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Tecnologia meccanica
- Proprietà dei materiali -
Anno scolastico 2007/ 2008
Forniscono indicazioni riguardanti le attitudini che hanno
i materiali a lasciarsi trasformare od a resistere agli
sforzi esterni
Proprietà
chimiche
Proprietà
fisiche
Si riferiscono alle
caratteristiche
generali della
materia
Tra le quali:
Riguardano i
fenomeni che si
producono fra il
materiale in
considerazione e
l’ambiente in cui
esso è posto
Proprietà
meccaniche
Indicano
l’attitudine di un
materiale a
resistere alle
sollecitazioni
esterne che
tendono a
deformarlo
-Massa volumica
-Dilatazione termica
-Capacità termica
massica (calore specifico)
-Conducibilità termica
Proprietà
tecnologiche
Proprietà
magnetiche
Indicano
l’attitudine di un
materiale ad
essere lavorato in
un dato modo
Indicano
l’attitudine dei
materiali metallici,
posti in un campo
magnetico, a
modificare le
proprietà del
campo stesso.
Si distinguono:
Distinguiamo due
aspetti:
1.
Aspetti utili per il
materiale
-Conducibilità elettrica
(cromatura,
decapaggio, ecc..)
SOLLECITAZIONI
Sensibilità magnetica
-Plasticità
•Statica
-Duttilità
•Dinamica
-Malleabilità
•A fatica
-Fusibilità
-Saldabilità
DEFORMAZIONI
2. Aspetti dannosi
per il materiale
(corrosione)
•Elastiche
•Permanenti
-Truciolabilità
-Temprabilità
-Paramagnetici
(insensibile, ma rafforza il
campo, sono debolmente attratti
dalle calamite. Es. alluminio)
-Magnetici
(poco sensibili,
attratti debolmente dalle
calamite. Es. cromo)
-Ferromagnetici
(molto
sensibili,molto attratti. Es. ferro,
acciai e ghise)
-Diamagnetici
(insensibili, indeboliscono il
campo, sono respinti dalle
calamite.Es.oro)
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Tecnologia meccanica
- Proprietà dei materiali -
Anno scolastico 2007/ 2008
Proprietà fisiche
Massa
volumica
Dilatazione
termica
Capacità
termica massica
Conducibilità
termica
Conducibilità
elettrica
Rapporto tra la massa di
un corpo ed il suo volume
Variazione delle
dimensioni di un corpo
per effetto delle variazioni
di temperatura
Quantità di calore che
bisogna fornire alla massa
“M” di un corpo per
aumentare la temperatura
Attitudine di un materiale
a trasmettere il calore
Attitudine di un materiale
a trasmettere la corrente
elettrica.
ρ=M/V
[Kg / dm3]
ΔL = αl * ΔT * L0
[mm]
Q = Cm * ΔT * M
[J]
Q = Kt*(S*ΔT*t) / s
[J]
R = (ρ * L) / s
[Ω]
Cm = Q / (ΔT * M)
[J / °C*kg]
Kt = Q*s / (S*ΔT*t)
[J*m / m2*°C*s]
ρ = (R * s) / L
[Ω*mm2 / m]
Cm ACCIAIO = 511
[J / °C*kg
Kt ACCIAIO = 57
[W / m*°C]
ρ ACCIAIO = 0,20
ρ RAME = 0,0173
[Ω*mm2 / m]
Può essere di tipo:
Determina la pesantezza
o la leggerezza di un
materiale
ρ < 4 LEGGERO
ρ > 4 PESANTE
-lineare
-superficiale
-volumetrica
αl = ΔL / (ΔT * L0)
[m / °C*m]
ρ ACCIAIO = 7,8
ρ ALLUMINIO = 2,7
[Kg / dm3]
αl ACCIAIO = 12*10-6
[m / °C*m]
ARGENTO MAX Kt
SUGHERO MIN Kt
γ = 1/ ρ è la
CONDUCIBILITA’
ELETTRICA
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Tecnologia meccanica
- Proprietà dei materiali -
Anno scolastico 2007/ 2008
Prove meccaniche
Le proprietà meccaniche di un materiale si
individuano attraverso appropriate prove
meccaniche.
Tali prove sono dette distruttive in quanto
causano la rottura del provino od il
danneggiamento del pezzo su cui esse sono
effettuate.
Le prove meccaniche più significative sono:
• Prova di trazione
• Prova di resilienza
• Prova di durezza
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Proprietà meccaniche
Indicano la resistenza di un materiale alle sollecitazioni esterne che tendono
a deformarlo. Mettono in evidenza il comportamento dei materiali quando
sono sottoposti alle sollecitazioni d’impiego.
