Indice
Pesca e Ambiente
Notiziario d’informazione
dell’Ente Tutela Pesca
del Friuli Venezia Giulia
Il presidente
Editoriale
Attività dell’Ente
pag. 4 Riflettori accesi su Polcenigo
(Ufficio stampa)
pag. 5 L’impianto ittico di Polcenigo - Scheda tecnica
(Ufficio stampa)
pag. 7 Collaborazione senza confini - Delegazione Slovena in visita all’Etp
Numero 3 - Dicembre 2006
(chiuso in redazione il 30-11-2006)
Periodico trimestrale
istituito con L.R. n° 19 del 12/05/71
(Ufficio stampa)
pag. 10 Stagione di Pesca Sportiva 2007 - Novità del Calendario
(Ufficio stampa))
le vostre migliori catture
pag. 9
Autorizz. del Trib. di Udine n° 335 del 31/05/74
Direzione e Redazione
Laboratorio Regionale di Idrobiologia
"Paolo Solimbergo" - Ariis di Rivignano (UD)
Ambiente
pag. 12 Progetto di monitoraggio del Cormorano
Mauro Cosolo
Amministrazione
via Colugna, 3 - 33100 UDINE
Tel. (centralino): 0432 551211
Fax: 0432/482474
e-mail: [email protected]
www.entetutelapesca.it
Stefano Sponza
Dipartimento di Biologia
Università di Trieste
Direttore responsabile
Loris Saldan
Presidente Ente Tutela Pesca
Redazione
Lucio Agrimi
Isidoro Barzan
Giulio Ferretti
Mauro Garzitto
Giuseppe Adriano Moro
Sergio Paradisi
Elisabetta Pizzul
Claudio Polano
Dino Spaggiari
Emilio Tibaldi
Una giornata sul fiume
pag. 15 Le acque della bassa pianura
Acqua e territorio
pag. 18 Lo storione, la cheppia (e altri pesci di rimonta)
nel bacino del Livenza
(Giulio Ferretti)
Con la collaborazione di Paolo Cè
Ufficio stampa
Alessandro Di Giusto
(terza parte)
(Giuseppe A. Moro))
Itinerari
pag. 22
La riserva naturale del Lago di Cornino
(Fulvio Genero)
Progetto grafico e impaginazione
Franco Vicario
Stampa
GraphicLinea print factory
Tiratura 35.000 copie
Distribuzione gratuita
In allegato:
Marea astronomica 2007
Canoni e Recapiti/Autorizzazioni - Stagione di Pesca 2007
Spedizione in A.P. - 70% - D.C.B. "UD"
Riproduzione vietata
Diritti riservati
In copertina:
l’Impianto Ittico di Polcenigo
(foto Franco Vicario)
Il presidente
G
li antichi romani erano soliti affermare che “il tempo
fugge”. Il 2006 volge ormai al termine ed è già tempo di
bilanci. L’anno che sta per concludersi, per lo meno dal
punto di vista climatico, ha creato difficoltà maggiori, se
possibile, di quelle registrate dall’infuocata estate del 2003.
La prolungata siccità estiva e il forte calo di precipitazioni
autunnali (ancora in corso mentre scrivo) sta mettendo a
dura prova i corsi d’acqua della nostra regione, compresa
la roggia Cusana che dovrebbe fornire l’acqua all’impianto di Flambro e che, invece, è completamente asciutta. Questa situazione costringe l’Etp al ricorso massiccio all’acqua di pozzo con inevitabili, notevoli esborsi economici.
Ciò nonostante, e grazie all’assiduo lavoro del personale
operante negli impianti, le quantità di materiale ittico prodotte sono rimaste invariate.
Nel rileggere idealmente l’editoriale scritto per l’ultimo
numero del 2005 e i propositi allora espressi, posso dire
che i risultati raggiunti sono sicuramente buoni. La progettazione dei nuovi interventi nell’impianto di Flambro è
in corso e i lavori saranno appaltati nella prossima primavera. L’impianto di Polcenigo, in fase di acquisizione, è
già in funzione e garantirà maggiore tranquillità in termini
di produzione e di capacità operativa. Le potenzialità di
quest’allevamento sono notevoli dal punto di vista della qualità del materiale e della sperimentazione sulle tecniche di
accrescimento. Si tratta di presupposti indispensabili per
la riuscita dei progetti dedicati alla trota marmorata e al
temolo, gli stessi che rappresentano due degli obiettivi
prioritari del mio mandato.
Prosegue anche l’impegno sul versante della didattica e
della divulgazione. Il progetto di coinvolgimento degli istituti scolastici regionali, avviato nei primi giorni di settembre, sta ricevendo le prime adesioni. Si tratta di una proposta innovativa che auspico sia valutata come un’occasione
da non perdere per far conoscere meglio il nostro ambiente
alle giovani generazioni. Sempre per favorire una maggiore conoscenza dell’ecosistema proseguono i lavori di ripristino ambientale dell’aria adiacente il Laboratorio regionale di idrobiologia di Ariis di Rivignano, la cui inaugurazione è prevista nella primavera del 2007.
Mentre scrivo, il Consiglio direttivo sta lavorando al nuovo regolamento della Vigilanza, destinato a diventare una
pietra miliare per il lavoro di tanti volontari. Il nuovo Calendario di pesca è stato approvato senza imprevisti e potrete conoscere in dettaglio le novità nell’articolo appositamente dedicato all’argomento in questo numero. Sono
già stati licenziati anche il Documento di programmazione
economica e il Programma semine per il 2007.
Tutto quanto affermato finora dimostra come la pesca
sportiva vada ben oltre la semplicistica definizione di hobby e sia ormai diventata un’attività complessa di gestione e
salvaguardia del patrimonio ittico e degli ambienti
acquatici, la stessa che si traduce nell’oculata gestione di
una risorsa tanto preziosa e caratterizzante per il nostro
territorio.
Colgo l’occasione per compiere una piccola riflessione
sulle non certo inedite lamentazioni relative alla scarsità di
pesce. A causa dell’incontrollato ricorso al pronto-pesca,
in voga a cavallo degli Anni ’60 e ’70, una parte dei pescatori si è abituata a catture facili, tanto da convincersi che si
può pescare soltanto quando si rilascia pesce allevato artificialmente dopo che ha raggiunto la taglia minima. Per
fortuna non è così: il pronto-pesca resta sicuramente un’opzione possibile in ambienti molto degradati o artificiali. È
tuttavia vero che, pur con i compromessi imposti dall’elevata pressione antropica sui nostri corsi d’acqua, favorire
la riproduzione naturale delle specie ittiche resta un obiettivo strategico. In alternativa bisogna fare ricorso a tecniche di allevamento ed immissione capaci di garantire un’elevata selvaticità del pesce, metodo che l’Etp cerca da tempo
di applicare.
Detto questo non mi resta che augurare a tutti voi, anche
a nome del Consiglio Direttivo e di tutto il personale
dell’Etp, i più fervidi auguri di Buon Natale e di un sereno e
prospero Anno Nuovo.
Loris Saldan
Pesca e Ambiente 3
Attività dell’Ente
Riflettori accesi su Polcenigo
I vertici della Regione visitano il nuovo impianto
e fanno i complimenti all’Ente Tutela Pesca
Il nuovo impianto di Polcenigo conferma fin dagli esordi la sua importanza strategica, non soltanto in termini
di qualità e quantità della produzione,
ma anche per l’indubbia ricaduta positiva sull’immagine dell’Etp. La struttura recentemente acquisita dall’ente
ha suscitato infatti notevole interesse
nel vicepresidente della Giunta regionale Gianfranco Moretton e nell’assessore all’Agricoltura caccia e pesca
Enzo Marsilio che lo hanno visitato lo
scorso 13 novembre. Accompagnati
dai vertici dell’Etp, alla presenza dei
rappresentanti delle Organizzazioni di
pesca regionali e delle associazioni di
pesca sportiva del Pordenonese, i due
esponenti dell’esecutivo guidati da
Gian Maria Sigalotti, che da anni si
occupa delle tecniche di allevamento
e accrescimento per conto dell’Etp,
hanno potuto visitare il complesso ed
ammirare da vicino alcuni esemplari
selezionati per la riproduzione di trota
marmorata sulla quale si impernia uno
dei progetti di salvaguardia e ripopo4 Pesca e Ambiente
lamento più importanti tra quelli curati negli ultimi anni dall’Etp. Oltre alle
massime autorità di Polcenigo, tra cui
il sindaco Carlo Toppani, il suo vice
Lino Angelo Perut e l’assessore all’agricoltura Mauro Quaia, erano almeno 130 le persone presenti, provenienti da tutta la regione, segno del grande
interesse suscitato dall’avvento della
nuova struttura.
