> 2013/2014 matricola n.50631 relazione del progetto di tesi di Carlotta Rinaldini Università degli studi della Repubblica di San Marino / Università Iuav di venezia / Corso di laurea in Disegno Industriale design come strumento di liberazione un possibile percorso per favorire il reinserimento del detenuto “La qualità di un progetto dipende dal grado, sia pur minimo di un cambiamento culturale che innesca” > Enzo Mari in Progetto e passione 06. design come strumento di liberazione sommario I T EM A 11. come favorire il reinserimento 14. da dentro a fuori: il percorso del detenuto 16. design come strumento di liberazione (p.8-17) II RICERCA (p.18-43) III PROBLEM A (p.44-49) 20. 26. 28. 30. 34. 36. 40. carcere e la pena: cenni sull’evoluzione storica il significato della pena il valore del lavoro per il detenuto la modalità di comunicazione chi lavora con i detenuti volontariato e carcere incontri con gli esperti 46. analisi dell’attuale situazione carceraria 48. la vita dentro le mura IV EL A BOR A ZIONE (p.50-67) V RE A LIZZ A ZIONE (p.68-83) VI 52. 56. 58. 60. 62. le fasi progettuali il modello del progetto la struttura del progetto passato - presente - futuro analisi testimonianze 70. 74. 76. 78. 80. 82. il progetto esecutivo codici grafici del progetto la stampa tipografica 01. passato 02. presente 03. futuro 86. sperimentazione del progetto CONCLUSIONE (p.84-87) VII LE FON T I (p.88-95) 90. bibliografia 92. sitografia 94. ringraziamenti 07. SOMM A RIO / design come strumento di liberazione I tema 07. > Henri Cartier Bresson Cell of a modern proison USA, 1975 design come strumento di liberazione 11. Oggi i temi legati al carcere e ai detenuti sono estremamente attuali, se ne parla spesso mostrando quasi esclusivamente le loro sfaccettature peggiori come il problema del sovraffollamento, i suicidi, gli atti di autolesionismo, le violenze dei diritti... Ma il carcere non è solo questo e il mio progetto, ha come intento, quello di cambiare prospettiva rispetto questo tema, considerando la prigione e chi vi è dentro come una risorsa e non solo come problema per la collettività. La reale funzione del carcere è, infatti, quella di produrre libertà individuale e sicurezza collettiva. Lo scopo che deve perseguire è quello di praticare il reinserimento sociale, che favorisca la coesione e restituisca la speranza. All’interno del carcere, infatti, non vi sono solo persone che costituiscono pericolosità sociale, ma soprattutto persone che indubbiamente hanno commesso degli errori, ma che sono ancora in grado, se gli sono date le possibilità, di rialzare la testa e di poter dare il loro contributo positivo alla società. Il presupposto iniziale è che il lavoro penitenziario, così come la definisce la nostra Costituzione all’art. 27, acquisisce un ruolo sempre più strategico all’interno del percorso di reintegrazione e di rieducazione del detenuto nella società. I T EM A / come favorire il reinserimento come favorire il reinserimento 12. design come strumento di liberazione Il lavoro così è lo strumento principale che da a queste persone la possibilità di riscattarsi per errori commessi e di esprimere le loro competenze significative. Il progetto nasce dalla riflessione della condizione del detenuto “dentro” il carcere e del suo percorso di reintegrazione, fino al momento in cui sarà ”fuori” da esso e si reinserirà nel tessuto sociale. Un progetto di reinserimento deve prima di tutto tentare di recuperare la persona, aiutandolo a prendere consapevolezza dei suoi sbagli, e preparala al momento in cui uscirà dal carcere e si troverà di fronte la realtà. Il fine del mio progetto ha come principale obiettivo quello di accompagnare, in un iter di formazione, disciplina ed assistenza, chi si appresta ad uscire dalla residenza penitenziaria e rischia di trovarsi senza un’occupazione, senza credibilità e senza possibilità alcuna di inserirsi di nuovo nella società. Vuole metaforicamente essere l’immagine di un ponte di collegamento tra due mondi, solo apparentemente distinti: “dentro il carcere” e “fuori dal carcere” e aiuti il detenuto nel suo percorso che deve compire tra questi e gli dia la speranza per costruire un futuro diverso. > Gherardo Colombo dall’intervista “Oggi il carcere non rieduca” “Non credo che il sistema penitenziario italiano sia adeguato alla crescita della responsabilità. Perché la libertà va insieme alla responsabilità. Per fare ciò ci si dovrebbe educare attraverso un percorso adeguato.” 13. T EM A / come favorire il reinserimento design come strumento di liberazione I 14. design come strumento di liberazione da dentro a fuori: il percorso del reinserimento 1. 1. 2. DEN TRO / le mura del carcere PERCORSO / da dentro a f uori > le paure di riadattarsi alla vita “normale”, di quello che succederà una volta scontata la pena e di non avere nessuno stimolo e appoggio da cui ricominciare > reintegrazione con la società attraverso un lavoro che dia la possibilità di riscattari, rendersi utili, apprendere un mestiere, sperare in un futuro migliore > le speranze di ricevere opportunità e possibilità per poter ricominciare una nuova vita (ottenere colloquio di lavoro, riallacciarsi con i legami familiari, avere una casa, uno stipendio...) > rieducazione ricostruzione della propria identità, prendendo consapevolezza dei propri errori del passato, assumersi le proprie responsabilità, progettare una nuova strada da percorrere design come strumento di liberazione 15. “Purtroppo il carcere, oggi, diventa sempre più il termometro un termometro che ci dà dei segnali forti che non possiamo restare ancora a guardare. La pena carceraria non può diventare una 3. F UORI / mondo libero > esclusione ostilità e pregiudizi da parte della società nel modo di considerare la realtà del carcere, paura di rimanere bollati a vita come delinquente vendetta della società, deve essere un percorso di riabilitazione realizzato puntando al recupero di un soggetto che, altrimenti, una volta uscito si troverà tutte le porte chiuse” > apertura atteggiamento di apertura da parte della società, che può favorire ed aiutare i detenuti nel loro reintegro all’interno del tessuto sociale > Don Giovanni Sandonà direttore della Caritas I T EM A / da dentro a fuori: il percorso del reinserimento dell’esclusione sociale, 16. design come strumento di liberazione design come strumento di liberazione Perché la scelta di questo titolo? La scelta di questo nome è stata pensata, non con la presunzione di considerare la progettazione come qualcosa di taumaturgico che può risolvere tematiche complicate come quella del carcere, ma con la volontà di evocare i concetti principali da cui sono partita e che mi hanno accompagnata per l’interno iter progettuale fino alla sua concreta realizzazione. 1. PERCHÉ DESIGN? _ Design perché ho cercato di capire come i principi della progettazione potevano essere applicati a un tema complesso come quello del reinserimento dei detenuti. _ Design perché attraverso la comunicazione visiva ho cercato di dare un contributo rispetto questo problema, cercando di guardare oltre e trovare una soluzione inedita. _ Design perché la prerogativa del progetto è quella di adottare una comunicazione sociale che favorisca l’integrazione e l’inclusione sociale di una particolare tipologia di individui, i detenuti, adottare una comunicazione che ha la volontà di mostrare questi sotto un altro punto di vista. design come strumento di liberazione 2. 17. ST RUMEN TO PERCHÉ? _ Strumento perché il progetto ha come scopo una sua concreta realizzazione proponendo una partecipazione attiva del soggetto a cui è destinato. _ Strumento perché il progetto vuole aiutare a porre le basi e portare testimonianza di un percorso complesso che ha come fine ultimo il reinserimento sociale e lavorativo del detenuto. _ Strumento perché promuove un percorso riabilitativo e di sostegno della persona reclusa nella prospettiva del suo futuro. 