuti dell’area infartuata non
spiegabili da un’ulteriore necrosi miocardica
(rottura di parete).
Dilatazione ventricolare dilatazione dell aporzione
vitale del ventricolo. Predispone ad aritmie
ventricolari.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
SINTOMATOLOGIA
Il dolore è descritto come sensazione di oppressione
a livello precordiale, di solito irradiato alla spalla ed al
braccio sn.
Può avere severità variabile e solitamente dura per
più di 30 minuti, a volte anche per alcune ore.
Nei pazienti con perdita dell’attività del ventricolo sn
e stimolazione simpatica può essere evidente pallore
al viso e respiro difficoltoso.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
SINTOMATOLOGIA
Dolore epigastrico: in alcuni casi può simulare una
indigestione (IMA inferiore)
Irradiazione al collo e al giugulo
Nausea e vomito: nel 50% dei pazienti
presumibilmente da attivazione di un riflesso vagale
(IMA inferiore)
Assenza di sintomi nel 20-60% di IMA non fatali ( più
frequente in soggetti senza una precedente storia di
angina o con diabete e ipertensione)
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
SEGNI FISICI
Frequenza cardiaca:
Può variare da una marcata bradicardia ad una rapida
regolare o irregolare tachicardia , a seconda del ritmo basale
e della caduta di funzione del ventricolo sn.
Pressione sanguigna:
La maggior parte dei pazienti con IMA non complicato, sono
normotesi, tuttavia la riduzione improvvisa del volume
sanguigno accompagnata da tachicardia può causare una
diminuzione della pressione sistolica ed una elevazione della
diastolica
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
SEGNI FISICI
Temperatura e respiro:
La maggior parte dei pazienti di solito sviluppa un aumento
della temperatura che tende a normalizzarsi in quinta, sesta
giornata.
Anche il respiro può velocemente aumentare di frequenza
subito dopo lo sviluppo di un IMA. Ciò è però legato allo stato
di ansia e di dolore del paziente, e ritorna alla normalità dopo
il trattamento.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
DIAGNOSI
ECG
La zona di lesione non si depolarizza completamente e si
manifesta sul piano elettrico con sopraslivellamento del
tratto ST
Quando il tratto ST comincia a tornare all’isoelettrica le
onde T generalmente si invertono
Le onde Q patologiche di solito si sviluppano entro le
prime 24 ore; nella maggioranza dei casi esse persistono
per anni dopo l’infarto e divengono permanenti ma in
alcuni pazienti si assiste ad una loro totale o parziale
cancellazione.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
DIAGNOSI
ECG: topografia elettrocardiagrafica della necrosi
Infarto miocardico anteriore:
•complesso QS o QR in due o più derivazioni da V1 a
V4 con onda Q di durata uguale o superiore a 0.04 sec o
ampiezza > del 25% dell’onda R.
•Calo dell’ampiezza dell’onda R passando da V1 a V4.
Infarto miocardico antero-laterale:
•Presenza di onde Q patologiche in V4, V5, V6 con onda
Q di durata uguale o superiore a 0.04 sec o ampiezza >
del 15% dell’onda R.
INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
DIAGNOSI
ECG: topografia elettrocardiagrafica della necrosi
Infarto miocardico laterale alto:
•Onda Q in aVL con durata uguale o superiore a 0.04 sec o
ampiezza > del 50% dell’onda R successiva.
•Onda Q in D1 con durata uguale o superiore a 0.04 sec o
ampiezza > del 10% dell’onda R successiva.
Infarto miocardico inferiore:
•Presenza di onde Q patologiche in D2-D3-aVF con onda Q di
durata uguale o superiore a 0.04 sec o ampiezza > del 25%
dell’onda R successiva.
Infarto miocardico postariore: onda R in V1-V2 di durata > 0.04
sec con un rapporto R/S>1.
INFARTO MIOCARDICO Q e non Q
La presenza o l’assenza di un onda Q all’ECG non
permette di fare una corretta distinzione tra infarto
transmurale o non transmurale (subendocardico).
Il riscontro dell’onda Q evidenzia un’attività elettrica
anormale ma non è sinonimo di danno miocardico
irreversibile. Inoltre la sua assenza, può semplicemente
testimoniare una bassa sensibilità dell’ECG standard
soprattutto nelle zone posteriori del ventricolo sn.
INFARTO MIOCARDICO
INFARTO MIOCARDICO
TROMBOLISI
VANTAGGI
• Efficace
• Semplice
• Puo’ essere
somministrata
in ambulanza
o a domicilio
SVANTAGGI
• Non è rapida
• Il 50% dei
pazienti trattati
mostra un flusso
TIMI insufficiente
• Riocclusione
• Maggiore
incidenza di ictus
MORTALITA’ PER IMA
% di mortalità
30
30
16
7.2
7.4
7.0
6.3
0
ANNI
‘60
UTIC
SK+
rt-PA
SK+
rt-PA+
Eparina sc Eparina ev SK “accelerato”
?
