ecco alcuni suoi pensieri ...
"Oh Signore, se io potessi volare laggiù in Africa a predicare a gran voce la
tua bontà, quante anime potrei conquistarti! Fra i primi la mia mamma,
il mio papà, i miei fratelli, la sorella mia ancora schiava. Tutti, tutti i poveri
negri dell'Africa. Gesù fa' che anche loro ti conoscano e ti amino. Per ottenere questa grazia a Te offro la mia vita ".
"Se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita, e anche quelli che
mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché se
non fosse per loro non sarei ora cristiana e religiosa. Poveretti, forse non
sapevano di farmi tanto male. Loro erano i padroni, io ero la loro schiava.
Come noi siamo abituati a fare il bene, così i negrieri facevano questo, perché era loro abitudine, non per cattiveria. Prego tanto per quei negrieri,
perché il Signore, tanto buono e generoso con me, lo sia anche con loro,
fino a convertirli e a salvarli tutti".
per i giorni da venerdì 28 febbraio in poi
vedere a pagina 8.
FINE FEBBRAIO 2014 e inizio QUARESIMA
il fascicolo intero
per 6 giorni c’ è
a metà 04 - 2013
1e medie
2e medie
3e medie
martedì 25 febbraio — OGNI VITA E’ VOCAZIONE: il brano qui di seguito ci dice
che Dio viene da ognuno di noi e parla a noi - (usare poi i brani qui sotto…)
pag. 3
pag. 9
pag. 14
‘Gesù Buon Pastore’
racconti:
le frittelle del re
un paio di scarpe
‘il giovane ricco’
racconti:
il gelato
due isole
‘parabola dei talenti’
racconti:
la pietra
la promessa
mercoledì 26 febbraio
—————– FILMATO —————————————————-
L’ albergo dei poveri
(dura 10’30’’)
Il bambino perduto
(dura 9’’)
l’ uomo che piantava
alberi (dura 10’)
* QUESTI VIDEO SONO già pubblicati : ‘VOCAZIONE 1a 2a 3a nel 2013, prima di maggio.
giovedì 27 febbraio
—————- SANTI TESTIMONI ——————————-
Madre Teresa di Calc. don Giuseppe Cottolengo
Giuseppina Bakita
venerdì 28 febbraio —————— (inizio vacanze di Carnevale) ———————————
mercoledì 5 marzo (giorno delle ’Ceneri’)———————————————————
breve filmato per tutti insieme
+ presentazione della ‘funzione -Ceneri’
giovedì 6 marzo ————————————————————————————-
‘canto’
In preparazione alla s. Messa, con la funzione delle Ceneri
(ore 10.00)
venerdì 7 marzo ——————————————————————————————
20
breve ‘VIA CRUCIS’ insieme (in studio): libretto e diapositive.
tà in persona. Veniva a sapere che questo Signore conosceva anche lei, aveva
creato anche lei, anzi che Egli la amava.
del giovane
Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del
Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era
ancora spenta e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi
corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Eli rispose: «Non ti
ho chiamato, torna a dormire!». Samuele tornò e si mise a dormire. Ma
il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli
dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non
ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad
allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora
rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per
la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai
chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai:
"Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuele andò a dormire
al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte:
«Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, o Signore, perché
il tuo servo ti ascolta».
Samuele crebbe e il Signore fu con lui. Samuele non lasciò andare a vuoto
una sola delle sue parole.
(1 Samuele, 3, 1-19)
2
Bakita diventa cristiana e poi suora canossiana
Il 9 gennaio 1890, Bakita fu battezzata, cresimata e ricevette la prima
santa Comunione dalle mani del Patriarca di Venezia. La sua vita cristiana
fatta di preghiera e di servizio amorevole progrediva di giorno in giorno.
Rapidamente Bakhita sentì crescere in sé la vocazione religiosa e accettò
di appartenere a Cristo con tutta se stessa. "Quando ho capito che il Signore
mi chiamava alla vita religiosa, ho sofferto tanto perché non sapevo come
spiegarmi. Mi sentivo indegna, ed essendo di razza nera ero convinta che
avrei fatto sfigurare l'Istituto e che non mi avrebbero accettata. Ricordo che
ho pregato la Madonna che mi ha dato la forza di raccontare al confessore
la mia angustia e la mia lotta che duravano da due anni".
Dopo aver parlato con il proprio confessore ed esserne stata incoraggiata,
Bakhita chiese di essere accolta nell'Istituto canossiano come religiosa. Pur
trattandosi di una novità assoluta i superiori di allora, accolsero positivamente la domanda. L'8 dicembre 1896, a Verona, pronunciò i voti nella Congregazione delle Suore Canossiane.
