Anno III - Numero 05
Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli
11 Dicembre 2009
Reporter
nuovo
La polemica
Parla Dinmore
del Financial Times
Stati Uniti
La carica
degli sconfitti
Asili nido
La risorsa
che non c’è
Twlight
Camilla, perché
il vampiro va
NUMERI
IN PIAZZA
TRA QUESTURA E ORGANIZZATORI LʼETERNO CONTRASTO SUI PARTECIPANTI
Primo Piano
Un milione per gli
organizzatori,
90 mila per la
questura: un rituale
ben noto, una
differenza di
valutazioni affidata
a metodi non
scientifici ma che fa
opinione
INSIEME Un corteo studentesco degli anni ’60 e, a destra, il Circo Massimo in occasione della manifestazione nazionale del PD del 2008
Più la piazza è unita, più divide
La guerra delle cifre non trova pace: non c’è un criterio affidabile
Sui numeri non ci si trova
mai d’accordo; lo sanno bene
gli agenti di finanza e i commercialisti, le insegnanti di
matematica e i loro alunni, gli
amministratori di condominio
e i vicini di pianerottolo. Ma
nessun divario è così grande
come quello che, in Italia, divide le cifre sul numero dei
partecipanti sventolate, insieme alle bandiere, ad ogni manifestazione politica. E che
vede scendere in campo tassativamente due fronti opposti: gli organizzatori, da una
parte, le forze dell’ordine e gli
avversari, dall’altra.
Le dimensioni del “popolo
viola” che sabato a Roma si è
ritrovato in piazza San Giovanni per prendere parte al
“No Berlusconi Day” sono
l’ultimo oggetto di discussione. Gli organizzatori della protesta, nata on line su iniziativa di alcuni blogger democratici come movimento della
società civile per chiedere le dimissioni del presidente del
Consiglio, hanno parlato di più
di un milione di persone; la
questura, di nemmeno 90
INCREDIBILI DIFFERENZE
Sembra impossibile trovare un accordo tra le cifre fornite dalla Questura e quelle degli organizzatori. Ecco alcuni numeri relativi a manifestazioni degli ultimi anni:
MANIFESTAZIONE
ORGANIZZATORI
No Berlusconi Day
Roma, 5 Dicembre 2009
Manifestazione della FNSI
per la libertà di informazione
Roma, 3 Ottobre 2009
Manifestazione della CdL
contro il governo Prodi
Roma, 2 Dicembre 2006
Corteo Cgil in difesa dell’art. 18
dello statuto dei lavoratori
Roma, 23 Marzo 2002
1.000.000
300.000
90.000
60.000
2.000.000
700.000
3.000.000
700.000
mila. Una differenza macroscopica, ma consueta. Immagini come quella del segretario
generale della Cgil Guglielmo
Epifani che ad Aprile, in occasione della grande manifestazione nazionale del sindacato, dichiarava soddisfatto
dal palco del Circo Massimo:
“Siamo più di due milioni e
mezzo”, sfidando le cifre delle forze dell’ordine che registravano un numero di presenze molto più contenuto
(200 mila), sono routine.
Le piazze italiane hanno perimetri flessibili, e, come ha
scritto anche Gian Antonio
QUESTURA
Stella sul Corriere della Sera, diventano piccolissime quando
sono occupate dagli avversari
ed enormi se sono occupate
dagli amici. Ma quali sono i
confini della partecipazione? Il
problema è reale, e riguarda
anzitutto effettivi problemi di
misurazione. La questura si af-
fida di solito ai numeri forniti dagli organizzatori prima dell’evento, che sono normalmente stime al ribasso del numero dei partecipanti. Gli organizzatori contano invece le
teste in piazza, con discreta approssimazione e spesso prendendo a prestito le cifre (accresciute) di manifestazioni
precedentemente tenutesi negli stessi spazi. Criteri chiaramente poco oggettivi. Le soluzioni proposte sono state
tante: dirette come il “piazzometro”, indirette come la regolamentazione dei cortei attraverso protocolli e procedure imposte a livello locale.
Ma hanno trovato la sostanziale indifferenza o l’opposizione aperta di associazioni e
forze politiche. E si capisce.
La classe politica italiana,
forse più di altre, ha al centro
delle sue valutazioni le dimensioni immediate e visibili del consenso. Riempire piazze e strade delle città diventa
allora essenziale per far pesare la propria presenza nel paese. Anche giocando coi numeri.
Gianfranco Mascia, leader del comitato Boicotta il Biscione, parla della manifestazione di sabato
“No B Day, un successo al di là dei numeri”
Cosa hanno da dire i diretti interessati sul problema della corretta
valutazione dei numeri di una manifestazione? Abbiamo sentito
Gianfranco Mascia, del comitato
Bobi (Boicotta il Biscione), uno degli organizzatori del “No Berlusconi
Day” di sabato scorso.
Gianfranco Mascia, i giornali
hanno parlato di una grande affluenza alla manifestazione, e sul
vostro sito sostenete che i partecipanti erano oltre un milione.
“Siamo molto soddisfatti dell’iniziativa. Il corteo ha sfilato per
quattro ore da Piazza della Repubblica a Piazza San Giovanni, con un
pubblico numerosissimo che guar-
2
11 Dicembre 2009
dava e spesso si univa ai manifestanti”.
Una grande partecipazione, insomma.
“Grandissima. Sembrava quasi
un corteo presidenziale”.
Come avete tirato fuori i numeri del corteo? Da dove viene il
milione di persone?
“Guardi, le adesioni on line erano già 350mila. Poi, come si fa in
questi casi, si sale sul palco e ci si
affida all’occhio. Piazza San Giovanni era piena, via Merulana e le
vie laterali anche. Se pensa che Silvio Berlusconi parlava di un mi-
lione di persone con la piazza mezza vuota…”
La Questura riporta altre cifre.
90mila persone, non di più.
“Probabilmente la Questura indica il dato che noi abbiamo comunicato all’atto di convocare la
piazza…”
Cioè?
“50, 90mila persone. Quelle che
prevedevamo in quel momento”.
Quindi è soltanto un problema
di tempi? I numeri della Questura erano sui giornali nei giorni
scorsi.
“Le posso dire schiettamente?
Pagina a cura di Francesco Alfani
Che fossero 90mila, 200mila, anche
dieci milioni, è un dato di fatto che
con il “No Berlusconi Day” abbiamo riempito Piazza San Giovanni,
le vie laterali e via Merulana. Quando qualcuno mi porterà una manifestazione autoconvocata, autorganizzata, che è partita dalla rete e
che solo dalla settimana prima ha
avuto un po’ di spazio sui media, e
che ha avuto lo stesso successo, ne
riparleremo”.
Un successo incredibile.
“Abbiamo colpito l’immaginario
collettivo, questo è importante.
RaiNews24 e SkyTg, che erano
collegate, hanno triplicato gli ascolti. Veda lei…”
PIAZZOMETRO
Con Lynce
conti
affidabili?
In principio fu il “piazzometro”, uno studio del
2004 dell’allora questore
Nicola Cavaliere per calcolare la capienza effettiva delle piazze più gettonate di Roma. Il criterio
era, diciamo, un tanto al
chilo: in media 4 persone possono stare in piedi in un metro quadro,
per cui, con una banale
moltiplicazione, è facile
riempire virtualmente le
varie Piazza San Giovanni (156mila metri quadri), Piazza Navona
(51mila) e Piazza del Popolo (17mila).
Ma oggi la società spagnola Lynce assicura di
avere a disposizione un
metodo scientifico per
misurare il numero di
persone che hanno preso
parte a una manifestazione.
Utilizzando foto, video
e strumenti informatici
Lynce offre tre diversi
servizi di misurazione (a
tre diverse tariffe) per ottenere i numeri di qualsiasi evento pubblico anche entro le classiche 24
ore. Il progetto nasce,
nelle intenzioni degli amministratori, per dare risposta a necessità di tipo
sociologico; ma le potenzialità politiche sono
evidenti.
