UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Meccanica ed Aeronautica Corso di: MISURE INDUSTRIALI II del prof. Z. Del Prete Metodologie di misura per sistemi a celle a combustibile Dispense a cura de l’ing. Pierluigi Schiavetti Celle a combustibile Le celle a combustibile (Fuel Cells) sono sistemi elettrochimici capaci di convertire l’energia chimica di un combustibile (in genere idrogeno) direttamente in energia elettrica, senza l’intervento intermedio di un ciclo termico, ottenendo pertanto rendimenti di conversione più elevati rispetto a quelli delle macchine termiche convenzionali. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 2 STORIA DELLE CELLE A COMBUSTIBILE La prima cella a combustibile fu costruita da Sir William Grove nel 1839 che utilizzò elettrodi di platino e acido solforico in qualità di elettrolita. In seguito, a partire dal 1890, William White Jacques utilizzò l’acido fosforico al posto dell’acido solforico. Questi primi dispositivi erano tuttavia caratterizzati da una bassa densità di corrente (basso rendimento). Bacon, dopo il 1930, sostituì l’elettrolita acido delle prime celle con un elettrolita alcalino e continuò a sviluppare il sistema (Cella di Bacon) oggi noto con l’acronimo AFC (Alcaline Fuel Cells). Le AFC furono così apprezzate che negli anni ’60 furono scelte dalla NASA per la missione lunare APOLLO. Alla fine degli anni ’50 iniziò l’impiego e lo sviluppo delle PEMFC (Proton Exchange Membrane Fuel Cell), celle che utilizzano come elettrolita una speciale membrana di polimeri per lo scambio di protoni. La produzione si sviluppò negli USA e fu utilizzata dalla NASA per il progetto spaziale GEMINI. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 3 ELETTROLISI DELL’ACQUA L'acqua viene decomposta nei suoi elementi costituenti, l'idrogeno e l'ossigeno (la presenza del sale Na2SO4 disciolto serve ad aumentare la conducibilità della soluzione acquosa). Al polo negativo si ha la riduzione (catodo) dell'acqua con formazione dell'H2 gassoso, mentre al polo positivo l'ossidazione (anodo) con formazione dell'O2 gassoso. Anodo (+) : ossidazione 2 H2O → Catodo (-) : riduzione 4 H2O + 4e- → 4 OH- + 2 H2 Reazione totale del processo: O2 + 4H+ + 4 e- 2 H2O → O2 (g) + 2 H2(g) Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 g = gas 4 FUNZIONAMENTO E CLASSIFICAZIONE DELLE FC AFC Alkaline Fuel Cell PEMFC (SPFC) Proton Exchange Membrane Fuel Cell PAFC Phosphoric Acid Fuel Cell MCFC Molten Carbonate Fuel Cell SOFC Solid Oxide Fuel Cell Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 5 ALCALINE. Efficienza fino al 70%, producono acqua come emissione. Nate sul finire degli anni '30 grazie a Francis T. Bacon. Nei confronti di altri tipi di celle (ad esempio celle ad acido fosforico), le AFC presentano una serie di vantaggi: rendimenti elettrici che possono raggiungere il 65%, costi non elevati dei componenti costituenti la cella, tempi di vita lunghi (dimostrate 10.000-15.000 ore) dovuti alla buona compatibilità dei materiali di cella. La principale limitazione delle AFC è la bassa tolleranza alle impurezze presenti nei gas reagenti. PEM (Proton Exchange Membrane). Utilizza come elettrolita una membrana plastica. E' molto leggera e lavora a basse temperature (80°C) con un'efficienza del 40-50%. Può utilizzare, con un reformer, metanolo o benzina. E' stata inventata dalla General Electric all'inizio degli anni '60 per le Forze Armate americane. In seguito saranno analizzate più in dettaglio. ACIDO FOSFORICO. Parte da una efficienza del 40-50% e arriva all'80 con la cogenerzazione. In commercio ce ne sono da 200 kW. Operano a temperature prossime a 200 °C con un elettrolita costituito da una soluzione concentrata di acido fosforico. I sistemi che utilizzano questo tipo di celle sono caratterizzati da un'efficienza elettrica tra il 37 ed il 42% e consentono di disporre di calore ad una temperatura tale da poter essere sfruttato sia all’interno dell’impianto, che per utenze esterne di cogenerazione. La temperatura di funzionamento della cella è abbastanza elevata da non richiedere gas di alimentazione estremamente puri, ma non così alta da creare problemi legati ai materiali. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 6 CARBONATO FUSO. Le celle a carbonati fusi (MCFC, Molten Carbonate Fuel Cell) impiegano un elettrolita costituito da una soluzione di carbonati alcalini, liquidi alla temperatura di funzionamento della cella (650 °C), contenuti in una matrice ceramica porosa ed elettrodi a base di nichel (nichel cromo all’anodo, ossido di nichel litiato al catodo). Rispetto alle celle che operano a bassa temperatura presentano alcuni vantaggi: cinetiche di reazioni più veloci che eliminano il bisogno di metalli preziosi come catalizzatori; maggiore flessibilità nell’uso di combustibili, con possibilità di alimentare la cella direttamente con gas naturale o distillati leggeri senza stadio di riforma esterna del combustibile; possibilità di cogenerare a temperature d’interesse industriale. Con esse è possibile, in prospettiva, realizzare impianti con efficienze più elevate (ottenute efficienze > 45%, possibilità di arrivare al 60-70% in cicli combinati con turbina) di quelle che si registrano con celle a bassa temperatura. Le alte temperature di funzionamento e l’elevata corrosività dell’elettrolita pongono tuttavia problemi di stabilità strutturale ai componenti di cella e questi fanno sì che la tecnologia stia incontrando ancora difficoltà ad affermarsi. SOFC (Solid Oxide Fuel Cell). Sono considerate le più ricercate tra le pile che usano carburanti basati su idrocarburi. Infatti risultano semplici, altamente efficienti, tolleranti alle impurità e possono fare il reforming internamente alla cella. L' elettrolita e' formato da ossido di zirconio stabilizzato con ossido di ittrio; il catodo e' costituito da manganito di lantanio opportunamente trattato, l'anodo da un cermet a base di nichel-ossido di zirconio (temperatura media di esercizio: 800-1000 °C). Con una temperatura di funzionamento dell’ordine dei 1000 °C il calore di scarto che le celle ad ossidi solidi mettono a disposizione può essere utilizzato nell’ambito di cicli in combinazione con turbine a gas. I problemi che restano ancora da risolvere per questa tecnologia sono essenzialmente legati al degrado dei materiali ed al loro assemblaggio. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 7 PEM: Cella ad elettrolita polimerico PREGI Bassa Temperatura di funzionamento Facilità minuto) di avviamento (ordine del Elevata densità di potenza Assenza di problemi di corrosione tipici di altri tipi di celle con elettrolita liquido Relativa semplicità costruttiva DIFETTI anodo : H 2 2 H 2e Scarsa tolleranza alla presenza del CO nel combustibile catodo : 1 O 2 H 2e H O 2 2 2 difficile integrazione termica fra il sistema di trattamento del combustibile e lo stack Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 8 Come accennato esistono varie tipologie di celle a combustibile, nel caso della trazione automobilistica il miglior candidato sembra essere quello delle celle ad elettrolita polimerico. Nella figura sono rappresentati nell’ordine: 1. I piatti bipolari costituiscono gli elementi terminali della cella, ad essi è possibile collegare il circuito elettrico che utilizzerà la corrente prodotta dalla cella. 2. La membrana a scambio protonico costituisce l'elettrolita che permette la migrazione degli ioni. 3. Gli elettrodi rappresentato i siti attivi ove avviene l'ossidazione dell'idrogeno e la riduzione dell'ossigeno; l'insieme della membrana e dell'elettrodo viene generalmente denominato MEA (Membrane Electrode Assembly). 4. Il sistema di guarnizioni assicura la tenuta periferica dei reagenti e dell'eventuale fluido di refrigerazione. 5. I diffusori dei gas hanno il compito di convogliare i reagenti in prossimità dei siti attivi, sono costituiti da piccolissimi canali distribuiti a ridosso dell'elettrodo. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 9 Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 10 Perché non si permette ai reagenti di passare direttamente attraverso lo strato catalitico? Perché è necessario il substrato elettrodico? Il substrato, essendo di materiale poroso, permette l’accesso dei gas reagenti anche sotto la struttura dei piatti bipolari. Al contempo esso fornisce un percorso conduttivo all’area campita dei piatti bipolari. I piatti bipolari devono operare un bilanciamento fra l’alimentazione dei gas e la conduzione di elettroni. Il migliore conduttore, un foglio solido pieno, non permetterebbe nessun accesso ai gas mentre una struttura completamente aperta non consentirebbe alla corrente di scorrere. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 11 RICHIAMI DI TERMODINAMICA DELLA CELLA L’energia disponibile in condizioni di equilibrio (pressione e temperatura costanti) in una cella è data dalla variazione di energia libera: G nFErev dove: n F Erev H 2 2 H 2e 1 O 2 H 2e H O 2 2 2 numero di elettroni che partecipano alla reazione = 2 costante di Faraday = 96484 C/mol potenziale reversibile della cella L’equazione di Nerst consente di determinare il potenziale termodinamico della reazione completa di ossidoriduzione; questo potenziale rappresenta la f.e.m. della cella in condizioni di circuito aperto: p H2 (pO2 ) ΔG R T E ln 2F 2F p H2O 0 E Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 1 2 12 Una cella a combustibile, operante in condizioni standard, che utilizzi elettrodi ad idrogeno ed ossigeno a circuito aperto è in grado di fornire una tensione Erev pari a 1,229V. Quando si ha erogazione di corrente da parte della cella insorgono fenomeni di polarizzazione che inducono sovratensioni con conseguente abbassamento della tensione misurabile agli elettrodi. La tensione misurabile assume allora la seguente espressione: VFC Erev (Vohm Vatt Vcon ) Dove VFC è la tensione ai morsetti della cella e i tre termini mentre Vohm, Vatt, Vcon riassumono gli effetti di polarizzazione della cella. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 13 Polarizzazioni di cella Polarizzazione di attivazione è connessa alla velocità delle reazioni elettrodiche. Nel caso di reazioni elettrochimiche in cui Vatt è dell’ordine 50-100mV, viene espressa dall’equazione di Tafel: Vatt RT i ln a b log i nF i0 RT log i0 nF RT b 2.3 nF a 2.3 In cui α = coefficiente di trasferimento di carica i0 = densità di corrente di scambio La polarizzazione di attivazione è collegata allo stadio lento della reazione, contribuiscono a questo tipo di polarizzazione processi che implicano adsorbimento di reagenti, trasferimento di elettroni verso il doppio strato, desorbimento di prodotti e la natura della superficie elettronica. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 14 Polarizzazione ohmica E’ causata dalla resistenza all’avanzamento che incontrano gli ioni nell’attraversare la membrana e degli elettroni lungo l’elettrodo. Può essere posta sotto la forma: Vohm i R dove R rappresenta la resistenza totale della cella. La perdita più significativa è quella che si verifica nell’elettrolita e può venire ridotta diminuendo la distanza tra gli elettrodi e utilizzando elettroliti ad elevata conducibilità ionica. Polarizzazione di concentrazione E’ causata da fenomeni di trasporto di massa dei gas reagenti e dei prodotti che ostacolano le reazioni agli elettrodi: in prossimità di questi, data la loro insufficiente porosità e la rapidità con cui i reagenti vengono consumati, si generano dei gradienti di concentrazione che sommati alla difficoltà di diffusione dei gas nell’elettrolita e dei prodotti da e verso i luoghi di reazione determinano l’insorgere del fenomeno. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 15 La velocità di trasporto di massa può essere descritta dalla prima legge di Fick: i nFD (cb cs ) D cs cb δ coefficiente di diffusione delle specie reagenti concentrazione delle specie reagenti nel bulk concentrazione sulla superficie dell’elettrodo spessore dello strato di diffusione Quando l’elettrodo è governato solo da fenomeni di diffusione si raggiunge una corrente limite iL che è definita come: Nel caso in cui si assume trascurabile la ηatt, la polarizzazione di concentrazione è espressa dalla: Vcon iL nFDcb RT cs RT i ln ln 1 nF cb nF iL Le polarizzazioni agiscono sempre nel senso di elevare il potenziale dell’elettrodo al quale decorre la reazione di ossidazione (anodo) e di abbassare il potenziale dell’elettrodo al quale decorre la reazione di riduzione (catodo). Abbiamo: VFC Erev Vohm Vatt Vcon Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 16 RENDIMENTI DI CELLA Rendimento termodinamico Il rendimento energetico di una cella è definito come: t Lavoro utile nH 2 H In termini di potenza si scrive: Pe t FH 2 H Pe nH2 FH2 potenza erogata [W] numero di moli di idrogeno [mol] numero di moli al secondo consumate di idrogeno [mol/s] entalpia di reazione pari a 284.000 [J/mol] H Rendimento di tensione Nel caso in cui la cella eroga corrente elettrica, la tensione di cella (V) è minore della tensione che si avrebbe a circuito aperto (Erev). Si definisce rendimento di tensione il rapporto tra tensione sotto carico e tensione teorica: V V E rev Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 17 Fattore di utilizzo del combustibile e rendimento teorico: N cell I F 2 Fa u t Fr Fr Ft Fa Ncell portata di idrogeno teorica [mol/s] (quella che compete alla reazione chimica associata alla erogazione di corrente da parte della cella) costante di Faraday = 96484 C/mol = carica elettrica (in Coulomb) associata ad una mole di elettroni numero di celle di cui è costituito lo stack N cell I Ft 2F teorico N cell I 2 96484 C mol VI VI kV N I Ft H cell H 2 Fa La costante “2” a denominatore deriva dal fatto che per ogni mole di idrogeno si formano due protoni e quindi due elettroni. Il rendimento teorico di una FC è direttamente proporzionale alla tensione che si stabilisce ai sui capi Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 18 CELLE AUTO RESPIRANTI (SELF-BREATHING) La risposta in potenza di una cella a combustibile è limitata dalla portata di aria, dai valori di pressione dei gas in ingresso e dalla quantità di acqua fornita alla cella stessa. Per eliminare complicati controlli sul sistema e semplificare al massimo gli schemi impiantistici a volte si sceglie una cella autoumidificante e autorespirante. Infatti spesso le celle vengono alimentate e controllate con un compressore regolando la pressione di ossigeno in ingresso ma ciò implica un dispendio notevole di energia per l’alimentazione. L’autorespirazione dà origine ad un particolare fenomeno (“oxygen starvation”) che si manifesta quando la pressione parziale di ossigeno scende al di sotto di un livello critico, in un qualsiasi luogo, all’interno dei canali dell’aria nel catodo. Questo fenomeno comporta un rapido decremento della tensione di cella, che in casi estremi può anche portare al danneggiamento della membrana della cella stessa. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 19 CATENA DI MISURA DI UN BANCO PROVA PER UN SISTEMA DI TRAZIONE A CELLE A COMBUSTIBILE • Linea Idrogeno Motore Torsiometro Freno • Parte Elettrica • Parte Meccanica Elettronica di controllo e acquisizione Modulo Fieldpoint Parametri monitorati: • Tensione e corrente erogate Termocoppie • Flusso H2 Aria • Temperatura stack Calcolatore con scheda di acquisizione H2 in • Velocità angolare albero motore Cella a combustibile autorespirante Ventole H2 • Coppia torcente • Potenza assorbita ausiliari • Rendimenti Manometro Regolatore di pressione Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 Flussimetro 20 Cella a Combustibile Caratteristiche: Potenza: 150W @ 15V Reagenti: idrogeno/aria P idrogeno: 2 psig T: 58°C Tipo di cella: PEM