PIETRO
VOLPINI
STORIA DEI VESCOVI
DELLA DIOCESI
DI MONTEFIASCONE
CAPITOLO I
LA COSTITUZIONE DELLA DIOCESI FALISCA
La Diocesi di Montefiascone ha oltre sei secoli di vita: nacque infatti il 22 agosto 1369, quando il Papa Urbano V con la
Bolla « Cum illjus » datata da Viterbo, per ricambiare l'affetto,
la devozione e la fedeltà che i cittadini di Montefiascone avevano
dimostrato sempre alla Chiesa e in particolare al Pontefice durante la sua residenza nella Rocca papale nell'estate degli anni
1368 e 13:69, volle innalzare a Cattedrale la Chiesa di S. Margherita, decorandola del titolo della dignità episcopale, e dare a
Montefiascone il titolo di Città. Ecco il brano della Bolla, che
documenta l'avvenimento:
« ...Ecclesiam Beatae Margaritae Castri praedicti in Cathedralem ereximus, cum dignitatis episcopalis titulo decorantes, nec
non ipsum Castrum Montisflasconis tamquam locum insignem,
devotum, aptum et congruum Civitatem constituimus eamque Civitatem Montisflasconis volumus perpetuis futuris temporibus
vocari ».
La diocesi venne costituita con le terre ed i paesi che circondano il Lago di Bolsena: entrarono così a farne parte Marta, Capodimonte, Piansano, Valentano, Tessennano, Latera, Gradoli,
Grotte di Castro, S. Lorenzo; inoltre verso oriente furono unite
alla diocesi falisca Fastello e Celleno.
Da allora sulla Cattedra episcopale di S. Margherita si sono
succeduti 59 vescovi e di essi parleremo più o meno brevemente, a seconda dell'attività da essi svolta nell'espletamento del loro ufficio di Pastori.
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CAPITOLO I I
I PRIMI SETTE
VESCOVI
Passarono sette anni dalla creazione della diocesi falisca, prima che Montefiascone avesse il suo primo Vescovo. E lo ebbe
nel 1376, quando il papa Gregorio XI nominò PIETRO DE ANGUISCEN, francese, dell'Ordine degli Eremiti di S. Agostino.
Tuttavia il vescovo Pietro non corrispose alla benevolenza del papa: egli seguì infatti con pertinacia il partito dell'antipapa Clemente VII, per cui il pontefice Urbano VI lo depose dal Vescovado il 9 novembre 1378.
Gli successe nel 1379 NICOLO' SCARINCI, romano, che per
i suoi molti meriti fu creato nel 1380 dallo stesso papa Urbano
VI procuratore generale del patrimonio della Chiesa per gli affari spirituali Morì nel 1398Il 9 agosto dello stesso anno veniva nominato dal papa Bonifacio IX a reggere la diocesi falisca ANTONIO PORZIANI, canonica di Alatri. Secondo lo storico Ughelli, egli governò la nostra diocesi sino al 1404, anno in cui fu trasferito alla Chiesa
cattedrale di Sora; è di avviso contrario lo storico Cappelletti
che ritiene che il Porziani rimase a Montefiascone sino al 1410.
Il successore del Porziani non è sicuro chi sia stato: secondo la serie dei Vescovi, un tempo dipinta nel salone del nostro
Palazzo episcopale, fu ANDREA GIOVANNI GUIDI ARZIANI, senese, prima Vescovo di Massa, poi di Assisi e quindi trasferito a
Montefiascone da Bonifacio IX (di questa opinione è anche il
Cappelletti); secondo altri (l'Eubel, il Ceccarelli) f u invece ANDREA GALEAZZI, anch'egli di Siena.
Il quinto vescovo fu ANTONIO di ANAGNI, che restò a Montefiascone dal 1410 (o 1412) sino al 1429. A lui furono affidati
dalla Santa Sede molti importanti incarichi, tra cui ricordiamo:
nel 1410 fu nominato da Martino V Giudice del Patrimonio per
gli affari spirituali; nel 1421 fu mandato in qualità di Legato
pontificio in Emilia; nel 1422 fu nominato Rettore di Amelia e
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di Terni per gli affari temporali; nel 1427 fu dallo stesso pontefice mandato a Napoli presso la regina Giovanna; nel 1429 f u infine trasferito al governo della diocesi di Todi, dove morì quattro
anni dopo. Durante il suo episcopato, la nostra città nel 1426 fu
onorata dalla visita di S. Bernardino da Siena che in quel tempo,
spinto da zelo missionario, percorreva città e castelli per rimproverare con la sua eloquente parola i peccati degli uomini e richiamare i fedeli a costumi più onesti. A testimonianza di questa predicazione il Santo senese fece apporre sulla facciata di molte
case stemmi in pietra con il nome del Salvatore.
Nello stesso anno 1429 fu mandato a sostituire il Vescovo
Antonio trasferito a Todi, DOMENICO, romano, monaco cistercense ed abate del monastero di S. Sebastiano presso le Catacombe. Egli proveniva dalla diocesi di Sutri e risiedette a Montefiascone per tre anni: morì infatti nel 1432 «extra romanam
Curiam», cioè staccato dalla sudditanza alla Curia papale.
In tale anno il papa Eugenio IV con Bolla del 24 settembre
1432 nominò vescovo della nostra diocesi PIETRO ANTONIO, Abate del Monastero dei Santi Quirico e Giuditta nella diocesi rea
tina. Uomo di grande dottrina e pietà, fu mandata in qualità di
Legato pontificio al Concilio di Basilea. Morì nel 1435 secondo
l'Ughelli, nel 1436 secondo l'Eubel ed il Cappelletti.
CAPITOLO I I I
L'UNIONE DELLA NOSTRA
DIOCESI
C O N Q U E L L A D I C O R N E T O - I V E S C O V I D A L L ' 8 ° A L 15°
Durante gli ultimi mesi dell'episcopato di Pietro Antonio, se
morì nel 1436, o dopo la sua morte, se questa avvenne nel 1435,
il pontefice Eugenio IV, mentre risiedeva a Firenze, dove aveva
trasferito il Concilio iniziato a Ferrara per la riconciliazione della
Chiesa latina con quella greca, emanò il 5 dicembre 1435 un decreto con cui univa per sempre la diocesi di Montefiascone a
quella di Corneto (oggi Tarquinia). Questo provvedimento, annunziato con la lettera «In supremae dignitatis apostolicae specula», f u preso per premiare i meriti del card. Giovanni Vitelleschi, cornetano, che era stato Legato Pontificio presso la nostra
Rocca, dopo il ritorno del castello di Montefiascone in possesso
r'ella Santa Sede.
L'ottavo nella serie dei vescovi falisci fu PIETRO GIOVANNI
BRIENSE o DE HORTO, che qui fu trasferito nel 1435 (o 1436)
dalla Chiesa di Nepi. Egli fu il primo a reggere ambedue le sedi
vescovili di Montefiascone e di Corneto, ma vi dimorò pochi anni
perché nel 1438 fu mandato al governo della diocesi di Massa
Veternese; potè però prendere possesso di tale diocesi solo qualche tempo dopo, quando l'opposizione dei Senesi fu piegata dallo
interdetto lanciato contro di loro dal papa Eugenio IV.
Nello stesso anno f u inviato in sostituzione VALENTINO,
di Narni, già vescovo delle diocesi unite di Orte e di Civita Castellana. Ma pochi giorni dopo egli rinunziò al governo della nostra Chiesa e ritornò alle sue precedenti diocesi.
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Per quanto riguarda il successore c'è discordanza. Secondo
la serie dei Vescovi un tempo dipinta nel salone dell'Episcopato,
nel 1438 divenne Vescovo di Montefiascone e Corneto ONOFRIO,
di Sinuessa, che concesse ai Frati Minori Osservanti l'isola Bisentina, dove essi costruirono un cenobio consacrato all'apostolo
S. Giacomo e al martire S. Cristoforo. Onofrio morì nel 1442.
Secondo i Commentari dello storico locale don Luigi Ceccarelli, fu il cornetano BARTOLOMEO VITELLESCHI a subentrare al vescovo Valentino. Il papa lo nominò vescovo d j Montefiascone e Corneto per fare cosa grata allo zio, il Card. Giovanni Vitelleschi, che precedentemente abbiamo nominato. Il nuovo
Presule non aveva ancora compiuto gli anni stabiliti dalla Chiesa
e perciò dovette attendere la giusta età per essere consacrato
vescovo. Forse il vescovo Onofrio fu mandato alla sede di Montefiascone proprio in attesa che il giovane Vitelleschi arrivasse
all'età prescritta.
Comunque sia avvenuto, il fatto certo è che nel 1442 era Vescovo di Montefiascone e Corneto il predetto Bartolomeo Vitelleschi. Questi, dopo la morte violenta dello zio cardinale (1442),
fuggì, preso dalla paura, prima a Civitavecchia e poi a Siena e,
non avendo voluto obbedire ai richiami del papa Eugenio IV, f u
deposto dalla carica di vescovo. Insofferente di tale offesa, si
appellò, secondo alcuni al Concilio di Basilea, secondo altri allo
antipapa Felice V, che lo nominò cardinale.
A tal proposito è utile ricordare che correvano allora tristi
tempi per la Chiesa. Eugenio IV infatti, scontento di come procedevano le cose al Concilio di Basilea, apertosi il 23 luglio 1431,
lo sciolse. I membri del Concilio si ribellarono apertamente al
Pontefice, sostenendo la supremazia del Concilio sul Papa, ed invitarono Eugenio a discolparsi. Questi invece scomunicò i partecipanti al Concilio di Basilea, ne convocò un altro a Ferrara poi
trasferitosi a Firenze; i ribelli per risposta elessero un antipapa
nella persona di Amedeo V i l i di Savoia, che prese il nome di Felice V. Morto Eugenio IV nel 1447, fu eletto papa Nicolò V che
riuscì a ricomporre l'unità della Chiesa, ottenendo il ritiro dello
antipapa e lo scioglimento del Concilio di Basilea che riconobbe
l'autorità del vero pontefice.
Finito lo scisma, Bartolomeo Vitelleschi, pentitosi, depose la
porpora conferitagli dall'antipapa e dichiarò la sua obbedienza
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al nuovo papa, che lo restituì al governo della diocesi falisco-cornetana nel 1449. Costantemente sollecito della disciplina clericale, emanò delle costituzioni; donò alla nostra Cattedrale un busto
argenteo, dove fu chiuso il capo della Patrona S. Margherita; offrì infine alla Chiesa una mitria preziosissima, con il tempo scomparsa. Recatosi pellegrino in Terra Santa per visitare il sepolcro
di Cristo, durante il ritorno in patria fu colpito da grave malattia e morì a Modone in Grecia il 13 dicembre 1463. Il suo corpo
fu portato a Corneto e sepolto nella cattedrale.
