Anno III - Numero 05 Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli 11 Dicembre 2009 Reporter nuovo La polemica Parla Dinmore del Financial Times Stati Uniti La carica degli sconfitti Asili nido La risorsa che non c’è Twlight Camilla, perché il vampiro va NUMERI IN PIAZZA TRA QUESTURA E ORGANIZZATORI LʼETERNO CONTRASTO SUI PARTECIPANTI Primo Piano Un milione per gli organizzatori, 90 mila per la questura: un rituale ben noto, una differenza di valutazioni affidata a metodi non scientifici ma che fa opinione INSIEME Un corteo studentesco degli anni ’60 e, a destra, il Circo Massimo in occasione della manifestazione nazionale del PD del 2008 Più la piazza è unita, più divide La guerra delle cifre non trova pace: non c’è un criterio affidabile Sui numeri non ci si trova mai d’accordo; lo sanno bene gli agenti di finanza e i commercialisti, le insegnanti di matematica e i loro alunni, gli amministratori di condominio e i vicini di pianerottolo. Ma nessun divario è così grande come quello che, in Italia, divide le cifre sul numero dei partecipanti sventolate, insieme alle bandiere, ad ogni manifestazione politica. E che vede scendere in campo tassativamente due fronti opposti: gli organizzatori, da una parte, le forze dell’ordine e gli avversari, dall’altra. Le dimensioni del “popolo viola” che sabato a Roma si è ritrovato in piazza San Giovanni per prendere parte al “No Berlusconi Day” sono l’ultimo oggetto di discussione. Gli organizzatori della protesta, nata on line su iniziativa di alcuni blogger democratici come movimento della società civile per chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio, hanno parlato di più di un milione di persone; la questura, di nemmeno 90 INCREDIBILI DIFFERENZE Sembra impossibile trovare un accordo tra le cifre fornite dalla Questura e quelle degli organizzatori. Ecco alcuni numeri relativi a manifestazioni degli ultimi anni: MANIFESTAZIONE ORGANIZZATORI No Berlusconi Day Roma, 5 Dicembre 2009 Manifestazione della FNSI per la libertà di informazione Roma, 3 Ottobre 2009 Manifestazione della CdL contro il governo Prodi Roma, 2 Dicembre 2006 Corteo Cgil in difesa dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori Roma, 23 Marzo 2002 1.000.000 300.000 90.000 60.000 2.000.000 700.000 3.000.000 700.000 mila. Una differenza macroscopica, ma consueta. Immagini come quella del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani che ad Aprile, in occasione della grande manifestazione nazionale del sindacato, dichiarava soddisfatto dal palco del Circo Massimo: “Siamo più di due milioni e mezzo”, sfidando le cifre delle forze dell’ordine che registravano un numero di presenze molto più contenuto (200 mila), sono routine. Le piazze italiane hanno perimetri flessibili, e, come ha scritto anche Gian Antonio QUESTURA Stella sul Corriere della Sera, diventano piccolissime quando sono occupate dagli avversari ed enormi se sono occupate dagli amici. Ma quali sono i confini della partecipazione? Il problema è reale, e riguarda anzitutto effettivi problemi di misurazione. La questura si af- fida di solito ai numeri forniti dagli organizzatori prima dell’evento, che sono normalmente stime al ribasso del numero dei partecipanti. Gli organizzatori contano invece le teste in piazza, con discreta approssimazione e spesso prendendo a prestito le cifre (accresciute) di manifestazioni precedentemente tenutesi negli stessi spazi. Criteri chiaramente poco oggettivi. Le soluzioni proposte sono state tante: dirette come il “piazzometro”, indirette come la regolamentazione dei cortei attraverso protocolli e procedure imposte a livello locale. Ma hanno trovato la sostanziale indifferenza o l’opposizione aperta di associazioni e forze politiche. E si capisce. La classe politica italiana, forse più di altre, ha al centro delle sue valutazioni le dimensioni immediate e visibili del consenso. Riempire piazze e strade delle città diventa allora essenziale per far pesare la propria presenza nel paese. Anche giocando coi numeri. Gianfranco Mascia, leader del comitato Boicotta il Biscione, parla della manifestazione di sabato “No B Day, un successo al di là dei numeri” Cosa hanno da dire i diretti interessati sul problema della corretta valutazione dei numeri di una manifestazione? Abbiamo sentito Gianfranco Mascia, del comitato Bobi (Boicotta il Biscione), uno degli organizzatori del “No Berlusconi Day” di sabato scorso. Gianfranco Mascia, i giornali hanno parlato di una grande affluenza alla manifestazione, e sul vostro sito sostenete che i partecipanti erano oltre un milione. “Siamo molto soddisfatti dell’iniziativa. Il corteo ha sfilato per quattro ore da Piazza della Repubblica a Piazza San Giovanni, con un pubblico numerosissimo che guar- 2 11 Dicembre 2009 dava e spesso si univa ai manifestanti”. Una grande partecipazione, insomma. “Grandissima. Sembrava quasi un corteo presidenziale”. Come avete tirato fuori i numeri del corteo? Da dove viene il milione di persone? “Guardi, le adesioni on line erano già 350mila. Poi, come si fa in questi casi, si sale sul palco e ci si affida all’occhio. Piazza San Giovanni era piena, via Merulana e le vie laterali anche. Se pensa che Silvio Berlusconi parlava di un mi- lione di persone con la piazza mezza vuota…” La Questura riporta altre cifre. 90mila persone, non di più. “Probabilmente la Questura indica il dato che noi abbiamo comunicato all’atto di convocare la piazza…” Cioè? “50, 90mila persone. Quelle che prevedevamo in quel momento”. Quindi è soltanto un problema di tempi? I numeri della Questura erano sui giornali nei giorni scorsi. “Le posso dire schiettamente? Pagina a cura di Francesco Alfani Che fossero 90mila, 200mila, anche dieci milioni, è un dato di fatto che con il “No Berlusconi Day” abbiamo riempito Piazza San Giovanni, le vie laterali e via Merulana. Quando qualcuno mi porterà una manifestazione autoconvocata, autorganizzata, che è partita dalla rete e che solo dalla settimana prima ha avuto un po’ di spazio sui media, e che ha avuto lo stesso successo, ne riparleremo”. Un successo incredibile. “Abbiamo colpito l’immaginario collettivo, questo è importante. RaiNews24 e SkyTg, che erano collegate, hanno triplicato gli ascolti. Veda lei…” PIAZZOMETRO Con Lynce conti affidabili? In principio fu il “piazzometro”, uno studio del 2004 dell’allora questore Nicola Cavaliere per calcolare la capienza effettiva delle piazze più gettonate di Roma. Il criterio era, diciamo, un tanto al chilo: in media 4 persone possono stare in piedi in un metro quadro, per cui, con una banale moltiplicazione, è facile riempire virtualmente le varie Piazza San Giovanni (156mila metri quadri), Piazza Navona (51mila) e Piazza del Popolo (17mila). Ma oggi la società spagnola Lynce assicura di avere a disposizione un metodo scientifico per misurare il numero di persone che hanno preso parte a una manifestazione. Utilizzando foto, video e strumenti informatici Lynce offre tre diversi servizi di misurazione (a tre diverse tariffe) per ottenere i numeri di qualsiasi evento pubblico anche entro le classiche 24 ore. Il progetto nasce, nelle intenzioni degli amministratori, per dare risposta a necessità di tipo sociologico; ma le potenzialità politiche sono evidenti. Non casualmente Lynce è diventata famosa per aver letteralmente più che decimato il numero di partecipanti alla manifestazione antiabortista e antizapaterista