Indice Pesca e Ambiente Notiziario d’informazione dell’Ente Tutela Pesca del Friuli Venezia Giulia Il presidente Editoriale Attività dell’Ente pag. 4 Riflettori accesi su Polcenigo (Ufficio stampa) pag. 5 L’impianto ittico di Polcenigo - Scheda tecnica (Ufficio stampa) pag. 7 Collaborazione senza confini - Delegazione Slovena in visita all’Etp Numero 3 - Dicembre 2006 (chiuso in redazione il 30-11-2006) Periodico trimestrale istituito con L.R. n° 19 del 12/05/71 (Ufficio stampa) pag. 10 Stagione di Pesca Sportiva 2007 - Novità del Calendario (Ufficio stampa)) le vostre migliori catture pag. 9 Autorizz. del Trib. di Udine n° 335 del 31/05/74 Direzione e Redazione Laboratorio Regionale di Idrobiologia "Paolo Solimbergo" - Ariis di Rivignano (UD) Ambiente pag. 12 Progetto di monitoraggio del Cormorano Mauro Cosolo Amministrazione via Colugna, 3 - 33100 UDINE Tel. (centralino): 0432 551211 Fax: 0432/482474 e-mail: [email protected] www.entetutelapesca.it Stefano Sponza Dipartimento di Biologia Università di Trieste Direttore responsabile Loris Saldan Presidente Ente Tutela Pesca Redazione Lucio Agrimi Isidoro Barzan Giulio Ferretti Mauro Garzitto Giuseppe Adriano Moro Sergio Paradisi Elisabetta Pizzul Claudio Polano Dino Spaggiari Emilio Tibaldi Una giornata sul fiume pag. 15 Le acque della bassa pianura Acqua e territorio pag. 18 Lo storione, la cheppia (e altri pesci di rimonta) nel bacino del Livenza (Giulio Ferretti) Con la collaborazione di Paolo Cè Ufficio stampa Alessandro Di Giusto (terza parte) (Giuseppe A. Moro)) Itinerari pag. 22 La riserva naturale del Lago di Cornino (Fulvio Genero) Progetto grafico e impaginazione Franco Vicario Stampa GraphicLinea print factory Tiratura 35.000 copie Distribuzione gratuita In allegato: Marea astronomica 2007 Canoni e Recapiti/Autorizzazioni - Stagione di Pesca 2007 Spedizione in A.P. - 70% - D.C.B. "UD" Riproduzione vietata Diritti riservati In copertina: l’Impianto Ittico di Polcenigo (foto Franco Vicario) Il presidente G li antichi romani erano soliti affermare che “il tempo fugge”. Il 2006 volge ormai al termine ed è già tempo di bilanci. L’anno che sta per concludersi, per lo meno dal punto di vista climatico, ha creato difficoltà maggiori, se possibile, di quelle registrate dall’infuocata estate del 2003. La prolungata siccità estiva e il forte calo di precipitazioni autunnali (ancora in corso mentre scrivo) sta mettendo a dura prova i corsi d’acqua della nostra regione, compresa la roggia Cusana che dovrebbe fornire l’acqua all’impianto di Flambro e che, invece, è completamente asciutta. Questa situazione costringe l’Etp al ricorso massiccio all’acqua di pozzo con inevitabili, notevoli esborsi economici. Ciò nonostante, e grazie all’assiduo lavoro del personale operante negli impianti, le quantità di materiale ittico prodotte sono rimaste invariate. Nel rileggere idealmente l’editoriale scritto per l’ultimo numero del 2005 e i propositi allora espressi, posso dire che i risultati raggiunti sono sicuramente buoni. La progettazione dei nuovi interventi nell’impianto di Flambro è in corso e i lavori saranno appaltati nella prossima primavera. L’impianto di Polcenigo, in fase di acquisizione, è già in funzione e garantirà maggiore tranquillità in termini di produzione e di capacità operativa. Le potenzialità di quest’allevamento sono notevoli dal punto di vista della qualità del materiale e della sperimentazione sulle tecniche di accrescimento. Si tratta di presupposti indispensabili per la riuscita dei progetti dedicati alla trota marmorata e al temolo, gli stessi che rappresentano due degli obiettivi prioritari del mio mandato. Prosegue anche l’impegno sul versante della didattica e della divulgazione. Il progetto di coinvolgimento degli istituti scolastici regionali, avviato nei primi giorni di settembre, sta ricevendo le prime adesioni. Si tratta di una proposta innovativa che auspico sia valutata come un’occasione da non perdere per far conoscere meglio il nostro ambiente alle giovani generazioni. Sempre per favorire una maggiore conoscenza dell’ecosistema proseguono i lavori di ripristino ambientale dell’aria adiacente il Laboratorio regionale di idrobiologia di Ariis di Rivignano, la cui inaugurazione è prevista nella primavera del 2007. Mentre scrivo, il Consiglio direttivo sta lavorando al nuovo regolamento della Vigilanza, destinato a diventare una pietra miliare per il lavoro di tanti volontari. Il nuovo Calendario di pesca è stato approvato senza imprevisti e potrete conoscere in dettaglio le novità nell’articolo appositamente dedicato all’argomento in questo numero. Sono già stati licenziati anche il Documento di programmazione economica e il Programma semine per il 2007. Tutto quanto affermato finora dimostra come la pesca sportiva vada ben oltre la semplicistica definizione di hobby e sia ormai diventata un’attività complessa di gestione e salvaguardia del patrimonio ittico e degli ambienti acquatici, la stessa che si traduce nell’oculata gestione di una risorsa tanto preziosa e caratterizzante per il nostro territorio. Colgo l’occasione per compiere una piccola riflessione sulle non certo inedite lamentazioni relative alla scarsità di pesce. A causa dell’incontrollato ricorso al pronto-pesca, in voga a cavallo degli Anni ’60 e ’70, una parte dei pescatori si è abituata a catture facili, tanto da convincersi che si può pescare soltanto quando si rilascia pesce allevato artificialmente dopo che ha raggiunto la taglia minima. Per fortuna non è così: il pronto-pesca resta sicuramente un’opzione possibile in ambienti molto degradati o artificiali. È tuttavia vero che, pur con i compromessi imposti dall’elevata pressione antropica sui nostri corsi d’acqua, favorire la riproduzione naturale delle specie ittiche resta un obiettivo strategico. In alternativa bisogna fare ricorso a tecniche di allevamento ed immissione capaci di garantire un’elevata selvaticità del pesce, metodo che l’Etp cerca da tempo di applicare. Detto questo non mi resta che augurare a tutti voi, anche a nome del Consiglio Direttivo e di tutto il personale dell’Etp, i più fervidi auguri di Buon Natale e di un sereno e prospero Anno Nuovo. Loris Saldan Pesca e Ambiente 3 Attività dell’Ente Riflettori accesi su Polcenigo I vertici della Regione visitano il nuovo impianto e fanno i complimenti all’Ente Tutela Pesca Il nuovo impianto di Polcenigo conferma fin dagli esordi la sua importanza strategica, non soltanto in termini di qualità e quantità della produzione, ma anche per l’indubbia ricaduta positiva sull’immagine dell’Etp. La struttura recentemente acquisita dall’ente ha suscitato infatti notevole interesse nel vicepresidente della Giunta regionale Gianfranco Moretton e nell’assessore all’Agricoltura caccia e pesca Enzo Marsilio che lo hanno visitato lo scorso 13 novembre. Accompagnati dai vertici dell’Etp, alla presenza dei rappresentanti delle Organizzazioni di pesca regionali e delle associazioni di pesca sportiva del Pordenonese, i due esponenti dell’esecutivo guidati da Gian Maria Sigalotti, che da anni si occupa delle tecniche di allevamento e accrescimento per conto dell’Etp, hanno potuto visitare il complesso ed ammirare da vicino alcuni esemplari selezionati per la riproduzione di trota marmorata sulla quale si impernia uno dei progetti di salvaguardia e ripopo4 Pesca e Ambiente lamento più importanti tra quelli curati negli ultimi anni dall’Etp. Oltre alle massime autorità di Polcenigo, tra cui il sindaco Carlo Toppani, il suo vice Lino Angelo Perut e l’assessore all’agricoltura Mauro Quaia, erano almeno 130 le persone presenti, provenienti da tutta la regione, segno del grande interesse suscitato dall’avvento della nuova struttura. Moretton si è dichiarato particolarmente soddisfatto per l’attività svolta dall’Etp, tanto che con una battuta ha