Moretton si è dichiarato particolarmente soddisfatto per l’attività svolta
dall’Etp, tanto che con una battuta ha
ricordato come le ipotesi di una soppressione dell’ente, ventilate in passato, siano state decisamente accantonate. Il responsabile dell’assessorato regionale all’Ambiente ha quindi spiegato che per l’esperienza e le capacità
acquisite l’Etp rappresenta in materia
di protezione ambientale un interlocutore importante della Protezione civile
che spesso è impegnata negli interventi
di messa in sicurezza dei corsi d’ac-
qua. Nella legge finanziaria in corso d’elaborazione, ha poi
spiegato l’assessore, si terrà in debito conto delle richieste
e delle esigenze operative espresse dall’ente. Molto apprezzato dai vertici regionali anche l’impegno sulla didattica e
la divulgazione, basata ora su numerose iniziative editoriali
e pubbliche, sul lavoro dell’acquario di Ariis e, in futuro,
anche sugli spazi che saranno appositamente realizzati negli impianti di allevamento più importanti.
Da parte sua l’assessore Enzo Marsilio, nel condividere
le valutazioni positive sul lavoro della struttura, ha ribadito
l’attenzione dell’esecutivo per il lavoro dell’Etp e lo ha esortato a proseguire l’importante collaborazione avviata con i
troticoltori, che rappresentano un settore economico particolarmente importante per la nostra regione.
La visita è dunque riuscita nel migliore dei modi e il presidente Saldan nel ricevere i molti complimenti ne ha approfittato per rilanciare: “L’Etp sta dimostrando un’evidente capacità nel lavorare con metodiche d’alto livello. Ora
l’obbiettivo primario è quello di avviare il Progetto di salvaguardia del temolo. La nuova iniziativa sarà imperniata
proprio sulla struttura di Polcenigo che, per estensione e
capacità, è certamente il più grande tra quelli gestiti dall’Etp,
tanto che le sue potenzialità sono circa doppie rispetto a
Flambro. Sono convinto - ha poi sottolineato Saldan - che il
nuovo allevamento rappresenti una sorta di riconoscimento
alle migliaia di appassionati presenti nel Pordenonese, un
territorio dove le strutture dell’Etp erano assenti fin dagli
Anni ’70, allorché fu abbandonato un progetto per la realizzazione di un nuovo impianto a Zoppola”. L’ultimo accenno Saldan lo ha riservato alle potenzialità dell’allevamento di Polcenigo nel settore della divulgazione: “La nuova
struttura potrà beneficiare della vicinanza del parco di San
Floriano, col quale potranno essere avviate importanti
sinergie”.
L’appuntamento a Polcenigo si è concluso nella sala
consiliare del locale municipio, con la presentazione del libro di Giorgio De Luise dedicato al gambero d’acqua dolce, edito dall’Etp nell’ambito della sua intensa attività divulgativa.
L’impianto ittico di Polcenigo
Ottime acque e un rischio idrogeologico
azzerato per garantire produzioni di qualità
L’acquisizione dell’impianto di Polcenigo apre nuove
prospettive nella produzione della marmorata, ma soprattutto annuncia l’avvio del Progetto di salvaguardia
del temolo destinato a diventare strategico nei prossimi anni per garantire la presenza nei nostri fiumi di una
specie in forte difficoltà.
L’allevamento che sarà acquistato per la cifra di un
milione e 100 mila euro non appena gli uffici regionali
avranno completato il necessario iter burocratico è di
proprietà dell’Azienda Agricola “Caio” e dal 27 settembre 2006 è gestito direttamente dall’Ente tutela pesca
con un contratto di affitto. La sua costruzione risale
all’inizio degli anni ‘60 (1962-1963), ma nel 1982 ha
subìto una radicale ristrutturazione e riqualificazione.
Considerati i particolari fini istituzionali dell’Etp, l’impianto ittico un tempo dedicato alla produzione di trota
iridea sarà dedicato all’allevamento della trota fario,
della trota marmorata e del temolo con lo scopo esclusivo del ripopolamento delle acque pubbliche.
L’impianto sorge in un contesto ambientale di notevole pregio e può contare su acque di risorgiva di elevata qualità essendo alimentato da due opere di presa: in
Pesca e Ambiente 5
quella principale confluisce l’acqua
del rio Molle, un corso d’acqua che
sorge circa 800 metri più a monte
del complesso ed è alimentato da numerose olle di risorgiva esistenti lungo il suo corso e nel pressi dell’impianto stesso all’interno di una vegetazione che assume le caratteristiche di una boscaglia igrofila. Nel
rio Molle non è registrata presenza
di specie ittiche sensibili alla Vhs e
alla Ihn.
L’opera di presa principale sul rio Molle
La seconda presa, più piccola, raccoglie l’acqua di un’olla di risorgiva
che sgorga nel pressi dell’allevamento. Le acque, di ottima qualità e con
una temperatura ideale, sono difficilmente inquinabili perché
recintate e fanno parte del bacino
idrico dell’Alto Livenza.
La seconda fonte di alimentazione
utilizza l’acqua di una vicina risorgiva
convogliandola in una vasca
6 Pesca e Ambiente
Superate le opere di presa, il rio
Molle scorre a fianco dell’allevamento e raccoglie le acque di scarico
dello stesso prima di confluire nel
fiume Livenza.
L’alimentazione primaria è indirizzata, nei periodi in uso, all’avannotteria, poi alle vasche di carico; da
queste l’acqua passa al primo blocco composto da 19 vasche. Queste
strutture sono separate da setti in
blocchi di calcestruzzo, materiale
usato anche per il fondo delle prime
cinque, mentre le altre sono in
ghiaione.
Un secondo blocco di 4 vasche è
alimentato sia dal blocco 1 e dai suoi
canali di testa e di emergenza, che
direttamente dalla sorgente secondaria. Altre due vasche di carico collegate da by pass a fondo naturale
completano l’impianto.
A poca distanza dalle vasche sorgono l’avannotteria, un deposito, un
ripostiglio, dove si trova anche un gruppo elettrogeno di soccorso,e infine
un’abitazione dedicata al custode.
Dopo aver percorso l’impianto,
l’acqua è convogliata in un bacino
di decantazione che si estende per
580,59 metri quadrati.
L’impianto è provvisto anche di altri tre scarichi di emergenza; l’acqua proveniente da questi scarichi
assieme a quella derivante dallo scarico principale viene quindi convogliata nel rio Molle.
Il dislivello tra l’impianto di scarico e il sottostante rio Molle,
unitamente alle griglie di protezione poste a livello dello scarico, impediscono la risalita dei pesci selvatici potenzialmente infetti.
Per quanto concerne le misure di
profilassi, allo scopo di ridurre il rischio d’introduzione di malattie infettive, è stato predisposto ed attuato un piano particolarmente articolato:
• vuoto sanitario annuale per singoli
comparti, vasche con disinfezione
“solare” e mediante aspersione di
calce spenta della durata di almeno 30 giorni. L’ultimo vuoto sanitario, comprensivo di tutte le vasche dell’allevamento, è stato attuato a partire dal 21 agosto 2006;
• l’impianto è dotato di reti di protezione nei confronti di uccelli
ittiofagi estese su tutta l’area di
allevamento;
• tutta l’area su cui sorge l’impianto
è recintata e controllabile dal responsabile dell’allevamento;
• il personale e i visitatori usano sempre calzari monouso e qualsiasi
prelievo di acqua, pesci o mangime sarà effettuato utilizzando
guanti monouso;
• tutte le attività connesse al trasporto del materiale ittico sia in
entrata che in uscita dall’allevamento vengono operate previa
pulizia e disinfezione degli automezzi in un’area apposita, adeguatamente separata dall’allevamento;
• le attrezzature e le macchine utilizzate saranno d’uso esclusivo dell’impianto. Periodicamente saranno pulite e disinfettate;
• sarà attuato un programma di
derattizzazione con particolare attenzione all’area in cui sono poste le vasche.
