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ACTA ORDINIS
FRATRUM MINORUM
VEL AD ORDINEM QUOQUO MODO PERTINENTIA
Fr. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO
IUSSU ET AUCTORITATE
TOTIUS ORD. FR. MIN. MINISTRI GENERALIS
IN COMMODUM PRAESERTIM RELIGIOSORUM SIBI SUBDITORUM
IN LUCEM AEDITA
Veritatem facientes in caritate (Eph. 4,15).
Peculiari prorsus laude dignum putavimus,
dilecte Fili, consilium quo horum Actorum
collectio atque editio suscepta est.
(Ex Epist. L EONIS P P. XIII ad Min. Gen.)
ROMA
CURIA GENERALIS ORDINIS
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CUM APPROBATIONE ECCLESIASTICA
FR. JOSÉ R. CARBALLO, ofm, Min. Gen.
Fr. LUIGI PERUGINI
Director
Fr. GINO CONCETTI
Director responsabilis
Autoriz. N. 10240 del Trib. di Roma, 8-3-1965
Impaginazione e grafica
Ufficio Comunicazioni OFM – Roma
Stampato dalla
TIPOGRAFIA MANCINI S.A.S. – Tivoli (Roma)
nel mese di ottobre dell’anno 2007
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EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS
1. Discorso all’Assemblea plenaria dell’Unione Internazionale Superiore generali
Aula delle Benedizioni, 7 maggio 2007
PORSI AL SERVIZIO DEL VANGELO
Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato
e nel Sacerdozio,
care Sorelle!
Sono lieto di incontrarvi in occasione
dell’Assemblea Plenaria dell’Unione Internazionale Superiore Generali. Saluto e ringrazio il Cardinale Franc Rodè, Prefetto
della Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica,
per le cordiali parole rivoltemi; estendo il
mio ringraziamento alla Presidente della
vostra Unione, suor Therezinha Rasera, che
s’è fatta interprete non solo dei vostri affettuosi sentimenti, ma anche di quelli delle
religiose del mondo intero. Saluto, poi, ciascuna di voi, care Superiore Generali, che
rappresentate 794 famiglie religiose femminili operanti in 85 Paesi dei cinque Continenti. Ed in voi ringrazio l’immenso esercito di testimoni dell’amore di Cristo, che
operano sulle frontiere dell’evangelizzazione, dell’educazione e della carità sociale.
Come ha ricordato la vostra Presidente,
il tema dell’Assemblea Plenaria, che state
tenendo in questi giorni, è particolarmente
interessante: “Chiamate a tessere una nuova spiritualità che generi speranza e vita
per tutta l’umanità”. L’argomento da voi
scelto è frutto di un’ampia riflessione sulla
seguente domanda: “Nel contemplare il nostro mondo, ascoltando le sue grida, i suoi
bisogni, la sua sete e le sue aspirazioni, qual
è il filo che noi, religiose, responsabili delle nostre Congregazioni, siamo chiamate a
tessere in questo momento, per divenire così ‘tessitrici di Dio’, profetiche e mistiche?”. L’analisi attenta delle risposte perve-
nute ha fatto comprendere al Consiglio Esecutivo della vostra Unione che il simbolo
scelto, quello cioè del “tessere”, un’immagine prettamente femminile che viene usata
in tutte le culture, rispondeva a quanto le
Superiore Generali avvertivano come
un’urgenza spirituale e apostolica del momento presente. Nelle medesime risposte
sono stati evidenziati alcuni “fili” - la donna, i migranti, la terra e la sua sacralità, i laici, il dialogo con le religioni del mondo –
che voi ritenete quanto mai utili per “tessere”, in questa nostra epoca, una rinnovata
spiritualità della Vita Consacrata ed avviare
così un approccio apostolico più rispondente alle attese della gente.
Ed è appunto su questi temi che state riflettendo durante i lavori della vostra Plenaria. Voi siete consapevoli che ogni Superiora Generale è chiamata ad essere animatrice
e promotrice, come opportunamente ha sottolineato la vostra Presidente, di una Vita
Consacrata “mistica e profetica”, fortemente impegnata nella realizzazione del Regno
di Dio. Sono questi i “fili” con i quali il Signore vi spinge, care Religiose, a “tessere”
oggi il vivo tessuto di un proficuo servizio
alla Chiesa e di una eloquente testimonianza evangelica “sempre antica e sempre nuova”, in quanto fedele alla radicalità del Vangelo e coraggiosamente incarnata nella
realtà contemporanea, specialmente laddove c’è più povertà umana e spirituale.
Non sono certamente poche le sfide sociali, economiche e religiose con cui la Vita
Consacrata si deve confrontare nel tempo
attuale! I cinque ambiti pastorali da voi
messi in evidenza costituiscono altrettanti
“fili” da tessere e intrecciare nella complessa trama del vivere quotidiano, nelle relazioni interpersonali e nell’apostolato. Si
tratta non di rado di percorrere inesplorati
sentieri missionari e spirituali, mantenendo
però sempre ben saldo il rapporto interiore
con Cristo. Solo da questa unione con Dio
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scaturisce infatti ed è alimentato il ruolo
“profetico” della vostra missione, che consiste nell’“annuncio del Regno dei cieli”,
annuncio indispensabile in ogni tempo e in
ogni società.
Non cedete pertanto mai alla tentazione
di allontanarvi dall’intimità con il vostro
celeste Sposo, lasciandovi catturare eccessivamente dagli interessi e dai problemi
della vita quotidiana. I Fondatori e le Fondatrici dei vostri Istituti hanno potuto essere dei “profetici pionieri” nella Chiesa perché non hanno mai perso la viva consapevolezza di essere nel mondo, ma non del
mondo, secondo il chiaro insegnamento di
Gesù (cfr Gv 17,14). Seguendo il suo esempio, essi si sono sforzati di comunicare con
le parole e i gesti concreti l’amore di Dio attraverso il dono totale di se stessi, sempre
mantenendo lo sguardo e il cuore fissi in
Lui.
Care Religiose, se volete ripercorrere fedelmente voi stesse le orme dei vostri Fondatori e delle vostre Fondatrici ed aiutare le
vostre consorelle a seguirne gli esempi, coltivate la dimensione “mistica” della Vita
Consacrata, mantenete cioè sempre unita la
vostra anima a Dio attraverso la contemplazione. Come insegna la Scrittura, il “profeta” prima ascolta e contempla, poi parla lasciandosi permeare totalmente da quell’amore per Dio che nulla teme ed è più forte
persino della morte. L’autentico profeta,
perciò, non si preoccupa tanto di fare delle
opere, cosa senza dubbio importante, ma
mai essenziale. Egli si sforza soprattutto di
essere testimone dell’amore di Dio, cercando di viverlo tra le realtà del mondo, anche
se la sua presenza può talora risultare “scomoda”, perché offre ed incarna valori alternativi.
Sia quindi vostra preoccupazione prioritaria aiutare le vostre consorelle a ricercare
primariamente Cristo e a porsi generosamente a servizio del Vangelo. Non stancatevi di riservare ogni cura possibile alla formazione umana, culturale e spirituale delle
persone a voi affidate, perché siano in grado di rispondere alle odierne sfide culturali
e sociali. Siate le prime a dare l’esempio nel
rifuggire le comodità, gli agi, le convenien-
ze per portare a compimento la vostra missione. Condividete le ricchezze dei vostri
carismi con quanti sono impegnati nell’unica missione della Chiesa che è la costruzione del Regno. Instaurate a tal fine una serena e cordiale collaborazione con i sacerdoti, i fedeli laici, e specialmente le famiglie
per andare incontro alle sofferenze, ai bisogni, alle povertà materiali e soprattutto spirituali di tanti nostri contemporanei. Coltivate, inoltre, una sincera comunione e una
schietta collaborazione con i Vescovi, primi
responsabili dell’evangelizzazione nelle
Chiese particolari.
Care Sorelle, questa vostra Assemblea
Generale si svolge nel tempo pasquale, nel
quale la liturgia ci invita a proclamare con
incessante esultanza: “Questo è il giorno
che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed
esultiamo!”. Il gaudio e la pace della Pasqua vi accompagnino e sempre dimorino
in voi, in ogni vostra Comunità. In ogni circostanza fatevi messaggere di questa gioia
pasquale come le donne che, recatesi al sepolcro, lo trovarono vuoto ed ebbero il dono di incontrare il Cristo risorto. Liete allora corsero a darne l’annuncio agli Apostoli.
Veglino su di voi e sulle vostre rispettive
Famiglie religiose Maria, Regina delle Vergini, e i vostri santi e beati Fondatori e Fondatrici. Nell’affidarvi alla loro intercessione, di cuore vi assicuro un ricordo nella preghiera e volentieri imparto a tutte una
speciale Benedizione Apostolica.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 7-8 maggio 2007]
2. Discorso di Benedetto XVI in occasione della visita alla “Fazenda da Esperança”
Guaratinguetá, Fazenda da Esperança,
12.05.2007
DOVETE ESSERE GLI
AMBASCIATORI DELLA SPERANZA
Carissimi amici e amiche!
Eccomi finalmente nella
“Fazenda da Esperança”!
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EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS
1. Saluto con particolare affetto Fra
Hans Stapel, Fondatore dell’Opera Sociale
“Nossa Senhora da Glória”, conosciuta anche come “Fazenda da Esperança”. Desidero innazitutto rallegrarmi con tutti voi per
aver creduto nell’ideale di bene e di pace
che questo posto significa.
A tutti voi che vi trovate in fase di ricupero, nonché a coloro che si sono ristabiliti,
ai volontari, alle famiglie, agli ex-ricoverati e ai benefattori di tutte le “fazendas” rappresentate in questa occasione per questo
appuntamento con il Papa vorrei dire: Pace
e Bene!
So che si sono riuniti qui i rappresentanti di diversi paesi, dove la “Fazenda da
Esperança” possiede delle sedi. Siete venuti a vedere il Papa. Siete venuti per ascoltare e assimilare ciò egli desidera dirvi.
2. La Chiesa di oggi deve ravvivare in se
stessa la coscienza del compito di riproporre al mondo la voce di Colui che disse: «Io
sono la luce del mondo; chi segue me, non
cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Da parte sua, la missione
del Papa è di rinnovare nei cuori questa luce che non si offusca, perché vuole illuminare l’intimo delle anime che cercano il vero bene e la pace, che il mondo non può dare. Una luce come questa abbisogna solo di
un cuore aperto agli aneliti divini. Dio non
costringe, non opprime la libertà individuale; solo chiede l’apertura di quel sacrario
della nostra coscienza attraverso cui passano tutte le aspirazioni più nobili, ma anche
gli affetti e le passioni disordinati che offuscano il messaggio dell’Altissimo.
3. «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta,
io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con
me» (Ap 3,20). Sono parole divine che
giungono al fondo dell’anima e che scuotono persino le sue radici più profonde.
In un certo momento della vita, Gesù
viene e bussa, con tocchi soavi, nel profondo dei cuori ben disposti. Con voi, Egli lo
ha fatto attraverso una persona amica o un
sacerdote o, chissà, predispose una serie di
coincidenze per farvi capire che siete og-
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getto della predilezione divina. Mediante
l’istituzione che vi accoglie, il Signore vi ha
reso possibile questa esperienza di ricupero
fisico e spirituale di importanza vitale per
voi e per i vostri familiari. A seguito di ciò,
la società si attende che sappiate divulgare
questo bene prezioso della salute fra gli
amici ed i membri di tutta la comunità.
Voi dovete essere gli ambasciatori della
speranza! Il Brasile possiede una statistica
delle più rilevanti per ciò che riguarda la dipendenza chimica delle droghe e degli stupefacenti. E l’America Latina non resta indietro. Perciò dico agli spacciatori che riflettano sul male che stanno facendo a una
moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli
strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò
che hanno fatto. La dignità umana non può
essere calpestata in questo modo. Il male
provocato riceve la medesima riprovazione
che Gesù espresse per coloro che scandalizzavano i “più piccoli”, i preferiti di Dio (cfr
Mt 18,7-10).
4. A mezzo di una terapia, che include
l’assistenza medica, psicologica e pedagogica, ma anche molta preghiera, lavoro manuale e disciplina, sono già numerose le persone, soprattutto giovani, che sono riuscite a
liberarsi dalla dipendenza chimica e dall’alcool e a ricuperare il senso della vita.
Desidero manifestare il mio apprezzamento per quest’Opera, che ha come fondamento spirituale il carisma di San Francesco
e la spiritualità del Movimento dei Focolari.
Il reinserimento nella società costituisce,
senza dubbio, una dimostrazione dell’efficacia della vostra iniziativa. Però, ciò che
più desta l’attenzione, e conferma la validità del lavoro, sono le conversioni, il ritrovamento di Dio e la partecipazione attiva alla vita della Chiesa. Non basta curare il corpo, bisogna ornare l’anima con i più
preziosi doni divini acquisiti col Battesimo.
Ringraziamo Iddio per aver voluto porre
tante anime sulla strada di una speranza rinnovata, con l’aiuto del Sacramento del perdono e della celebrazione dell’Eucaristia.
5. Cari amici, non posso lasciarmi sfuggire questa opportunità di ringraziare pure
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tutti coloro che collaborano materialmente
e spiritualmente per dare continuità all’Opera Sociale Nossa Senhora da Glória. Che
Dio benedica Fra Hans Stapel e Nelson
Giovanelli Ros per aver accolto l’invito suo
a dedicare a voi la loro vita. Il Signore benedica anche tutti coloro che lavorano in
quest’Opera: i consacrati e le consacrate, i
volontari e le volontarie. Una benedizione
speciale va pure a tutte le persone amiche
che la sostengono: autorità, gruppi di appoggio e tutti coloro che amano Cristo presente in questi suoi figli prediletti.
Il mio pensiero va ora a molte altre istituzioni di tutto il mondo che lavorano per
restituire la vita, e una vita nuova, a questi
nostri fratelli presenti nella nostra società, e
che Dio ama con un amore preferenziale.
Penso pure ai molti gruppi degli Alcoolisti
Anonimi e dei Tossicodipendenti Anonimi,
e alla Pastorale della Sobrietà che già lavora in molte comunità, fornendo i suoi generosi aiuti in favore della vita.
6. La prossimità del Santuario di Aparecida ci assicura che la “Fazenda da Esperança” nacque sotto la benedizione ed il suo
sguardo materno. Da molto tempo chiedo
alla Madre, Regina e Patrona del Brasile,
che stenda il suo mantello protettore su coloro che parteciperanno alla V Conferenza
Generale dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. La vostra presenza qui
assicura un considerevole aiuto per il successo di questa grande Assemblea; deponete le vostre preghiere, i sacrifici e le rinunzie sull’altare della Cappella, sicuri che, nel
Santo Sacrificio dell’Altare, queste offerte
saliranno al cieli come soave profumo al
cospetto dell’Altissimo. Conto sul vostro
aiuto. Che San Fra Galvão e Santa Crescenza veglino e proteggano ognuno di voi. Tutti benedico nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo. Amen.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 14-15 maggio 2007, 5]
3. Saluto di Benedetto XVI alle Clarisse
Fazenda da Esperança, Guaratinguetá,
12 maggio 2007
ANNUNCIATE
IL MESSAGGIO DELL’AMORE
“Lodato sii, mio Signore, per tutte le tue
creature”
Con questo saluto all’Onnipotente e
Buon Signore, il santo Poverello di Assisi
riconosceva la bontà unica di Dio Creatore
e la tenerezza, la forza e la bellezza che soavemente si espandono in tutte le creature,
rendendole specchio dell’onnipotenza del
Creatore.
Questo nostro incontro, carissime sorelle Figlie di Santa Chiara, in questa “Fazenda da Esperança”, vuol essere la manifestazione di un gesto di affetto del Successore
di Pietro alle sorelle di Clausura e anche
una serena manifestazione di amore che
echeggia su queste colline e valli della Catena della Mantiqueira e si diffonde su tutta
la terra: «Non è linguaggio e non sono parole di cui non si oda il suono. Per tutta la
terra si diffonde la loro voce e ai confini del
mondo la loro parola» (Sal 18,4-5). Da questo luogo le figlie di Santa Chiara proclamano: “Lodato sii, mio Signore, per tutte le
tue creature!”.
Dove la società non vede più alcun futuro o speranza, i cristiani sono chiamati ad
annunziare la forza della Risurrezione: proprio qui, in questa “Fazenda da Esperança”,
dove risiedono tante persone, specie giovani, che cercano di superare il problema della droga, dell’alcool e della dipendenza dalle sostanze chimiche, si testimonia il Vangelo di Cristo in mezzo a una società
consumistica lontana da Dio. Com’è diversa la prospettiva del Creatore nella sua opera! Le suore Clarisse e gli altri Religiosi di
clausura - che, nella vita contemplativa,
scrutano la grandezza di Dio e scoprono anche la bellezza della creature - possono, con
l’autore sacro, contemplare lo stesso Dio,
estasiato, ammirato dinanzi alla sua opera,
alla sua creatura amata: «Dio vide quanto
aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona!» (Gn 1,31).
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EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS
Quando il peccato entrò nel mondo e,
con esso, la morte, la creatura amata di Dio
- pur ferita - non perse totalmente la sua bellezza: al contrario, ricevette un amore più
grande: “Felice colpa, che meritò di avere
un così grande Redentore!” - proclama la
Chiesa nella notte misteriosa e chiara di Pasqua (Exultet). È il Cristo risuscitato che cura le ferite e salva i figli e le figlie di Dio,
salva l’umanità dalla morte, dal peccato e
dalla schiavitù delle passioni. La Pasqua di
Cristo unisce cielo e terra. In questa “Fazenda da Esperança” si uniscono le preci
delle Clarisse e il lavoro arduo della medicina e dell’ergoterapia per vincere le prigioni e rompere le catene delle droghe che fanno soffrire i figli amati di Dio.
Si ricompone così la bellezza delle creature che incanta e stupisce il loro Creatore.
Questo è il Padre Onnipotente, l’unico la
cui essenza é l’amore e la cui gloria è l’uomo vivente, come dice sant’Ireneo. Egli «ha
tanto amato il mondo da dare il suo Figlio»
(Gv 3,16) per riprendere chi è caduto lungo
il cammino, assalito e ferito dai ladri per la
strada da Gerusalemme a Gerico. Sulle strade del mondo, Gesù “è la mano che il Padre
tende ai peccatori; è il cammino per mezzo
del quale giunge a noi la pace” (anafora eucaristica). Sì, qui scopriamo che la bellezza
delle creatura e l’amore di Dio sono inseparabili. Francesco e Chiara di Assisi scoprono anche questo segreto e propongono ai loro amati figli e figlie una sola cosa, e molto
semplice: vivere il Vangelo. Questa è la loro norma di condotta e la loro regola di vita.
Chiara lo espresse molto bene, quando disse alle sue consorelle: “Abbiate tra di voi,
figlie mie, lo stesso amore con il quale Cristo vi ha amato” (Testamento).
È in questo amore che Fra Hans le invitò
ad essere le garanti di tutto il lavoro svolto
nella “Fazenda da Esperança”. Con la forza
della preghiera silenziosa, con i digiuni e le
penitenze, le figlie di santa Chiara vivono il
comandamento dell’amore per Dio e per il
prossimo, nel gesto supremo di amare fino
all’estremo.
Ciò significa che non bisogna mai perdere la speranza! Da qui il nome di quest’opera di Fra Hans: “Fazenda da Esperança”.
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Bisogna infatti edificare, costruire la speranza, tessendo la tela di una società che,
nello stendere i fili della vita, perde il vero
senso della speranza. Questa perdita - secondo san Paolo - è una maledizione che la
persona umana impone a se stessa: «persone senza cuore» (cfr Rm 1,31).
Carissime Sorelle, siate coloro che proclamano che «la speranza non delude» (Rm
5,5). Il dolore del Crocifisso, che pervase
l’anima di Maria ai piedi della Croce, consoli tanti cuori materni e paterni che piangono di dolore per i loro figli ancora tossicodipendenti. Annunziate col silenzio oblativo della preghiera, silenzio eloquente che
il Padre ascolta; annunziate il messaggio
dell’amore che vince il dolore, la droga e la
morte. Annunziate Gesù Cristo, essere
umano come noi, sofferente come noi, che
prese su di sé i nostri peccati per liberarci da
essi!
Fra poco inizieremo la V Conferenza
Generale dell’Episcopato Latino Americano e dei Caraibi, nel Santuario di Aparecida, così vicino alla “Fazenda da Esperança”. Confido anche nelle vostre preghiere, affinché i nostri popoli abbiano vita in
Gesù Cristo e tutti noi siamo suoi discepoli
e missionari. Supplico Maria - la Madre
Aparecida, la Vergine di Nazaret - che, nella sequela di Cristo, custodiva tutte le cose
nel suo cuore, che vi custodisce nel silenzio
fecondo della preghiera.
A tutte le Suore di clausura, specialmente alle Clarisse presenti in quest’Opera, va
la mia benedizione con il mio affetto.
BENEDETTO XVI
[L’Osservaotre Romano, 14-15 maggio 2007, 4]
4. Discorso all’Udienza generale del
mercoledì
Piazza San Pietro, 23 maggio 2007
VIAGGIO IN BRASILE:
UN ATTO DI LODE
Cari fratelli e sorelle,
in questa Udienza generale vorrei soffermarmi sul Viaggio apostolico che ho com-
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piuto in Brasile, dal 9 al 14 di questo mese.
Dopo due anni di Pontificato, ho avuto finalmente la gioia di recarmi nell’America
Latina, che tanto amo e dove vive, di fatto,
una gran parte dei cattolici del mondo. La
meta è stata il Brasile, ma ho inteso abbracciare tutto il grande subcontinente latinoamericano, anche perché l’evento ecclesiale
che mi ha chiamato là è stato la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Desidero rinnovare
l’espressione della mia profonda gratitudine per l’accoglienza ricevuta ai cari fratelli
Vescovi, in particolare a quelli di San Paolo e di Aparecida. Ringrazio il Presidente
del Brasile e le altre Autorità civili, per la
loro cordiale e generosa collaborazione;
con grande affetto ringrazio il popolo brasiliano per il calore con cui mi ha accolto –
era veramente grande e commovente - e per
l’attenzione che ha prestato alle mie parole.
Il mio Viaggio ha avuto anzitutto il valore di un atto di lode a Dio per le “meraviglie” operate nei popoli dell’America Latina, per la fede che ha animato la loro vita e
la loro cultura durante più di cinquecento
anni. In questo senso è stato un pellegrinaggio, che ha avuto il suo culmine nel Santuario della Madonna Aparecida, Patrona principale del Brasile. Il tema del rapporto tra
fede e cultura è stato sempre molto a cuore
ai miei venerati Predecessori Paolo VI e
Giovanni Paolo II. Ho voluto riprenderlo
confermando la Chiesa che è in America
Latina e nei Caraibi nel cammino di una fede che si è fatta e si fa storia vissuta, pietà
popolare, arte, in dialogo con le ricche tradizioni precolombiane e poi con le molteplici influenze europee e di altri continenti.
Certo, il ricordo di un passato glorioso non
può ignorare le ombre che accompagnarono l’opera di evangelizzazione del continente latinoamericano: non è possibile infatti dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle
popolazioni indigene, spesso calpestate nei
loro diritti umani fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili - crimini peraltro già allora condannati
da missionari come Bartolomeo de Las Casas e da teologi come Francesco da Vitoria
dell’Università di Salamanca - non deve
impedire di prender atto con gratitudine
dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazia divina tra quelle popolazioni nel corso
di questi secoli. Il Vangelo è diventato così
nel Continente l’elemento portante di una
sintesi dinamica che, con varie sfaccettature a seconda delle diverse nazioni, esprime
comunque l’identità dei popoli latinoamericani. Oggi, nell’epoca della globalizzazione, questa identità cattolica si presenta ancora come la risposta più adeguata, purché
animata da una seria formazione spirituale
e dai principi della dottrina sociale della
Chiesa.
Il Brasile è un grande Paese che custodisce valori cristiani profondamente radicati,
ma vive anche enormi problemi sociali ed
economici. Per contribuire alla loro soluzione la Chiesa deve mobilitare tutte le forze spirituali e morali delle sue comunità,
cercando opportune convergenze con le altre energie sane del Paese. Tra gli elementi
positivi sono certo da indicare la creatività e
la fecondità di quella Chiesa, in cui nascono
in continuazione nuovi Movimenti e nuovi
Istituti di vita consacrata. Non meno lodevole è la dedizione generosa di tanti fedeli
laici, che si dimostrano molto attivi nelle
varie iniziative promosse dalla Chiesa.
Il Brasile è anche un Paese che può offrire al mondo la testimonianza di un nuovo
modello di sviluppo: la cultura cristiana infatti può animarvi una “riconciliazione” tra
gli uomini e il creato, a partire dal recupero
della dignità personale nella relazione con
Dio Padre. In questo senso, un esempio eloquente è la “Fazenda da Esperança”, una
rete di comunità di recupero per giovani che
vogliono uscire dal tunnel tenebroso della
droga. In quella che ho visitato, traendone
una profonda impressione di cui conservo
vivo il ricordo nel cuore, è significativa la
presenza di un monastero di Suore Clarisse.
Questo mi è parso emblematico per il mondo d’oggi, che ha bisogno di un “recupero”
certamente psicologico e sociale, ma ancor
più profondamente spirituale. Ed emblematica è stata pure la canonizzazione, celebrata nella gioia, del primo Santo nativo del
Paese: Fra Antonio di Sant’Anna Galvão.
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Questo sacerdote francescano del secolo
XVIII, devotissimo della Vergine Maria,
apostolo dell’Eucaristia e della Confessione, fu chiamato, ancora vivente, “uomo di
pace e di carità”. La sua testimonianza è
un’ulteriore conferma che la santità è la vera rivoluzione, che può promuovere l’autentica riforma della Chiesa e della società.
Nella Cattedrale di San Paolo ho incontrato i Vescovi del Brasile, la Conferenza
episcopale più numerosa del mondo. Testimoniare loro il sostegno del Successore di
Pietro era uno degli scopi principali della
mia missione, perché conosco le grandi sfide che l’annuncio del Vangelo deve affrontare in quel Paese. Ho incoraggiato i miei
Confratelli a portare avanti e rafforzare
l’impegno della nuova evangelizzazione,
esortandoli a sviluppare in modo capillare e
metodico, la diffusione della Parola di Dio,
affinché la religiosità innata e diffusa delle
popolazioni possa approfondirsi e diventare
fede matura, adesione personale e comunitaria al Dio di Gesù Cristo. Li ho animati a
recuperare ovunque lo stile della primitiva
comunità cristiana, descritta nel Libro degli
Atti degli Apostoli: assidua nella catechesi,
nella vita sacramentale e nella carità operosa. Conosco la dedizione di questi fedeli
servitori del Vangelo, che vogliono presentare senza riduzioni e confusioni, vigilando
sul deposito della fede con discernimento; è
pure loro costante preoccupazione quella di
promuovere lo sviluppo sociale principalmente mediante la formazione dei laici,
chiamati ad assumere responsabilità nel
campo della politica e dell’economia. Ringrazio Dio di avermi permesso di approfondire la comunione con i Vescovi brasiliani,
e continuo a portarli sempre nella mia preghiera.
Altro momento qualificante del Viaggio
è stato senza dubbio l’incontro con i giovani, speranza non solo per il futuro, ma forza
vitale anche per il presente della Chiesa e
della società. Per questo la veglia animata
da loro a San Paolo del Brasile è stata una
festa della speranza, illuminata dalle parole
di Cristo rivolte al “giovane ricco”, che gli
aveva chiesto: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” (Mt
229
19,16). Gesù gli indicò prima di tutto “i comandamenti” come la via della vita, e poi lo
invitò a lasciare tutto per seguirlo. Anche
oggi la Chiesa fa lo stesso: prima di tutto ripropone i comandamenti, vero cammino di
educazione della libertà al bene personale e
sociale; e soprattutto propone il “primo comandamento”, quello dell’amore, perché
senza l’amore anche i comandamenti non
possono dare senso pieno alla vita e procurare la vera felicità. Solo chi incontra in Gesù l’amore di Dio e si mette su questa via
per praticarlo tra gli uomini, diventa suo discepolo e missionario. Ho invitato i giovani
ad essere apostoli dei loro coetanei; e per
questo a curare sempre la formazione umana e spirituale; ad avere grande stima del
matrimonio e del cammino che conduce ad
esso, nella castità e nella responsabilità; ad
essere aperti anche alla chiamata alla vita
consacrata per il Regno di Dio. In sintesi, li
ho incoraggiati a mettere a frutto la grande
“ricchezza” della loro gioventù, per essere
il volto giovane della Chiesa.
Culmine del Viaggio è stata l’inaugurazione della Quinta Conferenza Generale
dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, nel Santuario di Nostra Signora Aparecida. Il tema di questa grande e importante assemblea, che si concluderà alla fine del
mese, è “Discepoli e missionari di Gesù
Cristo, affinché i nostri popoli in Lui abbiano vita – Io sono la via, la Verità e la Vita”.
Il binomio “discepoli e missionari” corrisponde a quello che il Vangelo di Marco dice a proposito della chiamata degli Apostoli: “(Gesù) ne costituì Dodici che stessero
con lui e anche per mandarli a predicare”
(Mc 3,14-15). La parola “discepoli” richiama, quindi, la dimensione formativa e della
sequela, della comunione e dell’amicizia
con Gesù; il termine “missionari” esprime
il frutto del discepolato, cioè la testimonianza e la comunicazione dell’esperienza
vissuta, della verità e dell’amore conosciuti e assimilati. Essere discepoli e missionari
comporta un vincolo stretto con la Parola di
Dio, con l’Eucaristia e gli altri Sacramenti,
il vivere nella Chiesa in ascolto obbediente
dei suoi insegnamenti. Rinnovare con gioia
la volontà di essere discepoli di Gesù, di
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“stare con Lui”, è la condizione fondamentale per esserne missionari “ripartendo da Cristo”, secondo la consegna del Papa Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa dopo il Giubileo
del 2000. Il mio venerato Predecessore ha
sempre insistito su una evangelizzazione
“nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione”, come affermò proprio
parlando all’Assemblea del CELAM, il 9
marzo 1983, ad Haiti (cfr Insegnamenti VI/1
[1983], 698). Con il mio Viaggio apostolico,
ho voluto esortare a proseguire su questa
strada, offrendo come prospettiva unificante
quella dell’Enciclica Deus caritas est, una
prospettiva inseparabilmente teologica e sociale, riassumibile in questa espressione: è
l’amore che dona la vita. “La presenza di
Dio, l’amicizia col Figlio di Dio incarnato, la
luce della sua Parola, sono sempre condizioni fondamentali per la presenza ed efficacia
della giustizia e dell’amore nelle nostre società” (Discorso inaugurale della V Conf.
Gen. dell’Episcopato Latinoamericano e dei
Caraibi, 4: L’Osservatore Romano, 14-15
maggio 2007, p. 14).
Alla materna intercessione della Vergine
Maria, venerata col titolo di Nostra Signora
di Guadalupe quale patrona dell’intera
America Latina, e al nuovo santo brasiliano, Fra Antonio di Sant’Anna Galvão, affido i frutti di questo indimenticabile Viaggio
apostolico.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 24 maggio 2007, p. 4)
5. Lettera al Primate di Ingheria, Card.
Péter Erdő, in occasione delle celebrazioni per l’VIII Centenario della nascita di santa Elisabetta di Turingia o
d’Ungheria
FIGLIA DELLA CHIESA
OFFRÌ UNA VISIBILE E SIGNIFICATIVA TESTIMONIANZA
DELLA CARITÀ DI CRISTO
Al Venerato Fratello
PÉTER Card. ERDŐ
Arcivescovo degli Strigoni
Primate di Ungheria
Presidente del Consiglio
delle Conferenze Episcopali d’Europa
Con vivo compiacimento ho appreso che
si stanno predisponendo speciali festeggiamenti per l’VIII centenario della nascita di
santa Elisabetta di Turingia o d’Ungheria,
che ricorre quest’anno. In tale felice circostanza Le chiedo di rendersi interprete presso i fedeli d’Ungheria e dell’intera Europa
della mia spirituale partecipazione alle celebrazioni previste: esse saranno opportuna
occasione per proporre all’intero Popolo di
Dio e specialmente all’Europa la splendida
testimonianza di questa Santa, la cui fama
ha varcato i confini della propria Patria,
coinvolgendo moltissime persone anche
non cristiane in tutto il Continente.
Santa “europea”, Elisabetta nacque in un
contesto sociale di fresca evangelizzazione.
Andrea e Gertrude, genitori di tale autentica
gemma della nuova Ungheria cristiana, si
preoccuparono di formarla alla consapevolezza della propria dignità di figlia adottiva
di Dio. Elisabetta fece proprio il programma
di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che facendosi
uomo, «spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2,7). Grazie all’aiuto
di ottimi maestri, si pose sulle orme di san
Francesco d’Assisi, proponendosi come personale e ultimo obiettivo quello di conformare la sua esistenza a quella di Cristo, unico Redentore dell’uomo.
Chiamata ad essere sposa del Langravio
di Turingia, non cessò di dedicarsi alla cura
dei poveri, nei quali riconosceva le sembianze del Maestro divino. Seppe unire le
doti di sposa e di madre esemplare all’esercizio delle virtù evangeliche, apprese alla
scuola del Santo di Assisi. Si rivelò vera figlia della Chiesa, offrendo una testimonianza concreta, visibile e significativa della carità di Cristo. Innumerevoli persone, lungo
il corso dei secoli, hanno seguito il suo
esempio, guardando a lei come a modello di
specchiate virtù cristiane, vissute in modo
radicale nel matrimonio, nella famiglia e
pure nella vedovanza. A lei si sono ispirate
anche personalità politiche, traendone incitamento a lavorare alla riconciliazione tra i
popoli.
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L’anno internazionale elisabettiano, iniziato a Roma lo scorso 17 novembre, sta recando nuovi stimoli a meglio comprendere
la spiritualità di questa figlia della Pannonia, che richiama ancora oggi ai suoi concittadini e agli abitanti del Continente europeo l’importanza dei valori imperituri del
Vangelo.
Signor Cardinale, formulo fervidi voti
affinché la conoscenza approfondita della
personalità e dell’opera di Elisabetta di Turingia possa aiutare a riscoprire con sempre
più viva consapevolezza le radici cristiane
dell’Ungheria e della stessa Europa, spingendo i responsabili a sviluppare in modo
armonico e rispettoso il dialogo tra la Chiesa e le società civili, per costruire un mondo
realmente libero e solidale. Possa l’anno internazionale elisabettiano costituire per gli
Ungheresi, i Tedeschi e per tutti gli Europei
occasione quanto mai propizia per evidenziare l’eredità cristiana ricevuta dai padri, sì
da continuare ad attingere da quelle radici la
linfa necessaria per un’abbondante fruttificazione nel nuovo millennio da poco iniziato.
Mentre invoco su tutti la costante protezione di Maria, Magna Domina Hungarorum, di santo Stefano e di santa Elisabetta,
imparto a Lei, Signor Cardinale, all’Episcopato, al clero, ai religiosi e ai fedeli tutti una
speciale Benedizione Apostolica, pegno di
copiosi favori celesti.
Dal Vaticano, 27 Maggio 2007
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 8 luglio 2007, p. 4]
6. Visita pastorale di Benedetto XVI ad
Assisi in occasione dell’ottavo centenario della conversione di san Francesco
1. Saluto alle Clarisse
Basilica S. Chiara, 17 giugno 2007
Grazie per questo canto così bello! È un
canto di accompagnamento in attesa dell’arrivo del Signore. Ma il Signore è sempre
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in arrivo. Quindi questo è proprio un canto
di benvenuto per il Signore. Noi stessi stiamo andando incontro al Signore. Questo incontro mi fa pensare ad incontri analoghi
nei tempo passati: incontri molto belli, che
sono profondamente iscritti nella mia memoria. Rivedere questa vita di amore per il
Signore, questa vita di Maria – che sta totalmente in ascolto del Signore e così in
ascolto della Parola di Dio per l’umanità di
oggi – per me è sempre una grande ispirazione, un grande incoraggiamento.
Celebriamo 800 anni dalla conversione
di san Francesco. Conversione non è solo
un momento, un attimo della vita: è un cammino. E voi andate avanti, ci precedete nel
cammino della conversione, in questo cammino qualche volta anche molto arduo, ma
sempre accompagnato dalle gioie del Signore. E speriamo che oggi sia un giorno
così, vissuto nella gioia del Signore. Un
giorno in cui il sole di Dio, così ben cantato
da san Francesco, sia realmente anche il nostro “centro” e ci dia luce nel cuore e nella
nostra vita.
Non sono preparato adesso per dire altre
cose, ma vi ringrazio di cuore per tutto. Assisi per me è sempre un punto di riferimento interiore, perché so che è una grande forza di preghiera, una forza per il Papa nella
sua missione di stare al timone della Nave
di Pietro, della Nave di Cristo. Allora, andiamo avanti con il Signore! Io prego per
voi e voi pregate per me! Così, nonostante
la distanza esteriore, restiamo profondamente uniti.
Grazie di nuovo!
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007, 4]
2. Omelia nella
concelebrazione eucaristica
Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco,
17 giugno 2007
FRANCESCO INCARNA
LA VERITÀ «CRISTOLOGICA»
CHE È ALLE RADICI
DELL’ESISTENZA UMANA,
DEL COSMO E DELLA STORIA
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Cari fratelli e sorelle,
che cosa ci dice oggi il Signore, mentre
celebriamo l’Eucaristia nel suggestivo scenario di questa piazza, in cui si raccolgono
otto secoli di santità, di devozione, di arte e
di cultura, legati al nome di Francesco di
Assisi? Oggi tutto qui parla di conversione,
come ci ha ricordato Mons. Domenico Sorrentino, che ringrazio di cuore, per le gentili parole a me rivolte. Saluto con lui tutta la
Chiesa di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, nonché i Pastori delle Chiese dell’Umbria. Un grato pensiero va al Cardinale Attilio Nicora, mio Legato per le due Basiliche papali di questa Città. Un saluto
affettuoso rivolgo ai figli di Francesco, qui
presenti con i loro Ministri generali dei vari Ordini. Esprimo il mio cordiale ossequio
al Presidente del Consiglio dei Ministri e a
tutte le Autorità civili che hanno voluto
onorarci della loro presenza.
Parlare di conversione, significa andare
al cuore del messaggio cristiano ed insieme
alle radici dell’esistenza umana. La Parola
di Dio appena proclamata ci illumina, mettendoci davanti agli occhi tre figure di convertiti. La prima è quella di Davide. Il brano che lo riguarda, tratto dal secondo libro
di Samuele, ci presenta uno dei colloqui più
drammatici dell’Antico Testamento. Al
centro di questo dialogo c’è un verdetto
bruciante, con cui la Parola di Dio, proferita dal profeta Natan, mette a nudo un re
giunto all’apice della sua fortuna politica,
ma caduto pure al livello più basso della sua
vita morale. Per cogliere la tensione drammatica di questo dialogo, occorre tener presente l’orizzonte storico e teologico in cui
esso si pone. È un orizzonte disegnato dalla vicenda di amore con cui Dio sceglie
Israele come suo popolo, stabilendo con esso un’alleanza e preoccupandosi di assicurargli terra e libertà. Davide è un anello di
questa storia della continua premura di Dio
per il suo popolo. Viene scelto in un momento difficile e posto a fianco del re Saul,
per diventare poi suo successore. Il disegno
di Dio riguarda anche la sua discendenza,
legata al progetto messianico, che troverà in
Cristo, “figlio di Davide”, la sua piena realizzazione.
La figura di Davide è così immagine di
grandezza storica e religiosa insieme. Tanto
più contrasta con ciò l’abiezione in cui egli
cade, quando, accecato dalla passione per
Betsabea, la strappa al suo sposo, uno dei
suoi più fedeli guerrieri, e di quest’ultimo
ordina poi freddamente l’assassinio. È cosa
che fa rabbrividire: come può, un eletto di
Dio, cadere tanto in basso? L’uomo è davvero grandezza e miseria: è grandezza perché porta in sé l’immagine di Dio ed è oggetto del suo amore; è miseria perché può
fare cattivo uso della libertà che è il suo
grande privilegio, finendo per mettersi contro il suo Creatore. Il verdetto di Dio, pronunciato da Natan su Davide, rischiara le
intime fibre della coscienza, lì dove non
contano gli eserciti, il potere, l’opinione
pubblica, ma dove si è soli con Dio solo.
“Tu sei quell’uomo“: è parola che inchioda
Davide alle sue responsabilità. Profondamente colpito da questa parola, il re sviluppa un pentimento sincero e si apre all’offerta della misericordia. Ecco il cammino della conversione.
Ad invitarci a questo cammino, accanto
a Davide, si pone oggi Francesco. Da quanto i biografi narrano dei suoi anni giovanili,
nulla fa pensare a cadute così gravi come
quella imputata all’antico re d’Israele. Ma
lo stesso Francesco, nel Testamento redatto
negli ultimi mesi della sua esistenza, guarda
ai suoi primi venticinque anni come ad un
tempo in cui «era nei peccati» (cfr 2Test 1).
Al di là delle singole manifestazioni, peccato era il suo concepire e organizzarsi una vita tutta centrata su di sé, inseguendo vani
sogni di gloria terrena. Non gli mancava,
quando era il “re delle feste” tra i giovani di
Assisi (cfr 2Cel I,3,7), una naturale generosità d’animo. Ma questa era ancora ben lontana dall’amore cristiano che si dona senza
riserve. Com’egli stesso ricorda, gli sembrava amaro vedere i lebbrosi. Il peccato gli
impediva di dominare la ripugnanza fisica
per riconoscere in loro altrettanti fratelli da
amare. La conversione lo portò ad esercitare misericordia e gli ottenne insieme misericordia. Servire i lebbrosi, fino a baciarli,
non fu solo un gesto di filantropia, una conversione, per così dire, “sociale”, ma una
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vera esperienza religiosa, comandata dall’iniziativa della grazia e dall’amore di Dio:
«Il Signore – egli dice – mi condusse tra di
loro» (2Test 2). Fu allora che l’amarezza si
mutò in «dolcezza di anima e di corpo»
(2Test 3). Sì, miei cari fratelli e sorelle, convertirci all’amore è passare dall’amarezza
alla “dolcezza”, dalla tristezza alla gioia vera. L’uomo è veramente se stesso, e si realizza pienamente, nella misura in cui vive
con Dio e di Dio, riconoscendolo e amandolo nei fratelli.
Nel brano della Lettera ai Galati, emerge un altro aspetto del cammino di conversione. A spiegarcelo è un altro grande convertito, l’apostolo Paolo. Il contesto delle
sue parole è il dibattito in cui la comunità
primitiva si trovò coinvolta: in essa molti
cristiani provenienti dal giudaismo tendevano a legare la salvezza al compimento
delle opere dell’antica Legge, vanificando
così la novità di Cristo e l’universalità del
suo messaggio. Paolo si erge come testimone e banditore della grazia. Sulla via di Damasco, il volto radioso e la voce forte di
Cristo lo avevano strappato al suo zelo violento di persecutore e avevano acceso in lui
il nuovo zelo del Crocifisso, che riconcilia i
vicini ed i lontani nella sua croce (cfr Ef
2,11-22). Paolo aveva capito che in Cristo
tutta la legge è adempiuta e chi aderisce a
Cristo si unisce a Lui, adempie la legge.
Portare Cristo, e con Cristo l’unico Dio, a
tutte le genti era divenuta la sua missione.
Cristo «infatti è la nostra pace, colui che ha
fatto dei due un popolo solo, abbattendo il
muro della separazione…» (Ef 2,14). La
sua personalissima confessione di amore
esprime nello stesso tempo anche la comune essenza della vita cristiana: «Questa vita
che vivo nella carne, io la vivo nella fede
del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato
se stesso per me» (Gal 2, 20b). E come si
può rispondere a questo amore, se non abbracciando Cristo crocifisso, fino a vivere
della sua stessa vita? «Sono stato crocifisso
con Cristo e non sono più io che vivo, ma
Cristo vive in me» (Gal 2, 20a).
Parlando del suo essere crocifisso con
Cristo, San Paolo non solo accenna alla sua
nuova nascita nel battesimo, ma a tutta la
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sua vita a servizio di Cristo. Questo nesso
con la sua vita apostolica appare con chiarezza nelle parole conclusive della sua difesa della libertà cristiana alla fine della Lettera ai Galati: «D’ora innanzi nessuno mi
procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di
Gesù nel mio corpo» (6,17). È la prima volta, nella storia del cristianesimo, che appare
la parola “stigmate di Gesù”. Nella disputa
sul modo retto di vedere e di vivere il Vangelo, alla fine, non decidono gli argomenti
del nostro pensiero; decide la realtà della vita, la comunione vissuta e sofferta con Gesù, non solo nelle idee o nelle parole, ma fin
nel profondo dell’esistenza, coinvolgendo
anche il corpo, la carne. I lividi ricevuti in
una lunga storia di passione sono la testimonianza della presenza della croce di Gesù nel
corpo di San Paolo, sono le sue stigmate.
Non è la circoncisione che lo salva: le stigmate sono la conseguenza del suo battesimo, l’espressione del suo morire con Gesù
giorno per giorno, il segno sicuro del suo essere nuova creatura (cfr Gal 6,15). Paolo accenna, del resto, con l’applicazione della parola ‘stigmate’, all’uso antico di imprimere
sulla pelle dello schiavo il sigillo del suo
proprietario. Il servo era così ‘stigmatizzato’
come proprietà del suo padrone e stava sotto la sua protezione. Il segno della croce,
iscritto in lunghe passioni sulla pelle di Paolo, è il suo vanto: lo legittima come vero servo di Gesù, protetto dall’amore del Signore.
Cari amici, Francesco di Assisi ci riconsegna oggi tutte queste parole di Paolo, con
la forza della sua testimonianza. Da quando
il volto dei lebbrosi, amati per amore di
Dio, gli fece intuire, in qualche modo, il mistero della “kenosi“ (cfr Fil 2,7), l’abbassamento di Dio nella carne del Figlio dell’uomo, da quando poi la voce del Crocifisso di
San Damiano gli mise in cuore il programma della sua vita: «Va, Francesco, ripara la
mia casa» (2Cel I,6,10), il suo cammino
non fu che lo sforzo quotidiano di immedesimarsi con Cristo. Egli si innamorò di Cristo. Le piaghe del Crocifisso ferirono il suo
cuore, prima di segnare il suo corpo sulla
Verna. Egli poteva veramente dire con Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».
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E veniamo al cuore evangelico dell’odierna Parola di Dio. Gesù stesso, nel brano
appena letto del Vangelo di Luca, ci spiega
il dinamismo dell’autentica conversione,
additandoci come modello la donna peccatrice riscattata dall’amore. Si deve riconoscere che questa donna aveva osato tanto. Il
suo modo di porsi di fronte a Gesù, bagnando di lacrime i suoi piedi e asciugandoli con
i capelli, baciandoli e cospargendoli di olio
profumato, era fatto per scandalizzare chi,
a persone della sua condizione, guardava
con l’occhio impietoso del giudice. Impressiona, al contrario, la tenerezza con cui Gesù tratta questa donna, da tanti sfruttata e da
tutti giudicata. Ella ha trovato finalmente in
Gesù un occhio puro, un cuore capace di
amare senza sfruttare. Nello sguardo e nel
cuore di Gesù ella riceve la rivelazione di
Dio-Amore!
A scanso di equivoci, è da notare che la
misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato,
ma lo brucia in un fuoco di amore. Questo
effetto purificante e sanante si realizza se
c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova. Alla peccatrice del
Vangelo è molto perdonato, perché ha molto amato. In Gesù Dio viene a donarci amore e a chiederci amore.
Che cosa è stata, miei cari fratelli e sorelle, la vita di Francesco convertito se non
un grande atto d’amore? Lo rivelano le sue
preghiere infuocate, ricche di contemplazione e di lode, il suo tenero abbraccio del
Bimbo divino a Greccio, la sua contemplazione della passione alla Verna, il suo «vivere secondo la forma del santo Vangelo»
(2Test 14), la sua scelta della povertà e il
suo cercare Cristo nel volto dei poveri.
È questa sua conversione a Cristo, fino
al desiderio di “trasformarsi” in Lui, diventandone un’immagine compiuta, che spiega
quel suo tipico vissuto, in virtù del quale
egli ci appare così attuale anche rispetto a
grandi temi del nostro tempo, quali la ricerca della pace, la salvaguardia della natura,
la promozione del dialogo tra tutti gli uomini. Francesco è un vero maestro in queste
cose. Ma lo è a partire da Cristo. È Cristo,
infatti, «la nostra pace» (cfr Ef 2,14). È Cristo il principio stesso del cosmo, giacché in
lui tutto è stato fatto (cfr Gv 1,3). È Cristo la
verità divina, l’eterno “Logos“, in cui ogni
“dia-logos“ nel tempo trova il suo ultimo
fondamento. Francesco incarna profondamente questa verità “cristologica” che è alle radici dell’esistenza umana, del cosmo,
della storia.
Non posso dimenticare, nell’odierno
contesto, l’iniziativa del mio Predecessore
di santa memoria, Giovanni Paolo II, il quale volle riunire qui, nel 1986, i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle diverse religioni del mondo, per un incontro
di preghiera per la pace. Fu un’intuizione
profetica e un momento di grazia, come ho
ribadito alcuni mesi or sono nella mia lettera al Vescovo di questa Città in occasione
del ventesimo anniversario di quell’evento.
La scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose. Al tempo
stesso, la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana,
giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico
dialogo interreligioso. Lo “spirito di Assisi”, che da quell’evento continua a diffondersi nel mondo, si oppone allo spirito di
violenza, all’abuso della religione come
pretesto per la violenza. Assisi ci dice che la
fedeltà alla propria convinzione religiosa, la
fedeltà soprattutto a Cristo crocifisso e risorto non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell’altro, nel
dialogo, in un annuncio che fa appello alla
libertà e alla ragione, nell’impegno per la
pace e per la riconciliazione. Non potrebbe
essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con
la certezza di fede che ogni cristiano, al pa-
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ri del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare,
annunciando Cristo come via, verità e vita
dell’uomo (cfr Gv 14,6), unico Salvatore
del mondo.
Francesco di Assisi ottenga a questa
Chiesa particolare, alle Chiese che sono in
Umbria, a tutta la Chiesa che è in Italia, della quale egli, insieme con Santa Caterina da
Siena, è patrono, ai tanti che nel mondo si
richiamano a lui, la grazia di una autentica e
piena conversione all’amore di Cristo.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007, pp. 5-6 )
3. Angelus
Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco,
17 giugno 2007
TACCIANO LE ARMI
Cari Fratelli e Sorelle!
Otto secoli or sono, difficilmente la città
di Assisi avrebbe potuto immaginare il ruolo
che la Provvidenza le assegnava, un ruolo
che la rende oggi una città così rinomata nel
mondo, un vero “luogo dell’anima”. A darle
questo carattere fu l’evento che qui accadde,
e che le impresse un segno indelebile. Mi riferisco alla conversione del giovane Francesco, che dopo venticinque anni di vita mediocre e sognatrice, improntata alla ricerca di
gioie e successi mondani, si aprì alla grazia,
rientrò in se stesso e gradualmente riconobbe
in Cristo l’ideale della sua vita. Il mio pellegrinaggio oggi in Assisi vuole richiamare alla memoria quell’evento per riviverne il significato e la portata.
Mi sono soffermato con particolare emozione nella chiesetta di San Damiano, in cui
Francesco ascoltò dal Crocifisso la parola
programmatica: «Va’, Francesco, ripara la
mia casa» (2Cel I,6,10). Era una missione
che iniziava con la piena conversione del suo
cuore, per diventare poi lievito evangelico
gettato a piene mani nella Chiesa e nella società. A Rivotorto ho visto il luogo dove, secondo la tradizione, erano relegati quei lebbrosi ai quali il Santo si avvicinò con misericordia, cominciando così la sua via di
235
penitente, ed anche il Santuario dove è evocata la povera dimora di Francesco e dei suoi
primi fratelli. Sono passato nella Basilica di
Santa Chiara, la “pianticella” di Francesco, e
oggi pomeriggio, dopo la visita alla Cattedrale di Assisi, sosterò nella Porziuncola, da
cui Francesco guidò, all’ombra di Maria, i
passi della sua fraternità in espansione, e dove esalò l’ultimo respiro. Lì incontrerò i giovani, perché il giovane Francesco, convertito a Cristo, parli al loro cuore.
In questo momento, dalla Basilica di San
Francesco dove riposano le sue spoglie
mortali, desidero soprattutto fare miei i suoi
accenti di lode: «Altissimo, Onnipotente,
bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e
l’honore et onne benedizione» (Cantico di
Frate Sole 1). Francesco d’Assisi è un grande educatore della nostra fede e della nostra
lode. Innamorandosi di Gesù Cristo egli incontrò il volto di Dio-Amore, ne divenne
appassionato cantore, come vero “giullare
di Dio”. Alla luce delle Beatitudini evangeliche si comprende la mitezza con cui egli
seppe vivere i rapporti con gli altri, presentandosi a tutti in umiltà e facendosi testimone e operatore di pace.
Da questa Città della pace desidero inviare un saluto agli esponenti delle altre
confessioni cristiane e delle altre religioni
che nel 1986 accolsero l’invito del mio venerato Predecessore a vivere qui, nella patria di San Francesco, una Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace. Considero
mio dovere lanciare da qui un pressante e
accorato appello affinché cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione! Sentiamo spiritualmente qui
presenti tutti coloro che piangono, soffrono
e muoiono a causa della guerra e delle sue
tragiche conseguenze, in qualunque parte
del mondo. Il nostro pensiero va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da San
Francesco, all’Iraq, al Libano, all’intero
Medio Oriente. Le popolazioni di quei Paesi conoscono, ormai da troppo tempo, gli
orrori dei combattimenti, del terrorismo,
della cieca violenza, l’illusione che la forza
possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascol-
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tare le ragioni dell’altro e di rendergli giustizia. Solo un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della
Comunità internazionale, potrà mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a
persone, istituzioni e popoli.
Voglia San Francesco, uomo di pace, ottenerci dal Signore che si moltiplichino coloro che accettano di farsi “strumenti della
sua pace”, attraverso i mille piccoli atti della vita quotidiana; che quanti hanno ruoli di
responsabilità siano animati da un amore
appassionato per la pace e da una volontà
indomita di raggiungerla, scegliendo mezzi
adeguati per ottenerla. La Vergine Santa,
che il Poverello amò con cuore tenero e
cantò con accenti ispirati, ci aiuti a scoprire
il segreto della pace nel miracolo d’amore
che si compì nel suo grembo con l’incarnazione del Figlio di Dio.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007, p. 6)
4. Saluto alle Suore cappuccine tedesche
Sala Capitolare del Sacro Convento,
17 giugno 2007
Care Sorelle,
quando insieme, il Vescovo Sorrentino
ed io, abbiamo concordato questa visita, ho
detto subito: «Devo incontrare le Cappuccine bavaresi, le Cappuccine tedesche». Per
me esse fanno profondamente parte di Assisi ed io serbo così tanti bei ricordi degli
incontri avuti nella loro Casa, prima e dopo
il terremoto, che per me una visita ad Assisi senza un incontro con le Cappuccine,
quelle tedesche, sarebbe stata un’esperienza di Assisi solo a metà. Dunque mi rallegro: stiamo qui insieme, quasi come se fossimo nel vostro Convento. Sono molto grato e lieto per il fatto che, secoli fa, la
Provvidenza abbia avviato questo convento, che esso continui a vivere, che dalla terra tedesca, in particolare dalla terra bavarese, giovani ragazze giungano sempre di
nuovo qui e percorrano, in comunione con
san Francesco, la via del Signore: la via della povertà, della castità, dell’obbedienza,
soprattutto la via dell’amore per Cristo e per
la sua Chiesa.
So che pregate molto per me e per tutta la
Chiesa. Sapere che dietro di me ci sono tante persone oranti, tante care suore che pregano e sostengono la mia opera dall’interno,
costituisce per me un costante rafforzamento. Quindi per me è anche un bisogno dire
una parola di ringraziamento per questo.
Quest’anno celebriamo la conversione di san
Francesco. Sappiamo di avere sempre bisogno di conversione; sappiamo che per tutta la
vita ci troviamo nell’ascesa, spesso faticosa
ma sempre anche bella, di successive conversioni; sappiamo che, in questo modo,
giorno dopo giorno ci avviciniamo di più al
Signore. San Francesco ci mostra anche come nella sua vita, a partire da questo primo
profondo incontro con il Crocifisso di «San
Damiano», abbia maturato sempre di più la
comunione con Cristo, fino a diventare una
cosa sola con Lui nell’evento delle stigmate.
Per questo cerchiamo, per questo lottiamo:
per ascoltare sempre meglio la sua voce, perché essa penetri sempre di più nel nostro
cuore, plasmi sempre di più la nostra vita, cosicché noi diventiamo dall’interno simili a
Lui e in noi la Chiesa sia viva. Come Maria
nella sua persona era Chiesa vivente, così attraverso il vostro pregare, credere, sperare ed
amare diventate Chiesa viva e, in questo modo, una cosa sola con l’unico Signore. Grazie per tutto. Sono veramente grato al Signore che ci siamo potuti qui vedere.
Abbiamo anche un piccolo dono. (Dico
naturalmente grazie per i fiori!) Abbiamo
portato un’immagine della Madonna, che
ricorderà la visita, durante la quale ci siamo
incontrati.
Credo di poter ascoltare ancora un canto… (qui viene eseguito un canto) Grazie!
È un canto che spesso abbiamo intonato nel
seminario di Traunstein e che mi riporta alla mia prima giovinezza, facendomi così
percepire tutta la gioia per il Signore e per
la Madre di Dio che, come allora ancora
adesso, portiamo nel nostro cuore. Ora posso impartirvi la mia benedizione.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007. p. 9]
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5. Discorso al Capitolo generale
dei Frati Minori Conventuali
Basilica superiore di san Francesco,
17 giugno 2007
LA «PROFEZIA» DI FRANCESCO
E LE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO
Al Rev.mo P. Marco Tasca
Ministro Generale dell’Ordine
dei Frati Minori Conventuali
È con grande gioia che porgo il mio saluto a Lei, Rev.mo Padre, e a tutti i Frati Minori Conventuali, convenuti in Assisi per il
199° Capitolo Generale. Sono lieto di farlo
in questa Basilica papale in cui splendide
opere d’arte raccontano le meraviglie di
grazia che il Signore ha compiuto in San
Francesco.
Trovo provvidenziale che ciò avvenga
nel contesto dell’VIII centenario della conversione di Francesco. Con la mia odierna
Visita, infatti, ho voluto sottolineare il significato di questo evento, al quale occorre
sempre ritornare, per comprendere Francesco e il suo messaggio. Egli stesso, quasi a
sintetizzare con una sola parola la sua vicenda interiore, non trovò concetto più pregnante di quello di “penitenza”: “Il Signore
dette a me, frate Francesco, di incominciare
a fare penitenza così” (Testamento,1). Egli
dunque si percepì essenzialmente come un
“penitente”, in stato, per così dire, di conversione permanente. Abbandonandosi all’azione dello Spirito, Francesco si convertì
sempre più a Cristo, trasformandosi in
un’immagine viva di Lui, sulle vie della povertà, della carità, della missione.
A voi dunque il compito di testimoniare
con slancio e coerenza il suo messaggio!
Siete chiamati a farlo con quella sintonia
ecclesiale che contraddistinse Francesco
nel suo rapporto con il Vicario di Cristo e
con tutti i Pastori della Chiesa. A tal proposito, vi sono grato per la pronta obbedienza
con cui, insieme con i Frati Minori, corrispondendo allo speciale legame di affetto
che da sempre vi lega alla Sede Apostolica,
avete accolto le disposizioni del Motu Proprio Totius Orbis circa i nuovi rapporti delle due Basiliche Papali di San Francesco e
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di Santa Maria degli Angeli con questa
Chiesa particolare che al Poverello diede i
natali e che tanta parte ebbe nella sua vita.
Un saluto speciale rivolgo a Lei, Fra
Marco Tasca, che la fiducia dei Confratelli
ha chiamato all’impegnativo compito di
Ministro Generale. Le sia di buon auspicio
anche la ricorrenza dei 750 anni dall’elezione di San Bonaventura quale ministro dell’Ordine. Sull’esempio di San Francesco e
di San Bonaventura, insieme con i Definitori eletti, possa Ella guidare con saggia
prudenza la grande Famiglia dell’Ordine
nella fedeltà alle radici dell’esperienza francescana e nell’attenzione ai “segni dei tempi”.
L’evento del Capitolo Generale raccoglie Frati provenienti da tanti paesi e culture diverse per ascoltarsi e parlarsi vicendevolmente mediante l’unico linguaggio dello
Spirito, rendendo così viva la memoria della santità di Francesco. E’, questa, un’occasione davvero straordinaria per condividere
le “cose meravigliose” che Dio opera anche
oggi attraverso i figli del Poverello sparsi
nel mondo. Auspico pertanto che i Capitolari, mentre ringraziano Dio per lo sviluppo
dell’Ordine soprattutto nei paesi di missione, profittino di questo confronto per interrogarsi su quanto lo Spirito chiede loro per
continuare ad annunciare con passione, sulle orme del serafico Padre, il Regno di Dio
in questa parte iniziale del terzo millennio
cristiano.
Ho appreso con interesse che, come tema
centrale di riflessione durante i giorni dell’assemblea capitolare, è stato scelto quello
della formazione per la missione, sottolineando che tale formazione non è data mai
una volta per tutte, ma è da considerare piuttosto come un cammino permanente. Si tratta in effetti di un percorso con molteplici dimensioni, ma centrato sulla capacità di lasciarsi plasmare dallo Spirito, per essere
pronti ad andare dovunque Egli chiami. Alla
base non può che esserci l’ascolto della Parola in un clima di intensa e continua preghiera. Solo a questa condizione si possono
cogliere le vere necessità degli uomini e delle donne del nostro tempo, offrendo ad essi
risposte attinte alla sapienza di Dio e annun-
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ciando quello che si è profondamente sperimentato nella propria vita.
E’ necessario che la grande Famiglia dei
Frati Minori Conventuali si lasci ancora sospingere dalla parola che Francesco ascoltò
dal Crocifisso di San Damiano: “Va’ e ripara
la mia casa” (2Cel I,6,10). Occorre pertanto
che ogni Frate sia un vero contemplativo,
con gli occhi fissi negli occhi di Cristo. Occorre che sia capace, come Francesco di
fronte al lebbroso, di vedere il volto di Cristo
nei fratelli che soffrono, portando a tutti l’annuncio della pace. A questo scopo, egli dovrà
far suo il cammino di conformazione al Signore Gesù che Francesco visse nei vari luoghi-simbolo del suo itinerario di santità: da
San Damiano a Rivotorto, da Santa Maria
degli Angeli alla Verna.
Sia dunque per ogni figlio di San Francesco saldo principio quello che il Poverello esprimeva con le semplici parole: “La
Regola e vita dei frati minori è questa, cioè
osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo” (Rb I,1). A tale proposito,
sono felice di sapere che anche i Minori
Conventuali, insieme con tutta la grande
Famiglia francescana, sono impegnati a rivivere le tappe che portarono Francesco a
formulare il “propositum vitae” confermato da Innocenzo III verso l’anno 1209.
Chiamato a vivere “secondo la forma del
santo Vangelo” (Testamento, 14), il Poverello comprese se stesso interamente alla
luce del Vangelo. Proprio di qui nasce la perenne attualità della sua testimonianza. La
sua “profezia” insegna a fare del Vangelo il
criterio per affrontare le sfide di ogni tempo, anche del nostro, resistendo al fascino
ingannevole di mode passeggere, per radicarsi nel disegno di Dio e discernere così i
veri bisogni degli uomini. Il mio augurio è
che i Frati sappiano accogliere con rinnovato slancio e coraggio questo “programma”,
fidando nella forza che viene dall’Alto.
Ai Minori Conventuali è chiesto di essere innanzitutto annunciatori di Cristo: avvicinino tutti con mitezza e fiducia, in atteggiamento dialogico, ma sempre offrendo la
testimonianza ardente dell’unico Salvatore.
Siano testimoni della “bellezza” di Dio, che
Francesco seppe cantare contemplando le
meraviglie del creato: tra gli stupendi cicli
pittorici che ornano questa Basilica e in
ogni altro angolo di quel meraviglioso tempio che è la natura, si levi dalle loro labbra
la preghiera che Francesco pronunciò dopo
il mistico rapimento della Verna, e che per
due volte gli fece esclamare: “Tu sei bellezza!” (Lodi di Dio altissimo, 4.6). Sì, Francesco è un grande maestro della “via pulchritudinis”. Sappiano i Frati imitarlo nell’irradiare la bellezza che salva; lo facciano in
particolare in questa stupenda Basilica, non
solo mediante la fruizione dei tesori d’arte
che vi sono custoditi, ma anche e soprattutto mediante l’intensità e il decoro della liturgia e il fervido annuncio del mistero cristiano.