3. LIBER A ZIONE PERCHÉ? _ Liberazione perché attraverso la scrittura in prima persona del detenuto, si vuole in qualche modo creare un momento di riflessione in cui possa evadere con la mente rispetto alla situazione di chiusura in cui si trova a vivere. _ Liberazione perché il progetto promuove atteggiamenti di apertura e dialogo rispetto a chi sta dentro le mura e chi sta fuori. _ Liberazione perché il progetto vuole farsi promotore di un nuovo modo di approcciarsi a questa problematica: liberare la società dai pregiudizi con cui è solita descrivere il carcere e i detenuti. I T EM A / design come strumento di liberazione _ Strumento perché il progetto è volto a realizzare una serie di intenti prima fra tutti essere da mediatore tra la società e i carcere. II ricerca 20. design come strumento di liberazione il carcere e la pena: cenni sull’evoluzione storica > Art. 27 della Costituzione dell’articolo Trattamento e rieducazione che apre la normativa penitenziaria “Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine e nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istitui devono essere mantenuti ordine e disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari. I detenuti o internati (persone sottoposte a misure di sicurezza per pericolosità sociale) sono chiamati o indicati con il loro nome. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. Nei confronti dei condannati e interanti deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni del soggetti.” design come strumento di liberazione RICERCA / carcere e pena: cenni sull’evoluzione storica Il principio di umanità della pena, per cui non deve essere lesivo alla dignità delle persona umana, ed essere finalizzato non alla segregazione ed esclusione del detenuto ma al suo reinserimento nelle società, è l’esito di un lungo percorso degli studi della penalità. 21. II 22. design come strumento di liberazione 2. IL SIS T EM A ROM A NO Il diritto romano conosceva pene di carattere privatistico e pene di carattere pubblicistico. Il carcere era considerato solo come mezzo di coercizione allo scopo di assicurare il reo alla giustizia. 1. IL CA RCERE NEL L’A N T ICHI TÀ In tempi remoti il carcere era concepito come edificio atto a custodire il reo cui doveva essere inflitta la pena prevista per il crimine commesso. 7. L A N ASCI TA DEL PROBL EM A PENI T ENZI A RIO Solo verso la metà del X VIII secolo il carcere fu inteso come luogo di espiazione delle pene detentive e acquistò rilevanza sociale. In tale epoca, af fioravano alcuni principi innovatori che ispireranno tutti i successivi orientamenti in materia penitenziaria: · il principio della umanizzazione della pena · il principio della pena come mezzo di prevenzione e sicurezza sociale Con il volume “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, nel 1764, si inserisce un radicale 8. processo di riforme illuministiche, si intensificò il dibattito CONGRESSI PENI T ENZI A RI sulla finalità della detenzione, IN T ERN A ZION A L I sull’abolizione della pena di morte e la necessità di riforme Il 6 novembre 1890 viene istipenitenziarie volte alla trasfortuita la prima Commissione mazione delle prigioni da luoghi Penitenziaria Internazionale, di infamia e crudeltà in luoghi nel 1929 una seconda Commisdi rigenerazione del reo. sione Internazionale Penale e Penitenziaria. Venne uf ficialmente riconosciuta l’esistenza di un diritto penitenziario. > Timeline sull’evoluzione storica della legislazione penitenziaria 23. design come strumento di liberazione 3. L’ORDIN A MEN TO PEN A LE F EUDA LE 4. Il carcere medievale, punitivo e privatistico si fonda sulla categoria etico-giuridica del “taglione”, a cui si associa il concetto di espiatio, forma di vendetta basata sul criterio di pareggiare i danni derivati dal “reato”. L’unico tribunale era quello del signore, solo lui emana gli ordini. La prigione era solo un passaggio temporaneo nell’attesa dell’applicazione della pena reale. L A N ASCI TA DEL L’IS T I T UZIONE CA RCER A RI A MODERN A Nel secolo X VI si assiste ad un progressivo e sostanziale cambiamento del concetto di pena e si forma il nucleo dell’ideolo- 6. L A F ORM A ZIONE DEI PRIMI IS T I T U T I CA RCER A RI MODERNI 5. Inghilterra 1557 nasce la prima “ house of correction” o “workhouse”, caratterizzata dall’organizzazione rigida del tempo strutturato in gesti sempre uguali e ripetitivi. Nella seconda metà del X VII secolo si realizza una delle prime esperienze carcerarie moderne: a Firenze all’interno dell’Ospizio del S. Filippo Neri per giovani abbandonati. E’ il primo caso di isolamento cellulare a scopo correzionale. 10. IL REGOL A MEN TO DEL 1891 9. 1860/ 1862: LE RIF ORME CA RCER A RIE DOP O L’UNI TÀ Raggiunta l’Unità, si avvertì in Italia la necessità di raccogliere e uniformare, in maniera organica e sistematica, tutta la legislazione vigente in ogni settore del diritto e anche per il diritto penitenziario fu avver- Nel 1889 venne emanato il codice penale Zanardelli, Al 1889 risale anche la prima legge relativa all’edilizia penitenziaria e agli stanziamenti di bilancio per farvi fronte. Questa riforma nonostante ebbe il merito di porsi il problema della disponibilità delle strutture, In Italia continuavano a mancare gli stabilimenti necessari per far scontare le pene secondo la normativa dettata dal codice penale e dal regolamento carcerario. tita la stessa esigenza. II RICERCA / carcere e pena: cenni sull’evoluzione storica gia penale pre-illuminista. 24. design come strumento di liberazione 14. L A L EGIL A ZIONE PENI T ENZI A RI A NEL REGIME FASCIS TA : IL REGOL A MEN TO ROCCO Nel 1930 vennero approvati il nuovo codice penale “Codice Rocco” e nel 1931 il nuovo codice di procedura penale. fedele traduzione dell’ideologia fascista nel settore penitenziario, che rimarrà in vigore fino al 1975. I punti qualificanti del regolamento Rocco sono sono centrati sul considerare il carcere come istuituzione chiusa e molto rigida nei confronti dei detenuti. 13. 1922 / 1923 RIF ORME DEL REGOLAMENTO PENITENZIARIO Tra il 1921 e 1922 vennero emanate una serie di circolari innovatrici che determinarono alcuni miglioramenti nel trattamento dei detenuti, punatando alla sua rieducazione. Le principali modifiche riguardarono: il lavoro svolto in carcere dai detenuti; i colloqui; la corrispondenza; la disciplina delle case di rigore. 12. RIF ORME E CON T INUI TÀ DEL L E S T RU T T URE CA RCER A RIE NEL L’E TÀ GIOL I T T IN A 11. 1871 Rivista di discipline carcerarie fu uno strumento utile per ricostruire le condizioni di vita dei luoghi di pena e rappresenta la voce uf ficiale della Direzione generale delle carceri. Nel periodo “giolittiano”, il regolamento del 1891 subì alcune importanti modifiche tendenti a mitigare le condizioni disumane dei detenuti. Il decreto 14 novembre 1903, n. 484 sancì l’abolizione della camicia di forza, dei ferri e della cella oscura, l’impiego dei condannati in lavori di bonifica di terreni incolti o malarici. 25. design come strumento di liberazione IL SECONDO DOPO GUERRA La conduzione del carcere, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, fu la stessa di quella in vigore in epoca fascista. I principi fondamentali dell’isolamento dell’emarginazione dei detenuti rimasero ben saldi. Il breve arco di tempo, tra il 1945 e i primi mesi del 1946, è caratterizzato da alcune tra le più clamorose rivolte della storia carceraria italiana. 1960 venne presentato un primo disegno di legge sull’ordinamento penitenziario che cercava di adeguare il sistema penitenziario italiano ai principi stabiliti dalle Regole minime dell’ONU (1955) e introduceva il criterio dell’individualizzazione del trattamento rieducativo basato sulla osservazione della personalità. Vennero progettate figure nuove quali: gli educatori e i Centri del servizio sociale, e si introdusse il regime di “semilibertà”, ma le titubanze furono pari agli emendamenti. Questo disegno di legge costituirà la base di tutte le successive elaborazioni. Nel 1948 venne istituita la prima commissione parlamentare d’inchiesta sullo stato delle carceri della storia italiana. 17. DOP O L A RIF ORM A DEL 1975 16. L A RIF ORM A PENI T E ZI A RI A DEL 1975 Il primo risultato legislativo delle attività parlamentari sull’ordinamento carcerario arrivò nel 1975 con la legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure preventive e limitative della libertà” con cui venne varata la nuova riforma organica degli istituti di diritto penitenziario, La legge si compone di 91 articoli suddivisi in due titoli: il primo riguardante il trattamento penitenziario (artt. 1-58); il secondo riguardante l’organizzazione penitenziaria (artt. 59-91). Punti qualificanti di questa legge sono: · il principio della qualificazione del trattamento · la disciplina del lavoro in carcere · la creazione di nuove forme di operatori specializzati · le misure alternative alla detenzione. Questa riforma costituisce le base delle riforme succedutosi fino ai giorni nostri. II 10 ottobre 1986 n. 663 che va sotto il nome di “Legge Gozzini”, modificherà alcuni aspetti della riforma del 1975. La legge Gozzini contempla dei benefici che permettono ai detenuti che hanno mantenuto una buona condotta, e dimostrato il ravvedimento, di usufruire misure alternative al carcere e permessi premio per coltivare gli af fetti familiari ed instaurare rapporti di lavoro. Nel 2000 viene emanato un nuovo “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà” RICERCA / carcere e pena: cenni sull’evoluzione storica 15. 