Non casualmente Lynce è diventata famosa per
aver letteralmente più
che decimato il numero
di partecipanti alla manifestazione antiabortista e antizapaterista svoltasi ad Ottobre a Madrid:
2 milioni per gli organizzatori, 250mila per la Polizia, 55mila per Lynce.
Margine di errore: 15 per
cento, secondo il direttore
del progetto Juan Manuel Gutiérrez.
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Politica
Si susseguono alle Camere i voti di fiducia. Un’anomalia tutta italiana a rischio di incostituzionalità
Ormai è eutanasia parlamentare
In Francia non esiste, in Germania solo cinque casi in tutta la storia
FIDUCIA, QUANTE VOLTE
Marco Cicala
Una morte lenta, una sorta di eutanasia parlamentare. È in corso - dicono gli analisti - uno slittamento
progressivo del potere legislativo
dalle Camere all’esecutivo e la decisione del governo Berlusconi di
blindare la Finanziaria 2009 sembra
confermare questa ipotesi. È l’ennesima legge sotto scacco della questione di fiducia, la ventisettesima
della legislatura vigente (vedi riquadro a fianco). Ma quella che
sembra essere diventata una consuetudine, non è un’abitudine esclusiva dell’attuale maggioranza. Le cifre parlano chiaro. Se si analizza l’operato dei governi precedenti, si può
constatare che la richiesta di fiducia
è una costante. Il governo Prodi del
’96 vi ha fatto ricorso complessivamente per 33 volte; il secondo governo Berlusconi 46, mentre l’ultimo
governo di centrosinistra, nonostante sia stato in carica solo per un
anno e mezzo, ha chiesto la questione
di fiducia 23 volte.
È dunque una prassi ormai consolidata quella di realizzare il programma di governo attraverso decreti
2008 - Decreto fiscale (25 giugno; 1 e 5 agosto 2008);
decreto sicurezza (15 e 21 luglio;); decreto scuola (7 ottobre 2008); decreto Alitalia (22 ottobre 2008); decreto sanità (2 dicembre 2008).
2009 - Decreto per l’università (7 gennaio 2009); decreto
PRESIDENTI Renato Schifani e Gianfranco Fini
e disegni di legge di iniziativa governativa combinati alla richiesta
di fiducia. I vantaggi per l’esecutivo
sono evidenti: emendamenti congelati, tempi più brevi, maggioranza
compattata. Ma tutto ciò a scapito del
Parlamento, che viene di conseguenza esautorato delle proprie funzioni. Si assiste a uno sbilanciamento dei poteri: quello legislativo
si affianca a quello esecutivo nelle
anticrisi (Camera e Senato, 14 e 27 gennaio 2009); decreto mille proroghe (11 e 19 febbraio 2009); decreto incentivi (2 e 8 aprile 2009); ddl sicurezza (13 maggio); maxi
emendamento al ddl intercettazioni (10 giugno 2009); ddl
sicurezza (Senato, 2 luglio 2009); decreto anticrisi (Camera
24 luglio e Senato 1 agosto 2009); decreto anticrisi contenente le norme per lo scudo fiscale (30 settembre 2009);
decreto per l’attuazione di obblighi comunitari e per
l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (decreto Ronchi, 19 novembre 2009).
mani del Governo, alterando la naturale tripartizione teorizzata da
Montesquieu. La Costituzione italiana prevede questa possibilità, ma
solo “in casi straordinari di necessità e urgenza”. Una reiterazione del ricorso alla fiducia presenta dunque
consistenti presupposti di incostituzionalità.
Se si guarda come si comportano
altri Paesi, si vede che in Germania,
ad esempio, la questione di fiducia
è stata posta in tutta la storia della Repubblica Federale soltanto cinque volte. E questo nonostante il ruolo fondamentale per il Cancelliere e per la
RFT. In Francia addirittura non esiste questa tipologia di tecnica parlamentare. Il governo francese può ricorrere alla fiducia soltanto due volte l’anno, oltre alla legge finanziaria,
e soltanto alla Camera dei Deputati
perchè la Costituzione transalpina rifiuta l’utilizzo di questa disciplina al
Senato.
La conseguenza è che in Italia è
sempre più in crisi la rappresentanza dei cittadini in politica. Da una teorica Repubblica parlamentare, avverte
Roberto Zaccaria, deputato e Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Firenze, si corre il rischio di avvicinarsi
nella pratica a una presidenziale.
Un presidenzialismo di fatto, calato
dall’alto e non varato attraverso una
legge costituzionale che solo il Parlamento può deliberare. I “padri costituenti” hanno posto quest’ultimo
al centro del sistema, come è possibile leggere nell’articolo 67 della Costituzione: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed
esercita la sua funzione senza vincolo di mandato”, ovvero risponde
soltanto agli elettori. Ma con la questione di fiducia il parlamentare è soggetto anche alle logiche dei partiti e
della politica, situazione acuita dalla scomparsa delle preferenze nelle liste elettorali. Diventa potenzialmente
ricattabile, espressione del vertice del
partito e non dei cittadini.
Parla Guy Dinmore, capo dell’ufficio corrispondenza del Financial Times
Ida Artiaco
“In Italia c’è libertà di stampa, ma manca una scelta di
punti di vista”. Ne è convinto
Guy Dinmore, corrispondente
da Roma per il quotidiano londinese Financial Times, che abbiamo intervistato per chiedergli quale immagine dell’Italia e del suo Premier si ha all’estero.
Mr Guy Dinmore perché il
“caso Berlusconi” attrae in
maniera quasi morbosa la
stampa estera, più di qualunque altro capo di governo?
“Non sono d’accordo. Se
Obama, Sarkozy o Gordon
Brown avessero problemi di
conflitto di interesse o mettessero a rischio il paese con il loro
comportamento, avanzando
richieste di immunità i giornali
si comporterebbero allo stesso
modo che col Premier italiano.
Berlusconi non è eccezionale”.
Perché soprattutto i giornali inglesi, con tanta cronaca
e un po’ di ironia, rincarano la
dose?
“Forse perché in Italia ci
sono più giornalisti inglesi che
di qualunque altra nazionalità.
Non credo ci sia ironia ma volontà di documentare ciò che
avviene. C’è poi una differenza tra i miei articoli e gli editoriali che compaiono sul gior-
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“Io non voglio sputtanare l’Italia”
nale. Io scrivo solo notizie,
non esprimo giudizi consigliando a Berlusconi di dimettersi”.
Dopo gli scandali privati, il
caso Mills e la bocciatura del
lodo Alfano, giungono come
un boomerang sul governo italiano le dichiarazioni del pentito di mafia Spatuzza. Il Times ha scritto che l’Italia è, a
questo punto, nella morsa di
un’emergenza morale. Concorda con questa affermazione o c’è dell’altro?
“In Italia non c’è, a mio avviso, un’emergenza morale,
quanto piuttosto una crisi politica: Berlusconi non può governare quando ci sono tutti
questi processi contro di lui, investendo così tutto il governo.
Senza dimenticare l’emergenza
economica che, da ormai dieci anni, costringe il Paese ad
uno sviluppo inconsistente,
divenendo il fanalino di coda
tra i paesi europei”.
Berlusconi lo scorso ottobre
a Benevento ha attaccato la
stampa estera, accusandola
di “sputtanare l’Italia e la sua
democrazia”. Ma qual è l’
obiettivo dei giornali stranieri?
“L’obiettivo è semplice: scrivere dell’ Italia così come è.
Ogni settimana scrivo diversi
articoli dalle svariate tematiche,
dall’istruzione del Politecnico e
d’università Bocconi di Milano,
premiate per la loro eccellenza
nel panorama europeo, passando per una inchiesta a Napoli sulla situazione economica in Campania e Lecce come
paradiso per i turisti, fino ad
una recente presentazione del
Cira di Capua, il miglior centro di ricerca aeronautica in Europa, anche se gli italiani non
ne sanno niente. Ecco, io non
voglio “sputtanare l’Italia e la
sua democrazia”. Ma se il go-
verno agisce male in parlamento per fare le leggi e ottenere la fiducia è un problema
che invade tutta l’Italia, ed ho
il dovere di riportarlo ai miei lettori”.