svoltasi ad Ottobre a Madrid: 2 milioni per gli organizzatori, 250mila per la Polizia, 55mila per Lynce. Margine di errore: 15 per cento, secondo il direttore del progetto Juan Manuel Gutiérrez. Reporter nuovo Politica Si susseguono alle Camere i voti di fiducia. Un’anomalia tutta italiana a rischio di incostituzionalità Ormai è eutanasia parlamentare In Francia non esiste, in Germania solo cinque casi in tutta la storia FIDUCIA, QUANTE VOLTE Marco Cicala Una morte lenta, una sorta di eutanasia parlamentare. È in corso - dicono gli analisti - uno slittamento progressivo del potere legislativo dalle Camere all’esecutivo e la decisione del governo Berlusconi di blindare la Finanziaria 2009 sembra confermare questa ipotesi. È l’ennesima legge sotto scacco della questione di fiducia, la ventisettesima della legislatura vigente (vedi riquadro a fianco). Ma quella che sembra essere diventata una consuetudine, non è un’abitudine esclusiva dell’attuale maggioranza. Le cifre parlano chiaro. Se si analizza l’operato dei governi precedenti, si può constatare che la richiesta di fiducia è una costante. Il governo Prodi del ’96 vi ha fatto ricorso complessivamente per 33 volte; il secondo governo Berlusconi 46, mentre l’ultimo governo di centrosinistra, nonostante sia stato in carica solo per un anno e mezzo, ha chiesto la questione di fiducia 23 volte. È dunque una prassi ormai consolidata quella di realizzare il programma di governo attraverso decreti 2008 - Decreto fiscale (25 giugno; 1 e 5 agosto 2008); decreto sicurezza (15 e 21 luglio;); decreto scuola (7 ottobre 2008); decreto Alitalia (22 ottobre 2008); decreto sanità (2 dicembre 2008). 2009 - Decreto per l’università (7 gennaio 2009); decreto PRESIDENTI Renato Schifani e Gianfranco Fini e disegni di legge di iniziativa governativa combinati alla richiesta di fiducia. I vantaggi per l’esecutivo sono evidenti: emendamenti congelati, tempi più brevi, maggioranza compattata. Ma tutto ciò a scapito del Parlamento, che viene di conseguenza esautorato delle proprie funzioni. Si assiste a uno sbilanciamento dei poteri: quello legislativo si affianca a quello esecutivo nelle anticrisi (Camera e Senato, 14 e 27 gennaio 2009); decreto mille proroghe (11 e 19 febbraio 2009); decreto incentivi (2 e 8 aprile 2009); ddl sicurezza (13 maggio); maxi emendamento al ddl intercettazioni (10 giugno 2009); ddl sicurezza (Senato, 2 luglio 2009); decreto anticrisi (Camera 24 luglio e Senato 1 agosto 2009); decreto anticrisi contenente le norme per lo scudo fiscale (30 settembre 2009); decreto per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (decreto Ronchi, 19 novembre 2009). mani del Governo, alterando la naturale tripartizione teorizzata da Montesquieu. La Costituzione italiana prevede questa possibilità, ma solo “in casi straordinari di necessità e urgenza”. Una reiterazione del ricorso alla fiducia presenta dunque consistenti presupposti di incostituzionalità. Se si guarda come si comportano altri Paesi, si vede che in Germania, ad esempio, la questione di fiducia è stata posta in tutta la storia della Repubblica Federale soltanto cinque volte. E questo nonostante il ruolo fondamentale per il Cancelliere e per la RFT. In Francia addirittura non esiste questa tipologia di tecnica parlamentare. Il governo francese può ricorrere alla fiducia soltanto due volte l’anno, oltre alla legge finanziaria, e soltanto alla Camera dei Deputati perchè la Costituzione transalpina rifiuta l’utilizzo di questa disciplina al Senato. La conseguenza è che in Italia è sempre più in crisi la rappresentanza dei cittadini in politica. Da una teorica Repubblica parlamentare, avverte Roberto Zaccaria, deputato e Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Firenze, si corre il rischio di avvicinarsi nella pratica a una presidenziale. Un presidenzialismo di fatto, calato dall’alto e non varato attraverso una legge costituzionale che solo il Parlamento può deliberare. I “padri costituenti” hanno posto quest’ultimo al centro del sistema, come è possibile leggere nell’articolo 67 della Costituzione: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita la sua funzione senza vincolo di mandato”, ovvero risponde soltanto agli elettori. Ma con la questione di fiducia il parlamentare è soggetto anche alle logiche dei partiti e della politica, situazione acuita dalla scomparsa delle preferenze nelle liste elettorali. Diventa potenzialmente ricattabile, espressione del vertice del partito e non dei cittadini. Parla Guy Dinmore, capo dell’ufficio corrispondenza del Financial Times Ida Artiaco “In Italia c’è libertà di stampa, ma manca una scelta di punti di vista”. Ne è convinto Guy Dinmore, corrispondente da Roma per il quotidiano londinese Financial Times, che abbiamo intervistato per chiedergli quale immagine dell’Italia e del suo Premier si ha all’estero. Mr Guy Dinmore perché il “caso Berlusconi” attrae in maniera quasi morbosa la stampa estera, più di qualunque altro capo di governo? “Non sono d’accordo. Se Obama, Sarkozy o Gordon Brown avessero problemi di conflitto di interesse o mettessero a rischio il paese con il loro comportamento, avanzando richieste di immunità i giornali si comporterebbero allo stesso modo che col Premier italiano. Berlusconi non è eccezionale”. Perché soprattutto i giornali inglesi, con tanta cronaca e un po’ di ironia, rincarano la dose? “Forse perché in Italia ci sono più giornalisti inglesi che di qualunque altra nazionalità. Non credo ci sia ironia ma volontà di documentare ciò che avviene. C’è poi una differenza tra i miei articoli e gli editoriali che compaiono sul gior- Reporter nuovo “Io non voglio sputtanare l’Italia” nale. Io scrivo solo notizie, non esprimo giudizi consigliando a Berlusconi di dimettersi”. Dopo gli scandali privati, il caso Mills e la bocciatura del lodo Alfano, giungono come un boomerang sul governo italiano le dichiarazioni del pentito di mafia Spatuzza. Il Times ha scritto che l’Italia è, a questo punto, nella morsa di un’emergenza morale. Concorda con questa affermazione o c’è dell’altro? “In Italia non c’è, a mio avviso, un’emergenza morale, quanto piuttosto una crisi politica: Berlusconi non può governare quando ci sono tutti questi processi contro di lui, investendo così tutto il governo. Senza dimenticare l’emergenza economica che, da ormai dieci anni, costringe il Paese ad uno sviluppo inconsistente, divenendo il fanalino di coda tra i paesi europei”. Berlusconi lo scorso ottobre a Benevento ha attaccato la stampa estera, accusandola di “sputtanare l’Italia e la sua democrazia”. Ma qual è l’ obiettivo dei giornali stranieri? “L’obiettivo è semplice: scrivere dell’ Italia così come è. Ogni settimana scrivo diversi articoli dalle svariate tematiche, dall’istruzione del Politecnico e d’università Bocconi di Milano, premiate per la loro eccellenza nel panorama europeo, passando per una inchiesta a Napoli sulla situazione economica in Campania e Lecce come paradiso per i turisti, fino ad una recente presentazione del Cira di Capua, il miglior centro di ricerca aeronautica in Europa, anche se gli italiani non ne sanno niente. Ecco, io non voglio “sputtanare l’Italia e la sua democrazia”. Ma se il go- verno agisce male in parlamento per fare le leggi e ottenere la fiducia è un problema che invade tutta l’Italia, ed ho il dovere di riportarlo ai miei lettori”. Quale immagine del sistema italiano