ricordato come le ipotesi di una soppressione dell’ente, ventilate in passato, siano state decisamente accantonate. Il responsabile dell’assessorato regionale all’Ambiente ha quindi spiegato che per l’esperienza e le capacità acquisite l’Etp rappresenta in materia di protezione ambientale un interlocutore importante della Protezione civile che spesso è impegnata negli interventi di messa in sicurezza dei corsi d’ac- qua. Nella legge finanziaria in corso d’elaborazione, ha poi spiegato l’assessore, si terrà in debito conto delle richieste e delle esigenze operative espresse dall’ente. Molto apprezzato dai vertici regionali anche l’impegno sulla didattica e la divulgazione, basata ora su numerose iniziative editoriali e pubbliche, sul lavoro dell’acquario di Ariis e, in futuro, anche sugli spazi che saranno appositamente realizzati negli impianti di allevamento più importanti. Da parte sua l’assessore Enzo Marsilio, nel condividere le valutazioni positive sul lavoro della struttura, ha ribadito l’attenzione dell’esecutivo per il lavoro dell’Etp e lo ha esortato a proseguire l’importante collaborazione avviata con i troticoltori, che rappresentano un settore economico particolarmente importante per la nostra regione. La visita è dunque riuscita nel migliore dei modi e il presidente Saldan nel ricevere i molti complimenti ne ha approfittato per rilanciare: “L’Etp sta dimostrando un’evidente capacità nel lavorare con metodiche d’alto livello. Ora l’obbiettivo primario è quello di avviare il Progetto di salvaguardia del temolo. La nuova iniziativa sarà imperniata proprio sulla struttura di Polcenigo che, per estensione e capacità, è certamente il più grande tra quelli gestiti dall’Etp, tanto che le sue potenzialità sono circa doppie rispetto a Flambro. Sono convinto - ha poi sottolineato Saldan - che il nuovo allevamento rappresenti una sorta di riconoscimento alle migliaia di appassionati presenti nel Pordenonese, un territorio dove le strutture dell’Etp erano assenti fin dagli Anni ’70, allorché fu abbandonato un progetto per la realizzazione di un nuovo impianto a Zoppola”. L’ultimo accenno Saldan lo ha riservato alle potenzialità dell’allevamento di Polcenigo nel settore della divulgazione: “La nuova struttura potrà beneficiare della vicinanza del parco di San Floriano, col quale potranno essere avviate importanti sinergie”. L’appuntamento a Polcenigo si è concluso nella sala consiliare del locale municipio, con la presentazione del libro di Giorgio De Luise dedicato al gambero d’acqua dolce, edito dall’Etp nell’ambito della sua intensa attività divulgativa. L’impianto ittico di Polcenigo Ottime acque e un rischio idrogeologico azzerato per garantire produzioni di qualità L’acquisizione dell’impianto di Polcenigo apre nuove prospettive nella produzione della marmorata, ma soprattutto annuncia l’avvio del Progetto di salvaguardia del temolo destinato a diventare strategico nei prossimi anni per garantire la presenza nei nostri fiumi di una specie in forte difficoltà. L’allevamento che sarà acquistato per la cifra di un milione e 100 mila euro non appena gli uffici regionali avranno completato il necessario iter burocratico è di proprietà dell’Azienda Agricola “Caio” e dal 27 settembre 2006 è gestito direttamente dall’Ente tutela pesca con un contratto di affitto. La sua costruzione risale all’inizio degli anni ‘60 (1962-1963), ma nel 1982 ha subìto una radicale ristrutturazione e riqualificazione. Considerati i particolari fini istituzionali dell’Etp, l’impianto ittico un tempo dedicato alla produzione di trota iridea sarà dedicato all’allevamento della trota fario, della trota marmorata e del temolo con lo scopo esclusivo del ripopolamento delle acque pubbliche. L’impianto sorge in un contesto ambientale di notevole pregio e può contare su acque di risorgiva di elevata qualità essendo alimentato da due opere di presa: in Pesca e Ambiente 5 quella principale confluisce l’acqua del rio Molle, un corso d’acqua che sorge circa 800 metri più a monte del complesso ed è alimentato da numerose olle di risorgiva esistenti lungo il suo corso e nel pressi dell’impianto stesso all’interno di una vegetazione che assume le caratteristiche di una boscaglia igrofila. Nel rio Molle non è registrata presenza di specie ittiche sensibili alla Vhs e alla Ihn. L’opera di presa principale sul rio Molle La seconda presa, più piccola, raccoglie l’acqua di un’olla di risorgiva che sgorga nel pressi dell’allevamento. Le acque, di ottima qualità e con una temperatura ideale, sono difficilmente inquinabili perché recintate e fanno parte del bacino idrico dell’Alto Livenza. La seconda fonte di alimentazione utilizza l’acqua di una vicina risorgiva convogliandola in una vasca 6 Pesca e Ambiente Superate le opere di presa, il rio Molle scorre a fianco dell’allevamento e raccoglie le acque di scarico dello stesso prima di confluire nel fiume Livenza. L’alimentazione primaria è indirizzata, nei periodi in uso, all’avannotteria, poi alle vasche di carico; da queste l’acqua passa al primo blocco composto da 19 vasche. Queste strutture sono separate da setti in blocchi di calcestruzzo, materiale usato anche per il fondo delle prime cinque, mentre le altre sono in ghiaione. Un secondo blocco di 4 vasche è alimentato sia dal blocco 1 e dai suoi canali di testa e di emergenza, che direttamente dalla sorgente secondaria. Altre due vasche di carico collegate da by pass a fondo naturale completano l’impianto. A poca distanza dalle vasche sorgono l’avannotteria, un deposito, un ripostiglio, dove si trova anche un gruppo elettrogeno di soccorso,e infine un’abitazione dedicata al custode. Dopo aver percorso l’impianto, l’acqua è convogliata in un bacino di decantazione che si estende per 580,59 metri quadrati. L’impianto è provvisto anche di altri tre scarichi di emergenza; l’acqua proveniente da questi scarichi assieme a quella derivante dallo scarico principale viene quindi convogliata nel rio Molle. Il dislivello tra l’impianto di scarico e il sottostante rio Molle, unitamente alle griglie di protezione poste a livello dello scarico, impediscono la risalita dei pesci selvatici potenzialmente infetti. Per quanto concerne le misure di profilassi, allo scopo di ridurre il rischio d’introduzione di malattie infettive, è stato predisposto ed attuato un piano particolarmente articolato: • vuoto sanitario annuale per singoli comparti, vasche con disinfezione “solare” e mediante aspersione di calce spenta della durata di almeno 30 giorni. L’ultimo vuoto sanitario, comprensivo di tutte le vasche dell’allevamento, è stato attuato a partire dal 21 agosto 2006; • l’impianto è dotato di reti di protezione nei confronti di uccelli ittiofagi estese su tutta l’area di allevamento; • tutta l’area su cui sorge l’impianto è recintata e controllabile dal responsabile dell’allevamento; • il personale e i visitatori usano sempre calzari monouso e qualsiasi prelievo di acqua, pesci o mangime sarà effettuato utilizzando guanti monouso; • tutte le attività connesse al trasporto del materiale ittico sia in entrata che in uscita dall’allevamento vengono operate previa pulizia e disinfezione degli automezzi in un’area apposita, adeguatamente separata dall’allevamento; • le attrezzature e le macchine utilizzate saranno d’uso esclusivo dell’impianto. Periodicamente saranno pulite e disinfettate; • sarà attuato un programma di derattizzazione con particolare attenzione all’area in cui sono poste le vasche. Anche per quanto concerne il rischio idrogeologico, purtroppo ben noto all’Etp dopo il disastro che ha colpito la struttura di Moggio Udinese, quest’impianto di allevamento si presenta con le migliori credenziali: va sottolineato, infatti, che non si è mai verificato, anche in virtù della particolare conformazione del sito d’allevamento e della rete