Durante il periodo della ribellione del vescovo Bartolomeo
Vitelleschi, assunse il governo della nostra diocesi FRANCESCO
DE MATERIO. Di nobile famiglia romana, era stato prima vescovo di Brescia; alla fine di febbraio del 1442 fu trasferito alla
nostra Cattedrale, che resse tranquillamente sino alla morte, avvenuta nel 1449.
Il tredicesimo vescovo fu ANGELO VITELLESCHI. Anch'agli
di Corneto, successe per volere del papa Papa Pio II nel 1464
al defunto suo parente Bartolomeo. Sembra che abbia amministrato le due diocesi per tre anni; tuttavia si ignora sia la sua
attività sia la sua fine.
Al 14° posto della serie è GISBERTO TOLOMEI, nobile se
nese e cugino di Pio II, che fu inviato alla nostra sede vescovile
dal papa Paolo II: correva l'anno 1467. Egli si dedicò con ammirevole sollecitudine alla cura delle anime, fece apportare alcune
modifiche al tempio di S. Flaviano ed infine morì nel 1470; il suo
corpo fu traslato a Siena, dove giace nel tempio di S. Francesco
sotto un monumento marmoreo.
Gli successe nel 1471, per decreto di Sisto IV, ALBERTO TOLOMEI, che alcuni storici dicono non sia mai esistito, affermando che fu solo Gisberto a governare la nostra diocesi fino al 1479.
Comunque la serie dei quadri lo riportava come 15° presule della
nostra Cattedrale.
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CAPITOLO I V
IL PRIMO VESCOVO PORPORATO - UN FUTURO PAPA
Il Vescovo successivo f u il primo a rivestire la porpora cardinalizia: si tratta di DOMENICO DELLA ROVERE, torinese. Abbiamo di lui parecchie notizie. Figlio di Giovanni e di Anna del
Pozzo e nepote del papa Sisto IV, f u prefetto della rocca di Roma
in sostituzione del fratello Cristoforo morto nel 1478 ed infine fu
inviato dal papa Innocenzo V i l i a reggere le due diocesi di Montefiascone e Corneto nel 1479. Con molta cura esplicò a nome
della Santa Sede un'ambasceria al Duca di Savoia in Piemonte.
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Nel 1483 f u creato cardinale e gli fu assegnato l'arciepiscopato
di Tarantasia ed il vescovado di Torino: il 3 dicembre dello stesso
anno prese possesso di tale diocesi, accolto con solenne pompa
dallo stesso Duca Carlo con lo zio arcivescovo Ludovico. Non lasciò tuttavia la diocesi falisco-cornetana ed infatti nello stesso
anno 1483 fece gettare le fondamenta del nuovo tempio di Santa
Margherita.
Non si conosce esattamente il nome dell'architetto a cui f u affidata l'opera. Un antico manoscritto, già esistente nel nostro Archivio Comunale con il titolo « Notizie spettanti alla fabbrica della Chiesa Cattedrale di Montefiascone », parlava di un certo Magister antiquus, un geniale conterraneo non meglio identificato;
nel volume della « Visita pastorale dell'anno 1707 » giacente presso l'Archivio della locale Curia Vescovile, si legge che la costruzione fu iniziata dall'insigne architetto Bramante sotto il cardinale Domenico Della Rovere. Durante il suo governo fu costruita
la parte inferiore o cripta, di forma ottagonale e a pianta centrale, per la quale il presule affrontò una spesa di oltre 50 mila
scudi.
Morì nel 1501, non si sa bene se a Roma o a Torino, e f u
sepolto nella tomba di famiglia, nella chiesa romana di S. Maria
del Popolo.
Quando il card. Della Rovere lasciò la sede episcopale faliscocornetana, gli successe SERAFINO PANULFAZI, di Orte, segretario del re Ferdinando V. L'anno della sua assunzione all'episcopato è incerto: per il Cappelletti è il 1491, per l'Ughelli e per
la serie dei quadri da noi più volte nominata, è il 1406. Di lui sappiamo solo che fi. uomo di singolare dottrina e di eccezionale capacità e che fu creato vescovo dal papa Alessandro VI. Ma se risponde a verità quest'ultima notizia, la nomina del Panulfazi va
senz'altro assegnata al 1496, perché nel 1491 Alessandro VI non
era ancora pontefice, essendo stato eletto 1*11 agosto 1492.
Lo stesso Alessandro VI nominò nel 1498 il vescovo seguente,
GIOVANNI TOLOMEI, nobile senese. Senza aver lasciato alcun
ricordo di sé, questo presule ritornò poco dopo a Siena ed ivi
morì nel 1499.
Nello stesso anno prendeva le redini delle due diocesi di Montefiascone e Corneto ALESSANDRO FARNESE. Nacque nel 1468
non si sa precisamente se a Roma o a Canino. Ebbe una severa
educazione, dapprima a Roma alla scuola dell'umanista Pompo-
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nio Leto, poi a Firenze nell'Accademia di Lorenzo il Magnifico,
dove perfezionò gli studi di lingua latina e greca e delle altre
migliori discipline, infine nell'Ateneo di Pisa. Ritornato a Roma
durante il pontificato di Innocenzo V i l i , divenne familiare del
card. Rodrigo Borgia che, eletto papa con il nome di Alessandro
VI, lo creò subito Tesoriere e nel 1493 cardinale diacono.
Nel 1499 fu fatto vescovo delle nostre diocesi, che amministrò saggiamente e diligentemente sino al 1519. In tale anno fece
venire da Orvieto l'insigne architetto veronese Michele Sanmicheli, incaricandolo di continuare la costruzione del tempio iniziato nel 1483 dal Magister antiquus e che, per la negligenza dei
suoi due predecessori, si era fermato alla cripta. Su questa prima
fabbrica il Sanmicheli cominciò ad elevare una maestosa mole ottagonale sulla quale, secondo il progetto dell'architetto, doveva
poggiare il tamburo ed una superba cupola emisferica.
Durante il suo episcopato la Rocca di Montefiascone accolse
il 31 agosto 1506 il papa Giulio II che marciava contro Perugia e
Bologna per riconquistarle alla Chiesa.
Alessandro Farnese, dopo quaranta anni di cardinalato du-
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rante i quali aveva anche retto le diocesi di Tuscolo, di Palestrina, di Sabina, di Porto ed Ostia, fu innalzato alla suprema cattedra di Pietro, con votazione pressoché unanime, il 13 ottobre
1534: assunse il nome di Paolo III e fu incoronato il 3 novembre
dello stesso anno. Il suo pontificato fu tra i più importanti e benefici: convocò il Concilio di Trento per combattere la riforma
luterana, approvò l'ordine dei Gesuiti, abbellì e fortificò Roma,
protesse Michelangelo, che nominò architetto a vita per la Basilica di S. Pietro. Morì dopo 15 anni di pontificato il 10 novembre
1549.
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raccogliere onori, cariche e prebende. Quando suo padre, il card
Alessandro Farnese, f u eletto papa, egli abbandonò la vita cleri
cale e fu laicizzato (1535).
A lui successe, in qualità di amministratore apostolico, nello
stesso anno 1535, il cardinale WIDO (o GUIDONE) ASCANIO
SFORZA, milanese, figlio di Bosio conte di S. Fiora e nipote del
papa Paolo III. Ricco di ingegno e di cultura, era stato nominato cardinale a soli 25 anni e fu in seguito Vescovo di Parma e
Arciprete della Basilica Liberiana (S. Maria Maggiore), dove fece
costruire da Michelangelo Buonarroti una cappella in onore della
Madonna assunta in cielo. Ma soprattutto a Montefiascone lo
Sforza dimostrò la sua generosità, erogando 30 mila scudi per la
continuazione della fabbrica di S. Margherita, che innalzò sino al
primo cornicione, aggiungendovi anche la cappella dell'altare maggiore, come testimonia il suo stemma gentilizio posto sull'arco
trionfale. Nel 1548 lasciò il governo delle nostre due diocesi, delle quali tuttavia si era vivamente interessato, per quanto glielo
avevano consentito i numerosi incarichi, e morì nella diocesi di
Parma, durante una visita pastorale nel 1564; il suo corpo, trasferito a Roma riposa in un sepolcro marmoreo nella Basilica
Liberiana.
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Non lunga fu la permanenza nella nostra sede episcopale del
successore, il canonico fiorentino UBALDO BANDINELLI, intimo
amico del suo predecessore. Uomo di profonda dottrina e di acuta
intelligenza, fu richiamato a Roma nel 1551 dal papa Giulio III,
che desiderava servirsi della sua opera nei più importanti affari
della Chiesa. Ma nello stesso anno morì e f u sepolto nel tempio
di S. Maria sopra Minerva in un sepolcro posto accanto alla vasca dell'acqua lustrale.
Il 24° posto nella serie del nostri Vescovi è occupato da
ACHILLE GRASSI, bolognese. Si era già distinto in gioventù nella sua diocesi, t a n t o c h é nel 1545 aveva raggiunto la carica di Arciprete; nello stesso anno il papa Paolo III, che era un esperto
conoscitore di uomini, lo aveva nominato Auditore della Sacra
Rota. Fu Giulio III che il 21 agosto 1551 lo nominò vescovo della
diocesi falisco-cornetana, dove il presule in verità soggiornò ben
poco, dovendo assolvere altri incarichi ben più importanti. Prese
parte infatti al Concilio di Trento, in occasione del quale nel 1552
sottoscrisse due decreti conciliari; nel febbraio e nel maggio dello stesso anno fu inviato dal papa come suo ambasciatore presso
l'imperatore Carlo V, per riferirgli di alcune questioni relative al
Concilio; .infine il 27 dicembre 1552 fu mandato in qualità di rappresentante della S. Sede presso il Viceré di Napoli. « In tutt'altre faccende affaccendato », per dirla con il Giusti, non pensò
affatto alla nostra diocesi e tanto meno a continuare la costruzione della Cattedrale. Morì a Roma l'8 agosto 1555 e fu sepolto
nella Chiesa di S. Maria in Trastevere.
Fu nominato in sua sostituzione il fratello CARLO GRASSI:
era il 15 novembre 1555. Anch'egli arciprete della Chiesa di Bologna, di grande virtù e di profonda cultura, fu intimo del papa
Giulio III e poi, sotto il regno di Pio IV, Prelato della Camera
Apostolica. Partecipò anch'egli al Concilio di Trento, dove dette
palese dimostrazione non soltanto della sua dottrina, ma soprattutto della sua saggezza nel trattare questioni assai difficili. Per
questi meriti Pio V lo nominò dapprima governatore di Perugia
e dell'Umbria, poi di Roma; infine lo proclamò cardinale il 17
Maggio 1570.