26. design come strumento di liberazione il significato della pena L’innovatività del nuovo regolamento di esecuzione ha come finalità quella di promuovere e agevolare un percorso “ricivilizzante”, attraverso il sostegno e l’accoglienza necessaria al reinserimento del reo. In carcere si va perché puniti e non per essere puniti. La finalità della pena è quindi quella di avere una funzione sia rieducativa che riabilitativa per il detenuto; la pena è vista quindi in funzione di un cambiamento. Il principale strumento rispetto a questi obiettivi è: > Patria Patrizi “Psicologia della devianza e della criminalità” Carocci, Roma 2011, p.67 “Il lavoro sulla personalità, sulle condizioni psicologiche, familiari e sociali, ma anche sulle pregresse variabili personali e socioculturali che possono aver influenzato il comportamento in senso deviante. Funzionale al cambiamento non è quindi considerata, almeno in senso esclusivo, la pena in sé con la mera custodia, ma la progettazione - realizzazione di un programma di osservazione e trattamento individualizzato, che miri a modificare in senso sociale positivo gli orientamenti comportamentali di tipo deviante, attraverso l’offerta di sostegno psicosociale e risorse di cambiamento.” design come strumento di liberazione 27. le principali finalità della pena 1. REL AT I V I A LL A PERSON A LITÀ DEL DE TENU TO — f unzione r ieducativa e riabilitativa 2. REL AT I V I A LL A SICUREZ Z A SOCI A LE — prevenire la recidiva e garantire la sicurez za Attraverso un più articolato uso di misure alternative si può effettivamente favorire la reintegrazione attiva includere la persona detenuta in una logica di inclusione sociale, appartenenza alla comunità, continuità delle relazioni esterne. 3. REL AT I V I A LL A REL A ZIONE CON IL MONDO — contat to diret to con l’esterno Tramite il lavoro esterno, permessi premio e alle misure alternative che hanno l’obiettivo di favorire un graduale, progressivo contatto con l’esterno, contribuendo alla rieducazione del reo e assicurarsi la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Aprire così un dialogo con la collettività e con le istituzione per favorire l’integrazione sociale del recluso. II RICERCA / il significato della pena Attraverso il lavoro sulla personalità, sulle condizioni psicologiche, familiari e sociali, ma anche sulle pregresse variabili personali e socio-culturali che possono aver influenzato il comportamento in senso deviante. Il trattamento educativo deve essere individualizzato, ovvero calibrato alla specificità della persona, per ricavare le specifiche e particolari problematiche ed esigenze del detenuto. 28. design come strumento di liberazione il valore del lavoro per il detenuto “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” > Costituzione italiana articolo 4 REINSER SONA ) - dare dignità - anello di congiunzione tra carcere e mondo - speranza di ricostruirsi una nuova vita - sviluppa senso di responsabilitazione - possibilità di riscatto per gli errori del passato O (S OC - sentirsi utili e parte attiva della società - diminuire il rischio di recidiva - svolgere un’attività produttiva ) - sottrae dalle conseguenze negative dall’ozio NT TÀ - maggiore consapevolezza delle proprie capacità - forma di sostentamento IME - acquisire una competenza professionale RI D A UC O ZI (PER NE IE E Il lavoro è considerato lo strumento fondamentale per attuare il reinserimento e la rieducazione del detenuto, assolvendo una funzione normalizzatrice e correttiva. 29. design come strumento di liberazione >PA R TECIPA ZIONE A L L AVORO 80% 20% 3, 5% totale dei presenti in carcere - 66.528 > numero carceri italiane - 206 de tenuti che non l avor ano - 53.250 de tenuti che l avor ano - 13.278 di cui : > Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria DAP, 2012 >IL RISCHIO DI RECIDI VA* dipendenze amm . penitenziaria - 10.979 dipendenze sogge t ti esterni - 2.299 >PERSONE DE T ENU T E A MMESSE A L L AVORO IN CARCERE ALL’ESTERNO: detenuti che secondo particolari 68,5% 19% per i de tenuti che l avor ano per i de tenuti che non l avor ano *la RECIDIVA cioè ricommettere un reato, costituisce un parametro per misurare il successo dell’attività rieducativa condizioni possono accedere alle misure alternative (esempio semilibertà, af fidamento in prova ai servizi sociali) > la percentuale di recidiva passa dal: 70% a meno del 10% > la diminuzione della recidiva di un solo punto percentuale, secondo alcuni studi, equivale ad un risparmio per la società di circa 51 milioni di ero all’anno. > nonostante questo i detenuti che lavorano sono una percentuale irrisoria per via di vari fattori: pregiudizi e discriminazioni e un generale disinteresse della società verso questa realtà > Fonte: studio DAP “Le misure altenative alla detenione”, 2007 II RICERCA / il valore del lavoro per il detenuto 16,5% > 30. design come strumento di liberazione la modalità di comunicazione LA COMUNICAZIONE COMUNICARE: dal latino communicare = “condividere”. “rendere comune”. Il termine fa così riferimento ad un rapporto, un’interazione, a una condivisione cioè all’instaurarsi di un legame. Cominciare significa “rendere comune” nel senso sia di far sapere/conoscere qualcosa a qualcuno, sia di mettersi in relazione con altri. Ogni comunicazione è uno scambio sociale, è un sistema aperto in continua interazione con l’esterno. COLLOQUIO PROFESSIONALE DI SERVIZIO SOCIALE COLLOQUIO: forma specializzata di comunicazione, dal latino com loqui (“parlare insieme”, parlare con”). > Zanichelli Dizionario della lingua italiana, 2007 “Conversazione piuttosto importante tra due o più persone; dialogo per raggiungere un’intesa” Il colloquio professionale nel servizio sociale rappresenta il mezzo privilegiato attraverso il quale l’assistente sociale entra in relazione con la persona. design come strumento di liberazione 31. Il colloquio come percorso di aiuto è considerato lo strumento base per costruire un ponte metaforico con l’altro, promuovendo il coinvolgimento e la partecipazione della persona. > La comunicazione deve: - essere improntata sull’ascolto dell’altro incoraggiandolo a parlare molto di sé (porsi in un atteggiamento di chi vuol capire), offrendo uno spazio adeguato al suo modo di presentarsi e presentare i suoi problemi (mettersi nella prospettiva della persona/utente) e valorizzare la persona; - stabilire gli obiettivi e i contenuti della comunicazione per raggiungere a un fine condiviso di intenti; - essere formalmente organizzato e affrontare fatti e sentimenti spiacevoli; - formulare le domande per riuscire a comprendere la situazione problematica, in un contesto di comprensione dell’altro e di empatia in modo che la persona non si senta sopraffatta o accusata ma capita e compresa, senza essere giudicata per la propria situazione; - saper porre le domande per produrre un cambiamento nella persona. II RICERCA / la modalità di comunicazione > Il colloquio è volto a: - instaurare una relazione significativa con la persona; - raccogliere informazioni utili alla conoscenza delle situazioni problematiche; - formulare una valutazione professionale; - progettare interventi concreti e condivisi; con la persona e verificarne i risultati. 32. design come strumento di liberazione LE TECNICHE PER LA CONDUZIONE DI UN COLLOQUIO > Saper mettere a proprio agio l’interlocutore per facilitare l’esposizione dei propri problemi. > La capacità di ascolto in modo empatico, attento e partecipe, è molto importante perché è il solo modo possibile per mostrare reale interesse e disponibilità verso l’altro. Ascoltare l’altro significa implicitamente comunicargli la nostra stima e la nostra fiducia nelle sue possibilità e nelle sue risorse interne ed è lo strumento per valorizzare la persona. > Formalizzare le domande pertinenti all’interno del colloquio. Le domande dovranno essere chiare e pertinenti, il più possibili comprensibili, non ambigue e corte. > Le domande che devono essere evitatate sono: - quelle che presuppongono una domanda unica; - quelle che suggeriscono la risposta; - quelle doppie con più domande insieme; - quelle che iniziano con perché con come o che cosa; - quelle tendendenziose. design come strumento di liberazione 33. le fasi del colloquio FASE DI ACCOGLIENZ A — inizio socializ zazione su temi generali Fase iniziale di conversazione partendo dalla ricostruzione di una biografia personale e dal contesto familiare e di vita. La ricostruzione della storia personale e familiare della persona aiuterà a comprendere insieme l’attuale fase del ciclo di vita e anche a contestualizzare gli eventi significativi e la connessione con i problemi e le difficoltà insorte. Valutare la reale motivazione delle persone al cambiamento. 