idrica, nemmeno in presenza di eventi atmosferici eccezionali, alcun fenomeno di esondazione. Scheda tecnica a cura dell’U.S. Collaborazione senza confini Sempre più stretta la collaborazione con gli amici sloveni per la gestione dei corsi d’acqua P rosegue e si rafforza il clima di collaborazione e scambio tra L’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia e la Slovenia. Una delegazione slovena ad alto livello, ha visitato il 12 agosto, gli impianti e le strutture dell’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia. Jerse Borut, presidente dell’Associazione dei pescatori della Slovenia e Lucijan Rejec, presidente dell’Associazione dei Club di pesca del litorale, oltre che presidente del Club di pesca di Tolmino, accompagnati da numerosi responsabili dei vari Club di pesca operanti in prossimità del confine italo-sloveno, si sono confrontati con i vertici e gli esperti dell’Etp sulle tecniche di gestione delle acque e sui progetti di salvaguardia in corso, primo fra tutti quello sulla trota marmorata, per il quale la nostra regione vanta ormai a livello europeo un’esperienza e risultati di sicuro spessore. La visita è cominciata nella sede dell’Etp di Udine, dove il presidente Loris Saldan affiancato per l’occasione dal direttore Isidoro Barzan e da alcuni membri del Consiglio direttivo ha ricevuto gli ospiti spiegando brevemente l’attività dell’Ente. Proprio in tale occasione Saldan ha sottolineato che la collaborazione tra la Slovenia e il Friuli Venezia Giulia, cominciata negli Anni ’90 in materia di gestione delle risorse ittiche e dei corsi d’acqua, è destinata a proseguire ed anzi a rafforzarsi. Pesca e Ambiente 7 Dopo il dono di pubblicazioni dell’Etp ai componenti della delegazione ci si è spostati verso il grande impianto di allevamento ittico di Moggio Udinese in località Grauzaria, nel quale prosegue il Progetto marmorata. La struttura, sottoposta a un esteso lavoro di ristrutturazione e recupero dopo l’alluvione che nel 2003 ha devastato la Val Aupa, si è presentata nel migliore dei modi grazie anche all’elevata qualità del materiale ittico allevato. Le tecniche impiegate nell’allevamento della marmorata sono state illustrate agli ospiti, apparsi in più occasioni visibilmente ammirati, da Gian Maria Sigalotti. Dopo la pausa pranzo sulle rive dello Stella, la delegazione si è spostata alla volta del Laboratorio di idrobiologia e dell’acquario permanente di specie d’acqua dolce ad Ariis di Rivignano dove il biologo dell’Etp Giuseppe Adriano Moro ha illustrato quali sono i progetti di ripopolamento in corso spiegando al contempo le peculiari caratteristiche del reticolo idrografico regionale. “L’incontro - ha sottolineato il presidente Saldan - al quale ha partecipato anche il rinnovato Consiglio direttivo serve a dare nuovo impulso al rapporto di amicizia e collaborazione scientifica che prosegue da oltre un decennio, nato col progetto marmorata e proseguito di recente con il progetto sul 8 Pesca e Ambiente temolo. Sulla base delle rispettive esperienze maturate è stato perciò deciso di intensificare gli scambi. Attualmente l’Ente, dopo i successi raccolti con la marmorata punta con decisione alla salvaguardia del temolo. Proprio su quest’ultima specie saranno intensificati gli scambi di informazioni con i vicini sloveni, ai quali l’Etp metterà a disposizione i dati degli studi già compiuti e quelli ancora in corso”. Durante l’incontro si è anche discusso della delicata situazione del fiume Isonzo, a seguito degli improvvisi rilasci dei bacini idroelettrici d’oltre confine. L’Etp ha sollecitato la Regione affinché chieda l’intervento del Ministero degli Esteri per un’azione nei confronti delle autorità slovene, trovando in questo il convinto sostegno dei pescatori sloveni che invocano un’azione concordata dei due Stati. Molto positivi i commenti della delegazione slovena che, per bocca di Lucijan Rejec, oltre a esprimere il proprio apprezzamento per l’elevato standard qualitativo dei progetti di ripopolamento e delle strutture gestiti dall’Etp ha avanzato la proposta di avviare nuove iniziative comuni sotto l’egida dei progetti Interreg. L’incontro si è concluso con l’invito formale ai vertici dell’Etp per una visita in Slovenia. le vostre migliori catture Patrick Bradaschia e il fratellino Nicholas Cervignano del Friuli (entrambe in possesso di Licenza di Pesca Speciale) Carpa regina 3 kg (stimati) - rilasciata Canale Amosor - Aprilia Marittima Aurelio (Neri) Tosoni Trota marmorata 2 kg - 57 cm Val d’Arzino (S. Francesco di Vito d’Asio) Silvano Gallai Udine Cefalo (volpina) 4,5 kg - 73 cm luglio 2006 Corno - Porto Nogaro Luca Mian Muzzana del Turgnano Trota fario 2, 3 kg - 55 cm agosto 2006 Fiume Torsa - Pocenia Pesca e Ambiente 9 Attività dell’Ente Stagione di Pesca Sportiva 2007 Novità del Calendario Arriva il nuovo permesso per i turisti amanti dei fiumi regionali M olti fiumi del Friuli Venezia Giulia, per bellezza e conservazione, sono da sempre considerati motivo di richiamo per un turismo di qualità. È sulla base di questa considerazione che il nuovo regolamento di pesca del 2007, appena approvato dal Consiglio Direttivo dell’E.T.P., introduce il nuovo Regime Particolare di pesca n. 6, espressamente dedicato al turista che pernotti in strutture alberghiere presenti in alcuni Comuni della nostra Regione e che desideri praticare la propria passione. Il nuovo regime sarà realizzato nel Collegio 6 di Spilimbergo sul fiume Meduna, nel Collegio 9 di Tolmezzo sul torrente Degano e nel Collegio 13 di Cividale sul fiume Natisone e permetterà all’appassionato di ottenere un permesso giornaliero di pesca del costo di 20,62 Euro che darà diritto alla cattura di non più di due esemplari, utilizzando esclusivamente esche artificiali senza ardiglione. I pescatori del Friuli Venezia Giulia 10 Pesca e Ambiente in possesso di licenza E.T.P. valida possono esercitare la pesca negli RP 6 previo pagamento del relativo canone aggiuntivo. Molte le novità introdotte nel nuovo calendario nell’ottica di una più attenta salvaguardia delle acque e dei loro abitatori, anche se è stata confermata l’impostazione generale adottata nel 2006, dove la principale innovazione aveva riguardato l’estensione del periodo di pesca nei soli canali artificiali soggetti ad asciutta. Per quanto concerne le misure e quantità ammesse è stato introdotto un nuovo limite massimo di cinque chilogrammi per la cattura di spigole e di orate, misura già vigente per i cefali e le passere. Proprio le specie eurialine di rimonta, quelle che dal mare risalgono le foci dei corsi d’acqua dolce, sono oggetto di particolare attenzione: per consentire l’elaborazione di statistiche più approfondite, dal prossimo anno il pescatore che catturi pesci appartenenti a tali specie dovrà aggiungere la sigla SER (specie eurialine di rimonta) sul libretto di pesca, nello spazio già previsto per la zona di pesca e per il relativo collegio. Novità anche per quanto concerne i tratti No-Kill, dove il pesce catturato viene rilasciato: finora era possibile trattenere pesci di misura superiore ai 60 cm. i cosiddetti trofei, mentre dal 2007 ogni esemplare preso all’amo andrà obbligatoriamente rilasciato. Come sempre è stata posta molta attenzione sulla limitazone dell’impatto derivante dall’attività di pesca e, in tal senso, è stato confermato il divieto di immissione nelle acque pubbliche delle esche vive non utilizzate. Le misure minime di cattura vigenti restano inalterate, con la sola eccezione del fiume Isonzo, dove è stato deciso di elevare a 50 cm. il limite per i salmonidi, in modo tale da favorire il riequilibrio delle popolazioni ittiche, messo a dura prova dalle difficile condizioni del corso d’acqua. 