Fu il card. Carlo Grassi che riuscì a stringere l'alleanza tra il
papa, la Repubblica di Venezia e il re Filippo di Spagna, dalla
quale scaturì la vittoria che la flotta cristiana riportò contro i
Turchi il 7 ottobre 1571 nel golfo di Lepanto.
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Nel 1556 egli aveva dedicato il giorno 20 luglio quale festa
della nostra Patrona S. Margherita; desiderava inoltre portare a
compimento la costruzione del tempio, ma la sua lunga lontananza dalla nostra città non gli consentì di realizzare questo sogno.
Morì a Roma, a 52 anni di età, la domenica 25 marzo 1571 e fu
sepolto nella Chiesa di Trinità dei Monti, sul Pincio.
Gli successe nello stesso anno ALESSANDRO FARNESE, romano, nipote del papa Paolo III e figlio d j Pier Luigi, duca di
Parma e Piacenza. A 15 anni era già cardinale, e le lodi di questo
giovane così precoce furono cantate da illustri scrittori del suo
tempo quali Girolamo Fracastoro, Jacopo Sadoleto e Francesco
Maria Molza; Tiziano lo ritrasse in un celebre quadro accanto
al papa Paolo III, suo avo. Fu vescovo di Sabina, di Tuscolo e di
molte altre chiese, ebbe dalla S. Sede importantissimi incarichi,
fu famoso per la sua generosità, fece molte opere a Roma ed in
altre città, ma purtroppo alla sua diocesi di Montefiascone e Corneto, della quale f u amministratore per poco più di un anno, non
fece nulla.
Lo sostituì nel 1572 (22 agosto) FERRANTE FARNESE. Anche di questo cardinale non v e nulla da dire perché l'anno successivo fu trasferito dal papa Gregorio XIII alla diocesi di Parma.
Prese il suo posto dopo pochi mesi, e precisamente il 20 luglio
1573, FRANCESCO GUINISIO (o GUINUZIO), di Parma. Purtroppo di lui non si sa niente, tranne che morì nel 1578.
Anche del successore, VINCENZO FUCHERIO, c'è poco da
dire. Fatto vescovo della diocesi falisco-cornetana il 29 giugno
1578, morì in Spagna nel mese di agosto del 1580 mentre accompagnava il card. Riario, legato pontificio presso il re Filippo II
di Spagna, ed ivi fu sepolto.
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CAPITOLO V I
SI PORTA A COMPIMENTO LA COSTRUZIONE
DELLA CATTEDRALE
Dopo tanti vescovi di passaggio, eccone finalmente uno che
risiedette a lungo a Montefiascone e si interessò diligentemente
della diocesi a lui affidata: si tratta di GEROLAMO BENTIVOGL50, nato a Gubbio da nobile famiglia. Il papa Gregorio XIII
lo nominò vescovo di Montefiascone e Corneto il 14 Ottobre 1580
ed il Bentivoglio, ricco di saggezza e di prudenza, resse con santità di vita la diocesi per ben ventun anni. Ottenne dagli amministratori comunali quello che era necessario per completare la costruzione della Basilica Cattedrale; cedette al pubblico erario i
monti di Tolfa, che spettavano alla mensa episcopale, e ottenne
che dalla Curia romana venissero pagati ogni anno al nostro Ca-
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pi tolo dei Canonici 200 scudi; attribuì allo stesso Capitolo della
Cattedrale i beni che erano appartenuti al beneficio di S. Martino; consacrò, dopo averla dedicata alla martire S. Felicita, la
chiesa dei Frati Cappuccini di S. Francesco; si interessò del bene delle anime della sua diocesi, che volle sempre governare personalmente. Morì a Montefiascone nel 1601 e fu sepolto con grande pompa nella cappella di S. Martino (la prima a destra, entrando) della nostra Cattedrale, in un monumento marmoreo che porta un'epigrafe latina che tradotta dice: « A Gerolamo dei conti
Bentivoglio, da Gubbio, vescovo vigilantissimo della Chiesa di
Montefiascone, erudito nella lingua latina, greca ed ebraica, illustre per dottrina, pietà e santità, che ottenne che questa Cappella di S. Martino fosse unita alla Mensa del Capitolo e che duecento scudi annui fossero attribuiti dai Sommi Pontefici alla manutenzione e al corredo della Sacrestia, e morì ottuagenario dopo quasi 21 anni di episcopato il 12 aprile 1601, il Capitolo e i
Canonici della stessa Chiesa posero questo ricordo ».
A successore del vescovo Bentivoglio f u nominato nello stesso anno 1601 il ligure PAOLO EMILIO ZACCHIA, nato a Vaziano
da nobile famiglia nel 1554. Era stato chiamato a Roma da un
suo zio materno, don Marcello Nobili, canonico della Basilica Vaticana e molto cara al papa Clemente VII, che lo voleva nominare cardinale; ma il vecchio canonico chiese al pontefice di con-
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ferire questo onore al nipote Paolo Emilio. Il papa, assecondando
l'onesta richiesta del suo amico, nominò il giovane prelato prima
suo cubiculario, poi commissario della Curia, infine ambasciatore straordinario presso il re di Spagna; da ultimo lo nominò cardinale e lo mandò a governare la diocesi falisco-cornetana.
Il cardinale Paolo Emilio si dedicò subito con il massimo zelo al completamento dei lavori del massimo tempio falisco. Raggiunto un accordo con gli amministratori locali, che si impegnarono di fornire la mano d'opera necessaria, fece elevare a sue
spese il tempio sino al secondo cornicione e avrebbe portato a
termine l'opera, se non fosse stato colto da morte improvvisa a
Roma nel 1605. Fu sepolto nel tempio di S. Marcello, di cui era
stato titolare come cardinale.
Gli successe il fratello LAUDIVIO, che aveva intrapreso la vita sacerdotale in età matura, dopo la morte della moglie, dalla
quale aveva avuto due figli. Volle portare a termine le opere rimaste interrotte per la morte repentina del fratello Paolo Emilio
e dotò la cattedrale di un organo e di cappelle, che dovevano servire ad abbellire il tempio. Subito dopo, contribuendo generosamente con una somma ammontante a parecchie migliaia di scudi, fece iniziare la costruzione della facciata della chiesa, per la
quale f u usato solido pietrame lavorato con maestria.
Si impegnò con zelo anche nel campo spirituale: mandò dot-
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ti predicatori in ogni parte della diocesi ad annunciare la Parola
di Dio; fondò a Montefiascone ed in tutta la diocesi circoli di
catechismo, perché i fanciulli e gli adulti fossero istruiti sui princìpi della fede; istituì l'arcipresbiterato della Cattedrale, dotandolo di un fondo abbastanza ampio e ricco.
Da Gregorio XV Laudivio Zacchia fu inviato come Nunzio apostolico presso la Repubblica di Venezia; richiamato da Urbano
Vili, fu fatto dapprima Prefetto della Casa Pontificia, poi nel
1626 cardinale. Per quattro anni governò da lontano la nostra
diocesi, poi nel 1630 la affidò al nipote Gaspare Cecchinelli. Morì
a Roma nel 1637 e fu sepolto nella chiesa di S. Pietro in Vincoli.
GASPARE CECCHINELLI, da Sarzana, occupa il 33° posto
nella serie dei nostri vescovi. Appena ebbe assunto il governo della diocesi, fece completare la facciata della Cattedrale, iniziata
da suo zio il cardinale Laudivio Zacchia; inoltre costruì a sue
spese la cappelletta, che doveva servire per cantare i vespri durante l'inverno. Fu di una bontà meravigliosa: in soccorso dei poveri eresse il Monte di Pietà, che si rivelò di grande utilità al popolo; intervenne con le sue rendite alla conservazione del tempio
e della sacrestia. Ma la sua generosità si segnalò soprattutto durante una grave pestilenza scoppiata nel 1657 e che durò due anni provocando un gran numero di morti nella nostra città (oltre
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un terzo degli abitanti). Le finanze municipali erano ormai esauste, perché tutto era stato speso per fornire medici e medicine
e sfamare i poveri appestati; il vescovo Cecchinelli offrì volentieri tremila scudi (altri dicono seimila) per venire incontro ai disagi della popoplazione.
A questo punto non si può passare sotto silenzio l'abnegazione dei Frati Cappuccini del nostro Convento, di cui alcuni morirono colpiti dal morbo durante l'opera di soccorso e di assistenza prestata agli ammalati. Ricordiamo tra le vittime della carità
il P. Giuseppe da Triponzio (presso Norcia) morto il 29 agosto
1657; il P. Francesco da Canino, deceduto il 15 settembre 1658; il
sacerdote Bernardino da Nepi, morto il 20 settembre 1658, ed il
Padre guardiano Giacomo da Picileone, spirato 1*11 ottobre 1659.
Il Vescovo Cecchinelli morì dopo 36 anni di governo episcopale, dui-ante i quali aveva diligentemente provveduto alle anime
a lui affidate, il 7 marzo 1666 e fu sepolto nella nostra Cattedrale.
I! card. Paluzio Albertoni
Con il vescovo successivo, il card. PALUZIO ALBERTONI ALTIERI, nominato Presule della nostra diocesi il 29 marzo
1666, la nostra Cattedrale assunse finalmente, dopo quasi due secoli dall'inizio della costruzione, la forma definitiva; quella di
un maestoso tempio ottagonale, sormontato da una grandiosa cu-
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pola che si lancia ardimentosa verso il cielo e domina il colle
sottostante.
Infatti il venerdì santo (4 aprile) del 1670 scoppiò improvvisamente nella chiesa di S. Margherita uno spaventoso incendio:
andarono distrutte tutte le parti in legno e, logicamente, anche il
tetto provvisorio che era stato disteso sopra il secondo ed ultimo
cornicione.
La Cattedrale prima della costruzione della cupola (da un disegno dell'arch. Carlo Fontana)
Il cardinale Altieri si trovava allora a Roma e, appena saputa la notizia del disastro, ne informò il papa Clemente X che,
aderendo alle preghiere del nostro vescovo che gli era anche parente, volle provvedere a sue spese alla costruzione della monumentale cupola. Fece infatti venire a Montefiascone l'insigne architetto Carlo Fontana che, ripreso l'antico progetto del veronese
Sanmicheli, innalzò l'elegante cupola di cui, a detta dell'Ughelli,
nemmeno Roma ne ha una più bella ad eccezione della cupola
della Basilica di S. Pietro. Il papa affrontò una spesa ammontante a parecchie migliaia di monete d'oro.