Anche per quanto concerne il rischio idrogeologico, purtroppo ben
noto all’Etp dopo il disastro che ha
colpito la struttura di Moggio
Udinese, quest’impianto di allevamento si presenta con le migliori
credenziali: va sottolineato, infatti, che non si è mai verificato, anche in virtù della particolare conformazione del sito d’allevamento e
della rete idrica, nemmeno in presenza di eventi atmosferici eccezionali, alcun fenomeno di esondazione.
Scheda tecnica a cura dell’U.S.
Collaborazione senza confini
Sempre più stretta la collaborazione con gli amici sloveni
per la gestione dei corsi d’acqua
P
rosegue e si rafforza il clima di collaborazione e scambio tra L’Ente tutela
pesca del Friuli Venezia Giulia e la Slovenia. Una delegazione slovena ad alto
livello, ha visitato il 12 agosto, gli impianti e le strutture dell’Ente tutela pesca
del Friuli Venezia Giulia. Jerse Borut, presidente dell’Associazione dei pescatori della Slovenia e Lucijan Rejec, presidente dell’Associazione dei Club di pesca
del litorale, oltre che presidente del Club di pesca di Tolmino, accompagnati da
numerosi responsabili dei vari Club di pesca operanti in prossimità del confine
italo-sloveno, si sono confrontati con i vertici e gli esperti dell’Etp sulle tecniche
di gestione delle acque e sui progetti di salvaguardia in corso, primo fra tutti
quello sulla trota marmorata, per il quale la nostra regione vanta ormai a livello
europeo un’esperienza e risultati di sicuro spessore.
La visita è cominciata nella sede dell’Etp di Udine, dove il presidente Loris
Saldan affiancato per l’occasione dal direttore Isidoro Barzan e da alcuni membri del Consiglio direttivo ha ricevuto gli ospiti spiegando brevemente l’attività
dell’Ente. Proprio in tale occasione Saldan ha sottolineato che la collaborazione
tra la Slovenia e il Friuli Venezia Giulia, cominciata negli Anni ’90 in materia di
gestione delle risorse ittiche e dei corsi d’acqua, è destinata a proseguire ed anzi
a rafforzarsi.
Pesca e Ambiente 7
Dopo il dono di pubblicazioni
dell’Etp ai componenti della delegazione ci si è spostati verso il grande impianto di allevamento ittico di Moggio
Udinese in località Grauzaria, nel quale
prosegue il Progetto marmorata. La
struttura, sottoposta a un esteso lavoro
di ristrutturazione e recupero dopo l’alluvione che nel 2003 ha devastato la
Val Aupa, si è presentata nel migliore
dei modi grazie anche all’elevata qualità del materiale ittico allevato. Le tecniche impiegate nell’allevamento della marmorata sono state illustrate agli
ospiti, apparsi in più occasioni visibilmente ammirati, da Gian Maria
Sigalotti.
Dopo la pausa pranzo sulle rive dello
Stella, la delegazione si è spostata alla
volta del Laboratorio di idrobiologia e
dell’acquario permanente di specie
d’acqua dolce ad Ariis di Rivignano
dove il biologo dell’Etp Giuseppe
Adriano Moro ha illustrato quali sono
i progetti di ripopolamento in corso
spiegando al contempo le peculiari caratteristiche del reticolo idrografico
regionale.
“L’incontro - ha sottolineato il presidente Saldan - al quale ha partecipato
anche il rinnovato Consiglio direttivo
serve a dare nuovo impulso al rapporto di amicizia e collaborazione scientifica che prosegue da oltre un decennio, nato col progetto marmorata e proseguito di recente con il progetto sul
8 Pesca e Ambiente
temolo. Sulla base delle rispettive esperienze maturate è stato perciò deciso
di intensificare gli scambi. Attualmente l’Ente, dopo i successi raccolti con
la marmorata punta con decisione alla
salvaguardia del temolo. Proprio su
quest’ultima specie saranno intensificati gli scambi di informazioni con i
vicini sloveni, ai quali l’Etp metterà a
disposizione i dati degli studi già compiuti e quelli ancora in corso”. Durante l’incontro si è anche discusso della
delicata situazione del fiume Isonzo, a
seguito degli improvvisi rilasci dei bacini idroelettrici d’oltre confine. L’Etp
ha sollecitato la Regione affinché chieda l’intervento del Ministero degli
Esteri per un’azione nei confronti delle autorità slovene, trovando in questo
il convinto sostegno dei pescatori
sloveni che invocano un’azione concordata dei due Stati.
Molto positivi i commenti della delegazione slovena che, per bocca di
Lucijan Rejec, oltre a esprimere il proprio apprezzamento per l’elevato
standard qualitativo dei progetti di
ripopolamento e delle strutture gestiti
dall’Etp ha avanzato la proposta di
avviare nuove iniziative comuni sotto
l’egida dei progetti Interreg.
L’incontro si è concluso con l’invito
formale ai vertici dell’Etp per una visita in Slovenia.
le vostre migliori catture
Patrick Bradaschia e il fratellino Nicholas
Cervignano del Friuli
(entrambe in possesso di Licenza di Pesca Speciale)
Carpa regina 3 kg (stimati) - rilasciata
Canale Amosor - Aprilia Marittima
Aurelio (Neri) Tosoni
Trota marmorata 2 kg - 57 cm
Val d’Arzino (S. Francesco di Vito d’Asio)
Silvano Gallai
Udine
Cefalo (volpina) 4,5 kg - 73 cm
luglio 2006
Corno - Porto Nogaro
Luca Mian
Muzzana del Turgnano
Trota fario 2, 3 kg - 55 cm
agosto 2006
Fiume Torsa - Pocenia
Pesca e Ambiente 9
Attività dell’Ente
Stagione di Pesca Sportiva 2007
Novità del Calendario
Arriva il nuovo permesso per i turisti amanti dei fiumi regionali
M
olti fiumi del Friuli Venezia
Giulia, per bellezza e conservazione, sono da sempre considerati motivo di richiamo per un turismo di
qualità.
È sulla base di questa considerazione che il nuovo regolamento di
pesca del 2007, appena approvato
dal Consiglio Direttivo dell’E.T.P., introduce il nuovo Regime Particolare
di pesca n. 6, espressamente dedicato al turista che pernotti in strutture alberghiere presenti in alcuni
Comuni della nostra Regione e che
desideri praticare la propria passione.
Il nuovo regime sarà realizzato nel
Collegio 6 di Spilimbergo sul fiume
Meduna, nel Collegio 9 di Tolmezzo
sul torrente Degano e nel Collegio
13 di Cividale sul fiume Natisone e
permetterà all’appassionato di ottenere un permesso giornaliero di
pesca del costo di 20,62 Euro che
darà diritto alla cattura di non più
di due esemplari, utilizzando esclusivamente esche artificiali senza
ardiglione.
I pescatori del Friuli Venezia Giulia
10 Pesca e Ambiente
in possesso di licenza E.T.P. valida
possono esercitare la pesca negli RP
6 previo pagamento del relativo canone aggiuntivo.
Molte le novità introdotte nel nuovo calendario nell’ottica di una più
attenta salvaguardia delle acque e
dei loro abitatori, anche se è stata
confermata l’impostazione generale adottata nel 2006, dove la principale innovazione aveva riguardato
l’estensione del periodo di pesca nei
soli canali artificiali soggetti ad
asciutta.
Per quanto concerne le misure e
quantità ammesse è stato introdotto un nuovo limite massimo di cinque chilogrammi per la cattura di
spigole e di orate, misura già vigente per i cefali e le passere.
Proprio le specie eurialine di rimonta, quelle che dal mare risalgono le foci dei corsi d’acqua dolce,
sono oggetto di particolare attenzione: per consentire l’elaborazione di
statistiche più approfondite, dal
prossimo anno il pescatore che catturi pesci appartenenti a tali specie
dovrà aggiungere la sigla SER (specie eurialine di rimonta) sul libretto
di pesca, nello spazio già previsto
per la zona di pesca e per il relativo
collegio.
Novità anche per quanto concerne i tratti No-Kill, dove il pesce catturato viene rilasciato: finora era
possibile trattenere pesci di misura
superiore ai 60 cm. i cosiddetti trofei, mentre dal 2007 ogni esemplare
preso all’amo andrà obbligatoriamente rilasciato. Come sempre è
stata posta molta attenzione sulla
limitazone dell’impatto derivante
dall’attività di pesca e, in tal senso,
è stato confermato il divieto di immissione nelle acque pubbliche delle esche vive non utilizzate.