Motore Elettrico brushless Encoder Freno Torsiometro Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 21 Programma di acquisizione in LabView Set Up Acquisizione Monitoraggio Banco Prova Parametri Corrente Potenza Tensione Potenza controllo PID erogata erogata Setelettrica Up FieldMeccanica erogata dalla cella dalla cella Point Forzanti Set Up Canali di Controllo Acquisizione velocità ventole Rpm Comando acceleratore Misura di Set Up Temperatura coppia Parametri cella Temporali Potenza richiesta Grafici della dagli Set Up Rendimenti velocità angolare ausiliari monitorati Parametri dell’albero motore eSalvataggio velocità di set Portata di H2 point Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 22 Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 23 Caratterizzazione statica Motore Cella a combustibile 25 50 40 Voltage [V] 60 20 180 Experimental Power curve 54.9 motore [%] 70 200 Experimental V-I Plot Rendimento motore-giri al minuto 52.7 52.8 50.3 48.7 51.9 49.3 160 45.2 48.2 45.5 45. 140 45.5 44.5 15 42.6 42.2 42.0 120 44.8 42.3 41.8 Tmed=46°C 44.5 10 30 100 80 60 20 5 40 10 20 Rpm 0 0 0 1000 2000 3000 4000 • Rendimento elevato ad alti giri • Penalizzazione nel ciclo urbano 5000 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 Current [A] 9 10 11 12 13 14 • Rendimento abbastanza costante in ampio range di potenze • Lieve diminuzione del rendimento ad elevate potenze • Tempo di avvio rapido (circa 5 min) Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 24 Power [W] Rendimento del 80 Ciclo urbano standard Calcolo del rendimento del sistema cella + motore elettrico Ciclo Urbano Standard Norma UNI-EN 1986-1 2500 velocità albero Velocità angolare [giri/min] velocità di setpoint 2000 1500 1000 500 0 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 tempo [s] Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 25 Risultati sperimentali Rendimento medio Rendimento istantaneo We F H W t W E W H F t H F H F H i i i nH 2 tot i i i i tot i Incertezze associate: W 1 W F W 2 F W F F H F H 2 2 2 2 2 2 2 1 W Wtot Ftot Wtot 2 tot Ftot Ftot H Ftot H Wtot Ftot dove : W tot i 2 Wi F tot 2 2 Fi i Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 26 Potenza meccanica all’albero: Wmecc C W Rendimento meccanico istantaneo: mecc Wmecc F H Rendimento meccanico medio: mecc E nH 2 H W t W F t H F H i mecc i i i mecc tot tot Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 27 TECNOLOGIE DI STOCCAGGIO IDROGENO Idrogeno compresso Il modo più semplice ed economico per accumulare idrogeno a bordo di un veicolo è di utilizzarlo sotto forma di gas compresso a pressione di 200-250 bar. La tecnologia risulta tuttavia non proponibile per uso a bordo di auto tradizionali, a causa del peso ed ingombro dei serbatoi attualmente utilizzati, che rappresentano un limite all'autonomia e capacità di carico del veicolo. Di recente notevoli progressi sono stati fatti con l'introduzione di serbatoi con liner metallico o termoplastico rinforzati con fibre di carbonio, di vetro ed aramidiche, che presentano un peso 3-4 volte inferiore a quello dei comuni serbatoi, e che consentono quindi di superare in parte le restrizione connesse all'uso delle bombole di tipo tradizionale. Questi serbatoi sono in grado di operare a pressioni fino a 350 bar (potenzialmente anche 700 bar) e consentono quindi di ottenere densità di accumulo di idrogeno adeguate all'uso a bordo di veicoli. Le caratteristiche di sicurezza sono solitamente molto elevate, grazie alla robustezza dei serbatoi ed all'introduzione di fusibili antiscoppio in caso di incendio e di valvole di interruzione del circuito in caso di urto. Per quanto riguarda normative di sicurezza e licenze per usi a bordo di veicoli, le bombole di idrogeno sono soggette a restrizioni analoghe a quelle adottate nel caso del gas naturale. Idrogeno liquido L'idrogeno può essere stoccato a bordo del veicolo in forma liquida ad una temperatura di -253 °C. Per mantenere