Il cardinale Altieri fece poi costruire la lanterna che sovrasta la cupola da un altro architetto, Giovanni Antonio Rubei,
spendendovi un'ingente somma.
22
A perenne memoria di questo fatto rimangono due epigrafi
marmoree. La prima si trova nella parete destra dell'atrio della
Basilica Cattedrale e, tradotta dal latino, recita così:
« A CLEMENTE X perché con grande pietà e gesto benefico
volle che questo tempio, distrutto da un incendio improvvisamente scoppiato, fosse elevato più in alto, ornato più splendidamente
23
e fornito più riccamente e durasse più saldo nel tempo, PALUZIO ALTIERI, Prete Cardinale di S.R.C., Vescovo di questa Chiesa Cattedrale al tempo dell'incendio, poi Cameriere della Santa
Sede e strettissimo dello stesso Sommo Pontefice per vincolo di
sangue e di scelta, del tutto intento all'esecuzione dell'opera di
tanto restauro con il suo interessamento e le sue spese, pose eterno ricordo della venerazione memore ed affettuosa propria e di
tutti i falisci nell'anno giubilare 1675 ».
La seconda è posta nella Piazza Centrale, su una parete esterna del Palazzo Comunale, e così si esprime:
« Al cardinale PALUZIO ALTIERI, una volta Vescovo di questa città, ora suo protettore, Cameriere di Santa Romana Chiesa
e nepote del papa Clemente X, per aver restaurato più splendido
il nostro tempio principale rovinato da un incendio, per averlo
innalzato più maestoso con l'aggiunta della cupola, per aver costruito dalle fondamenta un Seminario per l'educazione della gioventù e per aver infine sparso grandissimi e numerosissimi benefici ad utilità pubblica e privata, il Magistrato di Montefiascone
pose un ricordo della sua gratitudine nell'anno giubilare 1675 ».
Dunque, come appare da tale epigrafe, il cardinal Altieri fondò il Seminario, un'opera che portò grandissimi vantaggi alla città e consacrò la gloria del suo nome. Infatti, nel 1667, seguendo
le disposizioni del Concilio di Trento, egli costituì un Collegio di
chierici nella chiesa di S. Bartolomeo, dopo averne soppresso la
parrocchia unendola a quella di S. Margherita, ed iniziò così quel
seminario che avrebbe sicuramente portato a termine se non fosse stato trasferito nella diocesi di Ravenna alla fine dell'anno
1670.
Insignito successivamente di altre importantissime cariche,
il card. Altieri morì a Roma il 29 giugno 1699 e fu sepolto nella
Chiesa di S. Maria al Portico.
Fu con il suo successore, il patrizio romano DOMENICO
MASSIMI nominato nel 1671, che finalmente il 16 dicembre 1675
si aprirono le porte della Cattedrale ormai terminata: alla presenza di un numeroso clero e tra la letizia di una gran folla
di fedeli si svolse una solenne funzione religiosa di ringraziamento a Dio. Il vescovo Massimi, molto sollecito della salute delle
anime a lui affidate, visitò più volte le sue diocesi, accolto dovundue con grandi manifestazioni di affetto della popolazione. Morì
improvvisamente il 31 dicembre 1685 e fu sepolto in Cattedrale.
24
IL S. CARLO DELL'ALTO LAZIO
Un nome che brilla come una stella di prima grandezza nel
firmamento della nostra diocesi è quello del cardinale MARCO
ANTONIO BARBARIGO. Sulla sua vita e sulle sue opere sono stati scritti libri e quindi non è facile sintetizzare in poche pagine la
meravigliosa ed instancabile attività di questo Pastore.
Patrizio veneziano, nacque il 6 marzo 1640 e fin dalla fanciullezza mostrò chiaramente la sua indole egregia e virtuosa. A 25
anni fu chiamato a far parte del Gran Consiglio della Serenissima, ma a 30 anni lasciava la toga per prendere l'abito ecclesiastico. Il nuovo sacerdote si diede ad insegnare la dottrina cristiana ai fanciulli ed alle fanciulle; quindi da un suo lontano parente,
il beato Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, fu fatto canonico
della cattedrale patavina. Nel 1678 il papa Innocenzo XI lo nominò Arcivescovo di Corfù, e qui il Barbarigo si dedicò ad una intensa attività pastorale: riforma del clero, predicazione, insegnamento del catechismo, erezione di un seminario, opere di carità
per i poveri, i bisognosi, gli infermi ed i carcerati. Ma per una
controversia sorta tra lui e l'ammiraglio veneziano Francesco Morosini che, dopo aver vinto la flotta turca nella battaglia di Santa Maura (6 agosto 1684), svernava nell'isola di Corfù, fu costretto
ad abbandonare la sua diocesi ed a recarsi a Roma. Il papa lo
creò cardinale nel 1686 e l'anno successivo, essendo da vario tempo vacante la cattedra episcopale della diocesi falisco-cornetana,
10 inviò a Montefiascone, ove giunse verso la fine dell'ottobre
1687.
Accolto dalla popolazione come un angelo mandato da Dio,
11 cardinale Barbarigo intraprendeva subito la restaurazione delle
sue diocesi che moralmente versavano in uno stato miserando,
sia per l'ignoranza e la condotta poco esemplare del clero sia per
25
In vita poco virtuosa e piuttosto libera tenuta da gran parte della
gente. Per ovviare a questi mali, il Cardinale ricorse subito ad
urgenti rimedi: affidò i preti ignoranti ad un dotto religioso per
la loro istruzione, effettuò visite pastorali in tutte le parti della
diocesi, organizzò predicazioni di missionari in vari paesi, si applicò alla riforma del clero e al controllo degli istituti religiosi.
Ma le due principali opere compiute da Marco Antonio Barbarigo furono il Seminario e le Scuole Pie per le fanciulle del popolo.
Avendo constatato che il Seminario fondato dal cardinale Altieri era inadeguato ai suoi propositi, il Cardinale, chiamato a sé
l'architetto Giovanni Battista Oriconi, ne fece costruire uno nuo-
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Foto tratta dall'Archivio della Biblioteca Vaticana
vo formato di due lunghi bracci (uno per le camerate ed uno per
le, aule), di una grande e lunga sala adibita a biblioteca e di una
palazzina, il cui piano superiore conteneva le stanze per i professori della Scuola, mentre nel piano inferiore trovava posto la
Tipografia.
26
Il Barbarigo fece ricostruire dalle fondamenta anche la chiesa di S. Bartolomeo, annessa al Seminario. Nel suo nuovo Seminario il Cardinale accolse non soltanto i chierici destinati al sacerdozio, ma come convittori anche nobili giovanetti, perché « con
le lettere e con le scienze, pure apprendessero le massime delle
virtù cristiane ». Alla sua scuola il Barbarigo dette un sapiente
programma di studi e chiamò professori dotti e profondi, tra cui
ricordiamo: Michele Moor, di Dublino (1640-1701), che insegnò
teologia dogmatica, sacra scrittura, greco ed ebraico; Guglielmo
Bonjour, di Tolosa (1670-1714), professore di sacra scrittura; Giuseppe Rossi, detto comunemente De Rubeis, maestro di retorica
e di latino classico; Giovanni Bouget (1680-1766), di Saumur, in
Francia, professore di lingua ebraica e greca; Domenico Bruni,
di Montepulciano, e Giovanni Santi Grassi, insigni maestri di
musica.
Sparsasi la fama della celebrità dei professori che vi insegnavano, delle sapienti norme che vigevano e della diligente cura
posta dal Cardinale per la educazione dei giovani, il Seminario
ed il Collegio acquistarono tale nome che vennero giovani non
solo da ogni parte d'Italia, ma anche dalla Francia, dal Belgio,
dalla Spagna, dall'Inghilterra, dall'Irlanda, dall'Olanda e dalle
Isole Jonie: tra questi alunni, alcuni si distinsero e divennero
illustri professori o celebri personaggi.
Ma accanto alla formazione dei giovani destinati al sacerdozio e di quelli appartenenti a famiglie distinte, il Barbarigo volle
provvedere anche alla educazione e all'istruzione delle fanciulle
del popolo; per raggiungere questo scopo si servì dapprima dell'opera di una maestra viterbese, Rosa Venerini, e successivamente affidò l'incarico ad una giovane tarquiniese, Lucia Filippini,
che egli aveva incontrato durante la sua prima visita pastorale
a Corneto nel 1689. La prima scuola popolare per le ragazze fu
fondata a Montefiascone nel 1692 da Rosa Venerini; ad essa accorsero oltre quaranta giovanette. Visti i buoni risultati della
prima scuola, il Cardinale e Lucia Filippini, subentrata alla Venerini, furono presi dal desiderio di aprirne altre nei vari paesi
della Diocesi. Poiché per far questo occorreva avere a disposizione altre maestre, la Filippini si assunse l'incarico di formarle,
scegliendo tra le giovani quelle che mostravano attitudine all'insegnamento e comunicando ad esse la sua cultura ed il suo ardore
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missionario. Le Scuole Pie poterono così aprirsi a Capodimonte,
Marta, Valentano, Piansano, Arlena di Castro, Tessennano, S. Lorenzo Vecchio, Celleno, Gradoli, Latera, Grotte di Castro. In queste scuole la Filippini e le sue Maestre insegnavano alle ragazze
a leggere, scrivere, far di conto, cucire, filare, far calze e merletti,
cantare; questa istruzione pratica era costantemente accompagnata dall'istruzione religiosa, che costituiva la base ed il fondamento della scuola. Di queste Scuole Pie il Barbarigo fu l'ideatore ed il fondatore come fu pure il saggio legislatore, il munifico benefattore, l'illuminato consigliere dell'Istituto delle Maestre Pie, alle quali ingiungeva di non limitarsi all'insegnamento,
ma di estendere il loro campo di azione al lavoro missionario tra
le donne di tutte le età, tra i poveri e gli ammalati.
Attraverso le due istituzioni del Seminario e delle Scuole Pie,
il Barbarigo potè attuare quel profondo rinnovamento religioso,
morale e sociale della gente della sua Diocesi, che si era proposto
sin dal suo arrivo a Montefiascone.
Nel 1695 una terribile scossa di terremoto arrecò gravissimi
danni alla nostra città e provocò anche lesioni alla cupola della
Cattedrale, costruita appena venti anni prima; il Cardinale accorse subito a rincorare il suo popolo, distribuì per molti giorni
gran quantità di pane, fece riparare tutte le case dei poveri ed
infine incaricò il suo architetto Oriconi di restaurare la cupola:
questi la rese più leggera, svuotandola nelle parti interne e creando i caratteristici costoloni.