Le misure minime di cattura vigenti restano inalterate, con la sola eccezione del fiume Isonzo, dove è stato deciso di elevare a 50 cm. il limite per i salmonidi, in modo tale da
favorire il riequilibrio delle popolazioni ittiche, messo a dura prova
dalle difficile condizioni del corso
d’acqua.
1° caso - In data 05 maggio il pescatore inizia a pescare in zona A nel
Collegio 15 catturando in mattinata un luccio, un barbo e due
cavedani, si sposta poi in zona B
catturando, nel pomeriggio due
trote fario e alla sera (dalle 20
alle 24) una trota iridea.
2° caso - In data 12 maggio il pescatore inizia a pescare nel pomeriggio in zona B nel Collegio 10
catturando una trota fario, si sposta poi nel Collegio 12 (sempre in zona B) catturando una fario e una marmorata.
3° caso - In data 26 maggio il pescatore inizia a pescare con sistema No Kill nel Collegio 10, spostandosi poi
nel Collegio 11 trattenendo un’iridea di 60 cm.
4° caso - In data 27 maggio il pescatore si reca a pescare in zona a Regime Particolare (RP) nel Collegio 8
catturando in mattinata una trota marmorata, spostandosi poi nella zona a Regime Particolare (RP) del
Collegio 13 cattura, sempre in mattinata una trota iridea.
5° caso - In data 29 maggio il pescatore si reca in zona A nel Collegio 2 e inizia l’attività di pesca rivolta alle
specie eurialine di rimonta (cefalo, orata, passera e branzino).
Ambiente
Nel numero di dicembre 2005 del Notiziario Etp si
dava informazione dell’imminente avvio di uno studio scientifico riguardante l’incidenza del Cormorano
sulle popolazioni ittiche dei nostri fiumi.
Riportiamo ora i risultati del primo anno di ricerca.
DIREZIONE CENTRALE RISORSE AGRICOLE, NATURALI, FORESTALI
E
MONTAGNA
Servizio tutela ambienti naturali e fauna
UFFICIO STUDI FAUNISTICI
PROGETTO DI MONITORAGGIO DEL CORMORANO
(PHALACROCORA X CARBO)E CARATTERIZZAZIONE
QUANTI - QUALITATIVA DELLA DIETA NELLE ACQUE
INTERNE REGIONALI
MAURO COSOLO
E
STEFANO SPONZA
Dipartimento di Biologia – Università degli Studi di Trieste
La progressiva colonizzazione del Cormorano
(Phalacrocoraxcarbo) nelle acque interne della Regione
ha portato l’Ufficio Studi Faunistici, afferente al Servizio tutela ambienti naturali e fauna della Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna della
Regione, ad elaborare e finanziare nell’inverno 2005/
2006 il “Progetto di monitoraggio del Cormorano e caratterizzazione quanti-qualitativa della dieta nelle acque interne Regionali”.
La realizzazione del progetto è stata affidata al Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Trieste. Fino alla fine degli anni 90’, infatti, i dormitori
(roost) di Cormorano erano distribuiti solo lungo la zona
costiera del Friuli Venezia Giulia (Perco & Utmar, 1989).
Il primo roost accertato in acque interne risale al dicembre 1992 su un’isola fluviale dell’Isonzo, presso Poggio III Armata (GO). In seguito la specie ha colonizzato
altre zone interne della Regione, in particolare, nel 1993
in provincia di Udine, è stata riscontrata la presenza di
Cormorani lungo il Tagliamento nella zona di Ragogna e
nel 1997 presso un pioppeto sul Canale Banduzzi a
Torviscosa. Risale all’inverno 1998/1999 l’utilizzo dei
due dormitori sul fiume Stella, ad Ariis di Rivignano e a
Titiano di Precenicco. Lo stesso anno è stato riscontrato
l’utilizzo, come dormitorio, dei laghi di Cesena presso
Azzano Decimo (PN) (Perco et al., 2000).
L’ultimo dormitorio accertato (novembre 1999) ricade nella zona golenale del fiume Isonzo prossima al confine nord occidentale dell’Isola della Cona (Kravos, com.
pers.).
Il progetto ha visto la realizzazione di tre attività: I) il
censimento della popolazione di Cormorano, II)
l’individuazione del ciclo giornaliero di alimentazione
della specie e III) la caratterizzazione della dieta. Le
indagini hanno volto l’attenzione ai Cormorani presenti
nelle acque interne Regionali. Vengono qui presentati i
risultati delle indagini.
12 Pesca e Ambiente
Figura 1 – I quadrati indicano i 9 roost oggetto dei censimenti. I quadrati rossi indicano i siti dove è stata effettuata l’analisi dei boli e l’indagine sul comportamento di alimentazione.
I censimenti sono stati effettuati presso i 9 dormitori
attualmente utilizzati dalla specie che vengono riportati in Figura 1. Il campionamento è stato condotto, a
decadi alterne, da ottobre 2005 a marzo 2006. Per verificare la presenza del Cormorano durante i mesi primaverili ed estivi sono stati inoltre effettuati 3 censimenti
tra aprile e settembre 2006. Come si mostra in Figura 2,
nelle acque interne del Friuli Venezia Giulia le presenze
dei Cormorani sono state registrate a partire dal mese
di ottobre. Segue un aumento nel mese di novembre,
legato al progressivo arrivo dei Cormorani. Nei mesi successivi, ed in particolare dalla seconda decade di dicembre fino alla prima di marzo, la popolazione presente nell’inverno 2005/2006 si mantiene pressoché costante con circa 600 individui. Segue, nella seconda quindicina di marzo, una consistente diminuzione, dovuta alla
partenza dei Cormorani verso le zone di nidificazione
centro e nord-europee.
Figura 2 – Stagionalità della presenza di Cormorani nelle acque interne della Regione.
Parallelamente al monitoraggio si è cercato di investigare il ciclo giornaliero di alimentazione della specie. A tal fine sono state individuate 4 zone campione
lungo le principali aste fluviali e nelle vicinanze dei 4
roost più importanti a livello numerico. Da ottobre 2005
a marzo 2006, sempre a decadi alterne, queste aree
sono state monitorate per un intero ciclo di luce albatramonto. Sono stati così registrati tutti gli individui di
Cormorano in sosta ed in alimentazione, annotando inoltre gli individui in transito con le relative direzioni di
volo. Laddove possibile, è stato analizzato, mediante
videoriprese, il comportamento predatorio della specie. Anche se la spiccata diffidenza verso l’uomo da parte
della specie e le caratteristiche ecologiche dei corsi
d’acqua oggetto di studio, come ad esempio le sponde
fittamente alberate, hanno reso particolarmente difficile la realizzazione di questa parte del lavoro, questa
analisi ha comunque evidenziato l’ampia valenza del
Cormorano nell’utilizzo del territorio. Non è stato infatti possibile individuare dei tratti fluviali specifici
abitualmente utilizzati dai Cormorani per il
foraggiamento.
Come terza componente del progetto volta a caratterizzare la dieta della specie, è stata effettuata l’analisi
dei boli alimentari, ovvero dei rigurgiti contenenti i resti ossei dei pesci ingeriti dal Cormorano. Per questa
analisi sono stati considerati i 4 roost più importanti
(Fig. 1): Poggio III Armata (GO), Ragogna (UD), Ariis di
Rivignano (UD), Lago della Burida - Porcia (PN). Dall’analisi dei boli si evidenzia un prelievo molto basso, a
livello di biomassa, a carico delle Trote (Salmo trutta)
per i dormitori di Poggio III Armata ed Ariis di Rivignano.
Emergono dei valori più consistenti nei boli raccolti a
Ragogna e Porcia, rispettivamente con l’8,6% e il 20,1%.
Per quanto riguarda il prelievo di Temolo (Thymallus
thymallus), emergono delle evidenze solamente nel dormitorio di Porcia con il 10,2% (Fig. 3). Successivamente
si è cercato di incrociare le risultanze da noi ottenute
sul prelievo del Cormorano con quella che è la struttura
della comunità ittica presente nei diversi tratti fluviali
indagati. Questo per verificare eventuali forme di selezione del Cormorano verso determinate specie ittiche.
Per tale scopo sono stati utilizzati i risultati delle indagini condotte dalla Dott.ssa Elisabetta Pizzul del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Trieste, per conto dell’Ente Tutela Pesca. Nello specifico,
sono state considerate tutte le stazioni di
campionamento entro un raggio di circa 15 km dai 4
roost di Cormorano oggetto d’indagine. Dalla bibliografia
emerge, infatti, che questa è mediamente la distanza
massima raggiunta dal Cormorano dal dormitorio verso
le potenziali aree di alimentazione (WWF Italia, 2000).