queste temperature sono stati messi a punto serbatoi a doppia parete, con un'intercapedine ove viene fatto il vuoto (serbatoi tipo “dewar”) Questa tecnologia è ormai consolidata in Germania, dove la BMW la utilizza da oltre 15 anni su auto ad idrogeno alimentate con motori a combustione interna. L’accumulo in forma liquida è forse la tecnologia che oggi meglio soddisfa le esigenze dell’autotrazione, tuttavia anch’essa presenta dei limiti. A sfavore dell’idrogeno liquido giocano la maggiore complessità del sistema, non solo a bordo del veicolo ma anche a terra, per la distribuzione ed il rifornimento, ed i maggiori costi ad esso associati. Anche il costo energetico della liquefazione è considerevole, corrispondendo a circa il 30% del contenuto energetico del combustibile, contro un valore compreso tra il 4% ed il 7% per l’idrogeno compresso. Nel quadro delle attività del Progetto H2MUC è stata realizzata, presso l'aeroporto di Monaco di Baviera, la prima stazione di servizio pubblica in grado di fornire idrogeno liquido. Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 28 Idruri metallici L’idrogeno può legarsi chimicamente con diversi metalli e leghe metalliche, formando idruri. Questi composti sono in grado di intrappolare idrogeno, a pressioni relativamente basse. L'idrogeno penetra all'interno del reticolo cristallino del metallo, andando ad occupare i siti interstiziali. Si raggiungono, a basse pressioni, densità energetiche maggiori di quelle dell’idrogeno compresso e paragonabili (secondo alcune referenze, anche maggiori) a quelle dell’idrogeno liquido. Il volume di stoccaggio si riduce di 3-4 volte, rendendo possibile l’uso di questi sistemi nelle autovetture, mentre l’energia specifica dipende anche dal peso specifico del metallo di base. Le percentuali, in peso, di idrogeno sul peso totale che si raggiungono vanno dal 1% al 12,7% (LiH), per confronto ricordiamo che per le comuni bombole tale percentuale è di poco superiore all’1%, e quindi tali sistemi di stoccaggio sono potenzialmente molto promettenti. Un punto debole della tecnologia è rappresentato dal peso di questi sistemi di accumulo, a parità di peso il veicolo presenta un'autonomia tre volte inferiore a quella ottenibile con idrogeno liquido o idrogeno compresso con serbatoi di tipo avanzato. Sono invece indubbi i vantaggi in termini di convenienza, compattezza, stabilità dello stoccaggio, sicurezza intrinseca. La tecnologia degli idruri è allo studio negli Stati Uniti, in Europa ed in Giappone, dove la Toyota ha messo a punto speciali leghe al titanio, nell’ambito del suo programma di realizzazione di veicoli con celle a combustibile. Di recente interessanti i risultati sono stati ottenuti dalla Ovonic, che sta sviluppando una lega a base di magnesio, leggera, con un'elevata capacità di stoccaggio idrogeno (7% in peso, Tdesorb.: 300 °C). Densità gravimetrica dell'energia: Percentuale di energia erogata da una cellula o da una batteria in funzione del suo peso (Wh/kg). Questo termine è utilizzato indifferentemente al posto di quella di energia specifica Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 29 Metodologie di produzione di H2 a bordo Reattori catalitici a membrana volume di accumulo idrogeno alla cella alimentazione gas di coda membrana pellets di catalizzatore Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 30 Impianto di produzione di idrogeno Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 31 Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 32 Misure di permeazione delle membrane Legge di Sievert (regime diffusivo) J Q Legge lineare (regime “chimico” superficiale) J K p1 p2 Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 p1 p2 33 Riferimenti bibliografici Ronchetti M. Iacobazzi A., Celle a Combustibile, Stato di sviluppo e prospettive della tecnologia, ENEA,2002 Hoogers G., Fuel cell technology handbook, CRC Press, 2003 Corso di MISURE INDUSTRIALI II - AA 2005/2006 34