2. FASE DI SV ILUPPO — f ulcro del colloquio Stimolare la persona a parlare di sé e guidare l’interazione verso gli scopi prefissati, conoscenza e approfondimento della situazione problematica. Importanza dell’ascolto come capacità di sentire ciò che l’altro racconta con empatia. 3. CONCLUSIONE DEL COLLOQUIO — recupero equilibr io emotivo Durante il colloquio, soprattutto se sono stati affrontati argomenti carichi di tensione emotiva, sarà necessario attenuare l’intensità prima della conclusione. II RICERCA / la modalità di comunicazione 1. 34. design come strumento di liberazione chi lavora con i detenuti COOPERATIVE DI TIPO B da nno opport uni tà di l avoro a i deenu t i ed e x de t enu t i FUORI DENTRO ASSISTENTI SOCIALI at t i v i tà d ’osserva zione scien t if ica dell a person a li tà dei de t enu t i e a pporta il suo con t ribu to in seno a ll’equipe d ’osserva zione e t r at ta men to per l a st esur a del rel at i vo progr a mm a indi v idua liz z ato U.E.P.E. uf f ici loca li per l’esecuzione pen a le es tern a t r at ta men to socio - educat i vo MINISTERO DELLE GIUSTIZIA a mminist r a zione giudizi a ri a ci v ile pe n a le e minorile , dei m agist r at i e di quell a peni t enzi a ri a , è org a niz z ata in quat t ro dipa rt imen t i . > Chi lavora con i detenuti? schema con delle istituzioni che ruotato attorno al carcere design come strumento di liberazione 35. SERVIZIO CIVILE percorsi a lt ern at i v i a l ca rcere S.E.R.T. serv izio per le tossicodipendenze ri a bili ta zione tossicodipendenze VOLONATARIATO org a niz z a no at t i v i tà e l a bor atori AREA TRATTAMENTALE el a bor a un progr a mm a di t r at ta men to rieducat i vo indi v idua liz z ato POLIZIA PENITENZIARIA oper a a lle dipendenze del d . a . p . CARCERE e g a r a n t isce l a sicure z z a e coll a bor a a lle at t i v i tà di reinseri men to soci a le D.A.P. dipa r timento dell’a mm . penitenzi a ri a è uno dei dipa rt imen t i del minist ero dell a giust izi a e si occupa dell a dire zione gener a le degli ist i t u t i di pre v enzione e pen a . II RICERCA / chi lavora con i detenuti volt i a l reinserimen to 36. design come strumento di liberazione volontariato e carcere Il progetto nasce soprattutto dalla riflessione del ruolo del volontariato all’interno del carcere, proprio perché uno dei suoi principali obiettivi è quello di affrontare il tema della pena in una prospettiva nuova, ponendosi come intermediario tra la società esterna e la società dei detenuti. La prospettiva che vuole adottare il volontariato è quella di voler incrementare il dialogo tra carcere e società creando, nell’opinione pubblica, un clima di riconciliazione, andando oltre ai pregiudizi e luoghi comuni, che ostacolano e vanificano spesso i tentativi di rieducazione e reinserimento. L’azione del volontariato, così come il mio progetto, vuole fornire “momenti” di sostegno psicologico e morale per i detenuti, rispetto alla situazione di isolamento e solitudine in cui si trovano. Questi momenti vogliono essere non solo momenti di sfogo e liberazione, ma propositivi e creativi che possano stimolare il detenuto a riscoprire le proprie risorse e le proprie potenzialità. Partecipazione e condivisione vogliono essere le qualità fondamentali da perseguire. Con questa iniziale premessa cerco di chiarire maggiormente il ruolo del volontariato e come la sua attività di reinserimento sia estremamente vicina alla filosofia generale del mio progetto. design come strumento di liberazione Il volontariato si trova oggi in un momento particolare diventando sempre più parte attiva della nostra società, imponendosi come soggetto autonomo partecipando in modo sempre più responsabile nelle istituzioni in cui opera. E proprio nel settore penitenziario che esso sta acquisendo maggiore efficienza e autonomia. Verso le realtà penitenziaria si sta maturando sempre di più il concetto, come già ribadito precedentemente, che essa debba essere sempre meno separata e distante dal resto della collettività e debba avere come fine agire in modo concreto alla rieducazione e risocializzazione del detenuto. La consapevolezza maturata negli ultimi anni è quella che le attività di recupero dei detenuti non possono essere attuate solo all’interno del carcere, ma al contrario è fondamentale la partecipazione delle società esterna perché possa offrire opportunità di reinserimento per il detenuto. L’istituzione carceraria potrà essere sempre più funzionale hai suoi obiettivi se riuscirà ad aprire le porta a nuove opportunità di sviluppo e riesca a interrompere il circuito di emarginazione e pregiudizi. Il volontariato si rende sempre più partecipe dalla vita carceraria attraverso attività concrete e utili nelle prospettive di risocializzazione e rieducazione dei detenuti. > C. Castelli Volontariato penitenziario Il Ponte, LI, luglio-settembre 1995, 7-9, pp. 200-2 “L’uomo è un essere individuale e sociale in continuo divenire, proteso costantemente ed emotivamente alla ricerca della propria identificazione con obiettivi dinamici e, perciò, modificabili. II 37. 38. design come strumento di liberazione L’uomo-detenuto è una persona che, nella propria tensione e nella propria ricerca delle identificazioni possibili, è incorsa in erronee adesioni a modelli ed obiettivi, senza, però, perdere il proprio potenziale dinamico di modificazione.” Il detenuto deve essere riconosciuto come essere umano e per questo suscettibile come altro individuo, ma che allo stesso tempo in grado di migliorarsi grazie al pentimento, avendo la capacità di esprimere correttamente le loro potenzialità di mutamento. Il volontario, diventando consapevole delle storie dei detenuti, assume un’importantissima funzione sociale, esercitando il ruolo di chi vuole che il detenuto in carcere, possa realmente diventare responsabile dei propri atti, passati e futuri, affinché la negatività dell’atto commesso segni il punto di partenza per adottare in seguito modelli comportamentali positivi. Attraverso modelli alternativi e concreti, che tengano conto dell’individualità della persona (nel pieno rispetto del proprio vissuto e delle proprie attese), Il volontariato vuole aiutare a migliorarsi e a ritrovare fiducia in sé stessi, cercando di arricchire di contenuti il periodo della reclusione. > A. Mastantuono Volontariato, cit. p. 83 “I volontari rappresentano l’espressione della società civile, della cosiddetta società libera, che vuole considerare il carcere come parte del proprio mondo e non come qualcosa da allontanare e nascondere, insieme ai problemi che contiene.” Il volontariato oltre a partecipare ad attività di risocializzazione all’interno degli istituti penitenziari, può anche favorire il diffondersi di una cultura di accettazione e apertura nei confronti di un possibile reinserimento. Come già sottolineato spesso la comunità esterna è incline all’all’indifferenza e ostilità e diffidenza nei confronti dei detenuti. Le persona e che passano per il carcere rischiano rischiano di essere bollate a vita come delinquenti. Così come il volontariato si impegna ad aprire spazi di dialogo, informazione e confronto, anche il mio progetto ha l’ambizione di stimolare l’interesse della comunità esterna nei confronti del carcere e mostrare le persone che ne scontano li la pena in modo nuovo, più “umano”. > Prima conferenza nazionale del Volontariato, 1995, parte di intervento fatto dalle detenute di Rebibbia “Grazie all’opera dei volontari viviamo in una realtà penitenziaria proiettata al futuro. E questo ci dà speranza: la speranza di poter ricostruire la nostra esistenza sapendo che qualcuno - fuori avrà meno paura di accoglierci. I volontari continuano ad essere una sorta di luogo mentale dove, che si sia colpevoli o innocenti, è possibile scoprire modi e tempi per ripensare alla propria vita, in una prospettiva di responsabilità ed autocritica”. II 39. RICERCA / volontariato e carcere design come strumento di liberazione 40. design come strumento di liberazione incontri con gli esperti La