… per oltre 50 anni di vita cristiana…
Nel lungo periodo di vita religiosa trascorso principalmente a Schio, nella
Casa canossiana di via Fusinato, non ci sono fatti speciali, ma la vita quotidiana di religiosa. Bakhita svolse i suoi lavori nella sagrestia, nella cucina e
nella portineria del convento. In questa semplice quotidianità emerge però
un elemento sorprendente, perché in tutto quello che fa Bakhita rivela un
amore umile e profondo, lasciando il segno indelebile in ogni persona incontrata. Il suo modo di incontrare le persone ha due effetti rigeneranti. Da
una parte le persone si sentono amate da Bakita e sentono più forte l'amore
di Dio per loro e dall'altra hanno sentimenti di riconoscenza e di amore per
la madre Moretta (è così che la chiamano con grande affetto e la cercano
come sorella nella fede.
Accanto ai lavori della vita comunitaria Bakita si impegnò in vari viaggi in
Italia, visitando la fitta rete delle case canossiane, soprattutto per sollecitare l’
annuncio del Vangelo.
19
servizio di lasciar andare la più piccola nel bosco per cercare un pacchetto
dimenticato. La piccola, nella sua innocenza, fa quello che le viene chiesto
e parte verso il bosco con i due uomini. Arrivata nel bosco, si rende conto
che non c'è nessun pacchetto. I due uomini si avvicinano e la minacciano,
uno con un coltello, l'altro con una pistola: «Se gridi, sei morta! Vieni, seguici». Terrorizzata, la bambina cerca di gridare, ma non ci riesce. Più avanti, i rapitori le chiedono il suo nome; pietrificata dalla paura, non è in grado
di rispondere. «Bene, dicono, ti chiameremo Bakhita (che significa
«fortunata»), perché sei veramente fortunata». Agli occhi di quegli uomini,
c'era ironia nel chiamare «fortuna» quella che era una disgrazia. Ma agli
occhi di Dio, che dirige tutti gli avvenimenti per il bene degli eletti, era davvero una fortuna inaudita per Bakhita.
E’ venduta cinque volte sui mercati del Sudan. Con la penultima vendita
come schiava si ritrovò al servizio della madre e della moglie di un generale
e lì spesso veniva fustigata fino al sangue; in conseguenza di un capriccio
dei padroni venne tatuata con profondi tagli fatti con il rasoio e, perciò, le
rimasero per tutta la vita 144 cicatrici. (Questo tatuaggio venne fatto con
rito crudele e tribale: 144 tagli di coltello lungo il corpo: “Mi pareva di morire ad ogni momento… Immersa in un lago di sangue, fui portata sul giaciglio, ove per più ore non seppi nulla di me… Per più di un mese [distesa]
sulla stuoia… senza una pezzuola con cui asciugare l’acqua che continuamente usciva dalle piaghe semiaperte per il sale che mi avevano cosparso
sopra”.)
Bakita in una famiglia in Italia
Infine, nel 1882 fu comprata da un mercante italiano per il console italiano Callisto , Legnani che tornò in Italia. Il console volendo fare un omaggio ad alcuni suoi amici, affidò loro la giovane ragazza africana. Così Bakhita
divenne un aiuto casalingo per i coniugi Augusto e Maria Turina Michieli e,
in seguito, diventerà la bambinaia della loro figlia Alice.
Bakhita conobbe allora Illuminato Checchini, colui che sarebbe diventato per lei un benefattore paterno. Quest'uomo ricco di carità e di fede non
solo fu di grande aiuto materiale per Bakhita, ma si preoccupò di farle conoscere la fede cristiana. Ora Bakhita venne a conoscere un "padrone"
totalmente diverso, il Dio vivente, il Dio di Gesù Cristo. Sentiva dire che esiste
un "Paron" (nel dialetto veneziano si usa per padrone), al di sopra di tutti i
padroni, il Signore di tutti i signori, e che questo Signore è buono, la bon18
1e medie
VOCAZIONE
martedì 25 febbraio
OGNI VITA E’ VOCAZIONE
DIO CHIAMA E PREPARA PER OGUNO DI NOI UNA VITA DA REALIZZARE,
PERCHE’ DIVENTI UN DONO E COSI’ ARRICCHISCA NOI E GLI LATRI!
Lo sapevi che anche Gesù ha avuto una vocazione?
Gliel' ha donata Dio Padre e lui stesso ha accettato di portarla a compimento. D' accordo con il Padre e lo Spirito Santo, egli si incarna per salvare l' uomo dalla condizione di peccato in cui si trova. Come uomo,
vive l' esperienza di tutti noi: capisce con la preghiera e con la vita,
quale sia la strada giusta da seguire per portare a termine la sua vocazione e poter dire: "Tutto è compiuto".
Gesù è per noi il Buon Pastore!
dal Vangelo di Giovanni (10, 11-18)
Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il
mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le
disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono
me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per
le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche
quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo
gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia
vita. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso.