Quale immagine del sistema italiano si ha all’estero
dall’informazione?
“Dipende dai punti di vista.
Per quel che riguarda l’economia, molti credono che sia rallentata durante questo governo, anche perché Berlusconi
non porta avanti i progetti.
Nello stesso tempo l’Italia ha
una grande ricchezza culturale. Per cui ci sono più aspetti
positivi che negativi.
maggioranza in Senato. E’ anche vero che il centro-sinistra
è in Italia molto debole, non ha
risposte forti contro la crisi. Si
IN BILICO
sono succeduti ben quattro
Con una vignetta che ne leader in tre anni, da Prodi a
mette in evidenza
Bersani, e questo ha aiutato
l’instabilità e un pezzo
molto il Cavaliere. Non credo
dal titolo “Time to say
che sia sempre stato il preferiaddio”, l’Economist
to, anche perché Prodi è riuscito
chiede esplicitamente le a sconfiggerlo nelle elezioni
dimissioni di Berlusconi. del 1998 e del 2006. Rispetto
E il Financial Times
l’opinione pubblica italiana,
ribadisce come
che ha votato alcune volte per
il Premier non possa
Berlusconi, altre no. C’è però il
più governare l’Italia,
problema del conflitto di inteormai “sotto assedio”
ressi e il fatto che gli italiani non
sono abituati a leggere i giornali.
Per esempio La Repubblica ha
solo cinquecentomila lettori,
Qual è il motivo, secondo che non è tanto. Il novanta per
lei, per cui gli italiani conti- cento degli italiani prendono le
nuano a preferire Berlusconi opinioni che diffonde la telesulla scena politica più di visione, ma non sempre sono
qualunque altro soggetto? veritiere: ad esempio del caso
Cosa la stampa straniera pen- Spatuzza non ha fatto mensa dell’opinione pubblica ita- zione il Tg4 di Emilio Fede, e
liana?
il Tg1 non l’ha considerato
“Forse non è vero che Ber- una notizia di primo piano. Per
lusconi gode di un così grande cui non è proprio vero che non
successo. Forza Italia non ha c’è una sua pressione sui media.
mai ricevuto più del 25 per cen- Solo Sky Italia, di proprietà di
to dei voti. Ha il potere grazie Rupert Murdoch, ha trasmesalla nuova coalizione con Al- so in diretta il processo dal trileanza Nazionale e alla Lega bunale di Torino, ma anche in
Nord, che è molto forte, ben or- questo caso vi sono motivazioni
ganizzata e molto radicata nel politiche. C’è in Italia libertà di
popolo padano. Berlusconi di- stampa, ma non c’è una granpende dalla Lega per avere la de scelta di punti di vista”.
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Economia
Mentre a Copenhagen i capi di Stato cercano soluzione all’ inquinamento da gas serra
Mobilità sostenibile salva-mondo
Auto ibride o a idrogeno per produrre meno CO2. Il parere degli esperti
Chiara Aranci
L’effetto serra, causa del
riscaldamento globale, cresce vertiginosamente. L’impegno dei Paesi del mondo,
avviato con gli accordi di
Kyoto già nel 1997 e portato
avanti fino al Vertice di Copenhagen, è quello di ridurre l’inquinamento globale e le
emissioni di gas, in particolare
quelle di CO2. Le automobili sono tra le maggiori responsabili delle emissioni di
CO2 nell’aria. Basti pensare
che oggi nel mondo sono in
circolazione un miliardo di
veicoli, una cifra destinata a
triplicarsi entro il 2050 considerando anche l’aumento
della popolazione e il desiderio da parte dei Paesi sviluppati di migliori standard di
vita .
Il settore automobilistico
negli ultimi anni sta investendo in ricerca per sviluppare tecnologie alternative
all’inquinamento prodotto
dalle autovetture. Macchine a
gpl, a metano, elettriche, a
idrogeno e ibride sono le ipotesi ecologiche che sempre più
si vanno diffondendo nel mercato delle automobili.
Ma in che misura potranno aiutare a ridimensionare il
problema delle emissioni di
gas?
Dicono gli esperti che il
metano, miscela di gas naturale, fra tutti i combustibili
fossili, ha il rapporto più elevato tra energia sviluppata e
quantità di CO2 emessa e
dunque contribuisce in maniera minore al riscaldamen-
COSÌ NEL MONDO
SECONDO GLI ULTIMI DATI
La vettura ecologica da sola
non potrebbe fare molto
In Giappone
più attenti
I mezzi di trasporto sono tra le principali cause di inquinamento da polveri sottili (Pm10). Per avere un’idea delle possibili conseguenze che questo può avere sul corpo umano, l’Ospedale civile di Sesto San Giovanni ha pubblicato
nel 2004 uno studio che metteva in relazione i danni provocati dallo smog con le conseguenze del fumo delle sigarette. È emerso che fare una passeggiata nel centro di Milano è come fumare 15 sigarette, mentre respirare per un
solo giorno l’aria di Roma equivale a fumarne sei.
Ma quanto incidono le automobili sull’inquinamento atmosferico? Uno studio del 2006 a cura del Csst (Centro studi sistemi di trasporto) mostra che in Italia i mezzi di trasporto
causano il 29 per cento delle emissioni di Pm10, mentre solo
l’otto per cento è da attribuire alle autovetture, autobus e moto
esclusi. Considerato però che a Roma, nel 2004, le auto hanno prodotto 88 tonnellate di polveri sottili, potrebbe essere
decisivo utilizzare quelle ibride o elettriche. Un recente studio di Assicurazioni.it ha evidenziato come in Italia ce ne siano solo quattro su 100. Per Legambiente le case automobilistiche giapponesi sono le più attente all’ambiente: la Honda Civic 1.3 Hybrid e la Toyota Prius 1.5 Hybrid sono le meno
inquinanti in commercio. La “maglia nera” va invece alla lussuosa Bugatti Veyron.
La patria del Sol Levante si è dimostrata fino ad
oggi la più attenta all’ecologia nel settore dei motori.
Honda, Toyota, Nissan, Daihatsu e altre case automobilistiche vendono modelli
avanzati di macchine elettriche, in grado di percorrere 555 km con una sola carica. I cospicui incentivi statali fanno sì che i giapponesi
utilizzino sempre di più veicoli ecologici.
A. A.
to globale. Analogamente, il
gpl brucia integralmente nella combustione lasciando pochissime scorie. Le prestazioni tra le macchine a metano e a gas sono leggermente
diverse, ma i vantaggi sono
molteplici. Il costo inferiore rispetto alla benzina, il fatto di
essere veicoli ecologici e di
non doversi sottoporre ai divieti che le grandi città periodicamente impongono per
frenare il livello di inquinamento, la disponibilità degli
ecoincentivi statali per l’acquisto, hanno fatto sì che negli ultimi anni le vetture ecologiche conquistassero consenso tra i cittadini italiani. La
sfida della ricerca è quella di
trovare una batteria ecologica,
che non produca ulteriori fonti di inquinamento come quella al litio dei cellulari, e che sia
capace di resistere ai tempi lunghi dei viaggi in macchina. Le
auto a idrogeno sono in via di
sperimentazione, e non è imminente una verosimile diffu-
Dalla Cina
a valanga
IN CITTÀ Intasamento e smog quotidiano
sione su larga scala. Le automobili ibride,caratterizzate da
un doppio motore a benzina
ed elettrico, rappresentano
un’ipotesi concreta di futuro
ecologico. Il motore elettrico
funziona alle basse velocità tipiche della città, quando si raggiungono velocità più alte entra in funzione automaticamente il motore a benzina. In
questo modo la città non viene inquinata e la batteria ricaricata con il percorrere le lunghe distanze. Nelle giornate di
studio del recente H2Roma,
punto d’incontro tra le istituzioni, le industrie e i ricercatori per dibattere sull’ energia
e la mobilità sostenibile, la realtà più promettente sembra
essere al momento quella,
appunto, delle macchine ibride, la cui vendita sul mercato mondiale si aggira intorno
ai due milioni di esemplari,
ma i cui prezzi sono ancora
elevati. Rendere alla portata di
tutti le macchine ibride è ora
questa la sfida da lanciare.