Distinguiamo vari tipi di sollecitazione:
•Sollecitazione statica (quando la forza è applicata gradualmente in maniera
crescente, da zero fino al suo valore massimo, per un tempo variabile)
•Sollecitazione dinamica (quando la forza è applicata in brevissimo tempo, quasi
istantaneo (urto))
•Sollecitazione a fatica (quando il materiale è sottoposto ad una successione di
sollecitazioni dinamiche, dirette nello stesso senso oppure in senso variabile nel tempo)
AD OGNI SOLLECITAZIONE CORRISPONDE SEMPRE UNA DEFORMAZIONE
Che può essere:
• Elastica: quando, togliendo il carico, il materiale riprende la forma e le dimensioni
primitive
• Permanente: quando, togliendo il carico, il materiale non torna più a forma e
dimensioni reali.
Tecnologia meccanica
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- Proprietà dei materiali -
Anno scolastico 2007/ 2008
Proprietà tecnologiche
Indicano la minore o la maggiore attitudine di un materiale ad essere
lavorato in un dato modo.
Possiamo distinguere le seguenti proprietà:
Plasticità: attitudine di un materiale ad essere lavorato per deformazione plastica
(oro,argento, rame, ferro, piombo, alluminio, acciaio extra dolce)
- Duttilità: attitudine di un materiale ad essere ridotto in fili
- Malleabilità: attitudine di un materiale ad essere ridotto in lamine
- Piegabilità: attitudine di un materiale a lasciarsi piegare a freddo senza rompersi e
screpolarsi
Fusibilità: attitudine di un materiale ad essere trasformato in un pezzo finito mediante la
fusione a temperature non molto elevate.
- colabilità: attitudine del materiale a fornire getti sani, compatti e fluidi
Saldabilità: attitudine di un materiale ad unirsi con un altro per mezzo di: riscaldamento e
fusione dei lembi; riscaldamento con rammollimento; pressioni tra i pezzi (sono
maggiormente saldabili gli acciai a basso tenore di carbonio)
Truciolabilità: attitudine di un materiale ad essere lavorato per asportazione di truciolo
(acciai a basso tenore di carbonio, acciai al piombo e allo zolfo)
Temprabilità: attitudine di un materiale a subire trasformazioni cristalline tali da ottenere una
struttura diversa. Cambiano le caratteristiche meccaniche e tecnologiche ( acciai con più
dello 0,40% di carbonio).
Tecnologia meccanica
- Proprietà dei materiali -
Anno scolastico 2007/ 2008
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Prova di resilienza
(UNI 4431, UNI EN 10045)
La prova di resilienza è il metodo per determinare la
resistenza agli urti (resilienza) di un materiale. Questa
prova si esegue mediante il pendolo di Charpy (figura a
lato), applicando una sollecitazione dinamica. La prova
risulta in tutti i casi distruttiva, il provino subisce delle
deformazioni tali che non è più utilizzabile.
L’apparecchiatura è composta da un'asta che prevede
da un lato una cerniera fissata alla base e dall'altro
una mazza. La mazza, quando viene lasciata cadere
dall’altezza “H”, per effetto della gravità scende e con
lei si muove anche un indicatore che si ferma quando
la mazza colpisce il provino e raggiunge la posizione
“h”. Nella graduazione viene indicata la resilienza (K)
dipendente dal provino preso in considerazione.
DATI TECNICI:
• Massa della mazza M = 19,7 (Kgm)
• Altezza H = 1,52 (m)
• Energia potenziale Ep = 300 (J)
mazza
• Velocità sul provino v = 5 (m/s)
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Provini
(UNI 4431 e 4713)
Provino a “V”
Provino a “U”
Dimensioni
55 x 10 x 10
(mm)
55 x 10 x 10
(mm)
Profondità
intaglio
2 (mm)
5 (mm)
Larghezza
intaglio
//
(r = 0,25 mm)
2 (mm)
(r = 1 mm)
45°
//
80 (mm2)
(0,8 cm2)
50 (mm2)
(0,5 cm2)
Angolo intaglio
Sezione
resistente
Utilizzando il provino con intaglio a “V” la resilienza (K) sarà diversa dalla resilienza misurata sul provino a
“U”, questo è dovuto dalla differenza di sezione resistente. Nel provino a ”V” il valore di “K” si avvicina di più
a quello reale rispetto al provino a “U”.
La resilienza si indica in base al provino preso in esame: nel caso di provino a “V” si indica con “Kv”; nel caso
di provino a “U” con “Ku”.