Figura 3 – Biomassa (g) delle specie ittiche prelevate dal Cormorano nei 4 siti oggetto d’indagine.
Pesca e Ambiente 13
Ambiente
Dal confronto emerge che il Cormorano nell’alto
Tagliamento seleziona positivamente, a livello di frequenza, in particolare il Persico reale (Perca fluviatilis)
e il Cavedano (Leuciscus cephalus). Nell’Isonzo, invece,
seleziona il Triotto (Rutilus aula) e il Naso (Chondrostoma
nasus). In questo sito il Cavedano, registrato con presenze pari al 30% circa della popolazione ittica presente, non viene selezionato in maniera significativa da
parte del Cormorano. Questo indica che il Cormorano
preleva meno Cavedani rispetto a quanto potrebbe fare.
Proseguendo nell’analisi, nel bacino dello Stella registriamo una selezione positiva a carico di Carpa (Cyprinus
carpio), Passera (Platychthys flesus) e Cefali (fam.
Mugilidae); nel basso Livenza essa avviene a carico di
Luccio (Esox lucius) e Cavedano. Interessante notare
come in tutti e 4 i siti il Cormorano non seleziona in
maniera positiva le Trote, anzi ne preleva molto meno
rispetto alla popolazione presente nei corpi d’acqua limitrofi. Ad esempio, nell’alto Tagliamento le Trote compongono mediamente circa il 50% della popolazione ittica, ma nella dieta locale del Cormorano ne registriamo solo il 6%; nel basso Livenza è stata registrata una
presenza media di Trote pari a circa il 45%, ma solo il
12% circa nella dieta. L’indagine sui boli evidenzia, invece, nel basso Livenza un prelievo del 10% di Temolo,
specie che nei campionamenti ittici si rileva solo per il
4%. Dato che nel vicino Veneto esistono degli allevamenti di Temolo poco oltre il confine regionale e considerato il travaso di Cormorani tra il roost di Porcia e
quello di Cinto Caomaggiore (VE), riteniamo che questo
dato meriti ulteriori approfondimenti. Infine, come ultima tappa dell’elaborazione, per ciascun dormitorio abbiamo stimato la biomassa totale di pesce prelevata. I
valori ottenuti sono stati poi pesati stimando la lunghezza
totale dei corsi d’acqua presenti in un raggio di 15 km
attorno al roost. Così facendo abbiamo fornito una stima del prelievo per km di corso d’acqua, effettuato dai
Cormorani presenti mensilmente in ognuno dei 4 roost
oggetto d’indagine (Fig. 4).
Rimane che per fornire una buona indicazione sul prelievo del Cormorano nelle acque interne della Regione,
questi valori dovranno essere prima confermati nel tempo e confrontati, laddove possibile, con dei dati
quantitativi sulla componente ittica presente nei diversi tratti fluviali della nostra Regione. Infatti sarebbe di
estremo interesse pianificare ed effettuare, laddove
possibile, dei campionamenti ittici standardizzati che
definiscano a livello quantitativo la composizione della
comunità ittica dei diversi tratti fluviali. Ma questo lo si
vedrà nel prosieguo del lavoro.
Ringraziamenti
Si ringrazia l’associazione ornitologica A.St.O.R.E. FVG
per i monitoraggi ai roost, il Dott. Alberto Floreani per
il monitoraggio e le videoriprese, la Dott.ssa Nicoletta
Privileggi per l’analisi dei boli, la Dott.ssa Elisabetta
Pizzul per i dati relativi alle comunità ittiche, L’Ente
Tutela Pesca del Friuli Venezia Giulia per i dati relativi
alle semine e le altre utili informazioni fornite.
Bibliografia
Perco F. & Utmar P. 1989. Il Cormorano in Friuli Venezia
Giulia. In: Baccetti N. 1989. Lo svernamento del
Cormorano in Italia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina, 25:
23-27.
Perco F., Cassetti U. & Utmar P. 2000. Cormorani e Marangoni
(AVES; Phalacrocorocidae) in Italia e nel Friuli Venezia
Giulia. Gortania. Atti del Museo Friulano di Storia Naturale di Udine, Vol. 22.
WWF Italia 2000. Report “Integrated Management of
Wetlands”. Studio sull’avifauna ittiofaga della fascia
costiera del Friuli Venezia Giulia con particolare
riferimento alle lagune di Grado e Marano. Analisi delle
problematiche socio-economiche. A cura di: Chittaro
S., Guzzon C., Kravos K., Privileggi N., Tomasi F., Utmar
P., Verginella L. & Zucca P. Regione Autonoma Friuli
Venezia Giulia, Azienda dei Parchi e delle Foreste
Regionali, Servizio Conservazione della Natura, Udine.
Figura 4 – Stima dei chilogrammi di pesce prelevati per chilometro di corso d’acqua.
14 Pesca e Ambiente
Una giornata sul fiume
Le acque della bassa pianura
(terza parte)
Giuseppe A. Moro
Laboratorio Regionale di Idrobiologia ETP
C
on questo articolo si conclude il
viaggio attraverso i fiumi della regione e la descrizione delle attività
che vengono svolte per il monitoraggio dello stato delle comunità ittiche e dell’ambiente acquatico.
I fiumi della bassa pianura sono un
mosaico di ambienti estremamente
complesso, qualora ovviamente siano stati conservati nel loro stato primitivo. È forse in questa zona che si
possono osservare più facilmente
diverse tipologie di corsi d’acqua e
differenti gradi di naturalità dell’ambiente. Accanto ad una piccola ed
idilliaca roggia di risorgiva, immersa in una folta boschetta, si può trovare uno squallido canale di drenaggio con le pareti nettamente tagliate, che solca per chilometri una distesa di campi arati.
Lavorare nella bassa pianura, o più
semplicemente nella Bassa come si
usa dire, richiede innanzitutto una
dettagliata conoscenza del territorio. In montagna orientarsi è facile:
il torrente è in fondo alla valle. In
pianura i fiumi divengono invisibili,
nascosti dalla vegetazione.
Basta un campo di mais a fine estate per ridurre l’orizzonte ad un raggio di pochi metri ed è sufficiente
perdere un bivio nel dedalo di strade sterrate per trovarsi nel posto
sbagliato, se non addirittura su un
fiume diverso da quello desiderato.
Anche in questo caso la migliore guiFiume Stella
da è stata finora l’esperienza di chi
opera e vive sul territorio: collaboratori ittici ed agenti della vigilanza
accompagnano sempre il personale
scientifico che altrimenti, senza vergogna, ammette di essere spaesato.
Negli ultimi anni la tecnologia ci ha
fornito un’alternativa assai poco romantica alla compagnia di tanti collaboratori, che nel corso del tempo
sono diventati amici: il GPS e le
mappe. Se da un lato questo é sicuramente il futuro per quanto riguarda l’immagazzinamento dei dati ed
un ausilio notevole per orientare chi
non conosce bene una certa porzione del nostro territorio, dall’altro
lato è evidente che per trasferire
tutte le conoscenze degli uomini in
una macchina sono necessari anni.
Al momento, anche in pianura, la
fase preliminare di ogni campagna
consiste nell’individuazione dei corsi
d’acqua e dei punti in cui operare
grazie ai suggerimenti degli operatori locali. È necessario trovare con
sicurezza l’accesso ai corsi d’acqua
e soprattutto individuare dei punti
facilmente raggiungibili con mezzi
Pesca e Ambiente 15
Una giornata sul fiume
ingombranti, necessari a trasportare l’attrezzatura che in questo caso
comprende anche una barca ed un
generatore molto più pesante di
quelli utilizzati per la pesca elettrica in altre zone. La squadra si deve
muovere per lo meno con un autocarro e deve avere la possibilità di
varare il natante in un punto dove
sia facile imbarcarsi e caricare il
materiale. Non solo: il fiume deve
essere adatto al lavoro.