Con Mario Conte, dell’Enea, facciamo il punto sulla ricerca del settore. I vantaggi di quelle elettriche
Dai motori puliti più efficienza e meno smog
Andrea Andrei
A che punto è la ricerca in Italia sul
motore a idrogeno? Lo abbiamo chiesto a Mario Conte dell’Enea.
«Credo che ad oggi» esordisce «non
ci sia nessuno in Italia che si occupi ancora di cercare di produrre dei motori a
idrogeno puro, se non rarissimi casi. Esistono dei prototipi, ma è qualcosa di molto limitato. Si stanno invece studiando
delle miscele di metano e idrogeno, con
l’obiettivo di utilizzare gli stessi motori
che ci sono oggi, pur riducendo le
emissioni. In questo campo la ricerca è
già abbastanza avanzata. Anche il motore
a idrogeno, comunque, prevedendo una
combustione, ha delle emissioni».
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Su quale altro tipo di tecnologia
punta la ricerca? L’auto ibrida è davvero
una soluzione possibile?
«Il livello di ibridizzazione può variare. Ad esempio lo “start & stop”, il
meccanismo che fa spegnere e riaccendere il motore, è un cosiddetto “ibrido
minimo”. Ma il vero ibrido è quello che
permette alla parte elettrica di muovere il veicolo. Ne esistono, oggi, prodotti sia dalla Toyota, che dalla Honda».
Quali gli aspetti positivi del motore elettrico?
«La cosa davvero positiva è che con
la trazione elettrica è possibile recuperare l’energia durante il rallentamento o
la frenata: da motore diventa generatore elettrico e ricarica le batterie, oltre a
fungere anche da freno motore».
E da un punto di vista economico?
«La sua ottimizzazione dal punto di
vista economico si può ottenere solo con
la vendita su larga scala. I segnali sono
comunque confortanti. La Toyota ha già
venduto diverse migliaia di esemplari,
e le previsioni ci lasciano credere che presto l’auto elettrica si sostituirà a quella
a benzina».
Alcune ricerche hanno dimostrato
che i bovini inquinano come le automobili, che le auto contribuiscono
soltanto all’otto per cento del totale dell’inquinamento atmosferico, e che,
stando a una ricerca dell’Istat, le industrie rappresentano la maggiore
causa di inquinamento. È davvero ne-
cessario concentrarsi tanto sul settore
automobilistico? Non bisognerebbe
prima occuparsi delle industrie?
«Un conto è il problema globale, sull’effetto serra, che riguarda le emissioni di Co2, di cui si sta discutendo in questi giorni a Copenhagen, un conto è
quello locale. È una vecchia storia. Di
solito, dire che le auto sono responsabili solo dell’otto per cento del totale, è
un modo per discolparsi. Se l’aria in città è irrespirabile la causa non sono i bovini né i trasporti marittimi o le industrie, che sono fuori dalla città. Secondo alcune nostre ricerche, quasi il 90 per
cento dell’inquinamento urbano è prodotto dai trasporti, automobili in particolare».
Più per esigenze economiche che ecologiche, il governo ha introdotto una serie di leggi severe per limitare
l’utilizzo dei motori maggiormente inquinanti. Si prevede
che il mercato automobilistico cinese arrivi a contare, nel
giro di 10 o 15 anni, 250 milioni di autovetture.
Stati Uniti
sotto accusa
Gli Usa sono il paese
maggiormente responsabile
dell’inquinamento atmosferico nel mondo. Produce il 25
per cento del totale di CO2,
pur avendo solo il 4 per cento della popolazione mondiale. Auto diesel e utilitarie
sono quasi assenti dal mercato americano.
In Europa
la Fiat è ok
La Francia ha un rigido
modello di disincentivi e incentivi per favorire la diffusione di auto ecologiche.
Ha introdotto tasse aggiuntive sui modelli non ecologici, con le quali finanzia gli
eco-incentivi. Ma secondo
una ricerca dell’associazione
Transport & Environment,
l’azienda che produce le
auto più “pulite” d’Europa è
l’italiana Fiat.
A. A.
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Mondo
Il lavoro al Senato degli ex-candidati alle presidenziali Usa tra Afghanistan e riforma sanitaria
Sconfitti ma di nuovo in trincea
Il ruolo di Kerry e McCain al tempo di Obama. Carrellata sugli altri ex
Ida Artiaco
Democratici e repubblicani uniti dalla stessa sorte. Sono
John Kerry e il suo omonimo
McCain, sconfitti alle urne in
occasione delle ultime due
elezioni presidenziali americane. Entrambi ancora col sogno di cambiare il loro paese,
partecipando attivamente con
le proprie idee alla vita politica statunitense.
Il democratico John Kerry,
senatore per il Massachusetts
da oltre vent’anni, ha concorso alla carica di presidente
nel novembre 2004, quando si
contese il prestigioso titolo
con George W. Bush, in una
campagna elettorale combattuta a colpi di sondaggi. Sconfitto nettamente negli stati
chiave dell’ Iowa, della Florida e dell’Ohio, ha affermato subito dopo: “Bisogna lavorare
insieme senza rabbia e rancore. L’America ha bisogno di
unità”. In seguito, ipotesi mediatiche parlavano di una sua
ricandidatura alle elezioni del
2008, ma il democratico ha
preferito non partecipare alle
primarie attivamente, dando
tutto il suo sostegno a Barack
Obama. Attualmente presidente della Commissione del
Senato per le Relazioni Estere,
Kerry sta lavorando per la riduzione della dipendenza dalle fonti di energia non rinnovabile, per l’espansione della
copertura sanitaria pubblica e
privata e l’istituzione di un servizio militare obbligatorio e
uno volontario che prevede
quattro anni di istruzione gratuita per chi abbia svolto almeno due anni di servizio
militare. Non dimentica neppure l’impegno a sostegno dei
diritti civili degli omosessuali, già tra i punti cardine della
sua campagna elettorale. Nelle ultime settimane è stato al
centro del dibattito circa la
nuova strategia attuata dagli
Usa in Afghanistan, denominata “The view from the
ground”, che guarda soprattutto agli sviluppi della situazione pakistana vicino al confine afghano, recepita come più
importante di “qualsiasi aumento di truppe”. “Il Pakistan
è una nazione sovrana. Bisogna
convincerlo ad affrontare i
gruppi estremisti che minac-
RONALD REAGAN
IN CAMPO
John Kerry e
John McCain
al lavoro nella
Commissione
del Senato
Usa
ciano la sicurezza regionale ed
internazionale”, ha dichiarato
il democratico. Ha inoltre aggiunto che “sarebbe un grande errore credere che la recente
dichiarazione del presidente
Obama circa il ritiro delle forze armate in Afghanistan a partire dal 2011 significhi l’abbandono dell’impegno americano in tutta la regione”. Recentemente ha criticato sul
quotidiano della Florida St
Petersburg Times le politiche
americane fallimentari circa
le regolamentazioni dei rapporti con Cuba, proponendo la
revoca dell’embargo dei viag-
gi nell’isola dei fratelli Castro.
Ampio spazio è stato dedicato dai giornali d’oltreoceano
anche ad un piccolo scandalo
privato, che ha coinvolto la figlia trentaseienne di Kerry, arrestata dalla polizia di Los
Angeles per guida in stato di
ebbrezza, lo scorso novembre.
Altro illustre sconfitto alle
presidenziali americane è il repubblicano John McCain.