Ai Religiosi capitolari auguro di tornare
alle rispettive comunità recando la freschezza e l’attualità del messaggio francescano. A tutti dico: portate ai vostri Confratelli l’esperienza di fraternità di questi giorni come luce e forza, capace di illuminare
l’orizzonte non sempre privo di nubi della
vita quotidiana; portate ad ogni persona la
pace ricevuta e donata.
Con il pensiero rivolto alla Vergine Immacolata, la “Tota pulchra”, ed implorando
l’intercessione di San Francesco e di Santa
Chiara ai quali affido l’esito dei lavori di
questo Capitolo Generale, imparto a Lei,
Rev.mo Padre, ai Religiosi capitolari e a tutti i membri dell’Ordine, quale pegno di speciale affetto, l’Apostolica Benedizione.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007, p. 8]
6. Discorso al clero, ai religiosi
e alle religiose
Cattedrale di San Rufino, 17 giugno 2007
FRANCESCO: UOMO PER GLI ALTRI,
PERCHÉ UOMO DI DIO
Carissimi sacerdoti e diaconi,
religiosi e religiose!
Posso sinceramente dire che ho vivamente desiderato di incontrarvi in questa
antica Cattedrale, in cui normalmente con-
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verge, intorno al Vescovo, la Chiesa diocesana. Dopo essere stato stamattina in mezzo al Popolo di Dio nelle sue varie componenti durante la Celebrazione eucaristica
presso la Basilica di San Francesco, mi è
sembrato bello riservare a voi un incontro
particolare, anche in considerazione della
folta presenza di persone consacrate in questa Diocesi. Ringrazio Mons. Domenico
Sorrentino, Pastore di questa Chiesa, per essersi fatto interprete dei vostri sentimenti di
comunione e di affetto. E ho sentito l’affetto anche molto immediatamente. Ringrazio
di cuore. Saluto cordialmente anche il Vescovo emerito, Mons. Sergio Goretti, che
per anni ha guidato - come abbiamo sentito,
venticinque anni - questa Chiesa, illustre
per tanta storia di santità. Mi ricordo di tanti incontri belli che abbiamo avuto proprio
qui ad Assisi. Grazie, Eccellenza!
Come sapete, come ha ricordato S.E.
Sorrentino, l’occasione che mi ha portato
oggi ad Assisi è la commemorazione dell’VIII centenario della conversione di Francesco. Anch’io mi sono fatto pellegrino.
Già da studente, poi quando mi preparavo
per una Cattedra ho studiato San Bonaventura, conseguentemente anche San Francesco. Ho spiritualmente peregrinato ad Assisi molto prima di esservi arrivato anche fisicamente. Così in questo lungo pellegrinaggio della mia vita sono felice di essere oggi con voi nella Cattedrale, con voi sacerdoti, religiosi, religiose. Essendo venuto
sulle orme del Poverello, nel mio parlare
prenderò spunto principalmente da lui. Ma
proprio nel contesto di questa Cattedrale
non posso non ricordare gli altri Santi che
hanno illustrato la vita di questa Chiesa, a
partire dal patrono San Rufino, a cui si uniscono San Rinaldo e il Beato Angelo. Va da
sé che, accanto a Francesco, c’è Chiara, la
cui casa era proprio nei pressi di questa Cattedrale. Ho potuto poco fa vedere il battistero in cui, secondo la tradizione, ricevettero il Battesimo tanto San Francesco quanto Santa Chiara, e successivamente San
Gabriele dell’Addolorata.
Questo particolare mi offre lo spunto per
una prima riflessione. Se oggi parliamo della conversione di Francesco, pensando alla
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radicale scelta di vita che egli fece da giovane, non possiamo tuttavia dimenticare che la
sua prima “conversione” avvenne nel dono
del Battesimo. La piena risposta che darà da
adulto non sarà che la maturazione del germe di santità allora ricevuto. È importante
che nella nostra vita e nella proposta pastorale prendiamo più viva coscienza della dimensione battesimale della santità. Essa è
dono e compito per tutti i battezzati. A questa dimensione fece riferimento il mio venerato e amato Predecessore, nella Lettera
Apostolica Novo millennio ineunte scrivendo: “Chiedere a un catecumeno: «Vuoi ricevere il battesimo?» significa al tempo stesso
chiedergli: «Vuoi diventare santo?»“ (n. 31).
I milioni di pellegrini che passano per
queste strade attirati dal carisma di Francesco, devono essere aiutati a cogliere il nucleo essenziale della vita cristiana ed a tendere alla sua “misura alta”, che è appunto la
santità. Non basta che ammirino Francesco:
attraverso di lui devono poter incontrare
Cristo, per confessarlo e amarlo con “fede
dritta, speranza certa e caritade perfetta”
(Preghiera di Francesco davanti al Crocifisso, 1). I cristiani del nostro tempo si ritrovano sempre più spesso a fronteggiare la
tendenza ad accettare un Cristo diminuito,
ammirato nella sua umanità straordinaria,
ma respinto nel mistero profondo della sua
divinità. Lo stesso Francesco subisce una
sorta di mutilazione, quando lo si tira in gioco come testimone di valori pur importanti,
apprezzati dall’odierna cultura, ma dimenticando che la scelta profonda, potremmo
dire il cuore della sua vita, è la scelta di Cristo. Ad Assisi, c’è bisogno più che mai di
una linea pastorale di alto profilo. Occorre
a tal fine che voi, sacerdoti e diaconi, e voi,
persone di vita consacrata, sentiate fortemente il privilegio e la responsabilità di vivere in questo territorio di grazia. È vero
che quanti passano per questa Città, anche
solo dalle sue “pietre” e dalla sua storia ricevono un benefico messaggio. Parlano
realmente le pietre, ma ciò non esime da
una proposta spirituale robusta, che aiuti
anche ad affrontare le tante seduzioni del
relativismo che caratterizza la cultura del
nostro tempo.
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Assisi ha il dono di richiamare persone
di tante culture e religioni, in nome di un
dialogo che costituisce un valore irrinunciabile. Giovanni Paolo II ha legato il suo
nome a questa icona di Assisi come Città
del dialogo e della pace. Ho apprezzato, a
tal proposito, che abbiate voluto onorare la
memoria del suo speciale rapporto con questa Città anche dedicandogli una sala con
dipinti che lo raffigurano proprio a fianco di
questa Cattedrale. Per Giovanni Paolo II
era chiaro che la vocazione dialogica di Assisi è legata al messaggio di Francesco, e
deve rimanere ben incardinata sui pilastri
portanti della sua spiritualità. In Francesco
tutto parte da Dio e torna a Dio. Le sue Lodi di Dio altissimo rivelano un animo costantemente rapito nel dialogo con la Trinità. Il suo rapporto con Cristo trova nell’Eucaristia il luogo più significativo. Lo
stesso amore del prossimo si sviluppa a partire dall’esperienza e dall’amore di Dio.
Quando, nel Testamento, ricorda il suo andare incontro ai lebbrosi, quale evento iniziale della sua conversione, sottolinea che a
quell’abbraccio di misericordia egli fu condotto da Dio stesso (cfr 2Test 2). Le varie
testimonianze biografiche sono concordi
nel delineare la sua conversione come un
progressivo aprirsi alla Parola che viene
dall’alto. La stessa logica emerge nel suo
chiedere e offrire l’elemosina con la motivazione dell’amore di Dio (cfr 2Cel 47,77).
Il suo sguardo sulla natura è in realtà una
contemplazione del Creatore nella bellezza
delle creature. Il suo stesso augurio di pace
si modula poi come preghiera, giacché gli
fu rivelata la modalità in cui doveva formularlo: «Il Signore ti dia la pace» (2Test 23).
Francesco è un uomo per gli altri, perché è
fino in fondo un uomo di Dio. Voler separare, nel suo messaggio, la dimensione “orizzontale” da quella “verticale” significa rendere Francesco irriconoscibile.
A voi, ministri del Vangelo e dell’altare,
a voi, religiosi e religiose, il compito di sviluppare un annuncio della fede cristiana all’altezza delle odierne sfide. Avete una
grande storia, e desidero esprimere il mio
apprezzamento per quanto già fate. Se oggi
ritorno ad Assisi da Papa, voi sapete però
che non è la prima volta che visito questa
Città e ne ho sempre riportato una bellissima impressione. Occorre che la vostra tradizione spirituale e pastorale resti salda nei
suoi valori perenni, e al tempo stesso si rinnovi per dare una risposta autentica alle
nuove domande. Desidero per questo incoraggiarvi a seguire con fiducia il piano pastorale che il vostro Vescovo vi ha proposto.
In esso si additano le grandi ed esigenti prospettive della comunione, della carità, della
missione, sottolineando che esse affondano
le radici in un’autentica conversione a Cristo. La lectio divina, la centralità dell’Eucaristia, la Liturgia delle Ore e l’adorazione
eucaristica, la contemplazione dei misteri di
Cristo nella prospettiva mariana del Rosario, assicurano quel clima e quella tensione
spirituale, senza cui tutti gli impegni pastorali, la vita fraterna, lo stesso impegno per i
poveri, rischierebbero di naufragare a causa
delle nostre fragilità e delle nostre stanchezze.
Coraggio, carissimi! A questa Città, a
questa comunità ecclesiale, guarda con particolare simpatia la Chiesa da tutte le regioni del mondo. Il nome di Francesco, accompagnato da quello di Chiara, chiede che
questa Città si distingua per un particolare
slancio missionario. Ma proprio per questo
è anche necessario che questa Chiesa viva
di una intensa esperienza di comunione. Si
pone in tale ottica il Motu Proprio Totius
Orbis, con cui, come ha menzionato il vostro Vescovo, ho stabilito che le due grandi
Basiliche papali di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli, pur continuando a
godere di un’attenzione speciale della Santa Sede attraverso il Legato Pontificio, sotto il profilo pastorale entrassero nella giurisdizione del Vescovo di questa Chiesa. Sono davvero lieto di sapere che il nuovo
cammino è iniziato all’insegna di una grande disponibilità e collaborazione, e sono
certo che sarà ricco di frutti.
Era in realtà un indirizzo ormai maturo
per diverse ragioni. Lo suggeriva il nuovo
respiro che il Concilio Vaticano II ha dato
alla teologia della Chiesa particolare, mostrando come in essa si esprima il mistero
della Chiesa universale. Le Chiese partico-
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lari infatti “sono formate a immagine della
Chiesa universale: in esse e a partire da esse (in quibus et ex quibus) esiste l’una e unica Chiesa cattolica” (Cost. Lumen gentium,
23). C’è un mutuo interiore richiamo tra
l’universale e il particolare. Le singole
Chiese, proprio mentre vivono la loro identità di “porzioni” del Popolo di Dio, esprimono anche una comunione e una “diaconia” rispetto alla Chiesa universale sparsa
nel mondo, animata dallo Spirito e servita
dal ministero di unità del Successore di Pietro. Questa apertura “cattolica” appartiene a
ciascuna Diocesi e segna, in qualche modo,
tutte le dimensioni della sua vita, ma si accentua quando una Chiesa dispone di un carisma che attrae ed opera oltre i confini di
essa. E come negare che tale sia il carisma
di Francesco e del suo messaggio? I tanti
pellegrini che vengono ad Assisi stimolano
questa Chiesa ad andare oltre se stessa.
D’altra parte, è incontestabile che Francesco abbia con la sua Città un rapporto speciale. Assisi in certo modo fa corpo con il
cammino di santità di questo suo grande figlio. Lo dimostra il mio stesso odierno pellegrinaggio, che mi vede toccare tanti luoghi, certo non tutti, della vicenda di Francesco in questa Città. Mi piace poi anche
sottolineare che la spiritualità di Francesco
di Assisi è di aiuto sia per cogliere l’universalità della Chiesa, che egli espresse nella
particolare devozione per il Vicario di Cristo, sia per cogliere il valore della Chiesa
particolare, dato che forte e filiale fu il suo
legame con il Vescovo di Assisi. Occorre riscoprire il valore non solo biografico, ma
“ecclesiologico”, di quell’incontro del giovane Francesco con il Vescovo Guido, al
cui discernimento e nelle cui mani consegnò, spogliandosi di tutto, la sua scelta di
vita per Cristo (cfr 1Cel I,6,14-15).
L’opportunità di un assetto unitario quale è stato assicurato dal Motu Proprio era
anche consigliata dal bisogno di un’azione
pastorale più coordinata ed efficace. Dal
Concilio Vaticano II e dal successivo Magistero è stata sottolineata la necessità che le
persone e le comunità di vita consacrata,
anche di diritto pontificio, si inseriscano in
modo organico, in conformità alle loro Co-
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stituzioni e alle leggi della Chiesa, nella vita della Chiesa particolare (cfr Decr. Christus Dominus, 33-35; CIC 678-680). Tali
comunità, se hanno diritto di aspettarsi accoglienza e rispetto per il proprio carisma,
devono tuttavia evitare di vivere come “isole”, ma integrarsi con convinzione e generosità nel servizio e nel piano pastorale
adottato dal Vescovo per tutta la comunità
diocesana.
Rivolgo un pensiero speciale a voi, carissimi sacerdoti, impegnati ogni giorno, insieme con i diaconi, al servizio del Popolo
di Dio. Il vostro entusiasmo, la vostra comunione, la vostra vita di preghiera e il vostro ministero generoso, sono indispensabili. Può capitare di sperimentare qualche
stanchezza o paura di fronte alle nuove esigenze e alle nuove difficoltà, ma dobbiamo
aver fiducia che il Signore ci darà la forza
necessaria per attuare quanto ci chiede. Egli
- preghiamo e siamo sicuri - non lascerà
mancare le vocazioni, se le imploriamo con
la preghiera e insieme ci preoccupiamo di
cercarle e custodirle con una pastorale giovanile e vocazionale ricca di ardore e di inventiva, capace di mostrare la bellezza del
ministero sacerdotale. Saluto volentieri, in
questo contesto, anche i superiori e gli alunni del Pontificio Seminario Regionale Umbro.
Voi, persone consacrate, date ragione
con la vostra vita della speranza che avete
riposto in Cristo. Per questa Chiesa costituite una ricchezza grande, sia nell’ambito
della pastorale parrocchiale sia a vantaggio
dei tanti pellegrini, che spesso vengono a
chiedervi ospitalità, aspettandosi anche una
testimonianza spirituale. In particolare, voi
claustrali, sappiate tenere alta la fiaccola
della contemplazione. A ciascuna di voi desidero ripetere le parole che Santa Chiara
scriveva in una lettera ad Agnese di Boemia, chiedendole di fare di Cristo il suo
“specchio”: «Guarda ogni giorno questo
specchio, o regina sposa di Gesù Cristo, e in
esso scruta continuamente il tuo volto…»
(4LAg 15). La vostra vita di nascondimento
e di preghiera non vi sottrae al dinamismo
missionario della Chiesa, al contrario vi pone nel suo cuore. Più sono alte le sfide apo-
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stoliche, più c’è bisogno del vostro carisma.
Siate segni dell’amore di Cristo, a cui possano guardare tutti gli altri fratelli e sorelle
esposti alle fatiche della vita apostolica e
dell’impegno laicale nel mondo.
Nel confermarvi il mio affetto pieno di
fiducia e nell’affidarvi all’intercessione
della Beata Vergine Maria e dei vostri Santi, a cominciare da Francesco e Chiara, a
tutti imparto una speciale Benedizione
Apostolica.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007, 10-11]
7. Discorso ai giovani
Santa Maria degli Angeli, Piazzale,
17 giugno 2007
FRANCESCO,
VERO INNAMORATO DI CRISTO
Carissimi giovani,
grazie per la vostra accoglienza, così calorosa, sento in voi la fede, sento la gioia di
essere cristiani cattolici. Grazie per le parole affettuose e per le importanti domande
che i vostri due rappresentanti mi hanno rivolto. Spero di dire qualcosa nel corso di
questo incontro su queste domande che sono domande della vita; quindi, non posso
dare adesso una risposta esauriente, ma cerco di dire qualcosa, ma soprattutto, saluto
tutti voi, giovani di questa Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, con il vostro Vescovo, Mons. Domenico Sorrentino.
Saluto voi, giovani, di tutte le diocesi dell’Umbria, qui convenuti con i vostri Pastori. Saluto naturalmente anche voi, giovani
venuti da altre regioni d’Italia, accompagnati dai vostri animatori francescani. Un
cordiale saluto rivolgo al Cardinale Attilio
Nicora, mio Legato per le Basiliche papali
di Assisi, e ai Ministri Generali dei vari Ordini francescani.
Ci accoglie qui, con Francesco, il cuore
della Madre, la “Vergine fatta Chiesa”, come egli ama invocarla (cfr Saluto alla Beata Vergine Maria, 1). Francesco aveva per
la chiesetta della Porziuncola, custodita in
questa Basilica di Santa Maria degli Angeli, un affetto speciale. Essa fu tra le chiese
che egli si diede a riparare nei primi anni
della sua conversione e dove ascoltò e meditò il Vangelo della missione (cfr 1Cel
I,9,22). Dopo i primi passi di Rivotorto, fu
qui che egli pose il “quartier generale” dell’Ordine, dove i frati potessero raccogliersi
quasi come nel grembo materno, per rigenerarsi e ripartire pieni di slancio apostolico. Qui ottenne per tutti una sorgente di misericordia nell’esperienza del “grande perdono”, del quale tutti abbiamo sempre
bisogno. Qui infine visse il suo incontro con
“sorella morte”.
Cari giovani, voi sapete che il motivo
che mi ha portato ad Assisi è stato il desiderio di rivivere il cammino interiore di Francesco, in occasione dell’VIII centenario
della sua conversione. Questo momento del
mio pellegrinaggio ha un significato particolare. L’ho pensato questo momento come
culmine della mia giornata. San Francesco
parla a tutti, ma so che ha proprio per voi
giovani un’attrazione speciale. Me lo conferma la vostra presenza così numerosa, come anche gli interrogativi che mi avete posto. La sua conversione avvenne quando era
nel pieno della sua vitalità, delle sue esperienze, dei suoi sogni. Aveva trascorso venticinque anni senza venire a capo del senso
della vita. Pochi mesi prima di morire, ricorderà quel periodo come il tempo in cui
“era nei peccati” (cfr. 2Test 1).
A che cosa pensava, Francesco, parlando
di peccati? Stando alle biografie, ciascuna
delle quali ha un suo taglio, non è facile determinarlo. Un efficace ritratto del suo modo di vivere si trova nella Leggenda dei tre
compagni, dove si legge: «Francesco era
tanto più allegro e generoso, dedito ai giochi e ai canti, girovagava per la città di Assisi giorno e notte con amici del suo stampo, tanto generoso nello spendere da dissipare in pranzi e altre cose tutto quello che
poteva avere o guadagnare» (3Comp 1,2).
Di quanti ragazzi anche ai nostri giorni non
si potrebbe dire qualcosa di simile? Oggi
poi c’è la possibilità di andare a divertirsi
ben oltre la propria città. Le iniziative di
svago durante i week-end raccolgono tanti
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giovani. Si può “girovagare” anche virtualmente “navigando” in internet, cercando
informazioni o contatti di ogni tipo. Purtroppo non mancano – ed anzi sono tanti,
troppi! – i giovani che cercano paesaggi
mentali tanto fatui quanto distruttivi nei paradisi artificiali della droga. Come negare
che sono molti i ragazzi, e non ragazzi, tentati di seguire da vicino la vita del giovane
Francesco, prima della sua conversione?
Sotto quel modo di vivere c’era il desiderio
di felicità che abita ogni cuore umano. Ma
poteva quella vita dare la gioia vera? Francesco certo non la trovò. Voi stessi, cari giovani, potete fare questa verifica a partire
dalla vostra esperienza. La verità è che le
cose finite possono dare barlumi di gioia,
ma solo l’Infinito può riempire il cuore. Lo
ha detto un altro grande convertito, Sant’Agostino: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il
nostro cuore è inquieto finché non riposa in
te” (Confess. 1,1).
Sempre lo stesso testo biografico ci riferisce che Francesco era piuttosto vanitoso.
Gli piaceva farsi confezionare abiti sontuosi e andava alla ricerca dell’originalità (cfr
3Comp 1,2). Nella vanità, nella ricerca dell’originalità, c’è qualcosa da cui tutti siamo
in qualche modo toccati. Oggi si suol parlare di “cura dell’immagine”, o di “ricerca
dell’immagine”. Per poter avere un minimo
di successo, abbiamo bisogno di accreditarci agli occhi altrui con qualcosa di inedito,
di originale. In certa misura, questo può
esprimere un innocente desiderio di essere
ben accolti. Ma spesso vi si insinua l’orgoglio, la ricerca smodata di noi stessi, l’egoismo e la voglia di sopraffazione. In realtà,
centrare la vita su se stessi è una trappola
mortale: noi possiamo essere noi stessi solo
se ci apriamo nell’amore, amando Dio e i
nostri fratelli.
Un aspetto che impressionava i contemporanei di Francesco era anche la sua ambizione, la sua sete di gloria e di avventura. Fu
questo a portarlo sul campo di battaglia, facendolo finire prigioniero per un anno a Perugia. La stessa sete di gloria, una volta libero, lo avrebbe portato nelle Puglie, in una
nuova spedizione militare, ma proprio in
questa circostanza, a Spoleto, il Signore si
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fece presente al suo cuore, lo indusse a tornare sui suoi passi, e a mettersi seriamente
in ascolto della sua Parola. È interessante
annotare come il Signore abbia preso Francesco per il suo verso, quello della voglia di
affermarsi, per additargli la strada di
un’ambizione santa, proiettata sull’infinito:
«Chi può esserti più utile: il padrone o il
servo?» (3Comp 2,6), fu la domanda che
egli sentì risuonare nel suo cuore. È come
dire: perché accontentarti di stare alle dipendenze degli uomini, quando c’è un Dio
pronto ad accoglierti nella sua casa, al suo
servizio regale?
Cari giovani, mi avete ricordato alcuni
problemi della condizione giovanile, della
vostra difficoltà a costruirvi un futuro, e soprattutto della fatica a discernere la verità.
Nel racconto della passione di Cristo troviamo la domanda di Pilato: «Che cos’è la
verità?» (Gv 18,38). E’ la domanda di uno
scettico che dice: “Ma tu dici di essere la
verità, ma che cosa è verità?” E così essendo irriconoscibile la verità, Pilato lascia intendere: facciamo secondo quanto è più
pratico, ha più successo, e non cercando la
verità. Condanna poi Gesù a morte, perché
segue il pragmatismo, il successo, la sua
propria fortuna. Anche oggi, tanti dicono:
«ma che cosa è la verità? Possiamo trovarne frammenti, ma la verità come potremmo
trovarla?» È realmente arduo credere che
questa sia la verità: Gesù Cristo, la Vera Vita, la bussola della nostra vita. E tuttavia, se
cominciamo, come è una grande tentazione,
a vivere solo secondo le possibilità del momento, senza verità, veramente perdiamo il
criterio e perdiamo anche il fondamento
della pace comune che può essere solo la
verità. E questa verità è Cristo. La verità di
Cristo si è verificata nella vita dei santi di
tutti i secoli. I santi sono la grande traccia di
luce nella storia che attesta: questa è la vita,
questo è il cammino, questa è la verità. Perciò, abbiamo il coraggio di dire sì a Gesù
Cristo: “La sua verità è verificata nella vita
di tanti santi. Ti seguiamo!” Cari giovani,
venendo dalla Basilica del Sacro Convento,
qui, ho pensato che parlare quasi un’ora da
solo, forse non è bene. Perciò, penso sarebbe adesso il momento per una pausa, per un
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canto. So che avete fatto tanti canti, forse
posso sentire un canto vostro in questo momento. Allora, abbiamo sentito ripetere nel
canto che san Francesco ha sentito la voce.
Ha sentito nel suo cuore la voce di Cristo, e
che cosa succede? Succede che capisce che
deve mettersi al servizio dei fratelli, soprattutto dei più sofferenti. Questa è la conseguenza di questo primo incontro con la voce di Cristo. Questa mattina, passando per
Rivotorto, ho dato uno sguardo al luogo in
cui, secondo la tradizione, erano raccolti i
lebbrosi: gli ultimi, gli emarginati, nei confronti dei quali Francesco provava un irresistibile senso di ribrezzo. Toccato dalla grazia, egli aprì loro il suo cuore. E lo fece non
solo attraverso un pietoso gesto di elemosina, sarebbe troppo poco, ma baciandoli e
servendoli. Egli stesso confessa che quanto
prima gli risultava amaro, divenne per lui
«dolcezza di anima e di corpo» (2Test 3).
La grazia quindi comincia a plasmare
Francesco. Egli diventò sempre più capace
di fissare il suo sguardo sul volto di Cristo e
di ascoltarne la voce. Fu a quel punto che il
Crocifisso di San Damiano gli rivolse la parola chiamandolo a un’ardita missione: «Va’,
Francesco, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina» (2Cel I,6,10). Sostando
questa mattina a San Damiano, e poi nella
Basilica di Santa Chiara, dove si conserva il
Crocifisso originale che parlò a Francesco,
ho fissato anch’io i miei occhi in quegli occhi di Cristo. È l’immagine del Cristo Crocifisso–Risorto, vita della Chiesa, che parla
anche in noi se siamo attenti, come duemila
anni fa parlò ai suoi apostoli e ottocento anni fa parlò a Francesco. La Chiesa vive continuamente di questo incontro.
Sì, cari giovani: lasciamoci incontrare
da Cristo! Fidiamoci di Lui, ascoltiamo la
sua Parola. In Lui non c’è soltanto un essere umano affascinante. Certo, egli è pienamente uomo, e in tutto simile a noi, tranne
che nel peccato (cfr Eb 4,15). Ma è anche
molto di più: Dio è fatto uomo in Lui e pertanto è l’unico Salvatore, come dice il suo
stesso nome: Gesù, ossia “Dio salva”. Ad
Assisi si viene per apprendere da San Francesco il segreto per riconoscere Gesù Cristo
e fare esperienza di Lui. Ecco che cosa sen-
tiva Francesco per Gesù, stando a ciò che
narra il suo primo biografo: «Gesù portava
sempre nel cuore. Gesù sulle labbra, Gesù
nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra…
Anzi, trovandosi molte volte in viaggio e
meditando o cantando Gesù, scordava di essere in viaggio e si fermava a invitare tutte
le creature alla lode di Gesù» (1Cel II,
9,115). Così vediamo che la comunione con
Gesù apre anche il cuore e gli occhi per il
creato.
Francesco, insomma, era un vero innamorato di Gesù. Lo incontrava nella Parola
di Dio, nei fratelli, nella natura, ma soprattutto nella sua presenza eucaristica. Scriveva a tal proposito nel Testamento: «Dello
stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non
il santissimo corpo e il santissimo sangue
suo» (2Test 10). Il Natale di Greccio esprime il bisogno di contemplarlo nella sua tenera umanità di bimbo (cfr 1Cel I,30,8586). L’esperienza della Verna, dove riceve
le stimmate, mostra a quale grado di intimità egli fosse arrivato nel rapporto con
Cristo crocifisso. Egli poteva realmente dire con Paolo: «Per me vivere è Cristo» (Fil
1,21). Se si spoglia di tutto e sceglie la povertà, il motivo di tutto questo è Cristo, e
solo Cristo. Gesù è il suo tutto: e gli basta!
Proprio perché di Cristo, Francesco è anche uomo della Chiesa. Dal Crocifisso di
San Damiano aveva avuto l’indicazione di
riparare la casa di Cristo, che è appunto la
Chiesa. Tra Cristo e la Chiesa c’è un rapporto intimo e indissolubile. Essere chiamato a ripararla implicava, certo, nella missione di Francesco, qualcosa di proprio e di
originale. Al tempo stesso, quel compito
null’altro era, in fondo, che la responsabilità attribuita da Cristo ad ogni battezzato. E
anche ad ognuno di noi dice: «Và, e ripara
la mia casa». Noi tutti siamo chiamati a riparare in ogni generazione di nuovo la casa
di Cristo, la Chiesa. E solo facendo così vive la Chiesa e diventa bella. E come sappiamo, ci sono tanti modi di riparare, di edificare, di costruire la casa di Dio, la Chiesa.
Si edifica poi attraverso le più diverse vocazioni, da quella laicale e familiare, alla vita
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di speciale consacrazione, alla vocazione
sacerdotale.
Una parola, a questo punto, desidero
spendere proprio su quest’ultima vocazione. Francesco, che fu diacono, non sacerdote (cfr 1Cel I,30,86), nutriva per i sacerdoti
una venerazione grande. Pur sapendo che
anche nei ministri di Dio c’è tanta povertà e
fragilità, li vedeva come ministri del Corpo
di Cristo, e ciò bastava a far scaturire in lui
un senso di amore, di riverenza e di obbedienza (cfr 2Test 6-10). Il suo amore per i
sacerdoti è un invito a riscoprire la bellezza
di questa vocazione. Essa è vitale per il popolo di Dio. Cari giovani, circondate di
amore e gratitudine i vostri sacerdoti. Se il
Signore dovesse chiamare qualcuno di voi
a questo grande ministero, come anche a
qualche forma di vita consacrata, non esitate a dire il vostro sì. Sì non è facile, ma è
bello essere ministri del Signore, è bello
spendere la vita per Lui!
Affetto veramente filiale il giovane
Francesco sentì nei confronti del suo Vescovo, e fu nelle sue mani che, spogliandosi di tutto, fece la professione di una vita ormai totalmente consacrata al Signore (cfr
1Cel I,6,15). Sentì in modo speciale la missione del Vicario di Cristo, al quale sottopose la sua Regola e affidò il suo Ordine. Se
i Papi hanno mostrato tanto affetto ad Assisi, lungo la storia, questo in certo senso è un
ricambiare l’affetto che Francesco ha avuto
per il Papa. Io sono felice, carissimi giovani, di essere qui, sulla scia dei miei Predecessori, e in particolare dell’amico, dell’amato Papa Giovanni Paolo II.
Come a cerchi concentrici, l’amore di
Francesco per Gesù si dilata non solo sulla
Chiesa ma su tutte le cose, viste in Cristo e
per Cristo. Nasce di qui il Cantico delle
Creature, in cui l’occhio riposa nello splendore del Creato: da fratello sole a sorella luna, da sorella acqua a frate fuoco. Il suo
sguardo interiore è diventato così puro e penetrante da scorgere la bellezza del Creatore nella bellezza delle creature. Il Cantico di
frate sole, prima di essere un’altissima pagina di poesia e un implicito invito al rispetto del creato, è una preghiera, una lode
rivolta al Signore, al Creatore di tutto.
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All’insegna della preghiera è da vedere
anche l’impegno di Francesco per la pace.
Questo aspetto della sua vita è di grande attualità, in un mondo che di pace ha tanto bisogno e non riesce a trovarne la via. Francesco fu un uomo di pace e un operatore di
pace. Lo mostrò anche nella mitezza con
cui si pose, senza tuttavia mai tacere la sua
fede, di fronte ad uomini di altre fedi, come
dimostra il suo incontro con il Sultano (cfr
1Cel I,20,57). Se oggi il dialogo interreligioso, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è diventato patrimonio comune e irrinunciabile della sensibilità cristiana, Francesco può aiutarci a dialogare autenticamente, senza cadere in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della verità
o nell’attenuazione del nostro annuncio cristiano. Il suo essere uomo di pace, di tolleranza, di dialogo, nasce sempre dall’esperienza di Dio-Amore. Il suo saluto di pace
è, non a caso, una preghiera: «Il Signore ti
dia la pace» (2Test 23).
Cari giovani, la vostra numerosa presenza qui dice quanto la figura di Francesco
parli al vostro cuore. Io volentieri vi riconsegno il suo messaggio, ma soprattutto la
sua vita e la sua testimonianza. È tempo di
giovani che, come Francesco, facciano sul
serio e sappiano entrare in un rapporto personale con Gesù. È tempo di guardare alla
storia di questo terzo millennio da poco iniziato come a una storia che ha più che mai
bisogno di essere lievitata dal Vangelo.
Faccio ancora una volta mio l’invito che
il mio amato Predecessore, Giovanni Paolo
II, amava sempre rivolgere, specialmente ai
giovani: “Aprite le porte a Cristo”. Apritele
come fece Francesco, senza paura, senza
calcoli, senza misura. Siate, cari giovani, la
mia gioia, come lo siete stati di Giovanni
Paolo II. Da questa Basilica dedicata a Santa Maria degli Angeli vi do appuntamento
alla Santa Casa di Loreto, ai primi di settembre, per l’Agorà dei giovani italiani.
A voi tutti la mia benedizione. Grazie per
tutto, per la vostra presenza, per la vostra
preghiera.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 18-19 giugno 2007, pp. 12-13]
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Messaggio per la XXIII Giornata
Mondiale della Gioventù
SOLO CRISTO PUÒ COLMARE
LE ASPIRAZIONI DEL CUORE
DELL’UOMO
«Avrete forza dallo Spirito Santo
che scenderà su di voi
e mi sarete testimoni» (At 1,8)
Cari giovani!
1. La XXIII Giornata Mondiale
della Gioventù
Ricordo sempre con grande gioia i vari
momenti trascorsi insieme a Colonia, nell’agosto 2005. Alla fine di quell’indimenticabile manifestazione di fede e di entusiasmo, che resta impressa nel mio spirito e nel
mio cuore, vi ho dato appuntamento per il
prossimo incontro che si terrà a Sydney, nel
2008. Sarà la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù ed avrà come tema: «Avrete
forza dallo Spirito Santo che scenderà su di
voi e mi sarete testimoni» (At 1,8). Il filo
conduttore della preparazione spirituale all’appuntamento di Sydney è lo Spirito Santo e la missione. Se nel 2006 ci siamo soffermati a meditare sullo Spirito Santo come
Spirito di verità, nel 2007 cerchiamo di scoprirlo più profondamente quale Spirito d’amore, per incamminarci poi verso la Giornata Mondiale della Gioventù 2008, riflettendo sullo Spirito di fortezza e testimonianza, che ci dona il coraggio di vivere
il Vangelo e l’audacia di proclamarlo. Diventa perciò fondamentale che ciascuno di
voi giovani, nella sua comunità e con i suoi
educatori, possa riflettere su questo Protagonista della storia della salvezza che è lo
Spirito Santo o Spirito di Gesù, per raggiungere questi alti scopi: riconoscere la
vera identità dello Spirito anzitutto ascoltando la Parola di Dio nella Rivelazione
della Bibbia; prendere una lucida coscienza
della sua continua, attiva presenza nella vita della Chiesa, in particolare riscoprendo
che lo Spirito Santo si pone come “anima”,
respiro vitale della propria vita cristiana,
grazie ai sacramenti dell’iniziazione cristia-
na - Battesimo, Confermazione ed Eucaristia; diventare così capace di maturare una
comprensione di Gesù sempre più approfondita e gioiosa e, contemporaneamente, di realizzare un’efficace attuazione del
Vangelo all’alba del terzo millennio. Volentieri con questo messaggio vi offro un tracciato di meditazione da approfondire lungo
quest’anno di preparazione, su cui verificare la qualità della vostra fede nello Spirito
Santo, ritrovarla se smarrita, rafforzarla se
indebolita, gustarla come compagnia del
Padre e del Figlio Gesù Cristo, grazie appunto all’opera indispensabile dello Spirito
Santo. Non dimenticate mai che la Chiesa,
anzi l’umanità stessa, quella che vi sta attorno e che vi aspetta nel vostro futuro, attende molto da voi giovani perché avete in
voi il dono supremo del Padre, lo Spirito di
Gesù.
2. La promessa dello Spirito Santo
nella Bibbia
L’attento ascolto della Parola di Dio a riguardo del mistero e dell’opera dello Spirito Santo ci apre a conoscenze grandi e stimolanti che riassumo nei punti seguenti.
Poco prima della sua ascensione, Gesù
disse ai discepoli: «Manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso» (Lc
24,49). Ciò si realizzò nel giorno della Pentecoste, quando essi erano riuniti in preghiera nel Cenacolo con la Vergine Maria.
L’effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa
nascente fu il compimento di una promessa
di Dio assai più antica, annunciata e preparata in tutto l’Antico Testamento.
In effetti, fin dalle prime pagine la Bibbia
evoca lo spirito di Dio come un soffio che
«aleggiava sulle acque» (cfr Gn 1,2) e precisa che Dio soffiò nelle narici dell’uomo un
alito di vita (cfr Gn 2,7), infondendogli così
la vita stessa. Dopo il peccato originale, lo
spirito vivificante di Dio si manifesterà diverse volte nella storia degli uomini, suscitando profeti per incitare il popolo eletto a
tornare a Dio e ad osservarne fedelmente i
comandamenti. Nella celebre visione del
profeta Ezechiele, Dio fa rivivere con il suo
spirito il popolo d’Israele, raffigurato da
“ossa inaridite” (cfr 37,1-14). Gioele profe-
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tizza un’«effusione dello spirito» su tutto il
popolo, nessuno escluso: «Dopo questo scrive l’Autore sacro -, io effonderò il mio
spirito sopra ogni uomo... Anche sopra gli
schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito» (3,1-2).
Nella «pienezza del tempo» (cfr Gal
4,4), l’angelo del Signore annuncia alla
Vergine di Nazaret che lo Spirito Santo,
“potenza dell’Altissimo”, scenderà e stenderà su di lei la sua ombra. Colui che ella
partorirà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio (cfr Lc 1,35). Secondo l’espressione del profeta Isaia, il Messia sarà colui
sul quale si poserà lo Spirito del Signore
(cfr 11,1-2; 42,1). Proprio questa profezia
Gesù riprese all’inizio del suo ministero
pubblico nella sinagoga di Nazaret: «Lo
Spirito del Signore - Egli disse fra lo stupore dei presenti - è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha
mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio, per proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr
Is 61,1-2). Rivolgendosi ai presenti, riferirà
a se stesso queste parole profetiche affermando: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,21). Ed ancora, prima della sua
morte in croce, annuncerà più volte ai discepoli la venuta dello Spirito Santo, il
“Consolatore”, la cui missione sarà quella
di rendergli testimonianza e di assistere i
credenti, insegnando loro e guidandoli alla
Verità tutta intera (cfr Gv 14,16-17.25-26;
15,26; 16,13).
3. La Pentecoste, punto di partenza della
missione della Chiesa
La sera del giorno della sua risurrezione
Gesù, apparendo ai discepoli, «alitò su di
loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo”»
(Gv 20,22). Con ancor più forza lo Spirito
Santo scese sugli Apostoli il giorno della
Pentecoste: «Venne all’improvviso dal cielo un rombo - si legge negli Atti degli Apostoli - come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco che si
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dividevano e si posarono su ciascuno di loro» (2,2-3).
Lo Spirito Santo rinnovò interiormente gli Apostoli, rivestendoli di una forza che
li rese audaci nell’annunciare senza paura:
«Cristo è morto e risuscitato!». Liberi da
ogni timore essi iniziarono a parlare con
franchezza (cfr At 2,29; 4,13; 4,29.31). Da
pescatori intimoriti erano diventati araldi
coraggiosi del Vangelo. Persino i loro nemici non riuscivano a capire come mai uomini «senza istruzione e popolani» (cfr At
4,13) fossero in grado di mostrare un simile
coraggio e sopportare le contrarietà, le sofferenze e le persecuzioni con gioia. Niente
poteva fermarli. A coloro che cercavano di
ridurli al silenzio rispondevano: «Noi non
possiamo tacere quello che abbiamo visto e
ascoltato» (At 4,20). Così nacque la Chiesa,
che dal giorno della Pentecoste non ha cessato di irradiare la Buona Novella «fino agli
estremi confini della terra» (At 1,8).
4. Lo Spirito Santo, anima della Chiesa
e principio di comunione
Ma per comprendere la missione della
Chiesa dobbiamo tornare nel Cenacolo dove i discepoli restarono insieme (cfr Lc
24,49), pregando con Maria, la “Madre”, in
attesa dello Spirito promesso. A quest’icona della Chiesa nascente ogni comunità cristiana deve costantemente ispirarsi. La fecondità apostolica e missionaria non è principalmente il risultato di programmi e
metodi pastorali sapientemente elaborati ed
“efficienti”, ma è frutto dell’incessante preghiera comunitaria (cfr Paolo VI, Esort.
apost. Evangelii nuntiandi, 75). L’efficacia
della missione presuppone, inoltre, che le
comunità siano unite, abbiano cioè «un
cuore solo e un’anima sola» (cfr At 4,32), e
siano disposte a testimoniare l’amore e la
gioia che lo Spirito Santo infonde nei cuori
dei fedeli (cfr At 2,42). Il Servo di Dio Giovanni Paolo II ebbe a scrivere che prima di
essere azione, la missione della Chiesa è testimonianza e irradiazione (cfr Enc. Redemptoris missio, 26). Così avveniva all’inizio del cristianesimo, quando i pagani,
scrive Tertulliano, si convertivano vedendo
l’amore che regnava tra i cristiani: «Vedi -
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dicono - come si amano tra loro» (cfr Apologetico, 39 § 7).
Concludendo questo rapido sguardo alla
Parola di Dio nella Bibbia, vi invito a notare come lo Spirito Santo sia il dono più alto
di Dio all’uomo, quindi la testimonianza
suprema del suo amore per noi, un amore
che si esprime concretamente come “sì alla
vita” che Dio vuole per ogni sua creatura.
Questo “sì alla vita” ha la sua forma piena
in Gesù di Nazaret e nella sua vittoria sul
male mediante la redenzione. A questo proposito non dimentichiamo mai che l’Evangelo di Gesù, proprio in forza dello Spirito,
non si riduce ad una pura constatazione, ma
vuole diventare “bella notizia per i poveri,
liberazione per i prigionieri, vista ai ciechi...”. E’ quanto si manifestò con vigore il
giorno di Pentecoste, diventando grazia e
compito della Chiesa verso il mondo, la sua
missione prioritaria.
Noi siamo i frutti di questa missione della Chiesa per opera dello Spirito Santo. Noi
portiamo dentro di noi quel sigillo dell’amore del Padre in Gesù Cristo che è lo Spirito Santo. Non dimentichiamolo mai, perché lo Spirito del Signore si ricorda sempre
di ciascuno e vuole, mediante voi giovani in
particolare, suscitare nel mondo il vento e il
fuoco di una nuova Pentecoste.
5. Lo Spirito Santo “Maestro interiore”
Cari giovani, anche oggi lo Spirito Santo
continua dunque ad agire con potenza nella
Chiesa e i suoi frutti sono abbondanti nella
misura in cui siamo disposti ad aprirci alla
sua forza rinnovatrice. Per questo è importante che ciascuno di noi Lo conosca, entri
in rapporto con Lui e da Lui si lasci guidare.
Ma a questo punto sorge naturalmente una
domanda: chi è per me lo Spirito Santo?
Non sono infatti pochi i cristiani per i quali
Egli continua ad essere il “grande sconosciuto“. Ecco perché, preparandoci alla
prossima Giornata Mondiale della Gioventù, ho voluto invitarvi ad approfondire la
conoscenza personale dello Spirito Santo.
Nella nostra professione di fede proclamiamo: «Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal
Figlio» (Simbolo di Nicea-Costantinopoli).
Sì, lo Spirito Santo, Spirito d’amore del Padre e del Figlio, è Sorgente di vita che ci santifica, «perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito
Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Tuttavia
non basta conoscerLo; occorre accoglierLo
come guida delle nostre anime, come il
“Maestro interiore” che ci introduce nel Mistero trinitario, perché Egli solo può aprirci
alla fede e permetterci di viverla ogni giorno
in pienezza. Egli ci spinge verso gli altri, accende in noi il fuoco dell’amore, ci rende
missionari della carità di Dio.
So bene quanto voi giovani portiate
nel cuore grande stima ed amore verso Gesù, come desideriate incontrarLo e parlare
con Lui. Ebbene ricordatevi che proprio la
presenza dello Spirito in noi attesta, costituisce e costruisce la nostra persona sulla
Persona stessa di Gesù crocifisso e risorto.
Rendiamoci dunque familiari dello Spirito
Santo, per esserlo di Gesù.
6. I Sacramenti della Confermazione
e dell’Eucaristia
Ma - direte - come possiamo lasciarci
rinnovare dallo Spirito Santo e crescere nella nostra vita spirituale? La risposta - lo sapete - è: lo si può per mezzo dei Sacramenti, perché la fede nasce e si irrobustisce in
noi grazie ai Sacramenti, innanzitutto a
quelli dell’iniziazione cristiana: il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, che
sono complementari e inscindibili (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1285).
Questa verità sui tre Sacramenti che sono
all’inizio del nostro essere cristiani è forse
trascurata nella vita di fede di non pochi cristiani, per i quali essi sono gesti compiuti
nel passato senza incidenza reale sull’oggi,
come radici senza linfa vitale. Avviene che,
ricevuta la Confermazione, diversi giovani
si allontanano dalla vita di fede. E ci sono
anche giovani che nemmeno ricevono questo sacramento. Eppure è con i sacramenti
del Battesimo, della Confermazione e poi,
in modo continuativo, dell’Eucaristia che lo
Spirito Santo ci rende figli del Padre, fratelli di Gesù, membri della sua Chiesa, capaci
di una vera testimonianza al Vangelo, fruitori della gioia della fede.
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Vi invito perciò a riflettere su quanto qui
vi scrivo. Oggi è particolarmente importante riscoprire il sacramento della Confermazione e ritrovarne il valore per la nostra crescita spirituale. Chi ha ricevuto i sacramenti del Battesimo e della Confermazione
ricordi che è diventato “tempio dello Spirito”: Dio abita in lui. Sia sempre cosciente di
questo e faccia sì che il tesoro che è in lui
porti frutti di santità. Chi è battezzato, ma
non ha ancora ricevuto il sacramento della
Confermazione, si prepari a riceverlo sapendo che così diventerà un cristiano “compiuto”, poiché la Confermazione perfeziona la grazia battesimale (cfr CCC, 13021304).
La Confermazione ci dona una forza
speciale per testimoniare e glorificare Dio
con tutta la nostra vita (cfr Rm 12,1); ci rende intimamente consapevoli della nostra
appartenenza alla Chiesa, “Corpo di Cristo”, del quale tutti siamo membra vive, solidali le une con le altre (cfr 1Cor 12,1225). Lasciandosi guidare dallo Spirito, ogni
battezzato può apportare il proprio contributo all’edificazione della Chiesa grazie ai
carismi che Egli dona, poiché «a ciascuno
è data una manifestazione particolare dello
Spirito per l’utilità comune» (1Cor 12,7). E
quando lo Spirito agisce reca nell’animo i
suoi frutti che sono «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22). A quanti tra
voi non hanno ancora ricevuto il sacramento della Confermazione rivolgo il cordiale
invito a prepararsi ad accoglierlo, chiedendo l’aiuto dei loro sacerdoti. E’ una speciale occasione di grazia che il Signore vi offre: non lasciatevela sfuggire!
Vorrei qui aggiungere una parola sull’Eucaristia. Per crescere nella vita cristiana, è necessario nutrirsi del Corpo e Sangue
di Cristo: infatti, siamo battezzati e confermati in vista dell’Eucaristia (cfr CCC,
1322; Esort. apost. Sacramentum caritatis,
17). “Fonte e culmine” della vita ecclesiale,
l’Eucaristia è una “Pentecoste perpetua”,
poiché ogni volta che celebriamo la Santa
Messa riceviamo lo Spirito Santo che ci
unisce più profondamente a Cristo e in Lui
ci trasforma. Se, cari giovani, parteciperete
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frequentemente alla Celebrazione eucaristica, se consacrerete un po’ del vostro tempo
all’adorazione del SS.mo Sacramento, dalla Sorgente dell’amore, che è l’Eucaristia,
vi verrà quella gioiosa determinazione di
dedicare la vita alla sequela del Vangelo.
Sperimenterete al tempo stesso che là dove
non arrivano le nostre forze, è lo Spirito
Santo a trasformarci, a colmarci della sua
forza e a renderci testimoni pieni dell’ardore missionario del Cristo risorto.
7. La necessità e l’urgenza della missione
Molti giovani guardano alla loro vita con
apprensione e si pongono tanti interrogativi
circa il loro futuro. Essi si chiedono preoccupati: Come inserirsi in un mondo segnato
da numerose e gravi ingiustizie e sofferenze? Come reagire all’egoismo e alla violenza che talora sembrano prevalere? Come
dare senso pieno alla vita? Come contribuire perché i frutti dello Spirito che abbiamo
sopra ricordato, “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé” (n. 6), inondino questo
mondo ferito e fragile, il mondo dei giovani anzitutto? A quali condizioni lo Spirito
vivificante della prima creazione e soprattutto della seconda creazione o redenzione
può diventare l’anima nuova dell’umanità?
Non dimentichiamo che quanto più è grande il dono di Dio - e quello dello Spirito di
Gesù è il massimo - altrettanto è grande il
bisogno del mondo di riceverlo e dunque
grande ed appassionante è la missione della
Chiesa di darne testimonianza credibile. E
voi giovani, con la Giornata Mondiale della
Gioventù, in certo modo attestate la volontà
di partecipare a tale missione. A questo proposito, mi preme, cari amici, ricordarvi qui
alcune verità di riferimento su cui meditare.
Ancora una volta vi ripeto che solo Cristo
può colmare le aspirazioni più intime del
cuore dell’uomo; solo Lui è capace di umanizzare l’umanità e condurla alla sua “divinizzazione”. Con la potenza del suo Spirito
Egli infonde in noi la carità divina, che ci
rende capaci di amare il prossimo e pronti a
metterci al suo servizio. Lo Spirito Santo illumina, rivelando Cristo crocifisso e risorto, ci indica la via per diventare più simili a
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Lui, per essere cioè “espressione e strumento dell’amore che da Lui promana”
(Enc. Deus caritas est, 33). E chi si lascia
guidare dallo Spirito comprende che mettersi al servizio del Vangelo non è un’opzione facoltativa, perché avverte quanto sia
urgente trasmettere anche agli altri questa
Buona Novella. Tuttavia, occorre ricordarlo ancora, possiamo essere testimoni di Cristo solo se ci lasciamo guidare dallo Spirito
Santo, che è «l’agente principale dell’evangelizzazione» (cfr Evangelii nuntiandi, 75)
e «il protagonista della missione» (cfr Redemptoris missio, 21). Cari giovani, come
hanno più volte ribadito i miei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, annunciare il Vangelo e testimoniare la fede è
oggi più che mai necessario (cfr Redemptoris missio, 1). Qualcuno pensa che presentare il tesoro prezioso della fede alle persone che non la condividono significhi essere
intolleranti verso di loro, ma non è così,
perché proporre Cristo non significa imporlo (cfr Evangelii nuntiandi, 80). Del resto,
duemila anni or sono dodici Apostoli hanno
dato la vita affinché Cristo fosse conosciuto e amato. Da allora il Vangelo continua
nei secoli a diffondersi grazie a uomini e
donne animati dallo stesso loro zelo missionario. Pertanto, anche oggi occorrono
discepoli di Cristo che non risparmino tempo ed energie per servire il Vangelo. Occorrono giovani che lascino ardere dentro di sé
l’amore di Dio e rispondano generosamente al suo appello pressante, come hanno fatto tanti giovani beati e santi del passato e
anche di tempi a noi vicini. In particolare,
vi assicuro che lo Spirito di Gesù oggi invita voi giovani ad essere portatori della bella notizia di Gesù ai vostri coetanei. L’indubbia fatica degli adulti di incontrare in
maniera comprensibile e convincente l’area
giovanile può essere un segno con cui lo
Spirito intende spingere voi giovani a farvi
carico di questo. Voi conoscete le idealità, i
linguaggi, ed anche le ferite, le attese, ed insieme la voglia di bene dei vostri coetanei.
Si apre il vasto mondo degli affetti, del lavoro, della formazione, dell’attesa, della
sofferenza giovanile... Ognuno di voi abbia
il coraggio di promettere allo Spirito Santo
di portare un giovane a Gesù Cristo, nel modo che ritiene migliore, sapendo “rendere
conto della speranza che è in lui, con dolcezza” (cfr 1Pt 3,15).
Ma per raggiungere questo scopo, cari
amici, siate santi, siate missionari, poiché
non si può mai separare la santità dalla missione (cfr Redemptoris missio, 90). Non abbiate paura di diventare santi missionari come san Francesco Saverio, che ha percorso
l’Estremo Oriente annunciando la Buona
Novella fino allo stremo delle forze, o come
santa Teresa del Bambino Gesù, che fu missionaria pur non avendo lasciato il Carmelo: sia l’uno che l’altra sono “Patroni delle
Missioni”. Siate pronti a porre in gioco la
vostra vita per illuminare il mondo con la
verità di Cristo; per rispondere con amore
all’odio e al disprezzo della vita; per proclamare la speranza di Cristo risorto in ogni
angolo della terra.
8. Invocare una “nuova Pentecoste”
sul mondo
Cari giovani, vi attendo numerosi nel luglio 2008 a Sydney. Sarà un’occasione
provvidenziale per sperimentare appieno la
potenza dello Spirito Santo. Venite numerosi, per essere segno di speranza e sostegno
prezioso per le comunità della Chiesa in
Australia che si preparano ad accogliervi.
Per i giovani del Paese che ci ospiterà sarà
un’opportunità eccezionale di annunciare la
bellezza e la gioia del Vangelo ad una società per molti versi secolarizzata. L’Australia, come tutta l’Oceania, ha bisogno di
riscoprire le sue radici cristiane. Nell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Oceania
Giovanni Paolo II scriveva: «Con la potenza dello Spirito Santo, la Chiesa in Oceania
si sta preparando per una nuova evangelizzazione di popoli che oggi sono affamati di
Cristo... La nuova evangelizzazione è una
priorità per la Chiesa in Oceania» (n. 18).
Vi invito a dedicare tempo alla preghiera e alla vostra formazione spirituale in quest’ultimo tratto del cammino che ci conduce
alla XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, affinché a Sydney possiate rinnovare
le promesse del vostro Battesimo e della
vostra Confermazione. Insieme invochere-
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EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS
mo lo Spirito Santo, chiedendo con fiducia
a Dio il dono di una rinnovata Pentecoste
per la Chiesa e per l’umanità del terzo millennio.
Maria, unita in preghiera agli Apostoli
nel Cenacolo, vi accompagni durante questi
mesi ed ottenga per tutti i giovani cristiani
una nuova effusione dello Spirito Santo che
ne infiammi i cuori. Ricordate: la Chiesa ha
fiducia in voi! Noi Pastori, in particolare,
preghiamo perché amiate e facciate amare
sempre più Gesù e Lo seguiate fedelmente.
Con questi sentimenti vi benedico tutti con
grande affetto.
Da Lorenzago, 20 luglio 2007
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 22 luglio 2007, pp. 4-5]
8. Angelus,
Lorenzago di Cadore (Belluno), 22 luglio 2007
MAI PIÙ LA GUERRA!
Cari fratelli e sorelle!
In questi giorni di riposo che, grazie a
Dio, sto trascorrendo qui in Cadore, sento
ancor più intensamente l’impatto doloroso
delle notizie che mi pervengono circa gli
scontri sanguinosi e gli episodi di violenza
che si verificano in tante parti del mondo.
Questo mi induce a riflettere oggi ancora
una volta sul dramma della libertà umana
nel mondo. La bellezza della natura ci ricorda che siamo stati posti da Dio a “coltivare e custodire” questo “giardino” che è la
Terra (cfr Gn 2,8-17): e vedo come realmente voi coltivate e custodite questo bel
giardino di Dio, un vero paradiso. Ecco, se
gli uomini vivono in pace con Dio e tra di
loro, la Terra assomiglia veramente a un
“paradiso”. Il peccato purtroppo rovina
sempre di nuovo questo progetto divino,
generando divisioni e facendo entrare nel
mondo la morte. Avviene così che gli uomini cedono alle tentazioni del Maligno e si
fanno guerra gli uni gli altri. La conseguenza è che, in questo stupendo “giardino” che
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è il mondo, si aprono anche spazi di “inferno”. In mezzo a questa bellezza non dobbiamo dimenticare le situazioni nelle quali
si trovano, a volte, dei nostri fratelli e delle
nostre sorelle.
La guerra, con il suo strascico di lutti e di
distruzioni, è da sempre giustamente considerata una calamità che contrasta con il progetto di Dio, il quale ha creato tutto per l’esistenza e, in particolare, vuole fare del genere umano una famiglia. Non posso, in
questo momento, non andare col pensiero
ad una data significativa: il 1° agosto 1917
– giusto 90 anni or sono – il mio venerato
predecessore, Papa Benedetto XV, indirizzò
la sua celebre Nota alle potenze belligeranti, domandando che ponessero fine alla prima guerra mondiale (cfr AAS 9[1917]417420). Mentre imperversava quell’immane
conflitto, il Papa ebbe il coraggio di affermare che si trattava di un’“inutile strage”.
Questa sua espressione si è incisa nella storia. Essa si giustificava nella situazione
concreta di quell’estate 1917, specialmente
su questo fronte veneto. Ma quelle parole,
“inutile strage”, contengono anche un valore più ampio, profetico, e si possono applicare a tanti altri conflitti che hanno stroncato innumerevoli vite umane.
Proprio queste terre in cui ci troviamo,
che di per se parlano di pace, di armonia,
della bontà del Creatore, sono state teatro
della prima guerra mondiale, come ancora
rievocano tante testimonianze ed alcuni
commoventi canti degli Alpini. Sono vicende da non dimenticare! Bisogna fare tesoro
delle esperienze negative che purtroppo i
nostri padri hanno sofferto, per non ripeterle. La Nota del Papa Benedetto XV non si
limitava a condannare la guerra; essa indicava, su un piano giuridico, le vie per costruire una pace equa e duratura: la forza
morale del diritto, il disarmo bilanciato e
controllato, l’arbitrato nelle controversie, la
libertà dei mari, il reciproco condono delle
spese belliche, la restituzione dei territori
occupati ed eque trattative per dirimere le
questioni. La proposta della Santa Sede era
orientata al futuro dell’Europa e del mondo,
secondo un progetto cristiano nell’ispirazione, ma condivisibile da tutti perché fondato
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sul diritto delle genti. È la stessa impostazione che i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno seguito nei loro memorabili discorsi all’Assemblea delle Nazioni
Unite, ripetendo, a nome della Chiesa: “Mai
più la guerra!”. Da questo luogo di pace, in
cui anche più vivamente si avvertono come
inaccettabili gli orrori delle “inutili stragi”,
rinnovo l’appello a perseguire con tenacia la
via del diritto, a rifiutare con determinazione la corsa agli armamenti, a respingere più
in generale la tentazione di affrontare nuove
situazioni con vecchi sistemi.
Con nel cuore questi pensieri e questi auspici che questa sia sempre, come è adesso
grazie a Dio, una terra della pace e dell’ospitalità, eleviamo ora una speciale preghiera per la pace nel mondo, affidandola a
Maria Santissima, Regina della Pace.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 23-24 luglio 2007]
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CONVENTUS CARDINALIUM
ET EPISCOPORUM OFM
1. Programma
Assisi-Roma, 19-22 giugno 2007
Lunedì, 18 giugno - Assisi
Arrivi
Martedì, 19 giugno
7.30
Lodi (preside Card. Claudio Hummes)
9.00
Apertura dell’incontro
Saluto (Fr. José R. Carballo, Ministro generale)
Presentazione dei partecipanti
11.00 Dimensione ecclesiale del Carisma francescano (Fr. Hermann
Schalück)
15.00 Presentazione
• dell’Ordine (Fr. Francesco Bravi, Vicario generale)
• dei Progetti missionari (Fr. Vincenzo Brocanelli, Mod. per le
Missioni)
17.00 Dialogo in Aula
18.30 Basilica della Porziuncola: Eucaristia (presiede Fr. J. R. Carballo,
Min. gen.)
Mercoledì, 20 giugno
7.30
Basilica S. Maria Maggiore: Eucaristia (presiede Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi)
10.00 La spiritualità francescana nel ministero episcopale (Card. Carlos
Amigo)
11.30 Come vivere la spiritualità francescana nel ministero episcopale?
(Riflessione in Gruppi linguistici)
15.30 Dialogo in Aula
19.00 San Damiano: Vespri (presiede Fr.
Francesco Bravi, Vicario generale)
Giovedì, 21 giugno
8.30
Presentazione sintetica dei diversi
luoghi francescani (Fr. Fernando
Uribe)
9.00
Visita guidata di Assisi
Tempo libero (preghiera e rifles-
sione personale)
Basilica S. Chiara: Eucaristia
(presiede Card. Wilfrid Napier)
Venerdì, 22 giugno-Roma
11.00 Basilica S. Giovanni in Laterano:
Eucaristia (presiede Card. Giovanni Battista Re)
Consegna della Regola (Ministro
generale)
13.00 Curia generale: incontro fraterno
18.00
2. Partecipanti
– Cardinali
CLÁUDIO HUMMES, Prefetto della Congregazione per il Clero, Città del Vaticano;
WILFRID FOX NAPIER, Arcivesco di Durban, Sud-Africa; CARLOS AMIGO VALLEJO,
Arcivescovo di Sevilla, Spagna; LÁSZLÓ
PASKAI, Arcivescovo Emerito di Esztergom-Budapest, Ungheria; ALEXANDRE JOSÉ MARIA DOS SANTOS, Arcivescovo Emerito di Maputo, Mozambico; OSCAR ANDRÉS RODRÍGUEZ MADARIAGA, Salesiano/
Affiliato all’Ordine, Arcivescovo di Tegucigalpa, Honduras.
– Nunzio Apostolico
MARCO DINO BROGI, Arcivescovo Titolare
di Città Ducale, Nunzio Apostolico in Egitto, Italia.
– Vescovi Residenziali
Arcivescovi
JOSÉ BELISÁRIO DA SILVA, Arcivescovo di
São Luis do Maranhão, Brasile; HÉCTOR
MIGUEL CABREJOS VIDARTE, Arcivescovo di
Trujillo, Presidente della Conferenza Episcopale del Perú, Perú; ROBERTO OCTAVIO
GONZÁLEZ NIEVES, Arcivescovo di San
Juan de Puerto Rico, Puerto Rico; ANGELO
MASSAFRA, Arcivescovo di Scutari-Albania, Albania; JEAN-PIERRE GRALLET, Arcivescovo di Strasbourg, Francia; SANTIAGO
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AGRELO MARTÍNEZ, Arcivescovo di Tanger,
Marrocco.
Vescovi
DARIO CAMPOS, Vescovo di Leopoldina,
Brasile; DIOGO REESINK, Vescovo di Teófilo Otoni, Brasile; HUGO MARIA VAN
STEEKELENBURG, Vescovo di Almenara,
Brasile; CELIO DE OLIVEIRA GOULART, Vescovo di Cachoeiro de Itapemirim, Brasile;
HERY THEOPHILUS HOWANIEC, Vescovo di
Santissima Trinità di Almaty, Kazakistan;
COSMAS MIACHAEL ANGKUR, Vescovo di
Bogor, Indonesia; DIAMANTINO PRATA DE
CARVALHO, Vescovo di Campanha, Brasile;
ANTONIO MONTES MOREIRA, Vescovo di
Bragança Miranda, Portogallo; IRENEU SÍLVIO WILGES, Vescovo di Cachoeira do Sul,
Brasile; AUSTEN ROBIN CRAPP, Vescovo di
Aitape, Papua Nuova Guinea; JOSÉ HARING, Vescovo di Lomoeiro do Norte, Brasile; SEBASTIÃO ASSIS DE FIGUEIREDO, Vescovo di Guiratinga, Brasile; ADRIANO
LANGA, Vescovo di Inhambane, Mozambico; SEVERINO CLASEN, Vescovo di Araçuai,
Brasile; JESÚS SANZ MONTES, Vescovo di
Huesca e Jaca, Spagna; WILLIAM SLATTERY,
Vescovo di Kokstad, Sud-Africa; LEO LABA
LADJAR, Vescovo di Jayapura, Indonesia;
JOÃO BOSCO BARBOSA DE SOUSA, Vescovo
di União da Vitória, Brasile; GIORGIO BERTIN, Vescovo di Djibouti, Repubblica di Djibouti, (Mogadisco); DOMENICO TARCISIO
CORTESE,Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Italia; ALOYSIUS MURWITO, Vescovo di
Agats, Indonesia; ROBERTO CAMILLERI AZZOPARDI, Vescovo di Comayagua, Honduras; ANTAL MAJNEK, Vescovo di Mukacheve dei Latini, Ucraina; CAETANO FERRARI,
Vescovo di Franca, Brasile; RODOLFO CETOLONI, Vescovo di Montepulciano-ChiusiPienza, Italia; STANISLAS LUKUMWENA, Vescovo di Kole, Rep. Dem. del Congo; HILARIO DA CRUZ MASSINGA, Vescovo di
Lachinga, Mozambico; MAKSYMILIAN LEONID DUBRAVSKI, Vescovo di Kamyanets Podilskyi dei Latini, Ucraina.