Dopo quasi venti anni di infaticabile lavoro, al ritorno da
una stancante visita pastorale nella zona intorno al lago di Bolsena, Marco Antonio Barbarigo dopo una breve malattia moriva il
26 maggio 1706, all'età di sessantasei anni, e tra il compianto universale fu sepolto nella nostra Cattedrale. La sua opera lasciò una
traccia indelebile nella storia della diocesi falisca, cosicché ben
meritato fu l'appellativo a lui conferito di « San Carlo dell'Alto
Lazio ».
La causa per la sua beatificazione, iniziata nel 1927, è stata
attualmente ripresa; si è raccolta una copiosa documentazione
che servirà, come si spera, per giungere quanto prima alla attesa glorificazione di questo Servo di Dio.
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CAPITOLO V I L I
NOZZE REGALI A MONTEFIASCONE
L'ABBELLIMENTO DELLA CITTA'
Nello stesso anno della morte del card. Barbarigo, e precisamente il 15 novembre 1706, prendeva possesso delle diocesi falisca e cornetana SEBASTIANO POMPILIO BONAVENTURA, patrizio urbinate, qui trasferito dal vescovado di Gubbio dal papa
Clemente XI. Egli seguì tanto da vicino le orme del suo prede-
Lc nozze di Giacomo III con la principessa Clementina Sobiesky (quadro del Conca)
29
cessore che riuscì a portare a termine, almeno in gran parte, le
opere iniziate dal Barbarigo e le consolidò con opportune leggi
e sanzioni. Sotto di lui gli studi del Seminario divennero così fiorenti che, attratta dalla fama dei professori, la Sacra Congregazione per la propagazione della fede inviò in questo splendido centro di cultura alunni e convittori, e Clemente XI affidò al rettore Alessandro Mazzinelli dodici alunni del Seminario di Palermo
perché fossero istruiti nelle scienze teologiche.
Il vescovo Bonaventura sostenne inoltre con la sua generosità le scuole per le fanciulle del popolo, dirette da Lucia Filippini; gliele raccomandava lo stesso pontefice ed il presule provvedeva largamente alle spese necessarie per il vitto, l'alloggio ed i
servizi vari. Le regole dell'Istituto già scritte dal Barbarigo furono fatte da lui stampare e consegnate alle Maestre Pie, perché
ne traessero maggiore vantaggio.
Nel 1710 il vescovo convocò un importante sinodo diocesano.
Il 1. settembre 1719, con l'autorizzazione del S. Padre, mons.
Bonaventura nella cappella del nostro Palazzo episcopale congiunse in matrimonio il pretendente al trono d'Inghilterra Giacomo III Stuart e la principessa polacca Maria Clementina Sobiesky, nipote del re di Polonia Giovanni III. A ricordo di questo
eccezionale avvenimento rimane una lapide nel palazzo vescovile,
un'altra iscrizione ed un quadro, pregevole opera del Conca, si
conservano nella sacrestia della Cattedrale.
I due sovrani, al momento della loro partenza per Roma, promisero di ricambiare la generosa accoglienza, che avevano loro riservato i Falisci, con ricchi doni.
II 31 dicembre 1720 il vescovo Bonaventura battezzò a Roma il principe di Galles, primogenito di Giacomo e di Clementina.
Nel 1731 il pretendente al trono inglese mantenne la promessa fatta, inviando ricchi doni alla Basilica Cattedrale, tra cui
un prezioso parato in quarto con meravigliosi ricami in oro su
ormesino bianco, un sopracalice ed una borsa con file di piccole
perle orientali, un paliotto, recante lo stemma della Casa Reale
d'Inghilterra, e due paliottini per l'altare maggiore.
Sebastiano Pompilio Bonaventura, colto da improvvisa malattia, morì a Piansano, durante una visita pastorale, il 26 aprile
1734, all'età di 84 anni. Il suo corpo fu riportato con solenne pompa a Montefiascone e tra il pianto di tutta la cittadinanza fu sepolto nella nostra Cattedrale.
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Alla morte di Bonaventura venne eletto vescovo di Montefiascone il card. POMPEO ALDOVRANDI, bolognese. Per ben comprendere il valore di questo porporato, basti pensare che nel conclave che seguì la morte del pontefice Clemente XII (1740) egli
riportò per ben due volte gli stessi voti del suo concittadino, il
card. Prospero Lambertini, che alla fine riuscì a prevalere e salì
sul trono pontificio con il nome di Benedetto XIV.
Il nuovo papa creò l'Aldovrandi cardinale pro-datario, ma il
nostro vescovo rinunciò a tale importantissima carica per rimanere nella nostra città alla quale era molto affezionato. Lo di-
II card. Pompeo Aldovrandi
31
mostrano le numerose opere che fece eseguire per abbellirla e
che ancora rimangono, come ci dimostrano anche i molti suoi
stemmi che si trovano in vari posti della città.
Nella chiesa di S. Margherita, con una spesa di circa trentamila scudi, fece costruire una statua della Patrona e la pose
nella nicchia che si trova nell'abside della cappella dell'altare
maggiore; abbellì le cappelle, gli altari e l'organo; donò alla Cattedrale un completo pontificiale di notevole valore.
Nella chiesa di S. Flaviano, fece costruire la balaustra di ferro che recinge il vuoto centrale del piano superiore, nonché la
tettoia che, sostenuta da agili colonnine, copre il loggiato corrente lungo tutto il prospetto principale; restaurò poi l'altare papale.
Nel Seminario innalzò il muro che separa l'edificio interno
dalla pubblica via e fece spostare lei Tipografia in un luogo più a datto, arricchendola delle più moderne attrezzature.
Restaurò poi il Palazzo episcopale, dotandolo di un giardino
adorno di cento statue di marmo; fece infine costruire le due
più importanti porte della città, quella di Borgheriglia e quella
di Borgo, aggiungendo a quest'ultima un ponte per rendere più
agevole l'accesso. Dinanzi a questa porta, che è la principale del
paese, egli ottenne che passasse la strada Cassia, che fino allora
seguiva un altro tracciato, un poco più distante dal centro abitato. Sul portale d'ingresso fu posta una lapide marmorea, la cui
epigrafe così recita: « Sotto il regno di Benedetto XIV, Lambertini. di Bologna, il card. Pompeo Aldovrandi in questo nodo di vie
che egli rese più agevole con la costruzione di un ponte, aprì una
nuova porta con maggiore magnificenza, nell'anno 1744.
Il cardinale Aldovrandi una sola cosa trascurò purtroppo durante il suo episcopato, e cioè gli studi del Seminario; ma tante
furono le opere che compì e quelle che avrebbe voluto realizzare
che bastano a farlo considerare un benefattore della nostra città.
Morì il giorno di Natale del 1754, dopo 18 anni di governo episcopale; il suo corpo fu trasportato a Bologna per essere sepolto nella tomba di famiglia in S. Petronio, mentre il suo cuore fu riposto nella cappella del Rosario nella nostra Cattedrale.
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CAPITOLO IX
RIFIORISCE
IL
TRA I P R O F E S S O R I
SEMINARIO:
IL POETA
CASTI
Il 39° della serie dei nostri vescovi è MARIO MAFFEI, nativo
di Montegrimano in Emilia, il quale era vescovo di Foligno quando il 1. marzo 1752 fu inviato dal papa Benedetto XIV a reggere
le diocesi di Montefiascone e Corneto con il titolo di Vicario apostolico.
Egli visitò tutte le zone della sua diocesi per rimuovere eventuali abusi e ripristinare la necessaria severità di costumi. In questa sua azione di risanamento morale si fece precedere nei vari
paesi dai Padri Lazzaristi che tennero al popolo le sacre Missioni,
ottenendo numerose conversioni.
Il vescovo Maffei si adoperò alacremente per riportare gli studi del Seminario all'antica dignità ed al primitivo splendore; per
ridonare a questo glorioso centro di studi la fama che aveva goduto in Italia e all'estero al tempo del card. Barbarigo; a tale
scopo, con l'approvazione del pontefice che mal sopportava la
decadenza del Seminario sostituì gli antichi dirigenti, nominando
un nuovo rettore nella persona del canonico Bartolacci e chiamando due illustri professori scelti dal papa stesso: il P. Giuseppe Francesco Frassen, minore conventuale, sommo filosofo, e il
canonico Andrea Bassani, di Pordenone, maestro di rettorica e
di lingua latina e greca.
Mons. Maffei, regolato lo stato economico del Seminario e
nominati altri professori inferiori, chiudeva con plauso nello
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agosto del 1753 la sua amministrazione apostolica. Ritornato a
Foligno, vi morì in tarda età.
L'opera di riforma del Seminario, iniziata dal vescovo Maffei, fu portata a compimento dal suo successore, SAVERIO GIUSTINIANI, patrizio genovese, nominato vescovo di Montefiascone e Corneto da Benedetto XIV il 10 dicembre 1753. Precedentemente aveva a lungo lavorato nella Curia romana ed era stato
Procuratore dello Stato di Avignone e della Basilica Lauretana.
Vescovo Saverio Giustiniani
Appena giunto a Montefiascone, espresse il proposito di riportare il Seminario all'antico splendore, camminando sulle orme del Barbarigo, e si mise subito all'opera con grande zelo. Fece venire da Roma un insigne professore di ebraico, il sacerdote Pio Domenico Rossini, di Brescia; volle che si ristabilisse la
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scuola di canto gregoriano, nel pomeriggio; nominò un professore di Teologia Morale nella persona del domenicano Francesco
Maria Spallettini e, alla partenza di questo, affidò la cattedra di
Teologia dogmatica e morale al canonico Giuseppe Mattei di Piansano; provvide infine il Seminario di un pio Direttore spirituale.
Gli studi, sotto la direzione del prefetto can. Bassani, rifiorirono
in maniera straordinaria. Egli si impegnò zelantemente per portare i giovani allo studio delle scienze e delle lettere e formò dei
latinisti famosi. Il suo discepolo Giuseppe Sartini, di Montefiascone, affermò che il Bassani «portò qui il secolo d'oro della latinità e gli dette una perpetua cittadinanza ». Purtroppo il Bassani restò soltanto sei anni nel nostro Seminario, perché colto da
una fiera idropisia moriva all'età di 42 anni il 10 febbraio 1759.