1° caso - In data 05 maggio il pescatore inizia a pescare in zona A nel Collegio 15 catturando in mattinata un luccio, un barbo e due cavedani, si sposta poi in zona B catturando, nel pomeriggio due trote fario e alla sera (dalle 20 alle 24) una trota iridea. 2° caso - In data 12 maggio il pescatore inizia a pescare nel pomeriggio in zona B nel Collegio 10 catturando una trota fario, si sposta poi nel Collegio 12 (sempre in zona B) catturando una fario e una marmorata. 3° caso - In data 26 maggio il pescatore inizia a pescare con sistema No Kill nel Collegio 10, spostandosi poi nel Collegio 11 trattenendo un’iridea di 60 cm. 4° caso - In data 27 maggio il pescatore si reca a pescare in zona a Regime Particolare (RP) nel Collegio 8 catturando in mattinata una trota marmorata, spostandosi poi nella zona a Regime Particolare (RP) del Collegio 13 cattura, sempre in mattinata una trota iridea. 5° caso - In data 29 maggio il pescatore si reca in zona A nel Collegio 2 e inizia l’attività di pesca rivolta alle specie eurialine di rimonta (cefalo, orata, passera e branzino). Ambiente Nel numero di dicembre 2005 del Notiziario Etp si dava informazione dell’imminente avvio di uno studio scientifico riguardante l’incidenza del Cormorano sulle popolazioni ittiche dei nostri fiumi. Riportiamo ora i risultati del primo anno di ricerca. DIREZIONE CENTRALE RISORSE AGRICOLE, NATURALI, FORESTALI E MONTAGNA Servizio tutela ambienti naturali e fauna UFFICIO STUDI FAUNISTICI PROGETTO DI MONITORAGGIO DEL CORMORANO (PHALACROCORA X CARBO)E CARATTERIZZAZIONE QUANTI - QUALITATIVA DELLA DIETA NELLE ACQUE INTERNE REGIONALI MAURO COSOLO E STEFANO SPONZA Dipartimento di Biologia – Università degli Studi di Trieste La progressiva colonizzazione del Cormorano (Phalacrocoraxcarbo) nelle acque interne della Regione ha portato l’Ufficio Studi Faunistici, afferente al Servizio tutela ambienti naturali e fauna della Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna della Regione, ad elaborare e finanziare nell’inverno 2005/ 2006 il “Progetto di monitoraggio del Cormorano e caratterizzazione quanti-qualitativa della dieta nelle acque interne Regionali”. La realizzazione del progetto è stata affidata al Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Trieste. Fino alla fine degli anni 90’, infatti, i dormitori (roost) di Cormorano erano distribuiti solo lungo la zona costiera del Friuli Venezia Giulia (Perco & Utmar, 1989). Il primo roost accertato in acque interne risale al dicembre 1992 su un’isola fluviale dell’Isonzo, presso Poggio III Armata (GO). In seguito la specie ha colonizzato altre zone interne della Regione, in particolare, nel 1993 in provincia di Udine, è stata riscontrata la presenza di Cormorani lungo il Tagliamento nella zona di Ragogna e nel 1997 presso un pioppeto sul Canale Banduzzi a Torviscosa. Risale all’inverno 1998/1999 l’utilizzo dei due dormitori sul fiume Stella, ad Ariis di Rivignano e a Titiano di Precenicco. Lo stesso anno è stato riscontrato l’utilizzo, come dormitorio, dei laghi di Cesena presso Azzano Decimo (PN) (Perco et al., 2000). L’ultimo dormitorio accertato (novembre 1999) ricade nella zona golenale del fiume Isonzo prossima al confine nord occidentale dell’Isola della Cona (Kravos, com. pers.). Il progetto ha visto la realizzazione di tre attività: I) il censimento della popolazione di Cormorano, II) l’individuazione del ciclo giornaliero di alimentazione della specie e III) la caratterizzazione della dieta. Le indagini hanno volto l’attenzione ai Cormorani presenti nelle acque interne Regionali. Vengono qui presentati i risultati delle indagini. 12 Pesca e Ambiente Figura 1 – I quadrati indicano i 9 roost oggetto dei censimenti. I quadrati rossi indicano i siti dove è stata effettuata l’analisi dei boli e l’indagine sul comportamento di alimentazione. I censimenti sono stati effettuati presso i 9 dormitori attualmente utilizzati dalla specie che vengono riportati in Figura 1. Il campionamento è stato condotto, a decadi alterne, da ottobre 2005 a marzo 2006. Per verificare la presenza del Cormorano durante i mesi primaverili ed estivi sono stati inoltre effettuati 3 censimenti tra aprile e settembre 2006. Come si mostra in Figura 2, nelle acque interne del Friuli Venezia Giulia le presenze dei Cormorani sono state registrate a partire dal mese di ottobre. Segue un aumento nel mese di novembre, legato al progressivo arrivo dei Cormorani. Nei mesi successivi, ed in particolare dalla seconda decade di dicembre fino alla prima di marzo, la popolazione presente nell’inverno 2005/2006 si mantiene pressoché costante con circa 600 individui. Segue, nella seconda quindicina di marzo, una consistente diminuzione, dovuta alla partenza dei Cormorani verso le zone di nidificazione centro e nord-europee. Figura 2 – Stagionalità della presenza di Cormorani nelle acque interne della Regione. Parallelamente al monitoraggio si è cercato di investigare il ciclo giornaliero di alimentazione della specie. A tal fine sono state individuate 4 zone campione lungo le principali aste fluviali e nelle vicinanze dei 4 roost più importanti a livello numerico. Da ottobre 2005 a marzo 2006, sempre a decadi alterne, queste aree sono state monitorate per un intero ciclo di luce albatramonto. Sono stati così registrati tutti gli individui di Cormorano in sosta ed in alimentazione, annotando inoltre gli individui in transito con le relative direzioni di volo. Laddove possibile, è stato analizzato, mediante videoriprese, il comportamento predatorio della specie. Anche se la spiccata diffidenza verso l’uomo da parte della specie e le caratteristiche ecologiche dei corsi d’acqua oggetto di studio, come ad esempio le sponde fittamente alberate, hanno reso particolarmente difficile la realizzazione di questa parte del lavoro, questa analisi ha comunque evidenziato l’ampia valenza del Cormorano nell’utilizzo del territorio. Non è stato infatti possibile individuare dei tratti fluviali specifici abitualmente utilizzati dai Cormorani per il foraggiamento. Come terza componente del progetto volta a caratterizzare la dieta della specie, è stata effettuata l’analisi dei boli alimentari, ovvero dei rigurgiti contenenti i resti ossei dei pesci ingeriti dal Cormorano. Per questa analisi sono stati considerati i 4 roost più importanti (Fig. 1): Poggio III Armata (GO), Ragogna (UD), Ariis di Rivignano (UD), Lago della Burida - Porcia (PN). Dall’analisi dei boli si evidenzia un prelievo molto basso, a livello di biomassa, a carico delle Trote (Salmo trutta) per i dormitori di Poggio III Armata ed Ariis di Rivignano. Emergono dei valori più consistenti nei boli raccolti a Ragogna e Porcia, rispettivamente con l’8,6% e il 20,1%. Per quanto riguarda il prelievo di Temolo (Thymallus thymallus), emergono delle evidenze solamente nel dormitorio di Porcia con il 10,2% (Fig. 3). Successivamente si è cercato di incrociare le risultanze da noi ottenute sul prelievo del Cormorano con quella che è la struttura della comunità ittica presente nei diversi tratti fluviali indagati. Questo per verificare eventuali forme di selezione del Cormorano verso determinate specie ittiche. Per tale scopo sono stati utilizzati i risultati delle indagini condotte dalla Dott.ssa Elisabetta Pizzul del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Trieste, per conto dell’Ente Tutela Pesca. Nello specifico, sono state considerate tutte le stazioni di campionamento entro un raggio di circa 15 km dai 4 roost di Cormorano oggetto d’indagine. Dalla bibliografia emerge, infatti, che questa è mediamente la distanza massima raggiunta dal Cormorano dal dormitorio verso le potenziali aree di alimentazione (WWF Italia, 2000). Figura 3 – Biomassa (g) delle specie ittiche prelevate dal Cormorano nei 4 siti oggetto d’indagine. Pesca e Ambiente 13 Ambiente Dal confronto emerge che il Cormorano nell’alto Tagliamento seleziona positivamente, a livello di frequenza, in particolare