si ha all’estero dall’informazione? “Dipende dai punti di vista. Per quel che riguarda l’economia, molti credono che sia rallentata durante questo governo, anche perché Berlusconi non porta avanti i progetti. Nello stesso tempo l’Italia ha una grande ricchezza culturale. Per cui ci sono più aspetti positivi che negativi. maggioranza in Senato. E’ anche vero che il centro-sinistra è in Italia molto debole, non ha risposte forti contro la crisi. Si IN BILICO sono succeduti ben quattro Con una vignetta che ne leader in tre anni, da Prodi a mette in evidenza Bersani, e questo ha aiutato l’instabilità e un pezzo molto il Cavaliere. Non credo dal titolo “Time to say che sia sempre stato il preferiaddio”, l’Economist to, anche perché Prodi è riuscito chiede esplicitamente le a sconfiggerlo nelle elezioni dimissioni di Berlusconi. del 1998 e del 2006. Rispetto E il Financial Times l’opinione pubblica italiana, ribadisce come che ha votato alcune volte per il Premier non possa Berlusconi, altre no. C’è però il più governare l’Italia, problema del conflitto di inteormai “sotto assedio” ressi e il fatto che gli italiani non sono abituati a leggere i giornali. Per esempio La Repubblica ha solo cinquecentomila lettori, Qual è il motivo, secondo che non è tanto. Il novanta per lei, per cui gli italiani conti- cento degli italiani prendono le nuano a preferire Berlusconi opinioni che diffonde la telesulla scena politica più di visione, ma non sempre sono qualunque altro soggetto? veritiere: ad esempio del caso Cosa la stampa straniera pen- Spatuzza non ha fatto mensa dell’opinione pubblica ita- zione il Tg4 di Emilio Fede, e liana? il Tg1 non l’ha considerato “Forse non è vero che Ber- una notizia di primo piano. Per lusconi gode di un così grande cui non è proprio vero che non successo. Forza Italia non ha c’è una sua pressione sui media. mai ricevuto più del 25 per cen- Solo Sky Italia, di proprietà di to dei voti. Ha il potere grazie Rupert Murdoch, ha trasmesalla nuova coalizione con Al- so in diretta il processo dal trileanza Nazionale e alla Lega bunale di Torino, ma anche in Nord, che è molto forte, ben or- questo caso vi sono motivazioni ganizzata e molto radicata nel politiche. C’è in Italia libertà di popolo padano. Berlusconi di- stampa, ma non c’è una granpende dalla Lega per avere la de scelta di punti di vista”. 11 Dicembre 2009 3 Economia Mentre a Copenhagen i capi di Stato cercano soluzione all’ inquinamento da gas serra Mobilità sostenibile salva-mondo Auto ibride o a idrogeno per produrre meno CO2. Il parere degli esperti Chiara Aranci L’effetto serra, causa del riscaldamento globale, cresce vertiginosamente. L’impegno dei Paesi del mondo, avviato con gli accordi di Kyoto già nel 1997 e portato avanti fino al Vertice di Copenhagen, è quello di ridurre l’inquinamento globale e le emissioni di gas, in particolare quelle di CO2. Le automobili sono tra le maggiori responsabili delle emissioni di CO2 nell’aria. Basti pensare che oggi nel mondo sono in circolazione un miliardo di veicoli, una cifra destinata a triplicarsi entro il 2050 considerando anche l’aumento della popolazione e il desiderio da parte dei Paesi sviluppati di migliori standard di vita . Il settore automobilistico negli ultimi anni sta investendo in ricerca per sviluppare tecnologie alternative all’inquinamento prodotto dalle autovetture. Macchine a gpl, a metano, elettriche, a idrogeno e ibride sono le ipotesi ecologiche che sempre più si vanno diffondendo nel mercato delle automobili. Ma in che misura potranno aiutare a ridimensionare il problema delle emissioni di gas? Dicono gli esperti che il metano, miscela di gas naturale, fra tutti i combustibili fossili, ha il rapporto più elevato tra energia sviluppata e quantità di CO2 emessa e dunque contribuisce in maniera minore al riscaldamen- COSÌ NEL MONDO SECONDO GLI ULTIMI DATI La vettura ecologica da sola non potrebbe fare molto In Giappone più attenti I mezzi di trasporto sono tra le principali cause di inquinamento da polveri sottili (Pm10). Per avere un’idea delle possibili conseguenze che questo può avere sul corpo umano, l’Ospedale civile di Sesto San Giovanni ha pubblicato nel 2004 uno studio che metteva in relazione i danni provocati dallo smog con le conseguenze del fumo delle sigarette. È emerso che fare una passeggiata nel centro di Milano è come fumare 15 sigarette, mentre respirare per un solo giorno l’aria di Roma equivale a fumarne sei. Ma quanto incidono le automobili sull’inquinamento atmosferico? Uno studio del 2006 a cura del Csst (Centro studi sistemi di trasporto) mostra che in Italia i mezzi di trasporto causano il 29 per cento delle emissioni di Pm10, mentre solo l’otto per cento è da attribuire alle autovetture, autobus e moto esclusi. Considerato però che a Roma, nel 2004, le auto hanno prodotto 88 tonnellate di polveri sottili, potrebbe essere decisivo utilizzare quelle ibride o elettriche. Un recente studio di Assicurazioni.it ha evidenziato come in Italia ce ne siano solo quattro su 100. Per Legambiente le case automobilistiche giapponesi sono le più attente all’ambiente: la Honda Civic 1.3 Hybrid e la Toyota Prius 1.5 Hybrid sono le meno inquinanti in commercio. La “maglia nera” va invece alla lussuosa Bugatti Veyron. La patria del Sol Levante si è dimostrata fino ad oggi la più attenta all’ecologia nel settore dei motori. Honda, Toyota, Nissan, Daihatsu e altre case automobilistiche vendono modelli avanzati di macchine elettriche, in grado di percorrere 555 km con una sola carica. I cospicui incentivi statali fanno sì che i giapponesi utilizzino sempre di più veicoli ecologici. A. A. to globale. Analogamente, il gpl brucia integralmente nella combustione lasciando pochissime scorie. Le prestazioni tra le macchine a metano e a gas sono leggermente diverse, ma i vantaggi sono molteplici. Il costo inferiore rispetto alla benzina, il fatto di essere veicoli ecologici e di non doversi sottoporre ai divieti che le grandi città periodicamente impongono per frenare il livello di inquinamento, la disponibilità degli ecoincentivi statali per l’acquisto, hanno fatto sì che negli ultimi anni le vetture ecologiche conquistassero consenso tra i cittadini italiani. La sfida della ricerca è quella di trovare una batteria ecologica, che non produca ulteriori fonti di inquinamento come quella al litio dei cellulari, e che sia capace di resistere ai tempi lunghi dei viaggi in macchina. Le auto a idrogeno sono in via di sperimentazione, e non è imminente una verosimile diffu- Dalla Cina a valanga IN CITTÀ Intasamento e smog quotidiano sione su larga scala. Le automobili ibride,caratterizzate da un doppio motore a benzina ed elettrico, rappresentano un’ipotesi concreta di futuro ecologico. Il motore elettrico funziona alle basse velocità tipiche della città, quando si raggiungono velocità più alte entra in funzione automaticamente il motore a benzina. In questo modo la città non viene inquinata e la batteria ricaricata con il percorrere le lunghe distanze. Nelle giornate di studio del recente H2Roma, punto d’incontro tra le istituzioni, le industrie e i ricercatori per dibattere sull’ energia e la mobilità sostenibile, la realtà più promettente sembra essere al momento quella, appunto, delle macchine ibride, la cui vendita sul mercato mondiale si aggira intorno ai due milioni di esemplari, ma i cui prezzi sono ancora elevati. Rendere alla portata di tutti le macchine ibride è ora questa la sfida da lanciare. Con Mario Conte, dell’Enea, facciamo il punto sulla ricerca del settore. I vantaggi di quelle elettriche Dai motori puliti più efficienza e meno smog Andrea Andrei A che punto è la ricerca in Italia sul motore a idrogeno? Lo abbiamo chiesto a Mario Conte dell’Enea. «Credo che ad oggi» esordisce «non ci sia nessuno in Italia che si occupi ancora di cercare di produrre dei motori a idrogeno puro, se non rarissimi casi. Esistono dei prototipi, ma è qualcosa di molto limitato. Si stanno invece studiando delle miscele di metano e idrogeno, con l’obiettivo di utilizzare gli stessi motori che ci sono oggi, pur riducendo le emissioni. In questo campo la ricerca è già abbastanza avanzata. Anche il motore a idrogeno, comunque, prevedendo una combustione, ha delle emissioni». 