Con la morte del Bassani il Seminario perdeva il suo più illustre professore: il vescovo Giustiniani ne fu grandemente addolorato. Lo sostituì con il canonico Giovanni Battista Casti, a
cui affidò la cattedra di retorica e di francese. Uomo dotto, dotato di grande ingegno, perfetto latinista, poeta illustre, il Casti
compose in questo periodo lavori poetici latini di singolare pregio, in cui si poteva ammirare fecondità di idee, naturalezza di
stile, vivacità di spirito e profonda erudizione. Purtroppo il Casti non era un educatore: le sue inclinazioni plebee, il suo atteggiamento satirico e talora irriverente erano di pericoloso esempio per i giovani; perciò il vescovo Giustiniani, approfittando di
una occasione opportuna, lo allontanava dal Seminario nel novembre del 1761, sostituendolo con il sacerdote milanese Paolo
Lucini. Durante la sua permanenza nel nostro Seminario (novembre 1763 - ottobre 1769), questo professore compose una splendida Accademia (cioè un'esercitazione letteraria) in lode della
Patrona S. Margherita. Fra gli alunni di quel tempo non si può
fare a meno di ricordare Vincenzo Strambi, di Civitavecchia, dichiarato Venerabile da Gregorio XVI e Beato da Pio XI e canonizzato l'I 1 giugno 1950 da Pio XII.
Ma se la gloria principale del vescovo Giustiniani è quella
di aver fatto rifiorire il nostro Seminario, non deve tacersi della carità che dimostrò sia in occasione di una penosissima carestia, sia nel restauro della cattedrale di Tarquinia, sia nel soccorrere la povertà dei monasteri femminili. Di famiglia assai ricca, spese tutte le sue sostanze per aiutare il suo gregge e morì in
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estrema povertà all'età di 83 anni, il 13 gennaio 1771: fu sepolto
nella nostra Cattedrale.
Passarono quindici mesi dalla morte del vescovo Giustiniani
prima che la nostra diocesi avesse il nuovo presule: infatti f u solo nell'aprile 1772 che il papa Clemente XIV nominò vescovo
FRANCESCO MARIA BANDITI, illustre predicatore, già Preposto Generale dell'Ordine dei Teatini.
Nei tre anni che rimase a Montefiascone, restaurò a sue spese l'Ospizio per i forestieri e l'attigua Chiesa della Misericordia
nella nostra Città; insignì del titolo di Collegiata la Chiesa della
Madonna Assunta, in Capodimonte; cercò di mantenere nel suo
splendore il Seminario Barbarigo, chiamando ad insegnarvi matematica e filosofia il P. Giuseppe Tamagna, romano, dell'Ordine
dei Francescani, giovane di 24 anni, ma già celebre autore di due
ponderose opere.
Fatto cardinale ed arcivescovo di Benevento, mons. Banditi
si trasferì in questa città nel maaggio 1775, ma seppure lontano
non dimenticò Montefiascone alla cui Cattedrale donò l'altare
maggiore, ornato di preziosi marmi esotici e di metalli dorati, ed
un completo pontificale ricamato in oro. Morì il 26 gennaio
1791.
S
Vescovo
36
Giuseppe
Garampi
A succedere al Banditi fu chiamato il 20 maggio 1776 il cardinale GIUSEPPE GARAMPI, nobile riminese, che in quel momento si trovava come Nunzio a Vienna. Egli aveva fatto una
brillante carriera diplomatica: per incarico di Clemente XIII era
intervenuto nel 1763 ad Augusta alle trattative di pace tra i principi tedeschi, poi aveva partecipato alla Dieta di Francoforte; nel
1772 era stato inviato da Clemente XIV come Nunzio in Polonia
e quindi nel 1774 trasferito alla Nunziatura di Vienna.
Dopo la nomina a vescovo di Montefiascone e Corneto. rima- •
se ancora nella capitale dell'impero absburgico, ma anche da lontano amministrò con il massimo zelo le diocesi a lui affidate.
Creato cardinale da Pio VI nel concistoro del 14 febbraio 1785,
lasciava finalmente la Nunziatura di Vienna e si trasferiva stabilmente nella sua diocesi. Fu pieno di carità verso i poveri, aprì
un orfanotrofio per le fanciulle bisognose, riordinò tutti gli archivi parrocchiali, protesse l'Istituto e le Scuole delle Maestre
Pie per le quali dettò savie norme, ebbe particolarmente a cuore,
anche perché egli stesso era un letterato, il Seminario che soleva
chiamare la pupilla degli occhi suoi. Fece infatti venire da più
parti professori dotti e pii, arricchì la biblioteca di una notevole
quantità di libri scelti, restaurò i locali della Stamperia e dell'appartamento dei professori, provvide alla situazione economica
dell'Istituto. Avendo infine deliberato di prolungare la fabbrica
già esistente, stava per iniziare tale lavoro quando la morte lo
colse il 4 maggio 1792, a 66 anni di età.
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CAPITOLO X
D U R A N T E LA R I V O L U Z I O N E
E L'TMPERO
FRANCESE
NAPOLEONICO
Dopo la morte del Garampi la diocesi falisco-cornetana dovette attendere oltre due anni per avere il nuovo vescovo: infatti
solo nell'agosto 1794 entrava in Montefiascone il cardinale GIOVANNI SIFREDO MAURY. E' questi un personaggio molto interessante, per la vita avventurosa che trascorse in tempi estremamente burrascosi.
Nato il 27 maggio 1746 a Valréas, graziosa cittadina del distretto di Avignone, da umile famiglia (il padre Giangiacomo era
un povero calzolaio), andò a studiare nel Seminario di Avignone
e poi a Parigi, ove ben presto superò tutti nell'arte dell'eloquenza. Divenuto sacerdote, fu eletto ancor giovanissimo Vicario generale di Lombez, poi quaresimalista alla Corte del re di Francia, a
Versailles. Nel 1775 fu ricevuto membro all'Accademia e nel 1779
fu eletto rappresentante del Clero negli Stati Generali, una specie
di Parlamento che riuniva i rappresentanti delle varie classi sociali: nobiltà, clero e terzo stato (borghesia e popolo). Quando
questi Stati Generali furono convocati a Versailles il 5 maggio
1789 per esaminare la grave situazione economica e sociale in
cui versava la Francia e si trasformarono poco dopo in Assemblea Nazionale Costituente, il Maury vi partecipò e con la sua
formidabile oratoria lottò contro i rivoluzionari in difesa della
monarchia e della Chiesa, rivaleggiando in eloquenza con il terribile Mirabeau. Quando l'Assemblea Costituente si sciolse e gli
estremisti rivoluzionari (Giacobini, Montagnardi) cominciarono
38
a prevalere, egli fuggì dalla Francia e si rifugiò in Roma (1791),
dove il papa Pio VI lo accolse benevolmente. Nel 1792 fu creato
arcivescovo di Nicea, poi Nunzio straordinario alla Dieta di Francoforte (Germania) per l'incoronazione dell'imperatore Francesco
II. Al ritorno il papa lo creò cardinale e lo nominò vescovo di
Montefiascone e Corneto (1794). A Montefiascone il card. Maury
fu accolto da una gran folla di popolo attratto dalla fama del personaggio, che si dedicò subito al governo della sua diocesi con
zelo paterno.
Vedendo che il Seminario, che aveva sentito tanto decantare,
era notevolmente decaduto negli ultimi due anni, dopo la morte
del suo predecessore, fece venire dalla Francia celebri professori,
che accolsero ben volentieri l'invito per sfuggire alle persecuzioni cui erano sottoposti dal governo francese rivoluzionario. Perciò nominò professore di Teologia dogmatica don Amanzio Dièche, dottore della Sorbona e già professore a Parigi; professore
di Teologia morale don Girolamo Claudio Gandolphe, dottore
sorbonico e curato della chiesa di S. Rocco a Parigi; rettore e
vice-rettore del Seminario rispettivamente don Pietro Piquet, suo
antico maestro, e don Luigi Reboul, curato di Lione; mise infine
sulla cattedra di filosofia il P. Giambattista Garau, sardo, fuggiasco da Roma per motivi politici.
39
Ma anche delle condizioni del popolo si interessava e consigliava continuamente ai contadini di « seminare le patate »: con
l'introduzione della coltura di questa pianta, che offre un nutrimento economico e valido, migliorò il sistema di vita della nostra popolazione, che allora in gran parte viveva poveramente e
non sempre riusciva a sfamarsi.
Intanto Roma veniva occupata dalle truppe francesi per ordine del Direttorio e vi veniva proclamata la Repubblica Romana
(1797): cominciarono le persecuzioni contro gli avversari della Rivoluzione. Fra questi era il Maury che però, avvertito in tempo
dal papa Pio VI, riuscì a sfuggire alla cattura dei dragoni francesi mandati a Montefiascone dal generale Berthier, riparando
prima a Siena, poi a Firenze, infine, travestito da cocchiere, a
Venezia. Qui partecipò al Conclave che si riunì dopo la morte
di Pio VI, avvenuta il 29 agosto 1799 a Valenza (Francia) dove il
pontefice era stato deportato da Napoleone Bonaparte: dal Conclave uscì eletto papa il cardinale Chiaramonti che prese il nome
di Pio VII (14 marzo 1800).
Ritornata un po' di calma dopo la stipulazione del Concordato tra il nuovo pontefice ed il Primo Console Napoleone (1801),
il card. Maury rientrò a Montefiascone, dove pian piano si staccò dal pretendente al trono di Francia, il ¡futuro Luigi XVIII, per
passare dalla parte di Napoleone che nel maggio 1804 si era fatto
consacrare da Pio VII a Parigi imperatore dei Francesi. Questi
riuscì a convincerlo a lasciare Montefiascone per recarsi in Francia, dove il cardinale ritornò anche per appianare le difficoltà
sorte tra il Vaticano e il governo francese per l'applicazione dei
Concordato. E così partito dalla nostra città sulla fine di aprile
del 1806, il Maury entrava il 26 maggio a Parigi tra accoglienze
veramente trionfali. Due anni dopo Napoleone I lo nominava Arcivescovo di Parigi ed il Maury chiese al papa la ratifica di tale
nomina. Ma Pio VII, che intanto, per essersi rifiutato di applicare il « blocco continentale » ordinato da Napoleone contro le
navi inglesi, era stato deportato dall'imperatore francese a Fontainebleau, non solo rifiutò l'istituzione canonica al card. Maury
ma il 10 novembre 1810 gli toglieva «ogni potere ed ogni giurisdizione ». Nessuna delle due lettere, intercettate dalla polizia
imperiale, giunse a destinazione, né d'altro canto il Maury mai
prese il titolo di arcivescovo ma solo quello di Vicario Capitolare
di Parisn.
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Tuttavia non lo si può scusare di essersi prestato alle pretese tiranniche di Napoleone e di aver favorito (lui, vescovo e cardinale) la violazione dei diritti della Chiesa da parte dell'ambizioso imperatore.