3
racconto: LE FRITTELLE DEL RE
Una volta, durante un'aspra battaglia contro i feroci Danesi, Alfred, il buon re
d'Inghilterra, fu separato dai suoi soldati e costretto a fuggire. Braccato da ogni
parte, si nascose in una fitta foresta.
Vagando alla cieca tra gli alberi, Alfred si trovò davanti ad una graziosa capanna di boscaioli. Bussò. Una donna, dall'aspetto lindo e ordinato, si affacciò alla
finestra.
«Posso entrare e riposare un momento, per favore?», chiese educatamente re Alfred. Per la donna, lui era soltanto un soldato inglese stanco e impolverato. Così lo fece entrare e accomodare in cucina. Sul focolare stavano cuocendo dei
biscotti che mandavano un profumo delizioso.
«Vado a prenderti un po' di latte della mia capra», disse la donna. «Tu
però mi devi promettere di sorvegliare i miei biscotti. Quando sono
tostati da una parte, girali e non lasciarli bruciare. Lo farai?». «Certo»,
promise il re.
Per un po', il re Alfred badò con attenzione ai dolci e, quando li vide
ben cotti da una parte li girò dall'altra. Ma, dopo qualche tempo, cominciò a pensare al suo regno e ai suoi poveri sudditi e alla guerra che stava perdendo e si dimenticò dei biscotti. Quando la donna tornò, la cucina era invasa da un fumo nero e acre e i biscotti erano tutti carbonizzati.
Furiosa, la donna appioppò al povero Alfred un sonoro schiaffone. «Come
osi, donna? lo sono Alfred, re d'Inghilterra! E ho ben altri crucci!», s'indignò
Alfred. La donna replicò: «Sire, mi avevi dato la tua parola, quindi dovevi
mettere da parte tutto e mantenerla».
Secondo la leggenda fu in quel momento che il re si ricordò che un giorno
aveva solennemente promesso di difendere i suoi sudditi fino alla morte
e, sopraffatto dalla vergogna per aver abbandonato la battaglia, tornò a
riorganizzare le sue forze per combattere i Danesi.
La vocazione è una promessa. Questa promessa è impegnare la propria
vita.
UN PAIO DI SCARPE
Un bimbo di 10 anni, scalzo e tremante per il freddo, stava incantato
di fronte a una vetrina di scarpe.
Una signora gli si avvicinò. «Che cosa stai guardando con tanto interesse?», gli chiese.
«Sto chiedendo a Dio un paio di scarpe», fu la risposta del bambino.
4
scorso insieme, ma non era neppure in grado di riconoscerlo. Non si rendeva più conto che era suo marito.
Praticamente tutti gli dissero che questa sua decisione non aveva senso. Chiunque avrebbe potuto prendersi cura della sua povera moglie, che
tra l'altro non lo riconosceva nemmeno quando entrava in camera sua
per aiutarla, mentre non tutti potevano ricoprire la carica di rettore per
cui tanto aveva sacrificato e lottato.Lui rispondeva semplicemente: «È
vero, mia moglie non sa più chi sono io. Ma io so chi è lei, e in lei riconosco sempre la donna meravigliosa che ho sposato tanti anni fa.
C'è soltanto una cosa più importante di una chiamata, ed è una promessa. Ed io ho promesso di rimanere al suo fianco "finché morte non ci separi"».
mercoledì 26 febbraio
filmato che richiama l’ impegno e la missione che dobbiamo ricevere da Dio per non lasciare questo mondo solamente come l’ abbiamo trovato, ma molto migliore:
L’ UOMO CHE PIANTAVA ALBERI (dura 10’)
giovedì 27 febbraio
santa GIUSEPPINA BAKITA
L'infanzia e la schiavitù
Bakhita nacque nel 1869 circa - lei stessa non sapeva la data precisa - in una famiglia
numerosa e molto affettuosa, che viveva serenamente del proprio lavoro dei campi. La
serenità di queste persone semplici e buone venne dolorosamente ferita una prima
volta dal rapimento della sorella maggiore di Bakhita. Era l'epoca in cui la tratta degli
schiavi era una pratica molto diffusa nel Sudan. Due anni dopo nel corso di un'altra razzia, anche Bakhita fu rapita da trafficanti di schiavi, picchiata a sangue,
segregata per un mese in un orribile tugurio, usato come prigione.
Ecco come avvenne il rapimento: Due ragazzine sudanesi di sette e dodici anni, traboccanti di vita e di gioia, passeggiano attraverso i campi giocando. Nulla lascia presagire un evento tragico. Fermandosi a raccogliere
delle erbe per la cucina, scorgono improvvisamente due uomini che si avvicinano a loro. Uno dei due si rivolge alla più grande, e le chiede come un
17
racconto:
LA PIETRA ...da rimuovere con la buona volontà.