Il valore della resilienza “K” può essere inteso come una differenza di energie, tra quella iniziale, dove la
mazza si trova ad un altezza di “H” e quella finale, dopo aver colpito il provino, dove la mazza si trova ad un
altezza diversa (“h”).
In questo caso si ha che il lavoro prodotto dalla mazza per rompere il provino vale:
L=K
da cui
L = M*g*H – m*g*h= mg*(H – h) [J]
la resilienza “K” si può indicare anche come : K = L/So [J / cm2] dove So è la sezione del provino.
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Dopo aver effettuato la prova col pendolo di Charpy il provino può presentare
queste due differenti sezioni, in base alla tenacità dello stesso.
(Materiale fragile)
I materiali fragili (grana grossa)
presentano una frattura piana,
netta e lucente; questo è dovuto
dalla decoesione dei cristalli; la
rottura avviene cioè per distacco,
senza deformazioni apprezzabili.
(Materiale duttile)
I materiali tenaci (grana fine) si
rompono per deformazione
plastica e presentano una
sezione di rottura deformata
avente un aspetto fibroso.
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Resilienza in funzione della temperatura
Resilienza [J/cm2]
Se eseguiamo la prova di
resilienza su una provetta a
temperatura decrescente,
notiamo l’andamento della
resilienza come nella figura a
lato.
Temperatura [°C]
Questo ci permette di affermare
che man mano che diminuisce la
temperatura d’esercizio della
prova anche il valore della
resistenza agli urti diminuisce
seguendo la curva a lato.
A destra si ha la zona a rottura
“duttile”, a sinistra la zona a
rottura “fragile”. Al centro è la
“temperatura di transizione”.
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Prova di trazione
(UNI 551, 552, 10002, 556 per il provino)
La prova di trazione è, sicuramente, la prova
meccanica più importante, in quanto misura le
fondamentali proprietà meccaniche con le quali
si classificano, si designano e si scelgono i
materiali metallici. È una prova distruttiva in
quanto il provino non è più utilizzabile dopo
esser stato sottoposto alla prova di trazione
stessa perché presenta delle deformazioni
permanenti.
La norma UNI EN 10002 indica che la prova, a
temperatura costante, consiste nel sottoporre
una provetta ad un carico di trazione applicato
con una certa velocità d’incremento (circa 10
N/s) fino a provocarne la rottura, allo scopo di
determinare le caratteristiche di:
RESISTENZA, ELASTICITÁ,
DEFORMABILITÁ.
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Il prelievo dei campioni (saggi) e
la preparazione delle provette
devono avvenire secondo
procedure unificate che non ne
alterino le proprietà;
normalmente si realizza per
asportazione di truciolo (UNI
556)
I provini utilizzati per la prova di
trazione possono essere di due
tipi. In base alla lunghezza si
distinguono: provini corti e
provini lunghi. Questi devono
rispondere ad un determinato
proporzionamento. Per questo si
determina:
Provette corte: L0 = 5,65 *
Provette lunghe: L0 = 11,3 *
S0
S0
d1
d0
Provini
L0
Lc
L tot
(Provino prova di trazione UNI 556)
Dopo aver eseguito la prova di
trazione con l’apposita macchina, si
può calcolare la deformazione del
provino.
L’allungamento percentuale
risulterà: A% = (Lu – L0/s0)*100
Dove Lu è la lunghezza finale del
provino, supponendo di
ricongiungere i due spezzoni del
provino dopo la rottura.
Dove S0 è la sezione del provino
e vale quindi: (π* d02) /4
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Carichi / allungamenti
(diagramma di Hooke)
Si sottopone la provetta ad un carico gradualmente
crescente fino a provocarne la rottura.
All’interno del diagramma, che ha in ordinata il carico
ed in ascissa l’allungamento, si individuano vari
campi che, tecnicamente parlando, vengono detti
“regimi”.
Si possono distinguere:
- un tratto di elasticità e proporzionalità OA:
l’applicazione di un carico determina un
proporzionale allungamento della provetta; il
diagramma é rettilineo; le deformazioni sono
elastiche (dopo l’eliminazione della forza la provetta
riacquista le dimensioni iniziali).
Il punto A del diagramma rappresenta il “carico al
limite di proporzionalità” Flp, carico oltre il quale
cessa la proporzionalità tra il carico e l’allungamento
della provetta.
Indicando con S0 la sezione iniziale della
provetta, il “carico unitario al limite di
proporzionalità” é dato da:
Rlp 
Flp
S0
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- un tratto di elasto-plasticità AC: aumentando il
carico oltre Flp, le deformazioni non sono più
direttamente proporzionali ai carichi applicati; il
diagramma s’incurva leggermente verso destra: la
provetta si allunga, gli allungamenti aumentano in
modo più rapido rispetto all’aumentare del carico.
