Antonio Allegri, noto come il Correggio, nasce a Coreggio in Reggio Emilia nel 1489; figlio di Pellegrino, negoziante in panni e tessuti in genere, e di Bernardina Piazzoli detta Degli Aromani, di cultura modesta ma economicamente benestanti. Il luogo di nascita, sebbene di minore importanza rispetto ai maggiori centri italiani come Milano, Venezia, Firenze, Roma, ecc, era sede di una piccola corte che, tra quattrocento e cinquecento, assume una sua importanza culturale, sotto la guida del conte Giberto e per la presenza di sua moglie, la nobile poetessa Veronica Gambara. Questo ambiente tuttavia, è privo di una tradizione artistica al livello tale da poter essere utile alla sua formazione; i primi studi furono presso maestri mediocri come per esempio suo zio Lorenzo Allegri. Il Pongileoni ci dice infatti che la fama di Lorenzo Allegri, come pittore, non è era molto buona ma fu sufficiente a fornire al giovinetto i primi elementi della sua educazione. All'età di 14 anni Antonio si recò a Modena dove fu allievo del Bianchi Ferrari e nel 1506 fu presso il maestro Mantegna dal quale apprese l’amore per l’antichità classica e per il mito, che interpretò poi in modo personale. Attenuò la solennità del maestro con la dolcezza emiliana che gli derivava dal Francia e dal Costa ed estese le sue conoscenze alle opere di Leonardo e di Giorgione, delle quali comprese non solo il significato atmosferico, e soprattutto, la concezione moderna del rapporto fra uomo e natura. Benedetto Dal Buono, Ritratto di Antonio detto il Correggio Fino ai suoi vent’anni, Correggio fu autore di dipinti di piccole dimensioni, destinati per lo più alla devozione privata. Oggi la critica è concorde nel ritenere che nel 1518 Correggio si fosse recato a Roma per un breve periodo, perché senza la visione diretta della volta della Cappella Sistina e delle Stanze Vaticane non si spiegherebbero, ne concettualmente ne formalmente, le maggiori creazioni correggesche posteriori a questa data. Dopo la progressiva maturazione attraverso l’esecuzione di varie tavole e di qualche tela di soggetto sacro, il Correggio iniziò le maggiori imprese murali della sua carriera e le condusse, una dopo l’altra, quasi interrottamente, dal 1519 al 1530, soprattutto a Parma. Il 5 marzo 1534 morì nella sua città natale e venne sepolto nella Chiesa di San Francesco. Vasari scrisse che il pittore fu colpito da una forte febbre mentre tornava a piedi a Correggio da Parma, dove si era recato a riscuotere il denaro di una commissione. Un forte senso naturalistico e la preferenza per una pittura densa e corposa tesa a restituire gli effetti ottici del reale sono i tratti distintivi dell'arte di Correggio che trae ispirazione dalla tecnica e dalla maniera di Leonardo da Vinci, che riesce perfettamente ad emulare sia negli accostamenti dei colori che nei chiaroscuri e negli sfumati. In numerosissime opere si rileva il suo caratteristico gusto nel tratto, un eccellente modo di comporre, e un'eleganza ineffabile in alcune sue figure di rilievo. Inoltre, nei suoi dipinti regna il vigore di un cromatismo che ha la forza di produrre un'intensa armonia. Il Correggio arriva ad abolire i limiti spaziali e ad abbattere il convenzionalismo formale con antitesi cromatiche di complesse armonie a svariati profili con un disinvolto slancio di ardore. Riesce in questa impresa arrivando ad un'inedita visione dell'empireo, a differenza dei pittori stilizzati operanti nel Medioevo: la sua pittura anticipa lo spettacolare stile barocco. Tuttavia, il Correggio rimane un uomo appartenente al proprio periodo, anche se, col tempo, riuscì a distaccarsi dai pittori che lo hanno inspirato, tra i quali Montegna, Raffaello, Michelangelo e Leonardo. L'imprimitura del Correggio, sottile ed impastata di gesso finissimo, d'olio cotto e di vernice, non fu per nulla diversa da quella d'altri accurati maestri del tempo, ne diversa è l'arricciatura del muro negli affreschi; nell'uso del pennello, invece, si distinse per la delicatezza estrema, nei grandi come nei piccoli lavori: una morbida sovrapposizione di toni disposti a velatura e così leggeri da lasciar trasparire ogni correzione; una fluida pennellata che, specie alle estremità, sostituisce il disegno; un'armonia costante di toni, d'oro e di rosa, furono i peculiari caratteri del suo colore, ove l'oro non stridette mai. Ed è certo che, in quanto alle cupole, il Correggio dipinse a buon fresco