mia ricerca relativa al carcere e dei detenuti, è stata supportata da incontri con chi in prima persona si occupa di queste tematiche. Le persone intervistate lavorano a stretto contatto con i detenuti, occupandosi proprio di favorire il loro reinserimento nel contesto sociale una volta scontata la pena. Gli intervistati hanno professionalità distinte e ognuna di esse si occupa della tematica del reinserimento del detenuto sotto diversi aspetti (dalla sua rieducazione a quello più specifico della ricerca del lavoro). Hanno saputo spiegarmi la logica complessa del carcere, le sue principali problematiche, quali sono gli attori che entrano in gioco, le diverse tipologie di detenuto, l’importanza di accompagnarli nel loro percorso di detenzione perché possano reintegrarsi con il mondo una volta usciti senza ricadere nella recidiva e come il lavoro penitenziario acquisisca un ruolo sempre più strategico all’interno di questo percorso. Questi colloqui sono stati per me fondamentali per capire quale contributo potevo dare all’interno di una tematica complessa come quella del mondo penitenziario e in che modo creare uno strumento che potesse aiutare al reinserimento della persona detenuta. design come strumento di liberazione 41. FUORI DENTRO AREA TRATTAMENTALE casa circonda ri a le rimini VOLONTARIATO CARITAS 2. spor tello di ascolto e consulenz a LA FORMICA 1. cooper ati va soci a le > Chi lavora con i detenuti? chi lavora dentro, chi fuori al carcere, rispetto alle istituzioni da me presi in esame II RICERCA / fonti dirette 3. 42. design come strumento di liberazione 1 CA RITAS RIMINI associazione di volontar iato “Madonna della Carità” > Annalisa Natale Operatore che lavora per lo “Sportello carcere-centro ascolto”, all’interno del carcere. È uno dei servizi svolti dalla carits che ha come obiettivo quello di sostenere e accompagnare, mediante alcuni interventi ed azioni, i detenuti immigrati e quelli italiani (ascolto, facilitazione dei rapporti con le famiglie, le risposte a quali sono i diritti dei detenuti, sostegno morale e materiale, possibilità di essere coinvolti in attività laboratoriali e ricreative…). - Con Annalisa è avvenuto il primo colloquio rispetto alla tematica da me approfondite. Annalisa mi ha dato una panoramica generale dei meccanismi complessi che ruotano attorno al carcere e quali sono i protagonisti e le istituzione che lavorano con i detenuti aiutandoli nel loro reinserimento sociale e lavorativo. 2 CASA CIRCONDA RI A LE carcere di Rimini > Dott. Vincanzo di Pardo responsabile dell’area educativa del carcere Si occupa del trattamento riabilitativo della persona detenuta. Vincenzo di Pardo lavora all’interno della casa circondariale di Rimini. Lavorando in stretto contatto con i detenuti aiutandoli nel loro reinserimento tramite dei trattamenti riabilitativi, è stata la persona con la quale mi sono maggiorante relazionata per l’elaborazione non solo dei contenuti del mio progetto ma anche capire quale fosse il modo migliore per comunicarli. Il mio progetto prevede infatti la partecipazione diretta dei detenuti, e quindi è importante che i contenuti elaborati non siano banali e possano avere un reale utilità per queste persone. Inoltre mi ha spiegato le varie problematiche che vi sono all’interno del carcere e di come convivano diverse tipologie di detenuti ognuno con le proprie specificità. design come strumento di liberazione L A F ORMICA cooperativa sociale di tipo B > Nicola Pasotre si occupa degli inserimenti lavorativi > Pietro Borghini presidente cooperativa L’obiettivo principale di questa cooperativa è focalizzato proprio nella realizzazione professionale, personale ed economica di quelle persone, che vivendo una difficile condizione di svantaggio sociale o fisico (disabili, invalidi, portatori d’handicap, ex tossici avviati alla riabilitazione, detenuti o ex detenuti soggetti alla pena detentiva esterna, ecc), rimangono normalmente escluse dal mondo del lavoro e dai principali processi di inclusione sociale. Si occupa soprattutto della gestione della raccolta differenziata, contribuendo così alla diffusione di una cultura di sviluppo economico sostenibile. - Nicola pastore, occupandosene in prima persona, mi ha illustrato la procedura complessa e macchinosa di avviare un percorso lavorativo con un detenuto nelle condizione di semilibertà. Nonostante la complessità, ha sottolineato come avviare un percorso lavoro soprattutto fuori dalle mura “per il detenuto si presenta come un’occasione per una svolta radicale, se il detenuto conserva buona memoria e piena consapevolezza delle scelte che lo hanno portato a delinquere e poi in carcere”. Continua sostenendo come “questo aspetto si verifica nel colloquio preassuntivo ascoltando bene cosa racconta del suo passato: per dare garanzia di affidabilità la persona deve dare piena prova che il suo passato è stato superato ma assolutamente non dimenticato”. II RICERCA / fonti dirette 3 43. III problema 46. design come strumento di liberazione analisi dell’attuale situazione carceraria > Paola Severino Min. della Giustizia all’apertura del suo intervento all’anno giudiziario a Catania, 2012 100.000 superiore ai 50.000 superiore ai 10.000 superiore ai 1.000 meno di 1.000 superiore ai > Popolazione carceraria nel mondo dati relativi al 2011 “Dallo stato delle carceri si misura il livello di civiltà di un Paese” 47. design come strumento di liberazione > L A POPOL A ZIONE CA RCER A RI A IN ITA LI A - tot. de t enu t i presen t i - donne - st r a nieri - ca pienz a toller a bile 64% 66.528 36% 2.847 47.045 de tenuti str anieri > PROBLEM A SOV R A F F OLL A MEN TO de tenuti italiani 153 detenuti ogni 100 posti letto > I DE T ENU T I PER POSIZIONE GIURIDICA - > I DE T ENU T I PER PRINCIPA LI T IPOLOGIE DI RE ATO conda nn at i def ini t i v i - con t ro il pat rimonio - per drog a - con t ro l a person a - legge a rmi - con t ro l a pubblica a mminist r a zione - associ a zioni di sta mpo m a f ioso - con t ro a mm . dell a giust izi a 39.697 - in at t esa di un primo giudizio - a ppell at i - ricorren t i - misto - in t ern at i - da imposta re 34.228 12.231 27.001 6.621 23.837 4.365 1.607 10.329 8.203 1.207 6.516 103 6.497 > Fonte: Ministero della Giustizia 2013 III PROBL EM A / analisi dell’attuale situazione carceraria 23.436 48. design come strumento di liberazione la vita dentro le mura Nonostante le importanti modifiche di legge, il carcere continua a mettere dura prova l’equilibrio psicologico della persona. I principali problemi relativi alla vita dentro le mura sono: > carcere come luogo di esclusione e isolamento, è una realtà insolita, caratterizzata da rituali spersonalizzanti, totalizzanti e violenti; > il controllo dell’individuo è totale e pervasivo, riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana, tutte le sue relazioni, persino i valori morali; > detenzione come privazione globale della libertà, tendendo a ridimensionare l’autonomia decisionale dell’individuo; > l’istituzione penitenziaria livella le caratteristiche personali e tende a favorire l’acquisizione di abitudini, modi di agire e percepire, esigenze e desideri omologati; > vengono limitate la sue sfere di azione e sensibilmente ridotta la sua prospettiva di vita dell’individuo con una progressiva mortificazione del sé; 49. design come strumento di liberazione 60 28 20 14 16 2007 2005 2004 38 38 30 25 20 13 12 9 0 42 16 2006 10 i ta li a ni 2011 41 2009 41 45 2008 38 tota le 50 50 40 63 st r a nieri 2010 52 30 58 57 50 63 > spesso la condizione di detenzione può portare forti sindrome depressive, in alcuni casi arrivare addirittura al suicidio; > sovraffollamento che produce un disagio individuale e la quasi impossibilità per le figure operative di predisporre un idoneo sostegno individualizzato; > situazioni problematiche dell’alloggio carcerario, isolamento e l’assenza di supporto familiare e sociale. Situazione di disagio, solitudine o anonimia relazionale, di difficile rappresentazione di prospettiva futura; > i detenuti passano la maggior parte della loro giornata prevalentemente in cella, inattivi senza spazi vitali, restando in angolo dimenticato, non per pensare al male fatto altri e a se stessi, ma perché schiacciati nella violenza del nulla. III PROBL EM A / la vita dentro le mura > Suicidi in carcere dati 2011 IV elaborazione 52. design come strumento di liberazione le fasi progettuali 1. IL CONCEPT — il design può essere strumento di innovazione sociale? — può dare risposta ai nuovi bisogni emergenti? — può essere uno strumento di