Le più importanti caratteristiche
dei fiumi della Bassa sono la profondità delle acque, l’ampiezza, la distribuzione delle correnti e la presenza di vegetazione sommersa. Diverse combinazioni di queste caratteristiche creano ambienti completamente differenti, abitati da organismi diversi e con una accessibilità
variabile. In un fiume molto ampio
e profondo effettuare il censimento
della fauna ittica è molto difficile e
spesso in giornate intere di lavoro si
rimane frustrati dalla scarsità dei
risultati. È ovvio che le esigenze di
gestione del patrimonio ittico richiedano una accurata conoscenza di
tutti i tratti dei fiumi regionali, ma
è altrettanto chiaro che sperare di
ottenere facilmente risultati su un
fiume largo più di venti metri e profondo più di due non è facile. In questo senso l’elemento umano rimane
di importanza fondamentale: la migliore strumentazione non serve a
nulla se a manovrarla non c’è un operatore abile.
I due elementi fondamentali della
squadra quando si opera in acque di
bassa pianura sono il barcaiolo e
l’operatore al guadino. Il barcaiolo
deve riuscire a governare il natante
in modo da procedere lentamente,
od a fermarsi, secondo le necessità
della pesca, talvolta in zone dove la
corrente non è così ridotta come si
potrebbe desiderare. I risultati migliori vengono ancora oggi ottenuti
governando la barca con lo sbordon,
il lungo palo di legno (oggi anche di
metallo) che per secoli ha costituito
il più diffuso mezzo di propulsione
delle barche fluviali e da palude in
tutto il mondo. La barca utilizzata
deve essere ovviamente idonea al
16 Pesca e Ambiente
lavoro svolto. A differenza dei natanti destinati a rapidi spostamenti,
come possono essere quelli impiegati nella vigilanza, per il censimento
ittico è necessario un natante a fondo piatto o, meglio ancora, una barca con il fondo ad “ala di gabbiano”, che consenta di muoversi a bordo senza correre il rischio di rovesciarsi.
Sulla barca in genere la disposizione di uomini ed attrezzi è la seguente: il barcaiolo che manovra con
lo sbordon sta in piedi a poppa, di
fronte a lui si trova il generatore
dell’elettrostorditore, più o meno al
centro di galleggiamento della barca, più verso prua si trova una grande tinozza per i pesci ed in piedi sulla
prua l’operatore che pesca. Questo
schema è quello tradizionalmente
impiegato per la pesca notturna con
la fiocina ed è ovviamente il migliore, dato che è il prodotto di una evoluzione tecnica che i popoli dei fiumi hanno sviluppato durante l’intera storia dell’umanità. L’operatore
che pesca incontra diverse difficoltà che in altri ambienti non sono presenti. Innanzitutto la torbidità dell’acqua, frequentemente elevata nei
corsi maggiori. Se l’acqua non è limpida la pesca deve avvenire quasi
alla cieca, senza potere valutare con
precisione la geometria del fondo e
soprattutto senza vedere il pesce
Fiume Stella
fino ad una breve distanza dalla superficie. L’abilità dell’operatore
consiste nel riuscire a tirare a galla
il pesce stordito per poterlo poi salpare con il guadino. Nel caso dei pesci di fondo come carpe, tinche ed
anguille questo lavoro è tutt’altro
che semplice e bisogna sempre tenere conto del fatto che le catture
effettuate sono di gran lunga inferiori alla popolazione reale, che se
ne sta tranquillamente nascosta due
o tre metri sotto la barca nell’acqua torbida. Sulle rogge di risorgiva
questo problema è pressoché assente, grazie alla caratteristica limpidezza delle loro acque, ma proprio
grazie all’abbondanza di luce che
penetra fin sul fondo le risorgive sono
ricche di vegetazione acquatica. Veri
e propri prati sommersi costituiscono un habitat eccezionale per i pesci, fornendo loro un sicuro nascondiglio anche contro chi li vuole catturare per motivi di studio. Anche in
questo caso il lavoro è reso possibile dall’esperienza di chi pesca, che
sa letteralmente estrarre dalla massa di erbe i pesci che vi resterebbero altrimenti nascosti. In questi ambienti colpisce in modo particolare
il comportamento delle anguille che,
a differenza di altri pesci, tendono
a non guizzare verso l’elettrodo, ma
si irrigidiscono e devono essere
recuperate frugando sul fondo.
Quando i pesci catturati sono troppi per garantirne la sopravvivenza
nella poca acqua della mastella che
si trova sulla barca, è necessario
sbarcarli, trasferirli in un altro contenitore e procedere alle consuete
operazioni di misura e pesata. Quando si lavora nella Bassa questa fase
presenta qualche inconveniente,
innanzitutto per l’elevato numero di
pesci che vengono in genere catturati, ma soprattutto per la presenza
delle anguille. Misurare e pesare
un’anguilla non è un’operazione
semplice e spesso richiede più tempo di dieci cavedani, o di molti disciplinati barbi. L’anguilla è per definizione sfuggente ed i trucchi per
misurarla sono diversi. Incredibilmente il metodo migliore per distendere l’anguilla e misurarla con calma è quello di ... accarezzarla. I nostri collaboratori ci hanno mostrato
come si prende in mano un’anguilla
viva senza farla scappare e soprattutto come distenderla. Senza gli
“incantatori di anguille” della nostra
Bassa lavorare sarebbe veramente
difficile. Al termine delle operazioni di misurazione e pesata i pesci
vengono rilasciati, come sempre,
dopo avere verificato che siano nuovamente in grado di nuotare attivamente.
Per effettuare indagini sui
macroinvertebrati bentonici la Bassa pone difficoltà decisamente maggiori rispetto alle altre zone. Raramente è possibile effettuare in modo
canonico il classico kick sampling col
retino immanicato: l’operatore non
può guadare il corso d’acqua. Le soluzioni possibili sono due: fare la
raccolta lungo le rive o usare una
benna.
La benna è un attrezzo che ricorda
molto l’omologo utilizzato per lo
scavo dalle grandi macchine operatrici; il suo scopo è quello di raccogliere un campione del fondo in cui
si suppone debbano trovarsi gli organismi che lo popolano. Il problema dell’uso della benna nelle acque
interne è legato soprattutto alla bassa densità degli organismi macrozoobentonici nelle zone più profonde, che richiede di effettuare molte
Fiume Stella
bennate e ripulire grosse quantità di
detriti per ottenere piccole quantità di organismi. Le comunità che
vengono osservate in questo modo
sono in genere molto povere dal punto di vista qualitativo, tanto che si
sarebbe tentati di considerare come
gravemente inquinati tutti i fiumi
della Bassa. Il quadro cambia radicalmente se ci si sposta a campionare con il retino immanicato lungo
le rive. In questo caso si combinano
le azioni del kick sampling ad una
sorta di “sfalcio” delle vegetazione.
Le erbe acquatiche ed i detriti vegetali vengono smossi con i piedi o
con un’asta per sollevare gli organismi e catturarli passando velocemente col retino nella zona disturbata.
Spesso vengono raccolti interi cespi
di vegetazione sommersa (in genere
ricchissimi di vita) e questi vengono
letteralmente lavati in un secchio
per farne uscire gli organismi mobili. Poiché nelle acque lente della Bassa non sono infrequenti organismi
che si fissano alla vegetazione sommersa, l’esame delle piante deve essere accurato e spesso conviene fissare interi frammenti di vegetali per
terminare il lavoro in laboratorio. Un
esame con pulizia dei campioni effettuato esclusivamente sul campo
determina la perdita di moltissimi
organismi e fornisce un quadro ambientale molto spesso errato.
Una zona ulteriore delle nostre ac-
que interne manca alla descrizione
che è stata fatta nel corso di questi
tre numeri di Pesca e Ambiente: le
foci. L’ultimo tratto dei fiumi, che
prelude alla laguna od al mare, è un
ambiente radicalmente diverso dagli altri, dove acque e comunità di
organismi differenti si incontrano.
Delle foci non parleremo perché sono
purtroppo una sorta di limbo, una
terra di nessuno dove l’elettrostorditore non funziona e le dimensioni dei
corsi d’acqua divengono elevate,
probabilmente sono gli ambienti
meno conosciuti della nostra regione per quanto riguarda la fauna ittica e gli invertebrati bentonici, mentre grande attenzione deriva loro da
chi si occupa dell’avifauna.
Le foci sono indubbiamente una
frontiera che deve essere esplorata
dall’idrobiologia regionale.
Alla conclusione di questo viaggio
l’autore si vuole concedere una nota
personale. Desidero ringraziare tutti
coloro che mi hanno accompagnato
lungo questo percorso, nei dieci anni
durante i quali ho potuto esplorare
i fiumi della nostra regione.