Proprio in mezzo ad una strada, un mattino, comparve una grossa pietra.
Era decisamente visibile e ingombrante: gli automobilisti cominciarono a
girarle intorno per evitarla. Dovevano frenare, mettersi in coda, ma lo facevano brontolando e suonando il clacson. Alle undici del mattino si era già
formato un corteo di cittadini che protestavano davanti al municipio, a mezzogiorno i sindacati annunciarono uno sciopero di tre giorni e tutti gli studenti scesero in piazza per dimostrare. Alle quattro del pomeriggio gli indignati occuparono la piazza principale e ‘Striscia la notizia’ mandò i suoi inviati a casa dell'assessore.
Alle diciotto, passò sulla strada un venditore ambulante di verdura con il
suo camioncino sgangherato. Si fermò a lato della strada con i lampeggianti
accesi e collocò diligentemente il triangolo rosso a distanza di sicurezza per
avvertire gli automobilisti. Poi cominciò a tentare di rimuovere il masso. Dopo molta fatica e sudore riuscì a muovere la pietra spostandola al bordo della strada.
Mentre tornava verso il suo camioncino notò che c'era una grossa busta
attaccata alla pietra, sul lato che prima poggiava sull'asfalto.
La busta conteneva un grosso assegno e una lettera con l'intestazione della più rinomata Industria del Paese che diceva che l'assegno era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla strada. L'assegno era accompagnato
dall'offerta di un lavoro importante presso l’ Industria.
LA PROMESSA
Un professore sognava di diventare rettore dell'Università in cui insegnava .
Per questo studiava giorno e notte, si preparava, teneva conferenze e pubblicava libri. Un giorno, finalmente, realizzò il suo sogno.
Gli arrivò la nomina a rettore. Prese possesso del suo ufficio e incominciò con decisione il suo compito. Giornali e studenti avevano accolto
con favore la sua nomina.
Ma dopo pochi mesi, fra lo stupore di tutti, diede le dimissioni. Il motivo era semplice: si era dimesso dalla carica di rettore per potersi dedicare a tempo pieno a sua moglie. Sua moglie aveva cominciato a mostrare
i sintomi del morbo di Alzheimer. La malattia avanzava velocemente e nel
giro di pochi mesi le conseguenze furono drammatiche: non solo sua
moglie non ricordava quasi più nulla di tutti gli anni che avevano tra16
La signora lo prese per mano, entrò nel negozio e ordinò al commesso una mezza dozzina di calzini per il bambino. Poi gli chiese anche
una bacinella di acqua e un asciugamano. La signora entrò nel retro del
negozio con il bambino, gli lavò i piedi e glieli asciugò. Il commesso arrivò con i calzini. La signora ne fece calzare un paio al bambino e quindi
gli comprò un paio di scarpe. Diede al bimbo gli altri calzini. Gli accarezzò
la testa e gli disse: «Piccolo mio, adesso va meglio, vero?».
Il bimbo le afferrò la mano e guardandola con gli occhi colmi di lacrime le domandò: «Tu sei la moglie di Dio?».
La vocazione ci è data perché noi continuiamo quello che vuole fare Dio per
essere presente e amare gli uomini, nostri fratelli!
mercoledì 26 febbraio
filmato che richiama l’ attenzione che possiamo avere verso chi ha bisogno di noi:
L’ ALBERGO DEI POVERI (dura 10’30’’)
una proprietaria di Albergo ha un sogno in cui il figlio morto la invita a prendersi cura
dei poveri. Questo suo figlio lavorava con lei in albergo e di pomeriggio, quando la mamma
ritornava a casa, lui accoglieva alcuni poveri offrendo a loro il pranzo. La mamma lo venne
poi a sapere dai poveri stessi che chiedevano del figlio, quando questi era ormai morto.
martedì 16 aprile
Madre Teresa è suora missionaria in India. Lascia la sua professione di insegnante a scuola per dedicarsi ai poveri e agli abbandonati di Calcutta.
MADRE TERESA DI CALCUTTA
Al Nirmal Hriday (casa Cuore Immacolato) non si arriva solo per morire.
Dal 1948 al 1972 sono stati ospitati 27 mila morenti; 14 mila sono
stati salvati, e hanno potuto riprendere in qualche modo la vita.
In una torrida e afosa giornata di maggio è portata in ambulanza una
donna, ridotta a un mucchietto informe e maleodorante. Madre Teresa
solleva quel povero corpo scarno, così simile a una radiografia. Le piaghe
aperte raccontano una lunga storia di patimenti. Mentre lava delicatamente tutto il corpo con acqua disinfettante, invita un' altra suora ad
5
intervenire con cardiotonici, e una terza a portare un brodo tiepido. La donna
si rianima, gli occhi che fissavano il vuoto riprendono vita. Mormora: - Perché
fai questo?
- Perché ti voglio bene - dice piano madre Teresa.