4 11 Dicembre 2009 Su quale altro tipo di tecnologia punta la ricerca? L’auto ibrida è davvero una soluzione possibile? «Il livello di ibridizzazione può variare. Ad esempio lo “start & stop”, il meccanismo che fa spegnere e riaccendere il motore, è un cosiddetto “ibrido minimo”. Ma il vero ibrido è quello che permette alla parte elettrica di muovere il veicolo. Ne esistono, oggi, prodotti sia dalla Toyota, che dalla Honda». Quali gli aspetti positivi del motore elettrico? «La cosa davvero positiva è che con la trazione elettrica è possibile recuperare l’energia durante il rallentamento o la frenata: da motore diventa generatore elettrico e ricarica le batterie, oltre a fungere anche da freno motore». E da un punto di vista economico? «La sua ottimizzazione dal punto di vista economico si può ottenere solo con la vendita su larga scala. I segnali sono comunque confortanti. La Toyota ha già venduto diverse migliaia di esemplari, e le previsioni ci lasciano credere che presto l’auto elettrica si sostituirà a quella a benzina». Alcune ricerche hanno dimostrato che i bovini inquinano come le automobili, che le auto contribuiscono soltanto all’otto per cento del totale dell’inquinamento atmosferico, e che, stando a una ricerca dell’Istat, le industrie rappresentano la maggiore causa di inquinamento. È davvero ne- cessario concentrarsi tanto sul settore automobilistico? Non bisognerebbe prima occuparsi delle industrie? «Un conto è il problema globale, sull’effetto serra, che riguarda le emissioni di Co2, di cui si sta discutendo in questi giorni a Copenhagen, un conto è quello locale. È una vecchia storia. Di solito, dire che le auto sono responsabili solo dell’otto per cento del totale, è un modo per discolparsi. Se l’aria in città è irrespirabile la causa non sono i bovini né i trasporti marittimi o le industrie, che sono fuori dalla città. Secondo alcune nostre ricerche, quasi il 90 per cento dell’inquinamento urbano è prodotto dai trasporti, automobili in particolare». Più per esigenze economiche che ecologiche, il governo ha introdotto una serie di leggi severe per limitare l’utilizzo dei motori maggiormente inquinanti. Si prevede che il mercato automobilistico cinese arrivi a contare, nel giro di 10 o 15 anni, 250 milioni di autovetture. Stati Uniti sotto accusa Gli Usa sono il paese maggiormente responsabile dell’inquinamento atmosferico nel mondo. Produce il 25 per cento del totale di CO2, pur avendo solo il 4 per cento della popolazione mondiale. Auto diesel e utilitarie sono quasi assenti dal mercato americano. In Europa la Fiat è ok La Francia ha un rigido modello di disincentivi e incentivi per favorire la diffusione di auto ecologiche. Ha introdotto tasse aggiuntive sui modelli non ecologici, con le quali finanzia gli eco-incentivi. Ma secondo una ricerca dell’associazione Transport & Environment, l’azienda che produce le auto più “pulite” d’Europa è l’italiana Fiat. A. A. Reporter nuovo Mondo Il lavoro al Senato degli ex-candidati alle presidenziali Usa tra Afghanistan e riforma sanitaria Sconfitti ma di nuovo in trincea Il ruolo di Kerry e McCain al tempo di Obama. Carrellata sugli altri ex Ida Artiaco Democratici e repubblicani uniti dalla stessa sorte. Sono John Kerry e il suo omonimo McCain, sconfitti alle urne in occasione delle ultime due elezioni presidenziali americane. Entrambi ancora col sogno di cambiare il loro paese, partecipando attivamente con le proprie idee alla vita politica statunitense. Il democratico John Kerry, senatore per il Massachusetts da oltre vent’anni, ha concorso alla carica di presidente nel novembre 2004, quando si contese il prestigioso titolo con George W. Bush, in una campagna elettorale combattuta a colpi di sondaggi. Sconfitto nettamente negli stati chiave dell’ Iowa, della Florida e dell’Ohio, ha affermato subito dopo: “Bisogna lavorare insieme senza rabbia e rancore. L’America ha bisogno di unità”. In seguito, ipotesi mediatiche parlavano di una sua ricandidatura alle elezioni del 2008, ma il democratico ha preferito non partecipare alle primarie attivamente, dando tutto il suo sostegno a Barack Obama. Attualmente presidente della Commissione del Senato per le Relazioni Estere, Kerry sta lavorando per la riduzione della dipendenza dalle fonti di energia non rinnovabile, per l’espansione della copertura sanitaria pubblica e privata e l’istituzione di un servizio militare obbligatorio e uno volontario che prevede quattro anni di istruzione gratuita per chi abbia svolto almeno due anni di servizio militare. Non dimentica neppure l’impegno a sostegno dei diritti civili degli omosessuali, già tra i punti cardine della sua campagna elettorale. Nelle ultime settimane è stato al centro del dibattito circa la nuova strategia attuata dagli Usa in Afghanistan, denominata “The view from the ground”, che guarda soprattutto agli sviluppi della situazione pakistana vicino al confine afghano, recepita come più importante di “qualsiasi aumento di truppe”. “Il Pakistan è una nazione sovrana. Bisogna convincerlo ad affrontare i gruppi estremisti che minac- RONALD REAGAN IN CAMPO John Kerry e John McCain al lavoro nella Commissione del Senato Usa ciano la sicurezza regionale ed internazionale”, ha dichiarato il democratico. Ha inoltre aggiunto che “sarebbe un grande errore credere che la recente dichiarazione del presidente Obama circa il ritiro delle forze armate in Afghanistan a partire dal 2011 significhi l’abbandono dell’impegno americano in tutta la regione”. Recentemente ha criticato sul quotidiano della Florida St Petersburg Times le politiche americane fallimentari circa le regolamentazioni dei rapporti con Cuba, proponendo la revoca dell’embargo dei viag- gi nell’isola dei fratelli Castro. Ampio spazio è stato dedicato dai giornali d’oltreoceano anche ad un piccolo scandalo privato, che ha coinvolto la figlia trentaseienne di Kerry, arrestata dalla polizia di Los Angeles per guida in stato di ebbrezza, lo scorso novembre. Altro illustre sconfitto alle presidenziali americane è il repubblicano John McCain. Dopo esser stato scalzato da George W. Bush alle primarie repubblicane del 2000, nel 2008, a settantadue anni, è finalmente riuscito ad ottenere la candidatura contro Barak BILL CLINTON GEORGE BUSH Obama, nonostante il New York Times avesse scoperto un presunto favoritismo nei confronti di una “lobbista” sua amante. Ma ancora una volta è stato costretto a tornare nella sua Arizona, dopo il confronto con il democratico, soprattutto perché, secondo molti, non ha saputo o voluto prendere le distanze