Emeriti
FEDERICO RICHTER FERNÁNDEZ-PRADA, Arcivescovo Emerito di Ayacucho, Perú; HEN-
RIQUE JOHANNPÖTTER,
Bacabal, Brasile.
Vescovo Emerito di
Prelature Territoriali
CAPISTRANO FRANCISCO HEIM, Vescovo
Prelato di Itaituba, Brasile; AURELIO JOSÉ
KÜHN, Vescovo Prelato di Deán Funes, Argentina.
– Vescovi Titolari
Ausiliari di Diocesi
STANISLAV SZYROKORADIUK, Vescovo Titolare di Surista, Ausiliare di Kyiv-Zhytomyr,
Ucraina; ADRIANO TOMASI TRAVAGLIA, Vescovo Titolare di Obbi, Ausiliare di Lima,
Perú; LUIS MORAO ANDREAZZA, Vescovo
Titolare di Tullia, Ausiliare di Santa Ana, El
Salvador; FRANZ LACKNER, Vescovo Titolare di Balenio, Ausiliare di Graz-Seckau,
Austria; FIACHRA Ó CEALLAIGH, Vescovo
Titolare di Tre Taverne, Ausiliare di Dublin,
Irlanda.
Vicariati Apostolici
GIOVANNI INNOCENZO MARTINELLI, Vescovo
Titolare di Tabuda, Vicario Ap. di Tripoli,
Libia; SYLVESTER CARMEL MAGRO, Vescovo Titolare di Salde, Vicario Ap. di Benghazi, Libia; GIUSEPPE NAZZARO, Vescovo Titolare di Forma, Vicario Ap. di Alep, Siria;
JUAN TOMÁS OLIVER CLIMENT, Vescovo Tit.
di Legis di Volumnio, Vicario Ap. di Requena, Perú; ANTON ZERDIN, Vescovo Titolare di Tucca terebentina, Vicario Ap. di San
Ramón, Perú; FAUSTO TRÁVEZ TRÁVEZ, Vescovo Tit. di Sulletto, Vicario Ap. di Zamora nell’Ecuador, Ecuador; ALBERTO CAMPOS HERNÁNDEZ, Vescovo Tit. di Vico di
Augusto, Vicario Ap. di San José del Amazonas, Perú; JULIO MARÍA ELÍAS MONTOYA,
Vescovo Tit. di Cuma, Vicario Ap. di El Beni, Bolivia.
Prefetture Apostoliche
MANUEL VALAREZO LUZURIAGA, Vescovo
Tit. di Questoriana, Prefetto Ap. di Galápagos, Ecuador.
Titolari Emeriti
JULIO OJEDA PASCUAL, Vescovo Titolare di
Fissiana, già Vicario Ap. di San Ramón,
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CONVENTUS CARDINALIUM ET EPISCOPORUM OFM
Perù, Vicario Delegato di San Ramón, Perú;
VÍCTOR MANUEL MALDONADO BARRERO,
Vescovo Titolare di Ceramussa, già Ausiliare di Guayaquil, Ecuador; MANUEL EGUIGUREN GALARRAGA, Vescovo Titolare di
Salpi, già Ausiliare del Vicariato Apostolico di El Beni, Bolivia.
– Definitorio generale
JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, Min. gen.;
FRANCESCO BRAVI, Vic. gen.; FINIAN MCGINN, Def. gen.; ŠIME SAMAC, Def. gen.;
MIGUEL J. VALLECILLO MARTÍN, Def. gen.;
AMBROGIO VAN SI NGUYEN, Def. gen.;
AMARAL BERNARDO AMARAL, Def. gen.;
LUIS GERARDO CABRERA HERRERA, Def.
gen.; MARIO FAVRETTO, Def. gen.; JUAN
IGNACIO MURO ARÉCHIGA, Def. gen.; JAKAB
VÁRNAI, Def. gen.; SEÁN COLLINS, Segr.
gen.
– Ufficiali
HERMANN SCHALÜCK, ex Ministro generale
1991-1997, Relatore, Germania; VICENZO
BROCANELLI, Moderatore Generale per le
Missioni, Curia generale; FERNADO URIBE
ESCOBAR, Espositore e Guida, PUA; ERNEST
SIEKIERKA, Vicesegretario generale, Curia
generale; ADRIANO BUSATTO, Segretaria, Italia; GIANCARLO LATI, Economo generale,
Curia generale; GABRIEL EDUARDO GARCÍA
GONZÁLEZ, Vice-economo generale, Curia
generale; ROBERTO BAHčIč, OFM, logistica,
Curia generale; GIANNI CALIFANO, Commissione liturgica, Curia generale; JOHN ABELA,
Comunicazioni, Curia generale; PETER MICHAEL, Comunicazioni, Singapore; PATRICK
HUDSON, Interprete/Inglese, Curia generale;
STEFANO LOVATO, Interprete/Italiano, Curia
generale; CÉSAR JAVIER ORDUÑA ORTIZ, Interprete/Spagnolo, Curia generale; PHILIPPE
SCHILLINGS, Interprete/Portoghese, Curia generale; JOSEPH O’BOYLE, Interprete/Italiano,
Italia; Vittorio Viola, Gruppo Linguistico/
Italiano, Italia; SERGIO GONÇALVEZ, Gruppo
Linguistico/Portoghese, Italia.
3. Cronaca
Per condividere il cammino della grazia
delle origini, le varie esperienze e situazio-
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ni nelle diverse parti del mondo, il Ministro
generale con il suo Definitorio ha invitato i
Cardinali e Vescovi OFM ad un incontro,
che si è svolto in Assisi e a Roma dal 19 al
22 giugno 2007.
Vi hanno partecipato 5 Cardinali OFM e
il Cardinale salesiano Oscar Andrés Rodríguez Madariaga dell’Honduras, come affiliato all’Ordine, e 67 Vescovi OFM provenienti dai vari Continenti. Fra di essi vi erano Arcivescovi e Vescovi residenziali,
Vescovi titolari di Diocesi, Vicariati e Prefetture Apostoliche, e titolari emeriti. Attualmente l’Ordine dei Frati Minori conta 7
Cardinali e 108 Vescovi e Arcivescovi.
Nei primi due giorni sono state presentate la vita dei Frati Minori e le missioni “ad
gentes” nell’Ordine, per rinnovare la comunione e il senso di appartenenza dei confratelli Vescovi. Sino sono state offerte, poi, alcune riflessioni ricche di contenuti riguardanti la figura e la spiritualità del Vescovo
francescano. Fr. Hermann Schalück ha parlato sulla «Dimensione ecclesiale del carisma francescano» e il Card. Carlos Amigo
ha presentato «La spiritualità francescana
nel Ministero episcopale».
Ai contributi dei Relatori hanno fatto
seguito le riflessioni e le condivisioni dei
Cardinali e Vescovi presenti, da cui è
emerso – tra l’altro – che tutti si sentono
profondamente francescani e uniti all’Ordine, e nello stesso tempo si considerano
“Vescovi missionari”, inviati in special
modo alle chiese povere. Il Ministro generale ha sottolineato come nell’Ordine vi
siano diversi carismi e servizi, compreso
quello dell’Episcopato; ha offerto il sostegno e la collaborazione del Definitorio generale ai Fratelli nell’Episcopato; ha chiesto ai Vescovi non di fare privilegi per i
Francescani nelle loro Diocesi, ma di
«condividere il pane che hanno mangiato»
prima di divenire Vescovi, ossia lo spirito
del carisma francescano. I Vescovi, da parte loro, hanno chiesto al Definitorio di poter continuare e sviluppare il legame con
l’Ordine, di essere aiutati nella formazione del clero e nella costruzione della Chiesa locale, di facilitare il reinserimento nell’Ordine dei Fratelli Vescovi emeriti.
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L’incontro è stato, anche, segnato da un
itinerario spirituale vissuto e celebrato nei
vari luoghi più significativi. Si è iniziato
nella Basilica di Santa Maria degli Angeli,
davanti alla chiesetta della Porziuncola, dove Francesco ha scoperto la sua vocazione
evangelica e missionaria. Poi sono stati celebrati i Vespri a San Damiano dove Francesco ha ricevuto dal Crocifisso l’invito a
riparare la Chiesa. Un terzo momento è stata la celebrazione nella Basilica di Santa
Chiara, dopo una visita guidata di Assisi,
con l’incontro con le figlie di Santa Chiara,
la “pianticella” e custode fedele della dimensione contemplativa del carisma di
Francesco. A Roma i Cardinali e Vescovi
hanno celebrato insieme nella Basilica del
Laterano, Chiesa madre di tutte le Chiese, e
qui hanno rinnovato la professione francescana e hanno ricevuto dal Ministro generale la Regola di san Francesco. L’incontro ha
avuto termine nella Curia generale, Casa
madre di tutti i Frati Minori.
A conclusione dell’incontro, l’Assemblea
ha voluto indirizzare un breve messaggio a
tutti i Frati dell’Ordine e ha inviato una lettera di comunione al Sommo Pontefice.
Tutti hanno mostrato apertamente la loro
gioia e la loro gratitudine per questa iniziativa, che è stata probabilmente la prima nella
storia dell’Ordine. I confratelli Cardinali e
Vescovi hanno potuto condividere le loro
esperienze di Pastori e di Francescani; sono
stati arricchiti dalle riflessioni proposte che,
è stato detto, hanno dato parola a quanto ciascuno già sentiva o intuiva; hanno vissuto
giorni di comunione fraterna con gli animatori dell’Ordine; sono sicuramente partiti
confortati, incoraggiati e sostenuti per proseguire il loro non facile ministero pastorale.
FR. VINCENZO BROCANELLI
4. Saluto di benvenuto del Ministro generale
Assisi, 19 giugno 2007
Eminenze ed Eccellenze,
Fratelli del Definitorio,
il Signore vi dia Pace!
Nel dichiarare aperto il Convegno dei
Cardinali e dei Vescovi OFM e del Definitorio generale dò a tutti il più cordiale e caloroso benvenuto. Si tratta, infatti, di un avvenimento storico, penso che sia il primo
nell’arco degli ottocento anni del nostro Ordine. È doveroso e giusto allora, carissimi
Fratelli Cardinali e Vescovi, esprimervi la
mia più profonda e commossa gratitudine,
quella del Definitorio e dell’Ordine dei Farti Minori, per aver accolto in numero così
consistente l’invito che vi ho rivolto con la
Lettera del 6 gennaio 2007.
La vostra numerosa presenza, nonostante i molti e pressanti impegni pastorali, sta a
significare il vostro forte legame con il nostro Ordine: vi sentite parte della nostra Famiglia. Ma il vostro essere qui, credo, sia
dovuto anche all’attrattiva che suscita il
luogo scelto per il nostro stare insieme per
alcuni giorni. Assisi, infatti, è per noi «l’altare prediletto della nostra memoria e delle
nostri origini» (Doc. del Capitolo straordinario 2006, 7): qui è iniziata l’avventura
umana ed evangelica di Francesco e Chiara;
qui, per conseguenza, affondano le radici
della nostra vocazione francescana. Venire,
sostare ad Assisi è obbedire ad un comune
desiderio: “rivedere” il luogo dove si è nati!
E ritornando sul luogo delle nostre origini,
riscopriamo con stupore che siamo fratelli:
tutti proveniamo dallo stesso progetto di vita, vivere secondo la forma del santo Vangelo, rivelato dall’Altissimo a frate Francesco e da noi abbracciato nel giorno della nostra professione religiosa.
Questo «incontro di Famiglia», quindi,
proprio per i legami fraterni, che caratterizzano i nostri rapporti, vuole coinvolgervi,
Fratelli Cardinali e Vescovi, nella vita dell’Ordine, che in questo momento vive una
stagione particolare, potremo dire storica:
la nostra Fraternità si sta preparando alla celebrazione dell’ottavo centenario dell’approvazione della forma vitae da parte di Innocenzo III nel 1209. Ciò sta avvenendo attraverso un programma triennale, conosciuto come La grazia delle origini, articolato in tre tappe: discernere la volontà del
Signore (2006), che ha avuto come momento forte il Capitolo generale straordinario;
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CONVENTUS CARDINALIUM ET EPISCOPORUM OFM
osare di vivere il Vangelo (2007); celebrare
il dono della nostra vocazione (2008-2009).
Si tratta di un momento favorevole, in questa stagione della vita dell’Ordine, per riscoprire le nostre origini; ripensare con gratitudine alle meraviglie che il Signore ha
operato, dagli inizi ai nostri giorni, attraverso innumerevoli nostri Fratelli e Sorelle;
per dare un volto giovane alla nostra vita di
francescani.
Desideriamo coinvolgervi, Fratelli Cardinali e Vescovi OFM, certamente perché
fate parte della nostra Famiglia e, pertanto,
è normale che vogliate conoscere ciò che
sta accadendo nella nostra vita e nella nostra missione, ma soprattutto perché, a motivo del vostro fondamentale servizio al
«Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del
mondo», come diretti collaboratori del Papa o come Pastori della Chiesa di Dio sparsa in ogni angolo della terra, siete per noi
memoria viva della dimensione ecclesiale
della nostra vocazione e della nostra missione. E tutto ciò avviene in modo concreto
ed eloquente. Abbiamo iniziato domenica,
17 giugno, con la visita di Papa Benedetto
XVI ad Assisi con il quale abbiamo ricordato l’VIII centenario della conversione di san
Francesco. Continueremo a farne memoria
davanti al Crocifisso di San Damiano per
far risuonare nei nostri cuori l’invito: «va’,
ripara la mia casa». Insieme entreremo nella Porziuncola per riascoltare il Vangelo
della missione, dando la nostra adesione
senza riserve: «questo voglio, questo chiedo, questo bramo fare». Questo itinerario
spirituale, fortemente evocativo, “percorso” insieme a tutti i Frati del mondo nell’anno in cui poniamo dinnanzi ai nostri occhi il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, si concluderà a San Giovanni in
Laterano, in Roma, dove il signor Papa confermò il progetto di vita di Francesco e dei
suoi primi compagni, rivelatogli dal Signore e da lui scritto «con poche parole e con
semplicità».
Sì, questo «convegno di Famiglia» è un
richiamo forte a scrivere nuove pagine della nostra storia secolare «sempre sudditi e
soggetti ai piedi della santa Chiesa». Vogliamo riconfermare davanti a voi e con voi
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la fedeltà alle origini della nostra comune
vocazione. Questo ci permetterà, pur nella
diversità dei ministeri che la Chiesa ci ha
chiesto, di rendere tuttora affascinante il
volto del Poverello di Assisi, nostro Padre e
Fratello, offrendo alla Chiesa e al mondo di
oggi un servizio qualificato attraverso il
modo che san Francesco ci ha insegnato di
vivere e di annunciare il Vangelo, e di farsi
“prossimo” dell’uomo contemporaneo.
Il Signore renda liete e fruttuose queste
nostre giornate; la Vergine, «fatta Chiesa»,
ci accompagni col il suo volto materno; san
Francesco ci aiuti a fare del Vangelo la nostra «regola e vita».
Pace e bene!
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
5. Riflessioni sul carattere ecclesiale del
carisma francescano
QUESTA È LA VOSTRA VOCAZIONE
Un’osservazione preliminare
Mi rivolgo a voi, Eminenze, Eccellenze,
e soprattutto fratelli in Francesco e Chiara,
con il mio saluto di “Pace e Bene”.
La nostra Famiglia vi è riconoscente per
il servizio che prestate nella Chiesa, per
l’incoraggiamento nella fede che offrite, da
cui traggono sostegno uomini e donne di
tutti i continenti e di culture diverse. Voi
servite la Chiesa, l’unica Chiesa di Gesù
Cristo, vivendo il Vangelo allo stesso modo
in cui il Vangelo è divenuto il volto e la vita
di Francesco e Chiara. Il vostro servizio ha
un profilo spirituale e umano inconfondibile, quello donatovi dall’appartenenza alla
nostra fraternità.
In quest’oggi, in questo mondo e in questa Chiesa, molti uomini, e non solo i cristiani, sono segnati specialmente da esperienze di anonimato, solitudine, frammentazione, incapacità di costruire rapporti
fecondi e dialogici, emarginazione, potere
dei grandi sui piccoli e dei ricchi sui poveri; essi cercano un’alternativa in figure quali il nostro Francesco: vorrebbero tanto essere “visti”, riconosciuti, ascoltati con amo-
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re e rispetto; vorrebbero essere soggetti della propria storia personale e non oggetti
strumentalizzati da forze anonime, siano esse politiche, economiche o perfino di natura religiosa. Cercano forme di incontro e
spazi di vita in cui essi possano respirare liberamente e fare esperienza che la propria
storia, nonostante tutte le oscurità, è un dono ricevuto dalla mano di Dio e non un fardello. Sognano una Chiesa di libertà evangelica e di relazioni fraterne e cordiali; una
Chiesa che non riproduca semplicemente,
anche se fosse solo incoscientemente, le
esperienze di oppressione, anonimato, povertà ed esclusione che molti uomini sono
costretti a subire; una Chiesa in cui, al di là
dei limiti di natura sociale, di razza, di religione, di cultura, venga rispettata la dignità
inalienabile di ogni persona.
La Chiesa del Terzo Millennio si trova di
fronte a grandi sfide. Il suo linguaggio raggiunge il cuore dell’uomo? Parla in modo
inequivocabile del Dio della vita e della pace
proprio oggi, nel contesto odierno di innumerevoli minacce per la vita, le minacce del
Potere della morte? Davvero la Chiesa dona
agli uomini in ricerca l’esperienza di un Dio
amorevole e buono e giusto? Veramente la
nostra Chiesa è il luogo dove si fa esperienza
di Gesù Cristo Dio e si ridona agli altri questa medesima esperienza? Tutti gli uomini e
le donne che appartengono alla Famiglia spirituale di Francesco – e sicuramente non solo i Vescovi – ascoltano queste sue parole
non solo nella celletta della propria coscienza, ma anche nel contesto attuale della Chiesa universale e della società globale: «Questa è la vostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti»
(3Comp 58). Sono convinto che questa definizione data da Francesco, totalmente in linea con il discorso di Gesù nella sinagoga di
Nazaret (cf. Lc 4) possa essere per tutti noi la
chiave di comprensione della vocazione
francescana di uomini e donne, qualunque
sia la responsabilità e il servizio ecclesiale
loro affidato, in quest’oggi, all’interno della
Chiesa o della società civile o nel contesto
più ampio del mondo.
In quale modo, dunque, gli uomini e le
donne francescani danno forma e volto alla
vocazione ricevuta? Questa domanda si rivolge anche a voi, fratelli della nostra Famiglia che allo stesso tempo siete Pastori
del popolo di Dio e siete, a motivo della vostra vocazione di Pastori, chiamati in modo
speciale a dire a noi, “semplici” fratelli e sorelle di san Francesco, come il carisma francescano dovrebbe essere reso vivo nella
Chiesa oggi.
Il carattere ecclesiale del nostro carisma
In questo giorno, proprio qui ad Assisi,
desideriamo parlare e riflettere sulla ecclesialità del nostro carisma e della nostra fraternità, e condividere le nostre diverse esperienze. Secondo la mia modesta opinione,
possiamo parlare di ecclesialità con un duplice significato.
Da un lato, esiste l’ecclesialità di Francesco espressa nella sua volontà e dalla sua
vocazione ad essere parte viva e visibile
della Chiesa romana nella fedeltà e nell’obbedienza. Sappiamo che nei secoli XII e
XIII non pochi movimenti evangelici, davanti ai problemi e agli scandali esistenti in
seno alla Chiesa, hanno preferito prendere
posizione contro e fuori di essa. Sembrava
loro che la Chiesa fosse infedele al Vangelo
che volevano vivere. Francesco invece, pur
cosciente di molte debolezze, volle restare
in piena comunione con la Chiesa che, per
lui, non cessava di essere il luogo privilegiato ove risuona l’autentica Parola di Dio
e ove Gesù si manifesta nei sacramenti. In
una parola, l’aspetto ecclesiale del progetto
di vita di Francesco consiste nei seguenti
elementi: l’amore per il Vangelo e per l’Eucaristia, il rispetto per i sacerdoti e i prelati
(incluso l’appello ad essi rivolto di essere
santi!), l’attenzione per il sacramento della
penitenza, lo zelo per la «fede così come la
conserva e la insegna la santa Chiesa romana» (LegM 4,3; cf Rb 2,1) e la venerazione
per la croce del Signore nostro Gesù Cristo.
Francesco ha voluto affidare il suo Ordine alla Chiesa e da essa ricevere amore, attenzione e protezione. Di questo rapporto di
Francesco con la Chiesa visibile e istituzionale non viene descritto solo l’aspetto giuridico, bensì viene tratteggiata una relazione
affettiva profonda e un affidamento illimi-
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tato che trova particolare espressione in due
testi.
Nella Vita seconda del Celano si narra
che Francesco in sogno abbia visto se stesso come una gallina piccola e nera, che doveva custodire e proteggere molti pulcini;
ma la gallina non poteva offrire a tutti un riparo sufficiente sotto le proprie ali. Da questo sogno Francesco trasse una conseguenza molto ecclesiale: Voglio mettere me stesso e i miei fratelli sotto la protezione della
Chiesa Romana. «Andrò dunque e li raccomanderò alla santa Chiesa Romana. In tale
modo i malevoli saranno colpiti della verga
della sua potenza e i figli di Dio, ovunque,
godranno di piena libertà, a maggior beneficio della salvezza eterna» (2Cel 24).
Un’ulteriore chiara espressione di come
Francesco volesse essere con la sua fraternità parte della Chiesa istituzionale si trova
nella Regola bollata: «Ingiungo per obbedienza ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della santa Chiesa romana, il quale sia governatore, protettore e
correttore di questa fraternità, affinché sempre sudditi soggetti ai piedi della medesima
santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà, l’umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso» (Rb 12,3-4).
Esiste però anche un’altra possibilità di
riflessione sul carattere ecclesiale della vocazione francescana. Infatti, se Francesco
volle affidare se stesso e la sua fraternità,
senza limitazioni o riserva alcuna, alla
Chiesa, ai Papi, ai Vescovi, ai sacerdoti,
questo significa che la nascita e la crescita
della fraternità stessa non fu un atto gerarchico bensì un avvenimento carismatico.
Nel suo Testamento Francesco parla di
un’ispirazione e di una chiamata personali:
«Il Signore stesso mi condusse... il Signore
mi dette dei fratelli» (Test 2,14). La nascita
della prima fraternità può essere qualificata
“ecclesiogenesi”, come è del resto di ogni
odierno vero inizio carismatico, ad esempio
la fraternità di Taizé o altri movimenti spirituali moderni. Si tratta dell’opera profetica
dello Spirito che in modo sempre nuovo
unisce gli uomini nell’ascolto della Parola,
nella frazione del Pane e in un progetto di
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vita comune e solidale. Ci sono sempre stati e ci sono ancora oggi uomini e donne che
fanno esperienza di Dio in un modo del tutto nuovo, che danno nuova forma al Vangelo e alla sequela di Gesù, che fanno sempre
nuova la Chiesa incarnandola nella storia,
non da ultimo mediante una testimonianza
di vita personale e comunitaria.
Entrambi gli aspetti dell’ecclesialità
francescana, quello istituzionale e quello
carismatico che qui ho inteso presentare separatamente, fanno parte del nostro progetto di vita in una maniera dinamica che a
tutt’oggi non è senza tensione.
Ci troviamo qui al cuore dell’essere fratelli e sorelle di Francesco nella Chiesa Cattolica, e ciò, io credo, indipendentemente
del “posto di servizio” che occupiamo: osservare la povertà, l’umiltà e il santo Vangelo. A differenza di altri fondatori e movimenti, Francesco è convinto che per vivere
il santo Vangelo, per restare il più vicino
possibile alla forma di vita di Cristo povero
e umile, è proprio necessario essere “cattolici”. La Chiesa pone a nostro servizio la parola di vita, il corpo e il sangue di Cristo, la
Chiesa è il luogo d’incontro con lo Spirito,
il luogo in cui si fa esperienza dell’amore
trinitario. In essa si vive la lode e la contemplazione. Essa è allo stesso tempo assemblea e missione, memoria e profezia.
Francesco promette obbedienza alla Chiesa
perché in questo consegnare e affidare se
stesso riconosce il cammino per unirsi a
Cristo. Contemporaneamente, senza emettere giudizi né promuovere o alimentare
contese, col suo stile evangelico e con la
immediatezza della sua vocazione (espressa
sia nel “sine glossa” sia nel “Dio stesso mi
condusse”), Francesco vive una ecclesialità
“diversa” da quella feudale coinvolta nelle
crociate. Mentre riafferma senza ambiguità
il suo stretto legame con la Chiesa cattolica
romana, è cosciente di quello che all’interno della stessa Chiesa si oppone al Vangelo.
Francesco, così devoto al Papato e ai Vescovi e sacerdoti, non accetta acriticamente
le decisioni e la politica della Chiesa feudale del suo tempo. Col suo stile coerente e
pacifico, egli è capace di porre le autorità
della Chiesa a confronto con i valori del
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Vangelo: lo dimostrano i vari riferimenti alle prediche tenute davanti al Papa e ai Cardinali (cf 1Cel 73; 2Cel 25; LegM 12,7).
L’obbedienza di Francesco è un chiaro
rinvio all’obbedienza di Cristo, il quale, obbediente al Padre, si fece povero e umile
nella sua incarnazione e passione (cf 1Cel
84). Sappiamo inoltre come Francesco contempli, ammiri e adori l’umiltà di Dio nell’atto centrale e fondante della Chiesa:
l’Eucaristia (cf Am 1,16ss). Ai suoi frati dice: «Il Signore dell’universo, Dio e Figlio
di Dio, si umili a tal punto da nascondersi,
per la nostra salvezza, sotto poca apparenza
di pane. Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio…
umiliatevi anche voi, perché siate da lui
esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per
voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre» (LOrd 2,21-29).
La Chiesa – dono dello Spirito come “edificio in costruzione” (H. de Lubac)
Per la Famiglia francescano-clariana di
tutti i tempi, la Chiesa non è quindi in primo luogo un “edificio” e neppure una struttura gerarchica, bensì è uno spazio vitale di
relazioni, di comunione e di amore che ha la
sua origine nell’amore “diffusivo” del Dio
Uno e Trino che, per il soffio creativo dello
Spirito, s’incarna continuamente nella storia. Secondo una sana teologia e spiritualità
d’ispirazione francescana, il dono dello
Spirito nasce da un mistero di relazione: relazione tra le Persone divine e tra Dio e
l’uomo. Nella Chiesa non possiamo riconoscerci che come persone in relazione: con
Dio, con tutto il creato. Questa Chiesa è
sempre santa e peccatrice, con i suoi doni
perenni e le sue contraddizioni contingenti.
Essa si trova sulla scia della vocazione di
Gesù così come è definita in Lc 4: «Lo Spirito del Signore è sopra di me. Per questo mi
ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di
grazia del Signore». Recentemente ho letto
queste parole: “Non è che la Chiesa cristiana si cerchi una missione. È vero il contrario. La missione del nostro Dio si cerca, si
costruisce uno strumento, una Chiesa”. Ciò
significa che la Chiesa è essenzialmente
missione, cioè epifania della santa carità
che è in Dio. Credo dunque che non si dovrebbe dire che la Chiesa di Cristo abbia un
aspetto e un mandato missionario tra tante
altre caratteristiche e tanti altri mandati. La
sfida è assai radicale: o la Chiesa è missione o non è la Chiesa di Gesù Cristo.
È evidente che in tale prospettiva è possibile e necessario recuperare la missionarietà
del carisma francescano. Negli ultimi anni
abbiamo coniato la felice espressione: vogliamo essere una “fraternità in missione”.
Ciò significa prima di tutto, secondo
me, che al pari di Francesco e Chiara noi
dobbiamo rendere visibile nel mondo e
nell’intera creazione l’amore di Dio che
guarisce e libera. Significa anche, però,
che noi, quali membra della Chiesa, dobbiamo dare il nostro contributo affinché la
Chiesa tutta rimanga fedele alla “missio
Dei” come Gesù l’ha vissuta e l’ha lasciata quale mandato visibile nell’Eucaristia.
La Chiesa e tutte le sue “munera” non sono un fine a se stesse.
Essa è invece sacramento universale di
salvezza per tutti, affinché per suo mezzo
si realizzi il desiderio divino che è la radice più profonda dell’invio del Figlio: che
tutti gli uomini siano salvi e giungano alla
conoscenza della verità, come pure all’esperienza della vera libertà nella giustizia.
La vocazione ecclesiale di tutti i francescani, quindi anche dei “nostri” Vescovi, è
quella di mantenere viva nella Chiesa la
vocazione profetica, di mantenere sempre
aperti i cuori e le porte per il soffio dello
Spirito, di mantenere vivo in tutti “una inguaribile inquietudine”, secondo l’espressione di de Lubac, per le cose che debbono
ancora venire.
«Francesco, va’ e ripara la mia casa»:
questo significa più che altro il lasciarsi plasmare dall’azione dello Spirito che soffia
come e quando vuole; il ridonare l’esperienza dello Spirito a una Chiesa che diversamente diventa semplice pietra morta, oppure struttura monilitica senza vita; il
conformarsi all’immagine di Cristo che sulla croce, «riporta l’umanità sulla via di un
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Dio che non è realmente Dio se non essendo la comunicazione stessa», come ha detto
Gustave Martelet.
Parecchi anni fa ho scoperto un breve testo pronunciato nella Plenaria del Consiglio
Mondiale delle Chiese celebrata a Uppsala
nel 1968. Il testo è del vescovo ortodosso
Ignatios di Lattaquié e secondo me si trova
in piena sintonia con una ecclesiologia francescana :
«Senza lo Spirito Santo Dio è lontano,
Cristo resta nel passato, il Vangelo è lettera morta,
la Chiesa è una semplice organizzazione, l’autorità sarebbe dominazione,
la missione una propaganda, il culto
un’evocazione e l’agire cristiano una
morale da schiavi.
Ma con la presenza dello Spirito il cosmo è sollevato e geme nel parto del
Regno,
Cristo risorto è presente, il vangelo è potenza di vita,
la Chiesa significa la comunione trinitaria,
l’autorità è un servizio di liberazione, la
missione è una Pentecoste,
la liturgia è memoria e anticipazione,
l’agire umano è deificato».
Dimensione ecclesiale e libertà evangelica
Benché in ogni momento conservasse
saldamente la fede nella Chiesa, Francesco
ha saputo mantenersi anche sempre libero
per cercare e per consolidare la forma di vita evangelica che «lo stesso Altissimo gli rivelò che dovevo vivere» (Test 14). In questa certezza fondamentale Francesco è un
uomo sorprendentemente libero, proprio
nella sua volontà di essere parte della Chiesa istituzionale. Solo in questa prospettiva
si comprende il suo coraggio nell’assumere
una forma di vita così fuori dalle norme istituzionali vigenti da provocare un certo spavento nelle autorità ecclesiastiche del tempo, che cercarono anche di persuaderlo ad
assumere «vie più piane» (1Cel 33). Gli
suggerirono di passare ad una forma di vita
“collaudata”, ma egli rifiutò tali consigli.
Scelse la “sua” forma di vita, però chiese
per tale scelta l’approvazione della Chiesa.
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Francesco quindi non ha riprodotto semplicemente ciò che la Chiesa viveva e proponeva nella sua epoca. Re-introdusse nella
Chiesa elementi di vita evangelica. Alla ricchezza e alla stabilità istituzionale egli preferì la povertà, l’itineranza, l’insicurezza. In
un’epoca in cui la Chiesa dominava parte
del mondo ed esercitava un potere temporale forte e spesso coercitivo, Francesco desiderò di avere solo il privilegio della minorità, parlando di potere solo per dire che i
suoi fratelli non avrebbero mai dovuto esercitarlo (cf Rnb 5,9ss).
La Chiesa di quel tempo si caratterizzava per una forte istituzionalità di tipo
patriarcale. Francesco invece basò la
struttura e quindi anche il tipo “ecclesiale” del suo Ordine sulla dimensione fraterna. Nel parlare dell’autorità di Francesco, le Fonti spesso usano un linguaggio
che allude ad uno stile “materno” nella
sua relazione con i fratelli (cf. 2Cel 33).
Per di più, Francesco accompagnò l’inizio
della lunga ricerca di Chiara quando essa,
pure con grande libertà interiore, rispetto
e tenacia, dovette lottare per anni contro il
parere e contro i consigli espliciti di Papi
e Cardinali, per ottenere e per conservare
il prezioso “Privilegio della Povertà”.
Chiara ha dovuto egualmente impegnarsi
contro le voci ufficiali, per avere la sua
propria Regola, ciò che le fu concesso dopo molta fatica e lotta “rispettosa”.
Un esempio bello e pieno di umorismo,
di obbedienza e di parresia evangelica si
trova nella Vita seconda del Celano. Il vescovo di Imola non vuole concedere a Francesco il permesso di predicare che egli richiede. Il Vescovo dice: «”Basto io a predicare al mio popolo”. Frate Francesco se ne
va, ma ritorna subitamente a palazzo. Richiesto di che cosa domandasse ancora risponde: “Signore, se un padre scaccia il figlio da una porta, deve necessariamente entrare da un’altra”». Significativa la
conclusione: «Vinto dalla sua umiltà, il vescovo con volto lieto lo abbracciò, esclamando: “D’ora in poi tu e i tuoi frati predicate pure nella mia diocesi, con mio generale permesso, perché la tua santa umiltà lo
ha meritato”» (2Cel 147).
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L’obbedienza francescana non è mai cieca. Infatti nella tradizione francescana fino
ai nostri tempi è presente uno sguardo critico sulle forme effettive di realizzazione della Chiesa concreta. Il senso critico francescano deve perciò coniugarsi sempre con la
fedeltà, la pazienza e la volontà di convincere più attraverso l’esempio di vita piuttosto che con la pura retorica.
Un paradosso fecondo
Il fatto che voi, fratelli della nostra Famiglia e quindi fratelli dei poveri, e contemporaneamente Pastori della Chiesa, siete insigniti di una speciale “potestas sacra”
e dello stato gerarchico può sembrare a
qualcuno un paradosso che non può essere
vissuto senza una dicotomia interiore o addirittura una certa schizofrenia. Io non lo
vedo così. Gli incontri con i fratelli nell’episcopato sono stati per me quasi sempre
una lezione di umiltà e di minorità evangelica, più che con qualche guardiano o vicario. Tuttavia credo che la chiamata al servizio di Pastore nella Chiesa per un francescano debba essere un paradosso speciale e
tale rimanere, così come deve rimanere un
paradosso l’evidente e chiaro insegnamento
di Gesù per tutta la Chiesa, per tutti coloro
che vi esplicano un ruolo di autorità, dal Papa fino alla Madre abbadesse. «Non fatevi
chiamare maestri, perché uno solo è il vostro maestro, che è nei cieli, Cristo. Voi poi
siete tutti fratelli e sorelle» (cf. Rnb 22, 35).
Sicuramente per tutti noi – Vescovi o semplici “fratelli e sorelle di Francesco”, sacerdoti o laici, uomini o donne – questa è
un’affermazione centrale di natura ispirazionale sulla ecclesialità francescana. Francesco e Chiara hanno vissuto un nuovo modo di intendere il “governo”, e cioè in una
paradossale definizione del rapporto tra superiori e sudditi, in qualche modo quasi
asimmetrico se paragonato a modelli ecclesiastici tradizionali. In ogni caso, vi è una
corresponsabilità specifica di ciascuno verso tutti e quindi una relativizzazione delle
gerarchie secondo il Vangelo, poiché – come detto sopra – l’esempio di Gesù è l’unico valido punto di riferimento.. Non si dovrebbe dimenticare che, a quanto pare,
Francesco non avrebbe affatto desiderato
per i fratelli la chiamata a ricoprire incarichi
di governo all’interno della Chiesa. Si narra nella Vita seconda del Celano come il
card. Ugolino avesse posto una domanda a
san Francesco e a san Domenico, e cioè perché mai i loro fratelli non dovessero essere
chiamati ad occupare posti di responsabilità
e di preminenza nella Chiesa. Ugolino argomentava assai abilmente poiché, al pari
di san Francesco, si rifaceva per molti
aspetti al modello ideale della Chiesa primitiva e alla purezza fontale del Vangelo.
Così domandò: «Nella Chiesa primitiva i
pastori erano poveri e persone di carità, senza cupidigia. Perché tra i vostri frati quelli
che emergono per dottrina e buon esempio
non li facciamo vescovi e prelati?». La risposta di Francesco, e quella precedente di
Domenico, è chiarissima: «I miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori,
perché non presumano di diventare maggiori. Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà
di Cristo, per essere alla fine innalzati più
degli altri al cospetto dei Santi. Se volete
che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro
vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà. Per questo, Padre, ti prego:
affinché non siano tanto più superbi quanto
più poveri e non si mostrino arroganti verso
gli altri, non permettete in nessun modo che
ottengano cariche» (2Cel 148). In ogni caso, Francesco ha visto nell’ufficio del Vescovo la tentazione del potere e della ricchezza e quindi un reale pericolo per la “minoritas”. Di ciò si parla in modo originalissimo nel dettato Della vera e perfetta letizia (Plet). In esso vengono messe sulle
labbra di Francesco queste parole: un eventuale ingresso di tutti gli arcivescovi e vescovi e prelati della Santa Chiesa Romana
dei Paesi transalpini non sarebbe per la giovane fraternità alcun motivo di perfetta e
vera gioia, tanto meno un’eventuale crescita nel numero di professori dotti delle università di Parigi e Oxford o addirittura di
membri dei Casati regnanti. Francesco vorrebbe vedere la sua comunità fondata sulla
radicalità del Vangelo e sulla sapienza pao-
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lina della croce, e da esse custodita. La sapienza del Vangelo e della croce deve riempire tutto il mondo e ogni relazione tra gli
uomini («Riempire tutto il mondo con il
Vangelo di Cristo», 2Cel 97). Questa è in
ogni tempo la vocazione di tutte le donne e
di tutti gli uomini francescani, e anche dei
Vescovi della nostra Famiglia.
La storia della fraternità ebbe la sua propria dinamica e logica, in seguito alla quale
molti fratelli divennero Vescovi e perfino
Papi. Francesco non poté più commentare
questi eventi poiché non li visse; ma io credo che per lui sarà un motivo di gioia celestiale vedere fratelli che adempiono anche
l’ufficio di Vescovi e Pastori con la sapienza del Vangelo, con l’amore verso i poveri e
con un profondo legame di solidarietà con
tutte le creature e l’intero creato.
Questo mi porta a riflettere ulteriormente sul ruolo della spiritualità francescana all’interno di una responsabilità di governo
ecclesiale, e precisamente sul ruolo di un
Vescovo nella comunità ecclesiale.
Un servizio alla comunione
Francesco intende il servizio del governo nella comunità ecclesiale e nella fraternità dei Minori come servizio all’unità nella comunione. La lettera «a Frate Antonio,
mio Vescovo» e la lettera «a un Ministro»
costituiscono un esempio di quali “qualità”
egli vorrebbe vedere nei fratelli che hanno
in mano le redini del governo e quali servizi essi devono espletare affinché la Chiesa e
la fraternità crescano spiritualmente.
Innanzitutto voglio fare un’osservazione
alla lettera ad Antonio: perché mai lo chiama in verità “vescovo”? Si può azzardare
l’ipotesi che Francesco attribuisca o voglia
attribuire a un Vescovo, francescano o no, la
funzione che egli formula nella lettera ad
Antonio in questi termini: «A frate Antonio,
mio vescovo, frate Francesco augura salute.
Ho piacere che tu insegni la sacra teologia
ai frati, purché in tale occupazione, tu non
estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come è scritto nella Regola» (LAnt
1-2). Usando il linguaggio moderno, si può
dire: Francesco attende dal suo “vescovo”
un insegnamento di fede chiaro e intelligi-
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bile, un’animazione spirituale efficace e
competente.
La lettera è breve, troppo breve per andare oltre nell’interpretazione. Si può tuttavia analizzare lo “stile” di Antonio stesso,
soprattutto alla luce delle sue numerose prediche, e dedurne indirettamente ciò che
avrebbe potuto piacere a Francesco. Seguendo alcune osservazioni di Raul Manselli, lo stile “antoniano”, col suo costante
riferirsi alla Bibbia, faceva leva sulla chiarezza e concretezza di concetti. Antonio
amava, così dice, «l’essenzialità di espressioni rifuggenti da inutili ridondanze». Inoltre sentiva «la preoccupazione di riuscire
persuasivo e pratico». Antonio voleva sempre «coinvolgere interamente la persona», e
oltre al ragionamento anche il sentimento e
l’immaginazione. Il suo stile consiste nella
«traduzione dei dettami nel vissuto quotidiano». Per Francesco, dunque, tali qualità
erano importanti in un “vescovo”.
Come ho detto precedentemente, Francesco nutriva il più grande rispetto per il carattere gerarchico sacramentale della Chiesa e dell’episcopato. Egli però inseriva nella struttura la comprensione dedotta
dall’esempio di vita e di dedizione di Gesù:
Francesco parla volentieri del Vescovo come “padre e signore delle anime”. La Leggenda perugina fa dire a Francesco che egli
ha trovato la sua vocazione attraverso la
mediazione del Vescovo di Assisi: «Il Signore pose la sua parola sulle labbra del vescovo di Assisi, affinché mi consigliasse
saggiamente nel servizio del Cristo». In seguito a tale esperienza, egli continua a dire
di voler tenere in gran conto non solo i Vescovi, ma anche i semplici sacerdoti considerandoli suoi signori (cf CAss/Legper 58).
Il Vescovo è dunque per Francesco un garante che custodisce la fecondità spirituale
della comunità ecclesiale entro la quale
l’individuo, nell’impetuoso fiume di vita
dello Spirito Santo, trova il suo posto inconfondibile. Il Vescovo è perciò garante
dell’unità nella molteplicità e diversità, ma
anche garante della libertà evangelica, con
la quale la singola persona può riconoscere
e realizzare la sua personale vocazione. Il
carisma francescano dona alla Chiesa il mo-
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dello di un’autorità spirituale forte che, come mostra l’esempio di Francesco e di
Chiara, ha un’impronta tanto maschile
quanto femminile. Questa autorità però non
è primariamente nella linea verticale di dominio patriarcale o matriarcale; conduce
piuttosto ad una molteplicità di relazioni interpersonali, a una forma di vita familiare e
a un’esperienza di Chiesa. Nel servizio alla
comunione si compenetrano i tratti espressivi dell’autorità paterna con accenni al modo materno del prendersi cura dell’altro.
Nella “lettera a tutti fedeli”, Francesco afferma che tutti i fedeli sono figli e figlie del
Padre celeste di cui realizzano le opere. Sono anche sposi quando l’anima si unisce a
Gesù. Sono fratelli di Gesù quando fanno la
volontà del Padre. Sono madri di Gesù
quando portano Cristo nel cuore e nel corpo. In questo modo si crea una doppia relazione: in primo luogo quella familiare e fraterna dei fedeli con la Trinità come figli,
sposi, fratelli e madri; in secondo luogo
quella ugualmente familiare e fraterna con
e tra gli stessi fedeli, perché come tali sono
tutti figli e figlie dello stesso Padre e fratelli e sorelle in Gesù. Vivendo così la vocazione sotto l’impulso dello Spirito si crea
un’intima familiarità nei rapporti. Si crea, si
direbbe, una Chiesa fraterna (cf Spec 85).
Nella Regola non bollata Francesco propone un modello di vita familiare sotto l’aspetto della maternità, sottolineando in questo modo la necessità di rapporti di fiducia e
di grande sensibilità reciproca: «Con fiducia l’uno manifesti all’altro la propria necessità, perché l’altro gli trovi le cose necessarie e gliele dia. E ciascuno ami e nutra
il suo fratello, come la madre ama e nutre il
proprio figlio» (Rnb 9,10-11). L’essere fratello s’esprime per Francesco nell’amore
materno, un amore che fa nascere e crescere la vita e la nutre. Ogni fratello quindi è
chiamato a far nascere negli altri la vita dello Spirito. Ogni fratello realizza questa vocazione materna attraverso il suo inserimento nella Chiesa e nella fraternità, dando
perfino la propria vita per gli altri. Così fece anche Gesù nel lavare i piedi dei discepoli, nel dono dell’Eucaristia, nel donare la
propria vita per gli altri. La Chiesa nasce e
cresce continuamente laddove si celebra
questo mistero della vita e della fede.
Il richiamo all’essenziale
Nel brano biblico di Mc 7, 1-13 (Feria II
della V settimana per annum) si racconta della disputa tra Gesù ed alcuni “farisei e scribi”
Questi ultimi vogliono sapere perché i discepoli non si attengono più a certe “tradizioni”,
per esempio certe abluzioni rituali, lavature
di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame, ecc.
Gesù stesso risponde facendo una netta distinzione fra “precetti di uomini”, il cui scopo è la conservazione di certe tradizioni, e
“comandamento di Dio”. Alla fine rimprovera i suoi interlocutori dicendo: «Voi annullate la parola di Dio con le tradizioni che voi
stessi avente inventate e tramandate!». Nel
preparare la riflessione che oggi vi sto proponendo questo testo mi è apparso come una
interpretazione biblica del “sine glossa”. Mi
pare che con tale espressione Francesco non
esprima tanto un rifiuto, ma piuttosto mostri
un atteggiamento vitale molto positivo: nella ricerca di Dio e dei segni dello Spirito, bisogna esser liberi. Non basta “bramare sapere le sole parole”. È necessario seguire quanto dice l’Apostolo Paolo in 2 Cor 2,6 («La
lettera uccide, lo Spirito dà vita»). Altrimenti saremo «uccisi a causa della lettera» (Am
7,1.3). Sappiamo con quanto zelo e ardore
Francesco fu spinto verso ciò che gli sembrava essere l’essenziale: voleva il Vangelo
“sine glossa”. Cercava e trovava il Cristo povero e sofferente nel lebbroso. La presenza di
un sacerdote, anche quello peccatore, gli ricordava la presenza di Cristo. Nella bellezza
e varietà del creato egli sperimentava la presenza dell’«Altissimo, Onnipotente e Buon
Signore».
In sintonia con questa stessa chiave di
lettura e di interpretazione delle realtà e delle persone ecclesiali – usata da Francesco
nel suo tempo – mi sia permesso di porre
oggi una domanda non troppo speculativa:
quali caratteristiche essenziale cercherebbe
Francesco in un vescovo Francescano oggi?
Io penso che egli lo abbia già detto quando
nella Regola non bollata, citando le parole
di 1 Pt 2,25, parla della necessità di ricorrere con fiducia sempre a Cristo il Buon Pa-
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store, il quale è per sempre anche «vescovo
delle anime nostre» (Rnb 22,32). Nella
Chiesa di Cristo l’autorità è chiamata a “custodire”, a “dare spirito e vita”, a “conferma
i fratelli”, a vegliare sull’autenticità della
«comunione vitale reciproca» (Regola dell’OFS), ad aiutare nel discernimento secondo lo Spirito. Nel mondo frammentato di
oggi, in una Chiesa che soffre anch’essa le
ferite della solitudine, della mancanza di relazioni, di incomunicabilità e di assenza di
dialogo autentico, il Vescovo è per natura e
vocazione un “comunicatore”, un “pontifex”, un “moderatore” e “ispiratore”, uno
che guarda oltre le frontiere. Contrariamente alle esigenze del mondo mediatico, tuttavia, per colui chi è pastore, guida, custode e
ministro in una comunità di fede i criteri per
giudicare della qualità, delle forme, dei
contenuti, delle modalità del comunicare li
troviamo nel Vangelo, nell’esempio di Gesù
stesso, il quale in tutto ciò che fa e che dice
trasmette un senso di rispetto, di dignità, di
amore preferenziale per i piccoli e per gli
esclusi. Per Francesco, la comunicazione è
al fondo opera dello Spirito e della sua santa operazione. In essa si trasmette l’azione
di Dio Uno e Trino, e ciò non solo all’interno della Chiesa e nel circolo chiuso degli
“eletti”, ma nel seno della storia. Saper comunicare per un francescano significa in
primo luogo saper ascoltare la Parola, essere aperto allo Spirito, per poi trasmettere
spirito e vita agli altri e a tutta la creazione.
In questo senso profondo, la comunicazione è la ragion d’essere della Chiesa. Di conseguenza, la ragion d’essere di un “vescovo
e pastore delle anime”, il suo ruolo e compito essenziale, prescindendo da tutti gli altri attributi storici giuridici e le tradizioni
secondarie e forse umane e “curiali”, consiste nel “facilitare” e “garantire” una tale comunicazione umano-divina che trova la sua
espressione visibile – sacramentale – nella
comunione dei fedeli e, così speriamo, anche nella comunità fraterna della Famiglia
francescana.
Conclusioni
Nel concludere la mia riflessione e per
avviare lo scambio vicendevole successivo,
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vorrei tentare di fare alcune puntualizzazioni che allo stesso tempo vogliono essere
delle domande a tutti noi.
Ai nostri giorni, il Magistero ci chiama
tutti e tutte ad una vera inculturazione del
Vangelo e delle differenti forme di vita cristiana nelle diverse culture e nei vari contesti. Mi sembra sia questa la sfida principale: inculturazione non tanto di alcuni costumi storici ecclesiali, e neppure di
espressioni storiche del carisma Francesco
come tali, ma del Vangelo nella sua essenzialità e dei suoi valori principali, cioè della figliolanza di tutti rispetto allo stesso Padre, della fraternità, dell’amore gratuito e
appassionato per il mondo, nello spirito di
Gesù Cristo morto e risuscitato, affinché
l’essere Chiesa sia un anticipo del Regno e
della Nuova Creazione.
Dinanzi alla responsabilità propria di
tutta Famiglia francescana di “riparare la
Chiesa” di Cristo, cioè di contribuire ad una
sempre nuova “ecclesiogenesi”, noi, portatori e portatrici del carisma francescano, saremo creativamente fedeli a san Francesco
e a santa Chiara nella misura in cui
• viviamo la spiritualità e la mistica di una
Chiesa che, sull’esempio di Maria «vergine fatta Chiesa», è anzitutto il luogo
dell’ascolto incondizionato, il luogo in
cui Dio s’incarna quotidianamente e in
cui lo Spirito è la forza creativa e vivificante (cf SalV);
• mettiamo a frutto, in tutti i nostri ministeri e ruoli di servizio, la spiritualità di
obbedienza e di servizio di Gesù, di cui
parla San Paolo nella lettera ai Filippesi
(Fil 2);
• trasmettiamo una spiritualità ecclesiale
“eucaristica” che è espressione del desiderio di sperimentare Dio nella sua
umiltà, del rifiuto del dominio degli uni
sugli altri e della disponibilità di tutti e
tutte ad essere pietre vive nella Chiesa
quale tempio dello Spirito Santo (cf 1Cel
38);
• viviamo in una spiritualità di complementarietà, di mutua obbedienza, di fratellanza. Nel mio intervento nel Sinodo
sulla Vita Consacrata (1994) ho detto
che dobbiamo e vogliamo vivere la
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«uguaglianza fondamentale che unisce
tutti e tutte, chierici e laici, uomini e donne, contemplativi e attivi, in una unica
chiamata a testimoniare, come ha detto
san Francesco, il “santo amore con cui
Dio ci ha amato” (Rb 23)»;
• sapremo con sempre più “lucidità e audacia” (J. Carballo) contribuire al cammino, alla edificazione e alla purificazione e santificazione della Chiesa. E ciò
con il nostro continuo riferimento all’essenziale (“sine glossa”). Con il nostro
abbracciare i lebbrosi e gli esclusi del
nostro tempo. Con il nostro servizio per
liberare gli oppressi, sanare le ferite, siano esse corporali, spirituali e strutturali
che contrassegnano la Chiesa, la società
mondiale e tutto il creato. Con il lieto annuncio – con le parole, ma ancor più con
il nostro esempio di Chiesa serva e fraterna – che nel nostro mondo complesso,
violento, contrassegnato da tante tenebre, tanta solitudine, tante forme di incomunicabilità e tristezze, è più che mai
possibile, necessario ed urgente di parlare “francescanamente”, non per ultimo
con la testimonianza della vita personale
e di quella delle nostre comunità ecclesiali e religiose, di un Dio chi è amore,
pace, «umiltà e pazienza, gaudio e letizia» (LodAl 4.5). Non solo per noi, ma
per tutti senza distinzione.
Cari fratelli, sono consapevole che nel
voler riflettere sul carattere ecclesiale del
nostro carisma ho formulato più domande
che risposte. Sono anche convinto che le risposte di cui abbiamo bisogno, le possiamo
trovare soltanto se insieme ci poniamo in
ascolto della Croce di San Damiano, sempre con quella “inguaribile inquietudine”
nel cuore che fece dire già al nostro fratello
Francesco. “Signore, che cosa vuoi che noi
facciamo oggi?”.
Bibliografia
FR. HERMANN SCHALÜCK OFM
– Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004.
– Acta Capituli Generalis Ordinarii OFM
2003, Roma 2004.
– TH. MATURA, François d’Assise «Auteur
Spirituel», Paris 1996.
– H. SCHALÜCK, Riempire la Terra del
Vangelo di Cristo, Roma 1996.
– K. EßER, Anfänge und ursprüngliche
Zielsetzungen des Ordens der Minderbrüder, Leiden 1966.
– R. MANSELLI, San Francesco d’Assisi,
Cinisello Balsamo 2002.
6. La vita e la missione dell’Ordine
IL CAMMINO DELLA
FRATERNITÀ UNIVERSALE
1. La vita dell’Ordine
Per introdurci alla conoscenza della vita
e della missione dell’Ordine, insieme ad alcune immagini che vedremo, vorremmo offrirvi alcune semplici riflessioni che vi possano aiutare a conoscere il cammino che
tutta la Fraternità internazionale sta compiendo.
Per presentarvi da parte mia la vita dell’Ordine in questo sessennio, farò riferimento a diversi testi che ci stanno accompagnando nel percorso di approfondimento
e di verifica che abbiamo tracciato e che
stiamo già vivendo: quelli nati dal Capitolo
generale 2003 (Il Signore ti dia Pace e Seguaci di Cristo per un mondo fraterno –
Priorità 2003/2009); il sussidio che presenta il progetto per l’Ottavo centenario della
fondazione dell’Ordine, La grazia delle origini; quelli del recente Capitolo generale
straordinario del settembre 2006 (Lo strumento di lavoro del Capitolo e il documento finale Il Signore ci parla lungo il cammino). Il cammino che abbiamo iniziato è segnato poi da una parola forte che il Ministro
generale ci ha affidato e che ci ha aiutato a
meglio comprendere nei suoi contenuti
profondi: la rifondazione dell’Ordine.
Il documento finale del Capitolo generale 2003, Il Signore ti dia pace, ha rivolto ad
ogni frate un forte invito alla conversione:
«Non addomesticare le parole profetiche
del Vangelo per adattarle ad un comodo stile di vita» (2). «L’intima urgenza evangeli-
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ca del “nascere di nuovo” a livello personale ed istituzionale» (2). «Intraprendere il
cammino del discernimento evangelico:
“esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”» (7).
«In questo contesto, riconosciamo – afferma il documento finale – l’urgenza di
tornare all’essenziale della nostra esperienza di fede e della nostra spiritualità per nutrire, mediante l’offerta liberatrice del Vangelo, il nostro mondo diviso, disuguale e affamato di senso, così come fecero nel loro
tempo Francesco e Chiara d’Assisi» (2).
Per mettere in pratica questa indicazione il documento finale, ci ricorda: «Abbiamo manifestato la nostra volontà di continuare nella direzione intrapresa dalla nostra
Fraternità, così come è indicata dalle cinque
priorità dell’Ordine, perché crediamo che
queste continuino ad essere un chiave di lettura per vivere la nostra identità e per comprendere le attese del mondo» (4). Le Priorità sono dunque state riproposte e sviluppate alla luce del tema «Fraternitàin-missione». Ogni Priorità rivisitata nella
prospettiva della Fraternità, che ne è la caratteristica peculiare, e della Missione, che
ne è la ragion d’essere, indica ad ogni frate
e ad ogni entità la via da percorrere. Le
Priorità per il sessennio 2003-2009 nel sussidio Seguaci di Cristo per un mondo fraterno, ci dicono che cosa è essenziale per
noi oggi, sono una guida per vivere i valori
peculiari della nostra vita e missione nella
Chiesa e nel mondo.
In questo impegno per tornare all’essenziale, il Definitorio generale, prendendo lo
spunto dal fatto che stanno per compiersi
800 anni della Fondazione del nostro Ordine con l’approvazione da parte di Innocenzo III della Regola di vita, ha presentato a
tutta la fraternità universale, avendo come
riferimento le Priorità, il progetto La grazia
delle origini.
L’itinerario proposto è articolato in tre
tappe. Esse si propongono di accompagnarci verso un tempo favorevole per: l’ascolto,
la conversione e il discernimento evangelico (anno 2006); tradurre oggi, attraverso
opere sante, la capacità di progettare la nostra vita personale e fraterna secondo il
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Vangelo (anno 2007); lo stupore e la gratitudine nel celebrare il grande dono della nostra vocazione, perché lo restituiamo attraverso le parole e la vita (anni 2008-2009).
Il 29 ottobre 2005 a S. Maria degli Angeli, abbiamo aperto ufficialmente l’itinerario che ci condurrà a celebrare l’ottavo centenario della fondazione dell’Ordine. La
prima tappa di questo cammino ha puntato
sul tema del discernimento. Siamo stati tutti invitati a fare una analisi profonda della
situazione in cui ci troviamo, sia a livello
personale che istituzionale, per riappropriarci dei valori fondanti la nostra forma
vitae.
«Osiamo vivere il Vangelo», è il tema indicato per la seconda tappa del percorso di
preparazione al Centenario della fondazione dell’Ordine. La sfida dell’Ordine di
«osare vivere il Vangelo» collocata in questo percorso mette in stretta relazione la Regola (di cui celebriamo otto secoli) e il Vangelo. La volontà di Francesco di vivere radicalmente il Vangelo ascoltato alla Porziuncola si trasfonde nella protoregola che
sappiamo essere stata una raccolta di passi
evangelici, messi assieme per formare un
progetto di vita. Questo progetto iniziale
venne poi ripreso e integrato con altri passi
e indicazioni più particolareggiate nelle Regola non bollata e in quella Bollata.
«Restituiamo tutto al Signore con le parole e la vita»!. Così viene definita la terza
ed ultima tappa dell’itinerario celebrativo
per il centenario dell’Ordine. Nello stupore
e nella gratitudine vogliamo celebrare il dono della nostra vocazione rendendo grazie
al Signore per averci chiamato a questa vita
e, nello stesso tempo restituire, con le parole e con la vita, al mondo, alla Chiesa, ai nostri fratelli il dono ricevuto.
Discernere, progettare, celebrare e restituire sono azioni che si richiamano a vicenda e a vicenda si completano: un movimento condiziona l’altro e lo rilancia. Non
si può celebrare e restituire senza un progetto e soprattutto senza un vero e sano discernimento. Il punto di partenza di questo
itinerario poi, il discernimento, è da assumere come atteggiamento costante da parte di ogni fratello e di ogni Entità per tor-
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nare al Vangelo e alla Regola “ midollo del
Vangelo”.
È importante collocare all’interno del
cammino che tutta la Fraternità universale
sta compiendo alla riscoperta della grazia
delle origini l’esperienza del Capitolo generale straordinario che si è celebrato in Assisi
nel settembre 2006. Abbiamo praticamente
concluso la prima tappa di questo itinerario
che ci ha portato a riflettere e a compiere gesti concreti sui temi dell’ascolto, della conversione e del discernimento della volontà
del Signore per la nostra vita oggi. La seconda impegnativa tappa ci pone di fronte al
Vangelo: vogliamo e osiamo vivere il Vangelo. Desideriamo e vogliamo rinnovare la
nostra vita personale e fraterna secondo il
Vangelo, nel contesto vitale del nostro tempo. Il Capitolo generale straordinario si è
posto quindi nel mezzo di queste due tappe
e idealmente le ha congiunte: domandandoci che cosa il Signore vuole da noi oggi, ci
viene ridetto con forza che la via da percorrere resta ancora quella del Vangelo; un Vangelo da vivere nella fedeltà alla nostra vocazione e all’uomo contemporaneo.
Il Documento finale del Capitolo straordinario Il Signore ci parla lungo il cammino,
ci invita a rileggere la nostra vita alla luce
dei doni di Dio: è anzitutto alla vita che bisogna guardare, è nell’esperienza vissuta
che possiamo trovare senso e significato. Si
tratta di una attenzione alla vita ben presente anche nella nostra tradizione intellettuale
e nei grandi maestri della scuola francescana (che vengono espressamente ricordati),
ma anche di una attenzione alla vita che ha
bisogno di occhi di fede perché la nostra
esperienza possa diventare significativa per
noi. Si tratta di ritornare alla fede, al Vangelo, che è davvero il fondamento della nostra
vita, con un atteggiamento di fede sia nei
confronti di Dio che nei confronti dei nostri
fratelli, scoperti come tali proprio per fede.
La fede ci permetterà così di entrare in quella che abbiamo chiamato “la logica del dono”, che risplende nel Dio in cui crediamo:
un Dio uno e trino, che da sempre è dono di
sé, nella sua stessa vita, e che si manifesta in
pienezza nel dono del suo Figlio, Gesù, che
vive la logica del dono e che ci associa alla
sua offerta d’amore. «Solo se seguiremo le
orme del nostro Signore Gesù Cristo, della
sua vita, passione, morte e resurrezione, troveremo la forza e la lucidità per affrontare
secondo la logica del dono la realtà personale, comunitaria e sociale, sempre segnata dal
limite e dal peccato» (24).
Anche i due grandi temi della nostra vita,
la fraternità e la missione, siamo chiamati a
guardarli in questa prospettiva.
Dopo le due parti centrali del testo, la riflessione si conclude con un ultimo capitoletto che evoca il Vangelo di Emmaus (Lc
24, 13-35), motivo ricorrente della riflessione capitolare. In quel testo evangelico si riconosce la preziosa indicazione di un metodo, che è quello della condivisione nella fede: «siamo in grado di scoprire la presenza
del Signore in mezzo a noi come Via , Verità
e Vita solo quando, a partire dalla fede, riusciamo a dare ascolto a quanti vivono attorno a noi e quando riusciamo ad esprimere
ciò che ci abita dentro» (43). Così fanno i
due di Emmaus con il misterioso viandante:
come “mendicanti di senso” gli raccontano
la loro storia e le loro tristezze, sono educati a rileggere la propria esperienza alla luce
della Parola, si dichiarano nell’invito “Rimani con noi” e lo riconoscono nella comunione del pane spezzato; ed infine diventano
messaggeri, ritornando a Gerusalemme per
ascoltare e annunciare (cf. 44).
La stessa metodologia si ritrova in Francesco e nei primi compagni, come racconta
il Celano (1Cel 34), che narra che durante il
ritorno da Roma, dopo l’approvazione papale della forma di vita, essi si ponevano
molte domande e interrogativi sulla loro vita futura, e condividevano esperienze, progetti, dubbi e desideri (cf. 41). Anche per
noi la sfida è quella di «andare all’essenziale: riuscire a condividere ad un livello più
profondamente umano e cristiano. Ciò che
dobbiamo mettere in pratica in tutte le nostre Province, Conferenze e anche a livello
di Ordine, è la stessa metodologia del racconto di Emmaus» (44).
Ora vedremo dove vivono oggi nel mondo i Frati Minori e una panoramica delle diverse Entità presenti nei cinque continenti
insieme a una presentazione della vita dei
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Frati Minori proposta secondo le cinque
priorità: orazione e devozione, fraternità,
minorità – povertà, evangelizzazione e missione, formazione.
[video: dove vivono i Frati Minori e una
panoramica delle diverse Entità presenti
nei cinque continenti insieme a una presentazione della vita dei Frati Minori secondo
le cinque priorità: orazione e devozione,
fraternità, minorità – povertà, evangelizzazione e missione, formazione]
2. Le Missioni dell’Ordine
1. La vocazione francescana è missionaria
«Francesco disse: Fratelli carissimi, consideriamo la nostra vocazione. Dio, nella
sua misericordia, ci ha chiamati non solo
per la nostra salvezza, ma anche per quella
di molti altri. Andiamo dunque per il mondo, esortando tutti, con l’esempio più che
con le parole, a fare penitenza dei loro peccati e a ricordare i comandamenti di Dio»
(3Comp 36). Fin dall’inizio, Francesco aveva ordinato ai suoi compagni: «Andate, fratelli, a due a due, per la varie parti del mondo» (1Cel 29). Più tardi ricorderà ai suoi
fratelli che la loro missione è di «riempire la
terra del Vangelo di Cristo» (1Cel 97). E ormai alla fine del suo itinerario terreno,
Francesco ricorderà ancora una volta ai Frati di tutto l’Ordine: «Il Signore vi ha chiamati per essere inviati al mondo intero»
(LOrd 9).