Anche stando a Parigi, il Maury non dimenticò Montefiascone: mandò numerosi libri alla Biblioteca del Seminario e per sua
intercessione non furono confiscati nella nostra diocesi i beni del
clero, compresi quelli del Seminario, i cui alunni vennero anche
esentati dal servizio militare.
Tramontata la stella di Napoleone I, sconfitto nella battaglia
di Lipsia (ottobre 1813) e costretto ad abdicare, il Maury lasciò
Parigi il 17 maggio 1814, pensando di ritornare a Montefiascone.
Ma alle porte della nostra città gli fu consegnata una lettera del
papa che lo sospendeva dalla sua giurisdizione episcopale. Il cardinale proseguiva per Roma, dove in un primo tempo fu tenuto
in disparte e messo sotto inchiesta; quindi, dopo la fuga di Napoleone dall'isola d'Elba, fu arrestato e rinchiuso in Castel S.
Angelo sotto l'accusa di malgoverno nell'amministrazione della
sua diocesi, di disobbedienza al papa e di servilismo verso Napoleone. Rimase in prigione per tre mesi e mezzo; poi il card.
Consalvi, suo amico, lo fece liberare e traslocare nel convento
di S. Silvestro dove il Maury si mise a scrivere in sua difesa le sue
Memoires. Per alcuni mesi rimase ostinato nelle sue «invincibili
ragioni », poi finalmente il 24 marzo 1816, seguendo il consiglio
del card. Consalvi, decise di dare le dimissioni dalla sua cattedra episcopale di Montefiascone e Corneto: dopo di ciò si riconciliò con il papa, fu nominato membro della Sacra Congregazione
dei Vescovi e dei Regolari, riprese il suo posto di cardinale. Ma
ormai, provato da tante avversità e sfinito dalla malattia contratta in carcere (Io scorbuto), era prossimo alla fine: questa giunse
l'I 1 maggio 1817. Il suo corpo fu sepolto nella Chiesa di S. Maria in Vallicella, presso l'altare maggiore.
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CAPITOLO XI
L'AMPLIAMENTO DEL SEMINARIO
L'ULTIMO VESCOVO PORPORATO
Il presule incaricato di sostituire il card. Maury, sospeso da
ogni esercizio di giurisdizione episcopale sulle diocesi riunite di
Montefiascone e Corneto, fu scelto dal Papa Pio VII nella persona del vescovo di Cervia, BONAVENTURA GAZOLA, che nominato Amministratore apostolico delle suddette diocesi partì subito alla volta di Montefiascone.
Nato a Piacenza nel 1744, era stato per più di tre anni Commissario Generale dei Minori Osservanti riformati. Giunto a Mon-
Bonaventura
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Gazola
tefiascone, prese subito a cuore il Seminario-Collegio Barbarigo,
cercando di riportarlo all'antico splendore. Dopo aver ricostituito il corpo direttivo ed insegnante, ripristinata l'antica disciplina e riassestata la situazione finanziaria, ingrandì l'edificio
ormai inadeguato ad accogliere tanti giovani, innalzando una nuo-
Giuseppe
Maria
Velzi
va ala di fabbricato, per la quale spese 12.000 scudi di sua proprietà. Per tutto ciò ebbe il titolo di « secondo fondatore» del
Seminario, mentre una lapide commemorativa f u posta sulla
facciata del nuovo edificio.
Dopo la rinuncia del card. Maury alla giurisdizione della diocesi falisco-cornetana (24 marzo 1816), il clero e la cittadinanza di
Montefiascone e della diocesi chiesero al papa di nominare mons.
Gazola vescovo di questa diocesi e Pio VII, poiché il presule
rifiutava tale nomina, lo obbligava il 20 febbraio 1820 ad assumere il Vescovado di Montefiascone e Corneto. Fatto cardinale
da Leone XII il 3 maggio 1824, il Gazola usò il suo ascendente
per assicurare la posizione economica del Seminario e per portarlo a maggior splendore e gloria.
Morì a Montefiascone il 29 gennaio 1832 all'età di 87 anni,
lasciando la sua pianeta cardinalizia, la croce pettorale e i due
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anelli al Convento dei Minori riformati della Madonna di Campagna di Piacenza, a testimonianza del suo perenne affetto per il
suo Ordine francescano.
Ben poche notizie abbiamo del vescovo successivo, GIUSEPPE MARIA VELZI, nato a Como il 15 marzo 1768. Appartenente
all'ordine dei Domenicani, nel 1826 fu nominato dal papa Leone
XII Maestro del Palazzo Apostolico. Creato cardinale da Gregorio XVI il 2 aprile 1832, fu inviato a reggere il governo della diocesi falisco-cornetana, dove rimase circa quattro anni, segnalandosi per la dottrina e la saggezza. Morì il 23 novembre 1936, a 70
anni di età, e f u sepolto, secondo la sua volontà, nella Chiesa di
S. Maria della Quercia a Viterbo.
Del vescovo seguente, GABRIELE FERRETTI, anconitano,
c'e da dire ben poco. Era ambasciatore del papa a Napoli presso Ferdinando II, re delle Due Sicilie, quando fu designato Vescovo della nostra diocesi il 19 maggio 1837. Rimase ancora a Napoli, dove era intanto scoppiata una pestilenza, per portare soccorso agli appestati: nel f r a t t e m p o fu trasferito alla diocesi di
Fermo e perciò non venne mai a Montefiascone.
J.? nostra diocesi rimase senza vescovo sino al 15 febbraio
183? quando dal papa Gregorio XV fu nominato vescovo il card.
FILIPPO DE ANGELIS. Nativo di Ascoli Piceno, era stato prima
Filippo De Angelis
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Legato a Forlì e quindi per nove anni ambasciatore del pontefice in Svizzera. Venuto a Montefiascone, egli si adoperò anzitutto a ripristinare nell'antico decoro e nella primitiva floridezza
il Seminario Barbarigo: ne risollevò la situazione finanziaria,
consolidò la disciplina, istituì tre nuove cattedre, e precisamente
quelle di Storia ecclesiastica, di Eloquenza sacra e di Liturgia.
Riparò e abbellì a sue spese il Palazzo episcopale e la Curia. Il 29
settembre 1840 accolse affettuosamente il card. Macchi, nativo
di Capodimonte ed ex-alunno del Seminario ed in quel tempo Legato Pontificio a Bologna, venuto per porre la prima pietra della
facciata e delle torri campanarie della Basilica Cattedrale, che aveva stabilito di far costruire a sue spese. Il 2 ottobre dell'anno
successivo accolse nel suo palazzo il papa Gregorio XVI, venuto
a visitare la nostra città: in tale occasione fu eseguita una sagra
dell'Est! Est!! Est!!!, il vino tipico locale. Nel 1842 il De Angelis
fu purtroppo trasferito a Fermo e rimase così interrotta la sua
benefica opera a vantaggio della diocesi falisco-cornetana.
Gli successe il nobile NICOLA MATTEI, di Pergola, qui tra-
Nicola
Parracciani-Clarelli
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sferito dal vescovado di Camerino: nominato il 26 gennaio 1842,
entrava in Montefiascone il 19 marzo dello stesso anno. Ma ormai vecchio (aveva 72 anni), moriva il 23 ottobre dell'anno seguente 1843 nel paesello di Latera, mentre vi compiva la visita
pastorale.
Il 24 gennaio 1844 saliva sulla nostra cattedra episcopale il
card. NICOLA PARRACCIANI-CLARELLI, di nobile famiglia reatina, che era stato precedentemente Canonico vaticano e Pro-legato a Bologna. Più volte egli visitò la diocesi per controllare la
fede ed i costumi del suo popolo, seguì con particolare attenzione l'attività del Seminario, fece stampare un libretto di sagge
regole di vita per i sacerdoti, inviò i Passionisti a tenere sacre
missioni nei vari paesi della diocesi, soccorse i poveri e gli ammalati. Sotto di lui avvenne il distacco della diocesi di Montefiascone da quella di Corneto, dopo 518 anni di vita comune. Ne
soffrì grandemente il Seminario che si vide come smembrato e
perse parecchi elementi. Il card. Clarelli comprese che, per tale
disposizione pontificia da lui provocata, non poteva più rimanere a Montefiascone e si ritirò in Roma, dove ebbe altri onori
e cariche: morì il 20 giugno 1873.
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CAPITOLO
XII
IL PAPA PIO IX A MONTEFIASCONE
LA DECORAZIONE DELLA CATTEDRALE
LA «GEMMA DEI VESCOVI »
Dopo la partenza del card. Parracciani Clarelli, nessun vescovo di Montefiascone rivestì la porpora cardinalizia.
Il 50° presule della nostra diocesi fu LUIGI JONA, nato a
Trevi, villaggio del Lazio. Dopo aver studiato nel Seminario di
Luigi Jona
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Subiaco, distinguendosi per l'ingegno e la buona volontà, si trasferì a Roma, ove conseguì la laurea in sacra teologia e in diritto
civile ed ecclesiastico. Dopo essere stato vicario della diocesi
di Palestrina, fu nominato da Pio IX vescovo della diocesi falisca
nel 1854. Durante il suo episcopato fu caro a tutti, avverso a nessuno, generoso con i bisognosi, particolarmente dedito alla cura
del Seminario.
Il 3 settembre 1857 accolse nel suo palazzo il papa Pio IX
che era venuto a visitare Montefiascone. In tale occasione gli amministratori della Città fecero ricostruire la porta prossima alla
Piazza Centrale e la dedicarono al pontefice, chiamandola Porta
Pia.
Il vescovo Jona morì improvvisamente il 30 novembre 1863:
il suo funerale fu accompagnato dalla lode e dalle lagrime di tutti i cittadini, memori della sua affabilità.
A successore del vescovo Jona fu chiamato dal papa Pio IX
nel 1863, in qualità di Amministratore apostolico PAOLO ALESSANDRO SPOGLIA, di Priverno, vescovo di Ripa Transone (Asco-
Paolo Alessandro Spoglia
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li Piceno). La figura di questo Presule dà adito a molte perplessità per il suo carattere piuttosto complicato: autoritario, e pertanto poco simpatico a certuni, ma di animo molto generoso.