dal suo predecessore, il presidente meno amato degli ultimi decenni. A ciò si aggiunge una politica economica criticata da entrambi gli schieramenti durante la campagna elettorale. Pur essendo conservatore su molti temi, è visto dall’opinione pubblica come un “battitore libero”, che ha votato in maniera indipendente dalle linee del partito varie volte. Oggi, senatore dell’Arizona, si dedica alla salvaguardia del suo territorio, attraverso la promozione di una giusta amministrazione ambientale e di una più severa legge sull’immigrazione, soprattutto dopo le ripetute violenze al confine meridionale col Messico. Un altro tema caro a McCain è di sicuro la riforma sanitaria: il suo obiettivo è di contrastare il governo per non far approvare la cosiddetta “opzione pubblica”, pur dimostrandosi disponibile al confronto, come ha dimostrato in occasione della proposta, accolta favorevolmente da Obama, di creare un team che si occupi dei malati gravi. Il repubblicano è concorde con il presidente anche in materia di politica estera: McCain ha elogiato il suo vecchio avversario per la decisione di inviare rinforzi consistenti in Afghanistan per debellare il terrorismo e la guerra. IL SIMBOLO GEORGE BUSH JR. Nel granito i quattro fondatori Liberal-conservatore Non casa e pantofole Aiuta il terzo mondo Un libro per spiegare Nel 1994, a cinque anni dalla fine del suo secondo mandato, la vita dell’attore e presidente Ronald Reagan, fino a quel momento scandita dai ritmi rilassati del ritiro dorato offerto dalla villa di Bel Air e dal “Rancho del Cielo”, è stata sconvolta dai primi accenni di Alzheimer. Con l’aggravarsi della malattia le apparizioni pubbliche di Reagan si sono sempre più ridotte. Ha dedicato gli ultimi anni della sua vita alla riconciliazione con la figlia Patti, da sempre in contrasto con le visioni conservatrici del padre. Morto il 5 giugno del 2004, con novantatre anni e centoventi giorni è stato il secondo presidente americano più longevo, preceduto solamente da Gerald Ford. Oltre 100.000 persone hanno salutato la salma del quarantesimo presidente statunitense. In giro per il mondo era noto come “President Bush”. Dall’elezione del figlio a presidente degli Stati Uniti in poi è conosciuto come “George Bush Senior”, un attempato padre di famiglia con l’hobby della pesca che si divide tra la sua casa di Houston e la sterminata “tenuta Bush” nel Maine. Ma George Herbert Walker Bush non è tutto casa e pantofole. Continua a presenziare in occasione dei grandi avvenimenti pubblici (l’ex presidente era presente ai funerali di Stato di due dei suoi predecessori, Ronald Reagan e Gerald Ford, e a quello di Papa Giovanni Paolo II) e non si è ritirato del tutto dalla vita politica statunitense, come ha dimostrato in occasione delle elezioni presidenziali del 2008, quando ha sostenuto il candidato repubblicano John McCain. Conclusi due mandati alla Casa Bianca e sopravvissuto allo scandalo Lewinsky, l’ex presidente democratico è ora a capo della William J. Clinton Foundation, impegnata nella promozione di programmi per la lotta alla fame e all’Aids nel terzo mondo e supportata finanziariamente dai governi di Qatar, Kuwait e Marocco. La politica continua ad appassionare Clinton, sceso in campo a fianco di sua moglie Hillary (candidata alla presidenza nel 2008 e oggi segretario di Stato) in occasione delle ultime presidenziali. In agosto ha avuto il delicato ruolo di mediatore internazionale, quando è volato in Corea del Nord per contrattare la libertà di due giornaliste di Current Tv, emittente dell’ex vicepresidente Al Gore, condannate a dodici anni di lavori forzati. Un ultimo volo sull’Air Force One per concludere otto anni da presidente degli Stati Uniti e tornare nel suo Texas, Stato in cui ha un passato da governatore. Ad attenderlo una villa appena acquistata per oltre due milioni di dollari nella campagna che circonda Dallas. Così il presidente George Walker Bush ha deciso di accomiatarsi dai cittadini statunitensi, lasciando la Casa Bianca a Barack Obama, ma continuando a riempire di impegni la propria agenda. Dall’inaugurazione di stadi da football americano alla scrittura di un libro in cui spiegherà al mondo le dieci decisioni più difficili prese dalla scrivania dell’ufficio ovale, passando per la visita ai soldati in servizio in Iraq, lo stile di vita di George Bush Jr. è ancora lontano da quello del pensionato medio. L.d’A Reporter nuovo L.d’A L.d’A L.d’A Mentre la famiglia Bush e Bill Clinton ancora si impegnano per i cittadini americani, altri quattro presidenti ne osservano continuamente l’operato. Sono George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt che, scolpiti nel granito del monte Rushmore, combattono con la newyorkese statua della libertà per guadagnarsi il titolo di monumentosimbolo degli Stati Uniti. Le enormi facce (diciotto metri di altezza per otto di larghezza) sono visitate ogni anno da tre milioni di turisti, che, nel Dakota del Sud, possono idealmente salutare i padri della democrazia americana, il presidente che ha tenuto insieme il paese durante la guerra civile e quello che lo ha guidato durante la crescita economica di inizio ventesimo secolo. 11 Dicembre 2009 5 Cronaca Brutti episodi a parte, analisi di una struttura essenziale in crisi e dei suoi problemi Asili nido, la risorsa che non c’è Insufficienti o troppo cari. Vengono penalizzate le lavoratrici madri Le immagini dell’asilo nido di Pistoia hanno scosso chiunque abbia visto la violenza ingiustificata con la quale due insegnanti si accanivano sui bambini affidati loro. E sicuramente coloro che ogni mattina lasciano i propri figli in mani sconosciute per andare a lavorare avranno provato maggiore sgomento, rabbia, paura. La carenza di asili nido pubblici costringe sempre più spesso madri e padri ad affidare bambini ancora in fasce ad istituti privati che, a suon di euro, dovrebbero prendersene cura. Giovani madri comunque penalizzate, costrette a rinunciare a lavoro e carriera a causa di una politica che non lascia spazio a figli e famiglia. Con conseguenze che si ripercuotono sulla società, a cominciare dalla bassa natalità. A fronte di tali esigenze è nato il piano governativo “Italia 2010”, che grazie ad uno stan- Forse le “Tagesmutter” ci daranno una mano Roberta Casa Asili pubblici aziendali, istituiti dalle imprese per andare incontro alle esigenze dei dipendenti con figli a carico. Oppure “Tagesmutter”, madri condominiali nate dall’esperienza nordeuropea di Finlandia e Norvegia: si tratta di casalinghe con figli a carico che accolgono e si prendono cura di pochi bambini in casa propria. Questi nuovi modi, pressoché sconosciuti in Italia, di sopperire alla carenza di asili nido pubblici, sembrano essere la nuova frontiera del babysitteraggio, in aiuto di giovani donne in carriera che non vogliono rinunciare alla maternità. La realtà italiana non è clemente con le donne costrette a scegliere tra lavoro e famiglia. Nel nostro e in altri paesi europei essere madri molto spesso significa restare a casa e prendersi cura dei bambini, dati i disservizi dei quali soffre il nostro sistema: pochi gli asili nido, ancora meno quel- Il sindacalista: dovrebbe diventare un servizio IN AIUTO Anche in Italia si replicherà l’esperienza tedesca delle “mamme del giorno” li pubblici, graduatorie nelle quali entrare è una vera e propria manna dal cielo, perchè se si è costretti a