su di un intonaco piuttosto spesso e ricco di sabbia e compì a tempera ritocchi, rifacimenti ed ogni altro completamento. Sull'opera compiuta, il pittore stese poi una velatura lieve e trasparente per conferire al dipinto una diffusa luminosità. La fama che Antonio Allegri si era conquistato con i lavori per il monastero di San Benedetto Po e con la sorprendente decorazione dello studiolo per la Badessa Giovanna Piacenza (la Camera di San Paolo), gli permise di ottenere nel 1520 il prestigioso incarico di predisporre l'intera decorazione ad affresco della Basilica abbaziale di San Giovanni. E fu nella cupola che il Correggio superò l'intera tradizione iconografica e visuale della pittura italiana immaginando un rapporto diretto dell'umano spettatore con i cieli aperti. E' con divino sbalordimento che noi - insieme a San Giovanni morente, nascosto sotto le nubi - vediamo Cristo stesso scendere dall'empireo, accompagnato dai cori angelici e attorniato dalla corona possente degli altri apostoli, nudi e giganteschi come gli eroi biblici di Michelangelo. Fu con questa cupola ("miracol d'arte sanza esempio") che la storia dell'arte prese un nuovo avvio per i secoli venturi. Affreschi della cupola della chiesa benedettina di San Giovanni, in Parma (1520 - 1524) Tra il 1526 ed il 1530, Correggio realizza L'Assunzione della Vergine, un affresco 1093 x 1155 cm che adorna la cupola del Duomo di Parma. L’opera raffigura il momento dell'assunzione in cielo della Madonna. Al centro della composizione c'è Gesù, che discende dal cielo per incoronare la madre. Sotto, ai piedi del Cristo, si trova la Vergine vestita di rosso e blu che viene innalzata al cielo da un gruppo di angeli. Nei quattro pennacchi vi sono rappresentati i santi patroni della città: San Giovanni L'assunzione della Vergine. Affreschi della cupola dei Duomo di Battista con l'agnello, Sant'Ilario, San Tommaso e San Parma (1526-1530). Veduta generale Bernardo. Nell'immensa moltitudine di angeli e personaggi biblici che circondano tutta la cupola sono riconoscibili, tra gli altri: Adamo ed Eva, Giuditta con la testa di Oloferne ed alcuni angeli che suonano degli strumenti musicali. L'Assunzione è l'evento conclusivo del ciclo d'amore della Sacra Famiglia, dogma sentito intensamente dalla pietas del popolo cristiano, atto mistico rappresentato con attori e figure proprio nel Duomo di Parma fin dal medioevo; ma, nel momento in cui lavora il Correggio, è anche il discrimine di fede tra l'ortodossia cattolica e il protestantesimo, tra la verità della tradizione apostolica e la libera interpretazione dei testi sacri proposta sprezzantemente da Lutero. Questo affresco fu anche una delle basi da cui si mossero poi gli artisti del Barocco, per lo stile drammatico della scena, la fusione di elementi pittorici e architettonici, ma soprattutto per la grande novità della prospettiva di sotto in su, amatissima nel Seicento. Al tempo della realizzazione, però, l'affresco fece scalpore e non ottenne il successo che lo caratterizzò invece nei secoli seguenti. L'assunzione della Vergine. Affreschi della cupola dei Duomo di Parma (1526-1530). Particolare con autoritratto Olio su tela, cm 163 x 74 (1531 circa). Vienna. Kunsthistorische Museum Dopo i lunghi anni parmensi Antonio Allegri si ritira nella città natale, probabilmente nell'inverno del 1530, per un periodo non ipotizzabile sul piano degli intenti. Di fatto resterà a Correggio sino alla repentina morte, che lo coglierà quarantacinquenne nel 1534. Nella sua piccola casastudio, in Borgovecchio, creerà la serie stupenda degli Amori di Giove, i cui soggetti gli sono richiesti da Federico II Gonzaga, duca di Mantova. La serie delle quattro tele costituisce il più sublime canto di ogni tempo sulla bellezza e sulla dolcezza dell'amore umano, nobilitato nell'empito divino-mitologico. Indimenticabili gli episodi di Leda, visitata da Giove sotto forma di cigno, e di Io, cinta nell'amplesso della nuvola in cui si cela l'olimpico amante. Questo dipinto verticale è compositivamente concentrato sul corpo nudo della fanciulla d'Argo, sdutto nello stupendo equilibrio tra ardore ed abbandono, ove la scelta di un chiasma meravigliosamente difficile non prevale sulla totale pervasione amorosa dei sensi e dell'anima. Forse davvero nelle ultime opere della sua vita il Correggio trasfuse la sua piena esperienza di uomo, nella vicinanza tranquilla della sua giovane sposa. FINE