Dopo esser stato scalzato da
George W. Bush alle primarie
repubblicane del 2000, nel
2008, a settantadue anni, è finalmente riuscito ad ottenere
la candidatura contro Barak
BILL CLINTON
GEORGE BUSH
Obama, nonostante il New
York Times avesse scoperto un
presunto favoritismo nei confronti di una “lobbista” sua
amante. Ma ancora una volta è stato costretto a tornare
nella sua Arizona, dopo il
confronto con il democratico,
soprattutto perché, secondo
molti, non ha saputo o voluto prendere le distanze dal
suo predecessore, il presidente meno amato degli ultimi decenni. A ciò si aggiunge una
politica economica criticata
da entrambi gli schieramenti
durante la campagna elettorale. Pur essendo conservatore
su molti temi, è visto dall’opinione pubblica come un “battitore libero”, che ha votato in
maniera indipendente dalle
linee del partito varie volte.
Oggi, senatore dell’Arizona,
si dedica alla salvaguardia del
suo territorio, attraverso la
promozione di una giusta amministrazione ambientale e di
una più severa legge sull’immigrazione, soprattutto dopo
le ripetute violenze al confine
meridionale col Messico. Un
altro tema caro a McCain è di
sicuro la riforma sanitaria: il
suo obiettivo è di contrastare
il governo per non far approvare la cosiddetta “opzione
pubblica”, pur dimostrandosi
disponibile al confronto, come
ha dimostrato in occasione
della proposta, accolta favorevolmente da Obama, di creare un team che si occupi dei
malati gravi.
Il repubblicano è concorde
con il presidente anche in materia di politica estera: McCain
ha elogiato il suo vecchio avversario per la decisione di inviare rinforzi consistenti in
Afghanistan per debellare il terrorismo e la guerra.
IL SIMBOLO
GEORGE BUSH JR.
Nel granito
i quattro
fondatori
Liberal-conservatore
Non casa e pantofole
Aiuta il terzo mondo
Un libro per spiegare
Nel 1994, a cinque anni dalla
fine del suo secondo mandato, la
vita dell’attore e presidente Ronald
Reagan, fino a quel momento
scandita dai ritmi rilassati del ritiro dorato offerto dalla villa di Bel
Air e dal “Rancho del Cielo”, è stata sconvolta dai primi accenni di
Alzheimer. Con l’aggravarsi della
malattia le apparizioni pubbliche
di Reagan si sono sempre più ridotte. Ha dedicato gli ultimi anni
della sua vita alla riconciliazione
con la figlia Patti, da sempre in contrasto con le visioni conservatrici
del padre. Morto il 5 giugno del
2004, con novantatre anni e centoventi giorni è stato il secondo presidente americano più longevo,
preceduto solamente da Gerald
Ford. Oltre 100.000 persone hanno salutato la salma del quarantesimo presidente statunitense.
In giro per il mondo era noto
come “President Bush”. Dall’elezione del figlio a presidente degli
Stati Uniti in poi è conosciuto come
“George Bush Senior”, un attempato padre di famiglia con l’hobby
della pesca che si divide tra la sua
casa di Houston e la sterminata “tenuta Bush” nel Maine. Ma George Herbert Walker Bush non è tutto casa e pantofole. Continua a presenziare in occasione dei grandi avvenimenti pubblici (l’ex presidente era presente ai funerali di Stato
di due dei suoi predecessori, Ronald Reagan e Gerald Ford, e a
quello di Papa Giovanni Paolo II)
e non si è ritirato del tutto dalla vita
politica statunitense, come ha dimostrato in occasione delle elezioni
presidenziali del 2008, quando
ha sostenuto il candidato repubblicano John McCain.
Conclusi due mandati alla Casa
Bianca e sopravvissuto allo scandalo Lewinsky, l’ex presidente democratico è ora a capo della William J. Clinton Foundation, impegnata nella promozione di programmi per la lotta alla fame e all’Aids nel terzo mondo e supportata finanziariamente dai governi di
Qatar, Kuwait e Marocco. La politica continua ad appassionare Clinton, sceso in campo a fianco di sua
moglie Hillary (candidata alla presidenza nel 2008 e oggi segretario
di Stato) in occasione delle ultime
presidenziali. In agosto ha avuto il
delicato ruolo di mediatore internazionale, quando è volato in Corea del Nord per contrattare la libertà di due giornaliste di Current
Tv, emittente dell’ex vicepresidente Al Gore, condannate a dodici
anni di lavori forzati.
Un ultimo volo sull’Air Force
One per concludere otto anni da
presidente degli Stati Uniti e tornare nel suo Texas, Stato in cui ha
un passato da governatore. Ad attenderlo una villa appena acquistata per oltre due milioni di dollari nella campagna che circonda
Dallas. Così il presidente George
Walker Bush ha deciso di accomiatarsi dai cittadini statunitensi,
lasciando la Casa Bianca a Barack
Obama, ma continuando a riempire di impegni la propria agenda.
Dall’inaugurazione di stadi da football americano alla scrittura di un
libro in cui spiegherà al mondo le
dieci decisioni più difficili prese dalla scrivania dell’ufficio ovale, passando per la visita ai soldati in servizio in Iraq, lo stile di vita di George Bush Jr. è ancora lontano da
quello del pensionato medio.
L.d’A
Reporter
nuovo
L.d’A
L.d’A
L.d’A
Mentre la famiglia Bush
e Bill Clinton ancora si impegnano per i cittadini
americani, altri quattro
presidenti ne osservano
continuamente l’operato.
Sono George Washington,
Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Theodore
Roosevelt che, scolpiti nel
granito del monte Rushmore, combattono con
la newyorkese statua della libertà per guadagnarsi
il titolo di monumentosimbolo degli Stati Uniti.
Le enormi facce (diciotto
metri di altezza per otto di
larghezza) sono visitate
ogni anno da tre milioni di
turisti, che, nel Dakota del
Sud, possono idealmente
salutare i padri della democrazia americana, il presidente che ha tenuto insieme il paese durante la
guerra civile e quello che lo
ha guidato durante la crescita economica di inizio
ventesimo secolo.
11 Dicembre 2009
5
Cronaca
Brutti episodi a parte, analisi di una struttura essenziale in crisi e dei suoi problemi
Asili nido, la risorsa che non c’è
Insufficienti o troppo cari. Vengono penalizzate le lavoratrici madri
Le immagini dell’asilo nido di Pistoia hanno scosso chiunque abbia visto la violenza ingiustificata con
la quale due insegnanti si accanivano sui bambini
affidati loro. E sicuramente coloro che ogni mattina lasciano i propri figli in mani sconosciute per andare a lavorare avranno provato maggiore sgomento,
rabbia, paura. La carenza di asili nido pubblici costringe sempre più spesso madri e padri ad affidare
bambini ancora in fasce ad istituti privati che, a suon
di euro, dovrebbero prendersene cura. Giovani madri comunque penalizzate, costrette a rinunciare a
lavoro e carriera a causa di una politica che non lascia spazio a figli e famiglia. Con conseguenze che
si ripercuotono sulla società, a cominciare dalla bassa natalità. A fronte di tali esigenze è nato il piano
governativo “Italia 2010”, che grazie ad uno stan-
Forse le “Tagesmutter”
ci daranno una mano
Roberta Casa
Asili pubblici aziendali, istituiti dalle imprese per andare
incontro alle esigenze dei dipendenti con figli a carico. Oppure “Tagesmutter”, madri
condominiali nate dall’esperienza nordeuropea di Finlandia e Norvegia: si tratta di
casalinghe con figli a carico che
accolgono e si prendono cura
di pochi bambini in casa propria. Questi nuovi modi, pressoché sconosciuti in Italia, di
sopperire alla carenza di asili
nido pubblici, sembrano essere
la nuova frontiera del babysitteraggio, in aiuto di giovani
donne in carriera che non vogliono rinunciare alla maternità.
La realtà italiana non è clemente con le donne costrette
a scegliere tra lavoro e famiglia.