il Persico reale (Perca fluviatilis) e il Cavedano (Leuciscus cephalus). Nell’Isonzo, invece, seleziona il Triotto (Rutilus aula) e il Naso (Chondrostoma nasus). In questo sito il Cavedano, registrato con presenze pari al 30% circa della popolazione ittica presente, non viene selezionato in maniera significativa da parte del Cormorano. Questo indica che il Cormorano preleva meno Cavedani rispetto a quanto potrebbe fare. Proseguendo nell’analisi, nel bacino dello Stella registriamo una selezione positiva a carico di Carpa (Cyprinus carpio), Passera (Platychthys flesus) e Cefali (fam. Mugilidae); nel basso Livenza essa avviene a carico di Luccio (Esox lucius) e Cavedano. Interessante notare come in tutti e 4 i siti il Cormorano non seleziona in maniera positiva le Trote, anzi ne preleva molto meno rispetto alla popolazione presente nei corpi d’acqua limitrofi. Ad esempio, nell’alto Tagliamento le Trote compongono mediamente circa il 50% della popolazione ittica, ma nella dieta locale del Cormorano ne registriamo solo il 6%; nel basso Livenza è stata registrata una presenza media di Trote pari a circa il 45%, ma solo il 12% circa nella dieta. L’indagine sui boli evidenzia, invece, nel basso Livenza un prelievo del 10% di Temolo, specie che nei campionamenti ittici si rileva solo per il 4%. Dato che nel vicino Veneto esistono degli allevamenti di Temolo poco oltre il confine regionale e considerato il travaso di Cormorani tra il roost di Porcia e quello di Cinto Caomaggiore (VE), riteniamo che questo dato meriti ulteriori approfondimenti. Infine, come ultima tappa dell’elaborazione, per ciascun dormitorio abbiamo stimato la biomassa totale di pesce prelevata. I valori ottenuti sono stati poi pesati stimando la lunghezza totale dei corsi d’acqua presenti in un raggio di 15 km attorno al roost. Così facendo abbiamo fornito una stima del prelievo per km di corso d’acqua, effettuato dai Cormorani presenti mensilmente in ognuno dei 4 roost oggetto d’indagine (Fig. 4). Rimane che per fornire una buona indicazione sul prelievo del Cormorano nelle acque interne della Regione, questi valori dovranno essere prima confermati nel tempo e confrontati, laddove possibile, con dei dati quantitativi sulla componente ittica presente nei diversi tratti fluviali della nostra Regione. Infatti sarebbe di estremo interesse pianificare ed effettuare, laddove possibile, dei campionamenti ittici standardizzati che definiscano a livello quantitativo la composizione della comunità ittica dei diversi tratti fluviali. Ma questo lo si vedrà nel prosieguo del lavoro. Ringraziamenti Si ringrazia l’associazione ornitologica A.St.O.R.E. FVG per i monitoraggi ai roost, il Dott. Alberto Floreani per il monitoraggio e le videoriprese, la Dott.ssa Nicoletta Privileggi per l’analisi dei boli, la Dott.ssa Elisabetta Pizzul per i dati relativi alle comunità ittiche, L’Ente Tutela Pesca del Friuli Venezia Giulia per i dati relativi alle semine e le altre utili informazioni fornite. Bibliografia Perco F. & Utmar P. 1989. Il Cormorano in Friuli Venezia Giulia. In: Baccetti N. 1989. Lo svernamento del Cormorano in Italia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina, 25: 23-27. Perco F., Cassetti U. & Utmar P. 2000. Cormorani e Marangoni (AVES; Phalacrocorocidae) in Italia e nel Friuli Venezia Giulia. Gortania. Atti del Museo Friulano di Storia Naturale di Udine, Vol. 22. WWF Italia 2000. Report “Integrated Management of Wetlands”. Studio sull’avifauna ittiofaga della fascia costiera del Friuli Venezia Giulia con particolare riferimento alle lagune di Grado e Marano. Analisi delle problematiche socio-economiche. A cura di: Chittaro S., Guzzon C., Kravos K., Privileggi N., Tomasi F., Utmar P., Verginella L. & Zucca P. Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Azienda dei Parchi e delle Foreste Regionali, Servizio Conservazione della Natura, Udine. Figura 4 – Stima dei chilogrammi di pesce prelevati per chilometro di corso d’acqua. 14 Pesca e Ambiente Una giornata sul fiume Le acque della bassa pianura (terza parte) Giuseppe A. Moro Laboratorio Regionale di Idrobiologia ETP C on questo articolo si conclude il viaggio attraverso i fiumi della regione e la descrizione delle attività che vengono svolte per il monitoraggio dello stato delle comunità ittiche e dell’ambiente acquatico. I fiumi della bassa pianura sono un mosaico di ambienti estremamente complesso, qualora ovviamente siano stati conservati nel loro stato primitivo. È forse in questa zona che si possono osservare più facilmente diverse tipologie di corsi d’acqua e differenti gradi di naturalità dell’ambiente. Accanto ad una piccola ed idilliaca roggia di risorgiva, immersa in una folta boschetta, si può trovare uno squallido canale di drenaggio con le pareti nettamente tagliate, che solca per chilometri una distesa di campi arati. Lavorare nella bassa pianura, o più semplicemente nella Bassa come si usa dire, richiede innanzitutto una dettagliata conoscenza del territorio. In montagna orientarsi è facile: il torrente è in fondo alla valle. In pianura i fiumi divengono invisibili, nascosti dalla vegetazione. Basta un campo di mais a fine estate per ridurre l’orizzonte ad un raggio di pochi metri ed è sufficiente perdere un bivio nel dedalo di strade sterrate per trovarsi nel posto sbagliato, se non addirittura su un fiume diverso da quello desiderato. Anche in questo caso la migliore guiFiume Stella da è stata finora l’esperienza di chi opera e vive sul territorio: collaboratori ittici ed agenti della vigilanza accompagnano sempre il personale scientifico che altrimenti, senza vergogna, ammette di essere spaesato. Negli ultimi anni la tecnologia ci ha fornito un’alternativa assai poco romantica alla compagnia di tanti collaboratori, che nel corso del tempo sono diventati amici: il GPS e le mappe. Se da un lato questo é sicuramente il futuro per quanto riguarda l’immagazzinamento dei dati ed un ausilio notevole per orientare chi non conosce bene una certa porzione del nostro territorio, dall’altro lato è evidente che per trasferire tutte le conoscenze degli uomini in una macchina sono necessari anni. Al momento, anche in pianura, la fase preliminare di ogni campagna consiste nell’individuazione dei corsi d’acqua e dei punti in cui operare grazie ai suggerimenti degli operatori locali. È necessario trovare con sicurezza l’accesso ai corsi d’acqua e soprattutto individuare dei punti facilmente raggiungibili con mezzi Pesca e Ambiente 15 Una giornata sul fiume ingombranti, necessari a trasportare l’attrezzatura che in questo caso comprende anche una barca ed un generatore molto più pesante di quelli utilizzati per la pesca elettrica in altre zone. La squadra si deve muovere per lo meno con un autocarro e deve avere la possibilità di varare il natante in un punto dove sia facile imbarcarsi e caricare il materiale. Non solo: il fiume deve essere adatto al lavoro. Le più importanti caratteristiche dei fiumi della Bassa sono la profondità delle acque, l’ampiezza, la distribuzione delle correnti e la presenza di vegetazione sommersa. Diverse combinazioni di queste caratteristiche creano ambienti completamente differenti, abitati da organismi diversi e con una accessibilità variabile. In un fiume molto ampio e profondo effettuare il censimento della fauna ittica è molto difficile e spesso in giornate intere di lavoro si rimane frustrati dalla scarsità dei risultati. È ovvio che le esigenze di gestione del patrimonio ittico richiedano una accurata conoscenza di tutti i tratti dei fiumi regionali, ma è altrettanto chiaro che sperare di ottenere facilmente risultati su un fiume largo più di venti metri e profondo più di due non è facile. In questo senso l’elemento umano rimane di importanza fondamentale: la migliore strumentazione non serve a nulla se a manovrarla