Sistemi Economici Comparati
Anno accademico 2014-2015
Prof.sa Renata Targetti Lenti
La varietà dei capitalismi. Il
sistema giapponese
Lezione 12 24/11/2014
Letture
-
Gilpin R., Economia politica globale,
Università Bocconi editore, 2001, pp. 162-173.
Definizioni alternative del sistema giapponese
Definizione del sistema economico giapponese:
Shintocapitalismo, capitalismo di stato per lo sviluppo, capitalismo
collettivo, corporativismo del benessere, comunismo competitivo,
aziendalismo, capitalismo dei produttori, capitalismo strategico.
Capitalismo degli stakeholder (portatori di interessi) si contarppone a
capitalismo degli «shareholders» (azionisti).
L’economia è subordinata agli obiettivi sociali e politici della società.
Fin dalla restaurazione Meiji (1868) l’obiettivo è stato «rendere l’economia
autosufficiente» e raggiungere l’occidente
Prima della seconda guerra mondiale l’obiettivo era dotarsi di un esercito
forte e diventare una potenza industriale. Nel dopoguerra, in seguito alla
sconfitta ed al processo di smilitarizzazione l’obiettivo del dopoguerra è
stato lo sviluppo, e cioè diventare una potenza industriale e
tecnologicamente avanzata, promuovendo l’armonia sociale.
Il ruolo della burocrazia
L’ indipendenza e il potere della burocrazia statale, accompagnati
dalla frammentazione burocratica all’interno del governo sono
uno degli aspetti che contraddistinguono lo stato giapponese.
La burocrazia economica e le altre burocrazie dell’apparato
governativo sono praticamente feudi indipendenti con poche
grandi eccezioni.
Ogni burocrazia rappresenta un particolare segmento della società
giapponese ed è convinta di avere la responsabilità di promuovere
l’interesse di quel gruppo.
Sono frequenti tra le agenzie le dispute sulle responsabilità
politiche e giurisdizionali.
Esempio: le tre principali agenzie responsabili degli affari esteri
spesso hanno politiche economiche estere diverse, che
confliggono con quelle delle altre agenzie.
Il Giappone non ha un potente esecutivo e perciò non
possiede un facile metodo per risolvere i conflitti che
sorgono tra i diversi segmenti della società.
Verso la fine degli anni 90 è apparso chiaro che la
debolezza dell’esecutivo stava diventando un serio
ostacolo alla soluzione dei difficili problemi economici
e finanziari.
Molte responsabilità «pubbliche» sono state assunte dal
settore privato; per esempio, le grandi società private si
sono assunte l’impegno di per promuovere il benessere
sociale e la sicurezza di una parte sostanziale della
popolazione giapponese. Svolgono un ruolo sostitutivo
del Welfare State occidentale.
Mentre il governo americano delega l’autorità
regolatrice ad agenzie pubbliche quasi autonome, il
Giappone delega gran parte della responsabilità
dell’attività di sorveglianza sulle imprese ad
associazioni di imprese private.
Si tratta di una pratica pragmatica basata sullo stretto
legame e sulla reciproca fiducia tra impresa privata e
governo; un esempio particolarmente interessante di
questa pratica è la delega di funzioni pubbliche nella
privatizzazione di “legge e ordine”.
Una ragione del basso livello della criminalità di strada
in Giappone è che la yakuza (la mafia giapponese)
sorveglia le strade in cambio della tolleranza verso la
sua attività (illegale) da parte della polizia.
Questa pratica di autoregolazione e autovigilanza da
parte delle imprese e di altre associazioni è volta ad
assicurare la pace sociale. Tuttavia sfocia in trattamenti
preferenziali per particolari gruppi
La pratica giapponese che vede associazioni private
assumere responsabilità essenziali ha suscitato problemi
signifìcativi circa l’integrazione del Giappone
nell’economia mondiale. In particolare ha impedito
l’entrata di imprese straniere.
Conflitti all’interno del WTO.
Si è creata una alleanza tra burocrazia statale e grandi
imprese.
Capitalismo di Stato per lo sviluppo
Enfasi preminente sullo sviluppo economico, nell’organizzazione
dell’economia e della società. Stretta cooperazione tra stato,
impresa e lavoro.
Attraverso l’orientamento amministrativo la burocrazia statale
regola l’attività industriale, riduce la concorrenza, favorisce gli
oligopoli e cartelli per proteggere industrie in declino.
Gli strumenti sono: sussidi, protezione commerciale,
L’iperregolazione dell’economia giapponese è motivata in parte
dal desiderio di proteggere i deboli e dei senza difesa.
1) I portatori di interesse non sono solo gli azionisti
(shareholders), ma anche i dipendenti (stakeholders).
L’impresa è subordinata ad obiettivi sociali e
collettivi.
2) Il perseguimento dell’efficienza è subordinato a
quello dell’equità e della pace sociale. Ha prodotto
bassa efficienza e bassa produttività in settori come
il commercio al dettaglio.
3) Conseguenze negative sul livello dei prezzi:
inflazione strisciante.
4) la stabilità del posto di lavoro, nelle grandi imprese,
a vita è stato utilizzato come strumento per
promuovere la pace sociale ed ha avuto come
conseguenza l’emergere di un mercato duale.