Nel nostro e in altri paesi europei essere madri molto spesso significa restare a casa e
prendersi cura dei bambini,
dati i disservizi dei quali soffre il nostro sistema: pochi gli
asili nido, ancora meno quel-
Il sindacalista: dovrebbe
diventare un servizio
IN AIUTO
Anche in
Italia si
replicherà
l’esperienza
tedesca
delle
“mamme
del giorno”
li pubblici, graduatorie nelle
quali entrare è una vera e propria manna dal cielo, perchè se
si è costretti a ricorrere al privato, ogni mese scivola nelle
casse dell’istituto metà dello stipendio dei genitori. Addirittura
spesso succede che si decida
volontariamente di non avere
figli, perché averne significherebbe doversi barcamenare in un ambiente ostile, che
non tende una mano ai genitori in difficoltà.
Nel resto del continente, invece, le donne non subiscono
la maternità come freno alla
ziamento di 40 milioni di euro cercherà di sopperire alla mancanza di posti negli asili pubblici tramite soluzioni quali “Tagesmutter” o asili nido
aziendali. Antonio Amantini, sindacalista Cgil, sottolinea però l’importanza di un investimento a lungo termine nelle strutture pubbliche. Anche alcune madri di Roma denunciano le carenze degli asili nido, costosissimi e spesso inefficienti.
carriera. L’Europa sembra essere attraversata da un muro
che la divide in due: al nord efficienza dei servizi per l’infanzia, al sud madri e padri lasciati
a se stessi. L’idea degli asili
aziendali e delle “Tagesmutter”
nasce proprio dal virtuosismo
nordeuropeo e potrebbe dimezzare il gran numero di
genitori che cerca un asilo
per i propri figli. Ma i mancati investimenti nel settore pubblico continuano a essere una
carenza grave per i genitori che
faticano a conciliare lavoro e famiglia.
Giulia Cerasi
“La risposta che il governo
vuole dare alla mancanza di posti negli asili nido è del tutto
estemporanea perché copre
l’esigenza solo a breve termine,
mentre a lungo termine non c’è
una progettualità di investire”.
A parlare a Reporter Nuovo è
Antonio Amantini, sindacalista
della Cgil, che ha criticato duramente il piano dei ministri
per le Pari Opportunità Mara
Carfagna e del Welfare Maurizio Sacconi per favorire l’occupazione femminile, grazie a
uno stanziamento di 40 milioni
di euro. Nello specifico, dieci
milioni saranno destinati a incentivare i nidi familiari sulla
scia dell’esperienza nordeuropea delle cosiddette “tagesmutter”, le “mamme del giorno”, che ospitano a casa propria bambini di altre donne lavoratrici. Ogni Comune dovrà
poi stilare un albo delle baby
sitter. “Questa risposta – commenta Amantini - è babysitteraggio e non un’offerta educativa. Qui non si tratta di tene-
IL PIANO
“Italia 2020”
è il progetto
del ministro
per le Pari
Opportunità
Mara
Carfagna
re i bambini “a pascolare” si
tratta di educare i bambini”.
Il progetto “Italia 2020”
prevede, inoltre, lo stanziamento di 12 milioni di euro per
voucher e buoni lavoro destinati all’occupazione femminile e quattro milioni per l’acquisto di computer e software
che permettano alle mamme di
lavorare da casa. Ma il sindacalista è scettico: “Il problema
è legato alla fattibilità del progetto: nei contratti di lavoro
sono 15 anni che si parla di telelavoro e il telelavoro non è
mai stato applicato”.
Con il piano “Italia 2020” i
ministri Carfagna e Sacconi
tentano di porre rimedio ad
una situazione insostenibile: attualmente nel nostro paese
solo un bambino su nove ha
accesso agli asili nidi comunali,
quota ben lontana dalla copertura del 33 per cento prevista dal Trattato di Lisbona.
“L’asilo nido – conclude Amantini - deve diventare un servizio pubblico essenziale come lo
è la scuola e diventando servizio pubblico essenziale diventa un obbligo da parte degli enti
a erogare questo servizio”.
Nella scuola di Monte Mario parlano mamme e papà
NEL NIDO Bambino che gioca
6
11 Dicembre 2009
Sorrisi, baci, qualche pianto. E’ suonata la campanella
all’asilo nido “I tesori di Gulliver”, nel quartiere Monte
Mario, è ora di tornare a casa.
Sciarpe e cappelli arcobaleno
indossati a colpi di “Copriti
amore, fa freddo!” si mischiano ai suoni di un ordinario pomeriggio romano. I
bambini che frequentano l’asilo - da pochi mesi a tre anni
- sono dei privilegiati. “Abbiamo penato tanto per farlo
entrare ma alla fine ci siamo
riusciti. - dice una mamma
soddisfatta - Le graduatorie
sono infinite”. I tesori di Gulliver è un piccolo nido comunale di periferia, ha solo
36 posti. “Lavoro in ospedale e con i turni che ho è im-
Troppo spesso a trovare posto
sono i falsi nullatenenti
possibile stare con mio figlio.
Per il primo anno lo guardava mia madre ma abita dall’altra parte di Roma. Per fortuna quest’anno è riuscito a
entrare qui che è uno dei pochi nidi pubblici aperti fino
alle sei”. “Mia figlia l’anno
scorso non è rientrata nelle
graduatorie e l’abbiamo dovuta iscrivere a un nido privato, pagavamo 500 euro al
mese. Si rende conto?” Capelli biondi, occhiali di metallo, sorriso stanco. “Io e mio
marito abbiamo dovuto fare
un sacco di sacrifici, per due
anni niente vacanze e pregavamo non arrivassero spese
impreviste”.
“E’ una vergogna!” L’unico
papà presente si intromette.
“A Roma per frequentare un
asilo nido bisogna essere o
nullatenenti oppure liberi
professionisti che denunciano il meno possibile. La mia
prima figlia, essendo io e mia
moglie due dipendenti statali, è stata esclusa dalle graduatorie. Ora che ci è nato il
secondo per miracolo abbia-
mo i punti giusti…” L’asilo
nido sembra essere una risorsa fondamentale per le famiglie. Ma c’è sicurezza? “Le
maestre sono gentilissime assicura una mamma con
dieci minuti di ritardo.
“Non è possibile che ora perché è successo quel fattaccio
- il caso dei maltrattamenti di
Pistoia, n.d.r. - voi giornalisti
dobbiate mettere sotto accusa tutta una categoria. Noi
facciamo il nostro lavoro in
condizioni precarie ma i bambini sono la cosa che ci sta più
a cuore” irrompe una maestra
visibilmente irritata. Trentatrè anni, accento campano,
una delle tante emigrate della scuola.
“Mio figlio lo lascerei pure
negli asili condominiali ma da
chi sono controllati? Poi vorrei sapere queste persone che
referenze hanno. A me interessa solo che mia figlia sia
protetta e so che se sta in una
struttura pubblica posso stare sicura” ha continuato la
mamma ritardataria. “Ora mi
scusi ma ho fretta, devo andare a prendere l’altro figlio a
scuola e portarlo a scuola
calcio. Fare la mamma è il
mestiere più faticoso”. Figuriamoci senza un asilo.
G. C.
Reporter
nuovo
Cronaca
L’86 per cento degli Italiani considera lo stare incolonnati a lungo ragione di forte stress
Mandi una lettera e salti la coda
Tanti gli stratagemmi per evitare di attendere ore in fila alla posta
Emiliana Costa
La signora Pina, 74 anni, è
seduta sul suo sgabello nella
posta di piazza Bologna a
Roma. Come ogni mercoledì
attende il suo turno con pazienza. Oggi ha il numero 127
e siamo ancora al 103, ma non
le importa. A lei piace stare lì,
perché a casa è sola. Suo marito è morto da più di dieci
anni e il figlio è partito per cercare lavoro al nord, così la
coda allo sportello diventa
per lei l’unico momento di socializzazione.