In particolare, nel tratto AB (di sola elasticità),
aumentando il carico, il materiale si comporta ancora
elasticamente, cioè le deformazioni permanenti
sono trascurabili rispetto a quelle elastiche. In
questa fase non é rispettata la legge di proporzionalità
e quindi la provetta si allunga di più di quanto aumenta
il carico, però se togliamo il carico non permane
alcuna deformazione e la provetta riprende la
lunghezza iniziale.
Al punto B del diagramma corrisponde il “carico al
limite di elasticità” Fle, sotto il quale le deformazioni
permanenti sono minime.
Il “carico unitario al limite di elasticità”
risulta quindi:
R le
Fle
=
S0
[N/mm2]
Nel tratto BC (dove c’è elasticità e plasticità) la provetta subisce delle deformazioni, che permangono
anche dopo l’eliminazione del carico. Tali deformazioni sono cioè sia elastiche (quindi spariscono) sia
plastiche (permanenti). Se viene tolto il carico, l’allungamento si riduce ma la provetta non riprende le
dimensioni iniziali in quanto rimangono impresse le deformazioni plastiche (permanenti).
- Un tratto di plasticità CD: superato il punto C, va scomparendo l’elasticità e si evolve un fenomeno di
deformazione plastica che con l’aumentare del carico si manifesta in maniera sempre più evidente e che
porterà poi alla rottura della provetta.
Per i materiali duttili, raggiunto tale valore della forza, detto “carico di snervamento”, punto C, la provetta
subisce un sensibile allungamento anche se non cresce la forza. A partire dal punto C, in pratica, la
deformazione della provetta aumenta per la prima volta senza che il carico aumenti, o addirittura quando il
carico diminuisce.
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Nel tratto CD il carico non mantiene una
regolarità, dovuta alla natura del materiale
(alla sua struttura cristallina, alla forma del
reticolo della propria cella elementare, gli
atomi interstiziali e le vacanze, ecc.). Queste
variazioni sono comprese tra i punti FeH e FeL.
FeH é detto carico di snervamento
superiore.
FeI é detto carico di snervamento inferiore.
La fase di snervamento non compare nei
materiali fragili come le ghise e negli acciai
duri, che hanno elevata percentuale di
carbonio. Questi materiali pervengono alla
rottura senza passare attraverso la fase di
snervamento.
Dato il carico di snervamento FeH, che è il valore del
carico in cui la provetta subisce un sensibile
allungamento pur se non cresce la forza e dove si
passa bruscamente dalle piccole alle grandi
deformazioni permanenti, viene definito carico
unitario di snervamento ReH il rapporto tra il carico
di snervamento FeH e l’area della sezione iniziale S0:
R eH
FeH
=
S0
[N/mm2]
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Nel tratto DE gli allungamenti crescono
notevolmente.
Nel punto E il carico raggiunge il valore massimo
Fm .
Il carico massimo Fm (o carico di rottura)
rappresenta la massima forza sopportata dalla
provetta durante la prova. Perciò superato il punto
E ci si avvicina sempre più alla rottura del materiale
sottoposto alla prova.
Dato il carico massimo Fm (o carico di rottura) che è
la massima forza sopportata dalla provetta nel
corso della prova, viene definito carico unitario di
rottura Rm (o carico unitario massimo o resistenza
a trazione) il rapporto tra il carico massimo Fm e
l’area della sezione iniziale S0:
Fm
Rm =
S0
[N/mm2]
Nell’intervallo EF si ha un allungamento localizzato
della provetta anche se il carico diminuisce. Tale
allungamento é tanto più grande quanto più duttile
é il materiale. La sezione si restringe visibilmente
dando luogo al cosiddetto fenomeno della
strizione. In tale zona si ha la rottura della
provetta.
Nel punto F si ha la rottura della provetta ed il
carico che la determina é detto “carico ultimo” Fu.
Esso ha scarsa importanza.
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Prova di durezza
La durezza è comunemente intesa come la resistenza di un
materiale a lasciarsi penetrare da un corpo più duro. Su tale
principio si basano le prove di durezza:
• Brinell
• Rockwell
• Vickers
La durezza si può però anche definire come la resistenza di
piccole porzioni di materia alle sollecitazioni che tendono a
spostarle localmente.
La prova di durezza viene eseguita mediante macchine
dette durometri, come i durometri Galileo e Frank.