non c’è un operatore abile. I due elementi fondamentali della squadra quando si opera in acque di bassa pianura sono il barcaiolo e l’operatore al guadino. Il barcaiolo deve riuscire a governare il natante in modo da procedere lentamente, od a fermarsi, secondo le necessità della pesca, talvolta in zone dove la corrente non è così ridotta come si potrebbe desiderare. I risultati migliori vengono ancora oggi ottenuti governando la barca con lo sbordon, il lungo palo di legno (oggi anche di metallo) che per secoli ha costituito il più diffuso mezzo di propulsione delle barche fluviali e da palude in tutto il mondo. La barca utilizzata deve essere ovviamente idonea al 16 Pesca e Ambiente lavoro svolto. A differenza dei natanti destinati a rapidi spostamenti, come possono essere quelli impiegati nella vigilanza, per il censimento ittico è necessario un natante a fondo piatto o, meglio ancora, una barca con il fondo ad “ala di gabbiano”, che consenta di muoversi a bordo senza correre il rischio di rovesciarsi. Sulla barca in genere la disposizione di uomini ed attrezzi è la seguente: il barcaiolo che manovra con lo sbordon sta in piedi a poppa, di fronte a lui si trova il generatore dell’elettrostorditore, più o meno al centro di galleggiamento della barca, più verso prua si trova una grande tinozza per i pesci ed in piedi sulla prua l’operatore che pesca. Questo schema è quello tradizionalmente impiegato per la pesca notturna con la fiocina ed è ovviamente il migliore, dato che è il prodotto di una evoluzione tecnica che i popoli dei fiumi hanno sviluppato durante l’intera storia dell’umanità. L’operatore che pesca incontra diverse difficoltà che in altri ambienti non sono presenti. Innanzitutto la torbidità dell’acqua, frequentemente elevata nei corsi maggiori. Se l’acqua non è limpida la pesca deve avvenire quasi alla cieca, senza potere valutare con precisione la geometria del fondo e soprattutto senza vedere il pesce Fiume Stella fino ad una breve distanza dalla superficie. L’abilità dell’operatore consiste nel riuscire a tirare a galla il pesce stordito per poterlo poi salpare con il guadino. Nel caso dei pesci di fondo come carpe, tinche ed anguille questo lavoro è tutt’altro che semplice e bisogna sempre tenere conto del fatto che le catture effettuate sono di gran lunga inferiori alla popolazione reale, che se ne sta tranquillamente nascosta due o tre metri sotto la barca nell’acqua torbida. Sulle rogge di risorgiva questo problema è pressoché assente, grazie alla caratteristica limpidezza delle loro acque, ma proprio grazie all’abbondanza di luce che penetra fin sul fondo le risorgive sono ricche di vegetazione acquatica. Veri e propri prati sommersi costituiscono un habitat eccezionale per i pesci, fornendo loro un sicuro nascondiglio anche contro chi li vuole catturare per motivi di studio. Anche in questo caso il lavoro è reso possibile dall’esperienza di chi pesca, che sa letteralmente estrarre dalla massa di erbe i pesci che vi resterebbero altrimenti nascosti. In questi ambienti colpisce in modo particolare il comportamento delle anguille che, a differenza di altri pesci, tendono a non guizzare verso l’elettrodo, ma si irrigidiscono e devono essere recuperate frugando sul fondo. Quando i pesci catturati sono troppi per garantirne la sopravvivenza nella poca acqua della mastella che si trova sulla barca, è necessario sbarcarli, trasferirli in un altro contenitore e procedere alle consuete operazioni di misura e pesata. Quando si lavora nella Bassa questa fase presenta qualche inconveniente, innanzitutto per l’elevato numero di pesci che vengono in genere catturati, ma soprattutto per la presenza delle anguille. Misurare e pesare un’anguilla non è un’operazione semplice e spesso richiede più tempo di dieci cavedani, o di molti disciplinati barbi. L’anguilla è per definizione sfuggente ed i trucchi per misurarla sono diversi. Incredibilmente il metodo migliore per distendere l’anguilla e misurarla con calma è quello di ... accarezzarla. I nostri collaboratori ci hanno mostrato come si prende in mano un’anguilla viva senza farla scappare e soprattutto come distenderla. Senza gli “incantatori di anguille” della nostra Bassa lavorare sarebbe veramente difficile. Al termine delle operazioni di misurazione e pesata i pesci vengono rilasciati, come sempre, dopo avere verificato che siano nuovamente in grado di nuotare attivamente. Per effettuare indagini sui macroinvertebrati bentonici la Bassa pone difficoltà decisamente maggiori rispetto alle altre zone. Raramente è possibile effettuare in modo canonico il classico kick sampling col retino immanicato: l’operatore non può guadare il corso d’acqua. Le soluzioni possibili sono due: fare la raccolta lungo le rive o usare una benna. La benna è un attrezzo che ricorda molto l’omologo utilizzato per lo scavo dalle grandi macchine operatrici; il suo scopo è quello di raccogliere un campione del fondo in cui si suppone debbano trovarsi gli organismi che lo popolano. Il problema dell’uso della benna nelle acque interne è legato soprattutto alla bassa densità degli organismi macrozoobentonici nelle zone più profonde, che richiede di effettuare molte Fiume Stella bennate e ripulire grosse quantità di detriti per ottenere piccole quantità di organismi. Le comunità che vengono osservate in questo modo sono in genere molto povere dal punto di vista qualitativo, tanto che si sarebbe tentati di considerare come gravemente inquinati tutti i fiumi della Bassa. Il quadro cambia radicalmente se ci si sposta a campionare con il retino immanicato lungo le rive. In questo caso si combinano le azioni del kick sampling ad una sorta di “sfalcio” delle vegetazione. Le erbe acquatiche ed i detriti vegetali vengono smossi con i piedi o con un’asta per sollevare gli organismi e catturarli passando velocemente col retino nella zona disturbata. Spesso vengono raccolti interi cespi di vegetazione sommersa (in genere ricchissimi di vita) e questi vengono letteralmente lavati in un secchio per farne uscire gli organismi mobili. Poiché nelle acque lente della Bassa non sono infrequenti organismi che si fissano alla vegetazione sommersa, l’esame delle piante deve essere accurato e spesso conviene fissare interi frammenti di vegetali per terminare il lavoro in laboratorio. Un esame con pulizia dei campioni effettuato esclusivamente sul campo determina la perdita di moltissimi organismi e fornisce un quadro ambientale molto spesso errato. Una zona ulteriore delle nostre ac- que interne manca alla descrizione che è stata fatta nel corso di questi tre numeri di Pesca e Ambiente: le foci. L’ultimo tratto dei fiumi, che prelude alla laguna od al mare, è un ambiente radicalmente diverso dagli altri, dove acque e comunità di organismi differenti si incontrano. Delle foci non parleremo perché sono purtroppo una sorta di limbo, una terra di nessuno dove l’elettrostorditore non funziona e le dimensioni dei corsi d’acqua divengono elevate, probabilmente sono gli ambienti meno conosciuti della nostra regione per quanto riguarda la fauna ittica e gli invertebrati bentonici, mentre grande attenzione deriva loro da chi si occupa dell’avifauna. Le foci sono indubbiamente una frontiera che deve essere esplorata dall’idrobiologia regionale. Alla conclusione di questo viaggio l’autore si vuole concedere una nota personale. Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno accompagnato lungo questo percorso, nei dieci anni durante i quali ho potuto esplorare i fiumi della nostra regione. Personalmente devo molto ai “ragazzi” che nonostante l’età anagrafica che avanza non si sono mai tirati indietro nel lavoro sui fiumi, insegnandomi cose che nessun libro o corso di laurea avrebbero mai potuto darmi. Pesca e Ambiente 17 Acqua e territorio N Lo storione, la cheppia (e altri pesci di rimonta) nel bacino del Livenza Testo, foto e materiali d’archivio Giulio Ferretti Il fiume Noncello a Pordenone (sopra) e a Torre (sotto) 18 Pesca e Ambiente el pur pregevole testo allegato alla carta ittica del Friuli Venezia Giulia per almeno un paio di specie non si sono trovate informazioni sufficienti e si è dovuto ricorrere a indicare dei punti di domanda sul loro possibile habitat nei fiumi regionali Si tratta dello storione e della cheppia la cui presenza da noi non è sufficientemente provata e, in questo intervento, mi limiterò a dare qualche indicazione su quanto si sa di questi due pesci nel bacino del Livenza. Cominciando con lo storione, si può segnalare una nota del diario settecentesco redatto dal pordenonese Giovan Battista Pomo, che descrive le vicissitudini della cattura e della vendita di uno storione nelle acque del fiume Noncello, nel comune di Vallenoncello. Era il primo gennaio 1785 e l’esemplare pesava 57 “lire” di peso e per lire non si intendeva la moneta, ma libbre, e lo storione doveva risultare, se abbiamo fatto bene i conti, una trentina di chili. Considerato merce preziosa venne portato con un viaggio piuttosto lungo, per quei tempi, fino a Venezia per essere venduto. Facendo un salto di più di un centinaio di anni lo storione viene citato in un noto testo storico riguardo le acque dolci: “I pesci e la pesca d’acqua dolce nel Friuli” di Achille Tellina del 1895, che si può consultare nella biblioteca civica di Udine. Il fiume Meduna a Pasiano Quell’opera indica catture di storioni nel bacino del fiume Livenza e in particolare nel fiume Noncello (comuni di Vallenoncello o Pordenone) e a Prata (fiumi Livenza o Meduna) e a Pasiano di Pordenone (fiume Meduna). I luoghi di queste segnalazioni del Tellini, due su tre, corrispondono a quella dell’ultima cattura nota ufficialmente di uno storione selvatico, avvenuta a fine giugno dell’88 in località Tremeacque, dove il Meduna sfocia nel Livenza. La cattura venne segnalata dal quotidiano “Il Gazzettino” nella cronaca di Prata di Pordenone con tanto di fotografia e l’esemplare di 10 chilogrammi di peso, come si legge nell’articolo, venne offerto al ristorante “Storione” di Ghirano di Prata. Un’altra segnalazione storica di uno storione di quella grandezza è stata se- Sopra - Anni ‘80 - Lello Parpignano con grosso storione catturato nella Livenza. Sotto - Giorgio Geretto ultimo grande pescatoredi storioni. (Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” ASAP di Venezia) (Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” ASAP di Venezia) ta in una grande quantità di erbe acquatiche in cui lo storione si era avvolto per tentare di liberarsi. Catture di storioni nell’alto bacino del Livenza si hanno anche nella seconda metà dello scorso secolo. Si sa di uno di questi che si era intrappolato dentro un bertovello a Rivarotta e un bell’esemplare di trenta kg fu catturato di notte dal pescatore Venier di Vallenoncello, con la fiocina dalla barca, dopo una lunga e faticosa lotta. Vecchia foto del Ristorante “Allo Storione” di Ghirano di Prata di Pordenone con il titolare intento a preparare storioni gnalata dal conte Querini, proprietario di una villa veneta a Pasiano di Pordenone che, nella prima metà dello scorso secolo, passando in carrozza dal ponte di Adamo ed Eva, presso il centro storico di Pordenone, ne acquistò uno appena tratto a riva. Un altro esemplare di quelle dimensioni venne inaspettatamente allamato nelle cordine per anguille pochi anni dopo sul fiume Noncello, in località Portoveli, in comune di Porcia. Tirando a riva la cordina l’improvvisato pescatore l’aveva trovata avvolPesca e Ambiente 19 Acqua e territorio Fine Agosto 1970 - Grande pescata di storioni con il bilancione di S. Stino. (Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” - ASAP di Venezia) Negli anni sessanta poi uno storione di 10 kg era stato trovato addirittura in secca nei magredi di Cordenons dal noto guardapesca pordenonese Mario Pilot, dovuto alla eccessiva risalita del fiume Meduna quando le acque risultavano molto alte per le abbondanti piogge primaverili. Altre catture in quel periodo, pur rare, venivano effettutre da pescatori sportivi intenti a pescare a fondo trote o barbi, e il luogo di queste pur sporadiche catture era il tratto del Meduna tra Ghirano e Tremeacque. Il maggior numero di storioni veniva già fermato più a valle, nella grande rete a bilancia di S. Stino di Livenza, ma anche in altre e un conduttore di questi importanti impianti ha dichiarato di averne catturati almeno 300 nella sua attività e nella maggior parte venivano venduti a una trattoria specializzata di Corbolone di fronte al canale Malgher. Arrivando ai nostri giorni, e ai punti di domanda della mappa delle carte ittiche, si può affermare che gli storioni selvatici, non quelli recentemente immessi nelle acque del Veneto, sono ancora presenti nel Livenza. Si è saputo della cattura l’anno scorso a Prata di uno storione di 1.4 kg a 20 Pesca e Ambiente Prata e trattenuto dal pescatore nonostante la sua tutela prevista dal calendario regionale di pesca e messo in pentola. Notizie della presenza dello storione selvatico vengono anche dai pescatori professionali, che hanno segnalano la cattura e il rilascio di piccoli storioni di un anno o due, prova che, quat- te quatte, delle “famigliole”risalgono ancora il Livenza in primavera e che si riproducono. C’è da dire che il Livenza presenta in alcuni punti fondali molto alti, fino a trenta metri si dice, e non si sa cosa presenta là sotto. Una cattura molto particolare riguardo questo tema risulta quella di un pescatore di trote a Prata che, sorprendentemente, ha visto abboccare al suo amo una passera di mare del peso di 1.200 kg, più del peso massimo indicato dalle pubblicazioni dell’Ente Tutela Pesca. È noto che la passera viene a S. Stino, e i pesci in risalita dal mare arrivano fino a Motta di Livenza (cefali in particolre), il che è già un bel viaggio, quasi 50 km! Sempre a S. Stino di Livenza si segnala la cattura non rara della cheppia, altra specie della cui presenza si hanno poche notizie. La cheppia o alosa risale ancor oggi il Livenza, e riesce anche a riprodursi, nonostante le sue acque non sono quelle di una volta. Chi scrive ha notato degli avannotti di un anno di circa 5 cm in un fondo di una barca da pesca nel basso Livenza. Il già citato Tellina segnala la pre- A baanza di S. Stino. (Da “Pescatori e fiumi della Venezia orientale” - ASAP di Venezia) Cheppia o Alosa senza della cheppia molto in alto sul Livenza, alla fine dell’800, e in particolare a Portobuffolé e anche ad Azzano Decimo, sul fiume Meduna, poco distante da Pordenone. Qualche pescatore sportivo inoltre segnala oggi la presenza della specie nel basso corso dei fiumi insidiando con l’artificiale i branzini. La diminuzione della presenza della cheppia è dovuta alla sua cattura in grandi quantità nel passato e, dato che le sue carni in tempi moderni non erano più apprezzate, veniva venduta come cibo mangime per le troticolture. Altre catture in consistenti quantità venivano ordinate da commercianti di pesce per venderle per le campagne, con un camioncino provvisto di altoparlante, che le spacciavano come “trote del Piave” facendo lo sconto per chi ne acquistava una cassetta intera. Lo stesso calendario di pesca sportiva riporta per la cattura della cheppia solo la sua misura minima (15 cm), senza dare un limite di tempo per permetterne la riproduzione. Certo, anche l’inquinamento avrà fatto la sua grossa parte e il resto per la diminuzione della presenza della cheppia, nella parte alta del bacino del Livenza, l’avrà provocata anche la trasformazione dell’habitat, diminuendo il luoghi adatti alla riproduzione della specie. Forse il calendario di pesca nelle acque dolci potrebbe interessarsi con più precisione