Le missioni sono nel DNA del nostro carisma, sono il cuore della vita francescana, e
sono state sempre la dimensione che ha fatto fiorire il Francescanesimo. Anche oggi
l’Ordine ci ricorda che noi siamo una Fraternità-in-missione.
2. Le Missioni presenti nell’Ordine
Le missioni “ad gentes” in particolare
sono presenti anche oggi nell’Ordine, e, a
livello istituzionale, si possono distinguere
in tre tipi.
1. Missioni provinciali: presenze missionarie tra gli indigeni delle varie Province in
269
Messico, le fondazioni missionarie di altre
Province, come l’ Angola (Africa) fondazione della Provincia dell’Immacolata Concezione in Brasile, Sri Lanka (Asia) fondazione delle Filippine; e poi le Custodie dipendenti: in Africa, le Custodie di
Zimbabwe della Provincia dell’Irlanda e
Guinea Bissau della Provincia Veneta (Italia); in Asia, le Custodie di Singapore e Malesia della Provincia dell’Australia, Papua
occidentale dell’Indonesia; la Custodia del
Caribe della Provincia di Cantabria, quella
del Sacro Cuore di Gesù in Brasile della
Provincia di Napoli, la Custodia in Paraguay della Provincia basca di Aranzazu, la
Custodia di S. Giuseppe in Amazzonia della Provincia di S. Francesco Solano in Peru,
la Custodia del Venezuela della Provincia di
Compostella.
2. Missioni interprovinciali: fondazioni
missionarie in America Latina, come Haiti,
che è una missione della Provincia del Centro America con la partecipazione della
Conferenza, e la fraternità missionaria di
Roraima, nell’Amazzonia brasiliana, costituita da Frati di Province diverse, e poi la
Fondazione missionaria in Congo-Brazzaville (Africa) della Conferenza italiana
COMPI.
3. Missioni della Fraternità universale
(Ordine): fondazioni missionarie legate direttamente al Ministro generale tra le religioni orientali (Cina, Thailandia, Myanmar
e la fraternità internazionale a Istanbul),
nelle regioni della Chiesa Ortodossa (Russia e Kazakhstan), tra le culture africane
(progetto Africa ora diventato una Provincia ma sempre sostenuta dai missionari,
Mozambico, Centroafrica, Sudan, Federazione francescana in Marocco), e soprattutto nella Terra Santa, la missione più antica
dell’Ordine. In fine la fraternità missionaria
europea iniziata questo anno a Palestrina.
Tutte queste missioni dell’Ordine rivestono oggi un’importanza particolare, poiché esse sono:
• una “chance”, una possibilità in più per
le Province, soprattutto per quelle che
non hanno più una missione in proprio;
• un’occasione privilegiata per collaborare con la fraternità universale e i suoi bi-
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sogni;
• una maniera di vivere l’internazionalità;
• la realizzazione della missione francescana come è intesa dall’Ordine: fraternità internazionali e interculturali, Implantatio Ordinis, inserimento tra il popolo, inculturazione del Vangelo e del
carisma francescano, servizio alla chiesa
locale , strutture semplici e flessibili, con
qualche accentuazione particolare (presenza silenziosa, ecumenismo, dialogo
interreligioso, inculturazione, servizio ai
poveri....).
3. I Vicariati Apostolici affidati all’Ordine.
La Chiesa ha affidato alle cure del nostro
Ordine 11 Vicariati Apostolici – 8 in America Latina, 2 in Libya e 1 in Siria – insieme
alla Prefettura Apostolica di Galàpagos
(Ecuador) e alla Prelatura del Nayar (Messico). In queste 13 Circoscrizioni ecclesiastiche speciali abbiamo 12 Vescovi francescani e circa 118 Frati missionari. Nel settembre 2006 si è avuto il primo incontro
nella Curia generale a Roma tra tutti i Vicari Apostolici, i Provinciali interessati e il
Definitorio generale per una migliore conoscenza reciproca e delle varie situazioni, e
per rinnovare la collaborazione a vari livelli. Al termine sono stati approvati alcuni
orientamenti di azione per il futuro e l’impegno a celebrare un altro incontro alla fine
del 2008, invitando anche altre “chiese povere” affidate all’Ordine. In queste realtà
noi viviamo la “aedificatio Ecclesiae”, insieme alla “Plantatio Ordinis” dove è possibile.
4. Quale futuro per le missioni francescane?
L’impegno nelle missioni “ad gentes” è
la risposta ad una vocazione particolare del
Signore, è quindi anzitutto essenziale sensibilizzare i giovani Frati e coltivare tali vocazioni che, grazie a Dio, non mancano nell’Ordine. Molti giovani hanno nel cuore il
desiderio donarsi totalmente all’annuncio
del Vangelo laddove il Cristo non è ancora
conosciuto o accettato.
In secondo luogo è molto importante
preparare, formare, i nuovi missionari, già
durante le tappe della formazione iniziale, e
più particolarmente prima della partenza in
missione. Per questa preparazione immediata abbiamo la fraternità internazionale “Notre Dame des Nations” a Bruxelles, dove
ogni anno si formano per tre mesi due gruppi di missionari (anglofoni e francofoni) appartenenti ai tre Ordini francescani (Frati Minori, Conventuali, Cappuccini). Stanno nascendo altri due progetti – che speriamo si
possano presto realizzare – di formazione dei
missionari per tutta la famiglia francescana
in Asia e in America Latina.
In terzo luogo stiamo incoraggiando le
giovani Entità dell’Africa e dell’Asia a diventare missionarie, soggetti protagonisti di
missione, e già la Provincia del Sud Africa
ha aperto una missione in Namibia, la Provincia del Verbo Incarnato ha aperto un’altra missione in Burkina Faso e ne sta preparando un’altra in Ghana, la Conferenza dell’Asia orientale (EAC) si sta impegnando
per sostenere la Fondazione in Myanmar. Il
futuro delle missioni è affidato anche ai
Frati dell’Africa, in quanto primi missionari per l’Africa, e ai Frati dell’Asia, primi
missionari per il loro Continente.
Ora vedremo una panoramica delle nostre presenze missionarie nel mondo organizzate per temi e contesti culturali e religiosi: L’Evangelizzazione francescana tra
le culture e le religioni nel mondo.
[video: panoramica delle nostre presenze missionarie nel mondo organizzate per
temi e contesti culturali e religiosi: L’Evangelizzazione francescana tra le culture e le
religioni nel mondo]
FR. FRANCESCO BRAVI
FR. VINCENZO BROCANELLI
7. Espiritualidad del Obispo franciscano
La relación entre la espiritualidad episcopal y el ministerio evangelizador es tan
indiscutible como necesaria. Sit amoris officium pascere dominicum gregem, en palabras de San Agustín. Cristo es la fuente. Y
el obispo tiene que renovar y profundizar
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continuamente la conciencia de ser, ante todo, ministro de Jesucristo.
En el Sínodo sobre la vida y ministerio
del obispo, se resaltó la necesidad e importancia de una vida espiritual acorde con el
ministerio episcopal, «en sintonía con las
exigencias de la vida de la Iglesia y la llamada del Espíritu Santo, que en estos años
ha recordado a todos la primacía de la gracia, la gran exigencia de espiritualidad y la
urgencia de testimoniar la santidad» (PG
12). Los resultados de nuestra acción pastoral no van a llegar tanto desde nuestra capacidad de hacer y programar, cuanto del
aliento del Espíritu que nos acompaña.
Como si de una extraña contradicción se
tratara, no es infrecuente que se nos pregunte: ¿Puede compaginarse el ser franciscano y obispo? No cabe duda de que la imagen del obispo se percibe un tanto distorsionada, por la apariencia de un supuesto
boato, que no por la realidad de una vida
sencilla. Se ve al prelado como un señor importante, rico e influyente. No vendría mal
recordar aquí las palabras del bienaventurado Padre san Francisco: «amonesto y exhorto que no desprecien ni juzguen a los
hombres que ven vestidos de telas suaves y
de colores, usar manjares y bebidas delicadas, sino más bien que cada uno se juzgue y
desprecie a sí mismo» (2R II, 17).
1. Espiritualidad
El Espíritu del Señor está sobre mí (cf Lc
4,18), dice el obispo convencido del don
que ha recibido en el sacramento del Orden.
Ha sido llamado y consagrado, enviado en
misión. «El Espíritu del Señor se manifiesta como fuente de santidad y llamada a la
santificación» (PDV 19). El Espíritu nos
conforma con Cristo Jesús y nos hace partícipes de su vida. Es la vida espiritual, el camino hacia la santidad (cf PdV 20).
La espiritualidad es una manifestación
del Espíritu en sus dones y carismas, en
pensamientos y conducta, en la forma de vivir, en el testimonio, en la relación con
Dios, con el mundo y con las personas. En
la espiritualidad del obispo se han de unir la
Veritatis splendor y el officíum amoris. Sin
olvidar el pascere dominicum gregem, que
271
es algo esencial de la vida episcopal. Y si el
obispo es franciscano, la vida tendrá que
manifestarse con Gaudium et spes, pues es
manera de alabar y de reconocer la bondad
del Altísimo sumo Bien.
1. Dios, el comienzo y el final
La vida espiritual se identifica con la
santidad, con el deseo sincero de santidad,
de estar cerca de Dios. Juan Pablo II, en la
exhortación Novo millennio ineunte, dice
que la santidad debe ser entendida en su
sentido fundamental de pertenecer a Aquél
que por excelencia es el Santo. Los caminos
de la santidad son múltiples y adecuados a
la vocación de cada uno. Es como el “alto
grado” de la vida cristiana ordinaria (cf
NMI 30-31).
«Y nosotros hemos conocido el amor
que Dios nos tiene, y hemos creído. Dios es
Amor y quien permanece en el amor, permanece en Dios y Dios en él» (1Jn 4, 16).
«Porque el amor de Cristo nos apremia al
pensar que, si uno murió por todos, todos
por tanto murieron. Y murió por todos, para
que ya no vivan para sí los que viven, sino
para aquel que murió y resucitó por ellos»
(2Cor 5, 14-15). Esta es la razón y el fundamento de la espiritualidad episcopal: el sincero y auténtico deseo de vivir el amor de
Dios manifestado en Jesucristo.
2. Configurados con Cristo
La forma vitae propia del obispo se expresa en una definida configuración con Jesucristo, y con el ministerio propiamente
episcopal. Identidad y ministerio perfectamente unidos y armonizados. De este modo, la vida espiritual del obispo queda «definida por aquellas actitudes y comportamientos que son propios de Jesucristo»
(PdV 21). Don total de sí mismo y una entrega incondicional a la Iglesia, lo cual anima y vivifica más la misma existencia episcopal.
Dejándose llevar por la palabra de Dios,
que le guía e interpela, hará de la caridad,
con Dios y el servicio de la Iglesia, tarea
permanente e inexcusable. Kerigma, celebración de los misterios del Señor, diaconía,
evangelización y testimonio, serán, al mis-
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mo tiempo, fuente, vida y expresión de espiritualidad.
3. Escondidos con Cristo en Dios
Entendida como una forma de vivir, la
espiritualidad se manifiesta en un comportamiento adecuado y en la búsqueda sincera del “rostro de Dios”, en la perfección en
la caridad según el itinerario evangélico y la
unión contemplativa con el misterio trinitario. Es la vida escondida con Cristo en Dios
(Col 3,3), a la que nos lleva el Espíritu, pues
el amor de Dios se ha derramado en nuestros corazones por el Espíritu Santo que se
nos ha dado (cf Rm 5,5).
La caridad pastoral, el offícium amoris,
es el principio interior y dinámico capaz de
unificar las múltiples y diversas actividades
del obispo, es lo que “da vida” al ministerio.
Es el amor tal como se vive en la Iglesia,
verdadera amistad sobrenatural y signo de
comunión con Dios y con el prójimo. Opción fundamental y alma del ministerio.
Identificación con Cristo en sus actitudes y
comportamientos.
2. Espiritualidad franciscana
San Pablo les había dicho a los tesalonicenses: examinadlo todo y quedaos con lo
bueno (cf 1Ts 5,21). Dios quiso que San
Francisco así lo hiciera: se ha quedado con
lo más bueno y santo, con Dios, y después
contempla la huella de la bondad de Dios en
todas las cosas.
Todo lo que Dios hace es bueno, tanto en
su origen como en la finalidad última. Porque
todo fue creado en el Verbo. La oración hace
vida este convencimiento. Lleva al alma de
las cosas. Descubre en ellas la imagen de
Dios. Son los gestos sacramentales de Dios.
Un gran don para los hermanos el llegar
a descubrir ese espíritu vivo del Señor; espíritu de la santa oración (cf 2R 5,2), ocuparse en él continuamente (cf 1R 7,12) y
guardarse muy bien de apartar del Señor la
mente (1R 22,25).
Vivir espiritualmente no es evasión de la
realidad del estar en el mundo y con los
hombres, sino de tener el espíritu del Señor
y llevar en el comportamiento la sabiduría
de su santa operación.
1. Admiración contemplativa
La vida del hermano menor es el Evangelio. No solamente practicar el Evangelio,
sino adherirse a él de tal modo que informe
y penetre todas las actitudes, comportamientos, esperanzas y trabajos.
En el Evangelio está Cristo pobre y crucificado. La oración se hace pobreza en la
contemplación de Cristo pobre y, en la medida que se acoge al pobre, el hermano se
acerca a Cristo, llega a Dios. El hombre, sobre todo el hombre-pobre, ha sido un sacramento de la cercanía de Dios.
Igual que San Buenaventura hablara del
“maestro interior” que lleva al conocimiento y a la proximidad de Dios, los leprosos,
que viven en pobreza, serán los “maestros
exteriores” que acercan a Dios.
Si por encima de cualquier otro deseo, los
hermanos deben tener el espíritu de oración
(cf 2R 10,9; 1R 17,14), ello es debido a que
esta es su vocación, la que el Señor les ha manifestado. El Señor me reveló, podría decir
San Francisco, que los hermanos, compungidos de corazón (conversión), con alma pura
(don de la santa intención) adoren y alaben a
Dios en todo tiempo (contemplación).
En la oración franciscana no hay temor
alguno acerca de la eficacia de la súplica.
Será escuchada, pues el deseo de alabanza a
Dios se hace misterio de comunión con Jesucristo. En Jesucristo está la seguridad y la
confianza. Dios es el Altísimo Bien. Adorar
es confundirse en El. Dios es el sumo Bien.
Amar es gozar en su amor.
Dios es el único Bien. No hay lugar en el
corazón del hermano que no sea para Dios.
Dios es Dios. Este es el gran misterio que ha
comprendido Francisco. Y «bienaventurado
el siervo que guarda en su corazón los secretos del Señor» (Adm 28,1-3).
La presencia intemporal y omnipresente
de Dios garantiza el que se pueda orar siempre, en cualquier forma, con silencio y quietud o saltando por los caminos, en la solemnidad de la liturgia o imitando el cantar de
los pajarillos, estar y callar, sentir, llorar...
Vacío, como pobre, y lleno de la riqueza de
la palabra de Dios.
¿Cómo hacer oración? En espíritu y en
verdad. No puede ser de otro modo, ni hay
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otro método en la oración franciscana. Es
alabanza, gratitud, contemplación de Dios
por Él mismo. Contemplar las huellas del
Señor Jesucristo. Es el camino de la oración
franciscana. Es oración de Evangelio, de
gozosa noticia de salvación, llena de afecto
y espontaneidad, porque la alabanza y la
gratitud brotan por doquier en la experiencia del amor de Dios que se siente y se vive
en el misterio de Cristo, presencia de Dios
y Señor de todo.
Más que espontánea, la oración de Francisco es creativa, vivencial. No expresa lo
que se le ocurre, sino lo que vive. No discurre y razona, sino que estalla, interior y exteriormente, con todo el amor que lleva
dentro. Es estar con Dios. De cualquier modo. En las más diversas posturas. Cantando
o en silencio. Pero siempre al lado, metido
en Dios. «Porque donde hay quietud y meditación, allí no hay ni preocupación ni disipación» (Ad 27,4).
2. Identificado con el Evangelio
¡Esto es lo que quiero, esto es lo que busco (cf 1C 22)! Francisco ha leído el Evangelio (cf Mt 10,7-10). Y lo acepta. Lo mete
en su vida. Porque el Altísimo le ha revelado que debe vivir según esta regla: la del
santo Evangelio (Test 14).
El Evangelio es para los hermanos. Como los sacramentos, como la Iglesia. Hace
fraternidad. Rompe la contradicción, el
equívoco y la distancia entre el hombre lleno de aspiraciones y la humanidad acogedora de Dios en Jesucristo. Más que exigencia, el Evangelio es oferta gozosa de pobreza, de envío, de itinerancia para
encontrarse con todos los hombres del mundo y hablarles de paz.
Francisco recibe el Evangelio como un
sacramento: con veneración, casi mágica
del signo externo -¡el libro de los Evangelios!-, con fe y acatamiento. Más que escuchando, dejándose llenar, empapándose
de una admiración que le quema y le penetra hasta los huesos y le enciende en
amor y en deseo de comunicación, de hacer partícipe a todos los hombres, y a todos los mundos, de su arrebato, de su profundo y gozoso convencimiento. El Evan-
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gelio no es simple doctrina, es presencia
viva de Jesucristo.
3. La vida de la fraternidad
Los regalos más grandes que Dios le había hecho con Francisco, eran el de la gracia de hacer penitencia, el vivir según la forma del santo Evangelio y el don de los hermanos. Efectivamente, los hermanos eran
don de Dios y expresión del amor del Señor
Altísimo. Criterio para discernir si se tiene
el espíritu del Señor, es el reconocimiento
sincero de que todo bien llega a Dios y que
el hermano es el servidor de todos (cf Adm
12). En este convencimiento -los hermanos
son un don de Dios- se funda la fraternidad.
Hombres débiles y hasta pecadores, pero
que vienen como regalo de Dios.
Los hermanos viven en fraternidad, como
signo del mandato de Cristo, y como anuncio
profético de un mundo y de una vida definitivamente nuevos. El motivo por el cual se
han ido agregando los hermanos a la fraternidad no es otro que el llevar una vida según
el Evangelio. No hay otra motivación ni más
finalidad. Se busca el tener el espíritu del Señor y su santa operación. No es un simple encuentro de personas, sino de creyentes en el
Señor Jesús. La comunión entre los hermanos se realiza siempre en clave de Evangelio.
La fraternidad se construye, se edifica
cada día. Cada vez más unidos. Cada día
más hermanos. Pero bien entendido que si
mañana se sienten más cerca unos de otros,
si viven más felices en comunidad de vida,
no es porque hayan superado etapas de desconocimiento mutuo, o porque se hayan
compenetrado mejor, sino porque Dios les
ha dado la gracia de la fraternidad, el don de
ser cada día más hermanos. «Después que
el Señor me dio hermanos, nadie me mostraba lo que debía hacer, sino que el mismo
Altísimo me reveló que debía vivir según la
forma del santo Evangelio» (Test 14).
Este es el método de Francisco para
construir, para edificar la fraternidad: vivir
según la forma del santo Evangelio.
4. La pobreza, sacramento franciscano
Al contemplar la pobreza desde san
Francisco de Asís, hay que hacerlo con sua-
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vidad, casi acariciando las palabras, pues es
tan exigente, tan radical, tan comprometido
su mensaje, que si no se ama, se rompe. Y lo
que fue amor se convierte en ironía y en sarcasmo. Y el que se hizo pobre se trasforma
en líder de no se sabe qué revolución. Y la
pobreza en una ideología o en un juego intelectual. Y, lo que fue un valiente desafío
contra la miseria se reduce a un idílico poema en el que los hambrientos se alimentan
con el color de las flores...
La pobreza es el sacramento de Francisco. El signo de mayor contenido espiritual en
la vida franciscana. El desapropio total se
convierte en profecía de salvación para los
pobres, a quienes libera de la indignidad reivindicando para ellos el amor de Jesucristo.
Para ser testigo de la pobreza hay que ser
pobre. Y vivir como pobre. Tener el espíritu del Señor y su santa operación es estar en
condición de disponibilidad permanente y
total desasimiento, pues solamente de esa
manera se podrá orar con la oración de Cristo, fiel al Padre y respuesta existencial a la
voluntad divina.
3. La espiritualidad del obispo franciscano
Pedro Bernardone emplaza a su hijo para comparecer ante el obispo de la ciudad
(cf 1C 14). En presencia del obispo, Francisco se quita los vestidos y se los entrega a
su padre. El obispo recoge a Francisco y lo
cubre con su manto (cf TC 18,20).
Francisco venera a los obispos. Pero
cuando le hablan de la posibilidad de que
sus frailes puedan ser elegidos obispos,
Francisco se niega (2C 148). Quizá la imagen de poder que representaba el obispo le
parecía incompatible con la minoridad de
los hermanos.
Estimo que será un buen camino, para
comprender la espiritualidad del obispo
franciscano, el leer el capítulo segundo de
la exhortación Pastores gregis (nn. 11-25).
sobre la vida espiritual del obispo, pero teniendo, delante el corazón, el espíritu y los
escritos del padre san Francisco.
1. Hombre de Dios
En el rostro del Obispo los fieles han de
contemplar las Bienaventuranzas, que son
como un autorretrato de Cristo: el rostro de
la pobreza, de la mansedumbre y de la pasión por la justicia; el rostro misericordioso
del Padre y del hombre pacífico y pacificador; el rostro de la pureza de quien pone su
atención constante y únicamente en Dios.
Los fieles han de poder ver también en su
Obispo el rostro de quien vive la compasión
de Jesús con los afligidos y el rostro lleno
de fortaleza y gozo interior de quien es perseguido a causa de la verdad del Evangelio
(cf PG 18).
En definitiva, el obispo es un hombre de
Dios. El que ora e intercede por el pueblo
que se le ha encomendado. Una oración inconfundiblemente apostólica (cf PG 33).
Ora con su pueblo y por su pueblo.
Como escribe san Francisco: «ninguna
otra cosa deseemos, ninguna otra queramos, ninguna otra nos plazca y deleite, sino
nuestro Creador y Redentor y Salvador, el
solo verdadero Dios, que es pleno bien, todo bien, total bien, verdadero y sumo bien»
(1R 23,9-12). El que está con Dios, cerca de
Dios, también está con el bien, cerca del
bien. Reconocer el bien no es presunción,
sino fe. No es engreimiento, sino aceptar
con humildad. No es vana complacencia, sino estímulo para el enriquecimiento de los
demás.
Como un proyecto de vida episcopal podían tomarse la palabras de la Paráfrasis del
Padrenuestro: «Hágase tu voluntad en la
tierra como en el cielo: para que te amemos
con todo el corazón, pensando siempre en
ti; con toda el alma, deseándote siempre a ti;
con toda la mente, dirigiendo todas nuestras
intenciones a ti, buscando en todo tu honor;
y con todas nuestras fuerzas, gastando todas
nuestras fuerzas y los sentidos del alma y
del cuerpo en servicio de tu amor y no en
otra cosa; y para que amemos a nuestro prójimo como a nosotros mismos, atrayéndolos
a todos a tu amor según nuestras fuerzas,
alegrándonos del bien de los otros como del
nuestro y compadeciéndolos en sus males y
no dando a nadie ocasión alguna de tropiezo» (ParPN 5).
La fe en Dios se hace vida y empapa toda la existencia, sin apartar del Señor nuestra mente y corazón, para servir, amar, hon-
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rar y adorar con corazón limpio y mente pura... (1R 22,25-38).
2. Compartir la vida con Cristo siervo y pobre
Tiene el obispo que «adoptar un estilo de
vida que imite la kenosis de Cristo siervo,
pobre y humilde, de manera que el ejercicio
de su ministerio pastoral sea un reflejo coherente de Jesús, Siervo de Dios, y lo lleve
a ser, como Él, cercano a todos, desde el
más grande al más pequeño» (PG 11).
«El Obispo participa, como todo cristiano, de la espiritualidad que se arraiga en la
incorporación a Cristo y se manifiesta en su
seguimiento según el Evangelio» (PG 13).
«Esta participación, que es comunión de
sentimientos y deseos con Él, es también
una exigencia inherente a la participación
en su misma misión» (PG 11).
Por tanto, el Obispo, que quiere ser auténtico testigo y ministro del Evangelio de
la esperanza, ha de ser vir pauper. Lo exige
el testimonio que debe dar de Cristo pobre;
lo exige también la solicitud de la Iglesia
para con los pobres, por los cuales se debe
hacer una opción preferencial. La opción
del Obispo de vivir el propio ministerio en
la pobreza contribuye decididamente a hacer de la Iglesia la “casa de los pobres” (cf
PG 20). Procurator pauperum ha sido un
honroso título que siempre se ha aplicado a
los obispos (cf PG 20).
Francisco quiere seguir las huellas de Jesucristo. No hay potestad ni revolución ideológica, ni contestación, ni huida. Es kenosis, como la de Cristo. Consagración al
Dios Altísimo. «Yo, el hermano Francisco,
el pequeñuelo, quiero seguir la vida y pobreza del altísimo Señor nuestro Jesucristo»
(UltVol 1). El desapropio no consistía únicamente en dejarlo todo, ni darlo todo, sino
salir de la propia casa, de sí mismo, para seguir fielmente a Cristo.
A su deseo de imitar a Jesucristo va unido
el de ser como los demás pobres. Todavía
más pobre que ninguno, no por orgullo de ser
el último, sino con la obligación de tener que
servir más. Si los leprosos pasan necesidad, él
saldrá a pedir limosna para ellos (cf 1R 8,10).
Sin avergonzarse, porque el Señor también se
hizo pobre por nosotros (cf 2R 6,3).
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Junto a Cristo, María, la Mujer hecha
Iglesia. La Madre de la esperanza y maestra
de vida espiritual (cf PG 14). San Francisco
canta de esta manera: «Salve, Señora, santa
Reina, santa Madre de Dios, María, que
eres virgen hecha Iglesia y elegida por el
santísimo Padre del cielo, a la cual consagró
Él con su santísimo amado Hijo y el Espíritu Santo Paráclito, en la cual estuvo y está
toda la plenitud de la gracia y todo bien»
(SalVM 1-6).
3. Ungido por la Palabra
«Así pues, tendrá siempre presente aquella conocida exhortación de san Jerónimo,
citada por el Concilio Vaticano II: “Desconocer la Escritura es desconocer a Cristo”.
En efecto, no hay primacía de la santidad sin
escucha de la Palabra de Dios, que es guía y
alimento de la santidad» (PG 15).
Las dos actividades más propias del
Obispo son las de aprender de Dios, leyendo las Escrituras, y la de enseñar al pueblo.
En todo caso, que el Obispo enseñe lo que
él mismo ha aprendido de Dios (cf PG 15).
La palabra de Dios tiene que ser objeto
de la máxima veneración. Por eso, decía san
Francisco: «amonesto a todos mis hermanos y los animo en Cristo para que, en cualquier parte en que encuentren palabras divinas escritas, las veneren como puedan»
(CtaO 35-37).
Así lo comprendía Francisco: «Nadie me
enseñaba qué debería hacer, sino que el Altísimo mismo me reveló que debería vivir
según la forma del santo Evangelio. Y yo
hice que se escribiera en pocas palabras y
sencillamente, y el Señor Papa me lo confirmó» (Test 41-42). Por tanto, «retengamos
las palabras, la vida y la doctrina y el santo
Evangelio de aquel que se dignó rogar por
nosotros a su Padre» (1R 22,41-42).
4. En la vida de la Iglesia
La espiritualidad del Obispo es una espiritualidad eclesial, porque todo en su vida
se orienta a la edificación de la Santa Iglesia
(cf PG 11). Una santidad vivida con el pueblo y por el pueblo. En el ministerio apostólico, el Obispo debe encontrar «los recursos
espirituales que lo hagan crecer en la santi-
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dad y le permitan descubrir la acción del
Espíritu Santo en el Pueblo de Dios confiado a sus cuidados pastorales» (PG 13).
«Siempre sumisos y sujetos a los pies de
la santa Iglesia católica». Estas palabras de
la Regla que escribiera Francisco de Asís
han ido resonando a lo largo del tiempo, no
solo como una declaración de fidelidad, sino como la expresión más sincera de un
profundo y reconocido amor a la presencia
del Señor en la Iglesia.
Con la fe de la Iglesia: «Y los ministros
examínenlos diligentemente de la fe católica y de los sacramentos de la Iglesia. Y si
creen todo esto y quieren confesarlo fielmente y guardarlo firmemente hasta el fin»
(2R 3,2-3). Y en obediencia al Papa: «El
hermano Francisco y todo el que sea en el
futuro cabeza de esta religión, prometa obediencia y reverencia al Señor papa Inocencio y a sus sucesores» (1R 3,3).
La comunión en la Iglesia se expresa de
modo admirable en el misterio de la Eucaristía, centro, también, de la vida y misión
del obispo (PG 16). Al celebrar el misterio
de la eucaristía, la fraternidad proclama,
también, su comunión de amor fraterno y
los hermanos se recuerdan mutuamente que
la razón de su vivir, en unión de fraternidad,
es el Señor.
Así se expresaba San Francisco: «Lo
único que veo corporalmente en este mundo
del Altísimo Hijo de Dios es su santísimo
cuerpo, su santísima sangre» (Test 10). Es la
permanencia continua del misterio de la Encarnación, del abajamiento del Señor Jesús
y de la revelación permanente del misterio
del amor de Dios.
5. La caridad pastoral
«La caridad es como el alma del ministerio del Obispo, el cual se ve implicado en
un proceso de pro-existencia pastoral, que
le impulsa a vivir en el don cotidiano de sí
para el Padre y para los hermanos como
Cristo, el Buen Pastor» (PG 11). «Si el oficio episcopal no se apoya en el testimonio
de santidad manifestado en la caridad pastoral, en la humildad y en la sencillez de
vida, acaba por reducirse a un papel casi
exclusivamente funcional y pierde fatal-
mente credibilidad ante el clero y los fieles» (PG 11).
Un texto admirable y ejemplar del bienaventurado Francisco: «Y quiero conocer
en esto si tú amas al Señor y a mí, su servidor y el tuyo, a saber, si te conduces de esta
manera: que no haya hermano en el mundo
que haya pecado cuanto pueda pecar y que,
después de haber visto tus ojos, jamás se
aparte de ti sin tu perdón, si te lo pide; y si
no te pide el perdón, pregúntale si quiere el
perdón. Y si después volviera a pecar mil
veces en tu presencia, ámalo más que a mí,
para atraerlo al Señor» (CtaM 9-10).
La unión, la comunión entre los hermanos tiene unos lazos muy sólidos y profundos. No son vínculos meramente jurídicos.
Es el amor de Dios el que los une para formar esa fraternidad evangélica: «Y ningún
hermano haga mal o hable mal al otro; sino,
más bien, por la caridad del Espíritu, sírvanse y obedézcanse voluntariamente los
unos a los otros, y ésta es la verdadera y
santa obediencia de nuestro Señor Jesucristo» (1R 5,13-15). «Y confiadamente manifieste el uno al otro su necesidad, para que
le encuentre lo necesario y se lo suministre.
Y cada uno ame y cuide a su hermano, como la madre ama y cuida a su hijo, en las
cosas para las que Dios le dé su gracia. Y el
que no come, no juzgue al que come» (1R
9,10-12). «Si alguno de los hermanos, dondequiera que esté, cayera enfermo, los otros
hermanos no lo abandonen, sino designen a
uno o más hermanos, si fuera necesario, que
le sirvan como querrían ellos ser servidos»
(1R 10,1). «Y deben gozarse cuando conviven con personas de baja condición y despreciadas, con pobres y débiles y enfermos
y leprosos y los mendigos de los caminos»
(1R 9, 2).
Esta es la caridad pastoral del obispo
franciscano.
6. Santificarse y santificar
«Debe ser santo porque tiene que servir a
la Iglesia como maestro, santificador y
guía» (PG 13). «El Obispo está llamado a
santificarse y a santificar sobre todo en el
ejercicio de su ministerio, visto como la
imitación de la caridad del Buen Pastor, te-
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niendo como principio unificador la contemplación del rostro de Cristo y el anuncio
del Evangelio de la salvación» (PG 11).
«El ministerio episcopal no sólo es fuente de santidad para los otros, sino también
motivo de santificación para quien deja pasar por su propio corazón y su propia vida
la caridad de Dios» (PG 13).
«El Obispo diocesano, consciente de que
está obligado a dar ejemplo de santidad con
su caridad, humildad y sencillez de vida,
debe procurar con todas sus fuerzas promover la santidad de los fieles, según la vocación propia de cada uno; y, por ser el dispensador principal de los misterios de Dios,
ha de cuidar incesantemente de que los fieles que le están encomendados crezcan en
la gracia por la celebración de los sacramentos, y conozcan y vivan el misterio pascual» (PG 13).
Para el franciscano, ser hermano implica
no sólo aceptar una doctrina y un estilo de
comunicarla, sino que exige adhesión plena, exclusiva y total a la persona del Maestro. El enviado, tendrá que hablar, iluminar,
santificar con la palabra, la luz y gracia de
Cristo. Pero, sobre todo, tendrá que vivir
plenamente identificado con la persona de
su Señor.
Conclusión
Si tuviéramos que hacer un resumido
perfil de la identidad espiritual del Obispo
franciscano, estos podrían ser algunos de
los rasgos sobresalientes en su vida episcopal: Encendido en la caridad pastoral, para
santificarse y santificar, siendo testigo de la
esperanza y de la misericordia. Siervo pobre y humilde del Señor y siguiendo sus
huellas de obediencia al Padre. Hombre lleno del Espíritu de Dios. Ungido por la Palabra. Artífice de comunión. Una vida orientada al servicio de la Iglesia y un hermano
con todos los hermanos que fueron redimidos con la preciosa sangre del Señor.
Como última recomendación, bien estará que escuchemos a San Buenaventura,
franciscano y obispo: «Nadie crea que le
baste la lectura sin la unción, la especulación sin la devoción, la búsqueda sin el
asombro, la observación sin el júbilo, la ac-
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tividad sin la piedad, la ciencia sin la caridad, la inteligencia sin la humildad, el estudio sin la gracia divina, la investigación sin
la sabiduría de la inspiración sobrenatural»
(Itinerarium mentis in Deum, Prol., n. 4).
CARLOS AMIGO VALLEJO
Cardenal Arzobispo de Sevilla
8. Omelia alla Concelebrazione conclusiva
Roma, S. Giovanni in Laterano,
22 giugno 2007
Carissimi Confratelli nell’Episcopato,
Carissimo Ministro generale
Carissimi Definitori generali
dell’Ordine dei
Frati Minori Francescani.
L’odierna celebrazione in questa Basilica Lateranense è per voi la conclusione del
pellegrinaggio alle fonti dell’Ordine Francescano, per rinnovare ancora una volta, a
800 anni dalla conversione di San Francesco, l’offerta della vostra vita a Dio e ritrovare l’autentico spirito del Poverello di Assisi per poter meglio servire la Chiesa nel
ministero episcopale. In pari tempo, vi preparate a celebrare l’ottavo centenario della
fondazione dell’Ordine Francescano.
Nella pagina del Vangelo che è stata proclamata sono risuonate due domande, due
interrogativi ben noti, ma che sempre ci
fanno riflettere: «Chi dice la gente che io
sia? E voi, chi dite che io sia?».
L’ottavo centenario della conversione di
San Francesco e, a breve distanza di tempo,
l’ottavo centenario della fondazione dell’Ordine Francescano fanno vibrare di particolare intensità la domanda: per un Francescano, che per di più nella Chiesa di Dio
è Vescovo, chi è Gesù di Nazareth?
Come Vescovi siete chiamati a edificare
la Chiesa di Dio ed a svolgere questo compito come maestri della fede, come santificatori e come pastori delle vostre Chiese
particolari. La spiritualità francescana deve
essere motivo di ispirazione e di sostegno
anche nell’adempimento dei vostri compiti
episcopali.
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La luce accesa nel mondo da San Francesco non si è mai spenta ed anche oggi
continua ad illuminare il cammino di tante
persone.
Il gusto del Vangelo che il Serafico Frate Francesco ha saputo far scoprire ai cristiani del suo tempo continua ancora ad affascinare e ad attrarre a viverlo nella sua integrità.
L’ideale di amore vissuto da Francesco
in semplicità, ma in pienezza, esercita anche all’inizio del terzo millennio quel richiamo e quell’attrattiva che colpirono Assisi quando in quella città scoppiò il “caso
Francesco”, allorché il figlio di Bernardone
ad un certo momento della sua giovinezza
decise di dare alla propria vita lo stile e la
forma del Vangelo.
Il suo stile di vita ispirato al Vangelo, il
suo impegno di imitare Cristo, il suo messaggio di uomo autentico che ha saputo raggiungere la pace con Dio, con se stesso, con
gli altri, con l’intero creato hanno ancora
qualche cosa da dire agli uomini di oggi,
spesso disorientati e inariditi da mentalità e
stili di vita fuorvianti.
La Chiesa che San Francesco sosteneva
sulle sue spalle nel sogno di Papa Innocenzo III e che il Crocifisso di San Damiano gli
ha chiesto di “riparare”, è affidata per volontà di Cristo alla sollecitudine pastorale
dei membri del Collegio Episcopale che,
uniti al Papa e sotto la sua guida, hanno il
compito di pascere il gregge del Signore.
Ci aiuta a riflettere su questo nostro
compito di Vescovi l’esortazione di San
Pietro che abbiamo ascoltato nella prima
lettura di questa Messa: «Pascete il gregge
di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non
per forza ma volentieri, (…) di buon animo,
facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,1-4).
Per essere buoni pastori nella Chiesa
dobbiamo essere conformati a Cristo, come
lo fu San Francesco: egli ha voluto “essere
di Cristo”, aderendo fedelmente a lui, ricopiandone la vita e la morte in misura così totale da divenirne immagine perfetta. Egli ha
voluto seguire le orme di Cristo e vivere come Lui, cercando la propria felicità nel possesso di Cristo e nella trasformazione in
Cristo.
A questo erano dirette anche le iniziative
di riprodurre i gesti di Cristo e le scene della sua vita. Così, nel Natale del 1223, a
Greccio egli rappresenta la nascita di Cristo
a Betlemme, dando origine all’iniziativa del
presepio, che diventerà una tradizione natalizia tale da varcare i secoli ed il continente
europeo.
Sull’esempio del Santo di Assisi, ogni
Vescovo – e specialmente chi ha ricevuto
una vocazione francescana – è chiamato a
questa conformazione a Gesù Cristo. Lo richiede la stessa missione episcopale, che ci
chiama a vivere in intima e profonda comunione di vita con il Signore. Lo ha efficacemente ricordato il Papa nel suo recente libro
“Gesù di Narareth”, quando parlando dei
discepoli mette in rilievo come il Signore
scelse i Dodici «perché stessero con lui e
per mandarli» e sottolinea: «I Dodici devono stare con lui per conoscere Gesù nel suo
essere uno con il Padre e poter così diventare testimoni del suo mistero» (JOSEPH RATZINGER - BENEDETTO XVI, Gesù di Nazareth,
pag. 206).
È attraverso la preghiera che veniamo
interiormente conformati allo Spirito e ai
sentimenti stessi di Gesù.
San Francesco fu uomo di profondissima
preghiera, anzi era un uomo «fatto preghiera», e asseriva che «la virtù dell’orazione è
da desiderarsi dal religioso sopra tutte le cose, perché senza di essa nessuno può progredire nel servizio di Dio» (SAN BONAVENTURA, Legenda Major).
Ogni Vescovo deve riservare ogni giorno adeguato spazio alla preghiera. Non
dobbiamo mai dimenticare le parole degli
Apostoli: «Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola» (Atti
6,4). Dobbiamo essere convinti che il tempo dedicato alla preghiera è quello meglio
impiegato. Il tempo dedicato alla preghiera
è lavoro pastorale, perché la preghiera del
Vescovo è sempre quella di un pastore che
non può dimenticare davanti a Dio i fedeli a
lui affidati. Il Vescovo, come Mosè con le
mani alzate, ha anche il compito di intercedere per i suoi fedeli davanti a Dio.
San Francesco, oltre ad essere un uomo
di profonda preghiera, è stato “specchio e
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splendore di ogni perfezione” (SAN BONALegenda Major). Anche nel Vescovo deve risplendere la vita di Gesù ed i
fedeli nel suo volto devono poter contemplare le virtù che scaturiscono dal dono della grazia.
Si tratta di crescere, cari confratelli, in
particolare nelle virtù dell’obbedienza, della
povertà e della castità. Esse rifulsero in San
Francesco e in tanti Pastori, come luce capace di indicare anche agli altri il cammino.
Il vero ubbidiente – diceva San Francesco – «è colui che non si preoccupa ovunque viene posto; chi non insiste perché sia
cambiato di luogo; chi innalzato ad un ufficio si mantiene umilissimo: più è onorato e
più si reputa indegno» (SAN BONAVENTURA,
Legenda Major).
Vivendo la virtù dell’obbedienza impariamo ad abbandonarci all’amore di Cristo,
consapevoli che siamo soltanto umili servitori: è il Signore infatti che edifica, fa crescere e rinnova la sua Chiesa. Questa consapevolezza ci aiuta a vincere il rischio del
protagonismo o di essere dei “liberi battitori” e a vivere l’affetto collegiale e la collaborazione solidale affinché la Chiesa cresca
nella comunione su tutta la terra.
Una virtù vissuta intensamente da San
Francesco fu la povertà. Indicando questa
virtù ai suoi frati diceva che essa «è una via
speciale di salvezza perché alimento dell’umiltà e radice della perfezione». L’Esortazione Apostolica Pastores Gregis ha definito il Vescovo “vir pauper” e “procurator
pauperum”. Effettivamente il Vescovo è
“uomo povero” e “sostegno dei poveri” nella sequela di Cristo e promotore della sollecitudine della Chiesa verso i poveri. Crescendo in questa virtù, il Vescovo si apre alla Provvidenza del Padre e testimonia il
primato dello spirito.
Lo stile di vita semplice, sobrio e nello
stesso tempo decoroso del Vescovo, è quanto mai significativo in una società consumistica ed economicista come quella attuale.
La vita austera dei Santi Vescovi è sempre
stata la testimonianza più eloquente delle
parole del Signore: «Non di solo pane vive
l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio» (Mt 4,4).
VENTURA,
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Francesco conquistò la virtù della castità
e «vegliava alla custodia di sé» volendo
«conservare intatta l’interiore e l’esteriore
purezza». Seguendone l’esempio, siamo
aiutati a vivere il celibato consacrato quale
espressione della donazione totale a Cristo,
per amarlo con cuore indiviso. Il celibato,
fondato sul libero dono di sé a Cristo in risposta alla sua chiamata, è un bene prezioso e particolarmente confacente alla vita sacerdotale.
Tali virtù sono al fondamento della nostra missione episcopale e danno al Vescovo quell’autorevolezza morale che è indispensabile per essere credibile nell’esercizio dell’autorità che deve esercitare verso i
fratelli.
Vorrei poi fare un accenno all’amore di
San Francesco alla Chiesa. Francesco,
prendendo alla lettera le parole a lui rivolte
dal Crocifisso di San Damiano, con le proprie mani ricostruì e restaurò le pareti vacillanti di quella chiesetta. Ma ben più ampio
ed impegnativo era il mandato affidatogli e
Francesco, forse senza rendersene conto all’inizio, lo seguirà fedelmente, prodigandosi insieme con i suoi frati, alla riforma della
Chiesa mediante la predicazione e l’esempio, sempre in perfetta obbedienza alla legittima Autorità ecclesiale.
Non mancavano anche ai suoi tempi coloro che volevano essere di Cristo, ma senza la mediazione della Chiesa. Francesco
restò completamente estraneo a questi movimenti di opinione. Egli venerò la Chiesa
Romana che chiamava “nostra madre”: per
lui essa era la regola della fede.
San Francesco ha “riparato” la Chiesa
suscitando un movimento di riforma che ha
avuto e continua ad avere un benefico influsso sulla vita cristiana: non ponendosi
contro di essa, né prescindendo da essa, ma
restandone figlio devoto ed ubbidiente. Proprio per questo la sua riforma ha portato abbondanti frutti. Senza atteggiarsi a maestro
di nessuno, Francesco prese la via dell’imitazione di Cristo povero e crocifisso. A lui
si unirono molti, desiderosi di seguirlo nel
nuovo stile di vita evangelica.
Questa lezione di Francesco rimane attuale più che mai: la Chiesa non si riforma
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con la contestazione, prendendo le distanze
da essa, ma riformando se stessi, seguendo
Cristo nella povertà, nell’umiltà, nell’amore e nell’obbedienza filiale.
Ugualmente, l’amore a Dio ha portato
Francesco ad essere contro ogni forma di
odio e di violenza e a diffondere con la parola e con la testimonianza il rispetto di tutti, l’amore fraterno, la serenità e la pace.
La luce accesa da San Francesco continui ad illuminare il cammino della nostra
vita e vi aiuti a fare del Vangelo il criterio
per affrontare le sfide che l’ora presente reca con sé.
CARD. GIOVANNI BATTISTA RE
9. Il «grazie» del Ministro generale
Roma, S. Giovanni in Laterano,
22 giugno 2007
Cari fratelli Cardinali
e Vescovi OFM,
cari fratelli del Definitorio generale.
Il nostro “Incontro di famiglia” sta per
concludersi. Prima di rinnovare, però, la
professione religiosa e di consegnarvi la
Regola dei Frati Minori, in questa cornice
così suggestiva della Basilica di San Giovanni in Laterano, luogo dove il nostro serafico padre san Francesco ottenne dal “Signor Papa” l’approvazione della proto-regola nel 1209, sento il bisogno di
ringraziare.
Grazie, prima di tutto, al Signore per
averci chiamati a far parte della grande famiglia dei Frati Minori. Molti sono i motivi
per i quali dobbiamo rendere costantemente grazie al «Padre delle misericordie»; ma
come dice santa Chiara il primo e principale dono per cui dobbiamo rendere grazie a
Colui che è il bene, tutto il bene, il sommo
bene, è quello della nostra vocazione. A nome del Definitorio generale e mio personale desidero ringraziare anche voi, miei cari
Fratelli Cardinali e Vescovi dell’Ordine dei
Frati Minori, per aver risposto al mio invito
a partecipare a questo “incontro di famiglia”. L’abbiamo pensato all’interno delle
molteplici attività che il nostro Ordine sta
portando avanti dal 2006, per prepararci a
celebrare la grazia delle origini, l’VIII Centenario della fondazione del nostro Ordine
nel 2009. Grazie per l’amore che manifestate verso l’Ordine, che continua ad essere
la vostra casa e la vostra famiglia. Da parte
dell’Ordine, state sicuri del nostro profondo
ringraziamento per il servizio che prestate
alla Chiesa, per lo stimolo che ci offrite nella fede, e per la testimonianza di minorità e
di servizio, molte volte eroico, per le condizioni nelle quali vivete. Permettetemi che
come Ministro e servo della Fraternità universale osi chiedervi: servite la Chiesa e le
Chiese a voi affidate come Pastori vivendo
il Vangelo che un giorno avete promesso di
«osservare fedelmente come vostra Regola
e vita»; lasciatevi trasformare dal Vangelo,
come Francesco e Chiara, e il vostro servizio pastorale avrà un profilo spirituale ed
umano inconfondibile, quello che ci fu dato
quando entrammo a far parte di questa famiglia con la professione; alimentatevi costantemente con il Vangelo ed il vostro alimento sarà pane e bevanda per gli uomini e
le donne affamati e assetati di valori autentici; siate, come gli apostoli e come Francesco, discepoli e missionari; ricordate sempre che la vostra missione, come pastori e
francescani, è quella di «curare i feriti, fasciare i fratturati e correggere coloro che
sbagliano» (3Comp 58).
In questi giorni, oltre a pellegrinare tra i
principali santuari francescani, seguendo i
passi del nostro signor Papa Benedetto, –
che solo qualche giorno fa abbiamo avuto la
grazia di accompagnare nel suo pellegrinaggio «all’altare privilegiato della nostra
memoria» e che ringraziamo di cuore per
l’insegnamento che ci ha dato nella sua visita ad Assisi –, abbiamo riflettuto sulla Spiritualità del Vescovo francescano e sulla
Dimensione ecclesiale della vocazione
francescana. In questo contesto e alla presenza del Sig. Cardinale, Giovanni Re, Prefetto della Congregazione dei Vescovi, che
ringraziamo per aver accettato il nostro invito a presiedere questa celebrazione eucaristica nella Basilica che è «Mater et caput
omnium Ecclesiarum», desideriamo rinnovare ardentemente la nostra obbedienza ed
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il nostro rispetto al Signor Papa. Chiamati
a vivere la forma di vita evangelica che ci
lasciò Francesco, e qui approvata da Innocenzo III nel 1209, manifestiamo la nostra
ferma volontà di viverla nella Chiesa e con
la Chiesa. Ringraziamo profondamente la
Sede Apostolica per la fiducia che pone nel
nostro Ordine chiamando tanti nostri fratelli all’episcopato.
Cari Fratelli Cardinali e Vescovi OFM,
al termine di questo nostro incontro vi abbraccio tutti e, in voi, abbraccio le vostre
Chiese e, mentre raccomando me e l’Ordine
alla vostra preghiera e vi assicuro la mia,
imploro su voi e sul gregge che vi è stato affidato la benedizione del serafico padre e
fratello Francesco: Il Signore vi benedica e
vi protegga sempre.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
10. Cardenales y los Obispos OFM a los
hermanos de la Orden de Frailes Menores
Santa María de los Ángeles,
el 21 de junio de 2007
Paz y bien!
Del 18 al 22 de junio de 2007, los Cardenales y los Obispos OFM, invitados por el
Ministro General con su Definitorio, nos
hemos encontrado en Asís, en torno al Santuario de la Porciúncula, lugar consagrado
por la piedad y la veneración de Santa María de los Ángeles, lugar a donde Francisco
llevó a sus doce primeros compañeros, porque quería que la Orden de los Menores creciese y se desarrollase bajo la protección de
la Madre de Dios, el mismo lugar donde,
por los méritos de la Virgen, la Orden había
comenzado (Cfr. S. Buenaventura, Leyenda
Mayor, IV, 5).
Con todos los Hermanos Menores, como
Hermanos Menores, nos disponemos a celebrar el VIII Centenario de la fundación de
nuestra Orden; con vosotros queremos recorrer el camino que a todos nos lleve a reavivar la gracia de los orígenes; a vosotros nos
unimos en la alabanza al Dios Altísimo,
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grande y admirable Señor, misericordioso
Salvador, que por sola su gracia nos llamó a
seguir más de cerca las huellas de su Santísimo Hijo, nuestro Señor Jesucristo, invitándonos a abrazar, al modo del Hermano Francisco, la forma de vida del Santo Evangelio.
En estos días de oración, reflexión y convivencia fraterna, hemos prestado particular atención a la dimensión eclesial del carisma franciscano –relator Fr. Herman
Schalück, ex Ministro General de la Orden-,
y a la espiritualidad franciscana en el Ministerio episcopal –relator Fr. Carlos Amigo Vallejo, cardenal arzobispo de Sevilla -.
En la Iglesia que Cristo adquirió con su
sangre, los Hermanos Menores hemos nacido para Dios como hijos en su Hijo; en la
Iglesia hemos recibido el Espíritu Santo de
Dios; en la Iglesia resuena para nosotros,
como para Francisco, la auténtica Palabra
de Dios; en la Iglesia participamos en los
misterios de nuestra redención; en la Iglesia, por la acción del Espíritu Santo, nos hacemos de Cristo, nos dejamos transformar
en Cristo, y, en Cristo, nos consagramos al
Padre para amarlo con todo el corazón, con
toda el alma, con todo nuestro ser.
Unidos a vosotros en la vocación común,
hacemos nuestra la vocación de Francisco
al servicio de la Iglesia: “Francisco, ve y repara mi casa que, como ves, está toda en
ruinas”. Con vosotros queremos amar a la
Iglesia y servirla; con vosotros, en la Iglesia, queremos hacernos de tal manera dóciles a la acción de Espíritu Santo que seamos
una voz profética que mantenga viva en todos una “incurable inquietud” por las cosas
que todavía deben suceder. Con vosotros
compartimos la admiración contemplativa
por Cristo pobre y crucificado; con vosotros
y como Francisco nos identificamos con el
Evangelio y lo abrazamos como forma de
vida y hacemos de él nuestra Regla; con vosotros somos Hermanos y Menores, y el
servicio de la caridad que prestamos, apacentando como Obispos al Pueblo de Dios,
es sólo un inesperado y admirable desarrollo de la vocación franciscana a la que todos
hemos sido llamados.
A vosotros, finalmente, os pedimos que
permanezcáis cercanos de estos hermanos
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vuestros que prestan su servicio a la Iglesia
en las diócesis que nos han sido confiadas
para apacentarlas mediante un ministerio de
caridad, muchas de ellas pobres, muchas en
las fronteras de la fe cristiana, con frecuencia, viviendo el Santo Evangelio en un ambiente hostil. No nos dejéis solos.
En este saludo a todos los Hermanos, los
Cardenales y Obispos de la Orden aquí presentes, queremos agradecer al Ministro General y a su Definitorio que nos hayan ofrecido la ocasión de encontrarnos en convivencia fraterna, de reflexionar y orar en
comunión, y de acercarnos al espíritu de
Francisco de Asís acercándonos a los lugares en los que el Señor lo visitó con su gracia y su infinita misericordia – Fr. Fernando
Uribe guió nuestra visita a los lugares franciscanos -.
Gracias a la Conferencia de Ministros
Provinciales de Italia y Albania, que nos ha
acogido en su casa. Gracias a los Hermanos
de la Provincia Franciscana de Asís, que
tantas atenciones han tenido con nosotros y
tantos servicios nos han prestado.
Que a todos el Señor os bendiga y os
guarde,
Vuestros hermanos
CARDENALES Y OBISPOS FRANCISCANOS
presentes en el Encuentro
11. Lettera del Ministro generale a Benedetto XVI
Beatissimo Padre,
ho la gioia di informare la Santità Vostra
che, con l’entusiastico consenso della Congregazione per i Vescovi, dal 18 al 22 del
corrente mese di giugno, ho radunato ad Assisi, presso la culla dell’Ordine, alla Porziuncola, e negli altri luoghi segnati dalla
presenza del nostro fratello e padre Francesco, i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi
dell’Ordine dei Frati Minori, per un incontro di gioiosa fraternità insieme con il Ministro generale e il suo Definitorio. L’incontro si è poi concluso a Roma il 22 giugno,
con la solenne concelebrazione eucaristica
nella Basilica papale di San Giovanni in La-
terano, «caput et mater omnium ecclesiarum», presieduta dal Sig. Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
L’esperienza, assolutamente inedita per
la nostra Fraternità, mi è stata suggerita dall’approssimarsi dell’anno 2009, allorché,
con tutta la grande Famiglia Francescana,
celebreremo l’VIII Centenario di fondazione del nostro Ordine, nato dal cuore della
Chiesa che al Laterano, nella persona di Innocenzo III, accolse Francesco e i suoi primi compagni, e ne confermò con autorità
apostolica il propositum vitae da cui sarebbe poi scaturita la Regola approvata da Papa Onorio III nel 1223.
Scopo primario dell’incontro di Assisi, è
stato quello di aiutare i Frati Minori Cardinali e Vescovi a confrontarsi con la grazia
delle origini perché, anche in essi, come in
tutti i Frati, «resti salda nei suoi valori perenni, e al tempo stesso si rinnovi per dare
una risposta autentica alle nuove
domande» (BENEDETTO XVI, Discorso ai
Religiosi e alle Religiose, Assisi, 17 giugno
2007).
Una provvidenziale circostanza ha poi
consentito che l’incontro, già previsto nell’insieme delle iniziative avviate per celebrare le origini dell’Ordine, si svolgesse all’indomani del Suo apostolico pellegrinaggio nella Città serafica, da dove, in un clima
di fervida adesione, ha riconsegnato agli
uomini del terzo millennio, in particolare ai
giovani, la testimonianza evangelica del
Poverello.
Le sono, pertanto, profondamente e filialmente riconoscente per aver additato
Francesco come «uomo per gli altri, perché
è fino in fondo un uomo di Dio».
Nel corso di questa singolare esperienza
di fraternità, che ha visto presenti 6 Cardinali e 65 Arcivescovi e Vescovi, è stata offerta a ciascuno la possibilità di approfondire la spiritualità del nostro servizio ecclesiale e lo stile che deve assumere il
ministero episcopale nelle diverse Diocesi
affidate alle cure di pastori francescani.
Agli stessi è stata poi offerta la possibilità di rinsaldare i vincoli della comunione
fraterna con la Chiesa che ha generato alla
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vita della grazia il nostro Serafico Padre, e
che ci ha accolti con il cuore del suo Vescovo Domenico Sorrentino.
Nell’affidare alla Sua preghiera e alla
Sua considerazione i frutti maturati in questi giorni, sento vivo il desiderio di confermare al “Signor Papa”, anche a nome di tutti i partecipanti, la nostra comune ed incondizionata fedeltà al Suo altissimo Magistero
di Pastore universale della Chiesa, nonché
la nostra filiale obbedienza, perché «saldi
nella fede cattolica, osserviamo il santo
Vangelo, così come abbiamo fermamente
promesso» .
Padre Santo, aiuti noi tutti Frati Minori ad essere «segni dell’amore di Cristo»,
così come Francesco lo fu per il suo non facile tempo, fino a diventare, come recita
l’Ufficio liturgico per la sua festa annuale
«factus est... reconciliatio».
Ancora grazie, Padre Santo!
I Cardinali e i Vescovi “Frati Minori”,
mio tramite, Le confermano il loro amore
filiale, La pregano di benedirli ed auspicano con gioia che, il popolo cristiano veda in
Lei il volto di Cristo Buon Pastore!
La sua apostolica Benedizione si estenda anche sul sottoscritto Ministro generale,
sui singoli Membri del Definitorio dell’Ordine e sui singoli Frati sparsi nel mondo,
perché siamo ricolmati di ogni dono e siamo nel mondo seminatori di luce e di speranza!
Roma, 29 giugno, 2007
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
12. Lettera di ringraziamento al Card.
Giovanni Battista Re
Roma, 29 giugno 2007
Eminenza Reverendissima,
Il Signore Le dia Pace!
Prima di partire per Nazareth, dove si
terrà fra qualche giorno il Capitolo delle
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Stuoie dei Frati “under ten”, oltre ad assicurarLe il mio ricordo là dove sono avvenuti
gli eventi della nostra Redenzione, desidero esprimerLe tutta la mia gratitudine, e
quella del Definitorio generale, per avere
partecipato alla giornata conclusiva dell’Incontro dei Cardinali e Vescovi OFM con il
Definitorio dell’Ordine.
Tale Incontro singolare e memorabile,
per i Partecipanti e per il luogo in cui è avvenuto, Assisi – «l’altare della nostra memoria» –, non poteva non concludersi che
in San Giovanni in Laterano, dove Francesco ebbe da Innocenzo III l’approvazione
del suo proposito di vivere secondo il Vangelo. Presiedendo l’Eucaristia, ha reso ancor più preziosa questa giornata, poiché
sarà per i nostri Cardinali/Vescovi e per noi
Frati Minori, un richiamo costante all’essenziale: servire la Chiesa rendendo di nuovo affascinante il Vangelo, come Lei ha sottolineato nell’Omelia, intessuta di richiami
ai momenti più significativi della vita di san
Francesco e della sua spiritualità.
Mi permetta, Eminenza, di ringraziarLa,
anche per aver voluto condividere, in semplicità e fraternità, la nostra mensa nella
Curia generale. Soprattutto per la sua benignità e cortesia che ha sempre avuto ed ha
nei confronti del nostro Ordine.
Che il Signore benedica la Sua vita e
conforti il Suo prezioso servizio; san Francesco renda sempre lieto il suo cuore.
Suo dev.mo nel Signore
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
—————————-
Sua Eminenza Rev.ma
Card. GIOVANNI BATTISTA RE
Prefetto Congregazione dei Vescovi
CITTÀ DEL VATICANO
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EX ACTIS MINISTRI GENERALIS
1. Informe al encuentro de Presidentes
de las Conferencias 2007
Roma, Curia general, 07.05.2007
MIENTRAS VAMOS DE CAMINO
La Iglesia, y en ella la vida consagrada, en
general, y la vida franciscana, en particular,
está viviendo un tiempo “delicado y duro”,
no exento de dificultades, “de tensiones y de
pruebas”, pero también rico de esperanzas y
proyectos innovadores (cf VC 13).
Nuestra Orden no es una excepción.
También en ella hay “luces” y “sombras”.
Hay situaciones que nos preocupan, pero
hay muchos motivos para la esperanza, particularmente si pensamos en los hermanos
que, en todo el mundo, jóvenes y mayores,
tratan de vivir en fidelidad creativa (cf VC
37), cuanto un día todos hemos prometido.
Tal vez no estemos atravesando un momento propicio para el optimismo, pero sí
para la esperanza. En efecto, si el optimismo
nace de nuestras propias fuerzas, de nuestros
“carros y caballos”, entonces no hay muchos
motivos para ser optimistas, ya que el número de los consagrados, y con ellos nosotros,
sigue bajando, y consiguientemente nuestras
fuerzas son cada vez menos, mientras que la
edad media de todos nosotros sigue alzándose. Pero, por otra parte, si la esperanza nace
de la fuerza de un Dios que escoge a los débiles según el mundo para confundir a los
que se creen fuertes, entonces podemos afirmar que nuestro tiempo y nuestra realidad,
lejos de inducirnos al desánimo, son muy
propicios para la esperanza. Un tiempo y
unas circunstancias ambiguas e inciertas, pero al mismo tiempo emocionates.
¿A qué precio será posible tal esperanza?
Mendicantes de sentido
Vivimos en un tiempo en el que nos sentimos solicitados por muchas preguntas y
por muchos interrogantes. Son preguntas
que nos llegan de las personas con las que
nos encontramos, de las situaciones históricas y eclesiales que estamos viviendo, y de
lo más profundo de nuestro corazón, y que
nos obligan a hacer claridad, a hacer verdad, sobre nuestra vida, y que al mismo
tiempo nos obligan a sentirnos en camino,
en búsqueda constante, y a pensarnos como
“mendicantes de sentido”.
Si no queremos perder el tren de la historia, si no queremos convertirnos en “intelectuales” de un pasado irremediablemente
marchito o limitarnos simplemente a sobrevivir, poniendo en marcha estrategias sólo
orientadas a configuar un futuro; y si, por el
contrario, queremos “ser nosotros mismos,
signos de vida legibles para un mundo sediento de un cielo nuevo y una tierra nueva”
(Sdp 7), hemos de escuchar estas preguntas,
aunque nos resulten molestas y cuestionen
tantas “seguridades” acumuladas a lo largo
de nuestra historia pasada y reciente. Si no
queremos dar respuestas a preguntas que tal
vez nadie se hace, y, si en cambio, queremos seguir siendo “signos humildes y sencillos de una estrella que áun titila en medio
de la noche de los pueblos, atrayendo a todos hacia la centralidad de la vida” (Shc 9),
hemos de sentirnos muy cercanos a nuestros contemporáneos para acompañarles en
sus búsquedas sobre el sentido de la historia, de la existencia, y de la vida (cf Shc 6).
No podemos ver esas preguntas como
una amenaza, ni rechazar esas búsquedas
como algo propio de quien no tiene un horizonte en la vida, no podemos verlas como
provacaciones negativas, sino como solicitudes que nos están pidiendo una nueva y
renovada opción de vida.
En este contexto estamos llamados, hoy
más que nunca, a reencontrar el sentido de
lo que hacemos y de lo que vivimos, a reencontrar el sentido de nuestra opción de vida,
revitalizando nuestra vida y misión, aunque
ello comporte “podar el árbol viejo”. Eso es
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lo que hemos querido vivir y llevar a cabo
en el año 2006 con la pregunta: “Señor,
¿qué quiere que haga?”. Eso es lo que queremos vivir y llevar a cabo con una actitud
constante de discernimiento, en la doble dirección que ya nos indicaba el Capítulo general del 2003: tomar conciencia de todo lo
negativo que pueda haber en nuestras vidas
y en nuestra sociedad, y, al mismo tiempo,
abrir los ojos de la fe y de la esperanza para
detectar, en medio de las crisis, todo lo positivo que hay entre nosotros y alrededor
nuestro (cf Sdp 6). Y todo para “reproducir
con valor la audacia, la creatividad y la santidad” de Francisco, “como respuesta a los
signos de los tiempos que surgen en el mundo de hoy” (cf VC 37).