Nelle leghe metalliche la durezza aumenta a causa
dell’INCRUDIMENTO dovuto alle lavorazioni a freddo, a
causa delle tensioni interne provocate ancora dalle
lavorazioni meccaniche o da alcuni trattamenti termici. LA
DUREZZA DIPENDE DALLA STRUTTURA CRISTALLINA
DEL MATERIALE E DALLA SUA ELASTICITÁ.
Si possono distinguere due tipi di
prova:
La durezza è una proprietà meccanica dei materiali. Questa
prova è, quasi sempre, una prova non distruttiva; talvolta
però l’impronta lasciata dal penetratore rende l’oggetto
inutilizzabile.
• Prove di microdurezza (il carico
applicato è inferiore ai 10 N)
• Prove di macrodurezza (il carico
applicato supera i 10 N)
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Le prove di durezza consistono nel far penetrare
nel materiale in esame un penetratore mediante un
carico (F) e nel misurare la lunghezza media o la
profondità dell’impronta lasciata dopo aver tolto il
carico.
Il penetratore cambia in base alla prova che si
effettua; i carichi applicati invece dipendono dal
tipo di materiale preso in esame oltre che dal
penetratore.
Penetratore Brinell
Le varie prove prevedono l’uso di diversi penetratori:
1. Brinell:penetratore a forma di sfera d’acciaio
temprato (misurazione del diametro dell’impronta)
2. Rockwell: tipo B sfera d’acciaio (rilevazione della
profondità); tipo C penetratore a forma di cono di
diamante (rilevazione della profondità)
Penetratore Rockwell
3. Vickers: penetratore a forma di piramide di
diamante (misurazione della diagonale
dell’impronta)
Penetratore Vickers
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Durezza Brinell
Si indica col simbolo HBS se effettuata con penetratore in acciaio al carbonio temprato.
La prova di durezza Brinell fu ideata dallo svedese J. A. Brinell nel 1900 circa. Essa risulta attendibile per
durezze inferiori a 450 HBS.
La prova consiste nel far penetrare nel materiale da provare una sfera di acciaio al carbonio temprato avente
un certo diametro “D” mediante un carico (F) dipendente dal materiale.
La prova viene effettuata con un durometro dotato, nella parte alta, di uno schermo translucido e di un regolo
graduato. Nello schermo viene proiettata l’immagine ingrandita dell’impronta lasciata dal penetratore e col
righello si misura il diametro dell’impronta stessa. È opportuno fare più misure del diametro perché l’impronta
lasciata sul materiale può non essere perfettamente circolare.
Il valore della durezza si può ricavare mediante questa formula.
HBS= P/s [kgf/ mm2]
HBS = numero di durezza Brinell
P= carico in Kgf
s = superficie dell’impronta in mm2
Però dall’1975 é:
HBS = 0,102 * F/s [N/mm2]
F = carico applicato in N
s = superficie dell’impronta in mm2
0,102 è il fattore di conversione adottato per passare da chilogrammi forza a Newton
L’unità di misura della durezza Brinell, però, venne abolita con la norma UNI ISO 6506, per cui oggi i valori 19
della durezza sono adimensionali.
Carichi di prova
Diversi valori di K:
30 per materiali ferrosi
F = K * D2
F = carico di prova
K = costante dipendente dal materiale
D = diametro del penetratore
Il carico applicato sul provino deve raggiungere il suo
valore massimo in un tempo variabile tra i 2 e gli 8
secondi, deve rimanere applicato per circa 15 secondi.
20 acciai extradolci
10 leghe leggere
5 bronzi e ottoni
2,5 metalli teneri
1,25 metalli tenerissimi (stagno)
Dopo aver determinato il carico di prova si può definire la
durezza Brinell (HBS) come il rapporto tra il carico di prova (F)
e l’area della superficie dell’impronta (S) moltiplicato per una
costante “k” (0,102) che rende adimensionale il valore
misurato. Allora :
HBS = k * F/S
Consideriamo S come la superficie di una calotta sferica,
quindi la superficie risulta:
Penetratore:
S= π*D*h;
Vengono usate sfere di diametro : 10 –
5 – 2.5 – 2 e più raramente 1 (mm).
Talvolta il diametro viene scelto in base
alla capacità di carico del durometro.
h = (D/2)- x;
il valore di “x” si ricava col teorema di
Pitagora dunque risulta : x =
(D/2)2 – (d/2)2
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Validità della prova
La prova viene considerata valida se si
rispettano dei criteri definiti:
In primo luogo le impronte devono
essere poste come da figura a lato,
ossia a 2,5 volte il diametro dal bordo e
almeno a 4 volte il diametro l’una
dall’altra;
Il rapporto d/D deve essere compreso
tra 0,24 e 0,6 con un angolo α
compreso tra 106° e 158°
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Prove meccaniche