ricorrere al privato, ogni mese scivola nelle casse dell’istituto metà dello stipendio dei genitori. Addirittura spesso succede che si decida volontariamente di non avere figli, perché averne significherebbe doversi barcamenare in un ambiente ostile, che non tende una mano ai genitori in difficoltà. Nel resto del continente, invece, le donne non subiscono la maternità come freno alla ziamento di 40 milioni di euro cercherà di sopperire alla mancanza di posti negli asili pubblici tramite soluzioni quali “Tagesmutter” o asili nido aziendali. Antonio Amantini, sindacalista Cgil, sottolinea però l’importanza di un investimento a lungo termine nelle strutture pubbliche. Anche alcune madri di Roma denunciano le carenze degli asili nido, costosissimi e spesso inefficienti. carriera. L’Europa sembra essere attraversata da un muro che la divide in due: al nord efficienza dei servizi per l’infanzia, al sud madri e padri lasciati a se stessi. L’idea degli asili aziendali e delle “Tagesmutter” nasce proprio dal virtuosismo nordeuropeo e potrebbe dimezzare il gran numero di genitori che cerca un asilo per i propri figli. Ma i mancati investimenti nel settore pubblico continuano a essere una carenza grave per i genitori che faticano a conciliare lavoro e famiglia. Giulia Cerasi “La risposta che il governo vuole dare alla mancanza di posti negli asili nido è del tutto estemporanea perché copre l’esigenza solo a breve termine, mentre a lungo termine non c’è una progettualità di investire”. A parlare a Reporter Nuovo è Antonio Amantini, sindacalista della Cgil, che ha criticato duramente il piano dei ministri per le Pari Opportunità Mara Carfagna e del Welfare Maurizio Sacconi per favorire l’occupazione femminile, grazie a uno stanziamento di 40 milioni di euro. Nello specifico, dieci milioni saranno destinati a incentivare i nidi familiari sulla scia dell’esperienza nordeuropea delle cosiddette “tagesmutter”, le “mamme del giorno”, che ospitano a casa propria bambini di altre donne lavoratrici. Ogni Comune dovrà poi stilare un albo delle baby sitter. “Questa risposta – commenta Amantini - è babysitteraggio e non un’offerta educativa. Qui non si tratta di tene- IL PIANO “Italia 2020” è il progetto del ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna re i bambini “a pascolare” si tratta di educare i bambini”. Il progetto “Italia 2020” prevede, inoltre, lo stanziamento di 12 milioni di euro per voucher e buoni lavoro destinati all’occupazione femminile e quattro milioni per l’acquisto di computer e software che permettano alle mamme di lavorare da casa. Ma il sindacalista è scettico: “Il problema è legato alla fattibilità del progetto: nei contratti di lavoro sono 15 anni che si parla di telelavoro e il telelavoro non è mai stato applicato”. Con il piano “Italia 2020” i ministri Carfagna e Sacconi tentano di porre rimedio ad una situazione insostenibile: attualmente nel nostro paese solo un bambino su nove ha accesso agli asili nidi comunali, quota ben lontana dalla copertura del 33 per cento prevista dal Trattato di Lisbona. “L’asilo nido – conclude Amantini - deve diventare un servizio pubblico essenziale come lo è la scuola e diventando servizio pubblico essenziale diventa un obbligo da parte degli enti a erogare questo servizio”. Nella scuola di Monte Mario parlano mamme e papà NEL NIDO Bambino che gioca 6 11 Dicembre 2009 Sorrisi, baci, qualche pianto. E’ suonata la campanella all’asilo nido “I tesori di Gulliver”, nel quartiere Monte Mario, è ora di tornare a casa. Sciarpe e cappelli arcobaleno indossati a colpi di “Copriti amore, fa freddo!” si mischiano ai suoni di un ordinario pomeriggio romano. I bambini che frequentano l’asilo - da pochi mesi a tre anni - sono dei privilegiati. “Abbiamo penato tanto per farlo entrare ma alla fine ci siamo riusciti. - dice una mamma soddisfatta - Le graduatorie sono infinite”. I tesori di Gulliver è un piccolo nido comunale di periferia, ha solo 36 posti. “Lavoro in ospedale e con i turni che ho è im- Troppo spesso a trovare posto sono i falsi nullatenenti possibile stare con mio figlio. Per il primo anno lo guardava mia madre ma abita dall’altra parte di Roma. Per fortuna quest’anno è riuscito a entrare qui che è uno dei pochi nidi pubblici aperti fino alle sei”. “Mia figlia l’anno scorso non è rientrata nelle graduatorie e l’abbiamo dovuta iscrivere a un nido privato, pagavamo 500 euro al mese. Si rende conto?” Capelli biondi, occhiali di metallo, sorriso stanco. “Io e mio marito abbiamo dovuto fare un sacco di sacrifici, per due anni niente vacanze e pregavamo non arrivassero spese impreviste”. “E’ una vergogna!” L’unico papà presente si intromette. “A Roma per frequentare un asilo nido bisogna essere o nullatenenti oppure liberi professionisti che denunciano il meno possibile. La mia prima figlia, essendo io e mia moglie due dipendenti statali, è stata esclusa dalle graduatorie. Ora che ci è nato il secondo per miracolo abbia- mo i punti giusti…” L’asilo nido sembra essere una risorsa fondamentale per le famiglie. Ma c’è sicurezza? “Le maestre sono gentilissime assicura una mamma con dieci minuti di ritardo. “Non è possibile che ora perché è successo quel fattaccio - il caso dei maltrattamenti di Pistoia, n.d.r. - voi giornalisti dobbiate mettere sotto accusa tutta una categoria. Noi facciamo il nostro lavoro in condizioni precarie ma i bambini sono la cosa che ci sta più a cuore” irrompe una maestra visibilmente irritata. Trentatrè anni, accento campano, una delle tante emigrate della scuola. “Mio figlio lo lascerei pure negli asili condominiali ma da chi sono controllati? Poi vorrei sapere queste persone che referenze hanno. A me interessa solo che mia figlia sia protetta e so che se sta in una struttura pubblica posso stare sicura” ha continuato la mamma ritardataria. “Ora mi scusi ma ho fretta, devo andare a prendere l’altro figlio a scuola e portarlo a scuola calcio. Fare la mamma è il mestiere più faticoso”. Figuriamoci senza un asilo. G. C. Reporter nuovo Cronaca L’86 per cento degli Italiani considera lo stare incolonnati a lungo ragione di forte stress Mandi una lettera e salti la coda Tanti gli stratagemmi per evitare di attendere ore in fila alla posta Emiliana Costa La signora Pina, 74 anni, è seduta sul suo sgabello nella posta di piazza Bologna a Roma. Come ogni mercoledì attende il suo turno con pazienza. Oggi ha il numero 127 e siamo ancora al 103, ma non le importa. A lei piace stare lì, perché a casa è sola. Suo marito è morto da più di dieci anni e il figlio è partito per cercare lavoro al nord, così la coda allo sportello diventa per lei l’unico momento di socializzazione. Sono le nove del mattino e la filiale di piazza Bologna è già gremita di persone, meno tolleranti della signora Pina, che si accalcano all’emettitrice di numeretti, sperando in un’attesa non troppo lunga. Gli stratagemmi per ridurre il tempo in fila sono tanti, anche perché, secondo i dati diffusi dalla think tank Vision & Value, l’86 per cento degli Italiani considera lo stare incolonnati per ore ragione di stress. E così c’è chi arriva dalla periferia, perché la posta centrale è più efficiente. O chi si affida ai volontari della Banca del Tempo, che fanno la fila al posto degli altri, in cambio di un barattolo di marmellata o di una controllatina alla macchina. In realtà oggi è possibile eseguire la maggior parte delle operazioni postali on