Sono le nove del mattino
e la filiale di piazza Bologna
è già gremita di persone,
meno tolleranti della signora
Pina, che si accalcano all’emettitrice di numeretti,
sperando in un’attesa non
troppo lunga. Gli stratagemmi per ridurre il tempo in fila
sono tanti, anche perché, secondo i dati diffusi dalla
think tank Vision & Value,
l’86 per cento degli Italiani
considera lo stare incolonnati
per ore ragione di stress. E
così c’è chi arriva dalla periferia, perché la posta centrale è più efficiente. O chi si affida ai volontari della Banca
del Tempo, che fanno la fila
al posto degli altri, in cambio
di un barattolo di marmellata o di una controllatina alla
macchina. In realtà oggi è
possibile eseguire la maggior
parte delle operazioni postali on line, ricorrere all’accredito della pensione sul conto e domiciliare le bollette.
“Ma sono ancora in tanti a
preferire il vecchio sportello,
LA BANCA DEL TEMPO TAGLIA LA FILA
L’ATTESA
L’interminabile
processione
verso lo sportello
dell’ufficio
postale
Anche un modo per “pagare” l’idraulico
In un periodo di difficile congiuntura
economica lo scambio di servizi può essere considerato un’efficace ricetta anticrisi. Ma anche un modo per conoscersi
e creare una rete sociale sul territorio.
Ce ne parla Maria Luisa Petrucci, presidente del coordinamento Banche del
Tempo di Roma e dell’associazione nazionale.
Cosa sono le Banche del Tempo?
“Si tratta di associazioni all’interno
delle quali vengono organizzati scambi di prestazioni e servizi, valutati in base
al tempo impiegato per realizzarli. Ad
esempio, se un correntista fa un’ora di
fila alla posta per pagare il bollettino di
un altro iscritto, avrà un credito di 60
minuti da spendere in una delle attività organizzate dalla banca”.
Quando sono nate in Italia questo
tipo di associazioni?
“La prima Banca del Tempo è stata
aperta a Parma nel 1992, su esempio di
altri paesi europei. Era il 1996 quando,
nell’ambito del Piano dei tempi e degli
orari, il Comune di Roma ha lanciato il
progetto di un’associazione che armonizzasse i tempi di vita nella Capitale”.
Chi sono i correntisti tipo?
“Sicuramente le donne impegnate su
due fronti, quello lavorativo e quello familiare. Hanno tra i 45 e i 55 anni e un
titolo di studio medio-alto. Ma ci sono
anche parecchi uomini che accompagnano le loro mogli. Quest’anno solo a
Roma ci sono stati nove mila iscritti, con
120mila ore attivate. E’ un’attività in crescita, perché rappresenta un modo costruttivo di socializzare, creando attività radicate sul territorio.”.
Quali sono i servizi messi a disposizione?
“Ce n’è per tutti i gusti. Si va dai laboratori teatrali, ai cineforum, al Burraco.
Ma anche lavoretti domestici e bricolage. C’è perfino l’idraulico, che al posto
della sonante fattura presenterà un conto in ore, saldabile con un barattolo di
marmellata o una partita a carte. E in un
periodo di crisi fa davvero comodo”.
Come si sovvenziona la Banca del
Tempo?
“I finanziamenti di cui usufruiamo si
basano sul principio dello scambio. Le
amministrazioni locali sostengono le nostre attività e in cambio promuoviamo
alcune iniziative del Comune, distribuendo materiale informativo”.
Quali sono i rapporti con gli altri
enti e associazioni?
“Anche in questo caso si tratta di progetti basati sulla reciprocità. Ad esempio, è molto proficua la collaborazione
con il centro di salute mentale. I pazienti,
che hanno bisogno di esprimersi in un
contesto al di fuori della struttura sanitaria, vengono coinvolti nelle attività
teatrali messe in piedi dai correntisti. C’è
stato il caso di un ragazzo con gravi problemi di relazione, che è riuscito a superare le sue difficoltà grazie proprio a
questi corsi. In cambio gli psicologi del
centro si offrono come moderatori dei
seminari organizzati dalla banca”.
E. C.
per evitare di diffondere i
propri dati e incappare in
qualche truffa”, spiega Daniele Blasi, impiegato alla filiale di piazza Bologna.
Il display su cui appaiono
i numeretti “convocati” agli
sportelli scorre inesorabile.
Arriva il turno della signora
Pina, che si stringe nel suo
scialle viola e sorridendo commenta: “Anche oggi la passeggiata è finita”. Nel frattempo l’ufficio postale si è
riempito, non ci sono più sedie libere e i clienti si intrattengono nel piccolo stand di
gadget collocato all’entrata,
dove è possibile trovare di tutto. Da “Fontamara” di Ignazio Silone ai pupazzetti dei
Gormiti. Anche Carlo, 70
anni, si sofferma a guardare
l’ultimo cd di Gianni Morandi mentre attende il suo turno. Però è fiducioso: “Io – racconta - vengo sempre in questa filiale, perché ci sono tanti sportelli e non si aspetta mai
più di mezz’ora. Dove abito,
in periferia a Casal Bertone, la
situazione é molto diversa e
pagare una bolletta può diventare un’odissea”.
L’orologio dell’ufficio postale segna le dieci, si aprono
le porte automatiche ed entra
di corsa Roberto, 28 anni, autista dell’autobus. Ha pochi
minuti a disposizione prima
del turno, ma anche un metodo infallibile per saltare la
coda. “Invio una lettera raccomandata a mia madre, così
posso pagare il bollettino allo
sportello missive, che è sempre poco affollato”. Quando si
dice l’ingegno.
Con la gestione Sarmi, l’azienda postale fa profitti e innova le tecnologie
La vecchia lumaca ha messo le ali
Chiara Aranci
SUCCESSO Massimo Sarmi
Ad. di Poste Italiane
Reporter
nuovo
La crisi economica ha coinvolto tutti i settori, compreso
quello del terziario. Solo Poste
Italiane SpA non è stata intaccata, affermandosi come
“benchmark indiscusso di innovazione e tecnologia”. In occasione della pubblicazione
della relazione finanziaria semestrale di Poste Italiane,
l’amministratore delegato,
Massimo Sarmi, nelle interviste a “Il Giorno” e al “Sole
24Ore” ha commentato con
orgoglio i risultati positivi del
primo semestre dell’azienda,
quando nella aziende omologhe europee i profitti erano in
calo. Un utile netto di 468 milioni di euro, che segna un
+3.6 per cento rispetto all’
anno precedente, un risultato
operativo a quota 805 milioni, in aumento del 7.2 per
cento e i ricavi totali hanno
raggiunto i 9.4 miliardi, in salita del 4 per cento. Cresce anche il numero dei conti correnti con un +2.6 per cento, e
si conferma la posizione dominante di Poste nel segmento delle carte prepagate. Numeri che fanno di Poste Italiane l’azienda leadership del
settore in Europa. Ma qual’è
stata la strategia di un successo così lampante?
Massimo Sarmi ha affermato di aver puntato tutto sull’innovazione, un concetto
base che si è manifestato nel
diversificare l’offerta del gruppo, mantenendo comunque
l’attività tradizionale. I servizi
assicurativi e la comunicazione in chiave elettronica sono
stati i passaggi obbligati per la
strada al successo. I primi
hanno registrato una raccolta
premi del 18.6 per cento,
quelli finanziari hanno registrato una crescita dell’8.6 per
cento, mentre i servizi postali hanno evidenziato un calo
del 5 per cento. L’utilizzo sempre più crescente della posta
elettronica rispetto a quella tradizionale è la spiegazione della diminuzione dei profitti dei
servizi postali, ha spiegato
l’amministratore delegato, ma
ciò ha indotto l’azienda a puntare sullo sviluppo di servizi
elettronici a disposizione del
cittadino. Presto infatti sarà
possibile pagare la sosta e il
parcheggio con un semplice
sms, come pure pagare bollettini postali, conti correnti,
effettuare bonifici e spedire te-
legrammi. Per quanto riguarda la crescita dei conti correnti
postali, Sarmi dichiara che
non è solamente un fatto legato alle crisi del sistema bancario, ma che l’offerta di prodotti estremamente sicuri ( investimenti in titoli di stato prevalentemente italiani) e semplici (come il libretto di risparmio) ha sollecitato i risparmiatori a scegliere Poste
italiane e ha concesso all’azienda di primeggiare in
Europa.