Personalmente devo molto ai “ragazzi” che nonostante l’età anagrafica che avanza non si sono mai tirati indietro nel lavoro sui fiumi, insegnandomi cose che nessun libro o
corso di laurea avrebbero mai potuto darmi.
Pesca e Ambiente 17
Acqua e territorio
N
Lo storione, la cheppia
(e altri pesci di rimonta)
nel bacino del Livenza
Testo, foto
e materiali d’archivio
Giulio Ferretti
Il fiume Noncello a Pordenone (sopra) e a Torre (sotto)
18 Pesca e Ambiente
el pur pregevole testo allegato
alla carta ittica del Friuli Venezia Giulia
per almeno un paio di specie non si
sono trovate informazioni sufficienti e
si è dovuto ricorrere a indicare dei punti
di domanda sul loro possibile habitat
nei fiumi regionali
Si tratta dello storione e della cheppia
la cui presenza da noi non è sufficientemente provata e, in questo intervento, mi limiterò a dare qualche indicazione su quanto si sa di questi due pesci nel bacino del Livenza.
Cominciando con lo storione, si può
segnalare una nota del diario settecentesco redatto dal pordenonese Giovan
Battista Pomo, che descrive le vicissitudini della cattura e della vendita di
uno storione nelle acque del fiume
Noncello, nel comune di Vallenoncello.
Era il primo gennaio 1785 e l’esemplare pesava 57 “lire” di peso e per lire
non si intendeva la moneta, ma libbre,
e lo storione doveva risultare, se abbiamo fatto bene i conti, una trentina
di chili.
Considerato merce preziosa venne
portato con un viaggio piuttosto lungo, per quei tempi, fino a Venezia per
essere venduto.
Facendo un salto di più di un centinaio di anni lo storione viene citato in
un noto testo storico riguardo le acque
dolci: “I pesci e la pesca d’acqua dolce nel Friuli” di Achille Tellina del
1895, che si può consultare nella biblioteca civica di Udine.
Il fiume Meduna a Pasiano
Quell’opera indica catture di storioni nel bacino del fiume Livenza e in
particolare nel fiume Noncello (comuni
di Vallenoncello o Pordenone) e a Prata
(fiumi Livenza o Meduna) e a Pasiano
di Pordenone (fiume Meduna).
I luoghi di queste segnalazioni del
Tellini, due su tre, corrispondono a
quella dell’ultima cattura nota ufficialmente di uno storione selvatico, avvenuta a fine giugno dell’88 in località
Tremeacque, dove il Meduna sfocia nel
Livenza.
La cattura venne segnalata dal quotidiano “Il Gazzettino” nella cronaca
di Prata di Pordenone con tanto di fotografia e l’esemplare di 10 chilogrammi di peso, come si legge nell’articolo, venne offerto al ristorante “Storione” di Ghirano di Prata.
Un’altra segnalazione storica di uno
storione di quella grandezza è stata se-
Sopra - Anni ‘80 - Lello Parpignano con
grosso storione catturato nella Livenza.
Sotto - Giorgio Geretto ultimo grande
pescatoredi storioni.
(Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” ASAP di Venezia)
(Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” ASAP di Venezia)
ta in una grande quantità di erbe
acquatiche in cui lo storione si era avvolto per tentare di liberarsi.
Catture di storioni nell’alto bacino
del Livenza si hanno anche nella seconda metà dello scorso secolo.
Si sa di uno di questi che si era
intrappolato dentro un bertovello a
Rivarotta e un bell’esemplare di trenta
kg fu catturato di notte dal pescatore
Venier di Vallenoncello, con la fiocina
dalla barca, dopo una lunga e faticosa
lotta.
Vecchia foto del Ristorante “Allo Storione” di Ghirano di Prata di Pordenone con
il titolare intento a preparare storioni
gnalata dal conte Querini, proprietario
di una villa veneta a Pasiano di
Pordenone che, nella prima metà dello
scorso secolo, passando in carrozza dal
ponte di Adamo ed Eva, presso il centro storico di Pordenone, ne acquistò
uno appena tratto a riva.
Un altro esemplare di quelle dimensioni venne inaspettatamente allamato
nelle cordine per anguille pochi anni
dopo sul fiume Noncello, in località
Portoveli, in comune di Porcia.
Tirando a riva la cordina l’improvvisato pescatore l’aveva trovata avvolPesca e Ambiente 19
Acqua e territorio
Fine Agosto 1970 - Grande pescata di storioni con il bilancione di S. Stino.
(Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” - ASAP di Venezia)
Negli anni sessanta poi uno storione
di 10 kg era stato trovato addirittura in
secca nei magredi di Cordenons dal
noto guardapesca pordenonese Mario
Pilot, dovuto alla eccessiva risalita del
fiume Meduna quando le acque risultavano molto alte per le abbondanti
piogge primaverili.
Altre catture in quel periodo, pur rare,
venivano effettutre da pescatori sportivi intenti a pescare a fondo trote o
barbi, e il luogo di queste pur sporadiche catture era il tratto del Meduna tra
Ghirano e Tremeacque.
Il maggior numero di storioni veniva già fermato più a valle, nella grande rete a bilancia di S. Stino di Livenza,
ma anche in altre e un conduttore di
questi importanti impianti ha dichiarato di averne catturati almeno 300
nella sua attività e nella maggior parte
venivano venduti a una trattoria specializzata di Corbolone di fronte al canale Malgher.
Arrivando ai nostri giorni, e ai punti
di domanda della mappa delle carte ittiche, si può affermare che gli storioni
selvatici, non quelli recentemente
immessi nelle acque del Veneto, sono
ancora presenti nel Livenza.
Si è saputo della cattura l’anno scorso a Prata di uno storione di 1.4 kg a
20 Pesca e Ambiente
Prata e trattenuto dal pescatore nonostante la sua tutela prevista dal calendario regionale di pesca e messo in pentola.
Notizie della presenza dello storione selvatico vengono anche dai pescatori professionali, che hanno segnalano la cattura e il rilascio di piccoli storioni di un anno o due, prova che, quat-
te quatte, delle “famigliole”risalgono
ancora il Livenza in primavera e che si
riproducono.
C’è da dire che il Livenza presenta
in alcuni punti fondali molto alti, fino
a trenta metri si dice, e non si sa cosa
presenta là sotto.
Una cattura molto particolare riguardo questo tema risulta quella di un pescatore di trote a Prata che, sorprendentemente, ha visto abboccare al suo
amo una passera di mare del peso di
1.200 kg, più del peso massimo indicato dalle pubblicazioni dell’Ente Tutela Pesca.
È noto che la passera viene a S. Stino,
e i pesci in risalita dal mare arrivano
fino a Motta di Livenza (cefali in
particolre), il che è già un bel viaggio,
quasi 50 km!
Sempre a S. Stino di Livenza si segnala la cattura non rara della cheppia,
altra specie della cui presenza si hanno poche notizie.
La cheppia o alosa risale ancor oggi
il Livenza, e riesce anche a riprodursi,
nonostante le sue acque non sono quelle di una volta.
Chi scrive ha notato degli avannotti
di un anno di circa 5 cm in un fondo di
una barca da pesca nel basso Livenza.
Il già citato Tellina segnala la pre-
A baanza di S. Stino.
(Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” - ASAP di Venezia)
Cheppia o Alosa
senza della cheppia molto in alto sul
Livenza, alla fine dell’800, e in particolare a Portobuffolé e anche ad
Azzano Decimo, sul fiume Meduna,
poco distante da Pordenone.
Qualche pescatore sportivo inoltre
segnala oggi la presenza della specie
nel basso corso dei fiumi insidiando
con l’artificiale i branzini.
La diminuzione della presenza della cheppia è dovuta alla sua cattura in
grandi quantità nel passato e, dato che
le sue carni in tempi moderni non erano più apprezzate, veniva venduta
come cibo mangime per le troticolture.
Altre catture in consistenti quantità
venivano ordinate da commercianti di
pesce per venderle per le campagne,
con un camioncino provvisto di altoparlante, che le spacciavano come “trote del Piave” facendo lo sconto per chi
ne acquistava una cassetta intera.
Lo stesso calendario di pesca sportiva riporta per la cattura della cheppia
solo la sua misura minima (15 cm),
senza dare un limite di tempo per permetterne la riproduzione.
Certo, anche l’inquinamento avrà
fatto la sua grossa parte e il resto per la
diminuzione della presenza della
cheppia, nella parte alta del bacino del
Livenza, l’avrà provocata anche la trasformazione dell’habitat, diminuendo
il luoghi adatti alla riproduzione della
specie.