INFARTO MIOCARDICO
PTCA
INFARTO MIOCARDICO
PTCA
INFARTO MIOCARDICO
PTCA
INFARTO MIOCARDICO
PTCA
INFARTO MIOCARDICO
PTCA
INFARTO MIOCARDICO
COMPLICANZE dell’IMA (tempo di comparsa)
COMPLICANZE PRECOCI: morte improvvisa come modalità
di esordio di un IMA.
COMPLICANZE nella FASE ACUTA: aritmie, insufficienza
mitralica, scompenso cardiaco, shock.
COMPLICANZE nei GIORNI SUCCESSIVI: estensione
dell’infarto, angina, embolie polmonari o sistemiche, complicanze
di tipo meccanico.
COMPLICANZE POST-ACUTE o CRONICHE: scompenso,
angina, aritmie ipercinetiche, sindrome di Dressler, recidiva di
infarto miocardico.
INFARTO MIOCARDICO
COMPLICANZE dell’IMA (meccanismo fisiopatologico)
DI TIPO RITMOLOGICO: aritmie ventricolari, aritmie
sopraventricolari, turbe della conduzione atrio-ventricolare.
DIPENDENTI dall’INSTABILITA’ del CIRCOLO
CORONARICO: estensione dell’infarto, angina residua.
DI TIPO TROMBOEMBOLICO.
DA DEFICIT della FUNZIONE di POMPA: scompenso
cardiocircolatorio e shock cardiogeno.
DI TIPO MECCANICO: rottura di muscolo papillare,
perforazione del setto interventricolare, rottura della parete
ventricolare.
SHOCK CARDIOGENO
E’ la più severa espressione clinica di insufficienza del
ventricolo sn associata a grosso danno nel miocardio
ventricolare nell’ 80% dei pazienti con IMA, nei rimanenti si ha
un difetto meccanico come rottura del setto o del muscolo
papillare o predominante infarto al ventricolo di dx.
Circa il 10% dei pazienti con shock cardiogeno, presenta
questa condizione al momento del ricovero, il 90% invece lo
sviluppa durante l’ospedalizzazione. Questa sindrome è
caratterizzata da:
•elevata pressione di riempimento ventricolare,
•bassa gittata cardiaca, ipotensione sistemica,
•evidente ipoperfusione degli organi vitali.
ARITMIE VENTRICOLARI
RITMO IDIOVENTRICOLARE ACCELLERATO:
Ritmo ventricolare con una frequenza di 60
125
batt /min , frequentemente chiamato
tachicardia lenta ventricolare.
E’ stata osservata nel 20% dei pz con IMA, e
si verifica frequentemente durante i primi due
giorni, con la stessa frequenza sia negli
infarti anteriori che inferiori.
Questa aritmia è stata frequentemente
osservata dopo lo stabilizzarsi di una buona
riperfusione.
Non c’è una chiara evidenza che
sia correlata ad una aumentata incidenza di
fibrillazione ventricolare o morte.
-
ARITMIE VENTRICOLARI
TACHICARDIA VENTRICOLARE:
E’ definita come tre o più consecutivi battiti ectopici
ventricolari con frequenza maggiore di 100 batt/min e durata
minore di 30 sec. Quando questa aritmia ha una durata
maggiore di 30 sec o causa una compromissione
emodinamica è definita VT sostenuta. La VT si verifica
frequentemente durante il corso di un IMA è più frequente nei
pazienti con infarto transmurale e disfunzione del ventricolo
sn ed è associato sia ad una aumentata mortalità ospedaliera
che ad una mortalità a lungo termine.
TACHIARITMIE SOPRAVENTRICOLARI
TACHICARDIA SINUSALE:
è tipicamente associata ad un aumento dell’attività simpatica
e può provocare una ipertensione o ipotensione transitoria.
Le cause più comuni sono :l’ansia, un dolore persistente,
scompenso ventricolare sn, pericarditi, ipovolemia, embolia
polmonare e la somministrazione di farmaci inotropi positivi
come atropina, epinefrina o dopamina. E’ particolarmente
frequente in pazienti con infarto anteriore.
ROTTURA DI PARETE
E’ la più drammatica complicanza di un IMA.
Le caratteristiche cliniche di questa lesione variano a seconda del
sito di rottura, che può coinvolgere: il muscolo papillare, il setto
interventricolare, o la parete libera di entrambi i ventricoli. E’
responsabile del 15% di morte per IMA.
CARATTERISTICHE CLINICHE
•Interessa più frequentemente gli anziani, con maggiore incidenza
nelle donne rispetto agli uomini.
•E’ più comune negli ipertesi.
•Di solito coinvolge la parete anteriore o laterale del ventricolo
•Sopraggiunge di solito tra il 1o- 4o giorno dopo l’infarto.
•Più comunemente origina da una lacerazione nella parete
miocardica, o da un ematoma dissecante che produce un’area di
necrosi nel miocardio.
•Più frequentemente interessa pazienti senza un pregresso
infarto.
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Angina-infarto 2473KB Mar 16 2013 10:14:04 PM