liberazione? > Nonostante i numerosi ostacoli che si frappongono al reinserimento sociale ed economico da chi viene da una situazione di detenzione, il progetto prevede l’individuazione di un piano innovativo per aiutare e facilitare il reinserimento sociale e lavorativo del detenuto, non tanto agendo sulle competenze tecniche ma sviluppare quelle capacità che permettono di riannodare o avviare rapporti positivi con gli altri, una volta tornati a muoversi nella società. > L’intento è quello di costruire uno strumento per aiutare il detenuto a riconoscere “una nuova strada” per ricominciare, attraverso un percorso di responsabilizzazione e consapevolezza che ripercorre le tappe fondamentali della sua vita. > Il fine del progetto è quello di accompagnare in un iter di formazione, disciplina ed assistenza, chi si appresta ad uscire dalla residenza penitenziaria e rischia di trovarsi senza un’occupazione, senza credibilità e senza possibilità alcuna di inserirsi di nuovo nella società. design come strumento di liberazione — cosa serve? — come usarlo? — quali sono le finalità? > Riformulare il proprio profilo professionale in relazione alle proprie competenze e alle esperienze acquisite durante il periodo di reclusione > Facilitare un futuro colloquio di lavoro. > Riuscire ad avere una maggiore consapevolezza e fiducia delle proprie abilità e dei propri limiti. sul piano personale > Offrire non solo uno spazio privato in cui raccontarsi ed essere punto di partenza per elaborare un progetto di ricostruzione della propria identità in un ottica di legalità, lavoro, impegno familiare e civile. > Fornire uno strumento che possa aiutare alla meditazione personale su se stesso rispetto al suo passato in vista del suo futuro. > Sostegno psicologico invividualizzato rispetto il proprio vissuto e le personali attitudini e vocazioni. > “Luogo altro” in cui parlare di se, cercare di trovare soluzioni concrete a problemi personali e pensare al dopo, pensare agli errori commessi ed diminuire così il rischio di recidiva. sul piano sociale > Dare senso al tempo della detenzione favorendo un percorso di responsabilizzazione e di crescita personale > Strumento che possa mobilitare l’opinione pubblica ad atteggiamenti e mentalità più solidali e aperte. > Aiuto per gli operatori che accompagna il detenuto nel difficile passaggio da dentro a fuori. IV EL A BOR A ZIONE / le fasi progettuali sul piano lavorativo 2. OBIETTIVO SCOPO - FUNZIONE 53. 54. design come strumento di liberazione 3. MODALITÀ — quale linguaggio usare? — come comunicare con il detenuto? > Utilizzo della scrittura come mezzo di evasione. > Rivolgersi al detenuto in prima persona con un linguaggio semplice e diretto. > La persona (in questo caso il detenuto) viene assunta come protagonista della propria storia, come testimone privilegiato il cui punto di vista rappresenta la principale fonte di ricostruzione di ciò che è stato (passato), di ciò che è (presente) e di quello che spera possa essere (futuro). > Uso di una comunicazione che promuova un coinvolgimento e la partecipazione della persona, che possa essere di sostegno e valorizzi la persona. > Attraverso quesiti con domande aperte si vuole dare la possibilità di dare spazio all’espressione diretta del detenuto. > Il risultato finale sarà la realizzazione di una sorta di diario personale che possa essere condiviso e porti testimonianza del percorso personale intrapreso dal soggetto durante la detenzione. 4. TEMI — quali sono i contenuti? > Il percorso si è sviluppato in fasi distinte ed articolate, caratterizzate ognuna, da specifici obiettivi. > Il progetto tratta di temi dedicati al cambiamento, alla motivazione personale e alla rielaborazione dell’esperienze negative dentro e fuori dal carcere per trasformarla in “benzina utile” per andare avanti. > Temi rappresentati sotto forma di “contenuti operativi” coinvolgendo il detenuto a una sua partecipazione attiva. design come strumento di liberazione 5. STRUTTURA 55. — com'è articolato? 1) Passato: prima sezione pone spunti di riflessione sull’ esperienze passate. Fondamentale è partire partita dal passato, da ciò che è stato, cercando di stimolare il confronto più onesto possibile con sé stessi e il proprio vissuto, prendere consapevolezza dei propri errori. 2) Presente: seconda sezione pone l’attenzione sul presente al periodo di detenzione. Il centro del discorso si spostata sulle occasioni che si possono cogliere anche all’interno di un luogo non così favorevole come quello del carcere. 3) Futuro: terza sezione si concentra sullo scopo ultimo del percorso: ricominciare a far parte della società. Tutte le questioni, i dubbi, le risorse, i sogni vengono indirizzati nel tentativo di ridefinire l’immagine di si stessi dare il coraggio di ricominciare e iniziare a dare forma ai propri progetti. IV EL A BOR A ZIONE / le fasi progettuali > Il progetto si articola attraverso una scansione temporale, la quale parte dal passato per arrivare al futuro in tre libretti di formato A5: 56. design come strumento di liberazione il modello del progetto S TRUMENTO: _ di narrazione che solidifica storie _ che si fa portavoce di testimoniaze, descrivendo un possibile percorso positivo di riabilitazione e cambiamento della persona reclusa _ che fa della detenzione un momento riabilitativo PROCESSO: _ di facilitazione per l’interazione sociale e di dialogo tra diverse tipologie di individuo (reclusi e società libera) _ di conoscenza, di scambio, di relazione _ di attivazione di nuovi comportamenti di tolleranza e apertura PROTAGONIS TI: _ operatori sociali (volontari, educatori, assistenti sociali) che fungono da ponte tra mondo e carcere _ detenuto colui che vive la situazione di reclusione a cui e destinato lo strumento _ società libera che ha l’opportunità di conoscere le storie dei detenuti 57. design come strumento di liberazione > bisogno di essere ascoltato e di raccontarsi > testimone in prima persona del proprio percorso di riabilitazione > speranza di ricostruirsi un futuro nella società EL A BOR A ZIONE / il modello del progetto RECLUSO SOCIE TÀ OPER ATORE > atteggiamento di apertura di ascolto e comprensione > possibilità di liberarsi dagli stereotipi comuni > figura di collegamento tra dentro (carcere) e fuori (società libera) > instaura con il detenuto un rapporto paritario > predispone il detenuto a parlare di se e compilare il libretto IV 58. design come strumento di liberazione la struttura del progetto 1. 2. PASSATO / la mia vita pr ima PRESEN TE / la mia vita dentro > la mia biografia dati anagrafici, usi e costumi > la mia giornata vivere in carcere, le opportunità, le attività a cui partecipo > i mie legami I rapporti con la famiglia, gli amici > guardarsi dentro ricordo di momenti, situazioni particolari che hanno segnato la mia vita > Il miei errori i miei problemi con la legge, il mio rapporto con le droghe > la cella con chi condivido la cella, oggetti che possiedo > cosa mi manca cosa ho perso, i miei bisogni, le mie sofferenze... > le mie riflessioni i cambiamenti, la consapevolezza design come strumento di liberazione 59. > Soren Kierkegaard 3. F U T URO / la mia vita f uor i > le paure la varie difficoltà a riadattarsi alla “vita normale”, solitudine, i pregiudizi > le speranze i sogni nel cassetto, aspettative, autostima e fiducia nel proprio domani > il lavoro la ricerca del lavoro, esperienze, abilità e competenze, come presentarsi IV EL A BOR A ZIONE / la struttura del progetto “La vita può essere capita solo guardando indietro, ma deve essere vissuta guardando avanti” 60. design come strumento di liberazione PASSATO passatopresentefuturo FERITE - solitudine - miserie - infelicità - mancanze RICORDI - situazioni - momenti speciali - memorie STORIA - chi sono - paese di origine PAURE - difficoltà di riadattamento - legami con la famiglia pregiudizi solitudine alloggio ricerca di un lavoro ricadere negli sbagli del passato FUTURO > Brain strorming struttura del percorso del progetto ASPIRAZIONI - avere un lavoro - riconoscere le proprie abilità - essere utile - fare parte della società - specializzarsi - stipendio regolare SPERANZE - sogni - progetti - voglia di ricominciare - fiducia in sé 61. design come strumento di liberazione > percorso verso la libertà > responsabilizzazione > spazio in cui raccontarsi ERRORI - problemi con la legge - sbagli - carcerazioni - tossicodipendenze - recidiva > sincerità verso se stessi > condividere esperienze > maturare la consapevolezza LEGAMI - famiglia - amici > le proprie abilità > cogliere