D’ altra parte lo scenario
globale è cambiato, e il core
business aziendale deve conformarsi al mutamento... e la
parola posta italiana lumaca,
come sinonimo di inefficienza, sarà archiviata.
11 Dicembre 2009
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Costume & Società
La saga creata da Stephanie Meyer varca i confini cartacei. E la fantasia scatena gli imitatori
Twilight succhia sempre più fan
Si diffonde inarrestabile l’ultima moda romantica della nuova generazione
Universi alternativi, personaggi
completamente stravolti, nuovi e insospettati intrecci di trama nel
mondo di “Twilight”. È possibile? Sì,
quando la penna è in mano ai fan.
“Twilight”, “New Moon”, “Eclipse” e “Breaking Down” sono i
quattro romanzi che compongono
la popolarissima saga vampiresca
targata Stephenie Meyer. Una saga
confezionata con perspicace maestria, capace di appassionare milioni di persone in tutto il mondo
facendo leva sul potere gravitazionale esercitato da temi complessi
calati in un mondo dark, gotico. Il
“fenomeno Twilight” è iniziato
con i dieci milioni di copie vendute
in quattro libri (l’ultimo, “Breaking
Down”, ne ha raggiunte da solo un
milione durante le prime ventiquattro ore), ed è definitivamente
esploso a livello sociale nel 2008,
con l’uscita nelle sale del film
omonimo, che dal cartaceo riprende l’essenziale e rielabora il
tanto che basta ad accalappiare orde
di appassionati, ipnotizzati dal
grande schermo. Il target tuttavia
non è composto solo da giovanissimi e, anzi, sembra che a irrobustire le fila dei “malati di Twilight” siano, più spesso che no,
over-trenta rapiti dall’affresco emotivo dipinto dalla Meyer. Insomma,
un contagio adatto a tutte le età al
quale sembra impossibile resistere.
Motivo? L’archetipo di base è quello della love story alla Romeo e Giulietta ma il contrasto romantico fra
gli imperativi dei protagonisti, le
loro inquietudini morali e le scelte
che compiono creano un gioco di
tensioni che cattura, rapisce il lettore. Condendo il tutto con la presenza di un fascinoso vampiro e interponendo ostacoli più o meno imponenti sulla strada dei due infatuati
protagonisti, ecco che abbiamo
creato un’esca perfetta per una fetta importante del tessuto sociale.
“Twilight” diventa così argomento
di conversazione negli ambienti
più insospettabili; diviene costume,
mania, quasi ossessione per gli appassionati. I personaggi iniziano
TENEBROSI Primo piano sui protagonisti della saga
perciò a prendere vita anche al di
fuori delle mani dell’autrice, e vivono nuove avventure online tramite le penne (o meglio, le tastiere)
dei fan di tutto il mondo. Quello delle “fan fiction”, i romanzi e le storie brevi scritte dai fan e ispirati ad
una saga letteraria, televisiva o cinematografica di successo, è un
fenomeno antico che recentemente ha visto una diffusione enorme
tramite l’avvento di internet. È, soprattutto, un ottimo indice di quanto profondamente un mondo di
fantasia sia riuscito a penetrare nel
reale, nel quotidiano. I racconti
dei fan spesso superano in finezza
e immaginazione l’opera originale
dell’autore: ci si concentra su alcuni temi trascurati o appena accennati nella saga e li si rielabora, li si
interiorizza e li si porta verso nuove direzioni. I risultati sono spesso
sorprendenti ma ciò che più conta
è che il “morbo” ormai è stato ulteriormente diffuso, ironicamente
proprio dalle primissime e ignare
vittime del contagio.
A colloquio con Laura Radiconcini, una delle autrici più prolifiche
Camilla, perché il vampiro va
Gli ingredienti: romanticismo, morale e redenzione
Breve scambio di battute
con Laura Radiconcini, in
arte “Camilla”, una fra le
scrittici di fan fiction più dotate e prolifiche nell’universo
di Twilight.
Che dimensione ha raggiunto il fenomeno delle fan
fiction basate sull’universo
di Twilight?
“Posso dire che il sito su
cui io pubblico, che è in lingua inglese (www.twilighted.net), ha ormai centomila iscritti, quasi tutte donne. Di questi, circa 1500 scrivono e gli altri leggono. E
questo è solo uno dei tanti siti
in circolazione.”
E pubblicano tutto quello che inviate?
“Generalmente sì, anche
se certe cose di “political
correctness” potrebbero correggerle. Ma in definitiva non
ci sono limiti. Particolarmente, non ci sono limiti al
sesso… alcune scrivono cose
terribili!”
Qualche esempio?
“Beh, nei racconti classificati NC17 c’è qualche scena d’amore, ma mai porno,
ecco. Poi c’è anche chi li fa
esplicitamente porno, ma…
8
11 Dicembre 2009
a parte gli scherzi, sono belli! Avendo letto un po’ di letteratura erotica in giro, posso dire che queste signore, le
autrici, sono davvero brave,
coinvolgenti e propongono
sempre un’altra dimensione
oltre a quella sessuale. Ma
non parliamo solo di questo,
perché secondo me Twilight
è molto altro.”
Come scrittrice e lettrice,
quali elementi di Twilight
crede che esercitino maggior
presa sul pubblico, e perchè?
“Beh, innanzitutto, va da
sé: il romanticismo. E mi riferisco al romanticismo nel
senso letterario, quello tedesco del primo Ottocento,
che ha per suo nodo centrale il contrasto fra gli imperativi categorici. In Twilight,
questa contrapposizione è
visibile nelle due regole morali che influenzano le azioni dei vampiri: da una parte
creature col bisogno di uccidere per nutrirsi, dall’altra esseri umani eticamente portati alla non violenza. Poi c’è
l’aspetto della redenzione,
che ricorre in tutta la saga: i
vampiri sono capaci di sacrificarsi, di correre un rischio
per gli altri. Il terzo elemento, secondo me strepitoso, è
la famiglia: i Cullen si vogliono bene, si sostengono, si
divertono anche insieme
come in pochissime famiglie
normali sono capaci di fare.”
Torniamo a lei. Come
sono state accolte dal pubblico della rete le sue fanfiction?
“Non sono quella che ha
più successo, sto ancora spasimando per avere migliaia di
commenti come qualcuno
invece ha. Io ne ricevo fra i
cento e i centocinquanta…
però, ecco, i commenti che ricevo sono di grande soddisfazione. In uno dei miei ultimi racconti ho fatto una ricostruzione minuziosa dell’Italia fra il ’43 e il ’45, mettendo insieme tutti i ricordi
della mia famiglia e ricostruendo ogni fatto in modo
scrupoloso. Ho ricevuto un
solo commento, di una studentessa di storia a Yale, che
mi ringraziava perché stava
studiando proprio quel pe-
Pagina a cura di Raffaele d’Ettorre
riodo e le era sembrato, grazie alla mia storia, di ritrovarsi
proprio lì. Sono molto soddisfatta dei commenti che
ricevo: credo che le mie storie siano fra le più difficili e
complesse. C’è un po’ di sesso, ma non abbastanza!”
In futuro intende scrivere romanzi professionalmente?
“Non so cosa succederà.
A me interessa il genere fantasy… per poter essere pubblicata, dovrei però proporre qualcosa di originale perché noi non possiamo essere pagati per le fan fiction,
per ovvie questioni di diritti d’autore. Quindi, dovrebbe essere una storia completamente nuova e slegata
dall’universo di Twilight.
Ancora non m’è venuta: se
mi verrà, ci proverò sicuramente. Forse sarebbe più
facile pubblicare negli Stati
Uniti, visto che in Italia fanno scrivere principalmente
quelli che già fanno un altro
mestiere. Dei casi come quello della Meyer o della Rowlings qui in Italia non sarebbero potuti succedere,
per come è l’editoria.”
LA SERIE La copertina di uno dei racconti di Camilla
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Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo “Massimo Baldini”
della LUISS Guido Carli
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