line, ricorrere all’accredito della pensione sul conto e domiciliare le bollette. “Ma sono ancora in tanti a preferire il vecchio sportello, LA BANCA DEL TEMPO TAGLIA LA FILA L’ATTESA L’interminabile processione verso lo sportello dell’ufficio postale Anche un modo per “pagare” l’idraulico In un periodo di difficile congiuntura economica lo scambio di servizi può essere considerato un’efficace ricetta anticrisi. Ma anche un modo per conoscersi e creare una rete sociale sul territorio. Ce ne parla Maria Luisa Petrucci, presidente del coordinamento Banche del Tempo di Roma e dell’associazione nazionale. Cosa sono le Banche del Tempo? “Si tratta di associazioni all’interno delle quali vengono organizzati scambi di prestazioni e servizi, valutati in base al tempo impiegato per realizzarli. Ad esempio, se un correntista fa un’ora di fila alla posta per pagare il bollettino di un altro iscritto, avrà un credito di 60 minuti da spendere in una delle attività organizzate dalla banca”. Quando sono nate in Italia questo tipo di associazioni? “La prima Banca del Tempo è stata aperta a Parma nel 1992, su esempio di altri paesi europei. Era il 1996 quando, nell’ambito del Piano dei tempi e degli orari, il Comune di Roma ha lanciato il progetto di un’associazione che armonizzasse i tempi di vita nella Capitale”. Chi sono i correntisti tipo? “Sicuramente le donne impegnate su due fronti, quello lavorativo e quello familiare. Hanno tra i 45 e i 55 anni e un titolo di studio medio-alto. Ma ci sono anche parecchi uomini che accompagnano le loro mogli. Quest’anno solo a Roma ci sono stati nove mila iscritti, con 120mila ore attivate. E’ un’attività in crescita, perché rappresenta un modo costruttivo di socializzare, creando attività radicate sul territorio.”. Quali sono i servizi messi a disposizione? “Ce n’è per tutti i gusti. Si va dai laboratori teatrali, ai cineforum, al Burraco. Ma anche lavoretti domestici e bricolage. C’è perfino l’idraulico, che al posto della sonante fattura presenterà un conto in ore, saldabile con un barattolo di marmellata o una partita a carte. E in un periodo di crisi fa davvero comodo”. Come si sovvenziona la Banca del Tempo? “I finanziamenti di cui usufruiamo si basano sul principio dello scambio. Le amministrazioni locali sostengono le nostre attività e in cambio promuoviamo alcune iniziative del Comune, distribuendo materiale informativo”. Quali sono i rapporti con gli altri enti e associazioni? “Anche in questo caso si tratta di progetti basati sulla reciprocità. Ad esempio, è molto proficua la collaborazione con il centro di salute mentale. I pazienti, che hanno bisogno di esprimersi in un contesto al di fuori della struttura sanitaria, vengono coinvolti nelle attività teatrali messe in piedi dai correntisti. C’è stato il caso di un ragazzo con gravi problemi di relazione, che è riuscito a superare le sue difficoltà grazie proprio a questi corsi. In cambio gli psicologi del centro si offrono come moderatori dei seminari organizzati dalla banca”. E. C. per evitare di diffondere i propri dati e incappare in qualche truffa”, spiega Daniele Blasi, impiegato alla filiale di piazza Bologna. Il display su cui appaiono i numeretti “convocati” agli sportelli scorre inesorabile. Arriva il turno della signora Pina, che si stringe nel suo scialle viola e sorridendo commenta: “Anche oggi la passeggiata è finita”. Nel frattempo l’ufficio postale si è riempito, non ci sono più sedie libere e i clienti si intrattengono nel piccolo stand di gadget collocato all’entrata, dove è possibile trovare di tutto. Da “Fontamara” di Ignazio Silone ai pupazzetti dei Gormiti. Anche Carlo, 70 anni, si sofferma a guardare l’ultimo cd di Gianni Morandi mentre attende il suo turno. Però è fiducioso: “Io – racconta - vengo sempre in questa filiale, perché ci sono tanti sportelli e non si aspetta mai più di mezz’ora. Dove abito, in periferia a Casal Bertone, la situazione é molto diversa e pagare una bolletta può diventare un’odissea”. L’orologio dell’ufficio postale segna le dieci, si aprono le porte automatiche ed entra di corsa Roberto, 28 anni, autista dell’autobus. Ha pochi minuti a disposizione prima del turno, ma anche un metodo infallibile per saltare la coda. “Invio una lettera raccomandata a mia madre, così posso pagare il bollettino allo sportello missive, che è sempre poco affollato”. Quando si dice l’ingegno. Con la gestione Sarmi, l’azienda postale fa profitti e innova le tecnologie La vecchia lumaca ha messo le ali Chiara Aranci SUCCESSO Massimo Sarmi Ad. di Poste Italiane Reporter nuovo La crisi economica ha coinvolto tutti i settori, compreso quello del terziario. Solo Poste Italiane SpA non è stata intaccata, affermandosi come “benchmark indiscusso di innovazione e tecnologia”. In occasione della pubblicazione della relazione finanziaria semestrale di Poste Italiane, l’amministratore delegato, Massimo Sarmi, nelle interviste a “Il Giorno” e al “Sole 24Ore” ha commentato con orgoglio i risultati positivi del primo semestre dell’azienda, quando nella aziende omologhe europee i profitti erano in calo. Un utile netto di 468 milioni di euro, che segna un +3.6 per cento rispetto all’ anno precedente, un risultato operativo a quota 805 milioni, in aumento del 7.2 per cento e i ricavi totali hanno raggiunto i 9.4 miliardi, in salita del 4 per cento. Cresce anche il numero dei conti correnti con un +2.6 per cento, e si conferma la posizione dominante di Poste nel segmento delle carte prepagate. Numeri che fanno di Poste Italiane l’azienda leadership del settore in Europa. Ma qual’è stata la strategia di un successo così lampante? Massimo Sarmi ha affermato di aver puntato tutto sull’innovazione, un concetto base che si è manifestato nel diversificare l’offerta del gruppo, mantenendo comunque l’attività tradizionale. I servizi assicurativi e la comunicazione in chiave elettronica sono stati i passaggi obbligati per la strada al successo. I primi hanno registrato una raccolta premi del 18.6 per cento, quelli finanziari hanno registrato una crescita dell’8.6 per cento, mentre i servizi postali hanno evidenziato un calo del 5 per cento. L’utilizzo sempre più crescente della posta elettronica rispetto a quella tradizionale è la spiegazione della diminuzione dei profitti dei servizi postali, ha spiegato l’amministratore delegato, ma ciò ha indotto l’azienda a puntare sullo sviluppo di servizi elettronici a disposizione del cittadino. Presto infatti sarà possibile pagare la sosta e il parcheggio con un semplice sms, come pure pagare bollettini postali, conti correnti, effettuare bonifici e spedire te- legrammi. Per quanto riguarda la crescita dei conti correnti postali, Sarmi dichiara che non è solamente un fatto legato alle crisi del sistema bancario, ma che l’offerta di prodotti estremamente sicuri ( investimenti in titoli di stato prevalentemente italiani) e semplici (come il libretto di risparmio) ha sollecitato i risparmiatori a scegliere Poste italiane e ha concesso all’azienda di primeggiare in Europa. D’ altra parte lo scenario globale è cambiato, e il core business aziendale deve conformarsi al mutamento... e la parola posta italiana lumaca, come sinonimo di inefficienza, sarà archiviata. 