le occasioni LA GIORNATA - la cella - inerzia - attività - ozio OPPORTUNITÀ - laboratori - incontri - progetti BISOGNI - sofferenze - esigenze - non essere capiti - le cose perse RIFLESSIONI - come mi sento? - cosa sta cambiando in me? - sentirsi vuoti - se potessi tornare indietro - rabbia - risentimenti PRESENTE IV EL A BOR A ZIONE / passato - presente - futuro > voglia di ricominciare 62. design come strumento di liberazione PASSATO analisi testimonianze RICORDI LEGAMI La responsabilità del mio passato è interamente mia, senza sconti, così come la volontà, la forza e il coraggio di rivederlo e usarlo per essere un uomo migliore. Sono rimasto molto attaccato al mio passato, perché mi è mancato l’affetto della mia famiglia. Se devo ricordare un periodo bello della mia vita, è stato solo la nascita dei miei figli, poi per tutto il resto è stato una pagina di cronaca giudiziaria. In quel che facevo, trovavo quella dose di adrenalina che rendeva interessante la mia vita. > Testimonianze detenuti prese dal libro a cura di Antonella Bolloni Ferrare, Volete sapere chi sono io? Racconti dal carcere 63. design come strumento di liberazione finalità > responsabilizzazione > consapevolezza Quando si leggono scritti di detenuti è facile imbattersi in autobiografie. Potrebbe sembrare mania di protagonismo, ma in realtà è necessità di farsi sentire, di far capire che le radici spesso sono buone, sono le stesse di chi è in libertà. > sincerità con sé stessi > condividere esperienze L’eroina fu un’altra tappa e preparò le valigie di un viaggio che per un’infinità di anni non è potuto terminare in alcun porto. Il buco diventò la fossa in cui gettare tutti i mali. ERRORI FERITE Ci sono istanti nella vita che servono anni per capire che hanno rappresentato scelte epocali, bivi dai quali non sei tornato più indietro. IV EL A BOR A ZIONE / analisi testimonianze STORIA 64. design come strumento di liberazione analisi testimonianze BISOGNI OPPORTUNITÀ Le cose che mi aiutano ad affrontare il carcere, sono l’amore, il calore, il sostegno dei propri cari. Bisogna riuscire a tenere il proprio corpo rinchiuso, lasciando libera, al di fuori delle sbarre, la mente. La vita in carcere non è solo fatta di sbarre e cancelli o essere rinchiuso in tre metri quadri a malapena. È fatta anche di sentimento e rispetto verso operatori e agenti di polizia che lavorano lì… le opportunità non mancano dopo sta a te decidere se rimanere sul letto a rimuginarti il cervello. La sopravvivenza in carcere è dura. Ma devi agire in qualche modo. Devi provare a costruire un qualcosa anche li. 65. design come strumento di liberazione Per la gente fuori siamo criminali, assassini, rapinatori, ma anche in queste persone c’è del buono: abbiamo voglia di cambiare se ce ne danno l’opportunità e non è vero che in carcere si diventa sempre più delinquenti. Sta a noi cambiare se lo vogliamo. finalità > responsabilizzazione > consapevolezza > sincerità con sé stessi > condividere esperienze > cogliere le occasioni Ci sono tanti modi di passare la giornata in carcere e nel passato li ho sperimentati tutti: vegetare sul letto, lamentarsi del mondo, scaricare la propria rabbia sugli altri, imbottirsi di psicofarmaci, farsi ipnotizzare dalla televisione, smettere di curarsi e lasciarsi andare per aggravare la malattia e riuscire ad andarsene in un modo o nell’altro. LA GIORNATA RIFLESSIONI PRESENTE In carcere si diventa più riflessivi, perché non si fa niente di corsa, tutto è appeso alla speranza, che diventa la tua migliore e unica amica. IV EL A BOR A ZIONE / analisi testimonianze > voglia di ricominciare 66. design come strumento di liberazione analisi testimonianze ASPIRAZIONI La prima cosa che cercherei di fare non appena esco dal carcere è recuperare in tutti i modi il rapporto con mia figlia, poiché oltre al colloquio non l’avevo mai vista. Di preciso non so cosa farò “da grande”, ma una cosa è certa, farò di tutto per non lasciare mai più la mia famiglia. Di sogni ne ho tanti, ma per realizzarli occorre tempo, pazienza e volontà e capacità. FUTURO La maggior parte del tempo che trascorro qui lo passo a pensare a cosa fare una volta uscito dal carcere. 67. design come strumento di liberazione finalità > responsabilizzazione Quello che sogno dalla vita è di poter arrivare a fine mese e di non dover più commettere reati per sopravvivere. > consapevolezza > sincerità con sé stessi > condividere esperienze > cogliere le occasioni Ma al posto dell’attesa speranzosa, preferisco l’azione positiva, quell’azione che è consapevolezza di ciò che ormai è andato perduto e assomiglia a un impegno concreto di desiderare ancora una vita nuova. Una vita che comprende quella forma di perdono interiore che devo darmi per non soccombere al dolore del passato. PAURE SPERANZE Mi aspetto dalla vita la possibilità di potermi riscattare e di realizzare tutto quello che intendo fare in futuro alla mia famiglia. IV EL A BOR A ZIONE / analisi testimonianze > voglia di ricominciare V realizzazione 70. design come strumento di liberazione il progetto esecutivo > Copertine dei tre diari: continuità tra passato presente - futuro 71. RE A L IZ Z A ZIONE / il progetto esecutivo design come strumento di liberazione > Doppia pagina d'introduzione: nella facciata di sinistra vengono elencate le parole chiave e in quella di destra è presente un’illustrazione usando la griglia esagonale V 72. > Doppie pagine interne: citazione, indice, premessa design come strumento di liberazione 73. RE A L IZ Z A ZIONE / il progetto design come strumento di liberazione > Particolari interni delle doppie pagine V 74. design come strumento di liberazione codici grafici del progetto CAR AT TERI TIPOGR AFICI SISTEMA CROMATICO C: 85 M: 24 Y: 0 K: 0 PANTONE: 2925 C C: 0 M: 11 Y: 97 K: 2 PANTONE: 7405 EC C: 0 M: 94 Y: 78 K: 0 PANTONE: 185 EC C: 0 M: 0 Y: 0 K: 90 75. design come strumento di liberazione GRIGLIA PAGINA 148mm > formato A5 15mm 17mm > PAGINA DI SX: > PAGINA DX: - la griglia è il risultato dell’intersezione di esagoni - viene è organizzata in modo che l’utente possa interagire con essa più liberamente - con questa griglia vengono realizzate illustrazioni astratte geometriche - griglia a 6 colonne con margine di rilegatura di 5mm - incremento della linea di base ogni 12pt > ILLUSTRAZIONI astratte che evocano il tema della sezione, sono realizzate usando la griglia esagonale V RE A L IZ Z A ZIONE / codici grafici 210mm 12mm 76. design come strumento di liberazione la stampa tipografica I tre libretti vengono stampati su carta con modello CMYK. In vista di una loro concreta funzione e realizzazione, dovranno avere un prezzo più possibile economico. Le pagine verranno stampate su una carta uso mano abbastanza leggera, sulla quale sarà possibile scrivere con facilità. Mentre la copartina verrà stampata su un cartoncino più rigido (generalmente sui 250gr). Il libretto verrà poi rilegato con una semplice pinzatura per evitare ulteriori costi di rilegatura. Ogni libreto avrà un costo di circa 8 euro, pensando poi di fare più stampe il costo si abbasserà ulteriormente. Date queste basilari indicazioni, la scelta del tipo di carta da utilizzare può essere a discrezione di chi ne farà uso (operatori, volontariati, educatori...), decidendo personalmente in base alle proprie preferenze e al budget a disposizione. > Varie tipologie di carta esempi di stampa del progetto su diverse grammature di car te - pagine: carta pannosa 120gr - copertina: cartoncino pannoso 250gr - pagine: carta avorio 80gr - copertina: cartoncino mille righe avorio 250 gr - pagine: carta uso/mano 120gr - copertina: cartoncino 250 gr V 77. RE A L IZ Z A ZIONE / la stampa tipografica design come strumento di liberazione 78. design come strumento di liberazione 01. il passato I. LA MIA BIOGRAFIA II. I MIEI LEGAMI design come strumento di liberazione 79. RIPARTIRE DA CIÒ CHE È STATO: LA MIA VITA PRIMA DEL CARCERE III. GUARDARSI RE A L IZ Z A ZIONE / 01. passato DENTRO IV. I MIEI ERRORI V 80. design come strumento di liberazione 02. il presente I. LA MIA GIORNATA incontri positivi II. COSA MI MANCA design come strumento di liberazione 81. ESSERE “RINCHIUSI”: LA MIA VITA DENTRO IL CARCERE III. LE MIE RIFLES- RE A L IZ Z A ZIONE / 02. presente SIONI V 82. design come strumento di liberazione 03. il futuro I. LE MIE PAURE II. LE MIE SPERANZE design come strumento di liberazione 83. OLTRE LE MURA LA LIBERTÀ: LA MIA VITA FUORI III. IL RE A L IZ Z A ZIONE / 03. futuro LAVORO V VI conclusioni 86. design come strumento di liberazione sperimentazione