Forse il calendario di pesca nelle acque dolci potrebbe interessarsi con più
precisione di questa specie, come ha
fatto nel passato riguardo allo storione
che, fino agli anni ’80, veniva tutelato
assurdamente solo con la misura minima (60 cm) senza tener conto che veniva catturato prevalentemente in primavera ed estate, proprio quando risaliva i fiumi per riprodursi.
Non sono stati i pescatori a chiedere
per primi la tutela degli storioni, ma il
WWF, il Fondo Mondiale per la Natura, in particolare la delegazione provinciale di Pordenone.
L’Ente Tutela Pesca ha però subito
risposto, impedendone completamente la cattura.
Un’altra iniziativa simile potrebbe
essere adottata per la cheppia in modo
di vederla riuscire nel futuro risalire anche nella parte alta del Livenza, magari in accordo con gli enti del Veneto
che regolano la pesca nelle acque interne.
Ho sentito solo una volta un pescatore sportivo citare la cheppia, però più
volte un famoso pescatore professionale veneto in attività nel Livenza
soprannominato “el Canarin”.
Da generazioni la sua famiglia getta
in acqua centinaia di bertovelli e gestisce anche una rete a bilancia dove
incappano anche le cheppie.
Diversamente dagli altri pescatori,
che non sanno più portare in tavola
questi pesci le cui carni vengono considerate tignose e piene di lische, ha
conservato la memoria della modalità
di preparazione e si prende lo sfizio,
in qualche cena di amici, a farla passare addirittura per branzino!
D’altronde c’è da ricordare che, anche per la sua grande quantità, la
cheppia ha sfamato la povera gente “de
cason” in tempi di grande carestia, e a
fine ottocento, in tempi che per mangiare non si andava tanto per il sottile,
come osserva il Tellina, veniva anche
venduta al mercato ittico di Udine.
Passera - 1,170 kg catturata a Tremeacque
Pesca e Ambiente 21
Itinerari
La Riserva naturale
del Lago di Cornino
Fulvio Genero
La Riserva naturale ha una superficie di 510 ha e si colloca all’estremo
margine sudorientale delle Prealpi
Carniche, con l’ampio alveo del Fiume Tagliamento che la separa dalla
Piana di Osoppo e dalle colline
moreniche. L’area è caratterizzata da
una elevata diversità ambientale e da
rilevanti valori naturalistici.
L’importanza dal punto di vista
biogeografico delle Prealpi orientali,
unitamente alla presenza del fiume ed
alla morfologia ed esposizione dei rilievi, determinano situazioni faunistiche e vegetazionali particolari, con
specie presenti spesso al limite dei rispettivi areali di distribuzione.
Le condizioni climatiche favoriscono la presenza di specie termofile, con
grande sviluppo della vegetazione
xerofila (amante di ambienti aridi) e
la singolare presenza del leccio nelle
zone rupestri. L’area è caratterizzata
dal grande sviluppo delle pareti roc-
Tratto di Tagliamento incluso nelle Riserva Naturale
22 Pesca e Ambiente
ciose calcaree e da conoidi detritici e
frane che raggiungono l’ampio greto
del Tagliamento, che rappresenta un
elemento di estremo interesse dal punto di vista paesaggistico e naturalistico
a livello europeo.
La morfologia carsica si manifesta
con un aspetto aspro e selvaggio, creando forti contrasti tra diversi elementi paesaggistici che si incontrano in
quest’area. In una vasta depressione
all’interno dei conoidi si trova il Lago
di Cornino, formato tra depositi di frana avvenuti dopo il ritiro dei ghiacciai.
Ha una superficie di 8500 mq ed una
profondità massima di 8 m, caratterizzato da una particolare trasparenza delle acque di un bel colore verdeazzurro, è alimentato da circolazione
idrica sotterranea di tipo carsico.
Le peculiarità ambientali si riflettono sulla vegetazione, creando un varietà di situazioni in cui coesistono elementi floristici alpini tipici e specie
proprie di climi caldi e secchi di tipo
mediterraneo, accompagnate da altre
sudeuropee e illirico-balcaniche.
L’orientamento delle pareti rocciose
ed il riflesso delle radiazioni solari sul
greto del Tagliamento determinano
una forte insolazione e quindi un cli-
ma particolarmente mite che favorisce specie termofile solitamente presenti sulle aree costiere o a latitudini
più meridionali. L’elemento in tal senso più caratteristico sono le stazioni
di leccio (Quercus ilex) nelle zone
rupestri, il cui verde intenso risalta,
soprattutto in inverno, con la boscaglia che riveste i versanti. La vegetazione del greto del Tagliamento è rada
e discontinua, caratterizzata da formazioni pioniere e instabili che vivono sulle ghiaie, ricche di specie rare o
esclusive di questo ambiente.
Il Tagliamento è l’unico fiume alpino che ha subìto un numero limitato
di interventi antropici e può quindi essere considerato un corso d’acqua in
condizioni prossime a quelle naturali.
Il suo corso, lungo 178 km, non è condizionato da opere e strutture ma è
disegnato dalle forze della natura, tanto da essere considerato un ecosistema
di enorme importanza, un laboratorio
all’aperto dove studiosi di molti Paesi
conducono ricerche relative alla struttura e dinamica delle aree golenali e
alle relative cenosi di specie pioniere.
Il Tagliamento ha dimensioni imponenti e nella zona prealpina il suo alveo
raggiunge quasi 2 km di larghezza. La
portata idrica varia notevolmente tanto che per alcuni tratti, nei periodi più
aridi, può ridursi solo allo scorrimento
sottosuperficiale di falda, mentre il
fiume può diventare impetuoso nelle
fasi di piena. L’elevata dinamicità del
sistema si manifesta con frequenti
modificazioni del tracciato e quindi
con un continuo rimodellamento delle
forme. In questo ecosistema le condizioni di vita sono particolari e si modificano in continuazione, condizionate
da fenomeni di erosione, trasporto e
sedimentazione delle alluvioni. Piante e animali devono sviluppare particolari strategie per adattarsi alle forti
dinamiche in atto.
La fauna dell’area include numerose specie, con la sovrapposizione di
elementi caratteristici della montagna, della pianura e delle zone umide, particolarmente interessante per
quanto riguarda gli uccelli.
Le pareti rocciose della Riserva, con stazioni rupestri di lecci.
Nella Riserva, a partire dagli anni
’80, è stato reintrodotto il Grifone
(Gyps fulvus), un avvoltoio che ha una
apertura alare di quasi 3 metri ed un
peso di 8-10 Kg. Vari individui sono stati liberati ed hanno iniziato a riprodursi sulle pareti rocciose vicine, formando una colonia che attualmente
conta 60-100 uccelli e frequenta buona parte delle Alpi orientali ed esercita una forte attrazione sui grifoni provenienti da altre zone europee ed in
particolare dalla Croazia. Il progetto
include numerose iniziative di ricerca
e divulgazione e consente di osservaUn esemplare di Grifone adulto facente
parte della popolazione che gravita nell’area della Riserva.
re agevolmente questo stupendo avvoltoio in una delle pochissime aree
dell’Europa centrale dove è ancora
presente.
Per quanto riguarda la fauna
acquatica i popolamenti del lago sono
scarsi a causa del basso livello trofico
dello stesso e della bassa temperatura delle acque; di interesse la presenza del gambero d’acqua (Austrapotamobius pallipes). La fauna ittica è
scarsa e legata ad immissioni di
Ciprinidi e Salmonidi.
Questo tratto del Tagliamento rappresenta una fascia di transizione tra
il corso montano e quello di pianura,
si osserva pertanto una sovrapposizione tra le comunità di Salmonidi,
poste in prevalenza a monte, e quelle
costituite da Ciprinidi, verso sud. Abbondante risulta la trota fario (Salmo
trutta trutta), mentre scarsa è la presenza della trota marmorata (Salmo
trutta marmoratus) un tempo frequente. Il temolo (Thymallus thymallus) è
abbondante nel Tagliamento e nei suoi
affluenti, presenti anche lo scazzone
(Cottus gobio) e la sanguinerola
(Phoxinus phoxinus). Per quanto riguarda i Ciprinidi il cavedano
(Leuciscus cephalus) è piuttosto comune, meno diffusi l’alborella (Alburnus
alburnus alborella) e la lasca
(Chondrostoma toxostoma).
Pesca e Ambiente 23
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