La donna con un grande sforzo le prende la mano: - Dillo ancora.
- Ti voglio bene - ripete con dolcezza madre Teresa.
- Dillo ancora, dillo ancora…
Le ‘caste’ in India
L'India che ama e rispetta gli animali, ogni anno conta a centinaia di migliaia i neonati e gli anziani gettati negli immondezzai. Sui giacigli di madre Teresa molti dei morenti sono « paria », immondi e intoccabili. Nell'India la religione indù ha imposto la disumana divisione in « caste ». La casta più bassa, i « paria », è una massa di gente misera e disprezzata, destinata ai lavori
più sporchi. Quelli delle caste superiori non li possono sfiorare.
Gandhi si è battuto con digiuni estenuanti, perché la società indiana riabilitasse i « paria », da lui ribattezzati « figli di Dio ». Ma non è riuscito.
Nel Nirmal Hriday, un giorno, arrivano gli studenti di medicina dell'Università. Si mettono a servire e a curare i miserabili di madre Teresa senza
badare a distinzione di casta. Si impegnano a tornare ogni sabato. Alcune
signore di ‘alta casta’ vengono regolarmente a lavare le piaghe dei moribondi.
È una piccola cosa. Ma nell'India delle ‘caste’ è un miracolo.
18 anni: che cosa fare della vita?
Madre Teresa si chiamava Agnes Gonscha Boyaxhiu. Quando Agnes nacque (nel 1910) Skopje apparteneva all'Albania, poi diventò jugoslava.
Mentre frequentava le scuole in città, Agnes cominciò a far parte di un
gruppo giovanile molto impegnato. Assistente del gruppo era un giovane
padre gesuita. In quegli anni, i gesuiti di Skopje aprirono una missione
vicino a Calcutta. In patria arrivarono lettere drammatiche, che descrivevano lo stato di estremo abbandono della gente.
1928. Agnes ha diciott'anni. Ha pensato e ripensato «che cosa fare »
della sua vita. L'idea delle missioni è penetrata in lei sempre più a fondo. Ha pregato, perché la sua non sia un'illusione. Ha domandato al suo
confessore: «Come posso sapere se Dio mi chiama?». Si è sentita rispondere: «Attraverso la gioia. Se il pensiero di dedicare la vita a Lui e ai
fratelli suscita gioia e pace, una gioia profonda e rasserenante».
6
Ci sono poche parole che fanno la storia della nostra vita, e fra queste certamente una è "sì". Ogni "sì" è specchio della tua rassegnazione o della tua
gioia di vivere, del tuo arrenderti o della tua capacità di lottare.
Dire "sì" non è facile. Intorno a noi e in noi ci accorgiamo di "sì" pronunciati senza coscienza, che possono fare della tua vita un cammino faticoso e
sbagliato. Vogliamo dire "sì" alla vita!
Nel momento in cui sei venuto alla luce, ti è stato regalato l'invito a vivere..., vivere una vita piena! E tu lo hai fatto, hai gridato a tutti con la tua
voce la voglia di esserci. Ora sei grande, ma quella stessa voglia di dire
"io esisto" te la porti ancora con te.
dal Vangelo di Matteo (25, 14-30)
Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i
suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro
due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito "colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a
fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo:
"Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri
cinque". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone - sei stato
fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". "Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse:
"Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri
due". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato
fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e
disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e
raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il
tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo". Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non
ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo
a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. Il servo inutile
gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
15
sempre fiducia nella Divina Provvidenza
Il re Carlo Alberto mandò due Conti a verificare la situazione finanziaria
della Piccola Casa. A tu per tu con il Cottolengo gli suggerirono con una certa energia che per salvare l'opera, che occorreva diminuire drasticamente il numero dei ricoverati.
Ecco la reazione del Cottolengo: - Io diminuire il numero? Non lo farò
mai. L’ opera di Dio non bisogna abbandonarla.
- Ma se nessuno vi dà più niente, caro Cottolengo, bisognerà ben che
un giorno voi apriate la Casa e allontaniate tutti.
- Quando io sarò in queste condizioni mi coricherò sulla porta, e morirò là.
Signori, vedono questa camera? L'unica pena che sento è di non averla
riempita ancora di ammalati. Non ho confidato abbastanza nella Provvidenza, e così mi trovo in strettezze: il Signore mi castiga. Ma la riempirò
presto. La Piccola Casa è troppo ampia? Vi dico che è troppo piccola. Fino
alla Dora andremo, fino alla Dora.
Non erano le parole di un esaltato. Lo si vide dopo pochi mesi. Nell'inverno del 1838 cominciò tranquillamente a costruire un nuovo grande
ospedale, perché il primo non bastava più.
la preghiera: ‘Pregate, pregate sempre’
Diceva alle suore: «Ricordatevi che la preghiera è il primo pane di cui
dobbiamo nutrire i poveri». E ai malati: «La preghiera vi fa cari a Dio. Pregate dunque, pregate sempre».
per i giorni da venerdì 28 febbraio in poi
vedere a pagina 8.