Nel 1865 volle introdurre nel Seminario come direttori e docenti i Gesuiti, nonostante il parere contrario del Capitolo della
Cattedrale che si richiamava al disposto del card. Barbarigo, che
aveva proibito espressamente di assumere come professori del
Seminario persone appartenenti a qualsiasi Ordine religioso. E
quando i giovani seminaristi nel 1866 si ribellarono ai nuovi metodi educativi e disciplinari, alcuni di essi furono da mons. Spoglia inesorabilmente licenziati per sempre dal Seminario. Accortosi della sua eccessiva severità, il Vescovo Amministratore
cercò di riparare, facendo al Seminario due doni: uno splendido
harmonium ed un completo Gabinetto di Fisica.
Pio IX comprese che mons. Spoglia non era più la persona
adatta per la diocesi di Montefiascone e perciò lo invitò a lasciarla. Il presule, partito alla fine di febbraio del 1867, si recò
a Comacchio, essendo stato nominato vescovo di tale diocesi.
Alla sua morte lasciò erede universale il Decano della noslra Cattedrale, mons. Pietro Federici, perché il nostro tempio
principale fosse ornato di pitture e di statue. Il Decano eseguì la
volontà del defunto, affidando l'ornamento della Chiesa di Santa
Margherita al pittore e scultore Luigi Fontana. A memoria di ciò
resta una lapide nell'atrio del tempio e un'iscrizione latina a grosse iettere sull'alto della cupola, alla base della lanterna ,che tradotta dice così: «Alessandro Spoglia, di Priverno, Amministratore Apostolico - anno 1890».
Da quel che era avvenuto con il Vescovo Spoglia, il papa Pio
IX capì che era necessario per la diocesi falisca un uomo prudente che pacificasse gli animi e provvedesse al decoro del Seminario; mandò per questo a Montefiascone mons. GIUSEPPE MARIA BOVIERI, già Nunzio in Svizzera. Creato vescovo della nos t r i diocesi l'8 marzo 1867, egli entrava nella nostra città il successivo 22 aprile. Vedendo che non si poteva trovare un accordo
tra i Padri Gesuiti, direttori e docenti del Seminario, ed i canonici della Cattedrale, si disponeva a licenziare i Gesuiti, quando
1 11 settembre 1870 entrava a Montefiascone, al comando del generale Nino Bixio, un reparto dell'esercito italiano, che marciava
ver.se> Roma: poche ore prima i Gesuiti abbandonavano Montefiascone per ritornare a Roma.
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Il vescovo Bovieri cercò invano di impedire l'incameramento
dei beni del Seminario da parte dello Stato italiano, dopo la presa di Roma (20 settembre 1870): così finiva miseramente il Collegio Barbarigo, annesso al Seminario.
Il vescovo visitò tutti i paesi della diocesi, lasciando dovun-
Giuseppe
Maria
Bovferi
que l'esempio della sua virtù; fu caro a tutti ma specialmente ai
poveri, che aiutava non soltanto in pubblico, ma soprattutto di
nascosto. Morì il 22 aprile 1873, a 70 anni esatti, essendo nato a
Falvaterra (Frosinone) lo stesso giorno e mese del 1800; il suo
episcopato era durato sei anni precisi. Fu sepolto nella Chiesa
della Madonna del Riposo.
Gli successe CONCETTO FOCACCETTI, nato a Rapagnano
(Ascoli Piceno) l'8 dicembre 1814. Uomo dotto, pio e benefico,
rimase a Montefiascone cinque anni, finché nel luglio 1878 fu trafserito alla sede vescovile di Acquapendente.
Prese il suo posto LUIGI ROTELLI che nei quattro anni di
permanenza a Montefiascone fece restaurare il Seminario ed ottenne dal Ministero della Pubblica Istruzione la facoltà per il
Seminario di aprire legalmente al pubblico le sue scuole ginna-
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siali. Lasciò Montefiascone il 22 dicembre 1882, essendo stato nominato dal papa Leone XIII Delegato apostolico a Costantinopoli
per gli affari orientali. In seguito fu nominato cardinale: morì
a Roma il 15 settembre. 1891.
Il 15 marzo 1883 saliva sulla cattedra episcolale dr Montefiascone LUCIANO GENTILUCCI, nato a Fabriano il 25 ottobre
1842. Egli governò la diocesi con costanza ed integrità, restaurò
le sostanze del Seminario, essendosi ridotto per alcuni anni a fare egli stesso da rettore e professore, si segnalò per le opere di
Luciano
Gentilucci
carità verso i poveri, collaborò con le sue elargizioni al completamento dei lavori di ornamentazione della Cattedrale di Santa
Margherita, che fu abbellita con pitture e sculture dall'insigne artista Luigi Fontana.
Trasferito il 29 novembre 1895 alle diocesi di Fabriano e Matelica, le amministrò con cura nonostante le precarie condizioni
di salute; morì il 1. ottobre 1909 tra il dolore di tutti.
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Gli successe DOMENICO RINALDI, reatino. Fu dapprima
professore di teologia morale, poi vicario della diocesi di Rieti, di
cui era allora vescovo il montefiasconese mons. Egidio Mauri, poi
divenuto cardinale. Essendosi distinto in tale incarico, fu nominato da Leone XIII vescovo della diocesi falisca (29 novembre
Domenico Rinaldi
1895). Venuto a Montefiascone il 4 marzo 1897, migliorò tanto il
decoro e la cultura del clero, la religiosità e i buoni costumi del
popolo, gli studi del Seminario e la condizione di tutta la diocesi
che fu giustamente chiamato e stimato «gemma dei vescovi». Per
sua iniziativa il 15 agosto 1906 l'immagine della Madonna venerata nel nostro Santuario delle Grazie fu ornata di una corona
d'oro per mano del card. Domenico Ferrata (di Gradoli, ex alunno
del Seminario Barbarigo, futuro Segretario di Stato di Benedetto
XV), dopo che il tempio, fatiscente per l'antichità, era stato restaurato a spese del vescovo.
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Questo fu tanto caritatevole verso i bisognosi che morì egli
stesso povero il 21 aprile 1907. Ai suoi funerali intervenne tutta la
cittadinanza, dolente per avere perduto immaturamente il suo
pastore, di cui aveva ammirato la dottrina, la bontà, la magnanimità.
Dopo 4 mesi, e precisamente l'8 agosto 1907, fu nominato Vescovo della nostra città DOMENICO MANNAIOLI che prese possesso della sua sede il 12 aprile 1908. Durante la sua permanenza
a Montefiascone, iniziò la causa per la beatificazione di L. Filippini, Fondatrice delle Scuole per le fanciulle e dell'Istituto delle
Maestre Pie. Non godendo di buone condizioni di salute, il vescovo Mannaioli, si vide costretto 1*8 agosto 1910 ad abdicare alla
sua carica. Ritornato a Roma, lavorò nelle Sacre Congregazioni
fino alla morte, che lo colse il 26 dicembre 1932.
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CAPITOLO X I I I
L'EPISCOPATO PIÙ' LUNGO - IL VESCOVO
ATTUALE
Al vesco/o GIOVANNI ROSI spetta l'episcopato più lungo
nella storia della nostra diocesi, che egli resse infatti con virtù,
saggezza e fermezza per quaranta anni (1911-1951). Nato a Crema
il 27 giugno 1872, fu elevato alla cattedra episcopale della diocesi
falisca il 19 dicembre 1910. La sua figura ieratica è impressa nel
ricordo di chi visse durante il suo vescovado.
Sembrava altero, ed era invece di una umiltà senza pari; sembrava severo, ed era invece paterno; sembrava freddo, ed aveva
invece un cuore ardente. Una sola cosa sembrava ed era effettivamente: povero. Viveva in un palazzo piuttosto mal ridotto, senza
impianto di riscaldamento, privo di comodità; vestiva in modo
dimesso; non possedeva un'automobile; durante l'ultimo periodo
della guerra (1943/44) avrebbe sofferto anche la fame, se non fosse intervenuta la carità di alcuni buoni diocesani.
Tuttavia il suo aspetto austero destava rispetto ed anche una
certa soggezione in chi si trovava alla sua presenza; e la gente lo
guardava con ammirazione, con venerazione, con timore.
Il suo lungo episcopato lasciò una traccia indelebile nella storia della diocesi falisca.
Due nuove chiese furono da lui costruite nelle nostre frazioni
più popolose: quella di S. Giuseppe nella località Mosse e quella
del Corpus Domini nella contrada Coste, perché quelle laboriose
popolazioni agricole avessero la loro chiesa parrocchiale.
Il vescovo Rosi diffuse in tutte le parrocchie della diocesi la
Azione Cattolica che considerava lo strumento più utile per promuovere l'istruzione religiosa e per mantenere il suo gregge sulla
strada della virtù e dell'onestà.
Nel 1927 indisse un Congresso Catechistico e l'anno successi-
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Mons. GIOVANNI ROSI
vo un Congresso Eucaristico diocesano, la cui solenne celebrazione conseguì notevoli risultati per la religiosità e la spiritualità
dei fedeli.
Sotto il suo episcopato Lucia Filippini, la Maestra Santa, fu
elevata alla gloria degli altari: il 13 giugno 1926 essa fu proclamata Beata dal papa Pio XI ed il 22 giugno 1930 lo stesso pontefice
la iscrisse nell'albo dei Santi. Mons. Rosi la proclamò poi Patrona
della Diocesi falisca, raccomandando alla protezione della Santa
la salvezza di Montefiascone e della diocesi tutta durante la seconda guerra mondiale.
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Passata la bufera del conflitto, il vescovo Rosi indisse una
« Peregrinatio Mariae »: la statua della Madonna, dopo aver visitato tutti i paesi della diocesi falisca tra manifestazioni di calda
devozione, fu trionfalmente portata nella chiesetta della Rocca,
dedicata alla Vergine.
Mons. Rosi curò anche molto la disciplina del clero a lui soggetto ed ebbe particolari paterne attenzioni per il Seminario, da
cui dovevano uscire giovani sacerdoti degni della loro alta missione.
'
Ormai carico di anni e di meriti, morì quasi ottantenne il 5
aprile 1951; i suoi diocesani, afflitti per la perdita del Pastore di
cui apprezzavano la santità di vita, la povertà e la cultura, lo accompagnarono in gran numero all'ultima dimora. Il suo corpo,
sepolto in un primo tempo nella Cappella del locale cimitero, è
stato successivamente trasferito nella Cripta della Cattedrale e
posto in un monumento marmoreo fatto costruire dal suo successore.
Gli succedeva nello stesso anno LUIGI BOCCADORO, che
prendeva possesso della diocesi falisca il 23 settembre 1951.
Nato a Sanremo il 24.10.1911, egli è il 59° nella serie dei vescovi di Montefiascone; è anche Vescovo delle Diocesi di Acquapendente, di Viterbo e Tuscania, di Bagnoregio.
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STORIA DEI VESCOVI DELLA DIOCESI DI MONTEFIASCONE