di questa specie, come ha fatto nel passato riguardo allo storione che, fino agli anni ’80, veniva tutelato assurdamente solo con la misura minima (60 cm) senza tener conto che veniva catturato prevalentemente in primavera ed estate, proprio quando risaliva i fiumi per riprodursi. Non sono stati i pescatori a chiedere per primi la tutela degli storioni, ma il WWF, il Fondo Mondiale per la Natura, in particolare la delegazione provinciale di Pordenone. L’Ente Tutela Pesca ha però subito risposto, impedendone completamente la cattura. Un’altra iniziativa simile potrebbe essere adottata per la cheppia in modo di vederla riuscire nel futuro risalire anche nella parte alta del Livenza, magari in accordo con gli enti del Veneto che regolano la pesca nelle acque interne. Ho sentito solo una volta un pescatore sportivo citare la cheppia, però più volte un famoso pescatore professionale veneto in attività nel Livenza soprannominato “el Canarin”. Da generazioni la sua famiglia getta in acqua centinaia di bertovelli e gestisce anche una rete a bilancia dove incappano anche le cheppie. Diversamente dagli altri pescatori, che non sanno più portare in tavola questi pesci le cui carni vengono considerate tignose e piene di lische, ha conservato la memoria della modalità di preparazione e si prende lo sfizio, in qualche cena di amici, a farla passare addirittura per branzino! D’altronde c’è da ricordare che, anche per la sua grande quantità, la cheppia ha sfamato la povera gente “de cason” in tempi di grande carestia, e a fine ottocento, in tempi che per mangiare non si andava tanto per il sottile, come osserva il Tellina, veniva anche venduta al mercato ittico di Udine. Passera - 1,170 kg catturata a Tremeacque Pesca e Ambiente 21 Itinerari La Riserva naturale del Lago di Cornino Fulvio Genero La Riserva naturale ha una superficie di 510 ha e si colloca all’estremo margine sudorientale delle Prealpi Carniche, con l’ampio alveo del Fiume Tagliamento che la separa dalla Piana di Osoppo e dalle colline moreniche. L’area è caratterizzata da una elevata diversità ambientale e da rilevanti valori naturalistici. L’importanza dal punto di vista biogeografico delle Prealpi orientali, unitamente alla presenza del fiume ed alla morfologia ed esposizione dei rilievi, determinano situazioni faunistiche e vegetazionali particolari, con specie presenti spesso al limite dei rispettivi areali di distribuzione. Le condizioni climatiche favoriscono la presenza di specie termofile, con grande sviluppo della vegetazione xerofila (amante di ambienti aridi) e la singolare presenza del leccio nelle zone rupestri. L’area è caratterizzata dal grande sviluppo delle pareti roc- Tratto di Tagliamento incluso nelle Riserva Naturale 22 Pesca e Ambiente ciose calcaree e da conoidi detritici e frane che raggiungono l’ampio greto del Tagliamento, che rappresenta un elemento di estremo interesse dal punto di vista paesaggistico e naturalistico a livello europeo. La morfologia carsica si manifesta con un aspetto aspro e selvaggio, creando forti contrasti tra diversi elementi paesaggistici che si incontrano in quest’area. In una vasta depressione all’interno dei conoidi si trova il Lago di Cornino, formato tra depositi di frana avvenuti dopo il ritiro dei ghiacciai. Ha una superficie di 8500 mq ed una profondità massima di 8 m, caratterizzato da una particolare trasparenza delle acque di un bel colore verdeazzurro, è alimentato da circolazione idrica sotterranea di tipo carsico. Le peculiarità ambientali si riflettono sulla vegetazione, creando un varietà di situazioni in cui coesistono elementi floristici alpini tipici e specie proprie di climi caldi e secchi di tipo mediterraneo, accompagnate da altre sudeuropee e illirico-balcaniche. L’orientamento delle pareti rocciose ed il riflesso delle radiazioni solari sul greto del Tagliamento determinano una forte insolazione e quindi un cli- ma particolarmente mite che favorisce specie termofile solitamente presenti sulle aree costiere o a latitudini più meridionali. L’elemento in tal senso più caratteristico sono le stazioni di leccio (Quercus ilex) nelle zone rupestri, il cui verde intenso risalta, soprattutto in inverno, con la boscaglia che riveste i versanti. La vegetazione del greto del Tagliamento è rada e discontinua, caratterizzata da formazioni pioniere e instabili che vivono sulle ghiaie, ricche di specie rare o esclusive di questo ambiente. Il Tagliamento è l’unico fiume alpino che ha subìto un numero limitato di interventi antropici e può quindi essere considerato un corso d’acqua in condizioni prossime a quelle naturali. Il suo corso, lungo 178 km, non è condizionato da opere e strutture ma è disegnato dalle forze della natura, tanto da essere considerato un ecosistema di enorme importanza, un laboratorio all’aperto dove studiosi di molti Paesi conducono ricerche relative alla struttura e dinamica delle aree golenali e alle relative cenosi di specie pioniere. Il Tagliamento ha dimensioni imponenti e nella zona prealpina il suo alveo raggiunge quasi 2 km di larghezza. La portata idrica varia notevolmente tanto che per alcuni tratti, nei periodi più aridi, può ridursi solo allo scorrimento sottosuperficiale di falda, mentre il fiume può diventare impetuoso nelle fasi di piena. L’elevata dinamicità del sistema si manifesta con frequenti modificazioni del tracciato e quindi con un continuo rimodellamento delle forme. In questo ecosistema le condizioni di vita sono particolari e si modificano in continuazione, condizionate da fenomeni di erosione, trasporto e sedimentazione delle alluvioni. Piante e animali devono sviluppare particolari strategie per adattarsi alle forti dinamiche in atto. La fauna dell’area include numerose specie, con la sovrapposizione di elementi caratteristici della montagna, della pianura e delle zone umide, particolarmente interessante per quanto riguarda gli uccelli. Le pareti rocciose della Riserva, con stazioni rupestri di lecci. Nella Riserva, a partire dagli anni ’80, è stato reintrodotto il Grifone (Gyps fulvus), un avvoltoio che ha una apertura alare di quasi 3 metri ed un peso di 8-10 Kg. Vari individui sono stati liberati ed hanno iniziato a riprodursi sulle pareti rocciose vicine, formando una colonia che attualmente conta 60-100 uccelli e frequenta buona parte delle Alpi orientali ed esercita una forte attrazione sui grifoni provenienti da altre zone europee ed in particolare dalla Croazia. Il progetto include numerose iniziative di ricerca e divulgazione e consente di osservaUn esemplare di Grifone adulto facente parte della popolazione che gravita nell’area della Riserva. re agevolmente questo stupendo avvoltoio in una delle pochissime aree dell’Europa centrale dove è ancora presente. Per quanto riguarda la fauna acquatica i popolamenti del lago sono scarsi a causa del basso livello trofico dello stesso e della bassa temperatura delle acque; di interesse la presenza del gambero d’acqua (Austrapotamobius pallipes). La fauna ittica è scarsa e legata ad immissioni di Ciprinidi e Salmonidi. Questo tratto del Tagliamento rappresenta una fascia di transizione tra il corso montano e quello di pianura, si osserva pertanto una sovrapposizione tra le comunità di Salmonidi, poste in prevalenza a monte, e quelle costituite da Ciprinidi, verso sud. Abbondante risulta la trota fario (Salmo trutta trutta), mentre scarsa è la presenza della trota marmorata (Salmo trutta marmoratus) un tempo frequente. Il temolo (Thymallus thymallus) è abbondante nel Tagliamento e nei suoi affluenti, presenti anche lo scazzone (Cottus gobio) e la sanguinerola (Phoxinus phoxinus). Per quanto riguarda i Ciprinidi il cavedano (Leuciscus cephalus) è piuttosto comune, meno diffusi l’alborella (Alburnus alburnus alborella) e la lasca (Chondrostoma toxostoma). Pesca e Ambiente 23