3e Medie
VOCAZIONE
martedì 25 febbraio
OGNI VITA E’ VOCAZIONE
DIO CHIAMA E PREPARA PER OGUNO DI NOI UNA VITA DA REALIZZARE,
PERCHE’ DIVENTI UN DONO E COSI’ ARRICCHISCA NOI E GLI ALTRI!
14
Divenne suor Teresa e insegnante in una scuola frequentata dalle ragazze più facoltose della città. Ma un giorno suor Teresa si toglie la tonaca da suora e indossa il sari bianco come le povere donne indiane e si reca tra le baracche dell’ immensa periferia.
19 marzo arriva da lei Shubashini Das, una graziosa ragazza di 19
anni. È stata sua alunna, e appartiene ad una ricca famiglia cattolica.
«Voglio lavorare con te per i poveri» le dice: «Ma non solo per qualche
ora. Per sempre, come te». Dopo di lei ne arriveranno altre: circa novecento.
giovani ladri
«Un giorno - racconta madre Teresa - venne da me un poliziotto con alcuni
ragazzini sui dieci-undici anni, che erano stati colti a rubare. Quel poliziotto
era una brava persona, ed esitava a metterli in prigione: a contatto con i
criminali si sarebbero rovinati per sempre. Mi domandò se potevo occuparmi di loro. Parlai un poco con quei ragazzi, e scoprii che facevano i ricettatori
e i galoppini di una banda di ladri, che in cambio davano loro ogni giorno
un buon pasto. Proposi: "E se una buona minestra calda ve la dessi io, tutti
i giorni, lascereste perdere quella banda?". Ciò che li convinse, probabilmente, non fu la minestra, ma l'interesse e l'affetto mio per loro».
Madre Teresa cercò una casa per loro. Poi un ricco indù donò altre case,
e ora i ragazzi poverissimi sono 2.500. A mano a mano che crescono, madre
Teresa cerca per loro un lavoro. Per le ragazze riesce a formare una modesta
dote che le aiuti a trovare un marito.
Madre Teresa in tutto il mondo
1968. In Tanzania (Africa) arrivano da Calcutta suor Shanti e sette missionarie. Le ha richieste a madre Teresa il vescovo di Tabora, perché si prendano cura dei poveri accampati nei dintorni della città e aiutino i lebbrosi
e i ciechi a costruire capanne, case.
Sette giovani tanzaniane hanno vestito lo stesso sari delle suore
indiane. Intanto sono sorti i « Fratelli missionari della carità », e sono diventati un centinaio. Li guida padre Andrea, un gesuita che ha ricevuto
pure lui il permesso di lasciare il suo convento in Australia per dedicarsi ai più poveri tra i poveri. I « fratelli » affiancano l'opera delle
missionarie, eseguono i lavori più duri e pesanti.
Nel 1969 le missionarie aprono un centro a Bourke, in Australia, fra le
tribù aborigene. Nel 1970 fondazioni a Melbourne (Australia), ad Am7
man (Giordania), a Londra e a Roma. Nella capitale della cristianità, dove
vivono 22 mila suore di 1200 ordini diversi, le ha volute Paolo VI, tra i
baraccati dell'Acquedotto Felice.
Passano di casupola in casupola, visitano vecchi e malati, li curano, riordinano ambienti, si occupano dei piccolissimi , cucinano dove le madri sono
assenti per lavoro.
venerdì 28 febbraio (inizio vacanze di Carnevale)
mercoledì 5 marzo (giorno delle ’Ceneri’)
- breve filmato per tutti insieme:
per l’ inizio della Quaresima e per una risposta a Dio che chiama.
- presentazione della funzione delle Ceneri per l’ indomani.
giovedì 6 marzo
- ’canto’ in preparazione alla s. Messsa, con la funzione delle Ceneri.
(ore 10.00)
venerdì 7 marzo
- breve ’VIA CRUCIS’ insieme (in studio): libretto + diapositive.
8
Nell'agosto del 1833 il Cottolengo rivolge una supplica al re Carlo Alberto
(succeduto nel 1831 a Carlo Felice) per ottenere il riconoscimento legale della
Piccola Casa. Il re rimette la pratica al ministro degli interni, Conte dell' Escarene. Il ministro fa chiamare il Cottolengo:
- E’ lei il direttore della Piccola Casa?
- No. Io sono il semplice manovale della Divina Provvidenza.
- Ma dove prende tutti i mezzi per mantenere tutti quegli ammalati?
- Gliel' ho detto, dalla Provvidenza.