Nuestras Conferencias, nuestras Entidades, nosotros mismos, ¿cómo nos estamos
situando antes tantas preguntas que se nos
hacen? ¿No estaremos, tal vez, viendo un
poco de espaldas a una realidad que se nos
antoja, o en parte lo es, perversa? ¿No será
que estamos tan metidos en el mundo que
ya no nos sentimos cuestionados por el
mismo mundo? ¿No estaremos haciendo de
la supervivencia nuestra máxima aspiración, en lugar de vivir la vida plenamente,
con toda la certeza y hondura con que las
circunstancias actuales requieren?. Si queremos una renovación profunda de la Orden hemos de asumir que dicha renovación
no es una simple tarea, sino un modo de vida, que para nosotros asume la forma de
“vivir el santo Evangelio de nuestro Señor
Jesucristo”.
Osemos vivir el Evangelio
Como bien sabemos, para Francisco el
Evangelio era la respuesta a sus anhelos
más profundos de converso: “Esto es lo que
yo quiero, esto es lo que yo busco, esto es lo
que en lo más íntimo del corazón anhelo poner en práctica” (1Cel 22). Y desde que el
Señor le dio el comenzar a hacer penitencia
(cf Test 1), “su suprema aspiración, su más
vivo deseo y su más elevado propósito, era
observar en todo y siempre el santo Evangelio, y seguir la doctrina de nuestro Señor
Jesucristo y sus pasos con suma atención,
con todo cuidado, con todo el anhelo de su
mente, con todo el fervor de su corazón”
(1Cel 84).
Por otra parte, convencido que Dios llamaba al mismo tenor de vida a los hermanos
que, “por inspiración divina” (1R 2,1) se iban
uniendo a él, el Poverello hizo del Evangelio
el centro y la razón última de la forma vitae
que les trasmitió: “El Altísimo mismo me reveló que debía vivir según la forma del santo Evangelio. Y yo lo hice escribir en pocas y
sencillas palabras y el Señor Papa me lo confirmó” (Test 14-15). Esta Regla no era sino
una selección de textos evangélicos que recordaban a la Fraternidad el compromiso de
seguir a Cristo en pobreza, humildad, sencillez y disponibilidad apostólica. Todo en la
vida franciscana mira, desde sus orígenes, a
que los hermanos “observemos la pobreza y
la humildad y el santo Evangelio de nuestro
Señor Jesucristo que firmemente prometimos” (2R 12,4). Con razón a punto de morir,
Francisco, según nos relata su biógrafo, recomendó a sus hermanos “por encima de todas las demás disposiciones, el santo Evangelio” (2Cel 216).
¿Qué supone vivir el Evangelio? Vivir el
Evangelio supone contemplarlo asiduamente, recurrir a él para iluminar la vida, y
buscar en él la respuesta a cualquier interrogante, especialmente antes de cualquier decisión importante, como hizo Francisco. Vivir el Evangelio supone darle una prioridad
real en la propia vida y en la vida de la Fraternidad, ponerlo en primer lugar y más allá
de cualquier convencionalismo y de cualquier otra ley humana. Vivir el Evangelio
supone leerlo, escucharlo e interpretarlo en
el Espíritu, con la ayuda del mismo Espíritu mediante el cual fue escrito (cf DV 12),
de tal forma que se transforme en “espíritu
y vida” (1R 22,41), y se evite cualquier fundamentalismo o literalismo esclavizante.
Vivir el Evangelio supone restituir cuanto
se ha leído y esuchado “con la palabra y el
ejemplo” (Adm 7,4). Dicha restitución es la
garantía de que la escucha ha sido vivificada por el Espíritu de Dios. Sólo si el Evangelio incide en la vida y la transforma se
puede reconocer la acción del Espíritu que
vivifica al creyente y no lo deja en la muerte de la letra.
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EX ACTIS MINISTRI GENERALIS
Por otra parte, “osar vivir el Evangelio”
significa vivirlo en radicalidad. Es significativo que Francisco cite tantos textos radicales del Evangelio en sus escritos (cf 1R
1), y más significativo, todavía, es el radicalismo de su vida. A través de ese radicalismo, Francisco ha mostrado que el Evangelio, más que una doctrina es una vida. Por
ello Francisco “meditando constantemente
las palabras del Señor” (2Cel 84), lo que
pretendía era seguir la vida, el ejemplo y las
huellas de Jesucristo.
Cuantos hemos prometido “seguir más
de cerca” a Jesucristo (cf CCGG 5), no podemos menos de hacer nuestras las actitudes radicales de Francisco, no podemos menos de volver al Evangelio y vivirlo con la
inmediatez con que él lo hizo: “Rebosando
de alegría, se apresura inmediatamente el
santo Padre a cumplir la doctrina saludable
que acaba de escuchar, no admite dilación
alguna en comenzar a cumplir con devoción
lo que había oído” (1Cel 22).
El tema de este segundo año del proyecto la gracia de los orígenes –osemos vivir el
Evangelio-, nos sitúa existencialmente delante del Evangelio que un día hemos prometido “observar” como “Regla y vida”:
“La Regla y vida de los Hermamos Menores es ésta: observar el santo Evangelio de
nuestro Señor Jesucristo” (2R 1,1). Con
gran lucidez en el Capítulo general del 2003
hemos confesado que “vemos la necesidad
de no domesticar las palabras proféticas del
Evangelio para adaptarlas a un estilo de vida cómodo” (Sdp 2). ¿Tendremos ahora la
audacia de vivir coherentemente lo que entonces sentimos como urgencia?
La escucha del Evangelio en el Espíritu
no admite dilación alguna. El Evangelio
nos lanza un desafío: el desafío de escucharlo, e, inmediatamente, restituirlo “con
las palabras y con las obras”. En esto nos
estamos jugando la renovación profunda de
la Orden o, lo que es lo mismo, su significatividad presente y futura.
Para vislumbrar el futuro del franciscanismo lo único que tenemos que hacer los
franciscanos de hoy es mirarnos a un espejo: ¿se ve en nosotros el constante compromiso con el Evangelio? ¿se percibe au-
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dacia evangélica en nuestras vidas? ¿o se
ha apagado el brillo evangélico que se vislumbraba en la vida de Francisco y de tantos hermanos nuestros en estos 800 años
de historia? Lo que nosotros somos ahora
eso será el francicanismo del futuro. Si no
queremos que en nuestra existencia se nos
reseque el alma y se marchite la vida, si no
queremos vivir vacíos y autodestruirnos,
hemos de volver al Evangelio. Sin un
compromiso con la Palabra, no enterraremos brasas para el futuro. Si no dedicamos
tiempo a sumirnos en el Evangelio debido
a los trabajos evangélicos que realizamos,
estamos convirtiéndonos a nosotros mismos y el trabajo que realizamos en un
dios. Si no queremos que la próxima generación sea un aborto o nazca muerta, volvamos al Evangelio, convirtámonos al
Evangelio, tengamos la osadía de vivir el
Evangelio.
¿Qué estamos dispuestos a hacer a nivel
individual, de Entidades o de Conferencias
para revitalizar nuestra vida y misión a base del Evangelio? ¿Qué cambios más urgentes se nos están pidiendo para osar vivir
el Evangelio?
Actualicemos las estructuras
para revitalizar la vida y misión
A menudo vivimos una curiosa situación. Mientras que, por un lado, nos damos
cuenta que algo nuevo nos está diciendo y
exigiendo el Espíritu en las circunstancias
en que vivimos, por otro, mantenemos demasiadas ataduras o nos dejamos dominar
por fuerzas que neutralizan y extorsionan
nuestro deseo de pasar de lo bueno a lo
mejor. ¿Qué es necesario para realizar este
salto de cualidad?
Para salir del impás que supone dicha situación lo primero que estamos llamados a
realizar es hacer aflorar toda la riqueza interior que llevamos dentro de nosotros mismos y de nuestras fraternidades locales y
provinciales. En este momento es necesario
que logremos clarificar, identificar, describir, proponer, celebrar y agradecer los signos de vitalidad que el Espíritu está llevando a cabo en nuestra vida. Esto nos haría recuperar la esperanza, si la hemos perdido, y
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abrirnos al futuro sin rendirnos ante situaciones difíciles o de precariedad.
No podemos seguir pensando que lo único que cuenta es el número y la edad. Para
ser válida, nuestra vida no requiere masas,
y para probar su validez, no son indispensables multitudes. Para nosotros lo importante debería ser simples centinelas en la muralla, vigilantes en la noche, cornetas al
amenecer, faros en la distancia. Nuestra
función es la de ser voz y llamada, presencia y profecía para el mundo, no simple mano de obra. La calidad, no sólo la cantidad,
es lo que ha de marcar y significar nuestra
vida en este contexto que estamos viviendo.
Se hace necesario, por tanto, que, nosotros
que nos decimos Menores, nos convirtamos
a la espiritualidad del empequeñecimiento,
dejar de lamentar las deficiencias y los males que nos aquejan, y abrirnos a la profecía,
teniendo la valentía de remover lo que sofoca la fidelidad creativa.
Para ello, es necesario abrirnos al misterio y recuperar la capacidad de asombro y
de búsqueda. Es necesario que superemos
la gran dosis de egocentrismo que sufrimos
y nos abramos a un proyecto común, a la
colaboración entre nosotros, con los otros
religiosos y con los laicos. Es necesario que
recuperemos la libertad interior que nos impide movernos, abrirse, osar. Es necesario,
en definitiva, que volvamos al amor primero (cf Ap 2,4), reviviendo el don que se nos
ha concedido (cf 2Tim 1,6).
En todo este proceso de revitalización de
nuestra vida y misión considero nuclear:
cuidar a las personas y ajustar las estructuras, hacer de la dimensión contemplativa
nuestra prioridad entre las prioridades, y de
la vida fraterna en comunidad nuestro signo
ante el mundo dividido y fragmentado,
abrirnos a los nuevos areópagos de misión.
No pudiendo tratar todos estos aspectos
en este momento, deseo detenerme sobre el
primer punto que acabo de señalar: cuidar
de las personas y ajustar las estructuras.
Cuidar de las personas
y ajustar estructuras
La historia nos enseña cómo las estructras, que deberían ser medios para expandir
y crecer en todos los sentidos, no pocas veces han sido medios para aprisionar a las
personas. En cualquier proceso de renovación hemos de priorizar a la persona. La estructura fundamental de nuestra Orden, dijo
el Consejo plenario de Guadalajara en el
2001, es la persona en relación. Sin personas no hay profetas, ni santos, ni apóstoles,
ni vida franciscana. Todas las estructuras
jurídicas, los itinerarios espirituales y formativos, las obras apostólicas, son mediaciones para que las personas logren la santidad de vida en el seguimiento de Jesús, y
trabajen en la transformación del mundo según el designio de Dios.
¡Cuidemos, pues, la persona del hermano! Esto se logra si le ayudamos a revivir la
pasión inicial y la fresca disponibilidad de
quien consiente y acepta ser todo para Dios
y para los demás; si le posibilitamos ofrecer
el testimonio de su íntima experiencia de
oración; si le ayudamos a introducirse en el
camino de la formación permanente que
permite el cambio de pensar, de sentir y de
actuar, según la forma vitae que nos dejó
Francisco; si le colocamos en el lugar adecuado, sin someterlas al estrés al que están
sometidas tantas veces los hermanos para
conservar ciertas estructuras.
Todo esto exige ajustar las estructuras
para que sean más ágiles, menos complejas
y menos subyugante. Todo ello está exigiendo que nos abramos a la reestrucutración y a la interprovincialidad.
La reestructuración
No podemos tener hoy las mismas estructuras materiales que ayer, pues somos
muchos menos y más ancianos. Es necesario que las Provincias y demás Entidades se
reestructuren.
Esta reestructuración puede ofrecernos
la posibilidad de volver a lo esencial ((cf
Sdp 2), y de revisar nuestra misión para situarla en su centro, e iniciar camino inéditos de presencia y de testimonio (cf Shc 33).
Por otra parte, la reestructuración nos posibilitará emplear mejor los recursos que tenemos (humanos y económicos), a la vez
que nos posibilitará responder a tantas llamadas en favor de la solidaridad.
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La reestructuración no puede verse sólo
como una exigencia de nuestras debilidades, sino como un signo de los tiempos, un
medio necesario en estas circunstancias para fortalecer nuestra vida y misión, y crear
un proyecto de futuro para el franciscanismo. No pidamos milagros a la reestructuración. Si no tenemos voluntad de cambiar, de
revitalizarnos, recorganizar, reestructurarnos valdrá para bien poco.
La Orden está viviendo distintos procesos de reestructuración. Hay un camino que
podemos llamar de interprovincialidad o de
estrecha colaboración entre distintas Entidades. Esta interprovincialidad hunde sus
raíces teológicas en la eclesiología de comunión y en el sentido que la Orden posee
de ser una única Fraternidad.
Dada la debilidad de algunas Entidades,
se está haciendo imposible que por sí solas
desarrollen plenamente todos los objetivos
que nuestro proyecto franciscano le asignan. Es la hora de aunar las fuerzas, de colaborar a partir de proyectos comunes. El
establecimiento de comunidades interprovinciales en el campo de la formación y de
la evangelización, y de fraternidades internacionales expresan bien el camino de colaboración y de interprovincialidad que se está abriendo en la Orden.
Otro camino es el que contempla la fusión y prevé el nacimiento de una nueva realidad o Entidad. Se ha dado en Francia hace ya años, y en Hungría recientemente; se
está preparando en Austria y luego en Alemania. La disminución del número de hermanos y la debilitación de las estructuras
obligará a otras Entidades a dar este paso.
Algunas ya se lo están planteando seriamente.
Otro camino es el de la creación de nuevas Entidades, que hasta hace poco dependían de sus “provincias madres”, como ha
sucedido en este sexenio con la Provincia
de Ucrania, la Custodia autónoma de Mozambique, la nueva Custodia de Guinea Bisau, y muy pronto sucederá con las nueva
Custodia autónoma en Filipinas y una Custodia dependiente en India, entre otras.
Los caminos son distintos, pero de lo
que hemos de estar convencidos es que en
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un mundo globalizado en el que persisten
contradictoriamente las individualidades,
los proyectos personales acaparadores y la
voz de los poderosos y fuertes, hemos de
apostar por la unidad, la colaboración y comunión como instrumento de cara a vivir
mejor nuestra vida y misión.
La reestructuración de que estamos hablando supone: superar el provincialismo
atrincherado que tantas veces vivimos, así
como: superación de prejuicios mutuos,
culturales, regionales, que puedan dificultar
el acercamiento, el intercambio y la colaboración
Cristerios a seguir en la reestructuración
Entre los principales criterios a seguir,
en mi opinión, los más importantes son los
siguientes:
1. Ante todo, buscar ser fieles al Espíritu,
aquí y ahora.
2. Dejarse guiar por el principio del realismo, y el sincero deseo de alcanzar el
bien de la Orden.
3. No partir de un plan preconcebido, sino
iniciar un proceso. Esto exige tomarse
tiempo, pero de forma activa, y conocer
mejor los pro y los contra de cualquier
reestructuración. Comenzar con la sensibilización y estudio de todos los aspectos que afectan a este proceso.
4. Tomar conciencia amplia con visión de
futuro y crear clima de participación y de
corresponsabilidad de todos los implicados. En la reestructuración se ha de implicar el mayor número posible de hermanos.
5. Hacer un plan en el que se tenga en cuenta la presencia franciscana en lugares
significativos, históricamente hablando,
con nuevas presencias que respondan a
los signos de los tiempos y de los lugares. Es importante elaborar un “mapa
franciscano” que tenga en cuenta estos
dos aspectos.
6. Contar con las tradiciones adquiridas,
las idiosincrasias, las culturas y las lenguas de los territorios. Hay que tener
presente que los sentimientos cambian
mucho más lentamente que las estructuras externas. Por eso, en el cambio hay
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que proceder pedagógicamente.
7. Las personas mayores deben estar seguras de que no se les va a pedir desarraigos, pero las jóvenes deben estar disponibles a emprender proyectos comunes
con otras personas y en otros lugares.
El papel de las Conferencias
Las Conferencias de Ministros Provinciales tienen una gran importancia para la
Orden en estos momentos en que la animación de la vida y misión de los hermanos está tomando el protagonismo que le corresponde, y en el que sentimos fuerte la llamada a caminar juntos en el respeto de cada
uno.
Si mucho es el camino recorrido, también es cierto que mucho queda todavía por
hacer para que dichas estructuras a nivel intermedio, entre el Definitorio general y las
Provincias o Custodias, respondan a cuanto
le asignó el Consejo Plenario de la Orden de
Guadalajara en el 2001, algunas de las cuales pasaron luego a los Estatutos Generales.
Según dicho Consejo, las competencias
de las Conferencias de Ministros son de dos
tipos: unas que hacen referencia a la organización de la presencia franciscana en el propio territorio, otras que se refieren a formantar mayor solidaridad entre todas las
entidades de la Orden.
En cuanto a la organización de la presencia franciscana en el propio territorio, las
Conferencias, según el Consejo plenario
antes citado, deben dar su juicio sobre la
creación, unión y supresión de una Entidad
en el propio territorio. En lo referente a formantar mayor solidaridad entre las distintas
Entidades, el Consejo plenario 2001 propuso que las Conferencias deben sostener la
vida, la formación y la misión de los frailes
en el propio territorio, y las actividades de
evangelización misionera y de la “implantatio Ordinis” en los territorios de misión;
así como ayudar con personal y económicamente a las Entidades de la Conferencia, o
fuera de ella, en dificultad y en necesidad.
De lo dicho, el papel de las Conferencias
apunta ciertamente a compartir la participación en el gobierno de la Orden, pero, sobre
todo, a vivir en red con convicción y volun-
tad de crecer en una fraternidad sin barreras
ni fronteras, lo que no sólo es una forma de
comportarse, sino de ser que revitaliza y reorganiza nuestra vida y misión. Desde la
Iglesia casa de comunión, la Orden no puede menos de caminar hacia esa comunión
que nos lleva a romper barreras y construir
puentes. Las Conferencias están llamadas a
ser instrumentos que ayuden a las Entidades
a caminar hacia la interdependencia dinámica, y a la pronta disponibilidad para solidarizarnos, no sólo con las entidades de la
misma región, sino con la Orden. Las Conferencias están llamadas a ser instrumentos
al servicio de una intensa vida fraterna entre
las Entidades de una misma región y de éstas con la Orden. Estamos llamados a crecer
en la unidad en el respeto de la diversidad.
En esta dirección mucho es lo que pueden
ayudar las Conferencias, a condición de que
no pasemos de la autorreferencialidad de
las Provincia a la autorreferencialidad de
las Conferencias, del provincialismo al conferencialismo. Se hace urgente crecer en el
sentido de pertenencia a la Orden.
A modo de conclusión
Lo dicho a lo largo de mi intervención
nos coloca delante de lo que debería ser la
preocupación principal en estos momentos:
la constante búsqueda de vitalidad o calidad de vida evangélica. En este contexto es
necesario recordar que la renovación siempre ha sido eficaz cuando ha brotado de la
“exuberencia” de la santidad, para no bajar
la guardia ante la necesidad de proseguir la
cualificación espiritual y apostólica de las
personas. Aún en medio de la carencia de
vocaciones y del real envejecimiento que
sufren algunas de nuestras Entidades, la opción que queremos hacer es una opción por
la vida y por la esperanza de encontrar modos de reforzar el crecimiento de personas y
de comunidades, para un servicio más comprometido en la misión evangelizadora de
la Iglesia, según las necesidades actuales.
Esto lleva a priorizar el valor universal de la
Orden sobre los intereses, muy importantes
por otro lado, de las Entidades individuales.
De ahí que hablemos más de internacionalidad e interculturalidad, que, sin duda, es
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una de las vías obligadas a recorrer en los
próximos años.
Estos planteamientos, que no son ciertamente novedosos, deberían llevarnos a tomar las siguientes resoluciones:
• Repensar y revitalizar nuestro carisma
en todo su dinamismo y universalidad,
en su estilo de vida y misión. En esta tarea no podemos ahorrar esfuerzo alguno.
Todo lo que hagamos será siempre poco.
Además, esta tarea no admite dilación
alguna.
• Revitalizar los proyectos comunes, incluso a base de sacrificar proyectos buenos de las Entidades particulares.
• Concentrar esfuerzos en todos los ámbitos: animación, formación, apostolado y
economía.
• Itinerancia de personal, para estar allí
donde sea más urgente nuestra presencia.
• Superar la mentalidad de gheto, sobre todo cuando el goberno es bastante descentralizado, como en nuestro caso.
Trabajemos en solidaridad y la comunión. Ésta es nuestra gran responsabilidad.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro general
2. Omelia per la festa di
S. Maria Mediatrice
Roma, chiesa S. Maria Mediatrice,
09.05.2007
NON HANNO PIÙ VINO
Carissimi fratelli e sorelle,
il Signore vi dia pace.
Celebriamo oggi la festa di Santa Maria
Mediatrice, titolare di questa Chiesa e della
nostra strada; protettrice e mediatrice di
questa Fraternità e di questo quartiere. Per
noi, che ogni giorno spezziamo il pane della Parola e dell’Eucaristia in questa Chiesa,
che abitiamo in questa strada è un giorno di
festa. E per noi che oggi siamo qui presenti,
la festa è particolarmente sentita anche per
la presenza dei confratelli Presidenti delle
nostre Conferenze, sparse in tutto il mondo.
291
La festa rafforza la vicinanza, la comunione e l’amore fraterno e per questo, con il
salmista, possiamo confessare: O quanto è
bello che i fratelli e le sorelle stiano insieme.
La festa irrobustisce la speranza, poiché anche se ci sentiamo deboli, fragili e bisognosi, sappiamo che c’è Maria, la “piena di grazia”, “la corredentrice col Redentore, la mediatrice accanto al mediatore”, pronta per
intercedere per noi, per presentare al suo Figlio i nostri bisogni – “non hanno più vino”–
come un giorno fece a Cana. La festa alimenta la nostra fede, poiché sappiamo che
Gesù è pronto a trasformare la nostra acqua
in vino, la nostra mancanza d’amore in amore, come fece a Cana per intercessione di
Maria sua e nostra madre. La festa ci riempie di gioia, poiché sappiamo che a casa o
nel “chiostro del mondo” Maria è sempre vicino a noi, come una madre, che ci ama e ci
nutre, come una madre, che ci guida e ci accompagna nel nostro cammino verso Gesù.
Facciamo festa! Si rallegri il nostro cuore,
perché in Maria Dio ci ha benedetto e ha fatto risplendere il suo volto di pace e misericordia su tutti noi. Facciamo festa! Lodiamo
il Signore, rallegriamoci, perché in Maria il
Signore ci ha dato la madre e la mediatrice
di grazia, l’avvocata dei peccatori, la regina
della misericordia.
Ma vogliamo anche accogliere, con cuore aperto e generoso, il messaggio che, attraverso le letture proclamate, il Signore ci
comunica in questa giornata di festa. Abbiamo ascoltato: “Non hanno più vino”.
Notiamo che Maria non dice “non c’è più
vino”, ma: “non hanno più vino”. Questa è
più che una sfumatura. L’accento viene
messo non sulla mancanza di vino, ma sulla situazione in cui si trovano le persone
presenti allo sposalizio.
«Non hanno più vino». È questa, cari
fratelli, la realtà dell’Antica Alleanza, simboleggiata nello “sposalizio a Cana di Galilea”. Nell’Antica Alleanza, nel cuore della
quale si trova la Torah donata a Israele, esisteva l’osservanza, ma mancava l’amore,
simboleggiato nel vino. C’erano tanti sacrifici, atti rituali, ma, come denunciano spesso i profeti, mancava la misericordia, mancava la gioia.
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Ed ecco allora una prima applicazione
alla nostra vita. La vita cristiana, la vita religiosa, è un patto, un’alleanza tra Dio e ciascuno di noi. In questo patto, però, può venire a mancare il vino, cioè l’amore, la misericordia e la gioia. Allora tutto diventa
arido, sterile; la vita perde di senso, la nostra testimonianza perde la gioia, il nostro
camminare si fa pesante e triste, la fedeltà
facilmente si trasforma in semplice osservanza delle norme che, senza il vino dell’amore, della misericordia e della gioia, riducono in schiavitù. Nella nostra vita e in
quella delle nostre Entità non mancherà forse un poco di vino, di amore?
Se fosse questa la nostra situazione, la situazione delle nostre Entità e Conferenze,
c’è Maria che per noi dice a Gesù: “Non
hanno più vino”. Nel testo il segno del vino
è di carattere prevalentemente cristologico,
ma Maria ha un ruolo particolare: con il suo
intervento premuroso spinge il figlio a rivelare la sua gloria. In questo modo Maria è
realmente mediatrice della rivelazione di
Gesù e della fede dei discepoli. Maria non
supplisce Gesù, ma sollecita Gesù.
Il compito di Maria non è soltanto quello di sollecitare Gesù a compiere il suo primo segno, ma lei stessa si presenta come segno in quanto donna fedele, avendo detto
“si”, perché ha creduto, perché ha amato;
Maria è gioiosa, perché è sicura della fedeltà di Dio alle sue promesse (Lc 1, 45-55)
La fedeltà di Maria è fatta di distacco e
povertà, di contemplazione e di croce, di disponibilità e fiducia. Maria inizia credendo
alla fedeltà di Dio, la sua fedeltà si fonda su
Colui al quale “nulla è impossibile” (Lc 1,
37) e che “ha guardato l’umiltà della sua
serva” (Lc 1, 48). La fedeltà di Maria conosce momenti difficili e dolorosi: non comprende il senso recondito della risposta del
Figlio nel tempio (Lc 2, 50) e soffre il suo
angoscioso martirio presso la croce (Gv 19,
25). Ma la sua fedeltà, crescendo in consapevolezza e in fecondità, si esprime in una
gioia serena e silenziosa.
Cari fratelli e sorelle, anche nella nostra
vita non mancano momenti di crisi. Anche
nella nostra vita, a volte, può mancare il vino. Tenendo presente il primo segno com-
piuto da Gesù e ciò che compie Maria, è il
momento di essere “lieti nella speranza”
(Rm 12, 12). È il momento di ravvivare la
volontà di vivere la “gioia della fedeltà”.
Non siamo soli, Maria Vergine Madre e
Mediatrice di grazia, è con noi. E se lei è
con noi, allora anche nei momenti di crisi
profonda “spunterà la luce” e ci sarà letizia
ed esultanza. L’acqua si trasformerà vino: il
vino del amore, della fedeltà, della gioia. E
tornando al primo amore ci sarà festa, la festa di un nuovo sposalizio, questa volta definitivo tra Dio e noi. E con Maria canteremo: L’anima mia magnifica il Signore e il
mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.
Maria di Nazaret, di Betlem, di Cana,
del Calvario, di Pentecoste:
intercedi per noi, perché nelle nostra vita
non manchi mai il vino e l’amore.
Intercedi per noi, perché nella nostra
missione non manchi mai la gioia.
Maria, Mediatrice di grazia,
prega per noi ora e sempre!
Amen.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
3. Carta a los Hermanos jóvenes de la
Orden con ocasión del 3er. Capítulo
de la Esteras
Roma, 27.05.2007
HACED LO QUE ÉL OS DIGA
1. Está a punto de celebrarse el III Capítulo Internacional de la Esteras para los
hermanos jóvenes de la Orden. El primero
se celebró, en 1995, en Santiago de Compostela (España), el segundo, en 2001, en
Canindé (Brasil), el tercero se celebrará en
Tierra Santa, del 1 al 8 de julio de 2007.
Aprovechando esta ocasión deseo dirigirme
a todos vosotros, queridos hermanos jóvenes de la Orden.
Lo hago para continuar el diálogo que he
mantenido con muchos de vosotros al visitar muchas de las Provincias o Custodias de
nuestra Orden. Lo hago para deciros cuánto
os amo y cuánto espero de vosotros, y cuán-
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to os ama y espera de vosotros la Orden. Lo
hago con el firme deseo de hacerme presente en vuestro camino. Me gustaría poder dar
respuesta a todas vuestras preguntas y aportar un poco de luz en vuestras búsquedas,
pero, si no lo logro, sabed al menos que
vuestro hermano Ministro y siervo no se
siente distante de vuestras preguntas, ni ajeno a vuestras búsquedas, sino que comparte
vuestros gozos y esperanzas1, vuestras luchas, dificultades y alegrías, así como vuestros miedos y vuestros sufrimientos en el
seguimiento de Jesús.
Escribo esta carta pensando, en primer
lugar, en vosotros, queridos hermanos jóvenes, pero lo que os digo a vosotros, lo digo
en primer lugar para mí mismo, y lo digo
también para los demás hermanos de la Fraternidad universal. La escribo con la Sagrada Escritura en la mano y en el corazón, para que sea la Palabra, es decir Cristo mismo,
quien guíe vuestra existencia –vuestra búsqueda y encuentro con el Señor, vuestro seguimiento de Jesús y vuestro testimonio-,
interrogándoos, iluminándoos y transformándoos, como en el caso de los discípulos
de Emaús (cf. Lc 24, 13- 35).
A cuantos leáis esta comunicación fraterna de vuestro Ministro y siervo, os saludo con las palabras reveladas por el Altísimo a Francisco: “El Señor os dé la paz”2.
Centinelas de la mañana
2. Queridos hermanos jóvenes: sois para
la Iglesia y para la Orden un don especial
del Espíritu, representáis en la vida de la
Iglesia y de la Orden lo que la primavera en
el ciclo anual de las estaciones. Como el almendro florecido era para Israel un signo de
que Dios cumplía su palabra (cf. Jr 1, 11),
así también vosotros sois para todos los hermanos el signo de que el Señor sigue cumpliendo su promesa y se acuerda de nosotros (cf. Ex 6, 5-8). Os miramos con cariño,
porque Dios os ama. Os miramos con esperanza, porque tenéis la gracia del Señor. Os
miramos con gratitud, porque dais vuestra
vida al servicio del Reino de Dios. Os miramos también con preocupación, pues habréis de afrontar problemas seguramente
293
más arduos de los que hemos tenido que
afrontar los hermanos de las generaciones
que os preceden, y tal vez os vemos menos
pertrechados de lo que nosotros lo estuvimos para la lucha que os espera.
Conozco vuestras posibilidades y vuestra generosidad. Conozco vuestra sed de
plenitud. Sé que en muchos de vosotros arde un fuerte deseo de autenticidad en el seguimiento de Jesucristo, y que, movidos
por el fuego del Espíritu, buscáis con sinceridad a Dios sumamente amado, buscáis
radicalidad en vuestro modo de vivir los
valores de la vida franciscana, buscáis plenitud en vuestra adhesión al Evangelio,
buscáis ser contados entre los amigos del
Señor, confidentes de Cristo, colaboradores del altísimo Hijo de Dios en el anuncio
y realización del Evangelio. Sé que soñáis
con seguir más de cerca las huellas de
nuestro Señor Jesucristo, tal y como habéis
prometido en el día de vuestra Profesión,
sin “domesticar las palabras proféticas del
Evangelio, para adaptarlas a un estilo de
vida cómodo”3.
3. Basado en esa certeza, no dudo en
pediros, ya desde ahora: una opción radical de fe y de vida, que acojáis el mensaje
de Jesús en su totalidad y en su radicalidad, por exigente que sea y aún cuando esté marcado por la Cruz. Porque os conozco
y os amo no puedo no pediros que oséis vivir el Evangelio al estilo de Francisco. Y
mientras os pido todo esto, no dudo en señalaros también a vosotros, como en su día
lo hizo Juan Pablo II a los jóvenes de todo
el mundo, una tarea hermosa y estupenda:
la de haceros “centinelas de la mañana”
(cf. Is 21, 11-12)4 en la Iglesia y en la Orden, en estos momentos en que deseamos
celebrar, con los ojos puestos en el futuro5,
el VIII Centenario de la fundación de
nuestra Orden6.
La imagen del centinela es aplicada en
repetidas ocasiones por la Sagrada Escritura al profeta. Sed profetas. Y aún cuando no
sepáis el momento en que amanecerá, como
era el caso de algunos profetas (cf. Is 21,
12), sed creadores de futuro, abrid el futuro
al hoy, suscitad esperanza.
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4. Si os pido todo esto, es porque tengo
puestas en vosotros muchas esperanzas y,
sobre todo, porque creo firmemente en la
fuerza del Espíritu que habita en vosotros.
Dejaos iluminar por él, dejaos mover por él,
dejaos transformar por él y seréis sal y luz,
Buena Noticia para cuantos se acerquen a
vosotros (cf. Mt 5, 13- 16). El mundo, la
Iglesia, la Orden, pero sobre todo los jóvenes como vosotros, necesitan de vuestra
luz, necesitan de vuestra sal, necesitan de
vosotros para ver y gustar lo que el altísimo
Hijo de Dios os ha llamado a ser. ¿Tendréis
la lucidez y la audacia de ser lo que habéis
profesado que queríais ser? ¿Tendréis la lucidez y la audacia de ser lo que el Señor
amorosamente os ha invitado a ser? ¿Tendréis la lucidez y la audacia de ser lo que,
para bien de todos, sobre todo para vuestro
bien, el mundo, la Iglesia y la Orden esperan que seáis?
Queridos, de la misma manera que cada
día me pregunto qué me está pidiendo el Señor, cómo ha de ser mi vida para cumplir en
todo su santa voluntad, me pregunto ahora
cómo ha de ser vuestra vida para que en todo agradéis al Señor y cumpláis su santísima voluntad, qué os está pidiendo el Amor
que os ha llamado, qué os está pidiendo la
Orden que con amor os ha recibido.
Permitidme que entre en vuestra intimidad para ayudaron a discernir el talante de
vuestra vida7, y que, a la luz de la Palabra
de Dios y de las palabras de gracia que el
Señor inspiró a nuestro seráfico padre Francisco, intente ayudaros en este discernimiento que, como nos recuerda el Capítulo
General Extraordinario del 2006, ha de ser
permanente8; pues, como se suele decir,
cuando aprendemos la respuesta nos cambian la pregunta y tenemos que empezar de
nuevo.
Buscar el rostro del Señor
5. Lo podríamos decir así: Buscar a Dios
es el proyecto humano fundamental. Pero el
salmista lo ha dicho de modo mucho más
sugerente y más cercano a la experiencia
personal; para él, buscar a Dios es la respuesta del creyente a un eco que rebota una
y otra vez hasta el infinito en las paredes de
su corazón: «buscad mi rostro… buscad mi
rostro…».
Lo oye en su corazón, «buscad mi rostro», y se pone a la escucha el discípulo; lo
oye en su corazón, «buscad mi rostro», y se
pone en camino el hermano menor… “Como ansía la cierva corrientes de agua, así mi
alma te ansía a ti, Dios mío. Mi alma está sedienta de Dios, del Dios vivo: ¿Cuándo entraré a ver el rostro de Dios?”(Sal 41,2ss).
Somos eso, “mendicantes de sentido”9, buscadores de Dios. Esa búsqueda sostiene
nuestra vida, la alimenta y la justifica. Esa
búsqueda es respuesta a una llamada que resuena siempre en el corazón, es vocación de
todos los que aman y no gozan aún de la presencia del amado. Ésta es también nuestra
vocación, la de ser buscadores de Dios10.
A Dios se le encuentra en lo cotidiano
6. Me pregunto, porque también vosotros os lo preguntáis: ¿cómo buscar al Señor?; ¿dónde se encuentra el Señor? La Sagrada Escritura nos ofrece luz para responder a esas preguntas.
Huyendo de Jezabel, el profeta Elías llega hasta el Horeb, el monte de Dios, y allí lo
encuentra el Señor (cf. 1R 19, 1ss). El profeta se ha quedado solo; los demás profetas
del Señor han sido asesinados; él mismo está amenazado de muerte. Pudiéramos pensar que, en tales circunstancias, lo que más
necesita Elías es que su Dios se le manifieste como poder salvador. Oímos que el Señor
le dice: “Sal y ponte en pie en el monte ante el Señor. ¡El Señor va a pasar!” Y nos
preguntamos: ¿Qué esperas, Elías, qué pides a tu Dios?, ¿la furia del viento huracanado?, ¿el poder del terremoto?, ¿la insaciable voracidad del fuego? Dice la Escritura: “Vino un huracán tan violento que
descuajaba los montes… pero el Señor no
estaba en el viento… Vino un terremoto,
pero el Señor no estaba en el terremoto…
Vino un fuego, pero el Señor no estaba en el
fuego. Después del fuego se oyó una brisa
tenue; al sentirla, Elías se tapó el rostro con
el manto, salió afuera y se puso en pie a la
entrada de la cueva” (1R 19, 11-13).
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7. Velando el rebaño por turno, unos pastores, en las cercanías de Belén, pasaban a
la intemperie la noche en que nació Jesús.
La Escritura nos dice que se les presentó el
ángel del Señor, que la gloria del Señor los
envolvió de claridad y que sintieron el terror sagrado que el hombre siente en la presencia de Dios (cf. Lc 2, 8-9). A aquellos
pastores se les anuncia en aquella noche un
asombroso evangelio: “Hoy, en la ciudad de
David, os ha nacido un salvador: el Mesías,
el Señor” (Lc 2, 11). Si dices el Mesías, dices el ungido por el Espíritu de Dios; si dices el Señor, dices el poder salvador del
mismo Dios. ¿Qué esperáis encontrar, pastores de Belén?, ¿qué esperáis ver en la noche en que Dios os visita con su gloria? Oíd,
hermanos, las palabras del ángel del Señor:
“Encontraréis un niño envuelto en pañales
y acostado en un pesebre” (Lc 2, 12).
8. Ésa es también la experiencia de fe de
Simeón, aquel hombre honrado y piadoso
que aguardaba el consuelo de Israel. Sus
ojos, iluminados por la gracia, vieron al Salvador, contemplaron la luz que Dios había
encendido para alumbrar a las naciones, la
gloria que Dios había suscitado para el pueblo de Israel; sus ojos vieron gloria, luz y
salvación, y entre sus brazos tenía sólo a un
niño (cf. Lc 2, 25-32).
Ésa fue también la experiencia de fe de
aquellos magos de Oriente, que se presentaron en Jerusalén, preguntando por el rey de
los judíos que había nacido. Ellos preguntan por el rey, y todos entienden que están
preguntando por el Mesías. Y la estrella, su
ángel del Señor, los guió “hasta pararse encima de donde estaba el niño” (cf. Mt 2, 111). Buscan al rey, y encuentran a un niño;
buscan al Mesías, y adoran a un niño recién
nacido.
Desde que la Palabra que estaba junto a
Dios (Jn 1, 1) se hizo carne (Jn 1, 14), Dios
es aquel del cual no se puede pensar nada
más pequeño. Se abaja en el Hijo para que
lo podamos encontrar en la cotidianidad de
la vida, concentra su grandeza en un niño
para que podamos abrazarlo en los acontecimientos de cada día. Lo ordinario es el lugar de la búsqueda y del encuentro con
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Dios, pues, como decía Santa Teresa, el Señor anda “entre los pucheros”.
9. Viviendo en una sociedad donde se
busca sólo lo sensacional y es noticia sólo
lo que se sale de lo normal y habitual, son
muchos los que pretenden buscar y encontrar al Señor sólo en lo excepcional de la vida. Lo cotidiano es, sin embargo, el lugar
preferido por el Señor para dejarse encontrar: Moisés mientras apacentaba el rebaño
de su suegro Jetró (Ex 3, 1ss), Gedeón
mientras majaba el trigo (cf. Jue 6, 11-24),
Amós mientras pastoreaba su rebaño (cf.
Am 7, 15), los primeros discípulos encuentran al Señor mientras se disponían a pescar
(cf. Lc 4, 18-21), la samaritana cuando iba a
buscar agua (cf. Jn 4, 4ss), Mateo mientras
está sentado en el telonio cobrando impuestos (cf. Mt 9, 9), Francisco lo descubre presente en los signos más pequeños y ordinarios, pues todos ellos de él portan significación11. Es significativo que los relatos
vocacionales del Nuevo Testamento señalan a Jesús que pasa (cf. Mc 1, 16), es decir,
a Jesús que se pone al mismo nivel que el
hombre, para encontrarlo en su propio terreno.
10. Encontrar a Dios en lo cotidiano, hacer experiencia de Dios en el día a día, es
una invitación a abandonar el espacio seguro de nuestros criterios y de nuestra sapiencia humana, para lanzarnos a vivir el proyecto de un Dios que se “exilia” de su gloria para hacerse experiencia encarnada en
nuestra propia historia. El encuentro con
Dios en la vida cotidiana supone la madurez
humana de alguien que vive orientado hacia
dentro de sí y volcado hacia los otros, hacia
todo lo que Dios mira y ama. Encontrar a
Dios en la vida de cada día comporta vivir
en la clara oscuridad de la fe y en la disponibilidad del compromiso que lleva, con
frecuencia, a la cruz. Supone estar concentrado, pues Dios no se hace visible a una
mirada superficial ni al alboroto que distrae
de la intimidad y de la pasión del mundo.
Supone saber pasar del ruido ensordecedor
al silencio dialogante, de la dispersión a la
concentración, de la superficialidad a la
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hondura, del individualismo a la relación
que hace comunión.
Dar calidad a la vida de cada día
11. Queridos jóvenes, sin fe, lo cotidiano
es solamente “el terrible cotidiano”. Con la
fe, lo cotidiano se convierte en sacramento
de la presencia de Dios y sacramento de la
presencia ante Dios. Los “signos de los
tiempos” que tendréis que descifrar con mayor frecuencia son los signos de la vida de
cada día. Dios se sirve de los hechos más
pequeños de la vida para manifestarse. Dios
quiere encontraros allí donde estáis, en lo
que hacéis, en el contexto de vuestra existencia cotidiana. No vayáis a buscar a Dios
en otra parte. Él está presente en la cita de
lo cotidiano. Buscad a Dios en la liturgia de
los días feriales. Buscad a Dios en el polvo,
los trapos y el sudor de vuestra cotidianidad. No, no busquéis al Señor en la extravagancia, en lo sensacional; buscadlo en la
oración silenciosa, que tantas veces resulta
difícil; en los momentos de desierto y de
prueba, que la vida os depara; en el camino
cotidiano de la vida de fraternidad, tantas
veces tortuoso y cargado de dificultades;
buscadlo en lo cotidiano de vuestro trabajo
doméstico, en el estudio o en el apostolado... ¡Ahí encontraréis al Señor!
Esto supone, entre otras cosas, abandono
en aquel que, cuidando de las aves del cielo,
de los lirios del campo y de la hierba que
hoy es y mañana muere, hace mucho más
por cada uno de nosotros (cf. Mt 6, 25- 34).
Supone conocimiento real de uno mismo,
sin complejos de inferioridad, pero sin estar
por encima de la propia medida. Supone libertad frente al tiempo, sin angustias y ansiedades, fuera de lugar. Supone que deis
calidad a la vida de cada día. En lo cotidiano, en las cosas pequeñas que constituyen el
día a día de nuestra vida y de nuestro mundo, se pone en juego la vida y se pone en
juego nada menos que el amor. En lo cotidiano se renueva la fuente del corazón: se
aprende a amar más allá de gratificaciones
inmediatas, gratuitamente; y se ama a las
personas en su propia realidad, sin quererlas hacer a nuestra imagen y semejanza. En
lo cotidiano se demuestra la fidelidad en el
amor. Es verdad que cada día tiene su cruz,
pero también es verdad que cada día el Señor nos reserva una novedad que da sentido
a esa cruz, y pone belleza en las dificultades
que encontramos.
Apostad por el valor de lo cotidiano, de
lo contrario correréis el riesgo de vivir al
margen de la realidad, y de vivir una falsa
espiritualidad: una espiritualidad “sin carne”, sin sentido, que antes o después acaba
por dejar al descubierto el vacío existencial
en que se apoyaba. Buscad lo extraordinario en lo ordinario. Dad calidad a la vida de
cada día.
Condiciones para buscar al Señor y encontrarse con él
12. Continúo haciéndome preguntas que
alguna vez a vosotros os he oído formular:
¿cómo buscar al Señor?, ¿cuáles son las
condiciones para encontrarlo? Volvamos a
buscar en la Sagrada Escritura la luz que necesitamos para responder.
Leemos en el evangelio de Juan: “Jesús
vio venir a Natanael y comentó: Ahí tenéis
a un israelita de veras, a un hombre sin falsedad” (Jn 1, 47). Jesús describe a Natanael como un verdadero israelita en el que no
hay falsedad, es decir, lo describe como un
hombre que es fiel a la verdad y busca la
verdad, guarda lo que ha recibido y busca lo
que todavía ha de encontrar. El Señor lo vio
cuando estaba bajo la higuera. Esta referencia a la higuera hace pensar que Natanael
fuese un escriba o un doctor de la ley, un
amante de la Escritura Santa. En efecto, el
lugar preferido por los rabinos para profundizar en el conocimiento de la Escritura y
para enseñarla se hallaba “bajo la higuera”,
no sólo porque la higuera protegía del sol,
sino también y sobre todo porque era símbolo de Israel (cf. Os 9, 10). Natanael nos es
presentado en el evangelio como un hombre
genuino, abierto a la revelación del Señor,
un hombre en camino. Natanael se convierte así en prototipo del que busca con perseverancia y con sinceridad al Señor, desinteresadamente, con gran libertad de ánimo,
sin prejuicios, y sin reservas de ningún tipo.
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La búsqueda del Señor y el encuentro
con él sólo pueden darse desde estos presupuestos. Natanael encontró al Señor
porque tenía el corazón dispuesto para que
el Señor se encontrase con él. Zaqueo pudo hospedar a Jesús en su casa (cf. Lc 19,
1-10), porque era pequeño en todo y deseaba verlo (cf. Lc 9, 3). Encuentra al Señor
quien se hace como un niño (cf. Lc 18, 1517), y tiene corazón de pobre, y hambre y
sed de vida en plenitud (cf. Mt 5, 1ss). Encuentra al Señor quien le busca en la oración confiada e insistente (cf. Lc 11, 5-13),
en la oración del corazón (cf. Mt 6, 5, 13).
Encuentra al Señor quien oye la palabra de
Dios y la guarda (cf. Lc 11, 28). Encuentra
al Señor quien es capaz, como Francisco,
de entrar en la “gruta” de su intimidad12 y
está dispuesto a “nacer de nuevo” (cf. Jn
3, 3).
13. Quien, en cambio, vive en la mentira
y la hipocresía, como los fariseos (cf. Mt 23,
1-33), practicando una religiosidad sin espíritu y sin verdad, una religiosidad de ritos
exteriores que no tocan el corazón del hombre ni cambian su vida (cf. Mt 6, 5-18; 15,
1-20); quien tiene el corazón dividido (cf.
Mt 6, 24), y desea continuar viviendo en la
ambigüedad que ello comporta; quien vive
en una falsa seguridad que nace de sentirse
llegado a la meta y ser poseedor de la verdad..., éstos tales no pueden encontrarse
con el Señor, y ya de antemano se hacen impermeables a la acción salvadora de la Palabra y de la persona de Jesús.
Quien se proponga buscar al Señor y encontrarse con él ha de cultivar unas disposiciones fundamentales. Se podrá estar en el
error, como Pablo cuando perseguía a los
seguidores del camino de Jesús (cf. Hch 9,
1-2), pero lo que uno no puede es dejar que
se le embote la mente (cf. Lc 21, 34), no ya
con el vicio y la bebida, sino sobre todo con
los agobios de la vida, ataduras sutiles y poderosas que le impedirían caminar, pequeñeces innumerables que le impedirían ver.
La actitud del que busca al Señor ha de ser
la del discípulo que “en el primer día de la
semana” corre a encontrarse con el Señor
de la vida (cf. Jn 20, 4).
297
14. Queridos hermanos jóvenes: En la
búsqueda son lógicas las preguntas, como
la que hizo María de Nazaret ante la propuesta del ángel de la anunciación (cf. Lc 1,
34), pero lo que no os puede faltar es la disponibilidad del corazón para escuchar, para
obedecer, para dejar espacio en la propia vida a la Palabra, para dejar que la Palabra viva y crezca en cada uno de vosotros, como
semilla en tierra buena, como un hijo en el
seno de la madre, hasta que dé en vosotros
la abundancia de fruto que está llamada a
dar, y lleguéis a ser por la fe hermanos y
hermanas y madres de nuestro Señor Jesucristo. La “suerte” del que busca, la suerte
de todos nosotros, es el no ver claro, por eso
precisamente viene la pregunta: “Señor,
¿qué quieres que haga?”, como en el caso
de Francisco13, y su oración: “Ilumina las
tinieblas de mi corazón...”14, pero lo que no
puede faltar nunca es el “aquí estoy”, como
el de María (cf. Lc 1, 38), o el del profeta
Isaías (cf. Is 6, 8). Tampoco puede faltar la
prontitud con que Francisco acoge la “revelación” que le hizo el Señor15. En la búsqueda de Dios y en el encuentro con él puede incluso ser lógico el miedo, pues se parte sin saber adónde se llegará (cf. Heb 11,
9); uno puede considerarse indigno (cf. Is 6,
5; 1Cor 15, 8- 9), pero lo que no se puede es
poner condiciones (cf. Mt 8, 19-22), ni dudar de la gracia del Señor (cf. 1Cor 15, 10).
¿Cómo es vuestra búsqueda del Señor?
¿Cuál es vuestra preparación para buscarlo
y encontrarlo? ¿Cuáles son los impedimentos en vuestras vidas para buscar y encontrar a Dios? ¿Qué creéis que os falta? ¿Qué
pensáis que os sobra?
Buscar al Señor, una tarea nunca acabada
15. En cuanto al seguimiento queda aún
otra pregunta que sin duda os inquieta a muchos de vosotros: ¿cuánto tiempo tendremos que seguir buscando a Jesús?
La respuesta es fácil, aunque no siempre
sea la que nosotros esperamos y desearíamos. La búsqueda de Jesús dura toda la vida, siempre. El Señor, como dice Jeremías,
es como un wadi –arroyo engañoso, de agua
inconstante- (cf. Jr 15, 18): esos valles pro-
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fundos del desierto que durante las tormentas rebosan de agua, pero en los que,
apenas terminada la lluvia, el agua desaparece. El Señor se deja encontrar por quien
lo busca, pero no se deja nunca atrapar, por
ello cuando menos uno se lo espera vuelve
a desaparecer, y la búsqueda ha de continuar. Y así una y otra vez, hasta que lo veamos tal cual es (1Jn 3, 2). Dejar de buscarlo, es perderlo. Y cuanto más tiempo se
deje de buscarlo, más difícil se vuelve el
encontrarlo. Puede que en la espera del Señor, a vosotros como a las doncellas de la
parábola, os entre el sueño y os durmáis. A
todos os despertará la voz del que os llama
al encuentro con el esposo. Pero será necesario estar allí cuando llegue y que vuestra
lámpara esté aderezada con el aceite de la
caridad y la llama del deseo, no sea que se
cierre la puerta del banquete y os quedéis
fuera, en la noche, lejos de la fiesta y de la
dicha (cf. Mt 25, 1ss).
16. Queridos jóvenes, la vida franciscana, como toda vida religiosa, no es un “estado”, una “meta”. Nuestra vida es camino,
y es en el camino donde encontramos al Señor, donde el Señor nos habla y se hace el
encontradizo con nosotros, como en el caso
de los discípulos de Emaús (cf. Lc 24, 1315) o de Pablo (cf. Hch 9, 3). Poneos en camino, pues es en el camino donde el Señor
os irá mostrando su rostro16, y donde tendréis “una mejor comprensión de la propia
vocación”17. Como Pablo esforzaros por
conseguir la meta, dejándoos conquistar por
Cristo (cf. Fil 12).
En momentos de incertidumbre como
los nuestros, tal vez lo más importante no
sea que halléis respuestas para eventuales
preguntas, sino que os sintáis hermanos en
camino, compañeros de camino y que os
presentéis a los demás, especialmente a los
jóvenes como vosotros, con la verdad y la
humildad de vuestra búsqueda, con la verdad y la humildad de vuestras preguntas,
con la verdad y la humildad de vuestros
miedos e incertidumbres..., pero, al mismo
tiempo, con la certeza de que el Señor camina con vosotros y guía vuestros pasos,
aunque en algún momento vuestros ojos no
tengan la luz que necesitan para reconocerlo (cf. Lc 24, 16).
17. Poneos en camino, hermanos míos,
pues en nuestra vida, como nos lo recuerda
Gregorio de Niza, procedemos “de inicio en
inicio, a través de inicios que nunca tienen
fin”. Poneos en camino, pues nuestra identidad de cristianos y de franciscanos es una
identidad dinámica y siempre incompleta.
Haced vuestras las palabras de Ignacio de
Antioquía: “Aunque prisionero, todavía no
soy discípulo... Cuando mi cuerpo haya desaparecido de este mundo, entonces seré
verdadero discípulo de Jesucristo”.
Pongámonos en camino, hermanos, siguiendo el ejemplo del hermano Francisco
que “cuando por la enfermedad se veía
precisado a mitigar el primitivo rigor, solía decir: «Comencemos, hermanos, a servir al Señor Dios, pues escaso es o poco lo
que hemos adelantado»18. Si el bienaventurado Francisco “no pensaba haber llegado aún a la meta, y, permaneciendo firme
en el propósito de santa renovación, estaba siempre dispuesto a comenzar nuevamente”, ¡cuánto más nosotros, que sólo
podemos presumir de nuestros pecados,
hemos de comenzar cada día con nuevo
impulso la tarea de servir al Señor con todo el corazón!
Ponerse en camino significa entender la
vida como un proceso nunca acabado, como un proyecto nunca perfeccionado, y
verse a uno mismo lanzado hacia adelante,
proyectado hacia adelante por la fuerza del
Espíritu. Vivir la vida como proceso y proyecto supone aprender a vivir, no en función de nuestra necesidad de seguridades,
sino asumiendo el riesgo de la autenticidad
y la verdad (cf. Gn 12, 1-9).
18. Se pone en camino el que escucha la
palabra de la llamada del Señor –como la
escuchó en su tierra de Ur de los Caldeos el
patriarca Abrahán- (Gn 12, 1), el que vive
atento al corazón para conocer las obras de
Dios en él, el que busca agradar a Dios en
todo lo que hace y confiesa humildemente
que en todo desea manifestarle el amor que
le tiene –como el Apóstol Pedro junto al la-
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go de Tiberíades: “Tú lo sabes todo, tú sabes que te quiero”- (Jn 21, 17).
Queridos hermanos jóvenes: vivid en
discernimiento constante, en proceso y en
proyecto. Vivid en camino y en búsqueda
constante, como peregrinos y forasteros
(2R 6, 2; cf. 1Pe 2, 11). En tiempos como
los nuestros, tiempos de cambio, de oscuridad, de desconcierto, la búsqueda humilde
y perseverante es exigencia de la fidelidad
creativa a la vocación19. Sed constantes
buscadores de Dios.
Dejándolo todo, le siguieron
19. La consecuencia lógica de la búsqueda y del encuentro es el seguimiento. Buscamos para encontrar, y una vez encontrado
al que buscábamos, somos llamados a seguirlo: “Sígueme” (Mc 2, 24), “venid conmigo” (Mc 1, 17). Pero, ¿qué implica el seguimiento?
Exigencias del seguimiento
20. Las exigencias de la sequela Christi
son ciertamente muchas. Seguir a Jesús
nunca fue fácil, tampoco lo es hoy. Jesús, a
quien quiera seguirlo, continúa pidiéndole,
hoy como ayer, radicalidad. Radicalidad
frente a los bienes materiales: “Vete, vende
todo lo que tienes y dalo a los pobres..., luego ven y sígueme” (Mt 19, 21); “quien no
renuncia a todos sus bienes, no puede ser
discípulo mío” (Lc 14, 33). Radicalidad
frente a uno mismo: “Si alguno quiere venir
en pos de mí, niéguese a sí mismo, tome su
cruz cada día, y sígame” (Lc 9, 23). Radicalidad frente a lo que más se ama: “Si alguno
viene donde mí y no odia a su padre, a su
madre, a su mujer, a sus hijos, a sus hermanos y hasta su propia vida, no puede ser discípulo mío” (Lc 14, 26). Jesús continúa exigiendo exclusividad: “deja que los muertos
entierren a los muertos (Mt 8, 22). Continúa
reclamando una opción definitiva: “Nadie
que, después de haber puesto mano al arado, mire atrás es apto para el reino de Dios”
(Lc 9, 62). Porque la llamada y el don de
Dios son irrevocables (cf. Rm 11, 29), pues
se fundamentan en su amor fuerte y eterna-
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mente fiel (cf. Sal 117, 2), la respuesta del
discípulo no puede ser part time. La vuelta
no está prevista. La entrega a Jesús no puede ser sino absoluta. Finalmente, a quien
quiera seguirlo, Jesús le pide que entre por
la puerta estrecha, pues sólo ella lleva a la
vida (cf. Mt 7, 13-14). Ser discípulo es seguir a Jesús, seguir sus huellas, recorrer su
camino. Al discípulo no le está permitido
marcar otro camino.
21. “Las zorras tienen guaridas, y las
aves del cielo nidos; pero el Hijo del hombre no tiene donde reclinar la cabeza” (Mt
8, 20). Como al gigante se le pide salir de la
tienda para recorrer el camino (cf. Sal 19,
6), así al discípulo se le pide dejar la guarida, es decir: dejar cualquier seguridad,
arriesgar, ir más allá, quedarse a la intemperie y poner toda su confianza en el Señor.
El discípulo debe renunciar también al nido, es decir: enfrentarse a la dureza del impacto con la vida cotidiana, a la agresividad
de la vida, inevitable cuando uno vive la radicalidad de la consagración religiosa. De
este modo, el discípulo está llamado a crear
un vacío total en torno a sí, está llamado a
dejar secar las raíces que le dan seguridad,
para dejarse conquistar por el Señor y que el
Señor lo sea todo para él: su seguridad, su
riqueza, su bien, todo el bien, el único
bien20. Si es verdad que uno no nace discípulo sino que se llega a ser, bien podemos
decir que el hombre sólo cuando deja la
guarida y el nido, y confía totalmente en el
Señor, llega a ser discípulo, y sólo entonces
nace como hombre libre.
Tales exigencias son incompatibles con
un seguimiento condicionado, ya sea con
relación al tiempo -un seguimiento part time: “Nadie que, después de haber puesto
mano al arado, mire atrás es apto para el reino de Dios” (Lc 9, 62)-, ya sea con relación
a la radicalidad de la entrega -“déjame ir
primero a sepultar a mi padre”; “déjame antes despedirme de los de mi casa” (Lc 9, 59.
61); “deja a los muertos sepultar a sus
muertos” (Lc 9, 59)-.
22. Seguir a Jesús implica un deseo profundo de vivir con él, para él, y como él pa-
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ra siempre, en toda ocasión y momento. Seguir a Jesús significa: compartir su camino
y su destino, adoptar los criterios en los que
él se inspiró, hacer propios sus objetivos y
colaborar activamente en su misión. Seguir
a Jesús significa adhesión de toda la persona al único que tiene palabras de vida eterna. No se puede seguir a Jesús sólo a nivel
de sentimientos. Seguir a Jesús no es tampoco la simple aceptación intelectual de una
doctrina y de una enseñanza, sino la opción
concreta por Jesús, es una vida, una praxis.
La vida del discípulo se convierte así en un
auténtico riesgo. Un riesgo absoluto. El
riesgo de una pobreza existencial a lo vivo
que obliga a confesarse a sí mismo cómo
sin el Dios del Evangelio no cabe esperanza
posible.
23. ¿Querrá decir esto que en el proyecto de vida franciscana no hay un justo lugar
para el goce terreno? Negar el lugar que le
corresponde al goce terreno en nuestra vida
sería completamente contrario al proyecto
evangélico de vida que habéis abrazado.
Vuestra opción de vida no es el simple vestíbulo de la vida futura. La forma de vida
que abrazasteis os pide, más bien, dar sentido de plenitud a vuestra vida de cada día.
En cuanto consagrados, vosotros, queridos
jóvenes, estáis llamados a buscar una felicidad cuya raíz está en saberos pertenecientes
a Jesús, y cuyos primeros resultados sean
llenar de sol la jornada terrena, sin buscar
sucedáneos, sin dejar el “manantial de
aguas vivas”, para “haceros cisternas agrietadas que el agua no retienen” (Jr 2, 13), pero tampoco sin negarle a vuestra vida la alegría cuya copa llega a rebosar en su verdadera fuente: el seguir a Jesús por el camino
que él mismo ha trazado para todos sus discípulos: “Si alguno quiere venir en pos de
mí, niéguese a sí mismo, tome su cruz cada
día, y sígame” (Lc 9, 23).
Sé muy bien que todo esto no es fácil,
pues exige un salto de calidad en la propia
vida. Yo mismo siento en la propia carne la
tentación de rehacerme constantemente la
seguridad que dan la “guarida” y el “nido”.
Pero el salto es posible. Lo dieron los discípulos, lo dieron Francisco y Clara. Lo die-
ron tantos hermanos y hermanas a lo largo
de estos 800 años de historia de la Fraternidad. Lo siguen dando otros muchos, jóvenes y mayores. Tú, ¿estás dispuesto a dar
este salto? ¿Cómo es posible?
La fe fundamento último del seguimiento
de Jesús
24. Uno no puede seguir a Jesús sin una
fe recta; uno no puede asumir la radicalidad que comporta “seguir más de cerca el
Evangelio, y las huellas de Jesucristo”21,
sin una fe que implique todo lo que somos
y se transforme en “fuente absoluta de
nuestra alegría y de nuestra esperanza, de
nuestro seguimiento de Jesucristo y de
nuestro testimonio ante el mundo”22. En el
corazón del proyecto de vida franciscana
está una experiencia original de fe en Dios,
“realizada en el encuentro con Jesucristo”23. El proyecto de vida que nos dejó
Francisco se construye en su totalidad en
torno a la viva certeza de que bien vale la
pena arriesgar por entero una vida para seguir a Jesús, lo que está indicando la necesidad de creer a fondo, de adherirse al Dios
único y verdadero, explicado y narrado (cf.
Jn 1, 18) de forma definitiva por Jesús (cf.
Jn 14, 6. 9); la necesidad de dejarse cuestionar en la escucha de un “Dios que habla”
y que interpela, un Dios que llama al hombre, interviene en la historia y es conocido
por sus acciones, las únicas que le dan un
nombre.
La fe es el único fundamento sólido sobre el que se pueda construir una vida en espíritu de oración y devoción, fraternidad,
minoridad, pobreza y solidaridad; sólo desde la fe podemos responder a nuestra vocación de llenar la tierra con el Evangelio de
Cristo24. La fe mueve montañas (cf. Mt 17,
20ss). La fe hace que lo que parece absurdo
se transforme en una hermosa realidad, y lo
que parece imposible deje de serlo (cf. Lc 5,
1-7). Lo que para un hombre sería imposible, no lo es para Dios (cf. Lc 18, 27). Nuestro Dios es el Dios de lo imposible (cf. Lc 1,
37), y nada es imposible para quien cree y
confía en él: “Todo lo puedo en aquel que
me conforta” (Fil 4, 13).
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25. Pero la fe de la que estamos hablando no es el resultado de un acto meramente
intelectual y ni siquiera un compromiso
moral: es la adhesión total a la persona de
Jesús. Es, antes que nada, apertura incondicional a la relación personal con Jesús. La
fe se basa en la escucha de una palabra que
introduce a quien la escucha con corazón
abierto y disponible en una relación de alteridad, de sim-patía, y que coloca al creyente en una comunidad, en una historia de relación toda ella por construir. La experiencia de Dios se expresa en el encuentro con
Jesús y se vive en un contexto de alianza,
que es relación de alteridad y de libertad.
Por eso creer es abrirse, fiarse, arriesgar,
comprometerse con el otro. Creer es el antídoto del miedo, del cálculo. Creer es, como
en el caso de Abraham, “salir de la tierra nativa, de la casa paterna” y ponerse en camino “hacia la tierra que el Señor nos mostrará” (cf. Gn 12, 1), aunque no sepamos decir
a dónde el Señor nos llevará (Hb 11, 8).
De ahí que sea en el seguimiento donde
se manifiesta la fe: Y ellos dejándolo todo le
siguieron (cf. Mc 1, 18. 20; Lc 5, 28). Creemos en él y le seguimos, confiamos en él y
no le preguntamos adónde nos lleva, conocimos su amor y le amamos, y no necesitamos calcular los riesgos de habernos puesto
en camino con él. Fue todo muy sencillo:
nos llamó –como a Abrahán, su amigo-, nos
atrajo –como a la esposa del Cantar, su
amada-, nos sedujo –como a Jeremías, su
profeta-. Sus palabras eran llamas de fuego:
“El que quiera venir en pos de mí, niéguese
a sí mismo, tome su cruz y sígame” (Mc 8,
34). Y nos dejamos atraer por su luz y su calor: “Al instante lo siguieron” (Mc 1, 18; Mt
4, 20. 22; 8, 18-22).
26. Queridos hermanos jóvenes: No os
cerréis a su amor, en la ilusión de una imposible autosuficiencia (cf. Gn 3, 1-7)25. Dejadle entrar en vuestro “espacio vital”26.