del progetto Dopo aver concluso le varie fasi progettuali, Il progetto è stato presentato e accolto con entusiasmo dal volontariato della Caritas di Rimini e presto sarà sottoposto a una reale sperimentazione nelle Casa Circondariale di Rimini, all’interno del corso di lettura e scrittura creativa. Grazie all’aiuto di Nicola Pastore ho potuto presentare personalmente e far compilare i libretti a due detenuti in semi-libertà. Ho avuto la possibilità in prima persona di confrontarmi con la realtà: con gli utenti finali del mio progetto. Capire così la validità o meno del mio progetto, quali possano essere le mancanze e quali i punti di forza. > sperimentazione n°1 Il primo incontro è avvenuto con Fumey Messan, un’egiziano di 44 anni, in carcere dal 2005 con la condanna di 14 anni che oggi si trova a vivere i suoi due ultimi anni di pena. Fumey oggi è in semi-libertà: durante il giorno lavora in una cooperativa e rientra in carcere solo per dormire. Fumey si è presentato come uomo molto attivo ma con la paura di affrontare il suo futuro incerto. Si è reso subito disponibile, raccontandomi la sua vita, del legame con la famiglia, in modo sintetico ma con minuzia in ogni minimo dettaglio. Ha trovato interessante il mio progetto recependo subito le sue finalità. Già in passato aveva fatto incontri simili, ma con la differenza che le risposte venivano registrate in modo diretto dall’operatore stesso durante il colloquio e alla fine sentiva come se tutto quello che si erano detti non portasse a niente e rimanesse superficiale come lavoro di analisi. Sono rimasta colpita quando mi ha detto di come in passato aveva scritto molto della sua esperienza riempiendo centinaia di fogli, ma poi con il trasferimento da un carcere all’altro avesse deciso di buttare via tutto. Oggi si pente di questo ed è rimasto stupito quando gli ho detto quei libretti poi sarebbero rimasti a lui. > sperimentazione n°2 Il secondo incontro è avvenuto con Massimiliano Poli, anche lui sta scontanto gli ultimi anni di galera nel carcere di Rimini e come Fumey ora è in stato di semi-libertà, esce la mattina per andare a lavorare e la sera ritorna in carcere. Si presenta anche lui molto disponibile a compilare i libretti trovandolo interessante e utile. Mi parla del suo passato, della vita dentro le mura dicendomi come sia difficile esprimere quello che ha vissuto e che tutt’ora vive. La vita in carcere mi dice che non può essere descritta, è un mondo a parte. Mi spiega le sue dinamiche, di come non puoi mai far trapelare le tue debolezze “queste sono le regole del carcere, ti devi fare portare rispetto in ogni caso”. Sul suo volto leggo tanta malinconia, la sua paura più grande è quello che potrà accadere domani. La cosa che mi ha colpito di più è quando mi dice che quando è fuori alcune volte sente di stare meglio e di trovare dei momenti di felicità quando è chiuso in carcere, dove ormai ha costruito delle certezze. VI 87. CONCLUSIONE / sperimentazione del progetto design come strumento di liberazione VII le fonti 90. design come strumento di liberazione bibliografia > Patrizia Patrizi, Psicologia della devianza e della criminalità, Carrocci editore, Roma 2011 > A cura di Antonella Boletti ferrara, Volete sapere chi sono io? Racconti dal carcere, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, Milano 2011 > Pietro Buffa, Prigioni. Amministrare la sofferenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2013 > Giuliano Camprincoli a cura di Monica Fagnoli, Lo sguardo che libera. Percorso di reinserimento sociale e lavorativo di detenuti presso la Casa Circondariale di Forlì, Società editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena 2002 > Keri Smith, Questo non è un libro, Maurizio Corraini, Milano 2013 > Gherardo Colombo, Il perdono responsabile. Perchè il carcere non serve a nulla, Ponte delle Grazie, Milano 2013 > Malcom Gladwell, Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Bur edizioni, Milano 2000 design come strumento di liberazione 91. > Foucault Michel, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Gallimard, Paris 1975. Traduzione italiana da Alcesti Tarchetti: Sorvegliare e punire. Nascita della prigione. Einaudi, Torino 1976 > Ermanno Gallo - Vincenzo Ruggiero, Il carcere immateriale. La detenzione come fabbrica di handicap, Sonda, Milano 2004 > Ugo Ciaschimini, Servizio sociale minorile e giustizia penale. Codice istituzionale e dimensione territoriale, Carrocci Editore, Roma 2012 L E F ON T I / bibliografia > Annamaria Zilianti e Beatrice Rovai, Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale, Carrocci Faber, Urbino 2010 VII 92. design come strumento di liberazione sitografia SITI ON-LINE > http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_12_3.wp > http://www.ristretti.org > http://recuperiamoci.blogspot.it > http://www.istitutosanti.org/sitografia_carcere.asp > http://www.carcereliguria.it > http://www.amministrazioneincammino.luiss.it ARTICOLI ON-LINE > Michele Brambilla, Cerceri. l’unica soluzione è il lavoro, 07 / 06 / 2013, in http://www.lastampa.it/2013/06/07/ italia/cronache/carceri-lunica-soluzione-il-lavorotn4FfZg0yKsv0ti8DkkaxH/pagina.html > Michele Brambilla, Quando la pena fa bene al detenuto, 09 / 06 / 2013 , in http://www.lastampa.it/2013/06/09/italia/ cronache/lavorare-in-carcere-quando-la-pena-fa-bene-aldetenuto-TsCj8x698D64C9n9bkGzMI/pagina.html design come strumento di liberazione 93. > Davide Pelanda, Intervista a Gherardo Colombo: “oggi il carcere non rieduca”. 21 / 05 / 21012, in http:// www.articolotre.com/2012/05/intervista-gherardocolombo-oggi-il-carcere-non-rieduca/87421 > Il Ponte, Ero carcerato e mi avete visitato: il Centro di Ascolto del carcere, Rimini 02 / 05 / 2013, in http:// www.newsrimini.it/news/2013/maggio/02/rimini/ero_ carcerato_e_mi_avete_visitato__il_centro_ascolto_ del_carcere.html > Giambattista Scirè, Carceri italiane, cronaca di un disastro dimenticato, 20 / 04 / 2012, in http://www. linkiesta.it/carceri-sovraffollamento DATI ON-LINE > http://www.guida.redattoresociale.it/Scheda. aspx?id=370999 > http://ilbureau.com/infografica-carceri-i-numeri-delleprigioni-italiane/# > http://manuallywired.altervista.org/blog/sovraffollatee-piene-di-stranieri-le-nostre-carceri/ VII L E F ON T I / sitografia > Internazionale, Troppi detenuti in carcere, 26 / 06 / 2013, in http://www.internazionale.it/news/ italia/2013/06/26/troppi-detenuti-in-carcere/ 94. design come strumento di liberazione ringraziamenti > AI MIEI GENITORI: Rino e Laura dedico questi tre anni di studi, che con loro amore incondizionato e la loro pazienza hanno sempre creduto in me. Li ringrazio per i loro consigli, per non avermi mai imposto nulla, ma lasciandomi sempre libera di fare le mie scelte. > A MIA SORELLA: Silvia che con la sua ironia e la sua forza, senza farsi sentire, riesce a prendermi per mano e rialzarmi tutte le volte che cado nello sconforto e penso di non farcela. > AI MIEI AMICI: Chiara, Beatrice, Martina, Alessia, Jessica e Andrea con i quali ho condiviso parte della mia vita e che dopo tanti anni, oggi sono qui vicino a me festeggiare questo giorno importante. Li ringrazio perché i momenti più belli li ricordo vicino a loro. > ALLE MIE COMPAGNE DI UNIVERSITÀ: Sara e Barbara compagne di viaggio con le quali in questi anni non ho condiviso solo progetti, ma cose preziose come la stima, la fiducia e tanti sorrisi. Mi hanno insegnato tanto con la loro saggezza e hanno saputo vedere in me qualcosa di speciale. design come strumento di liberazione 95. > AGLI ESPERTI: Nicola Pastore, Vincenzo di Pardo e Annalisa Natale gli incontri con loro sono stati per me fondamentali per giungere alla realizzazione finale del mio progetto, mi hanno fatto conoscere un mondo, quello del carcere, che conoscevo solo per immagini stereotipate. Li ringrazio per la loro disponibilità, per i consigli e per aver creduto nella validità del mio progetto. > AL FOTOGRAFO: Konrad Lis per aver dato un contributo fondamentale nella realizzazione delle foto e del video di presentazione del progetto. > AL MIO: Manuel che con il suo amore mi ha illuminato la vita. Lo ringrazio perché mi da la carica ogni giorni di svegliarmi e dare il meglio di me, perché in ogni momento mi è sempre stato accanto, credendo in me e nel mio sogno più grande: diventare una brava grafica. VII RINGR A ZI A MEN T I / > ALLA TIPOGRAFIA: Galli Service dove in questi ultimi mesi ho passato gran parte dei miei pomeriggi tra una prova di stampa e l’altra. Ringrazio loro per la loro gentilezza e disponibilità.