Quell'uomo abituato a tenere saldamente i piedi per terra, ad esaminare entrate, uscite e bilanci, perse la pazienza:
- Ma il denaro, signor Canonico, i quattrini. Di dove li fa saltar fuori?
- E dagliela. Ma se gliel'ho già detto due volte. La Divina Provvidenza ci fornisce di tutto, non ci ha mai lasciato mancare niente e non verrà a mancare mai.
Mancherò io, mancherà anche lei, signor Ministro, ma la Provvidenza continuerà a pensare ai poveri della Piccola Casa.
Quell'uomo è colpito da questa fede grande. Prima di congedarlo gli dice con
umiltà: «Preghi per me».
la storia di Doro, il prediletto del Cottolengo
Il prediletto del Cottolengo, fra i ricoverati che approdavano ogni giorno alla
Piccola Casa, è stato Doro. Senza gambe, minorato mentale, incapace di parlare e inselvatichito dal lungo abbandono, si scatenava a volte in ire terribili.
Il Cottolengo se lo fece amico parlandogli con quella semplicità bizzarra e allegra che era una delle sue caratteristiche. Gli portava arance, confetti, passava
accanto a lui ogni momento libero. Lo faceva collocare sopra la tavola medesima su cui egli pranzava e insieme facevano lo stesso pranzo».
Egli vedeva in Doro non un «disgraziato», ma una persona, un figlio di Dio. E
con la suprema delicatezza di condividere con lui il pranzo gli annunciava,
nell'unico linguaggio che lui poteva capire, che Dio è nostro Padre e che tutti
siamo fratelli. Questo per il Cottolengo non era una «pia menzogna», ma
una realtà concreta in cui credeva profondamente.
Quando arrivò l'Arcivescovo di Vercelli, e lui stava giocando a bocce
con Doro, lo fece venire avanti e gli disse: «Vede? Sto giocando con questo galantuomo, bisogna che finisca la partita. Termino e sono da Lei».
Dopo Doro vennero tanti «buoni figli» e «buone figlie», come lui li chiamava. Handicappati mentali che in quel tempo erano sovente oggetto di
scherzi crudeli della gente maleducata. Furono i suoi prediletti, perché
«tra i più sfortunati figli di Dio».
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sistente al forno, andò verso sera dal canonico Cottolengo dicendo che non
c'era la farina per confezionare il pane per l' indomani (I ricoverati nella
Piccola Casa erano circa mille). Il tempo era molto piovoso, con acquazzoni
continui. Rispose il canonico che a quell'ora era impossibile provvedere la
farina. Così dicendo entrò nel refettorio delle suore, poco distante, e trovò
suor Perpetua, che preparava la tavola per la cena. Le disse di uscire e di
lasciarlo solo, chiudendo la porta. La suora, meravigliata di quelle parole, per curiosità tornò indietro e guardò attraverso le fessure della porta
che cosa capitasse. Vide il canonico in ginocchio con le braccia in croce
davanti al quadro della Madonna. Non passò un' ora che si sentì picchiare
alla porta del cortile della Piccola Casa. Essendo il tempo pessimo, le suore
avevano difficoltà a traversare il cortile che era allagato dall'acqua. Ma,
continuandosi a bussare sempre forte, suor Perpetua, si portò come meglio
poté ad aprire la porta, e trovò un conducente con un carro colmo di sacchi
di farina tirato da due o tre cavalli. Interrogato da dove venisse e da chi fosse mandato, rispose di essere un semplice conducente. Doveva solo consegnare i sacchi.
il progetto di aprire una casa per poveri e malati
Una donna di trentacinque anni, Giovanna Maria Gonnet, è arrivata
da Milano con il marito Pietro Ferrario e tre figli. Sono diretti a Lione
in cerca di lavoro e la donna è al sesto mese di gravidanza, aspetta il
quarto figlio. Nell'albergo è stata colpita all'improvviso da un grave
malore, hanno cercato di portarla all'Ospedale Maggiore, ma non
l'hanno accolta perché gravida. Allora l'hanno portata all'Ospedale
della Maternità, ma anche qui l'hanno respinta perché il malore che
l'aveva colpita non riguardava la maternità. La poveretta è ormai in
fin di vita e il Cottolengo, accorso al suo capezzale, non può far altro
che prepararla a morire cristianamente, accanto ai bambini sgomenti
e al marito straziato dalla sciagura.
Verso sera il canonico Cottolengo propone di affittare qualche
stanza e «aprire un ricovero per i poveri malati che non venivano accolti dagli altri ospedali».
la ‘Picola Casa’ della ‘Divina Provvidenza’
Poi le case non bastano più; gli ammalati, gli orfani, gli abbandonati si moltiplicano. Il Cottolengo compra terreni, fabbrica o riadatta altre case. È la storia
di un santo vero che giorno dopo giorno, con semplicità e allegria, fa continuamente due cose: si lascia mangiare dai poveri e si lascia condurre da Dio. 12
2e Medie
martedì 25 febbraio
VOCAZIONE
OGNI VITA E’ VOCAZIONE
DIO CHIAMA E PREPARA PER OGUNO DI NOI UNA VITA DA REALIZZARE, PERCHE’ DIVENTI UN DONO E COSI’ ARRICCHISCA NOI E GLI LATRI!