Como la samaritana del Evangelio, ofrecedle lo que sois, lo que tenéis, vuestra verdad sin restricciones. Sólo él saciará definitivamente vuestra sed de plenitud27.
Ante el riesgo de una fe momentánea u
ocasional, que no llega a unificar la vida, o
301
ante el riesgo de la pertenencia parcial, que
no desemboca en la experiencia del verdadero discipulado, debéis recordar, queridos
jóvenes, que creer es implicarse en el proyecto de Dios, afianzados en su fidelidad,
confiados en su promesa, firmes sobre la roca de su bondad y su misericordia. Y, una
vez que la historia de la salvación ha llegado en Cristo a su plenitud, creer significa
seguir a Jesús, poner a Jesús en el centro de
la propia vida, hacer de Jesús el fundamento de nuestro presente, de nuestro futuro.
Ante el riesgo de fragmentación y de esquizofrenia espiritual interior, Jesús es el amor
que da unidad a vuestro camino, a vuestra
historia, Jesús es el único que puede unificaros, Jesús es el único que puede conduciros a la fuente de la perfecta comunión.
Permíteme, querido hermano, que te pregunte ¿Qué dices de tu fe? ¿Cómo alimentas tu fe? ¿Cuáles son los impedimentos que
encuentras en tu vida para creer de verdad?
¿Quién es Jesús para ti? ¿Qué lugar ocupa
Jesús en tu vida de cada día?
Encontrar el tesoro facilita el camino
27. El encuentro precede al seguimiento.
Los discípulos siguen al Señor sólo después
de encontrarse con él. Lo mismo Pablo. En
ambos casos ha habido un encuentro con
Jesús, una palabra por parte de Jesús, y
quien la ha escuchado y acogido en el corazón se sintió “conquistado” (Fil 3, 12), “escogido”, “llamado” (Rm 1, 1; 1Cor 1, 1),
“amado” (Gál 2, 20). Y lo mismo acontece
hoy. Para seguir a Jesús hay que encontrarlo, creer en él, escucharlo, seguirlo y morir
con él para poder resucitar con él.
Por otra parte, el encuentro es lo que da
sentido al seguimiento en sus exigencias
más radicales. Se deja algo porque se encuentra algo; se deja todo porque se encuentra todo, o mejor aún: al que lo es todo28. Es significativo que en la vocación
de los primeros discípulos el desprendimiento –la renuncia- se expresa a través de
un doble movimiento de separación y de
acercamiento: lo dejan todo (cf. Mc 1, 18.
20) y se acercan a él (cf. Mc 3, 13). Es tal
la alegría del hallazgo que justifica el que
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se venda todo para conseguir el tesoro (cf.
Mt 13, 44).
28. Mientras la tristeza bloquea, la alegría motiva la decisión de seguir a Jesús. La
alegría del hallazgo, un hallazgo siempre
gratuito y sorprendente, la pasión por el “tesoro escondido”, el amor por Jesús, hace
que la renuncia a todo lo que uno tiene no
resulte una heroicidad, un sacrificio insólito o una privación extrema, sino que se vea
como una consecuencia de haber encontrado al que puede llenar las aspiraciones más
altas y la vida misma de una persona. Para
quien conoce a Jesús –para quien encuentra
el tesoro escondido- Jesús es lo único necesario y todo lo demás es secundario. No
porque todo pierda significado, sino porque, finalmente, todo tiene su significado.
Es la experiencia de Pablo que frente al conocimiento de Jesús, todo lo considera pérdida con tal de ganarle a él (cf. Fil 3, 7. 12).
El discípulo lo deja todo para acercarse al
que lo es todo: “¿También vosotros queréis
marcharos? ¿A dónde iremos? Sólo tú tienes palabras de vida eterna” (Jn 6, 67-68).
El discípulo se sitúa en lo esencial, y lo
esencial está sólo en aquel que tiene palabras de vida eterna. El discípulo no tiene
bien alguno superior a él (cf. Sal 16, 2). El
discípulo, como Pablo, ha sido conquistado
por él (cf. Fil 3, 12), hasta poder decir que él
es su vida (cf. Fil 1, 21; Gál 2, 20). Ser discípulo no se mide por lo que uno deja –aunque haya que dejar muchas cosas-, sino por
lo que uno encuentra.
También aquí deseo preguntarte:
¿Te has encontrado realmente con Jesús?
¿Cuándo, cómo? Los discípulos lo recuerdan exactamente (cf. Jn 1, 39) ¿Cómo alimentas ese primer encuentro?
Es la hora de la fidelidad
29. No basta buscar y encontrar, es necesario decidirse. Quien quiere tener los dos
pies en el mismo zapato no puede caminar.
Es la hora de optar decididamente por Cristo, de seguirlo incondicionalmente, movidos sólo por la fe. No es hora de rebajas en
la vida cristiana, religiosa y franciscana. No
es el tiempo para la mediocridad. Nunca lo
ha sido, pero hoy menos. Es la hora, como
dirá Clara, de adherirse “con todas las fuerzas del corazón a Aquel [...] cuyo amor aficiona, cuya contemplación nutre, cuya benignidad llena, cuya suavidad colma, y su
recuerdo ilumina suavemente”29. Es el momento de darlo todo a Aquel y por Aquel
que es “Rey de reyes” y “Señor de los señores”30 . Es la hora de la fidelidad.
Recuerdo aquí que, en alguno de los encuentros que he tenido con vosotros en estos años, se me hizo esta pregunta: ¿qué es
la fidelidad? De lo que os he oído decir, me
ha quedado la sensación de que, para algunos, fidelidad significa cerrarse a la novedad, negarse al cambio, permanecer en su
sitio, sólo para poder decir que se han quedado donde siempre han estado. No, la fidelidad es necesariamente dinámica, activa,
creativa31. No habéis recibido sólo la llamada inicial, Dios os sigue llamando constantemente, y en cada momento os invita a
responderle con renovada fidelidad. Tened
viva la conciencia de la llamada vocacional
y vuestra fidelidad será siempre joven. Recordad diariamente vuestro propósito32 y
será vuestro andar apresurado, y ligero
vuestro paso33. “Cumplid, con propósito
generoso y firme, lo que habéis prometido”34. “Obedeced a la voz del Hijo de
Dios”35. No os dejéis envolver “por tiniebla
alguna ni amargura”36, para que podáis
“avanzar con mayor seguridad en el camino
de los mandatos del Señor”37, y “seguir la
voluntad del Señor y agradarle”38.
30. Concebida así la fidelidad, ésta consiste en hacer los cambios necesarios en cada instante de la vida para permanecer durante toda ella anclados firmemente en los
valores que nos definen como Hermanos
Menores. La fidelidad no es la estabilidad
de lugar, sino de corazón, hasta poder decir
con el salmista: “Si un ejército acampa contra mí, mi corazón no tiembla, mi corazón
no tiembla” (Sal 27, 3), “Mi corazón está
firme, Dios mío, mi corazón está firme”
(Sal 57, 8). Y puesto que de corazón se trata, recordad que la fidelidad está siempre
acosada y que por ello debe ser atentamen-
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te cuidada. Nada más precario y nada más
amenazado que la fidelidad. Desaparece en
el momento en que dejamos de guardarla.
Vocaciones y parejas naufragan por descuido.
Ser fiel, por tanto, exige disciplina, trabajar hasta el final de la vida, no dando nada por supuesto, y luchando, como el atleta,
hasta que concluya la prueba y se consiga la
corona (cf. 1Cor 9, 25). La fidelidad exige
vigilancia para que el tiempo de la dificultad no os sorprenda como el ladrón. La fidelidad no es tal hasta que se pone a prueba.
La fidelidad exige permanente discernimiento para examinar “lo que agrada al Señor” (cf. Ef 5, 8-10). La fidelidad exige también constancia para no desfallecer ante las
dificultades o “persecuciones” (cf. Mc 4,
17), para no darse por vencido: “No hay fracaso –dice Kin Hubbard- excepto el dejar
de intentarlo. No hay derrota, excepto la
que nos imponemos a nosotros mismos. No
hay ninguna barrera insuperable, excepto
nuestra inherente debilidad en cuanto al
propósito”. “Es deber nuestro –cantaba
Holderlin-, aguantar bajo las tormentas de
Dios, a cabeza descubierta, para con nuestras manos agarrar su rayo”.
31. La constancia es hermana de la paciencia para no venirse abajo ante las miserias propias, las de la Orden, y ante el pecado que ensombrece el rostro de la misma
Iglesia. El que os llamó es el “compasivo,
paciente, misericordioso y fiel” (Ex 34, 6).
Sed cómplices con la historia de misericordia de Dios con la humanidad herida por el
pecado (cf. Is 54, 10). Recordad siempre
que sólo ve las estrellas quien tiene la constancia de velar en la noche. La fidelidad tiene necesidad de la fe que nos vincula a lo
trascendente y agarra de tal modo la propia
vida que uno ya no puede verse a sí mismo
sin ella. Esa fe ha de ser cuidada y alimentada adecuadamente, pues la ‘increencia’
nos acecha, está en el aire que respiramos.
Manteneos fieles y constantes en el propósito, queridos hermanos, y la vida será un
milagro que acontece cada día. Sed fieles
hasta la muerte, y el Señor os dará la corona de la vida (cf. Ap 2, 10). Enfrentaos a la
303
prueba recordando la fidelidad de Dios, cuya misericordia y compasión no terminan,
sino que se renuevan cada mañana (cf. Lam
3, 21-25). Apostad en todo momento por el
amor (cf. 1Cor 16, 13). Decía Bernanós que
“para que una habitación esté caliente es necesario que el fogón esté al rojo vivo”. Necesitáis apostar por el amor ardiente y apasionado por el Señor y por la humanidad
amada por el Señor, a ejemplo de Francisco
y de tantos hermanos que nos han precedido
a lo largo de estos 800 años de historia.
Queridos hermanos: ¿Estáis dispuestos a
darlo todo por Jesús, a seguirlo con corazón
indiviso? ¿Estás dispuesto a enfrentarte a
las pruebas que comporta el seguimiento de
Cristo?
Haz memoria
32. Han pasado ya algunos años desde
que cada uno de vosotros ha escuchado la
llamada del Señor. Entonces, como Eliseo
siguió a Elías y se puso a su servicio (cf. 1R
19, 21), como la prometida sigue a su prometido (cf. Jr 2, 2), el rebaño al pastor (cf.
Sal 80, 2), el pueblo a su rey (cf. 2Sam 15,
13; 17, 9), también vosotros habéis seguido
al Señor. Han pasado algunos años y, mientras la mayoría de vosotros sigue cada día
más de cerca las huellas de Jesucristo, puede que en algunos de vosotros el entusiasmo de un principio haya venido a menos y
que más de uno comience a echar cuentas:
Lo he dejado todo para seguir al Señor y
ahora ¿qué? (cf. Mt 19, 27).
Querido hermano joven: Te invito a
reavivar la memoria de aquel día en que el
Señor pasando a tu lado fijó en ti sus ojos y
amándote (cf. Mc 10, 21) te dijo: Sígueme.
Y te invito también a hacer memoria de
aquel día en que con total disponibilidad,
como el profeta y como María, respondiste:
“Aquí estoy” (Is 6, 8; Lc 1, 38), y con gran
generosidad, como los primeros discípulos,
lo dejaste todo para seguirle (cf. Lc 5, 11).
33. Dietrich Bonhoöeffer se preguntaba:
¿La pérdida de todos los vínculos, del amor,
del matrimonio, de la amistad, de la fidelidad, no será debida a la pérdida de la me-
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moria? Raimundo Lulio ya respondió a esta inquietud cuando escribió en el Libro del
Amigo y del Amado: “Preguntaron al amigo
dónde nacía el amor, de qué vivía y por qué
moría. Respondió el amigo que el amor nacía en el recuerdo, vivía de inteligencia y
moría por olvido”. Hoy parece que nada
permanece, nada se enraíza profundamente.
Todo es a corto plazo, todo como un breve
respiro. Y, sin embargo, hoy como ayer, todas las grandes relaciones, exigen tiempo,
estabilidad, “memoria”. Quien no esté dispuesto a cargar con la responsabilidad de un
pasado, de una palabra dada, y de dar forma
a un futuro teniendo en cuenta esa palabra,
éste tal es un “desmemoriado” que difícilmente podrá enfrentarse al presente y al futuro. La fidelidad es la virtud esencial a
cualquier relación interpersonal, y la perseverancia es la virtud específica del tiempo.
¡No existe valor ni virtud sin la perseverancia y sin la fidelidad!. La fidelidad deja de
ser abstracta cuando no se limita a informar
una estación o un momento de la vida de
una persona, sino que plasma toda su existencia, hasta la muerte.
34. Han pasado los años, y la fidelidad
del Señor permanece, como está llamada a
permanecer vuestra respuesta. Han pasado
los años y el Señor, hoy como ayer, tiene celos por vosotros. Para Jesús sois sus propios
discípulos (cf. Mc 4, 34). Han pasado los
años y Jesús os pide y exige prontitud (cf.
Mc 1, 18. 20; 2, 14; Lc 9, 59-62). Han pasado los años y, aunque hoy no esté de moda,
Jesús os exige una opción definitiva (cf. Lc
9, 62). Han pasado los años y Jesús, como a
Pedro, os renueva su invitación: “Sígueme”
(Jn 21, 19).
Recordad que la del discípulo es una tarea nunca acabada. Su vocación es para la
vida, es proyecto, es proceso. Si el objetivo
último para el discípulo es el de configurase
totalmente con Cristo, llegando a tener sus
mismos sentimientos (cf. Fil 2, 5), entonces,
quien sigue a Jesús no puede nunca considerarse discípulo ya hecho, terminado. El discípulo nunca termina de serlo, está siempre
haciéndose, o mejor todavía, está siempre
dejándose hacer, “hasta que todos alcance-
mos la unidad de la fe y del conocimiento
del Hijo de Dios, la edad adulta, la madurez
de la plenitud de Cristo” (Ef 4, 13). Con el
seguimiento empieza una historia verdaderamente nueva: la historia de nuestro camino tras las huellas de Jesús y con Jesús.
Rema mar adentro
35. Viendo las exigencias del seguimiento de Jesús, algunos de vosotros tal vez pudieran pensar, aunque no lo digan abiertamente, que tales exigencias no resultan
aceptables para el hombre de hoy. De hecho, en nuestros días, particularmente entre
las jóvenes generaciones, que suelen ser
más sensibles al influjo del ambiente en que
viven, más abiertas, más acogedoras y, por
eso mismo, mas vulnerables, son muchos
los que viven bajo el signo de lo emocional
y lo provisorio y se dejan dominar por la
dictadura del relativismo, dictadura que todo lo pone bajo sospecha, para la que todo
es siempre negociable, y que en muchos corazones acrecienta sentimientos de incertidumbre, de inseguridad y de inestabilidad.
Son muchas las víctimas de la duda sistemática, arrastradas a refugiarse en lo cotidiano y en el mundo de la emotividad. Son
muchos los seducidos por la cultura del part
time y del zapping, que los lleva a no asumir compromisos de larga duración, a pasar
de una experiencia a otra, sin profundizar
en ninguna; son muchos los seducidos por
la cultura light, que no deja espacio para la
utopía, para el sacrificio, para la renuncia;
son muchos los seducidos por la cultura del
subjetivismo, según la cual el individuo es
la medida de todo, y todo se ve y es valorado en función de uno mismo, de la propia
realización. Esta mentalidad posmoderna
genera, especialmente en las nuevas generaciones, una personalidad difusa, poco definida, que hace más difícil el poder entender lo que ya de por sí es difícil: las exigencias radicales del seguimiento de Cristo.
En los encuentros que he mantenido con
vosotros, queridos jóvenes, he encontrado
no pocas víctimas de todo ello: hermanos
heridos por la duda sistemática, y por un
subjetivismo exagerado; hermanos que pa-
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rece que han hecho una clara opción por
una vida light y por “pactos a la baja”; hermanos que pertenecen a la llamada “generación del «ya»”, que dejó de soñar en el futuro, seducidos por el “eterno presente”,
con grandes dificultades para asumir sus
compromisos en la vida; hermanos que han
perdido la ilusión primera, derivada de la
conciencia de la llamada vocacional, ilusión sin la que no es posible vivir el carisma
franciscano. Sí, también entre vosotros jóvenes, he encontrado hermanos cansados,
resignados, frustrados. Hermanos que se
van sin saber por qué se van, o hermanos
que se quedan sin saber por qué se quedan.
36. Y, sin embargo, todos podéis ser como Francisco de Asís; todos estáis llamados
a ser como Francisco de Asís; a todos os veo
dispuestos a asumir con gozo, prontitud y
radicalidad las exigencias evangélicas del
seguimiento de Cristo; veo en vosotros hermanos que buscan con pasión nuevos cauces para vivir el Evangelio de forma auténtica y creativa en esta cultura posmoderna;
veo en vosotros hermanos que, fiándose de
la Palabra del Señor (cf. Lc 5, 5), abrazan
con gozo el futuro incierto de nuestra vida;
hermanos que, como decía San Agustín,
cantan el Aleluya, aún en medio de las dificultades propias del momento presente,
hermanos que viven con gran valentía su
pasión por Cristo y su pasión por la humanidad.
El mar en que el que os ha tocado navegar está agitado (cf. Lc 8, 23). Para seguir a
Jesús tenéis que confrontaros con un contexto complejo y ambiguo que juzga la vida
consagrada desde arriba hacia abajo, como
se mira a un viejo abrigo fuera de moda. Tenéis que confrontaros con una cultura en la
que el cambio cotiza al alza, como expresión de dinamismo, avance y capacidad creadora, y que, por el contrario, desvaloriza y
hace sospechosas la estabilidad y la permanencia, aunque se trate de algo que fundamenta la vida, y le da consistencia y sentido. Tenéis que confrontaros con una cultura
que sacraliza el “desorden del espíritu”, y
que arrastra a admirar la flexibilidad y el
acomodo fácil, antes que la convicción y la
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firmeza en lo esencial. Tenéis que confrontaros con una cultura que genera un gran
“desorden amoroso”, muy difícil de gestionar, que con frecuencia interrumpe el diálogo del amor y puede terminar fácilmente en
el más atroz egocentrismo. Tenéis que confrontaros con una cultura saturada de ‘saberes’, pero que en muchas ocasiones ignora
la sabiduría de lo esencial; con una cultura
que lleva a sentirse como la “muchedumbre
solitaria” en medio de la gran ciudad, tentada por un individualismo tal que apaga la
alegría de la pertenencia, erosiona la identidad, e incuba una existencia “blanda”, en la
cual las tensiones se disimulan ante el televisor, la estimulación musical, o el ordenador. Tenéis que confrontaros con un cultura
en la que el lema dominante, “nada a largo
plazo”, corroe la confianza en las propias
capacidades, la lealtad y el compromiso definitivo, tacha de iluso cualquier itinerario
de futuro que trascienda el hoy verificable,
y potencia la tendencia narcisista a gozar
del presente sin mayor responsabilidad y
esperanza en el futuro. Tenéis que confrontaros con una cultura que a través de los medios de comunicación tiende a la “colonización del espíritu”, metiéndoos de lleno, como una especie de narcótico irresistible, en
un mundo artificial, un mundo de apariencias, que hace difícil distinguir lo que es real y lo que no lo es.
37. Queridos jóvenes: ¡Remad mar
adentro! (cf. Lc 5, 4). “¡Sed robustos!”
(1Cor 16, 13). Si queréis seguir a Jesús, tenéis que estar preparados para dar la batalla
a todas esas manifestaciones de la cultura
posmoderna; tenéis que estar preparados
para ir contra corriente y contra la cultura
dominante. Seguir a Cristo hoy supone asumir un proyecto contracultural basado en
una sólida y profunda experiencia de Dios y
en la radicalidad evangélica. El seguimiento de Jesús no tiene nada que ver con las
ideologías de moda ni con el sucederse de
las filosofías. Tampoco es para mediocres,
ni admite rebajas. Jesús lo pide todo, “el Señor te quiere todo”39, porque antes él lo dio
todo. Él nos amó primero. Los votos no son
sino manifestación de ese amor total e in-
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condicional hacia Jesús, una alternativa
evangélica de vida al modelo de vida que
nos presenta la cultura posmoderna, una alternativa generadora de un mundo distinto.
Frente al hedonismo y al consumismo, habéis optado por la pobreza como solidaridad y gratuidad. Frente a la degradación de
las relaciones humanas y a la ‘erotización’
del ambiente, habéis optado por la castidad
como capacidad de amar y de crear relaciones humanas verdaderas e igualitarias.
Frente al individualismo y la búsqueda de
poder, habéis optado por la obediencia en libertad, discernimiento y diálogo.
38. A quienes os sentís motivados para
seguir a Cristo con radicalidad os digo: confiad en el Señor y seréis dichosos, proclamad las maravillas que el Señor hace en vosotros y decid siempre: “Grande es el Señor” (cf. Sal 39); que sus mandatos sean
vuestra delicia, confiad siempre en su palabra y cumplid sin cesar su voluntad (cf. Sal
118, 41-48). No os canséis de hacer el bien
ni desmayéis, pues sólo así podréis cosechar a su tiempo (cf. Gál 6, 9; 2Cor 4, 8).
A los que os sentís tentados por la mediocridad en la entrega, o, tal vez, por la idea de
volver la mirada atrás e iros, os digo con
fuerza: El Señor está llamando a la puerta de
vuestros corazones !Dejadle entrar¡ “Él, -como repite frecuentemente Benedicto XVI-,
no quita nada, sino que lo da todo”. Dadle
otra oportunidad o, mejor aún, daros otra
oportunidad. Él os está esperando en cualquier lugar, en cualquier mediodía de vuestra vida cotidiana, como a la Samaritana (cf.
Jn 4, 1ss), precisamente cuando andáis enredados en tantas preocupaciones. Dejadle que
os pregunte cuántos “maridos” tenéis, a
cuántos ‘baales’ estáis adorando, a cuántos
“ídolos” habéis entregado vuestro corazón,
con cuántas realidades habéis pactado que os
apartan del “primer amor”. Deteneos un momento y pensad: ¿Es tal vez el marido del
conformismo que me lleva a adaptarme a lo
que hay, sin el más mínimo sentido crítico; o
el marido neoliberal y consumista que me
lleva a asumir el confort como talante de mi
vida, apagando la “chispa de la locura” –la
locura del amor-, que movilizó mi vida en el
seguimiento de Cristo? ¿Será acaso este marido el individualismo que poco a poco me
separa de los demás y me cierra en mí mismo; o será el secularismo que me aleja del
pozo de agua viva, del encuentro con el Señor, y me lleva a frecuentar “cisternas agrietadas”, que no apagan la sed del corazón y lo
incapacitan para una experiencia espiritual
profunda y transformante? “Bien has dicho,
porque has tenido cinco maridos y el que
ahora tienes no es tu marido” (Jn 4, 18) ¿A
quién le estás entregando tu corazón? Preguntaos si Dios es realmente el centro afectivo indiscutible de vuestras vidas.
39. Entrando en vuestra vida, el Señor os
pedirá algo tan sencillo como un poco de
agua: “dame de beber” (Jn 4,7). ¡Feliz disculpa! ¡Escuchadle!, aunque discutáis con
él, como hizo la Samaritana, seguro que
también vosotros volveréis a casa sin agua
y sin cántaro, y con la sed, hasta entonces
desconocida, de atraer hacia él la ciudad entera (cf. Jn 4, 28-29). Acoged la noticia sorprendente de que es el Padre quien os busca
y quien espera la respuesta de vuestra adoración, y seguro que también vosotros diréis, como el salmista: “Tu amor vale más
que la vida” (Sal 63, 4). Entonces vuestra
sed saciada se transformará en mensaje40.
A unos y a otros, a los fuertes y a los débiles, os recuerdo que no estáis solos. El
que os llama os da la gracia para seguirle.
En la llamada está la gracia para seguirle.
Nuestro Dios es el Dios de lo imposible (cf.
Lc 1, 37) y fiándoos de él, tampoco habrá
nada imposible para vosotros (Fil 4, 13).
No confiéis en vuestras propias fuerzas.
Confiad en el Señor y seréis como un árbol
plantado al lado de la acequia, que extiende
sus raíces hacia la corriente, y no teme aún
cuando llegue el calor (cf. Jr 17, 8). Confiad
en el Señor y él cuidará de vosotros. Descubrid las razones para seguir adelante. Estad
preparados en todo momento para dar razón
de vuestras opciones vocacionales. Sed fieles a vuestro primer amor (cf. Os 2, 9).
Construid la unidad de la propia vida en torno al primado de Dios, y lo demás vendrá
por añadidura. Él será para vosotros, como
lo fue para Francisco, el bien, todo el bien,
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el sumo bien, que supera todo otro bien; él
será la belleza que atraiga constantemente
vuestra mirada; él será la riqueza que sacie
vuestra sed de plenitud, la seguridad que os
haga audaces41. No antepongáis nada al
amor de Cristo y os aseguro que, a pesar de
debilidades y flaquezas, permaneceréis fieles a la forma vitae que profesasteis. Sed
fieles al Dios que ha hecho alianza eterna
con vosotros y que no cesa de haceros el
bien (cf. Jr 32, 40).
Llamados para ser enviados
40. La misión/evangelización es un
competente esencial de nuestra vocación.
Existimos para la misión/evangelización.
Hablar de la misión/evangelización es, por
tanto, hablar de nuestra vocación y de nuestra razón de ser en la Iglesia y en el mundo.
Llamados, como los primeros discípulos a
estar con el Maestro, somos, al mismo tiempo, enviados (cf. Mc 3, 13) para anunciar,
con las palabras y las obras, que “no hay
otro omnipotente sino él”42. De este modo
contribuiremos a llenar la tierra con el
Evangelio de Cristo43.
Nuevos tiempos, nuevas misiones
41. Son muchos los signos que nos llevan al convencimiento de que “nos encontramos inmersos en un cambio de época,
con nuevos paradigmas y categorías que
implican una seria revisión de nuestra misión”44, una evaluación humilde y verdadera “de nuestra vida entera, nuestras estructuras y nuestras actividades evangelizadoras para ver si testimonian de forma
significativa el espíritu de las bienaventuranzas y cooperan verdaderamente a la
transformación del mundo según Dios”45.
Nuevos tiempos, nuevas misiones, evangelización nueva; nuevas preguntas, nuevas
respuestas, para convertirnos en “signos humildes y sencillos de una estrella que aún titila en medio de la noche de los pueblos,
atrayendo a todos hacia la centralidad de la
vida”46, para seguir siendo “faro de esperanza, oferta generosa de fe y comunión”47
para nuestro mundo, “fragmentado, desi-
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gual y hambriento de sentido”, a ejemplo de
Francisco y Clara48.
42. Cuando en el siglo XIII el mundo
cristiano se sintió amenazado por el Islam,
Francisco emprendió una nueva acción misionera. La escucha del Evangelio de la misión no lo dejó neutral ante la nueva situación49; como no lo dejó indiferente la contemplación del misterio de la encarnación:
Cristo, el enviado del Padre, la Palabra por
la que todo fue hecho, se hizo carne y plantó su tienda entre nosotros (cf. Jn 1, 14).
Contemplando el abajamiento de Cristo, su
anonadamiento libre y voluntario, contemplando el infinito amor que lleva a la Palabra a hacerse en todo semejante a nosotros,
enviado en una carne semejante a la del pecado (cf. Rm 8, 3), Francisco se hace misionero. La historia de la samaritana se repite
en la experiencia espiritual de Francisco (cf.
Jn 4, 28); también a Francisco el encuentro
con Cristo y con el Evangelio lo hizo misionero.
En tiempos como los nuestros, en el
campo de la misión/evangelización se ha
hecho apremiante optar por la creatividad.
Hemos de encontrar caminos nuevos para
anunciar el Evangelio, partiendo de su centro, de la novedad inagotable y maravillosa
del amor de Dios por la humanidad.
He aquí algunos principios fundamentales que se han de mantener para abrir caminos nuevos a la misión/evangelización: que
los misioneros, antes de evangelizar, se dejen evangelizar, es decir, que acojan ellos en
primer lugar la buena noticia, para ser ellos
mismos buena noticia, “evangelio viviente”50; que se creen espacios para una experiencia profunda de Dios, lugares en los que
sea posible saciar el anhelo de “tener el espíritu del Señor y su santa operación”51; que
los misioneros sean itinerantes, hombres en
camino, como “peregrinos y forasteros”
(1Pe 2, 11), para ir al encuentro de los “leprosos” de nuestro tiempo y anunciarles a
todos la Buena Noticia (cf. Lc 4, 18-19); que
entremos en diálogo con la cultura del fragmento, a través de una visión positiva del
mundo actual y una revisión de nuestros lenguajes, que el amor ha de hacer delicados
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para referirse a los demás, y luminosos para
hablar con los demás; abrirse a los nuevos
areópagos, en los que ha de resonar hoy la
voz del Evangelio52; escuchar respetuosamente a los demás, reconociendo al “otro”
en su identidad propia53, favorecer la inculturación y la interculturalidad54, a fin de que
la labor misionera y evangelizadora prosiga
la encarnación del anuncio de Jesucristo en
la historia y en las diversas culturas.
43. No es tanto cuestión de intensificar
cuantitativamente el mensaje, sino de cualificarlo, de hacerlo más comunicativo, eficaz y contagioso. Si la vida consagrada, en
general, y la vida franciscana, en particular,
es una vida que enseña con la fuerza de la
parábola, en el sentido que vive lo que dice
o, mejor aún, dice viviendo, podemos afirmar que, como religiosos y franciscanos,
poseemos una particular fuerza y resonancia para realizar una renovada siembra del
Evangelio en el corazón de nuestros contemporáneos. Pero para ello la misión ha de
ser: Liberadora, inculturada y en diálogo
con el mundo actual, renovada, y siempre
centrada en la persona de Jesús.
Después de veinte siglos de cristianismo,
a pesar de todos los esfuerzos realizados,
gran parte de la humanidad todavía no conoce a Cristo. Por otra parte, el ateismo
práctico y el materialismo están avanzando
rápidamente en los países de vieja tradición
cristiana, y los espacios culturales y sociales
no “tocados” por el Evangelio se agrandan
constantemente. Y lo que es peor, el paganismo y el secularismo no están sólo fuera
de nosotros, sino en nosotros mismos, en
nuestras fraternidades, como vampiros –por
utilizar una expresión de Kierkegaard-, que
nos chupan la sangre y nos inyectan el veneno del sueño. Este es el gran problema hoy:
que los creyentes, también nosotros, somos
poco creyentes, muy a menudo, formamos
parte de una comunidad adormecida.
44. Queridos hermanos jóvenes, ¿qué os
está diciendo esta situación, vieja y nueva a
la vez? Para nuestra fe es una certeza que
Cristo sigue amando al mundo y desea darle vida: ¿A quién enviará? El Rey necesita
heraldos, el Señor necesita mensajeros,
Cristo tiene necesidad de misioneros en el
sentido preciso del término. Hombres, discípulos, que, saliendo de sí mismos, vayan
al encuentro del otro55 y le ayuden a abrir
su corazón al don de Dios, al Espíritu del
Señor. Hombres que, habiendo saciado su
sed de plenitud, como la samaritana, se conviertan en apóstoles para todos los sedientos56, los de cerca y los de lejos. Hombres,
discípulos, que, abriéndose a la lógica del
don que es Dios57, tengan capacidad de entrega gratuita a los demás, “a través de un
movimiento del don, que es similar al constante entregarse de Dios”58. Hombres, discípulos, que reconociendo que nada les pertenece y que todo es un bien recibido, estén
dispuestos a compartir y restituir todo lo
que del Señor han recibido59. Hombres,
discípulos, que adheridos sólidamente a
Cristo, tengan “la osadía de ensayar caminos inéditos de presencia y testimonio”
evangélicos, abrazando lo liminal y habitando la marginalidad60. Hombres, discípulos, que viviendo de Cristo y para Cristo, le
sirven en los demás, “llegando hasta las
avanzadillas de la misión y aceptando los
mayores riesgos”61. Hombres, discípulos,
que seducidos por la contemplación del
misterio de la kénosis de aquel que “se despojó de sí mismo, tomando la condición de
siervo” (Fil 2, 6-11), alargando el espacio
de su tienda (cf. Is 54, 2), y haciendo suyos
los gozos y las tristezas de los más pobres y
de los que más sufren, se dejen seducir también por los “claustros olvidados, los claustros inhumanos donde la belleza y la dignidad de la persona son continuamente mancilladas”62. Hombres, discípulos, que,
fundando sus vidas en el Evangelio63, “mano a mano con los laicos, hombres y mujeres, jóvenes y ancianos”64, trabajen por ser
“faros de esperanza”, en lugares donde “las
dificultades han llegado a niveles verdaderamente extremos, amenazando prácticamente todas las libertades”65. Cristo necesita hombres, discípulos, con clara conciencia de ser enviados al mundo, el “espacioso
claustro” de todo franciscano, alimentados
por la centralidad de la experiencia de
Dios66.
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Cristo y el mundo, necesitan de todos
nosotros, especialmente necesitan de vosotros, queridos hermanos jóvenes. Jesús os
ha llamado para enviaros, para ser sus misioneros. ¿Estáis dispuestos a salir de vuestra tierra, de vuestra patria, de vuestra casa
paterna (Cf. Gn 12,1), de vosotros mismos?
¿Estáis dispuestos a cruzar fronteras, para ir
al encuentro de los demás? ¿Sois conscientes de que nos encontramos inmersos en un
cambio de época, con nuevos paradigmas y
categorías, que implica una seria revisión
de nuestra misión, una evaluación de “nuestros ministerios en las situaciones en las que
hay que dar una respuesta a la cultura y a la
sociedad
cambiante
alrededor
de
nosotros?67 ¿Qué os dice la situación en
que viven muchos jóvenes como vosotros,
lejos de la fe, privados del conocimiento de
Cristo Jesús? ¿Qué resonancia encuentran
en vosotros los proyectos misioneros de la
Orden: Tierra Santa, Marruecos, Rusia/Kazaquistán, Miamar, Sudán, Thailandia...?
¿Cuáles son las resistencias que os impiden
ser misioneros hoy?
45. Queridos hermanos: No os acomodéis fácilmente a “lo de siempre”, no cerréis
el corazón a la llamada del Señor que os invita a “salir”, a “ir” al encuentro del otro.
Que no se diga que el viejo Abrahán tuvo
una fe más joven que la vuestra, o que vuestra audacia es menor que la suya. Quiero veros presentes en el desierto, en la periferia,
en la frontera; en aquellos lugares donde, de
hecho, no se escucha la palabra fuerte y liberadora del Evangelio. Os quiero libres
como Francisco, pobres como Francisco,
heraldos del gran Rey, como Francisco.
Abrios a la llamada del Señor que os pide ser sus colaboradores para abrir el corazón de muchos al don de Dios, al Espíritu
del Señor. Salid de vosotros mismos, abrios
a la misión, y la misión transformará vuestras vidas, y el miedo que muchos de vosotros sentís se cambiará en audacia para testimoniar valientemente a Cristo (cf. Hch 2,
4). No se trata de ser aventureros, pero sí de
responder a una vocación que ciertamente
habéis recibido: la de ser misioneros. Dejad
resonar en vuestros corazones la palabra del
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Señor: “Como el Padre me ha enviado, así
os envío yo a vosotros” (Jn 20, 21), “id y
haced discípulos de todas las naciones...”
(Mt 28, 19), “os he destinado para que vayáis y deis fruto, y vuestro fruto permanezca” (Jn 15, 16). ¿No sientes que el Señor te
está susurrando al corazón y te dice, como a
Francisco, “vete y repara mi casa, que, como ves, se viene del todo al suelo?”68.
Pido que, como a Francisco y sus primeros compañeros, también a vosotros el
Señor os dé: “un modo de hablar y un espíritu apropiado a cada momento” para que
podáis pronunciar “palabras oportunas” que
traspasen los corazones de los oyentes,
“más de los jóvenes que de los ancianos”69.
Las modalidades de la misión según Francisco
46. Para Francisco la misión no consiste sólo ni principalmente en predicar una
doctrina, sino en participar activamente en
el movimiento permanente del amor que se
encarna para liberar a los hombres. En ese
movimiento descubrimos tres modalidades
esenciales: treinta años de presencia silenciosa, el misterio de Nazaret; tres años de
manifestación pública con signos y palabras, por los caminos de Palestina; tres días
de consumación de la entrega de sí mismo,
hasta la muerte en cruz, en Jerusalén.
Para Francisco estos tres momentos, inseparables en la misión del Hijo, son también inseparables en la misión de todo misionero. El anuncio del Evangelio, la misión, es una prolongación del misterio de la
encarnación del Hijo. Y si toda la vida de
Jesús es una buena noticia manifestada con
los hechos, antes que con la predicación
misma, también para Francisco toda la vida
del Hermano Menor debe ser vivida como y
desde la misión. Por esto en la Regla prevé
la misión de sus frailes con las mismas modalidades de la misión del Hijo70. Para
Francisco, el misionero debe revivir la existencia misionera de Jesús.
47. El Reino de Dios no es una verdad
que ha de ser demostrada, sino una “realidad escondida” que se manifiesta a través
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de la vida. Por eso “el testimonio de la simple presencia franciscana”71 “el testimonio
de vida o proclamación silenciosa del Reino
de Dios es ya un cierto comienzo y el primer modo de evangelización”72. La misión
no consiste tanto en hablar del Reino, sino,
sobre todo, en vivir del Reino y para el Reino, lo que supone, entre otras cosas, vivir
como hombres de Dios, “con el corazón
vuelto al Señor”73. No es posible ser misionero, evangelizador, sin encontrarse personalmente con Aquel que es la Buena Noticia, el Evangelio, del Padre a la humanidad.
Como Pablo, también el misionero, evangelizador, ha de ser una persona alcanzada,
transformada y motivada por el Evangelio.
Si Evangelizar es sobre todo confesar el
Evangelio, entonces la vida tiene también en
la misión el primado sobre cualquier otra actividad apostólica, por importante y necesaria que sea. Con su ejemplo, Francisco nos
muestra que es la vida la forma primera de
evangelizar. Es significativo a este respecto
que lo que le seduce del evangelio de la misión no es, en primer lugar la predicación
explícita que hacen los apóstoles, sino su
modo evangélico de vivir. Por ello, después
de escuchar el Evangelio, no tarda en cambiar la forma de vestir. Francisco necesita
vivir lo escuchado, hacer experiencia de lo
que dice la Palabra de Dios74. Es la experiencia la que nos hace testigos, y es de testigos de lo que más necesidad tiene hoy el
mundo, particularmente el mundo de los jóvenes. La vida misma del misionero es palabra viviente que anuncia y realiza el Reino.
48. Este testimonio de vida ha llevado,
en muchos casos, al martirio, siguiendo en
esto al buen Pastor, “que por salvar a sus
ovejas soportó la pasión de la cruz”75.
Nuestra historia, ocho veces centenaria, está jalonada por el testimonio de tantos hermanos y hermanas que, comenzando por
Berardo y sus compañeros, “libre y voluntariamente han dado la vida, en un supremo
acto de caridad, por testimoniar su fidelidad
a Cristo, y al Evangelio” (Benedicto XVI).
Ellos han sido y siguen siendo el signo más
seguro de la vitalidad de nuestra vida franciscana. Ellos expresan, mejor que nadie, la
fidelidad de la Orden de los Hermanos Menores a la misión recibida de la Iglesia; por
ello Francisco no duda en definir a los protomártires de nuestra Fraternidad como
“verdaderos Hermanos Menores”.
Si bien es cierto que el testimonio de vida es constitutivo de nuestra vocación misionera y evangelizadora, también lo es,
igualmente, el testimonio de la palabra. “Y
cuando vieren que agrada al Señor, anuncien la palabra de Dios”76. La carta magna
del misionero, que Francisco escuchó en la
Porciúncula (cf. Lc 10, 1ss), representó para él un impacto tan fuerte que, además de
llevarle a cambiar de vida, le llevará también a convertirse en predicador itinerante
de la Palabra, hasta formar con sus compañeros una fraternidad apostólica, una fraternidad de predicadores del Evangelio, por
los caminos del mundo77.
49. Dos elementos caracterizaron desde
el principio la misión itinerante de los Hermanos Menores: La fraternidad y la minoridad. La misión franciscana no puede prescindir de estos dos elementos que la distinguen y la cualifican. Desde que el Señor dio
hermanos a Francisco78, la vida en fraternidad es de por sí evangelización. Como afirmó Fr. Hermann Schalück, “la forma original de nuestra evangelización radica en el
testimonio de la fraternidad”79. No se puede pensar una misión franciscana al margen
de la fraternidad. No se puede pensar un
franciscano solo. El misionero franciscano
parte de la fraternidad para la misión, vive
la misión en comunión profunda con la fraternidad, y vuelve de la misión a la fraternidad. Por otra parte, desde la contemplación
del misterio de la encarnación, de Jesús que
se hace “siervo” (cf. Fil 2, 6-11), los Hermanos Menores estamos llamados a estar
en el mundo como “menores con los menores de la tierra”80, “sometidos a toda humana criatura por Dios”81. Francisco está profundamente convencido de la fecundidad
misionera de la pobreza, de la humildad, de
la minoridad, por ser éste el movimiento del
Hijo del hombre que se encarnó para darnos
vida. El corazón del hombre no se abre al
don de Dios, objeto último de la misión, con
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el prestigio, la fuerza o la potencia de los
medios humanos, sino con la potencia irresistible del amor ofrecido gratuitamente.
Esta concepción profética de la misión la
entendió muy bien Francisco, tal y como lo
muestra su misión con el Sultán.
Queridos hermanos jóvenes: ¿Cómo
cultiváis la calidad de vida, con particular
referencia a la experiencia de Dios, a la fraternidad y a la minoridad, como primera
forma de misión? ¿Vuestra vida es anuncio
de la Buena Nueva? Los medios, ¿no estarán ofuscando, muchas veces, la fuerza que
se esconde detrás de la aparente debilidad
del Evangelio? ¿Cómo os preparáis al anuncio explícito del Evangelio?
Un proyecto de vida con varias atenciones
50. A lo largo de la carta os invitaba a vivir en actitud de proceso. Esa actitud es la
que está a la base de todo proyecto de vida,
ya sea personal que fraterno. Un proyecto
–yo le llamaría proyecto ecológico de vida,
es decir, que contemple un tiempo para el
Señor, un tiempo para los demás y un tiempo para nosotros mismos-, que mira siempre a que la persona se vaya haciendo protagonista de su propia historia, discerniendo y estableciendo unos objetivos a corto,
medio y largo plazo, con unas mediaciones
concretas.
En las reflexiones anteriores os he propuesto un proyecto caracterizado por la radicalidad, tal y como nos es presentado en
el seguimiento de Jesús en el Evangelio, y
tal y como lo vivió nuestro padre y hermano Francisco. En nuestro proyecto de vida
evangélica hay algunos elementos o mediaciones a los cuales no podemos renunciar,
por ser lugares privilegiados de encuentro
con Cristo, y que, en cuanto tales, y gracias
a la acción del Espíritu Santo, nos ayudarán
a transformarnos en discípulos, en Hermanos Menores.
La Eucaristía
51. La celebración de la Eucaristía es el
lugar privilegiado de encuentro con el Señor: en ella se hace presente en medio de los
311
discípulos, explica las Escrituras, hace arder el corazón e ilumina la mente, abre los
ojos y se hace reconocer (cf. Lc 24, 13-35).
Por ello la Eucaristía, misterio de fe y del
ágape, “sacramento de la caridad”82, es el
corazón de la vida de la Iglesia, su “centro
vital”83, fuente y culmen de su misión; corazón y centro vital de la vida y misión de
todos los creyentes, pero particularmente de
nosotros los consagrados84; es el manantial
del cual brota la fuerza para acompañar a
nuestros hermanos los hombres, y para poder seguir a Cristo hasta el martirio, si es
necesario.
La Eucaristía es el lugar de la comunión
de la iglesia, y del anuncio de la comunión
entre los hombres; “es el sacramento de la
filiación, de la fraternidad y de la misión”85. En la Eucaristía, sacramento del
“santísimo cuerpo y sangre del Señor”86, el
mismo Señor “se hace comida para el hombre hambriento de verdad y de libertad”87.
En la Eucaristía damos gracias al Señor por
todo y por todos, ofrecemos nuestra vida en
sacrificio, e intercedemos por todos los
hombres. Acercarse a la Eucaristía significa
acercarse al amor de Dios que nos atrae y se
nos comunica, alcanzándonos en nuestra
debilidad, en nuestro pecado; pero, al mismo tiempo, exige renovar el compromiso
de dar la vida los unos por los otros en la
acogida y el servicio, a ejemplo del Maestro que se puso a lavar los pies a los discípulos (cf. Jn 13, 1ss). Todos nosotros estamos llamados a convertirnos en eucaristía y
esto se realiza en la medida en que participamos en la ella y nos dejamos plasmar de
su lógica: la lógica de la donación total para la vida del mundo.
52. Queridos hermanos jóvenes, haciendo mías las palabras de Juan Pablo II os digo a cada uno de vosotros: “Encontradlo,
queridísimos, y contempladlo de modo especial en la Eucaristía, celebrada y adorada
cada día, como fuente y culmen de la existencia y de la acción apostólica”88. Participad activamente, a ser posible diariamente,
en la Eucaristía, a fin de que vuestra vida se
vaya plasmando día a día de la lógica eucarística, y vuestra consagración asuma ella
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misma una estructura eucarística: total
oblación de sí estrechamente asociada al sacrificio eucarístico. Sea la celebración eucarística el centro de vuestra vida espiritual.
Dejaros enseñar por el mismo Jesús en la
Eucaristía la verdad del amor89.
¿Qué lugar ocupa la celebración eucarística en tu vida? ¿Cómo la vives? ¿Cómo se
celebra en tu fraternidad?
La Palabra
53. En la Palabra no sólo está realmente
presente Cristo, sino que a través del texto
bíblico el Maestro “interpela, orienta y modela la existencia”90, de quien se acerca a él
con corazón de pobre. A través de la Palabra
es Cristo quien se revela, y educa el corazón
y la mente91, a quien la escucha con puro
corazón. A través de la Palabra va madurando la visión de fe, gracias a la cual aprendemos a ver la realidad y a leer los acontecimientos con la mirada de Dios92, si como
María la guardamos en nuestro corazón (cf.
Lc 2, 51). Es la Palabra, escuchada y “rumiada”, la que va cambiando nuestros sentimientos en los sentimientos de Cristo (cf.
1Cor 2, 16).
La forma de vida que hemos abrazado
brota de la Palabra93, y la Regla que profesamos quiere ser toda ella expresión de esa
Palabra: “La Regla y vida de los Hermanos
Menores es vivir el Santo Evangelio de
nuestro Señor Jesucristo”94. Dentro de lo
que podríamos llamar “hermenéutica de la
continuidad”, como Francisco, también nosotros estamos llamados a acoger y custodiar en el corazón la Palabra, para que siga
siendo lámpara para nuestros pasos, luz en
nuestro camino (cf. Sal 118, 105).
54. Queridos hermanos jóvenes: Leed la
Palabra, escuchad la Palabra, confrontad
vuestra vida con la Palabra, obedeced la Palabra, anunciad la Palabra. Haced de la lectura orante de la Palabra alimento cotidiano
para vuestra vida y misión, para vuestra oración y vuestra vida diaria. Que no pase ni un
solo día sin escuchar, “rumiar”, y “dar a luz”,
por la palabra y las buenas obras, la Palabra
depositada por el sembrador (cf. Mc 4, 1ss)
en la tierra fértil de vuestros corazones. Sin
la inmersión en la Palabra, las palabras que
pronunciemos carecerán de significado, de
fundamento y de inspiración.
Este ejercicio, que exigirá de vosotros
gran apertura a la gracia, a la obra de Dios,
y, al mismo tiempo, una gran dosis de autodisciplina, unificará vuestra vida, e iluminará y guiará vuestra misión, inspirando, al
mismo tiempo, una profunda renovación de
ambas, como ya indicó el Vaticano II95. La
Palabra, el Evangelio, es “fuerza de Dios
para quien cree” (Rm 1, 16; cf. 1Cor 1, 18).
En momentos de oscuridad, duda o incertidumbre, como Francisco y sus primeros
compañeros, tomad el libro del Evangelio y
pedid consejo a Cristo96. Cuando las heridas más profundas de vuestro corazón no
dejen de sangrar y el miedo os inmovilice,
acercaos al Evangelio, y su fuerza sanadora
y su potencial libertador os curará de esas
heridas que parecían incurables y os liberará de todas vuestras esclavitudes97. Volved
al Evangelio y vuestra vida recobrará la
frescura de los orígenes.
Pidiéndoos un contacto diario y cada vez
más vivo e inmediato con la Palabra, os
confío también una misión dentro de la fraternidad: Ayudadnos a los hermanos adultos
y mayores a hacer el mismo camino: acoger
la Palabra, meditarla, vivirla juntos, comunicar las experiencias que de ella florezcan,
para que juntos crezcamos en la espiritualidad fraterna y de comunión, viviendo cada
vez con mayor coherencia según la Palabra.
De este modo, alimentados por la Palabra,
en fraternidad y como fraternidad, “nuestra
vida recobrará la poesía, la belleza y el encanto de los orígenes... Liberemos el Evangelio y el Evangelio nos liberará”98 y seremos siervos de la Palabra en el compromiso de la evangelización99.
¿Te sientes familiarizado con la lectura
orante de la Palabra? ¿Cada cuánto tiempo
la haces? ¿Se hace en tu fraternidad? ¿Cómo potenciar esta práctica?
La oración
55. Si bien es cierto, como ya dije, que la
oración se ha de alimentar de la Palabra,
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también es cierto que la Palabra sólo se puede acoger en un clima de oración. La oración es el espacio de la comunión y de la intimidad de cada uno de nosotros con el Señor, que se genera y crece en la relación
interpersonal con Él. Por este motivo, la
oración es el ámbito propicio para madurar
la opción vocacional y regenerarla cada día,
contemplando su rostro. Al mismo tiempo,
la oración es el espacio de la más profunda
comunión con la humanidad, pues en ella el
orante presenta al Señor los gozos y las esperanzas, los sufrimientos y las aspiraciones de los hombres. El verdadero orante,
abriendo su corazón a Dios, lo abre necesariamente también a la humanidad, particularmente a la humanidad sufriente.
Nuestra vida y misión no pueden ser fecundas sin el encuentro diario con el Señor,
sin que nuestro corazón esté constantemente vuelto hacia Él, sin momentos prolongados de coloquio silencioso con Aquel por
quien nos sabemos amados, llamados y enviados: “Como el sarmiento no puede dar
fruto por sí, si no permanece unido a la vid,
así tampoco vosotros, si no permanecéis en
mi” (Jn 15, 4), “sin mi nada podéis” (Jn 15,
5). Sin oración nuestra fe se debilitará progresivamente, y correremos el riesgo de sucumbir ante la seducción de sucedáneos. En
cambio, orar insistentemente (cf. Lc 22, 40)
es el secreto de una vida religiosa y franciscana auténtica y fecunda, en donde se descubre la belleza del seguimiento de Cristo
Jesús.
En una sociedad como la nuestra, dominada por el activismo y el ruido, la oración
personal exige fidelidad y, por lo mismo,
también autodisciplina. Corremos el riesgo
de ocuparnos tanto de lo necesario que no
tenemos tiempo para lo esencial. Os pido
atención para que, como nos recuerdan
nuestras Constituciones generales, la excesiva actividad no ceda en perjuicio del espíritu de oración y devoción (cf. CCGG 28,
1). Por otra parte, corremos el riesgo de tener el corazón lleno de ruidos que nos impiden escuchar el susurro de la voz del Señor.
Como los discípulos, necesitamos, ante todo, aprender a orar (cf. Lc 11, 1), y luego,
como el mismo Jesús, necesitamos dedicar
313
largos ratos a estar a solas contemplando el
rostro del Padre.
56. Queridos hermanos jóvenes: Vuestro
proyecto de vida ha de contemplar claramente el tiempo de la oración. No podéis
dejarlo a la improvisación. En este contexto os pido mucha coherencia y autenticidad
para discernir lo que es esencial y lo que no
lo es, permaneciendo fieles, aún a consta de
sacrificios, a la oración personal y, por supuesto, a la oración de fraternidad. Por otra
parte os pido un uso discreto de los medios
de comunicación (cf. CCGG 28, 2), con
particular atención al uso de internet. Muchos de vosotros me habéis manifestado
que tenéis dificultad en el uso “discreto” de
ese instrumento que, siendo tan útil en
vuestra formación, puede convertirse en un
arma peligrosa para vuestra vida de consagrados. Recordad que somos aquello de lo
que nos alimentamos.
Y también aquí, al pediros fidelidad a la
oración, os confío una gran misión: la de
colaborar activamente en la construcción de
fraternidades orantes, de fraternidades que
sean auténticas escuelas de oración, donde
se propicie el encuentro con el Señor a través de las más variadas formas de oración:
petición, acción de gracias, alabanza, adoración, contemplación, y escucha. Fraternidades así serán una respuesta adecuada a la
difusa exigencia de espiritualidad, “que en
gran parte se manifiesta precisamente en
una renovada necesidad de orar”100.
Vida fraterna en comunidad
57. La vida fraterna nos define101. Para
el Hermano Menor, la fraternidad es el lugar privilegiado en el que se hace concreto
el amor (cf. 1Jn 4, 8), y en el que se traduce,
en gestos, la ternura de Dios. La fraternidad
es el lugar para dar a la caridad el rostro de
la amistad, de la cortesía, de la delicadeza,
de la gratuidad102, y el lugar donde toma
carne la experiencia de Dios, que se nos da
gratuitamente en la Eucaristía, en la Palabra, y en la oración. La fraternidad es también el lugar donde ponemos a prueba
nuestra capacidad de escucha y de acogida
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de la fecundidad de Dios, abriéndonos a la
diversidad del otro103. La fraternidad es, de
hecho, comunión en la diversidad, el lugar
en el que se muestra la fe y la confianza que
uno tiene en el otro, en el que es diverso.
Por todo ello, la fraternidad es el primer lugar de evangelización (cf. Jn 13, 35), el
“principal signo ante el mundo”104, el primer acto misionero de los hermanos, una
buena noticia para todos, una acción profética de esperanza para nuestro mundo dividido y fragmentado105.
58. Queridos hermanos jóvenes: Los hermanos son el regalo que el Señor nos hizo al
llamarnos a ser Hermanos Menores106. Desde aquel día ya no nos podemos pensar ni
presentar ante el mundo sin los hermanos.
Nuestra autorrealización y nuestra misión
pasan necesariamente por la vida fraterna en
comunidad. Prestad una “delicada atención”
a la vida fraterna107, construid lugares fraternos caracterizados por espacios amplios
que posibiliten una comunicación profunda,
nacida del corazón, sin “restricciones” de
ningún tipo; una comunicación que os lleve
a compartir vuestra historia vocacional, las
alegrías y las dificultades de vuestro ser hermanos108; lugares fraternos en los que sea
posible la corrección fraterna, nacida del
amor109, y también la reconciliación y el
perdón, cuando haya heridas que curar y experiencias negativas, causadas por la presencia del pecado entre los hermanos110.
Recordad siempre que la verdadera fraternidad se construye “a precio de la reconciliación”111. No ahorréis esfuerzos a fin de que
nuestras fraternidades sean lugares de crecimiento del otro, gracias a la confianza que se
le da112, lugares donde se viva la verdadera
amistad, sin exclusivismos de ninguna clase, y en los que se experimente la alegría de
estar juntos113. Cread, queridos jóvenes, comunidades de vida, en las que la vida de cada uno de los hermanos sea parte de la vida
de los demás114; comunidades fraternas
donde se viva y exprese la fe, en las que se
busque y se encuentre a Dios115. No seáis,
queridos jóvenes, meros consumidores de
fraternidad. Sed cada día un poco más hermanos: Construid fraternidad y en ella anun-
ciad a los hermanos que Dios les ama, y
comportaros de tal modo que ellos lo crean.
¿Cómo os sentís ante esta llamada a ser
constructores de fraternidad? ¿Seréis capaces de hacer de la fraternidad el lugar primero de evangelización? En la situación
concreta en que cada uno está viviendo
¿qué falta para que la fraternidad sea tal?
Los pobres
59. Francisco vive en un momento
en que el dinero se convierte en rey. Con él
se procura bienestar, poder y honores. Como consecuencia, la sociedad en que vive
produce un pequeño pueblo de marginados,
así como un proletariado explotado.
Francisco en sus años jóvenes usa y abusa del dinero. Pero un día, visitado por la
gracia del Señor, se encuentra con el leproso y, en él, con todos los excluidos de la sociedad de entonces. Desde aquel momento,
el Poverello no se limita a darles algo, sino
que va entre ellos, los escucha y los sirve.
Se hace solidario con ellos, entrando en el
camino de la pobreza, para seguir a Cristo
pobre: “...El Hijo de Dios, que se hizo pobre en ese mundo por nosotros, era de condición más noble que la nuestra. Por amor a
Él hemos elegido el camino de la pobreza”116. La contemplación del rostro del Altísimo revelado en Cristo Jesús, la concretez de su amor manifestado en la encarnación del Hijo (cf. Fil 2, 7), le lleva a
descubrirlo en todos los pobres y excluidos.
Es el camino de Cristo el que le revela el
“camino de la altísima pobreza”117. La pobreza de Francisco no es simplemente fruto
de la decisión de unirse a una clase social
determinada, sino, en primer lugar, un camino de seguir a Cristo. Es la opción por seguir a Cristo pobre la que lleva a Francisco
a la opción por los pobres.
Esta opción Francisco la vivió sin juzgar,
ni odiar a los ricos. Una de las características de su comportamiento y del comportamiento de sus primeros compañeros fue el
de no clasificar a los hombres en buenos y
malos. Las fronteras del bien y del mal pasan por el corazón de cada uno. Optando
claramente por los pobres, Francisco, sin
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embargo, permanece hermano de todos. Y
es que el alma de la pobreza de Francisco es
el amor. Cuanto más se une a Cristo, más se
deshace de lo que no es Él. Y, precisamente
por ello, su pobreza es gozosa. Francisco es
el pobre que canta.
60. Algunos de vosotros, querido hermanos jóvenes, me han preguntado alguna
vez: ¿Cómo ser pobre hoy? ¿Cómo hacer
para que nuestra opción por la pobreza sea
significativa?
A la luz de lo dicho, y para que vuestra
pobreza sea significativa hoy, os pido, en
primer lugar, que deis prioridad a las relaciones humanas. A los pobres no sólo se le
dan cosas, es necesario compartir con ellos,
o mejor aún, restituirles lo que les pertenece. Esto os llevará a poner en discusión las
estructuras materialistas y consumistas, así
como las pretensiones de felicidad, fundadas en el tener y el consumir, y no tanto en
las necesidades reales de las personas. Como Francisco, poned en el centro a la persona, y los bienes al servicio de las relaciones con los otros y con Dios mismo. Desde
la contemplación del Dios amor, cuya vida
es “un eterno don de sí”,118 vivid la lógica
del don, según la cual “nada nos pertenece,
todo es un bien recibido llamado a ser compartido y restituido”119. Vivid la espiritualidad franciscana –en cuanto manera concreta de vivir el Evangelio, iluminada y animada por el Espíritu-, trabajando por la paz,
la justicia y la libertad de todos los hombres. La espiritualidad franciscana no puede ser una espiritualidad de evasión, sino un
camino que llevándoos a centraros en Dios,
os lleve también a centraros en el hombre,
particularmente en aquellos en los que se
muestra más visible el rostro de Dios: “sus
representantes, los pobres y crucificados de
esta tierra”120. Amad y servid a Cristo en
todos ellos121. Que vuestra pobreza nazca,
como la de Francisco, del amor y lleve al
amor, y sea siempre gozosa. Uno no puede
ser pobre, evangélicamente hablando, si no
se siente habitado por el gozo que nace de
seguir “en todo las huellas de Aquel que por
nosotros se hizo pobre, camino, verdad y
vida”122. Vivid de tal forma que nada en
315
vosotros interrumpa la epifanía del otro,
“descalzaros constantemente ante el misterio del otro en quien el Misterio hace su epifanía”123. Vivid el Evangelio como “menores entre los menores de la tierra”124. Y recordad siempre que los pobres no son
simplemente objeto de compasión y de asistencialismo. Ellos nos hablan de Evangelio,
de Buena Noticia. Desde ellos debemos
comprender también el sentido de nuestra
vida. Ellos “tienen la fuerza de orientarnos
en nuestras búsquedas”125.
En una sociedad como la nuestra basada
sobre el tener para consumir, y la apariencia
¿cuál es vuestro mensaje? En una sociedad
como la nuestra poblada de excluidos ¿cuál
es nuestra opción? ¿Podemos decir que vamos a su encuentro y nos solidarizamos con
ellos? ¿Nos interroga el mundo sangrante
de la marginación y de la exclusión?
La formación permanente
61. El Capítulo general extraordinario al
mismo tiempo que ha confirmado “la urgencia de una formación permanente e inicial que tome en cuenta el equipamiento básico de la persona y la personalización de la
fe”, coloca dicha formación como exigencia de nuestra llamada a ser “instrumentos
de reconciliación del tejido fundamental de
la confianza mutua”, herida por diversas situaciones y conflictos126.
En este contexto bien podemos decir que
la formación permanente está llamada, entre otros objetivos, a crear relaciones nuevas, capaces de generar confianza recíproca. Si es verdad que la formación permanente “es un itinerario de toda la vida, tanto
personal como comunitario, en el descubrimiento de Cristo pobre, humilde y crucificado, en uno mismo, en los hermanos, en el
servicio, en la propia cultura y en toda la realidad contemporánea”127, también es cierto que el crecimiento en la capacidad de
confianza mutua es esencial, como signo de
un proceso de conversión y de crecimiento
personal, espiritual128. Por otra parte, la
formación permanente, que tiene lugar “en
el contexto de la vida cotidiana del Hermano Menor, en la oración y en el trabajo, en
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sus relaciones tanto internas como externas
a la Fraternidad, y en la relación con el
mundo cultural, social y político en el que
se mueve”129, tiene como sello de autenticidad la transformación interior de la persona por el amor, es decir, por el don de la vida (cf. 1Cor 13, 2-3).
62. Queridos hermanos jóvenes: junto
con la participación en las diversas iniciativas de formación permanente programadas
en vuestras entidades, y todas ellas sin duda
muy importantes, esta dimensión de confianza recíproca es esencial en la actual situación de fragilidad de muchas de nuestras
entidades y fraternidades locales, en las que
las actividades y los espacios individuales
están limitando mucho la posibilidad de encuentro y de comunicación profunda entre
los hermanos. Por esta experiencia que vosotros mismos me habéis compartido en diversas ocasiones, os invito a cultivar la pasión por la formación permanente, prestando mucha atención a esta capacidad de
relación y de acompañamiento recíproco,
de comunicación profunda en la fe y del
compartir visiones y esperanzas para nuestra vida y misión130.
De este modo la formación permanente
no se reducirá a una mera formación/información intelectual, ni a una actualización
de contenidos y adquisición de nuevas habilidades profesionales y pastorales. Aunque dicha formación comprende todo ello,
sin embargo estos elementos no son los más
determinantes o esenciales. La formación
permanente consiste, ante todo, en asumir
la responsabilidad de dar a uno mismo una
determinada forma de ser que corresponda
a la forma vitae que hemos abrazado. La
formación permanente es darse una forma,
no sólo una información. Es la libertad
comprometida consigo mismo para vivir un
proceso continuo de transformación personal hacia lo que uno ha elegido como su forma de vida; es decir, seguir a Cristo, para
dejaros transformar por Él, en una fraternidad de hermanos llamados a la misma vocación y misión. En tiempos, como los
nuestros, de una cierta fragilidad de todas
las opciones de vida, con serias dificultades
para decir “para siempre”, esta consistencia
de la formación permanente es esencial, si
queréis permanecer fieles.
¿Cómo cultivas la formación permanente a nivel personal, y cómo influyes para
que la fraternidad en la que te encuentras
cultive esta dimensión esencial de nuestra
vida?
El acompañamiento personalizado
63. En los últimos años se habla mucho
de la necesidad del acompañamiento personalizado. Yo mismo os lo dije muchas veces
cuando os he encontrado. Sé muy bien que
la primera reacción, cuando se habla del
acompañamiento, es la de pensarlo como
una forma más de control. También es frecuente pensarlo como una forma de “dirección” espiritual o vocacional muy estrecha.
En el sentido propio de la palabra, sin embargo, acompañamiento hace referencia a
com-pañero y por tanto a cum panis, compartir el pan de la vida que es siempre un camino abierto. Por este motivo el acompañamiento no se puede pensar sólo en una dirección, sino que es un movimiento circular
y recíproco: mientras se acompaña se es
acompañado, y viceversa.