Politica industriale
Lo Stato ha sempre avuto un ruolo centrale nell’economia. La
politica industriale è stata pervasiva.
Sono state favorite le grandi imprese, le industrie di base, le
tecnologie avanzate con politiche di sussidi, politiche fiscali, tassi
di interesse agevolati.
Dualismo tra grandi imprese (protette) e piccole imprese.
Primato del produttore sul consumatore.
L’obiettivo non è la massimizzazione del profitto, ma della quota
di mercato.
Il successo della politica industriale giapponese è stata
interpretata alternativamente come: i) l’esito di una politica
neomercantilista in cui il Ministarro del Commercio e degli
Investimenti (MITI) ha avuto un ruolo determinante; ii) l’esisto
dell’elevato risparmio e accumulazione di capitale, nonchè della
qualità elevata del management.
Secondo la prima interpretazione l’alleanza tra Stato, partito di governo e
imprese ha favorito una politica protezionistica e di promozione spinta
delle esportazioni.
Anche alla fine della seconda guerra mondiale si rifiutarono di seguire i
suggerimenti degli USA di concentrarsi su produzioni intensive di lavoro.
i) Politiche “neomercantiliste” si sono tradotte in una assistenza dello Stato,
regolazione, protezione di specifici settori industriali al fine di aumentare
la loro competitività internazionale
ii) Protezione delle industrie esportatrici e conquista dei mercati esteri.
iii) Restrizioni alle importazioni.
iv) Intervento dello Stato diretto allo sviluppo.
v) Il protezionismo ha comportato anche una chiusura nei confronti degli
IDE.
vi) Le politiche protezionistiche hanno mantenuto alti i prezzi e i profitti
delle imprese.
Sercondo questa prima interpretazione tutte le politiche pubbliche
sono state prevalentemente dirette a proteggere e promuovere
l’industria nascente attraverso:
i) politiche fiscali e finanziarie per incoraggiare risparmio e
investimenti.
ii) Politiche fiscali e di altro tipo che hanno mantenuto alti i
prezzi al consumo e i profitti delle imprese, e scoraggiato il
consumo, specialmente di prodotti esteri.
iii) politiche fortemente protezionistiche con restrizioni alle
importazioni che hanno protetto le industrie nascenti giapponesi
sia dai prodotti importati sia dallo stabilimento di filiali di
imprese straniere.
MITI
Il MITI ovvero del Ministero del Commercio estero è stato
centrale per favorire le esportazioni (politiche di espansione, di
controllo dei mercati esteri con filiali, di assistenza
commerciale e assicurativa alle imprese).
Secondo alcuni osservatori ha ridotto il grado di competitività
delle imprese.
Fallimenti: industria petrolchimica, computer quinta
generazione.
Concessione di incentivi per promuovere l’investimento in
produzioni high-tech.
Il ministero delle Finanze ha perseguito politiche
macroeconomiche stabili e prudenti.
Lo Stato non svolge i tradizionali compiti di Welfare dal
momento che esso è stato demandato alle aziende.
Secondo la seconda interpretazione che privilegia gli aspetti di organizzazione
interna i fattori alla base del successo giapponese sono:
i) L’istituzione del risparmio postale ha favorito un tasso di risparmio
straordinariamente elevato. A causa dello stretto controllo sui capitali
durato per gran parte del dopoguerra il servizio postale fu in grado di
pagare ai depositanti un tasso d’interesse molto basso. Ha favorito
l’abbondanza di capitale ed il finanziamento delle imprese a basso costo.
ii) esistenza di lavoro qualificato ed istruito.
iii) ottima qualità dei dirigenti.
iv) sostegno alle industrie di base come la siderurgia, e alla tecnologia
generica, come la ricerca sui materiali.
v) politiche della concorrenza a favore dei keiretsu e della cooperazione
interaziendale e non per combattere gli oligopoli.
I Keiretsu
Molte imprese sono collegate tra loro nei cosiddetti keiretsu.
a) Nel caso dei keiretsu orizzontali si tratta di un raggruppamento
o conglomerato di imprese legate da reciproca fiducia. Al centro
vi è una banca che fornisce credito. Le grandi imprese possono
contare su finanziamenti da parte di banche affiliate, garantiti
dallo Stato. Ciò ha reso il costo del capitale molto basso.
b) nei keiretsu verticali si tratta di produzioni integrate
verticalmente fino a comprendere la distribuzione.
c) si tratta di un sistema chiuso che limita la concorrenza e rende
difficile la penetrazione da parte di investitori stranieri, ma anche
di imprese che non appartengano al gruppo.
d) ha consentito innovazioni di prodotto riducendo il rischio ed i
costi transazione.
e) il keiretsu contribuisce all’adattamento dell’impresa ai
mutamenti economici e tecnologici.
La politica industriale giapponese ha collezionato i
maggiori successi nei primi anni del dopoguerra,
quando il paese stava ricostruendo l’economia devastata
dalla guerra.
Tuttavia, quando il Giappone ha colmato il divario
tecnologico con l’Occidente e le sue imprese divennero
più potenti e sicure di sé, la politica industriale e
diventata meno rivolta a promuovere lo sviluppo.
Progressivamente ha finito con il proteggere un sistema
industriale poco efficiente.
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Le forme di mercato non concorrenziali. Oligopolio.