A cosa serve la tua vita, se si riduce ad una passeggiata da turista sul pianeta terra? A che serve la tua vita, se non hai voglia
di lasciare il mondo migliore di come lo hai trovato? Allora sarebbe meglio per te che non fossi mai nato/a !!
dal Vangelo di Luca (18,18-30)
Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per
avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami
buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti:
Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre».
Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza».
Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello
che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!». Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto
ricco.
Quando Gesù lo vide così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli
che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. È più facile infatti per
un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel
regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?».
Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».
Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo
seguito». Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c'è nessuno che abbia
lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che
non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che
verrà».
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racconto:
IL GELATO
Qualche tempo fa quando un gelato costava molto meno di oggi, un
bambino di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino. Una cameriera
gli portò un bicchiere d'acqua. «Quanto costa un gelato formula super?»,
chiese il bambino.
«Un euro e settanta», rispose la cameriera. Il bambino prese delle monete
dalla tasca e cominciò a contarle. «Bene, quanto costa un gelato semplice?». In quel momento c'erano altre persone che aspettavano e la
ragazza cominciava un po' a perdere la pazienza.
«Un euro e venti centesimi!» gli rispose la ragazza in maniera brusca.
Il bambino contò le monete ancora una volta e disse: «Allora mi porti
un gelato semplice!».
La cameriera gli portò il gelato e il conto. Il bambino finì il suo gelato, pagò il
conto alla cassa e uscì.
Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo si commosse, perché
lì, ad un angolo del piatto, c'erano 50 centesimi di mancia per lei.
Il bambino aveva chiesto il gelato semplice e non il "super" per riservare la
mancia alla cameriera.
“Dio ha messo il suo amore nel cuore degli uomini.
Ed essi possono essere generosi”.
DUE ISOLE
C'erano una volta due isole, divise solo da uno stretto braccio d'acqua nell'immenso Oceano.
«Io sono molto più bella» proclamava una.
«Io sono molto più grande» ribatteva l'altra.
«Io ho la spiaggia più lunga» si vantava una.
«Io ho le palme più alte» replicava l'altra.
«Su di me crescono cespugli di bacche squisitissime» diceva una.
«Io ospito gli uccelli più variopinti del mondo» obiettava l'altra.
Per anni e anni litigarono in questo modo. E il tempo passava, e le onde
dell'Oceano nel loro incessante movimento, notte e giorno, portavano sabbia sulle due isole, che si allargavano ogni giorno un pochino. Il canale
che divideva le due isole si restrinse sempre di più. Finché un giorno
le due spiagge si toccarono e si fusero in una sola. Le due contendenti
non erano affatto contente. «E adesso chi di noi due è la migliore?» si
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lagnavano. Fu il buon vento che si divertiva ad arricciare le onde a rispondere: «Prima eravate due tristi isolette. Insieme siete la più bella
isola del mondo».
“Avete unito e donato le vostre ricchezze!”
mercoledì 26 febbraio
filmato che richiama la risposta che dobbiamo dare al Signore per prendere
il posto importante che ci attende nella vita:
IL BAMBINO PERDUTO
(dura 9’)
una giovane fotografa, per non rinunciare alla sua carriera di fotografa,
tramanda la scelta di sposarsi e costruire una famiglia. Ella incontra un
bambino, che poi di tanto in tanto si fa vivo da lei. Sarebbe stato il suo
bambino, ma lei non ha voluto sposarsi…
giovedì 27 febbraio
figura di un santo che ci sia di ispirazione,
perché anche noi sappiamo essere Santi.
san GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO
testimonianze: chi era e cosa faceva il Cottolengo
«Una notte, verso le dieci due guardie civiche condussero alla Piccola Casa
una donna ributtante, coperta di piaghe e di vermi, quasi in fin di vita. Venne il
canonico Cottolengo, e veduta quella povera malata in quello stato, disse alle
guardie: "Vi ringrazio di cuore del gioiello che avete portato alla Piccola Casa". Allora suor Giuseppa e suor Agnese, il Cottolengo ed io andammo a gara
a pulire e medicare quell'infelice. Il canonico, vedendo che volevamo fare
tutto noi, disse: "Volete mica escludermi?". Venne medicata, messa a letto.
Dopo averle portato qualche ristoro, il canonico la confessò e le portò anche
il Viatico (Gesù-Eucaristia). Verso il mattino morì».
Ecco un' altra testimonianza: «Nell'autunno del 1841 la suora Fiorina, as11
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