Podríamos definir el acompañamiento, pues, como un ministerio de cuidado espiritual y de custodia fraterna. El
acompañamiento aparece así como un estilo de vida de compartir fraterno, antes aún
que un método. Y, en cuanto tal, es propio
de todos los hermanos y no sólo de los ministros, guardianes y formadores131.
En este contexto aparece claro que la primera exigencia para que se dé la posibilidad
de un acompañamiento es la conciencia
profunda de pertenencia recíproca. Sin esa
conciencia no es posible el cuidado espiritual y la custodia fraterna, de la que hemos
hablado.
64. Nuestra Ratio formationis habla específicamente del acompañamiento en los
diez primeros años después de la profesión
solemne, y ofrece dos pistas para vivirlo
bien: buscar metodologías y contenidos
propios, y acompañar y animar a los herma-
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EX ACTIS MINISTRI GENERALIS
nos en conjugar los ideales de los inicios
con la realidad del momento que se está viviendo132. De hecho la estación de la vida
en que os encontráis es de por sí crítica,
“marcada por el paso de una vida guiada y
tutelada a una situación de plena responsabilidad operativa”133. Unir los ideales con
la realidad y asumir la belleza y los riesgos
de una libertad responsable, son meta a la
que debéis tender en este momento de vuestra vida. El acompañamiento en esta etapa
tiene como objetivos el integrar: persona y
fraternidad, libertad y responsabilidad, estudio y trabajo, dimensión masculina y femenina134.
¿Cómo estás viviendo el sentido de pertenencia, y la responsabilidad del cuidado
espiritual y de la custodia del hermano?
¿Sientes la necesidad de ser acompañado?
•
•
•
Haced lo que Él os diga
65. Queridos hermanos jóvenes, en un
momento de apuro y dificultad, María se hizo presente en Caná de Galilea, y después
de presentar a su Hijo la situación delicada
por la que atravesaban aquellos jóvenes esposos, dijo a los camareros: “Haced lo que
Él os diga!” (Jn 2, 5).
Hoy María de Nazaret, se hace presente en la vida de cada uno de vosotros,
mis queridos hermanos, para deciros con
amor materno: “Haced lo que El os diga!”,
es decir:
• Conviértete, cree en el Evangelio (Mc 1,
15). Acoge el Evangelio como Buena
Noticia, con corazón de pobre y disponible; con corazón de niño, pero gestionando tu vida como adulto; en su inmediatez. Y tu vida cambiará radicalmente.
• Vende todo lo que tienes, dalo a los pobres, y ven y sígueme (Mt 19, 21). No te
reserves nada para ti. Desaprópiate. Dalo todo y date por completo. Y tendrás al
que lo es todo: el bien, todo el bien, el sumo bien.
• Es necesario que nazcas de nuevo ( Jn 3,
3), que acojas los susurros del Espíritu.
Deja atrás la mediocridad, inicia una vida nueva, vive en plenitud, sin domesticar las palabras proféticas del Evangelio
•
•
•
•
317
para adaptarlas a un estilo de vida cómodo. Y tu vida tendrá pleno sentido.
Pon por obra mi Palabra y serás mi madre y mi hermano (cf. Lc 8, 21). No seas
oyente olvidadizo de la Palabra. Escúchala, cree en ella, permanece en ella,
guárdala en tu corazón y dala a luz, restituyéndola, con la palabra y las buenas
obras. Entonces tu vida será fecunda, y
la semilla enterrada en tu corazón dará
fruto abundante.
Dame de beber (Jn 4, 7). Acógeme en tu
casa, y, a cambio de la hospitalidad, saciaré plenamente tu sed con el agua de la
vida que te regalo en el Espíritu. Y tu vida será mensaje para los demás.
Levántate, carga con tu camilla y echa a
andar (Jn 5, 8). Sé dueño de lo que te domina y rompe con lo que te ata para vivir
en la verdad que te hará libre. Si estás herido o inmovilizado, déjate sanar por mi
Palabra, si estás muerto, déjate resucitar
por ella. Mi Palabra puede ser para ti vida, fuerza y libertad.
Serás bienaventurado si eres pobre y
manso; si tienes hambre y sed de justicia; si tienes un corazón misericordioso
y limpio; si eres constructor de paz y por
ello eres perseguido (Mt 5, 3ss). Entonces te brotará la carne nueva de la nueva
vida, y serás feliz y dichoso, y comprenderás los secretos del Reino, revelados a
los sencillos y tu vida será vida plena.
Lavaos los pies unos a otros (Jn 13, 14).
Ama sin excluir a nadie de tu amor. Sirve, sin mirar a quien. Entrégate de corazón y hasta el extremo a la Fraternidad, y
experimentarás con gozo que hay más
alegría en dar que en recibir.
“Vete, enseña, a todas las gentes” (cf. Mt
27, 19). Consagra tu vida a proclamar el
Evangelio, sin límites de espacio y de
tiempo. Y tu vida será Buena Noticia para todos cuantos te encuentren.
No temas (Lc 1, 30), pues yo estoy contigo (cf. Mt 27, 20). No temas, soy tu
compañero de camino. Confía, permite,
y lo que es imposible para ti, no lo será
con mi gracia. No temas: sé valiente, ten
ánimo y, con lucidez y audacia, sígueme.
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66. Queridos hermanos jóvenes: Que el
Espíritu Santo, que Francisco quería fuese
el verdadero Ministro general de la Orden,
ilumine siempre vuestros pasos, y os dé el
don de la fortaleza. María de Nazaret, la
Virgen fiel, os alcance del Señor el don de
la fidelidad. Que el Padre Francisco vele
constantemente por todos sus hijos. Por mi
parte, os abrazo y bendigo a todos.
Roma, 27 de mayo 2007
Solemnidad de Pentecostés.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro general
Prot. 097921
Abreviaturas
Sagrada Escritura
Am
Amós.
Ap
Apocalipsis.
1Cor Primera Corintios.
2Cor Segunda Corintios.
Ef
Efesios.
Ex
Éxodo.
Filp
Filipenses.
Ga
Gálatas.
Gn
Génesis.
Hb
Hebreos.
Hch
Hechos de los Apóstoles.
Is
Isaías.
Jc
Jueces.
Jn
Evangelio de Juan.
1Jn
Primera de Juan.
Jr
Jeremías.
Lc
Evangelio de Lucas.
Lm
Lamentaciones.
Mc
Evangelio de Marcos.
Mt
Evangelio de Mateo.
Os
Oseas.
1Pe
Primera Pedro.
1Re
Primera Reyes.
Rm
Romanos.
Sal
Salmos.
2Sam Segunda Samuel.
Escritos de San Francisco de Asís
2CtaF Segunda Carta a los fieles.
Adm
Admoniciones.
AlD
Alabanzas al Dios Altísimo.
Cant
CtaL
CtaO
OrSD
1R
2R
Test
Cántico de las criaturas.
Carta al Hermano León.
Carta a toda la Orden.
Oración ante el Cristo de San Damián.
Primera Regla.
Segunda Regla.
Testamento.
Otras abreviaturas.
1Cel
Vida Primera de Tomás de Celano.
2Cel
Vida Segunda de Tomás de Celano.
2CtaCl Segunda carta de santa Clara a
Inés de Praga.
3CtaCl Tercera carta de santa Clara a Inés
de Praga.
4CtaCl Cuarta carta de santa Clara a Inés
de Praga.
AP
Anónimo de Perusa.
CCGG Constituciones Generales de la
Orden de Hermanos Menores, Roma, 2004.
CdC
Congregación para los Institutos
de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Caminar
desde Cristo, un renovado compromiso de la Vida Consagrada en
el Tercer Milenio, (14 junio 2002).
Cla
Con lucidez y audacia, informe
del Ministro General al Capítulo
2006.
EP
Espejo de Perfección.
GS
Concilio Vaticano II, Constitución
Pastoral Gadium et spes sobre la
Iglesia en el mundo actual (7 diciembre 1965).
NMI
Juan Pablo II, Novo Millennio
Ineunte, Carta apostólica al concluir el gran jubileo del año 2000,
(6 enero 2001).
PrivP Privilegio de la Pobreza – 1216.
PC
Concilio Vaticano II, Decreto Perfectae Caritatis sobre la adecuada
renovación de la Vida Religiosa
(28 octubre 1965).
RFF
Ratio Formationis Franciscanae,
Orden de Hermanos Menores, Roma, 2003.
Sc
Benedicto XVI, Sacramentum caritatis, Exhortación postsinodal,
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EX ACTIS MINISTRI GENERALIS
Sdp
Shc
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VFC
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3
4
5
6
7
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9
10
11
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18
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20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
Roma 2007.
El Señor os dé la paz, Documento
Capítulo General, 2003.
El Señor nos habla en el camino,
Documento Capítulo General Extraordinario, 2006.
Leyenda de los Tres Compañeros.
Juan Pablo II, Vita consecrata, Exhortación apostólica postsinodal
sobre la vida consagrada y su misión en la Iglesia y en el mundo,
(25 marzo 1996).
Congregación para los Institutos
de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, La vida
fraterna en comunidad, «Congregavit nos in unum Christi amor»,
(2 febrero 1994).
Notas
Cf. GS 1.
Test 23.
Sdp 2.
Cf. NMI 9.
Cf. VC 110.
Cf. FR. JOSÉ
RODRÍGUEZ CARBALLO,
La gracia de los orígenes, Roma, 2004.
Cf. Shc 3.
Cf. Shc 35.
Shc 6.
Cf. Sc 80.
Cf. Cant 4.
Cf. TC 6.
Cf. TC 6.
Cf. OrSD.
Cf. 1Cel 22.
Cf. Shc 8.
Shc 10.
1Cel 103.
VC 37.
Cf. AlD 3.
CCGG 5, 2.
Shc 18.
Documento del Capítulo general de Madrid
1993, La vocación de la Orden hoy, 5.
Cf. 1Cel 97.
Cf. BENEDICTO XVI, Carta de Cuaresma 2007.
Cf. Shc 44.
Cf. Shc 17.
Cf. AlD 3.
4CtaCl 9ss.
2CtaCl 1.
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
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70
71
72
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74
75
76
77
78
79
80
Cf. VC 37.
2CtaCl 11.
2CtaCl 12.
CtaO 10.
CtaO 6.
3CtaCl 11.
2CtaCl 15.
1R 22, 9.
319
SAN ANTONIO DE PADUA, Sermón del
Domingo XIII después de Pentecostés.
Cf. Shc 17.
Cf. AlD 1ss.
CtaO 9.
1Cel 97.
Shc 33.
Sdp 41.
Shc 9.
Shc 37.
Sdp 2.
Cf. 1Cel 22.
Cf. CCGG 86.
2R 10, 8.
JUAN PABLO II, Redemptoris missio,
37.
Cf. CCGG 93, 1.
Cf. Shc 37.
Cf. Shc 22.
Cf. Shc 17.
Cf. Shc 20.
Shc 22.
Cf. Shc 19.
Shc 33; cf. 36; Sdp 39.
VC 76; Sdp 38.
Sdp 37.
Cf. Shc 38.
Sdp 39.
Sdp 37.
Cf. Shc 38.
Shc 51.
2Cel 10
AP 41.
Cf. 1R 16, 5-7.
CCGG 84.
CCGG 89.
1R 22, 19-25.
Cf. 1Cel 22.
Adm 6, 1.
1R 16, 7.
Cf. AP 18. 44.
Cf. Test 14.
SCHALÜCK H., Llenar la tierra con
Evangelio de Cristo, Roma 1996, 86.
Shc 30.
el
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81
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127
128
129
130
131
132
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1R 16, 6.
Sc 1.
Sc 2.
Cf. VC 95.
CdC 26.
Cf. Adm 1.
Sc 2.
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AN. CXXVI – MAII-AUGUSTI 2007 – N. 2
JUAN PABLO II, Homilía del 2 de febrero 2001, en L’Osservatore romano, 4
de febrero de 2001.
Cf. Sc 2.
NMI 39.
CdC 24.
Cf. Shc 14.
1Cel 22.
2R 1, 1.
Cf. PC 2.
Cf. 2Cel 15.
Cf. Shc 14. 15.
Cf. Cla 5.
Cf. CdC 24.
NMI 33.
Cf. CCGG 1, 1.
Cf. Adm 24; 1R 11, 5-6; EP 4; CCGG 39.
Cf. Shc 4; EP 85.
Shc 34.
Cf. Shc 26. 31.
Cf. Test 14.
Shc 31.
Cf. Shc 17. 31. 50-51. 53.
Cf. Adm 25.
Cf. Shc 16. 31.
VFC 26.
Cf. CtaL 1-4.
Cf. VFC 28.
Cf. Shc 11.
Cf. CCGG 40.
2Cel 74.
Cf. 2CtaF 5.
Shc 20.
Shc 19.
Shc 9.
Cf. Shc 5.
PrivP, 3.
Shc 28.
Shc 30; cf. 33.
Shc 5.
Shc 16.
RFF 107.
Cf. Idem.
RFF 109.
Cf. Shc 45.
Cf. RFF 92.
Cf. RFF 60.
133
134
VC 70.
Cf. RFF 96.
4. Saluto ai giovani in occasione della Visita di Benedetto XVI ad Assisi
Piazza di S. Maria degli Angeli, 17 giugno 2007
QUESTO LUOGO È SANTO
Cari giovani,
il Signore
vi doni la pienezza della sua Pace!
Desidero darvi, a nome mio e di tutto
l’Ordine dei Frati Minori, a cui è affidata la
custodia di questo luogo, il mio cordiale
benvenuto in questo Santuario della Porziuncola. Guardarvi da qui, così numerosi,
pieni di gioia e di speranza, pellegrini della
speranza, nell’attesa di incontrare il Successore di Pietro, mi fa esultare di gioia. Mi fa
riandare con il cuore ai sentimenti di Francesco davanti al popolo riunito qui a S. Maria degli Angeli il 2 agosto del 1216 – dopo
che egli aveva ottenuto dal Papa Onorio III
la grazia del Perdono di Assisi per tutti i pellegrini, che venivano qui alla Porziuncola,
riconciliati e nutriti con il pane della vita –
quando gridava, davanti ai Vescovi dell’Umbria ed alla folla che lo ascoltava: «Fratelli, voglio portarvi tutti in Paradiso, tutti in
Paradiso!». Guardando voi convenuti qui,
per ascoltare la parola del “Signor Papa”,
che tra poco riceveremo, per conoscere la
gioia che viene dalla conversione e dal perdono, per nutrirvi dell’amore che Gesù ci
dona nell’Eucaristia, per ritrovare forza nella comunione fraterna, sento realizzarsi il
desiderio di Francesco di Assisi, che chiamava tutti qui a convertirsi e rinnovarsi nell’amore e nella misericordia del Padre.
In questo momento il Santo Padre è inginocchiato nella piccola chiesa della Porziuncola, all’ingresso della quale è la scritta: «Hic locus sanctus est» (questo luogo è
santo). Sì, questo luogo è veramente santo,
oggetto della predilezione e della potenza di
Dio, perché in esso il Signore si è manifestato nella vita di S. Francesco. In questa
Chiesa il santo si è fatto tante volte povero,
non solo perché si è spogliato di tutto – a
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EX ACTIS MINISTRI GENERALIS
volte anche del libro dei Vangeli – per sostenere i più poveri tra i poveri, coloro che
la città di Assisi aveva maledetto ed emarginato, ma soprattutto perché si è fatto piccolo davanti a Dio, si è lasciato riempire
dalla sua ricchezza, si è messo in sincero e
attento ascolto della Parola, che riteneva come lampada ai suoi passi e capace di trasformare tutte le cose. Le pareti della Porziuncola conservano, ancora oggi, il segreto dei suoi colloqui con il Signore, con
Maria sua madre, la sua intercessione per
ottenere il perdono per tutti.
Quando si trovava nel dubbio circa le
scelte da fare o non comprendeva più se
stesso, Francesco pregava con fiducia e ricorreva al Vangelo. Totalmente insicuro
sulla strada da prendere, un giorno Francesco e i suoi primi compagni Bernardo e Pietro «si diressero a una chiesa della città, ed
entrati si posero in ginocchio a pregare: Signore Dio, Padre della gloria, ti supplichiamo che, nella tua misericordia, tu ci riveli
quello che dobbiamo fare». Finita l’orazione, dissero al sacerdote della chiesa stessa,
lì presente: «Messere, mostraci il Vangelo
del Signore nostro Gesù Cristo» (Anper
10). Voi siete qui, oggi, come Francesco,
Bernardo e Pietro, a chiedere al successore
di Pietro: mostraci il Vangelo di Gesù Cristo, indicaci la via da seguire, donaci una
“speranza certa” capace di contrastare le
false speranze che vengono dalle cose e dalle emozioni superficiali, dal potere e dal dominio dell’uomo sull’uomo, ricordaci che
non possiamo vivere senza Cristo!
Secondo il primo biografo, Francesco,
dopo aver restaurato con le sue mani anche
questa piccola chiesa dedicata a S. Maria
degli Angeli, un giorno vi ascoltò il brano
del Vangelo nel quale il Signore invia gli
apostoli in missione, ad annunciare la sua
parola di verità e di amore. «Il sacerdote
glielo commentò punto per punto, e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone
per via, né avere calzari, né due tonache, ma
soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di Spirito Santo,
esclamò: “questo voglio, questo chiedo,
321
questo bramo di fare con tutto il cuore”»
(1Cel 22). L’ascolto di Francesco è attivo,
non dubita, si fa subito gioiosa amicizia per
la persona di Gesù. Egli, infatti, accoglie
nel cuore ed obbedisce, con la consapevolezza che la sua vita può riuscire solo se diventa un dono per gli altri, poiché c’è più
gioia nel dare che nel ricevere e solo chi
ama non morirà mai.
Ma la Porziuncola è anche il luogo della
fraternità. Dopo averla ottenuta in dono dai
Benedettini del Monte Subasio, essa divenne il centro di un movimento di fratelli che
il Signore di giorno in giorno andava accrescendo: da qui i frati cominciarono a diffondersi – ancora vivente Francesco – in Italia,
in Europa, fino in nord Africa e in Terra
Santa. Qui i frati ritornavano ogni anno per
il Capitolo di Pentecoste, per raccontarsi le
meraviglie operate dal Signore nella loro
vita e lodare la sua bontà. Qui i frati si riunivano insieme ai pastori della Chiesa per
chiedersi, insieme a Francesco, come meglio potevano osservare quello che avevano
promesso al Signore. Qui accorrevano a migliaia, come nel famoso capitolo delle
Stuoie del 1221, ed erano nutriti dalla carità
degli abitanti di Assisi, che provvedevano al
sostentamento di questi uomini nuovi, perché vedevano in loro un segno della bontà
di Dio. Come disse il Card. Ratzinger:
«Proprio in questa Cappella si fece incontro
a Francesco la sua chiamata definitiva, che
diede alla sua missione la sua vera forma e
permise la nascita dell’Ordine dei Frati Minori, che peraltro all’inizio non fu affatto
pensato come Ordine religioso, ma come
movimento di evangelizzazione che doveva
raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il
ritorno del Signore» (RATZINGER J., Il perdono di Assisi, EP, p. 22-23). E voi, carissimi giovani, proprio oggi, avete la grazia di
ripetere la stessa esperienza: siete qui, riuniti intorno a Francesco e ai vostri pastori,
per raccontarvi le meraviglie del Signore e
ripartire per il mondo intero, a raccontare la
gioia di essere cristiani, la gioia della conversione, la grazia di vivere facendo misericordia agli ultimi della terra.
Qui alla Porziuncola Francesco ha accolto la giovane Chiara – davanti all’altare
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della Vergine – l’ha consacrata al Signore e
l’ha avviata in una nuova forma di vita contemplativa e fraterna. Qui ha ricevuto tanti
frati all’Ordine insegnando loro a vivere il
Vangelo, in povertà e letizia, in fraternità,
come pellegrini e forestieri per il mondo,
portando pace e riconciliazione là dove non
c’è ed annunciando il Regno di Dio. Intorno
alla Porziuncola i frati stabilirono la loro dimora, seguendo le indicazioni di Francesco,
che secondo il Celano disse loro di «non lasciare mai questo luogo, perchè veramente
santo e abitazione di Dio».
Alla Porziuncola Francesco morente
volle ritornare, per essere deposto sulla nuda terra accanto al luogo che aveva tanto
amato e nel quale aveva ricevuto tante grazie dal Signore, e poco prima del suo transito, del suo passaggio al Padre, volle che
il medico dicesse a lui tutta la verità, ed appresa la morte ormai prossima disse: ebbene, se la morte è imminente, chiamatemi i
fratelli Angelo e Leone, affinché mi cantino di sorella morte. Vennero i due da Francesco e cantarono, in lacrime, il Cantico di
frate Sole e delle altre creature del Signore, composto dal Santo durante la sua infermità, a lode del Signore e a consolazione dell’anima sua e degli altri. In questo
Cantico, prima dell’ultima strofa, egli inserì la strofa di sorella Morte: «Laudato
si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale». Accanto alla Porziuncola Francesco morì la sera del 3 ottobre 1226, ma
quella notte fu come l’alba di un mondo
nuovo. Da allora, sorprendentemente, in
questo luogo – e noi Frati Minori lo testimoniamo ogni giorno – si ricevono continuamente grazie di conversione, di guarigione interiore, di riconciliazione tra le
persone, molti giovani come voi scoprono
la loro vocazione, ri-progettano la loro vita e diventano cavalieri di Cristo, servi per
amore, uomini di riconciliazione, profeti
di speranza.
Davvero questo luogo è santo, lo è stato per la prima generazione francescana, lo
è per noi oggi, lo sarà anche per te, se ti fai
piccolo come Francesco, se provi ad assomigliare a Maria, vera discepola del Signore e ti poni in docile ascolto dell’inse-
gnamento del successore di Pietro. Se raccogliendoti nel silenzio del tuo cuore, saprai dire come Francesco davanti al Crocifisso di S. Damiano: «Altissimo glorioso
Dio, illumina le tenebre de lo core mio. E
damme fede dritta, speranza certa, carità
perfetta, senno e cognoscemento, Signore,
che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen» (Preghiera davanti al Crocifisso).
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
5. Omelia per l’invio di nuovi missionari
S. Maria degli Angeli, Porziuncola,
18 giugno 2007
QUI È NATA
LA FRATERNITÀ-IN-MISSIONE
Miei cari fratelli in S. Francesco,
il Signore vi dia Pace!
Siamo riuniti questa mattina in questa
meravigliosa Basilica di Santa Maria degli
Angeli, che protegge, come uno scrigno
prezioso, l’umile cappella tanto amata da
San Francesco. «Sorgeva in questo luogo
una chiesa dedicata alla Vergine Madre –
narra il Celano – che per la sua particolare
umiltà meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi. Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e si innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido,
la loro nobile costruzione... la beata Vergine, fra tutte le chiese innalzate a suo onore,
amava quella con particolare predilezione;
e perciò il santo la preferiva a tutte le altre»
(2Cel 12, 18-19).
Questo luogo di povertà e di fraternità
riveste un’importanza particolare per la nostra vita francescana, poiché è qui che per
divina ispirazione è nata la “Fraternità-inmissione” francescana. È qui che Francesco
ha sentito nel più profondo della sua anima,
e ha lasciato vibrare nel suo cuore, la chiamata missionaria. È qui pure che il Vangelo,
«per una profetica ispirazione della saggezza divina», gli ha rivelato la forma di vita
che ha vissuto fino alla sua Pasqua nella vi-
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cina cella del Transito. Da questa umile
cappella della Porziuncola il messaggio
francescano di pace, di amore, di riconciliazione, di fraternità universale, si è sparso
nel mondo intero.
Ce lo racconta il Celano: «Ma un giorno,
in cui in questa chiesa si leggeva il brano
del Vangelo relativo al mandato affidato
agli apostoli di predicare, il santo, che era
presente e ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la messa pregò il sacerdote di
spiegargli il passo. Il sacerdote glielo commentò punto per punto e Francesco, udendo
che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane né bastone… ma soltanto predicare il regno di Dio e la penitenza, subito esultante di divino fervore,
esclamò: “Questo voglio, questo chiedo,
questo bramo di fare con tutto il cuore!”»
(1Cel 9,22).
Poco dopo, Francesco inviava in missione i primi Frati che lo avevano raggiunto alla Porziuncola: «Andate, carissimi, a due a
due per le varie parti del mondo ed annunciate agli uomini la pace e la penitenza in
remissione dei peccati; e siate pazienti nelle persecuzioni, sicuri che il Signore adempirà il suo disegno e manterrà le sue promesse. Rispondete con umiltà a chi vi interroga, benedite chi vi perseguita, ringraziate
coloro chi vi ingiuria e vi calunnia, perché
in cambio ci viene preparato il regno eterno!» (1Cel 12,29).
Come successore di san Francesco, non
vi invio più oggi due a due. Vi invio comunque con lo stesso entusiasmo, la stessa
passione per il Cristo, per la Chiesa e per il
mondo. Voi partirete fra poco verso Paesi
molto diversi per cultura e religione. Domando a voi miei giovani Frati che siete la
nostra speranza e il nostro esempio e che
avete risposto generosamente all’appello
missionario: coltivate sempre e ovunque
l’ideale di Francesco, la grazia delle origini
che cantano le vecchie mura di questa cappella, la fiamma del primo amore della missione. È Francesco che vi invia oggi come
Fraternità in missione. Tra i vostri fratelli,
vivete la minorità e la fraternità della Porziuncola delle origini. Siate soggetti e sot-
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tomessi ad ogni creatura per amore di Dio e
della Vergine Maria. Non dimenticate che è
la fraternità che deve essere missionaria, è
la fraternità che evangelizza: seguendo l’esempio di Francesco e dei suoi primi compagni, noi siamo una Fraternità in missione,
una Fraternità che è nata qui alla Porziuncola.
In tutto il mondo, fedeli alla missione
che l’Ordine e la Chiesa vi ha affidato, annunciate la buona novella del Regno di Dio,
proclamate il Vangelo, edificate tutte le nazioni in parole e in atti attraverso la purezza
della vostra vita, predicate la conversione e
la penitenza.
In questa umile cappella tanto amata da
Francesco, noi siamo venuti a supplicare la
Vergine Maria, Nostra Signora degli Angeli, di accompagnarvi nel cammino della vostra vita missionaria. Per sua intercessione,
imploro la benedizione del Signore su ciascuno di voi. La vostra vita non sarà esente
da sofferenze e difficoltà. Conoscerete anche gioie grandi che saranno il frutto non
tanto della vostra azione personale e di
quella della Fraternità, ma piuttosto della
grazia di Dio che non abbandona mai i suoi
figli. E quando vi sentirete troppo soli o oppressi sotto il peso, ricordatevi che il vostro
Ministro prega per voi ogni giorno e vi affida all’amore del Signore.
In nome di tutti i Frati dell’Ordine, voi
spargerete la misericordia del Signore nelle
anime di coloro che vi incontreranno, voi
sarete vicini ai poveri e ai piccoli, ai lebbrosi e agli emarginati del nostro tempo. E
spesso, i vostri occhi, il vostro sguardo di
compassione e di tenerezza sarà il sorriso di
Dio sulla terra. Qualche volta voi aiuterete
gli uomini e le donne disperate o pacificate
ad attraversare il passaggio della morte corporale. In ogni luogo voi spargerete la gioia
del Regno di Dio.
Fratelli miei, il Signore vi benedica e vi
protegga, volga su di voi il suo volto e vi
doni la pace. E con la benedizione del nostro padre serafico san Francesco, io vi invio in missione. Amen! Alleluia!
FRA JOSÉ CARBALLO RODRIGUEZ, OFM
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6. Discorso in occasione del bicentenerio
della canonizazione di san Benedetto
il Moro
Palermo, 24 giugno 2007
UNA VITA INTENSA
NELL’UMILE QUOTIDIANITÀ
Carissimi Fratelli e Sorelle,
il Signore vi dia pace
e vi ricolmi della sua gioia!
Si concludono oggi, con questa solenne
Eucaristia, le celebrazioni promosse dalla
Provincia siciliana dei Frati Minori per ricordare il II Centenario della canonizzazione del nostro s. Benedetto il Moro, figlio di
questa stessa Provincia, inclito Patrono di
Palermo e vigile presenza in questo convento di S. Maria di Gesù.
Nel corso di oltre un anno, è stato ricordato, con opportune manifestazioni, l’evento compiutosi a Roma, nella basilica papale
di S. Pietro in Vaticano il 24 maggio 1807,
allorché il Sommo Pontefice Pio VII, nell’ottavo anno del suo tormentato pontificato (1800-1823) e nell’unica cerimonia di
canonizzazione da lui compiuta, proponeva
alla venerazione della Chiesa universale
Benedetto da san Fratello o il Moro, esemplare figlio del Poverello d’Assisi, attribuendogli il titolo e gli onori dei “santi”.
In quella stessa circostanza, il Papa dichiarava “santi”, altri tre insigni francescani, e cioè: Coletta di Corbie, riformatrice
del II Ordine di S. Francesco, la viterbese
Giacinta de Marescotti e la Fondatrice delle “Orsoline”, la terziaria Angela Merici.
Dalla cronaca sappiamo poi che il rito si
svolse nella basilica vaticana “splendidamente ornata” e che a perorare la canonizzazione
fu il Cardinale Innico Caracciolo, discendente del quinto beato canonizzato in quel giorno, 1’abruzzese Francesco Caracciolo, Fondatore dei Chierici Regolari Minori.
Ognuno di questi Santi, e in particolare il
nostro san Benedetto, continua a parlarci con
l’eloquenza della sua storia e del suo operare
in Dio, proiettando luce sul nostro cammino
e speranza per il futuro della storia.
Sono perciò vivamente grato al Ministro
provinciale, Fr. Carmelo Finocchiaro, al
Guardiano di S. Maria di Gesù, Fr. Fernando Trupia, e ai singoli Membri del Comitato organizzatore delle celebrazioni centenarie, per avermi invitato a conchiudere il bicentenario della canonizzazione di San
Benedetto il Moro. Saluto tutti i presenti,
lieto di fare, con ciascuno di voi, quasi un
consuntivo dell’anno trascorso e proiettarci
verso un futuro di rinnovato impegno nel
seguire le orme dei nostri Santi.
1. San Benedetto da San Fratello: la sua
identità
Una domanda nasce spontanea nella
mente e nel cuore di ciascuno di noi: chi è
stato e che cosa ha fatto Benedetto, che qui
è vissuto e qui è morto il 4 aprile 1589, per
essere ancora ricordato da noi e proposto ad
esempio per le future generazioni?
Benedetto Manassari detto “il Moro”,
nato a San Fratello in provincia di Messina
nel 1526, e divenuto Frate Minore nel 1562,
è un semplice che si è lasciato conquistare
da Dio e al quale sono stati rivelati i misteri
del Regno celeste.
L’umile figlio di S. Francesco non fu, infatti, né un letterato né un discendente da
antica e nobile casata. Egli, invece, era figlio di poveri “schiavi negri” portati in Sicilia dall’Africa, a servizio di un ricco proprietario di San Fratello. Entrato a ventun
anno tra gli Eremiti fondati dal terziario
francescano Girolamo Lanza, tra i quali
svolse anche con comune edificazione l’ufficiò di superiore, ne uscì dopo la soppressione dell’associazione decretata dal Papa
Pio IV nel 1562, entrando tra i Frati Minori
di questo convento fortunato, fondato dal
Beato Matteo d’Agrigento.
Qui, a S. Maria di Gesù, o nel convento
di Sant’Anna a Giuliana, egli svolse in prevalenza l’ufficio di cuoco. È vero che nel
triennio 1578/1581 fu superiore in questo
convento e anche maestro dei novizi. Ma
dal 1582 e fino al giorno del beato transito,
egli tornò ad occuparsi della cucina, con lo
stesso cuore di una mamma per i suoi figli.
Un’esistenza, dunque, quella di Benedetto, vissuta nell’umile quotidianità, ma
con straordinaria intensità davanti a Dio, in
un progressivo affondare nella vita della
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Trinità Santissima, attraverso una unione
sempre più assorbente e travolgente con il
Figlio di Dio fattosi uomo per noi ed unico
suo amore.
Proprio tale esistenza, apparentemente
povera, priva di interessi esaltanti, ma completamente pervasa dall’amore per il Signore, ci dice che possiamo vivere la gioia di un
incontro con Colui che dà pienezza alla nostra vita.
Chiamati oggi a celebrare le meraviglie
operate dal Signore nella vita di San Benedetto il Moro, come ha fatto con Giovanni
Battista e con tutti i santi, siamo anche impegnati a vivere nel presente l’esperienza di
questo fratello, lontano da noi nel tempo,
ma vicino per l’attualità del suo messaggio
ispirato dallo Spirito che rivela ai semplici e
ai piccoli i misteri del Regno di Dio.
2. Il povero che accoglie con amore la volontà di Dio
In San Benedetto da san Fratello è esaltato un figlio di questa terra e un discepolo
del Poverello d’Assisi.
Egli non si è imposto all’attenzione del
mondo perché è stato capace di una qualche
straordinaria realizzazione sociale o economica, o per le sue grandi doti intellettuali,
ma perché ha amato senza riserve il Signore e perché del suo Vangelo è divenuto una
pura trasparenza, una convincente e attraente testimonianza. In una parola: perché
si è fatto povero.
La povertà, infatti, rende l’uomo capace
di accogliere con cuore disponibile la volontà di Dio, rendendolo libero da tutti i legami con le cose e le ambizioni umane. È
questa la sorprendente saggezza dei semplici che sconcerta gli uomini colti e che fa
esclamare a S. Francesco “Mio Dio e mio
tutto“ o che fa dire a Teresa di Gesù: “Niente ti turbi, niente ti sgomenti, tutto passa,
solo Dio ti basta“!
L’umile francescano di Sicilia ci invita
oggi, al termine delle grandi celebrazioni
per il bicentenario della sua canonizzazione
e mentre l’Ordine dei Frati Minori si prepara a celebrare gli otto secoli della sua origine, ad affidarci perdutamente a Dio, dicendoGli, come hanno fatto i santi, il nostro
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“Sì” incondizionato, in modo tale da poter
continuare ad essere vangelo vivente «per
nutrire, mediante l’offerta liberante del
Vangelo, il nostro mondo diviso, disuguale,
affamato di senso, così come fecero nel loro tempo Francesco e Chiara d’Assisi» (II
Signore ti dia pace, n.2) e la schiera innumerevole dei nostri Santi.
3. Il povero che semina misericordia
San Benedetto il Moro non fu un solitario, sebbene avesse scelto all’inizio del suo
cammino di perfezione la vita eremitica alla scuola di Girolamo Lanza. Non andò al
Signore da solo, non lo incontrò facendo a
meno degli altri.
Anche in questo, il nostro Santo ci dà un
insegnamento di straordinaria attualità.
La più alta vocazione dell’uomo è di
«entrare in comunione con Dio e con gli altri uomini suoi fratelli» (Vita fraterna in comunità, n. 9). E per noi Frati Minori la vita
fraterna in comunità rappresenta uno degli
elementi essenziali della nostra forma di vita. Vivere per gli altri, in un dono fiducioso
per la vita dei fratelli: fu questo il “programma” di san Benedetto. Seguendo l’esempio del Maestro divino “venuto non per
essere servito, ma per servire e dare la sua
vita per gli altri” (cf Mt 20, 28), egli nutrì di
misericordia l’intera sua vita: rendendosi
dono di speranza per quanti l’avvicinavano,
attingendo dal suo cuore parole di vita, e rispondendo al profondo bisogno di Dio bruciante nel cuore degli uomini del suo difficile tempo.
Dotato da Dio di doni straordinari, non
tenne per sé il dono di Dio, ma lo condivise
con gioia con quanti ricorrevano a lui in
cerca di pace e di fiducia nella vita. Sacerdoti e teologi, e lo stesso viceré di Sicilia, si
avvalsero del dono del consiglio e della sapienza che gli consentiva di scrutare i disegni di Dio.
Viviamo in un mondo diviso e frammentato, e insieme assetato di comunione e di
fraternità. San Benedetto il Moro ci insegna
che questa è l’ora della comunione fraterna
e della condivisione. Lo ripete a noi Frati
Minori, lo grida ad ogni uomo assetato di
giustizia e di libertà, per il futuro di una
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nuova umanità rigenerata dalla forza dell’amore.
4. I Santi portatori di luce
Lo ha affermato Benedetto XVI nella
sua lettera enciclica Deus caritas est: «I
Santi sono veri portatori di luce all’interno
della storia» (n.40).
Benedetto da San Fratello appartiene a
questa schiera immensa di “benefattori dell’umanità”, che ha segnato la storia non solo della Sicilia e della Famiglia Francescana
lungo i quattro secoli circa che ci separano
dal suo transito. Una storia che non sempre
conosciamo e che, molte volte, non riusciamo a raccontare e a trasmettere. Una storia,
quella che ha scritto con la sua eroica testimonianza di vita il nostro Santo, e che ce lo
rende veramente vicino.
In San Benedetto da San Fratello abbiamo la convincente dimostrazione di come
un vero apostolo sia capace di calarsi nel
particolare contesto sociale della sua gente,
rivestendo di forme adeguate alla cultura e
alla mentalità del suo tempo l’eterno Vangelo della carità e della pace.
La vita del nostro santo fu essenzialmente contemplativa e perciò totalmente consacrata al bene del prossimo. Il contemplativo, infatti, è sempre molto vicino e molto
unito ad ogni uomo che soffre. Nel cuore di
ogni contemplativo è sempre presente il mistero della Chiesa “sacramento universale
di salvezza”. È presente l’uomo creato a immagine di Dio e redento da Cristo. È presente, in una parola, il mondo che geme e
che spera.
Parlando alla folla raccolta per l’Angelus in piazza S. Pietro, il 2 ottobre 1994, il
Servo di Dio Giovanni Paolo II affermò con
forza che “il consacrato è per antonomasia
il fratello universale, su cui gli altri fratelli
sanno di poter contare, trovando ascolto ed
accoglienza e condivisione”.
Sono pertanto convinto che, anche a distanza di circa quattro secoli dalla sua morte, Benedetto il Moro, l’amico dei poveri e
il testimone fedele del Vangelo delle Beatitudini, abbia ancora una parola da dire ai
consacrati, e in particolare a noi Frati Minori suoi fratelli, ai Pastori della Chiesa, ai
giovani, agli oppressi e a quanti, nella Chiesa o nella Società, sono chiamati oggi a testimoniare con la vita il Vangelo della carità
e a farsi costruttori di una società aperta ai
grandi valori dello Spirito e impegnata nella difesa dell’uomo e della vita.
Solo ascoltando questa parola, noi potremo dire che non è stata vana la celebrazione del bicentenario della canonizzazione
dell’umile Benedetto da San Fratello, ma
che ascoltando la voce del passato, noi scopriamo la grande verità ribadita da Papa Benedetto XVI che «chi va verso Dio non si
allontana dagli uomini, ma si rende invece
ad essi veramente vicino» (Deus caritas est,
n. 42).
Possiamo essere certi che il Santo che è
vissuto in questo convento, che qui ha fatto
esperienza dell’Assoluto, qui ha confortato
i fratelli e che da qui ha raggiunto la patria
eterna, e del quale qui sono custodite le sacre reliquie insieme a quelle del Beato Fondatore di questa oasi di pace, il Beato Matteo di Agrigento, è a noi vicino e ci incoraggia a custodire con fedeltà creativa la
memoria della sua presenza tra noi, facendo oggi ciò che Francesco e i nostri Fratelli
di ieri fecero ai loro tempi e, così, «essere
noi stessi segni leggibili di vita per un mondo assetato di nuovi cieli e terra nuova» (Is
65, 17). Amen.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
7. Carta a las Hermanas de la Orden de
la Inmaculada Concepción con motivo de la fiesta de Santa Beatriz de Silva
Roma, 29 de junio,
fiesta de los santos Pedro y Pablo, 2007.
Muy queridas Hermanas en el Señor:
A todas y a cada una de vosotras, os saludo con afecto y os deseo todo bien en el
Señor.
Se acerca la solemnidad anual de santa
Beatriz de Silva, y quiero, con toda la Orden de los Hermanos Menores, unirme a
vuestro gozo, multiplicarlo con el nuestro,
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y compartir con vosotras la alabanza al Dios
altísimo, sumo bien, todo bien, que hizo
maravillas en favor de su sierva Beatriz y
que, con infinita misericordia, colma de
bienes a cuantas profesáis su vida y Regla
en la Orden de la Inmaculada Concepción.
Iluminados por la luz del Espíritu Santo
y guiados por su santa operación, también
nosotros, vuestros hermanos franciscanos,
contemplamos el rostro de Beatriz resplandeciente de gracia y santidad: Virgen por la
pureza del corazón, la limpieza de la mirada y el ardor de la caridad; madre por la admirable fecundidad de su vida, pues el Señor le ha dado una descendencia bendecida
y numerosa como las estrellas del cielo;
gloriosa en la Iglesia por su vida evangélica; bienaventurada por su pobreza, por sus
lágrimas de mujer creyente, por su búsqueda confiada de la paz.
Queridas Hermanas: Santa Beatriz, su
vida, las virtudes con que el Señor la adornó, la santidad con que el Señor la embelleció, son para vosotras, y para vuestros Hermanos Menores, motivo de gozo, de alabanza, de fiesta. Hoy Beatriz nos llena de
santa alegría, a vosotras y a nosotros, y nos
hace sentir que formamos parte de una fraternidad formada por hermanos y hermanas.
Como sabéis, nosotros los Hermanos
Menores nos encaminamos a la celebración
del octavo Centenario de la Fundación de
nuestra Orden, que inició con la experiencia
evangélica del Hermano Francisco de Asís
y la aprobación de nuestra Regla por parte
del “Señor Papa” en 1209. Esto es para nosotros un motivo de júbilo y de bendición
por el amor que nos une a todas vosotras,
queridas hermanas de la Orden de la Inmaculada Concepción.
En esta andadura jubilar, iniciada en el
2006, hemos querido en este año 2007 poner el Evangelio en el centro de nuestro proyecto de vida. Estoy plenamente convencido que también en el corazón mismo de
vuestro proyecto de vida como Concepcionistas está el Evangelio. Así lo indican
vuestras mismas Constituciones cuando os
piden que creáis firmemente en el Evangelio (cf. CCGG OIC 88).
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Llamadas, como habéis sido, a desposaros con Jesucristo nuestro Redentor, y a hacer vuestra su vida, viviendo siempre “en
obediencia, sin propio y en castidad, con
perpetua clausura” (cf. CCGG OIC 1), en
vuestro camino de seguimiento, de continua conversión y de identificación con
Cristo, estáis igualmente llamadas a evidenciar el Evangelio a la luz del carisma concepcionista (cf. CCGG OIC 126).
A la luz de estas indicaciones que encontramos en vuestras Constituciones no dudo
en pediros, amadas hermanas Concepcionistas, que también vosotras durante este
año pongáis el Evangelio en el centro de
vuestra vida y de vuestra contemplación.
Leed atentamente el Evangelio, custodiad
el Evangelio en vuestros corazones, dad a
luz el Evangelio con vuestras palabras y con
vuestras vidas. El Evangelio sigue siendo la
noticia, bella como la gracia, y ardiente como el amor, que trasnforma a quien la recibe con corazón de niño (cf. Mt 11, 25). El
Evangelio sigue siendo manantial de bienaventuranza para quien lo acoge, como María Imaculada, con corazón pobre y disponible (cf. Lc 1, 38). El Evangelio sigue siendo Evangelio cuando cada una de vosotras,
aun contando con vuestras pobrezas, se
atreve a vivirlo acogiéndolo en su inmediatez, en su frescura, en su radicalidad, como
hizo Francisco, como hizo Beatriz. Volvamos al Evangelio, y el Evangelio nos permitirá mantener siempre la poesía, la belleza y el encanto de nuestros orígenes.
Santa Beatriz de Silva, había sido escogida como estrella para guiar a generaciones de vírgenes, que consagrarían a Dios su
amor y su pureza, en honor de María Inmaculada. Pues bien, otra cara de la hermosa
celebración de su fiesta, sin la cual no se podría comprender la dimensión gozosa de este día, es que vosotras, las hijas de santa Beatriz, sois también para ella motivo de gozo
en el Señor, motivo de alabanza al Señor,
motivo de fiesta con el Señor.
Hoy vosotras hacéis más grande la dicha
de Beatriz, y la aumentaréis cada día en la
medida en que, con gozo y fidelidad creativa, viváis vuestra vocación y misión en la
Iglesia, dentro de la gran Familia Francis-
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cana, y haciendo vuestro el gozo y la esperanza de nuestro mundo.
Los Hermanos Menores nos unimos a
vuestra fiesta, en la tierra como en el cielo.
Os bendigo de todo corazón.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro General
8. Omelia in occasione della Festa del
Perdono d’Assisi
Santa Maria degli Angeli, 01.08.2007
NON TEMERE
Sir 24,1-4; 22-31; Sal Lc 1,46-55;
Gal 4, 3-7; Lc 1,26-33
Carissimi fratelli e sorelle,
in questo giorno di festa per tutta la
Chiesa il Vangelo, che abbiamo appena
ascoltato, ripete anche a ciascuno di noi il
saluto dell’angelo a Maria: «Non temere,
perché hai trovato grazia presso Dio». È
una parola che ci dà coraggio e ci infonde
fiducia. Il Signore oggi, come sempre nella storia della salvezza, si manifesta come
Colui che è vicino ai suoi figli, come Colui
che sta con il suo popolo per condividerne
la sorte. Il nostro Dio non è un Dio lontano,
un Dio che discende dall’alto del suo cielo
per riempire di terrore l’umanità e castigarla, ma un Dio che nel corso del tempo si è
rivelato come Colui che sta accanto agli
uomini (cf Es 3,14). L’esserci vicino di
Dio, il suo amore per la nostra vita, si è manifestato in maniera molto concreta attraverso le sue opere meravigliose, prima fra
tutte la creazione, che con la sua bellezza ci
parla continuamente del Creatore, ma anche attraverso la sua Parola, con la quale ha
guidato ed educato il popolo di Israele, fino
a farne il popolo eletto, popolo scelto tra gli
altri popoli, perché stesse con Dio. Ma questa vicinanza ha raggiunto la sua perfezione in Gesù: in Lui Dio stesso ha assunto la
nostra natura, ha camminato sulle nostre
strade, ha vissuto le nostre piccole e grandi
gioie, ha provato la nostra fragilità e le nostre sofferenze. Ed in Gesù da servi di Dio
siamo definitivamente divenuti amici di
Dio: «Non vi chiamo più servi, perché il
servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò
che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere
a voi» (Gv 15,15). Sì, siamo amici di Dio,
non più servi, o, come diceva san Paolo
nella seconda lettura, se «prima eravamo
schiavi degli elementi del mondo», ora,
grazie a Gesù Cristo, abbiamo trovato in
Dio un Padre e siamo divenuti suoi figli.
Dunque non più servi ma amici, non più
schiavi ma figli.
Lasciamo, allora, che la gioia oggi inondi il nostro cuore, perché anche noi, come
Maria, abbiamo trovato grazia presso Dio,
perché anche noi siamo invitati a non temerlo. Infatti, come non si ha paura di un
amico o del proprio padre, così non dobbiamo aver paura di Dio.
Ecco la Buona Notizia di oggi, il Vangelo
che ci è stato annunciato. Il Dio in cui crediamo è, come amava chiamarlo santa Chiara, il Padre delle misericordie, Colui che si
china con il cuore traboccante d’amore su
ciascuno di noi, sulle nostre povertà, sulle
nostre piaghe, quelle che si vedono e quelle
che non si vedono, per offrirci guarigione e
salvezza. Lo fa solo per amore, non vuole
nulla in cambio, lo fa unicamente perché ci
ama come un padre. Noi dobbiamo solo aprire il cuore e accettare questo dono, accogliere la sua misericordia, la sua grazia, il suo
perdono. È Dio stesso, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, ad invitarci: «Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti. Poiché il ricordo di me
è più dolce del miele, il possedermi è più dolce del favo di miele. La mia memoria rimarrà
per tutti i secoli».
Ma chi ha gustato la dolcezza di questa
Parola di salvezza, chi si è lasciato toccare dalla misericordia di Dio, non può rimanere uguale a prima. La sua stessa vita
si trasforma e si converte in annuncio di
misericordia, così come accadde anche a
san Francesco, che nel suo Testamento ricorda: «quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro
e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro ciò che mi sembrava amaro
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mi fu cambiato in dolcezza di animo e di
corpo».
Chi si è lasciato toccare dall’amore di
Dio, vive di esso e lo testimonia con tutta la
sua vita, facendo della sua vita un grande atto d’amore, come ci ricordava Benedetto
XVI, durante la sua visita qui ad Assisi:
«Che cosa è stata, miei cari fratelli e sorelle, la vita di Francesco convertito se non un
grande atto d’amore? Lo rivelano le sue
preghiere infuocate, ricche di contemplazione e di lode, il suo tenero abbraccio del
Bimbo divino a Greccio, la sua contemplazione della passione alla Verna, il suo «vivere secondo la forma del santo Vangelo»
(Test 14), la sua scelta della povertà e il suo
cercare Cristo nel volto dei poveri». In
Francesco tutto ci parla di Dio, perché Dio
è diventato per lui il senso della vita. Quel
senso che oggi sembra essere così spesso
smarrito o mai trovato, noi sappiamo che
l’uomo non potrà mai darselo da solo, ma
può solo essergli donato e in Cristo gli è stato offerto una volta per tutte.
La festa di oggi, allora, è un invito per
tutti a tornare a Cristo, ad abbeverarsi alla
sorgente di acqua viva, per gioire nuovamente dell’abbraccio del Padre delle misericordie, per riscoprire una vita che è ricca
di significato, anche quando è fatta delle cose piccole e banali di tutti i giorni. Ma la festa di oggi è, allo stesso tempo, un invito a
lasciarci condurre da Gesù in mezzo ai “lebbrosi” del nostro tempo per usare con essi
misericordia, per aprire le nostre braccia a
chi è guardato con sospetto e disprezzo e
magari vive o lavora accanto a noi, per accogliere e perdonare come noi, a nostra volta, siamo stati accolti e perdonati.
Mentre con tutti i Francescani ci prepariamo a celebrare l’VIII centenario dell’approvazione della forma di vita di san
Francesco da parte della Chiesa, anche noi
vogliamo, proprio come ha fatto il santo
d’Assisi, farci raggiungere dal Vangelo del
perdono e dell’amore; vogliamo farci raggiungere da Gesù Cristo, perché trasformi
la nostra vita in un inno di misericordia,
per cantare con Maria: «Grandi cose ha
fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo
nome; di generazione in generazione la
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sua misericordia si stende su quelli che lo
temono».
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
9. Discorso in occasione della XXVII
marcia francescana ad Assisi
S. Maria degli Angeli, 02.08.2007
APRITEVI
AL VANGELO DELLA GRAZIA
Cari fratelli e amici,
con il cuore colmo di gioia, nel nome di
Francesco, nostro padre e fratello, vi accolgo in questo luogo santo della Porziuncola,
il posto più amato da Francesco, umile cappella che toccò il cuore del santo di Assisi,
culla dell’Ordine francescano (cf LM 5),
perché, come affermò dieci anni fa il Cardinale Joseph Ratzinger, qui Francesco «si lasciò incontrare dalla chiamata definitiva
che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell’Ordine dei Frati Minori»; luogo della scuola del Vangelo e
della missione; luogo in cui i Frati si incontravano ogni anno a Pentecoste; luogo del
glorioso transito del Poverello di Assisi e
santuario dove, ancora oggi grazie all’indulgenza della Porziuncola, si respira la
gioia del perdono e la misericordia del Dio
amore. Benvenuti tutti, soprattutto i giovani della marcia francescana ad Assisi, e che
santa Maria degli Angeli, san Francesco e
santa Chiara vi mostrino il cammino per arrivare a Gesù.
Alcuni giorni fa vi siete messi in cammino verso Assisi, la «capitale della cultura
dell’amore e della pace». Anche voi, come
gli abitanti di Assisi, dopo che Francesco
restaurò la cappella della Porziuncola, vi
siete detti: «Andiamo a Santa Maria degli
Angeli» (CAss 56), sapendo che Il cammino si fa per dono, come recita il tema della
Marcia verso Assisi di quest’anno. Con bagaglio leggero, con passo veloce e grande
gioia nel cuore vi siete fatti pellegrini sulle
diverse strade d’Italia che portano a Santa
Maria degli Angeli. Avete, così, rivissuto
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l’esperienza del pellegrino Abramo, padre
dei credenti, che, seguendo la chiamata di
Dio, si era messo in cammino verso la terra
che il Signore gli aveva mostrato (cf Gn
12,1-5); l’esperienza del popolo d’Israele,
pellegrino nel deserto per quarant’anni (cf
Es 16,35); l’esperienza di Gesù, che fu pellegrino, salì, varie volte a Gerusalemme;
l’esperienza dello stesso Francesco che non
solo andò pellegrino a Roma, ma anche a
Santiago e a Gerusalemme.
Il cammino non è solo, né principalmente, uno spazio fisico. Per il credente è anzitutto un processo esistenziale che porta a riconoscere i cammini di Dio per seguirlo.
Cammini tante volte sconcertanti – «le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8), dice
il Signore –, ma che conducono sempre a risultati meravigliosi. L’Esodo è l’esempio
più evidente di tutto questo: il popolo fa
esperienza di ciò che significa «camminare
con il proprio Dio» (cf Mic 6,8) ed entrare
nella sua alleanza. Dio stesso si mette in testa per aprire il cammino e la sua presenza
si fa visibile con la colonna di fuoco (Es
13,21s). Il mare non lo ferma (cf Sal 77,20)
e durante il cammino nel deserto è Dio stesso che combatte per il suo popolo e lo sostiene, come un uomo porta il proprio figlio,
gli procura da bere e da mangiare, cerca un
posto dove porre l’accampamento e si
preoccupa che non gli manchi nulla (cf Dt
1,10-33). Il peccato del popolo fece sì che il
cammino fosse lungo e difficile (cf. Dt 2,1),
ma nonostante questo Dio non abbandona
mai Israele e lo conduce nella terra promessa, dove il popolo potrà benedire il Signore
(Dt 8,7-10). Diventa così evidente a tutti
che i cammini del Signore “ sono amore e
verità” (Sal 25,10).
Israele è entrato nella Terra della promessa, ma deve continuare a camminare
lungo le vie del Signore (cf Sal 128,1). Davanti a lui ci sono sempre due strade: quella del bene e quella del male (cf Sal 1,6;
Prov 4,18s). La grande tentazione sarà quella di abbandonare il cammino del Signore,
della vita (Prov 2,19), per seguire quello dei
malvagi, che porta alla perdizione e alla
morte (cf Sal 1,6; Mt 7,31s). Scegliere una
strada invece dell’altra, sarà la grande re-
sponsabilità di Israele (Dt 30, 15-20).
Cari giovani, siete giunti alla meta che
vi eravate proposti: calpestare il suolo di
questo luogo santo, la Porziuncola. Ma questa meta è solo parziale. Come ho già detto,
la vita è un cammino continuo, è un processo che per il credente terminerà solo con
l’arrivo di sora nostra morte corporale,
quando ciascuno di noi si identificherà pienamente con Cristo. Anche davanti a voi
oggi ci sono due vie: quella che vi offre il
mondo, la “porta larga”, e quella che vi presenta Cristo nel vangelo, la “porta stretta”.
La prima, più facile e comoda, vi porta alla
perdizione. La seconda, certamente più esigente ma senza dubbio più bella e attraente,
vi porterà alla vita in pienezza.
Voi, cari giovani, giustamente cercate la
felicità e la vita in pienezza; siete, anche
voi, mendicanti di senso. Sia la felicità
profonda che la vita in pienezza, come ci ricordava in questa stessa piazza solo alcune
settimane fa il Papa Benedetto XVI, non si
trovano che in Cristo. Questo è ciò che ci
dice il cammino di Francesco. Egli trovò la
felicità e la pienezza solo quando incontrò
Cristo e, così, poté confessare che in lui c’è
tutto il bene, il sommo bene, la bellezza, la
ricchezza a sufficienza (cf LodAl). Solo Cristo può darci la felicità più autentica, solo
Lui, sorgente di acqua viva, può saziare la
vostra sete di pienezza. Non cercate acqua
nelle cisterne screpolate, che non tengono
l’acqua (cf Ger 2,13), quando avete a vostra
disposizione l’acqua che sgorga abbondante e fresca dalla sorgente.
Può essere che molti di voi siano in questo momento preoccupati della propria riuscita e del successo. Credo sia normale. Anche Francesco, nella sua gioventù, cercò
tutto questo. Ma lo cercava sulla strada sbagliata pensando di trovarlo sui campi di battaglia. Fu allora, a Spoleto, che il Signore lo
prese per mano e lo condusse a chiedersi:
«chi può esserti più utile: il padrone o il servo?» (3Comp 26). Cari giovani, lasciatevi
portare per mano da Cristo. Domandatevi
anche voi chi può esservi più utile. Perché
accontentarvi delle briciole che cadono dalla mensa del padrone, quando potreste mangiare e bere con Lui? Apritevi a Cristo.
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Aprite le porte a Cristo, come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura. Egli non vi toglie nulla, ma vi dà tutto.
Come Francesco, anche voi, fate di Cristo il
vostro cammino, il vostro tesoro, la luce
della vostra vita (cf BENEDETTO XVI, Ai
giovani di Assisi).
Non mi meraviglia che tra voi, immersi
come siamo nella cosiddetta cultura dell’immagine, vi sia chi è preoccupato di apparire, di cercare cose esteriori, rimanendo
eccessivamente concentrato su se stesso.
Questo fu un altro cammino sbagliato che
Francesco cercò di seguire quando aveva la
vostra età. Dalla schiavitù di se stesso e dalla ricerca dell’immagine riuscì a liberarsi
solo quando aprì il suo cuore al Signore Dio
e agli altri; una apertura incondizionata che
lo porta a confessare che per lui Dio è tutto
– mio Dio, mio tutto! – e che i fratelli, per
quanto diversi da lui, sono un dono del Signore (cf Test 14); una apertura che lo porta
a vincere la ripugnanza che gli causava la
vista dei lebbrosi, così da poterli abbracciare e usare che con essi misericordia (cf Test
3), riconoscendo in loro il volto sofferente
ed emarginato del Signore.
Come fece Francesco nell’eremo di san
Damiano, anche voi fissate lo sguardo in
Cristo crocifisso e glorioso. Lasciate che il
suo sguardo incroci il vostro e penetri fino
nel più profondo del vostro cuore. Lasciatevi guardare, cioè, lasciatevi amare da Cristo
e allora il vostro sguardo si trasformerà e i
vostri cuori batteranno al ritmo del suo. Innamoratevi di Cristo e sarete discepoli e, insieme, missionari.
Come fece Francesco qui alla Porziuncola, lasciatevi incontrare e illuminare, anche voi cari giovani, dalla Parola viva e interpretata dalla Chiesa. Assumete il Vangelo come criterio fondamentale delle vostre
scelte esistenziali. Fate del Vangelo il vostro libro di lettura. Accogliete il Vangelo
come Buona Notizia. Una notizia bella come la grazia e ardente come l’amore, che
trasforma la vita di chi la riceve con il cuore di un bambino (cf Mt 11,25); è fonte di
felicità per chi, come Maria di Nazareth, la
accoglie con cuore disponibile (cf Lc 1,38);
è sorgente di vera libertà per chi, come
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Francesco la accoglie nella sua immediatezza, freschezza, radicalità (cf 1Cel 22), sine glossa.
Come fece Francesco con il lebbroso,
abbracciate tutti gli esclusi, date loro il vostro tempo, fate sentire loro l’amore di Dio,
ponetevi, come il Poverello, al loro servizio. Così anche voi gusterete dolcezza di
anima e di corpo, e la vostra vita si de-centrerà, il vostro cammino si farà per dono,
cioè sfocerà in una donazione gratuita, abbandonando la logica dell’ego, dell’io, del
guadagno, per vivere l’agape, la logica del
dono e della donazione senza riserve al Signore e agli uomini e alle donne che incontrerete sul vostro cammino. Riconoscendo
in Dio, nella contemplazione, la perfetta logica del dono (cf Spc 22), la vostra stessa
vita si farà offerta, come la vita di Dio, eterno dono all’umanità (cf Spc 20.32). Ricordate, cari giovani, che essendo voi stessi dei
doni (cf Spc 22), nulla vi appartiene, nemmeno voi stessi, tutto è un bene ricevuto,
chiamato ad essere condiviso e restituito
(Spc 19). Non siamo padroni della nostra
vita. L’abbiamo ricevuta in dono, l’abbiamo
ricevuta per donarla (cf Spc 21).
Questa logica del dono, senza dubbio, è
comprensibile, si può vivere, solo in una vita riconciliata in Cristo. Il secondo aspetto
espresso nel tema di questa marcia francescana ad Assisi. Il cammino che si fa per donarsi, per dono, è anche un cammino di riconciliazione e di perdono, per-dono.
Francesco, ci dice il Celano, aveva avuto una straordinaria esperienza del perdono
dei suoi peccati (cf 1Cel 26). Possiamo ben
dire che, in un certo senso, gustò già sulla
terra la bellezza del paradiso. Volendo che
tutti sperimentassero la gioia del perdono e
gustassero già nella vita il cielo, ottenne dal
Papa la grazia del Perdono di Assisi. Da allora, in questa piccola chiesa della Porziuncola, si può respirare la gioia della misericordia di Dio, la Porziuncola divenne luogo
di riconciliazione, di perdono, di pace.
Vedendovi così numerosi davanti a questa Basilica di Santa Maria degli Angeli,
penso a quel 2 di agosto del 1216 in cui
Francesco, dopo aver ottenuto dal Papa
l’indulgenza della Porziuncola, davanti ai
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Vescovi dell’Umbria e a una gran moltitudine, gridava ricolmo di gioia: «Desidero
mandarvi tutti in paradiso, tutti in paradiso».
Cari giovani, il cammino che avete percorso per giungere a Santa Maria degli Angeli sarà veramente fecondo solo se vi porta a provare la gioia del perdono e della piena riconciliazione. Mentre vi chiama alla
conversione, il Signore stesso si offre a voi
come perdono e misericordia. Lasciatevi visitare dall’amore di Dio che si fa perdono.
Fatevi complici di questo amore senza limiti. Dio è amore (1Gv 4,8). Il nostro Dio, il
Padre rivelato da Gesù, è il “Padre delle misericordie”, come lo chiama Chiara (Test 2),
un Dio ricco di misericordia, sempre disposto al perdono (Ef 2,4).
Con san Paolo vi dico: «lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Ottocento
anni fa, Francesco, entrando in se stesso,
poté nascere di nuovo (cf Gv 3,3); chiedendo di essere illuminato nel più profondo del
suo cuore, si lasciò trasformare totalmente,
così da poter compiere in ogni momento la
santa e verace volontà di Dio (cf PCr). Come lui anche voi lasciatevi toccare dall’amore di Dio, lasciatevi perdonare. Allora la
vostra conversione provocherà il sorriso di
Dio che vi viene incontro per abbracciarvi
e, come nella cosiddetta parabola di figlio
prodigo (cf Lc 15,23), comincerà la festa e
immensa sarà la gioia nei vostri cuori.
Cari giovani, siete al crocevia della vita.
Davanti a voi stanno due possibilità, due
cammini: quello della vita e quello della
morte. Nessuno può scegliere per voi, ma
sappiate che in questa scelta vi state giocando l’esistenza. Il vostro futuro dipenderà
dalle vostre scelte di oggi. Siccome conosco la vostra sete di pienezza, la vostra generosità e il vostro coraggio, non ho dubbi
nel proporvi il cammino della vita, il cammino del Vangelo. Lo stesso che qui, alla
Porziuncola, scoprì Frate Francesco. Non
temete le sue esigenze, per quanto radicali
possano sembrare vi darà la vita in pienezza e la felicità.
In nome di Francesco: apritevi al Vangelo della grazia (cf Atti 20,24), non addomesticate le sue parole profetiche, adattan-
dole ad uno stile di vita comodo. Solo così
sarete «sentinelle del mattino», solo così sarete profeti di speranza per il nostro mondo
e, soprattutto, per i giovani come voi. Stiate
anche voi Vangelo vivente come lo fu Francesco.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
10. Lettera del Ministro generale per la
Festa di santa Chiara
Roma, 11 agosto 2007,
Festa di santa Chiara
RISCOPRIRE IL SENSO DELLA NOSTRA SCELTA DI VITA
Carissime Sorelle,
il Signore vi dia pace!
In occasione della festa di santa Chiara
desidero anche quest’anno rivolgervi un
particolare saluto e ringraziarvi per la vostra presenza nella Chiesa e nel mondo, oltre che per la fraterna vicinanza che sempre
dimostrate nei miei confronti. So, infatti,
che la vostra preghiera mi accompagna nel
mio continuo pellegrinare, per incontrare e
animare i Fratelli e le Sorelle che il Signore
mi ha affidato.