11 Dicembre 2009 7 Costume & Società La saga creata da Stephanie Meyer varca i confini cartacei. E la fantasia scatena gli imitatori Twilight succhia sempre più fan Si diffonde inarrestabile l’ultima moda romantica della nuova generazione Universi alternativi, personaggi completamente stravolti, nuovi e insospettati intrecci di trama nel mondo di “Twilight”. È possibile? Sì, quando la penna è in mano ai fan. “Twilight”, “New Moon”, “Eclipse” e “Breaking Down” sono i quattro romanzi che compongono la popolarissima saga vampiresca targata Stephenie Meyer. Una saga confezionata con perspicace maestria, capace di appassionare milioni di persone in tutto il mondo facendo leva sul potere gravitazionale esercitato da temi complessi calati in un mondo dark, gotico. Il “fenomeno Twilight” è iniziato con i dieci milioni di copie vendute in quattro libri (l’ultimo, “Breaking Down”, ne ha raggiunte da solo un milione durante le prime ventiquattro ore), ed è definitivamente esploso a livello sociale nel 2008, con l’uscita nelle sale del film omonimo, che dal cartaceo riprende l’essenziale e rielabora il tanto che basta ad accalappiare orde di appassionati, ipnotizzati dal grande schermo. Il target tuttavia non è composto solo da giovanissimi e, anzi, sembra che a irrobustire le fila dei “malati di Twilight” siano, più spesso che no, over-trenta rapiti dall’affresco emotivo dipinto dalla Meyer. Insomma, un contagio adatto a tutte le età al quale sembra impossibile resistere. Motivo? L’archetipo di base è quello della love story alla Romeo e Giulietta ma il contrasto romantico fra gli imperativi dei protagonisti, le loro inquietudini morali e le scelte che compiono creano un gioco di tensioni che cattura, rapisce il lettore. Condendo il tutto con la presenza di un fascinoso vampiro e interponendo ostacoli più o meno imponenti sulla strada dei due infatuati protagonisti, ecco che abbiamo creato un’esca perfetta per una fetta importante del tessuto sociale. “Twilight” diventa così argomento di conversazione negli ambienti più insospettabili; diviene costume, mania, quasi ossessione per gli appassionati. I personaggi iniziano TENEBROSI Primo piano sui protagonisti della saga perciò a prendere vita anche al di fuori delle mani dell’autrice, e vivono nuove avventure online tramite le penne (o meglio, le tastiere) dei fan di tutto il mondo. Quello delle “fan fiction”, i romanzi e le storie brevi scritte dai fan e ispirati ad una saga letteraria, televisiva o cinematografica di successo, è un fenomeno antico che recentemente ha visto una diffusione enorme tramite l’avvento di internet. È, soprattutto, un ottimo indice di quanto profondamente un mondo di fantasia sia riuscito a penetrare nel reale, nel quotidiano. I racconti dei fan spesso superano in finezza e immaginazione l’opera originale dell’autore: ci si concentra su alcuni temi trascurati o appena accennati nella saga e li si rielabora, li si interiorizza e li si porta verso nuove direzioni. I risultati sono spesso sorprendenti ma ciò che più conta è che il “morbo” ormai è stato ulteriormente diffuso, ironicamente proprio dalle primissime e ignare vittime del contagio. A colloquio con Laura Radiconcini, una delle autrici più prolifiche Camilla, perché il vampiro va Gli ingredienti: romanticismo, morale e redenzione Breve scambio di battute con Laura Radiconcini, in arte “Camilla”, una fra le scrittici di fan fiction più dotate e prolifiche nell’universo di Twilight. Che dimensione ha raggiunto il fenomeno delle fan fiction basate sull’universo di Twilight? “Posso dire che il sito su cui io pubblico, che è in lingua inglese (www.twilighted.net), ha ormai centomila iscritti, quasi tutte donne. Di questi, circa 1500 scrivono e gli altri leggono. E questo è solo uno dei tanti siti in circolazione.” E pubblicano tutto quello che inviate? “Generalmente sì, anche se certe cose di “political correctness” potrebbero correggerle. Ma in definitiva non ci sono limiti. Particolarmente, non ci sono limiti al sesso… alcune scrivono cose terribili!” Qualche esempio? “Beh, nei racconti classificati NC17 c’è qualche scena d’amore, ma mai porno, ecco. Poi c’è anche chi li fa esplicitamente porno, ma… 8 11 Dicembre 2009 a parte gli scherzi, sono belli! Avendo letto un po’ di letteratura erotica in giro, posso dire che queste signore, le autrici, sono davvero brave, coinvolgenti e propongono sempre un’altra dimensione oltre a quella sessuale. Ma non parliamo solo di questo, perché secondo me Twilight è molto altro.” Come scrittrice e lettrice, quali elementi di Twilight crede che esercitino maggior presa sul pubblico, e perchè? “Beh, innanzitutto, va da sé: il romanticismo. E mi riferisco al romanticismo nel senso letterario, quello tedesco del primo Ottocento, che ha per suo nodo centrale il contrasto fra gli imperativi categorici. In Twilight, questa contrapposizione è visibile nelle due regole morali che influenzano le azioni dei vampiri: da una parte creature col bisogno di uccidere per nutrirsi, dall’altra esseri umani eticamente portati alla non violenza. Poi c’è l’aspetto della redenzione, che ricorre in tutta la saga: i vampiri sono capaci di sacrificarsi, di correre un rischio per gli altri. Il terzo elemento, secondo me strepitoso, è la famiglia: i Cullen si vogliono bene, si sostengono, si divertono anche insieme come in pochissime famiglie normali sono capaci di fare.” Torniamo a lei. Come sono state accolte dal pubblico della rete le sue fanfiction? “Non sono quella che ha più successo, sto ancora spasimando per avere migliaia di commenti come qualcuno invece ha. Io ne ricevo fra i cento e i centocinquanta… però, ecco, i commenti che ricevo sono di grande soddisfazione. In uno dei miei ultimi racconti ho fatto una ricostruzione minuziosa dell’Italia fra il ’43 e il ’45, mettendo insieme tutti i ricordi della mia famiglia e ricostruendo ogni fatto in modo scrupoloso. Ho ricevuto un solo commento, di una studentessa di storia a Yale, che mi ringraziava perché stava studiando proprio quel pe- Pagina a cura di Raffaele d’Ettorre riodo e le era sembrato, grazie alla mia storia, di ritrovarsi proprio lì. Sono molto soddisfatta dei commenti che ricevo: credo che le mie storie siano fra le più difficili e complesse. C’è un po’ di sesso, ma non abbastanza!” In futuro intende scrivere romanzi professionalmente? “Non so cosa succederà. A me interessa il genere fantasy… per poter essere pubblicata, dovrei però proporre qualcosa di originale perché noi non possiamo essere pagati per le fan fiction, per ovvie questioni di diritti d’autore. Quindi, dovrebbe essere una storia completamente nuova e slegata dall’universo di Twilight. Ancora non m’è venuta: se mi verrà, ci proverò sicuramente. Forse sarebbe più facile pubblicare negli Stati Uniti, visto che in Italia fanno scrivere principalmente quelli che già fanno un altro mestiere. Dei casi come quello della Meyer o della Rowlings qui in Italia non sarebbero potuti succedere, per come è l’editoria.” LA SERIE La copertina di uno dei racconti di Camilla Reporter nuovo Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo “Massimo Baldini” della LUISS Guido Carli Direttore responsabile Roberto Cotroneo Comitato di direzione Sandro Acciari, Alberto Giuliani, Sandro Marucci Direzione e redazione Viale Pola, 12 - 00198 Roma tel. 0685225558 - 0685225544 fax 0685225515 Stampa Centro riproduzione dell’Università Amministrazione Università LUISS Guido Carli viale Pola, 12 - 00198 Roma Reg. Tribunale di Roma n. 15/08 del 21 gennaio 2008 [email protected] ! www.luiss.it/giornalismo Reporter nuovo