Voglio, poi, offrire alla vostra riflessione
alcuni pensieri che nascono dal cammino
che noi Frati stiamo vivendo in questi anni,
riflettendo sulla grazia delle origini, in vista della celebrazione del centenario della
fondazione dell’Ordine. Mi auguro che possano essere degli spunti validi anche per la
vostra vita, proprio in forza della profonda
unità di ispirazione che ci lega.
Mendicanti di senso
Viviamo un tempo in cui ci sentiamo sollecitati da molte domande e interrogativi,
che la vita e la storia ci rivolgono ogni giorno; sono domande che ci vengono dalle persone che incontriamo, dalle situazioni storiche ed ecclesiali che viviamo, ma sono anche domande che nascono dall’interno del
nostro cuore e che ci spingono a fare verità
e chiarezza nella nostra vita. Un primo sug-
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gerimento che vi offro è quello di non spegnere queste domande, magari fuggendole
come tentazioni o provocazioni negative:
proviamo invece a considerarle come sollecitazioni che ci chiedono una nuova e rinnovata autenticità di vita. Un tratto dominante di questi interrogativi che la vita ci
pone e che noi stessi ci poniamo è l’invito a
riscoprire il senso di quello che facciamo e
viviamo: è importante, oggi più che mai, ritrovare il senso della nostra scelta di vita.
Si tratta di una ricerca cui ci invita Francesco stesso, che nella Preghiera davanti al
Crocifisso, agli inizi della sua avventura,
chiede al Signore “senno e conoscimento
per fare il suo santo e verace comandamento”. Possiamo chiederci: cos’è quel “senno
e conoscimento”, se non l’invocazione per
avere da Dio una risposta sul senso della
propria vita?
Quella che ci è richiesta è una riflessione
di tipo sapienziale, che cerca di discernere
nel concreto della vita i segni della presenza del Signore. La Scrittura, nei libri sapienziali, ci offre molti esempi di tale riflessione credente, che si interroga sul senso e sulla qualità della vita. Forse non
sarebbe inutile, per molti di noi, riprendere
in mano i libri sapienziali, che ci insegnano
a farci domande, e non solo a trovare risposte, e che ci invitano ad una lettura sapiente
della vita, in cui scorgere i segni di Dio. E
se pensiamo ad alcuni libri della Scrittura,
ci accorgiamo che propongono una lettura
della vita che spesso è quasi “scandalosa”
nel suo prendere sul serio le contraddizioni
e le difficoltà del vivere, ma che nello stesso tempo ci educa alla capacità di ritrovare
sempre lo sguardo della fede, alla cui luce
soltanto è possibile trovare risposte valide
alla nostra ricerca di senso.
Lo sguardo alla vita con gli occhi della
fede ci riporterà a scoprire che al centro della nostra esperienza e della nostra storia non
stanno tanto le nostre fedeltà o infedeltà, le
nostre ricerche e nemmeno le nostre domande, ma la Sua iniziativa di grazia, che
sempre ci precede e ci avvolge. È l’atteggiamento cui ci invita Chiara, all’inizio del
suo Testamento: «Tra gli altri benefici, che
abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo
333
dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie,
grande è quello della nostra vocazione. […]
Dobbiamo, perciò, Sorelle carissime, meditare gli immensi benefici di cui Dio ci ha
colmate, specialmente quelli che Egli si è
degnato di operare tra noi per mezzo del suo
diletto servo, il beato padre nostro Francesco, e non solo dopo la nostra conversione,
ma fin da quando eravamo ancora tra le vanità del secolo» (TestsC 2-8).
L’invito di Chiara è in perfetta sintonia
con l’atteggiamento di Francesco, che nel
suo Testamento rilegge ugualmente tutta la
propria esperienza con gli occhi della fede,
e scopre che il vero protagonista delle sue
personali vicende è sempre il Signore:
«L’Altissimo diede a me frate Francesco di
incominciare così…e l’Altissimo mi condusse tra i lebbrosi … e quando il Signore
mi dette dei fratelli, …l’Altissimo mi rivelò
che dovevo vivere secondo la forma del
santo Vangelo…» (Test 1.2.14). Come
Chiara, come Francesco, anche noi siamo
invitati a riscoprire il senso della nostra vita, guardandola con gli occhi trasformati
dallo Spirito, occhi che sanno “vedere e credere” (cf Am 1,20-21), riconoscere nei fatti
della nostra esistenza l’agire di Dio, la sua
“santa operazione”. Con la grata consapevolezza che questo agire del Signore è già
presente e operante: non dipende dalla nostra virtù o dalla nostra ascesi, ma dalla sua
iniziativa di grazia, che sempre ci precede.
La forma di vita
In questa volontà di ritornare al centro e
al senso della vostra scelta di vita, mi sono
chiesto quale aiuto possiamo offrirvi noi
Frati, ed in particolare io, successore di
Francesco, nel servizio alla Fraternità. Credo di non poter fare di meglio che ripetervi
le parole di san Francesco, che mosso da paterno affetto, scrisse per voi la forma di vita
in questo modo: «Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell’Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di
vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto da parte mia e dei
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miei frati, di avere sempre di voi, come di
loro, attenta cura e sollecitudine speciale»
(RsC 6,2-4). La vostra Forma di vita vi invita a riconoscervi in un intimo rapporto
con le tre divine persone: con il Padre, di
cui siete “figlie e ancelle”, con lo Spirito
santo, di cui siete “spose”, e con il Figlio
Gesù, del quale volete vivere il Vangelo fino alla perfezione.
Le parole di Francesco provocano e interrogano: a quale rapporto con Dio vi invitano
tali espressioni? Cosa vuol dire essere “figlie
e ancelle del Padre”? Qual è il modo in cui
vivere e sviluppare un vero rapporto filiale
con Dio? Ancor più provocante è l’immagine di “spose dello Spirito santo” che Francesco vi attribuisce. Un rapporto con lo Spirito
è sempre uno spazio aperto all’imprevedibile novità di Dio: lo Spirito è fonte e sorgente
di vita e di novità, è “Signore e dona la vita”,
è il principio di ogni carisma e di ogni dono
che viene dall’alto. Se con un tale Spirito si
instaura un rapporto sponsale, con l’intimità
feconda che tale rapporto conosce, che cosa
ne potrà nascere? Niente meno che Cristo,
che anche voi siete chiamate a partorire, come ogni credente, visto che Francesco dice
che siamo chiamati a diventare «sposi, fratelli e madri del Signore» (1Lf); e Chiara, in
perfetta sintonia, ricorda ad Agnese di Praga
che «ha meritato degnamente di essere chiamata sorella, sposa e madre del Figlio dell’Altissimo Padre e della gloriosa Vergine»
(1LAg 24).
L’azione dello Spirito, di cui siete spose,
riconduce infatti al Cristo, cui lo Spirito è
sempre relativo, perché «nessuno può dire
Gesù è Signore, se non nello Spirito santo»
(1Cor 12,3). Quella vita trinitaria, cui invita la vostra Forma di vita, con il rapporto di
“figlie e ancelle” verso il Padre e con il rapporto di “spose” nei confronti dello Spirito
santo, trova la sua realizzazione nel “vivere
secondo la perfezione del santo Vangelo”,
che esprime la centralità di Cristo nella vostra vita.
Chiara è maestra nell’invitarci a questa
gaudiosa intimità con il Cristo, colui nel
quale ella sa di potersi trasformare per mezzo della contemplazione (cf 3LAg 12-13) e
che costituisce il centro della sua vita e del-
la sua esperienza: lo sposo glorioso, contemplato con amore come “il crocifisso povero”. Tutta l’enfasi che Chiara pone nel
voler vivere la povertà, che ella sottolinea
in maniera molto più decisa di Francesco, si
spiega proprio perché la povertà è quella del
Signore e attraverso di essa cresce la condivisione della vita di Gesù, che ha scelto la
povertà in questo mondo per sé e per sua
madre. La povertà di Chiara non è soltanto
una virtù, ma è conformità a Cristo, ed essa
sembra addirittura identificarsi con Cristo
stesso, come quando lo specchio, sul quale
«rifulgono la beata povertà, la santa umiltà
e l’ineffabile carità», a un certo punto si anima e «dall’alto del legno della croce rivolge
ai passanti la sua voce perché si fermino a
meditare» (cf 4LAg 18-25).
Lo sguardo di Chiara riconduce a questa
assoluta centralità di Gesù nella vostra vita:
e mi chiedo quanto sia vero oggi, anche per
voi, il rischio di una vita “dispersa”, che si
perde in mille cose, magari belle e buone,
ma che rischia di perdere il primato forte e
visibile che va dato al Signore. Questa centralità anche visibile ed esplicita del Signore è davvero essenziale alla vostra vita; e
non solo perché sia vera la vostra testimonianza nella Chiesa, ma prima ancora perché la vostra vita sia vivibile e vera per voi
stesse. Questo primato forte di Dio nella vita è certamente vero anche per noi Frati, e
per ogni forma di vita consacrata; ma credo
che nella vostra forma di vita assuma una
urgenza particolare e significativa.
Per vivere fraternamente in unità di spiriti
e con voto di altissima povertà
Il primato di Dio che qualifica la nostra e
vostra scelta di vita ha la caratteristica di essere vissuto «fraternamente in unità di spiriti». Noi Frati abbiamo usato l’espressione
“santità in fraternità” (Sdp 42-45), per indicare che nella nostra vocazione non si diventa santi da soli, ma vivendo profondamente la nostra vocazione fraterna. Mentre
tante sollecitazioni del passato e forse anche del presente puntavano e puntano ad un
ideale di santità un po’ troppo individualistico e isolato, abbiamo riscoperto che la dimensione di fratelli e sorelle fa parte della
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nostra vocazione alla santità: non si diventa
santi “nonostante” la vita comunitaria, ma
proprio attraverso tale dimensione, che ci
apre a Dio nella relazione con le sorelle e
con i fratelli.
Ne era ben consapevole anche Chiara,
che nel suo Testamento così si rivolge alle
sorelle presenti e future: «E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che
avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con
le opere, affinché le sorelle, provocate da
questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità» (TestsC 5960). Secondo queste parole, l’amore che
unisce le sorelle è l’amore di Cristo: sembra
quasi non esserci distinzione tra l’amore per
Dio e quello per le sorelle. Anche per noi
Frati Minori è cresciuta la consapevolezza
di questo profondo intreccio tra la vita di fede e la vita fraterna: nell’ultimo Capitolo
generale straordinario abbiamo espresso
questa convinzione con la proposta della
Metodologia di Emmaus: «riunirsi; parlare
di ciò che ci è successo; condividere il Vangelo, rileggere la Regola; pregare e lodare
Dio “per tutti i suoi doni”; celebrare la comunione fraterna; e tornare ai Frati delle
nostre Fraternità, ai nostri fratelli e sorelle
del mondo intero con la buona notizia che
ha trasformato le nostre vite» (cf Spc 3947). Si tratta di una proposta che, con le dovute varianti, credo utile anche per voi.
La condivisione nella fede potrà aiutare
davvero le nostre comunità a riscoprire che
335
nel nostro rapporto con Dio entrano anche i
fratelli e le sorelle, soprattutto quelli della
nostra comunità: per noi, come per Francesco, è vero che quando il Signore ci dette
dei fratelli o delle sorelle, dopo una iniziale
esitazione, fu l’Altissimo stesso a rivelarci
che dovevamo vivere secondo la forma del
santo Vangelo (cf Test 14). Una rivelazione
così importante e fondamentale, forse, non
sarebbe stata possibile, per noi come per
Francesco, senza il dono dei fratelli e delle
sorelle.
Ringraziamo Dio per questo dono, che ci
scopre il cammino del Vangelo, quel cammino che a voi Sorelle permette di vivere
pienamente la vostra forma di vita, per la
quale «avete scelto di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo».
E mentre anch’io, come Francesco, «prometto di avere sempre di voi, come dei miei
fratelli, cura e sollecitudine speciale» (Fvit
2), vi affido al Signore con le parole stesse di
Chiara: «Siate sempre amanti di Dio e delle
anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete
promesso al Signore. Il Signore sia sempre
con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre
con Lui. Amen» (BensC 14-16).
Vostro fratello e servo
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
Prot. 098096
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1. Capitulum Intermedium Prov. Aprutiorum S. Bernardini Senensis in Italia
Nel Capitolo Intermedio della nostra
Provincia d’Abruzzo “S. Bernardino da
Siena” in Italia, celebrato regolarmente secondo le disposizioni del Diritto, nella Casa
di Santa Maria del Paradiso in Tocco Casauria (Pescara), sotto la presidenza di RICCIO FR. ANTONIO, Delegato Generale, il 13
aprile 2007 sono stati eletti
per l’Ufficio di Definitori della Provincia:
BONFORTE FR. MARCELLO
DI STEFANO FR. DAMIANO
MARTORELLI FR. GIULIO
SALOMONE FR. QUIRINO.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 2 maggio 2007.
Prot. 097861/S153-07
2. Capitulum Intermedium Prov. S. Ioseph Sponsi BMV in Belgio
In the Provincial Chapter of our
Province of Saint Joseph in Belgium, regularly celebrated according to the norms of
Canon Law, in the House of Vaalbeek, under the presidency of the Minister Provincial, VAN LAER BR. ROBERT, the following
were elected on the 18th of May 2007,
for the office of Provincial Definitors:
HUYSENTRUYT BR. MARCEL
JANSEN BR. ANDRÉ
MEESTERS BR. PIET
WIERINCK BR. HILAIRE.
The General Definitorium, during its
session of the 2nd of May 2007, carefully
examined and approved the election.
Prot. 097876/S163-07
3. Capitulum Prov. Assumptioni BMV in
Herzegovina
Nel Capitolo della Provincia dell’Assunzione della BMV in Bosnia/Erzegovina,
celebrato regolarmente secondo le disposizioni del Diritto, nella Casa di S. Antonio
in Humac, sotto la presidenza di SAMAC FR.
ŠIME, Visitatore generale, il 18 aprile 2007
sono stati eletti:
per l’Ufficio di Ministro provinciale:
SESAR FR. IVAN
per l’Ufficio di Vicario provinciale:
ŠTEKO FR. MILJENKO
per l’Ufficio di Definitori provinciali:
DRAGIćEVIć FR. MATE
KURTOVIć FR. LJUBO
LONčAR FR. MILAN
MARIć FR. ANTE
SKOKO FR. IKO.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 2 maggio 2007.
Prot. 097867/S158-07
4. Capitulum Intermedium Prov. Trium
Regum in Germania
In the Provincial Chapter of our
Province of the Three Kings, in Germany,
regularly celebrated according to the norms
of Canon Law, in the House of Vossenack,
under the presidency of the Minister
Provincial BARDEN BR. FRANZ-LEO, the following were elected on the 13th of April
2007,
for the office of Provincial Definitors:
AMENDT BR. PETER
MAURITZ BR. WOLFGANG
SPIES BR. HANS-GEORG-ATHANASIUS
THOME BR. WOLFGANG-SYLVESTER
WAGNER BR. GREGOR-LAURENTIUS.
The General Definitorium, during its
session of the 2nd of May 2007, carefully
examined and approved the election.
Prot. 097856/S152-07
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5. Capitulum Prov. Saxoniae S. Crucis
in Germania
7. Capitulum Fed. Franciscanae in Marokio
In the Provincial Chapter of our
Province of the Holy Cross in Saxony, Germany, regularly celebrated according to the
norms of Canon Law, in the House of
Ohrbeck, Georgsmarienhütte, under the
presindency of the Visitator General, GERRITSMA BR. FRANS, the following were
elected on the 10th of April 2007
for the office of Minister Provincial:
PLOGMANN BR. NORBERT
for the office of Vicar Provincial:
KRÖGER BR. FRANZ JOSEF
for the office of Provincial Definitors:
ALBERS BR. KLAUS
BRANDS BR. ANDREAS
LÖFFLER BR. HANS-GEORG
LÜTTICKE BR. MARTIN
RICHARDT BR. FRANZ.
The General Definitorium, during its
session of the 2nd of May 2007, carefully
examined and approved the election.
El Capítulo de la Federación Franciscana
en Marruecos, dependiente del Ministro General, regularmente celebrado según las disposiciones del Derecho en Rabat, presidido
por VALLECILLO FR. MIGUEL, Delegado General, el día 28 de marzo de 2007 eligió
para el oficio de Presidente de la Federación:
CORULLÓN FERNÁNDEZ FR. MANUEL
para el oficio de Vicario de la Federación:
PAGLIARINI FR. PIETRO
para el oficio de Consejeros de la Federación:
ALCALDE CONTRERAS FR. ANTONIO
LÁZARO DE SOUZA FR. JORGE
PAVLOVIC FR. IVICA.
El Definitorio General, en la Sesión del 2
de mayo de 2007, examinó cuidadosamente las Actas auténticas y aprobó estas Elecciones.
6. Capitulum Prov. Thuringiae S. Elisabeth in Germania
8. Capitulum Prov. Ss. Martyrum Marochiensium in Portugallia
Prot. 097879/S165-07
In the Provincial Chapter of our Province
of Saint Elizabeth in Thuringia, Germany,
regularly celebrated according to the norms
of Canon Law, in the House of Hofheim, under the presindency of the Visitator General,
ZAHNER BR. PAUL, the following were elected on the 18th of April 2007
for the office of Minister Provincial:
KOCH BR. HADRIAN W.
for the office of Vicar Provincial:
BOHL BR. CORNELIUS
for the office of Provincial Definitors:
BLASEK BR. MICHAEL
GROß BR. CLAUDIUS
HEINZE BR. MARKUS
LAIBACH BR. MARKUS
ROBELT BR. THOMAS.
The General Definitorium, during its
session of the 2nd of May 2007, carefully
examined and approved the election.
Prot. 097878/S164-07
Prot. 097993/S50-07
El Capítulo provincial de nuestra Provincia de los Santos Mártires de Marruecos,
en Portugal, celebrado regularmente según
las disposiciones del Derecho en el Convento de Montariol, en Braga, bajo la Presidencia del Visitador General, PÉREZ SIMÓN
FR. LUIS, el 12 de abril eligió
para el Oficio de Vicario Provincial:
FERREIRA CARVALHO FR. ARMINDO DE JESÚS
para el Oficio de Definidores Provinciales:
BRANDÃO FR. PAULO
LOPES SEMEDO FR. MOISÉS
MARQUES FR. JORGE
MOTA FR. FERNANDO
PINTO FR. JOSÉ.
El Definitorio General, en la Sesión celebrada el 2 de mayo de 2007, examinó las
Actas correspondientes y aprobó estas elecciones.
Prot. 097862/S154-07
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E SECRETARIA GENERALI
9. Capitulum Prov. S. Iacobi a Compostela in Hispania
El Capítulo provincial de nuestra Provincia de Santiago de Compostela en España,
celebrado regularmente según las disposiciones del Derecho en la Casa de San Francisco de Santiago, bajo la Presidencia del
Ministro Provincial, GONZÁLEZ GONZÁLEZ
FR. AMADO, el 12 de abril de 2007 eligió
para el Oficio de Definidores provinciales:
AMIGO VALLE FR. FRANCISCO
CASTIÑEIRA CHOUZA FR. JOSÉ A.
FREIRE HERNANDO FR. ROBERTO
SALUDES MARTÍNEZ FR. NATALIO.
El Definitorio General, en la Sesión celebrada el 2 de mayo de 2007, examinó el
Acta correspondiente y aprobó estas elecciones.
Prot. 097868/S159-07
10. Capitulum Prov. Calabriae Ss. Septem Martyrum in Italia
Nel Capitolo della Provincia dei Santi VII
Martiri di Calabria, in Italia, celebrato regolarmente secondo le disposizioni del Diritto,
nella casa “Ss.mo Ecce Homo” in Mesoraca
(KR), sotto la presidenza di DE FEO FR.
FRANCESCO, Visitatore Generale, nei giorni
24-25 aprile 2007, sono stati eletti:
per l’Ufficio di Ministro provinciale:
LANZILLOTTA FR. FRANCESCO
per l’Ufficio di Vicario provinciale:
MAIOLO FR. GIUSEPPE
per l’Ufficio di Definitori provinciali:
DODARO FR. MAURIZIO
FALBO FR. FRANCESCO
OCCHIUTO FR. FABIO
PAPALEO FR. UMBERTO.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 10 maggio 2007.
Prot. 097923/S192-07
11. Capitulum Prov. S. Antonii Patavini
in Germania
Nel Capitolo della nostra Provincia di
“S. Antonio di Padova”, in Germania cele-
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brato regolarmente secondo le disposizioni
del Diritto, a Würzburg, sotto la presidenza
del Ministro provinciale WAGNER FR.
MAXIMILIAN, il 19 aprile 2007 sono stati
eletti:
per l’Ufficio di Vicario provinciale:
SCHEIFELE FR. CLAUS
per l’Ufficio di Definitori della Provincia:
HAAS FR. KONRAD
KONRAD FR. RAPHAEL
RIEGER FR. RAFAEL
TUMPACH FR. JOHANNES MATTHIAS
WALDMÜLLER FR. PAUL.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 10 maggio 2007.
Prot. 097892/S173-07
12. Capitulum Prov. Neapolitanae Ss.
Cordis Iesu in Italia
Nel Capitolo della Provincia napoletana
del Ss.mo Cuore di Gesù in Italia, celebrato
regolarmente secondo le disposizioni del
Diritto, nella casa “La Palma” (Napoli), sotto la presidenza di FERRARI FR. GIUSEPPE,
Visitatore Generale, nei giorni 17-18 aprile
2007, sono stati eletti:
per l’Ufficio di Ministro provinciale:
ESPOSITO FR. AGOSTINO
per l’Ufficio di Vicario provinciale:
ORTAGLIO FR. LUIGI
per l’Ufficio di Definitori provinciali:
PAGNOZZI FR. TARCISIO
PARLATO FR. EDUARDO
SANNINO FR. ANTONIO
SANTORO FR. MICHELE.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 10 maggio 2007.
Prot. 097930/S196-07
13. Electio extra Capitulum Prov. Ss.
Cordis Iesu in F.C.A.S.
The General Definitory, during its session of the 15th of June 2007, examined and
approved the Acts of the extra-capitular
elections by the Definitory of the Province
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of the Sacred Heart, in U.S.A., in the month
of April 2007 under the presidency of DOCTOR BR. JOHN, OFM, Minister Provincial of
the said Province, and ratified, in accordance with the prescriptions of art. 189 of
the General Statutes of the Order, the election of NICKELS BR. LAWRENCE as Definitor
Provincial.
Prot. 097947/S207-07
14. Capitulum Intermedium Prov. Valentiae et Aragoniae S. Ioseph in Hispania
El Capítulo provincial de la Provincia de
San José, Esposo de la BVM, en España,
celebrado conforme a Derecho en el Monasterio de Santo Espíritu del Monte, en Gilet-Valencia, y presidido por el Ministro
Provincial, JORDÁ TOMÁS FR. JOSÉ ANTONIO, el día 13 de abril de 2006 eligió legítimamente para el Oficio de Definidores provinciales:
HUESO IRANZO FR. FERNANDO
COLOMER BARBER FR. RAFAEL
MOYA OVEJERO FR. JUAN CARLOS
ESCRIVÁ DOMÍNGUEZ FR. JOAN JORDI
DOMÍNGUEZ FERRER FR. RAIMUNDO.
El Definitorio General, en su Sesión del
10 de mayo de 2007, examinó diligentemente las Actas auténticas y aprobó estas
elecciones.
Prot. 097904/S182-07
15. Electio Cust. S. Antonii Tatavini in
Philippinis
Whereas by my Decree of March 26
2007, Solemnity of the Annunciation of the
Lord, I erected, with the consent of the General Definitory, the Autonomous Custody of
Saint Anthony of Padua in the Philippines,
and determined that this Decree will come
into force on June 13 2007 (Prot. 097816),
in its session of May 3 2007, the General
Definitory, in virtue of the authority conferred on it by article 119.1 of the General
Statutes, and having carefully studied the
results of the consultative vote of the friars
concerned as well as the report of the General Visitator and Chapter President, MASCARENHAS BR. LOUIS, OFM, elected the
first government of the said Autonomous
Custody for a three year term. Those elected are as follows:
Custos of the Custody:
ARTURO BR. DAQUILANEA
Custodial Vicar:
CALVIN BR. BUGHO JOSÉ
Councilors of the Custody:
ALBERTO BR. SEKITO
FELIX BR. JUNGCO
PRISCO BR. CAJES
ROGELIO BR. COVERO.
This Decree will come into force on
June 13 2007, with the formal inauguration of the Custody of Saint Anthony of
Padua. Anything to the contrary notwithstanding.
Prot. 097889/S169-07
16. Capitulum Prov. ss. Martyrum Gorcomiensium in Nederlandia
In the Provincial Chapter of our
Province of the HH. Martyrs of Gorcum, in
the Netherlands, regularly celebrated according to the norms of Canon Law, in the
House of St. Elisabeth, in Denekamp, under
the presidency of the Visitator General,
METZ BR. EDUARDO, the following were
elected on the 31st of May and on the 1st
June 2007
for the office of Minister Provincial:
VAN DEN EIJNDEN BR. JAN
for the office of Vicar Provincial:
GERRITSMA BR. FRANS
for the office of Provincial Definitors:
BOLMER BR. BEN
DILWEG BR. GUY
PIEK FR. HERMAN
VAN DER REIJKEN BR. FER.
The General Definitorium, during its
session of the 15th of June 2007, carefully
examined and approved the election.
Prot. 097997/S220-07
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17. Capitulum Prov. Samnito-Hirpiniae
S. Mariae Gratiarum in Italia
Nel Capitolo della Provincia Sannito-Irpina di Santa Maria delle Grazie, in Italia,
regolarmente celebrato secondo le disposizioni del Diritto, nella Casa Sant’Antonio,
in Montecalvo Irpino (AV), sotto la presidenza di SARDELLA FR. DONATO, OFM, Visitatore generale, nei giorni 24 e 25 maggio
2007, sono statti eletti
per l’ Ufficio di Ministro Provinciale:
IANNUZZI FR. SABINO
per l’Ufficio di Vicario Provinciale:
PEPE FR. FRANCO
per l’Ufficio di Definitori della Provincia:
BALZARANO FR. VITTORIO
FALZARANO FR.GIUSEPPE
MERCOGLIANO FR. VITO
PALMAROZZA FR. GIULIO
PANELLA FR. DAVIDE.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 15 giugno 2007.
Prot. 097974/S216-07
18. Capitulum Intermedium Prov. Mediolanensis S. Caroli Borromaei
Nel Capitolo della Provincia di Lombardia di San Carlo Borromeo, in Italia, regolarmente celebrato secondo le disposizioni del
Diritto, nella Casa di Santa Maria del Sasso,
dei Padri Passionisti, in Caravate (VA), sotto
la presidenza di FERRARI FR. ROBERTO, Ministro Provinciale, il 13 aprile 2007 sono
statti eletti i Definitori della Provincia:
NORCINI FR. PIERANTONIO
AMADEO FR. EMILIO
IELPO FR. FRANCESCO
MAGGIONI FR. ENZO
MODONESI FR. ALMIRO
VAIANI FR. CESARE.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 15 giugno 2007.
Prot. 097931/S198-07
19. Capitulum Intermedium Prov. S.
Crucis in Slovenia
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Nel Capitolo della Provincia della Santa
Croce, in Slovenia, regolarmente celebrato
secondo le disposizioni del Diritto, nella
Casa Sant’Antonio, in Ljubljana Vič, sotto
la presidenza di PAPEž FR. VIKTOR, Ministro
provinciale, il 19 aprile 2007 sono statti
eletti i Definitori provinciali:
BERLEC FR. SIMON PETER
ČUK FR. MARJAN
ŠPELIč FR. MIRAN
STREHOVEC FR. TADEJ
ZORE FR. STANE.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 15 giugno 2007.
Prot. 097945/S205-07
20. Capitulum Prov. Baeticae in Hispania
El día 31 de mayo de 2007, en el Capítulo de nuestra Provincia Bética, en España,
celebrado regularmente según las disposiciones del Derecho en el Real Monasterio
de Santa María de Guadalupe, en Guadalupe (Cáceres), bajo la Presidencia de PEREIRA DAS NEVES FR. JOSÉ, fueron elegidos
para el oficio de Ministro provincial:
DOMÍNGUEZ SERNA FR. JOAQUÍN
para el oficio de Vicario provincial:
PELAYO OROZCO FR. JOAQUÍN
para el oficio de Definidores de la Provincia:
CERRATO CHAMIZO FR. GUILLERMO
GARCÍA ARAYA FR. ALFONSO
TEJERA PÉREZ FR. JOSÉ LUCAS
DÍAZ BUIZA FR. MANUEL.
El Definitorio General, en la Sesión celebrada el 15 de junio de 2007, después de
del examen de las Actas auténticas, aprobó
estas elecciones.
Prot. 097988/S219-07
21. Capitulum Prov. Verbi Incarnati in
Togo
Nel Capitolo della Provincia del Verbo Incarnato, in Togo-Costa d’Avorio-Benin, celebrato regolarmente secondo le disposizioni
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del Diritto nel “Centre Mgr. Chappoulie”, a
Yopougon, Abidjan, sotto la presidenza di
KOHLER FR. JOSÉ, Visitatore generale, nei
giorni 19 e 20 aprile 2007 sono stati eletti
per l’ufficio di Ministro provinciale:
BAKOMA FR. MARCEL BAGUÊTA
per l’ufficio di Vicario provinciale:
DJÉDJI FR. JOVITE
per l’ufficio di Definitori della Provincia:
APOVO FR. MARCELLIN
BATIOBO FR. JEAN-BAPTISTE
HOUNKARIN FR. JEAN-LUC
SEGIET FR. RAPHAËL.
Queste elezioni sono state ratificate dal
Definitorio generale il 15 giugno 2007.
Prot. 097955/S058-07
22. Capitulum Prov. Catalauniae S. Salvatoris ab Horta in Hispania
En el Capítulo de nuestra Provincia de
San Salvador de Horta en Cataluña, España,
celebrado regularmente según las disposiciones del Derecho en el Convento de San
Antonio, en Barcelona y presidido por el
Visitador general, RUIZ VERDÚ FR. PEDRO,
los días 30 de abril y 2 de mayo de 2007,
fueron elegidos
para el Oficio de Ministro provincial:
VILÁ VIRGILI FR. FRANCESC
para el Oficio de Vicario provincial:
MASSANA MOLA FR. JOSEP-MARIA
para el Oficio de Definidores provinciales:
BOADAS LLAVAT FR. AGUSTÍ
BORRÀS GOIXART FR. LLUÍS
LINARES CEREZUELA FR. FRANCESC
RECASENS MURILLO FR. JOAQUÍN
SALARICH ABRIL FR. ALBERT.
El Definitorio General, en la Sesión celebrada el 27 de junio de 2007, después de
examinar las Actas auténticas, aprobó estas
elecciones.
Prot. 098088/S257-07
23. Visitatores generales
– D’ANGELO FR. GIACINTO, Prov. Salernitano-Lucanae Immaculatae Concptionis
BMV, in Itallia, pro Prov. Picena S. Iacobi de Marchia, in Italia: 11.05.2007;
prot. n. 097884/S168-07.
– PAZZINI FR. GLORIANO, Prov. Bononiensis Christi Regis, in Italia, pro Prov. Tridentina S. Vigilii, in Italia: 11.05.2007;
prot. n. 097855/S151-07.
24. Domus suppressae
– Casa de Nuestra Señora de la Encarnación, Cullera, Valencia, Spagna:
28.06.2007; prot. n. 098037/S240.07.
– Colegio Mayor La Concepción, Valencia, Spagna: 28.06.2007; prot. n.
098036/S239-07.
– Casa San Pedro Apóstol, San Pedro Sacatepéquez, Guatemala: 28.06,2007;
prot. 098032/S235-07.
25. Notitiae particulares
– Commissione Liturgica. Per preparare le
celebrazioni liturgiche per l’Incontro delle Presidenti delle Federazioni delle Clarisse (27 gennaio-6 febbraio 2008), il Definitorio ha nominato la seguente Commissione: Fr. Mario Favretto (Coordinatore), Fr. Seán Collins (Segretario generale), Fr. Gianni Califano (Vice Postulatore generale), Fr. Francisco Romero
(Vice Segretario generale).
(15.06.2007; prot. n. 098059)
– Fr. Ernest Siekierka è stato nominato
Membro della Segreteria per l’Incontro
delle Presidenti delle Federazioni delle
Clarisse.
(15.06.2007; prot. n. 098058)
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E SECRETARIATU
PRO FORMATIONE ET STUDIIS
1. Corso per Formatori OFM
Frascati (Roma), Italia, 10-31.05.2007
Dal 10 al 31 maggio si è svolto nel Centro per la Formazione Permanente dei Frati
Minori Cappuccini a Frascati, nei pressi di
Roma, il Corso dei Formatori organizzato
dalla Segreteria generale per la Formazione
e gli Studi. Si è tenuto in lingua spagnola e
italiana. I partecipanti sono stati 23, provenienti dall’Argentina, Bolivia, Brasile, Caribe, Colombia, Egitto, Italia, Messico, Repubblica Ceca, Portogallo. Fr. Francesco
Bravi, Vicario generale dell’Ordine, ha
aperto il Corso portando i saluti e gli auguri del Ministro generale partito alla volta del
Brasile.
Il Vicario ha invitato il gruppo di formatori a vivere il Corso come un tempo di condivisione nello spirito della “Metodologia
di Emmaus”. Il Ministro generale a sua volta ha inviato ai partecipanti al Corso un suo
messaggio dal Brasile. Il Corso è stato accompagnato da Fr. Massimo Fusarelli e da
Fr. Alojzy Warot della Segreteria Generale
per la Formazione e gli Studi, ed è stato arricchito anche da alcune visite a Roma, alla
Curia generale, ad Assisi e nella Valle di
Rieti.
Durante il primo giorno i Frati si sono
conosciuti, presentando anche le aspettative per questo tempo del Corso, che si è sviluppato per tre settimane attraverso un lavoro molto intenso ed esigente. Si sono approfondite le abilità necessarie per l’accompagnamento personalizzato, soprattutto per
il colloquio formativo individuale. Il Corso
ha permesso un approccio del tema sia teorico che pratico, attraverso laboratori a piccoli gruppi e il lavoro individuale.
Il Corso è stato animato e guidato da
esperti dell’Associazione Italiana di Psicologia Preventiva, proponendosi di ottimizzare le risorse personali e professionali dei
Formatori. Si intende cioè aiutarli a trasformare in competenze formative le capacità,
conoscenze e abilità di natura psicopedagogica. In particolare, l’evento formativo si è
proposto di:
• consolidare ed integrare le conoscenze e
le competenze culturali, tecniche e comportamentali necessarie all’espletamento di funzioni di coordinamento e gestione di iniziative formative in ambito comunitario;
• trasferire competenze progettuali in ambito formativo;
• favorire l’individuazione e il potenziamento delle risorse personali e il potenziamento delle capacità di fronteggiamento e superamento delle medesime in
riferimento al ruolo di formatori;
• potenziare il repertorio delle conoscenze, delle abilità e competenze psicopedagogiche per svolgere il ruolo di formatori in ambito francescano.
Il Corso è stato anche una forte esperienza di scambio tra Frati provenienti da contesti e culture diverse. Da qui è nato uno
spirito di familiarità fraterna molto intenso,
che ha contribuito ad alleggerire i ritmi esigenti del lavoro.
FR. MASSIMO FUSARELLI, OFM
2. Incontro dei Formandi e Formatori
della Conferenza Nord-Slavica
Kalwaria Zebrzydowska, Polonia,
24-29.06.2007
Domenica 24 giugno alle ore 18.00 è iniziato l’incontro dei Formandi e Formatori
delle 9 Entità della Conferenza Nord Slavica (Province della Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ucraina e la Fondazione
di Russia-Kazakistan). I partecipanti sono
stati oltre 340. Si è trattato di un vero e pro-
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prio Capitolo delle Stuoie di Postulanti e
giovani Frati, motivati ed entusiasti nel ritrovarsi e condividere esperienze e ideali.
L’incontro si è tenuto dal 24 al 29 giugno
presso il Santuario mariano di Kalwaria Zebrzydowska, tanto amato da Giovanni Paolo II e affidato alla Provincia dell’Immacolata Concezione della BVM. Presenti, oltre
ai Postulanti, Novizi e Professi temporanei,
anche i Formatori, i Segretari provinciali
per la Formazione e gli Studi e alcuni Moderatori della Formazione Permanente. Fr.
Massimo Fusarelli e Fr. Alojzy Warot sono
stati invitati in quanto Segreteria Generale
per la Formazione e gli Studi.
Il tema dell’incontro è stato quello dell’anno di preparazione alla celebrazione del
2009: «Osiamo vivere il Vangelo!». Tutto il
percorso dell’Incontro si è quindi basato sul
Vangelo nella nostra vocazione e in quella
di san Francesco, nella vita fraterna e nelle
condizioni del mondo contemporaneo. Domenica 24 sera hanno avuto luogo gli arrivi,
i saluti di benvenuto e l’inizio dell’Incontro.
Lunedì 25 la giornata è cominciata con la
colazione, le Lodi e l’intervento di Fr. Massimo Fusarelli sul «Vangelo nel cammino
vocazionale di san Francesco», seguito da
un tempo di dialogo e, poi, dalla Celebrazione eucaristica nella Basilica del Santuario, presieduta dallo stesso Segretario generale per la Formazione e gli Studi.
Nel pomeriggio i giovani si sono incontrati in piccoli gruppi di condivisione e i
Ministri e i Segretari per la Formazione e
gli Studi si sono ritrovati con Fr. Massimo e
Fr. Alojzy, trattando alcuni punti più attuali
nel campo formativo a livello di Ordine.
Dopo la preghiera del Vespro e la cena, una
ricreazione spontanea ha concluso nella
gioia fraterna l’impegnativa giornata.
Martedì 26 giugno è stato il giorno dedicato all’incontro con il Ministro generale
insieme al Definitore per la zona, Fr. Šime
Samac. Dopo le Lodi, Fr. José ha offerto alcune riflessioni su «Vivere il Vangelo in
Fraternità». Con un linguaggio forte e incisivo ha ricordato che la Fraternità è anzitutto un dono dell’Altissimo e un compito che
ci è affidato; essa è fonte di gioia e anche di
prova, mentre costituisce il luogo della no-
stra quotidiana risposta vocazionale. Il dono dei fratelli chiede, in modo particolare,
l’impegno a fuggire la mormorazione e la
delega agli altri di ciò che è affidato a tutti.
Il Ministro ha ripetuto con forza che la Fraternità cresce se tutti rispondiamo al Vangelo e viviamo nella conversione permanente.
Alle parole del Ministro è seguito un dialogo fraterno e, poi, la solenne Concelebrazione eucaristica nella Basilica del Santuario. Nel pomeriggio Fr. José ha incontrato i
Ministri provinciali della Conferenza e alle
16.00 ha presieduto in Basilica una celebrazione della Parola, nel corso della quale ha
consegnato a ciascun Frate il Vangelo e la
Regola.
Dopo i Vespri e la cena, una compagnia
di danza artistica “Teatr Wojetech” del Centro di Pastorale Giovanile e Vocazionale di
Chorzow della Provincia di Katowice in
Polonia, ha offerto uno spettacolo molto apprezzato da tutti su «Vivere il Vangelo oggi» a partire dall’esperienza vocazionale di
san Francesco.
Mercoledì 27 giugno, salutato il Ministro generale con molto calore al termine
delle Lodi, è stato il giorno dedicato alla
Terra Santa, vista come il Quinto Vangelo.
È stato lo stesso Custode di Terra Santa, Fr.
Pierbattista Pizzaballa, insieme al Guardiano di S. Salvatore in Gerusalemme Fr. Giorgio Kraj, a presentare ai convenuti la realtà
antica e attuale della Custodia. Il dialogo
seguito all’incontro ha permesso ai giovani
di conoscerla meglio quale prima realtà
missionaria dell’Ordine. Il Custode ha presieduto poi una solenne Concelebrazione
eucaristica in Basilica. Nel pomeriggio i
giovani si sono di nuovo ritrovati in piccoli
gruppi di condivisione e di approfondimento, mentre Fr. Massimo e Fr. Alojzy hanno
incontrato i Formatori della Conferenza,
approfondendo in particolare i temi della
formazione francescana e intellettuale, della formazione alla castità consacrata e dell’accompagnamento personalizzato.
In serata il Custode e Fr. Giorgio hanno
presentato il DVD sulla Terra Santa realizzato recentemente.
Giovedì 28 giugno dopo le Lodi l’assemblea ha salutato il Custode e Fr. Massimo Fu-
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sarelli, e ha continuato i suoi lavori con l’ascolto della relazione di Fr. Alojzy Warot sul
tema «La vita del Vangelo nella Chiesa e nel
mondo di oggi», seguito da un proficuo dialogo e dalla Celebrazione eucaristica in Basilica. Nel pomeriggio è stata celebrata la Via
Crucis all’aperto lungo il percorso naturalistico delle Cappelle sparse nel bosco.
Venerdì 29 giugno il Segretario per la
Formazione e gli Studi della Conferenza,
Fr. Witoslaw Sztyk, ha offerto una relazione
sulla situazione complessiva della formazione e studi nella Conferenza. L’Eucaristia
presieduta dal Custode del Santuario, i saluti e l’agape fraterna hanno concluso questo Incontro, molto ricco e motivo di speranza per il futuro della vita francescana in
questa parte d’Europa e per l’Ordine intero.
FR. MASSIMO FUSARELLI, OFM
3. Notitiae particulares
1. Pontificia Università Antonianum
• Prot. 096922 (172/06): previo Nihil Obstat della Congregazione per l’Educazione Cattolica, in data 8 maggio scorso
(Prot. 1683/2001), Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA in data 6
giugno 2007 ha nominato FR. GIUSEPPE
BUFFON, OFM, della Provincia Serafica
di S. Francesco in Italia, Professore Ordinario nella Facoltà di Teologia della
Pontificia Università Antonianum.
• Prot. 097993 (140/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha rinnovato la nomina a Professore Aggiunto nella Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia della Pontificia Università Antonianum per un altro triennio a FR.
JASZTAL DOBROMIR, OFM, membro della Provincia della «Assunzione della
BVM» in Polonia.
• Prot. 097993 (140/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha rinnovato la nomina a Professore Aggiunto nel-
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la Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia della Pontificia Università Antonianum per un altro triennio a FR. GIOVANNI LOCHE, OFM, membro della Provincia Romana dei «SS. App. Pietro e
Paolo» in Italia.
• Prot. 097993 (140/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha rinnovato la nomina a Professore Aggiunto nella Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia della Pontificia Università Antonianum per un altro triennio a FR.
ROSARIO PIERRI, OFM, membro della
Provincia Salernitano-lucana della «Immacolata Concezione della BVM» in
Italia.
•
Prot. 097993 (140/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha rinnovato la nomina a Professore Aggiunto nella Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia della Pontificia Università Antonianum per un altro triennio a FR.
SEWERYN LUBECKI, OFM, membro della
Provincia di « S. Maria degli Angeli» in
Polonia.
• Prot. 097993 (140/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro Generale e
Gran Cancelliere della PUA ha rinnovato la nomina a Professore Aggiunto nella Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia della Pontificia Università Antonianum per un altro triennio a FR.
ARTEMIO V. GONZÁLEZ, OFM, membro
della Provincia di Granata «N.S. della
Regola» in Spagna.
• Prot. 097993 (140/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha rinnovato la nomina a Professore Aggiunto nella Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia della Pontificia Università Antonianum per un altro triennio a FR.
ENRIQUE C. BERMEJO, OFM, membro
della Provincia di Compostella «S. Giacomo» in Spagna.
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• Prot. 097994 (141/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha assegnato a FR. CARBAJO N. MARTÍN, OFM,
membro della Provincia di Compostella
«S. Giacomo» in Spagna, la Cattedra di
Teologia Morale e Sociale nella Facoltà
di Teologia della Pontificia Università
Antonianum.
• Prot. 097994 (141/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha assegnato a FR. PÁL OTTÓ HARSÁNY, OFM,
membro della Provincia «Gran Madre di
Dio degli Ungheresi» in Ungheria, la
Cattedra di Teologia Morale della Persona nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Antonianum.
• Prot. 097994 (141/07): con Decreto del
6 giugno 2007, il Ministro generale e
Gran Cancelliere della PUA ha assegnato a SR. MARY MELONE, SFA, la Cattedra
di Teologia Trinitaria nella Facoltà di
Teologia della Pontificia Università Antonianum.
2. «Studium Biblicum Franciscanum»
Hong Kong a Ministro generale dependens
• Prot. 097903 (102/07): the General Minister appointed Fr. Placid Wong, OFM,
as Director of the “Studium Biblicum”
of Hong Kong:
DECREE
Having received and carefully considered the response to our letter of the 26th
March 2007 [Prot. 097096 (229/06)] sent to
us by Br. Thaddeus Kao Chen-Chai, Minister Provincial of our Province of “Queen of
China” (Taiwan), in his letter of the 18th
April 2007, in accordance with article 13 §1
of the Particular Statutes of the STUDIUM
BIBLICUM of Hong Kong, dependent on the
Minister General,
I appoint
BR. PLACID WONG, OFM
Director of the said
Studium Biblicum of Hong Kong
as from the 1th September 2007,
to continue the cultural and pastoral mission proper to this meritorious Study Centre, in living memory of the Ven. Br.
Gabriele M. Allegra ofm, its distinguished
Founder and promoter.
Given in Rome, at the seat of our General Curia,
on the 4th May 2007
BR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Minister General
BR. MASSIMO FUSARELLI, OFM
Secretary General for
Formation and Studies
• Prot. 098161 (201/07): the General Minister appointed Fr. John Baptist Tse as
Bursar and Censor Librorum at the
“Studium Biblicum Franciscanum” of
Hong Kong:
DECREE
Having accepted the request of the Director
of the “Studium Biblicum Franciscanum”
in Hong Kong, transmitted by letter of the
9th July 2007, we appoint, through the present Decree,
BR. JOHN BAPTIST TSE, OFM
of the «Queen of China»
Province in Taiwan
as Bursar ad Censor Librorum
at the “Studium Biblicum Franciscanum”
of Hong Kong.
Rome, the 20th July 2007, at the General Curia.
BR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Minister General
BR. MASSIMO FUSARELLI, OFM
Secretary General
for Formation and Studies
3. Case di Noviziato
• Prot. 097907 (105/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso la dispensa dall’art. 93
§1 degli SS.GG. perché la Provincia dei
“SS. Martiri Gorcomiensi” in Olanda
possa iniziare nel mese di settembre
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2007 l’anno di Noviziato con un novizio
soltanto.
• Prot. 097960 (194/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso l’erezione ad triennum
della Casa di Noviziato nella Provincia
della “Assunzione della B.V.M.” in Erzegovina dal prossimo mese di agosto.
• Prot. 098016 (145/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso alla Custodia autonoma
“S. Giovanni Battista” in Pakistan, a
norma del can. 647 §1 CIC e dell’art. 85
§2 SS.GG., il trasferimento della Casa di
Noviziato dal prossimo anno 2007-2008.
• Prot. 098075 (176/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso la dispensa dall’art. 93
§1 degli SS.GG. perché la Provincia di
“S. Edvige” in Polonia possa iniziare nel
mese di agosto 2007 l’anno di Noviziato
con due novizi soltanto.
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• Prot. 098118 (194/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso la dispensa dall’art. 93
§1 degli SS.GG. perché la Provincia del
“SS. Salvatore” in Slovacchia possa iniziare nel mese di settembre 2007 l’anno
di Noviziato con due novizi soltanto.
• Prot. 098160 (203/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso la dispensa dall’art. 93
§1 degli SS.GG. perché la Fondazione
“B. Giuseppe Vaz” in Sri Lanka possa
iniziare nel mese di settembre 2007 l’anno di Noviziato con due novizi soltanto.
• Prot. 098167 (204/06): Il Ministro generale, ascoltato il parere del suo Definitorio, ha concesso la dispensa dall’art. 93
§1 degli SS. GG. perché la Provincia di
“S. Girolamo” in Croazia possa iniziare
nel mese di settembre 2007 l’anno di
Noviziato con due novizi soltanto.
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E SECRETARIATU PRO
EVANGELIZATIONE ET MISSIONE
1. Incontro dei missionari in Asia
1. Cronaca
Lamsai, Tailandia,
21-30.05.2007
Per la prima volta nella storia delle missioni moderne si è svolto un incontro di rinnovamento interiore e di formazione permanente per i missionari che vivono e operano nelle varie “fondazioni missionarie” in
Asia. L’incontro si è svolto dal 21 al 30
maggio 2007, nella casa di Lamsai (Thailandia), e ha visto la partecipazione di 22
missionari provenienti da cinque missioni e
da 10 nazionalità diverse.
In un primo momento sono state presentate le differenti realtà missionarie e ne è
emerso un quadro sorprendentemente vario
e non privo di tante difficoltà “contestuali”
come, ad esempio, in Sri Lanka dove continua il conflitto inter-etnico tra i Tamil e i
Cingalesi, oppure in Timor Est dove la recente guerra contro l’Indonesia e altre tensioni interne hanno ridotto la popolazione
alla miseria, o ancora in altre regioni asiatiche dove la presenza del missionario è resa
difficile dai diversi ostacoli che vengono
posti dalle autorità locali.
In un secondo momento, i missionari
hanno fatto una rilettura e condivisione delle loro esperienze missionarie, seguendo la
metodologia dei discepoli di Emmaus raccomandata dal Capitolo generale straordinario. Alla luce della pagina evangelica, la
vita è apparsa come un discendere e un salire, illuminata però dalla presenza di Gesù
che resta al centro dell’esperienza del missionario e che invia di nuovo a condividere
con altri la propria vita di comunione con il
Signore e ad annunciare che il Cristo è il Risorto e il Vivente.
A questo momento molto ricco è seguito
un ritiro spirituale di tre giorni animato dal
Ministro provinciale dell’Indonesia, F. Paskalis Bruno Syukur, che ha ripresentato e
approfondito il tema della fraternità nella
missione.
Alla parte più spirituale si è aggiunto un
momento di studio e di aggiornamento. Sono stati presentati ed esaminati i documenti
del Congresso sull’evangelizzazione in
Asia celebrato in Thailandia nel 2006. Lo
studio ha permesso di conoscere meglio gli
orientamenti delle Chiese in Asia e si è concluso con un breve documento approvato
dall’assemblea sui principali impegni “missionari” dei francescani in Asia.
L’incontro è stato poi arricchito da una
serie di contatti con le realtà locali: con i fedeli della parrocchia cattolica vicina, con i
malati di Aids nel nostro Ospizio di Lamsai,
con un gruppo locale di OFS, con i monaci
buddisti. Non sono mancate le visite ad un
monastero buddista e ad altri templi e segni
dell’antica religione locale.
I missionari hanno anche avuto la visita
del cardinale di Bangkok e del Nunzio Apostolico.
All’incontro hanno partecipato il Definitore generale, Fr. Ambrogio Van Si, e il moderatore per le missioni, Fr. Vincenzo Brocanelli, che hanno preparato il programma
nel quadro generale della formazione dei
missionari, i quali ricevono la preparazione
immediata a Bruxelles e poi una “rinnovata
preparazione” dopo alcuni anni di vita missionaria.
L’incontro di Lamsai è stato insieme un
tempo di riposo, di rinnovamento spirituale, di ri-motivazione interiore, di formazione permanente, di nuove esperienze, in vista di una nuova partenza nelle missioni
francescane in Asia, che è stata celebrata al
termine con la rinnovazione della nostra
professione di vita evangelica.
FR. VINCENZO BROCANELLI
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2. Reflections and Proposals
A. Telling the story of Jesus to people in Asia
(Asian way and culture)
• The story of Jesus is very close to our
very own Franciscan life. It speaks to us
of our faith and of our life as a fraternity.
Living with the poor is already a form of
story-telling about life and faith in Jesus.
It reminds us also that our poverty in language, our lack of knowledge of a certain culture, makes us feel we are “outsiders” to the people with whom we try
to live. Indeed, it is a sign of our vulnerability and poverty in mission.
• An effective way of telling the story of
Jesus is found in charitable/social work,
taking care of the poor and being in solidarity with them, which directly touches
on the needs of the people in a “holistic”
approach which addresses the concerns
of the body, of the emotions and of the
spirit.
• We should utilise all the meaningful/
challenging Church documents that we
have and be able to live them as Christians and, in particular, as Franciscans. It
means that our words should be embodied through our actions. In the Gospel,
the spirit of Jesus was, in a way, inculturated into the situation and life of people. For example, we, in trying to understand Buddhism, also learn in a process
that helps us to understand and to appreciate more our own religion, our life and
faith in God. To love one’s culture means
loving and serving the people with
whom we work.
• Through our simple and humble way of
life, we can give witness to the story of
Jesus in a way that is accessible and understandable to common people, especially to the poor, deprived, oppressed
and exploited. The dialogue about life
and faith with people is an activity of
telling the story of Jesus through symbols, the arts and music.
• It should be noted that in telling the story of Jesus, the storyteller must be sensitive - he must make the listeners aware
of the need to preserve their given and
beautiful culture as a people in every
way, such as, for example, their dress
code, symbols, family values, etc.
B. The obstacles we face in the area of mission
•
•
•
•
•
•
Based on our own experience, we find it
easy to tell the story of Jesus in words,
but have difficulty in putting it into concrete actions.
One of the great obstacles we encounter
in telling the story of Jesus is religious
fundamentalism, which penetrates the
mind of the people and is coupled with
other socio-political and economic problems brought about by it, by globalisation, by consumerism, by materialism,
etc.
For a missionary, or missionaries, to impose an imported culture on the people
being administered to is harmful to the
inculturation of the story of Jesus. Inculturation starts with the people and with
what they have.
There is bias and prejudice against
Christianity, which is seen as a foreign
religion and is, therefore, subject to suspicion.
There is a feeling, in some countries and
areas of mission, that religion is unnecessary and, therefore, there is an attitude
of indifference towards it.
There is also a feeling of insecurity in
some Catholic communities, especially
where they are a minority, and they have,
therefore, a tendency to isolate themselves, with the result that they have difficulty in living out the value of inculturation.
2. Invio di nuovi Missionari
S. Maria degli Angeli, 18 giugno 2007
Il 18 giugno 2007, durante la celebrazione Eucaristica nella Cappella della Porziunola, il Ministro generale, Fr. José Rodríguez Carballo OFM, ha dato il “mandato” a
quattro nuovi missionari: Fr. Edwin di Co-
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E SECRETARIATU PRO EVANGELIZATIONE ET MISSIONE
starica, che andrà in Marocco; Fr. Jordan
della Polonia, che andrà nella Repubblica
Centroafricana; Fr. Adolfo dell’Italia, che
andrà in Congo-Brazzaville; Fr. Dominique
del Vietnam, che sarà missionario in Estremo Oriente.
Dopo aver frequentato il corso di formazione missionaria nella Fraternità internazionale di Bruxelles, assieme ad altri missionari Conventuali e Cappuccini, i quattro
Frati Minori hanno concluso l’iter formativo con un pellegrinaggio sui luoghi di san
Francesco. Alla celebrazione hanno partecipato la Fraternità formativa di Bruxelles, il
Moderatore generale per le Missioni, Fr.
Vincenzo Brocanelli, alcuni confratelli delle Province di origine dei missionari e un
gruppo della Franciscan School di Honduras che ha animato la celebrazione.
3. Corso di formazione missionaria in
Colombia
«L’audacia di vivere il Vangelo» è
stato il tema che la Provincia di Santa Fé e
l’Università San Bonaventura di Bogotà, in
Colombia, hanno voluto approfondire in un
corso da loro organizzato sulla «formazione alla missione e all’evangelizzazione in
chiave francescana» per la Famiglia Francescana della Colombia e per i Frati della
Conferenza Bolivariana. Il corso si è svolto
dal 25 al 28 giugno 2007 nei locali della
suddetta Università e ha visto la partecipazione di circa 115 corsisti provenienti anche
dalla Bolivia e dal Perù. Il tema è stato sviluppato in quattro dimensioni per raggiungere i rispettivi obiettivi particolari:
• I fondamenti biblici del discepolato come principio orientativo dell’evangelizzazione e missione (dimensione biblica),
presentati dal professore dell’Università
P. Hernan Cardona, il quale ha sviluppato la nozione di Vangelo e di Evangelizzazione nella Bibbia, per arrivare ad alcune prospettive finali di attualizzazione. Nei gruppi di lavoro è stata
approfondita la concezione della Evangelizzazione nelle tradizioni profetica e
sinottica.
• Le caratteristiche del fenomeno religio-
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so, in particolare della diversità religiosa, in America Latina e il loro impatto
sull’evangelizzazione e la missione (dimensione contestuale). Sono stati presentati i gruppi cristiani non cattolici di
tipo storico, pentecostale e fondamentalista, e un’inchiesta tra gli studenti cattolici che vede solo l’81% di questi che si
considerano cattolici praticanti. Il tema è
stato poi approfondito con i gruppi di lavoro su “religione e politica”, pensiero
“afro-americano” e pensiero “indigeno”.
• Riflessione teologica sulla comprensione dell’evangelizzazione e della missione (dimensione teologica) considerate in
se stesse e nel contesto ecclesiologico
dell’America Latina. Il professore francescano Hector Eduardo Lugo Garcia ha
presentato una teologia inserita e “militante”, mettendo particolarmente in rilievo gli atteggiamenti di relazione, incontro, accoglienza, dialogo, sguardo,
ascolto, speranza, che dovrebbero qualificare l’evangelizzazione oggi. Mentre il
gesuita Alberto Parra Mora ha presentato l’evangelizzazione in chiave di discepolato.
• La proposta dell’Ordine dei Frati Minori sull’evangelizzazione e la missione
(dimensione francescana) che è stata
presentata da Fr. Nestor Schwerz, che ha
parlato delle caratteristiche dell’evangelizzazione francescana negli scritti di san
Francesco e nei Documenti dell’Ordine,
e da Fr. Vincenzo Brocanelli, che ha
esposto la missione “ad gentes” nella visione francescana.
Lo spirito che ha mosso gli organizzatori del corso è stato quello della celebrazione
della “grazia delle origini” che ci chiede di
esprimere la gratitudine per la grazia della
vocazione attraverso segni profetici e di solidarietà con i più bisognosi.
Un punto debole che si potrà approfondire in un prossimo corso simile a questo è
stato la mancanza di una riflessione sulla
missione “ad gentes” o “ad extra”. A parte
l’informazione/riflessione di Fr. Vincenzo,
il tema non è stato più ripreso, eppure è proprio la dinamica missionaria fondamentale
che può animare e rinnovare qualsiasi atti-
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vità pastorale o missionaria “ad intra”. È
quando ogni attività evangelizzatrice assume il dinamismo della missione “ad gentes”
che la parrocchia diventa “missionaria”, la
scuola o il collegio “missionario”, la catechesi e la liturgia si fanno “missionarie”, e
così via.
Il dato fondamentale che è emerso durante il corso è che abbiamo tanto bisogno
di formazione missionaria, di recuperare e
approfondire una “coscienza missionaria”
che ci faccia più audaci, più liberi e creativi,
per uscire dai conventi e dalle nostre comodità e andare verso “l’altro” che è povero,
che non conosce o ha rifiutato il Cristo, che
attende una parola e un’azione di speranza e
di amore. Per questo l’iniziativa del corso è
stata ottima ed è un esempio che anche altre
Conferenze possono riprendere e attuare secondo i bisogni di ogni regione.
FR. VINCENZO BROCANELLI
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E POSTULATIONE GENERALI
1. Canonizzazione del Beato Antonio di
Sant’Anna Galvão
São Paulo, Brasile, 11 maggio 2007
1. Note di cronaca
La canonizzazione di questo autentico
figlio di S. Francesco, il cui messaggio, come annotava il Cardinale Geraldo Majella
Agnelo, «non ha perso la sua attualità», ha
segnato profondamente la vita non solo della Chiesa brasiliana e del nostro Ordine, ma
è stata salutata dallo stesso Benedetto XVI
come uno dei momenti significativi del suo
viaggio apostolico in Brasile (9-14 maggio
2007).
Già nel corso del suo viaggio di andata,
nella intervista concessa ai giornalisti del
seguito, il Santo Padre parlando del Galvão
aveva definito la canonizzazione del «primo santo nato in Brasile», «un’espressione
importante di ciò che questo viaggio vuol
significare», riferendosi alle finalità della V
Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, che si proponeva la soluzione dei grandi problemi sociali e
politici dell’America Latina.
Nel corso della medesima intervista, il
Papa definiva il Galvão «un santo francescano, che ha attualizzato in Brasile il carisma francescano ed è conosciuto come un
santo di riconciliazione e di pace». E qualche giorno prima il Cardinale Agnelo affermava che «questo francescano prova e
comprova il valore di una vita sacerdotale
evangelicamente vissuta e apostolicamente
messa al servizio di tutti i fratelli».
In questo clima di simpatia e di attesa per
l’evento ampiamente preparato dalla stampa e dai mezzi della comunicazione, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella splendida cornice del “Campo de Marte”,
con inizio alle ore 9.00 di venerdì 11 maggio 2007, con la partecipazione festante di
una folla di circa un milione di fedeli provenienti da vari Paesi dell’America Latina,
la Liturgia della canonizzazione.
Tra i numerosi concelebranti (i soli vescovi brasiliani, tra i quali oltre i 20 OFM,
raggiungevano il numero di 430!), figuravano 15 Cardinali e tra questi il Cardinale
Claudio Hummes, OFM, attuale Prefetto
della Congregazione per il Clero e Arcivescovo emerito di São Paulo. Con il Ministro
generale del nostro Ordine, Fr. José Rodríguez Carballo, erano presenti il Ministro
provinciale dell’Immacolata, Fr. Augusto
Koenig, molti Frati delle Province brasiliane e vari Fratelli e Sorelle dell’OFS.
Dopo il canto del Kyrie, in un clima di
silenzio orante e di attesa, il Cardinale José
Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha rivolto al
Santo Padre la richiesta ufficiale di procedere alla canonizzazione del nostro Beato.
Implorato poi l’aiuto di tutti i Santi, con il
canto delle Litanie, il Sommo Pontefice ha
pronunziato la formula solenne che riconosce al Galvão l’attributo di «santo» e il diritto all’inserimento del suo nome nell’elenco («canone») della santità universale
della Chiesa.
Suggestiva la processione che seguiva il
pronunciamento papale. Le Sorelle Concezioniste Francescane del Monastero della
Luce, fondato dal novello Santo nel 1774 ,
accompagnate da una piccola schiera di devoti del Galvão tra i quali la Signora Sandra
Grossi de Almeida con il suo bambino Enzo,
la cui nascita nel 1999 è stata definita “scientificamente inspiegabile” ed attribuita come
miracolo al Santo di Guarantiguetá, recavano all’altare le Reliquie del novello Santo per
esporle alla pubblica venerazione.
La celebrazione eucaristica, protrattasi
fino a mezzogiorno inoltrato, proseguì in un
clima di festoso tripudio e di attento ascolto
della vibrante Omelia del Papa che definiva
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AN. CXXVI – MAII-AUGUSTI 2007 – N. 2
il novello Santo «Ardente adoratore dell’
Eucaristia, prudente e sapiente guida delle
anime e grande devoto dell’Immacolata
Concezione».
Il novello Santo, la cui glorificazione ecclesiale anticipa in un certo qual modo la
«grazia» dell’ottavo Centenario della fondazione dell’Ordine, insegni a ciascuno di
noi, come ha esortato il Ministro generale
con la sua lettera del 25 aprile 2007, ad essere, in un mondo lacerato da egoismi e violenza efferata, «pellegrini della carità e della pace», per «creare pace e così anche coerenza sociale ed umana» (Benedetto XVI).
FR. LUCA M. DE ROSA
2. Omelia di Benedetto XVI
“Campo de Marte”, São Paulo, 11 .05.2007
ARDENTE ADORATORE
DELL’EUCARISTIA
PRUDENTE E SAPIENTE GUIDA
DELLE ANIME
GRANDE DEVOTO
DELL’IMMACOLATA
Signori Cardinali,
Signor Arcivescovo di San Paolo
e Vescovi del Brasile
e dell’America Latina,
Distinte Autorità,
Sorelle e Fratelli in Cristo!
“Benedirò il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode“ (Sal 32, 2).
1. Rallegriamoci nel Signore, in questo
giorno in cui contempliamo un’altra meraviglia di Dio che, per la sua ammirevole
provvidenza, ci permette di gustare un vestigio della sua presenza in questo atto di
donazione d’Amore costituito dal Santo Sacrificio dell’Altare.
Sì, non possiamo non lodare il nostro
Dio. Lodiamolo tutti quanti, popoli del Brasile e dell’America, cantiamo al Signore le
sue meraviglie, perché grandi cose ha fatto
per noi. Oggi, la Divina Sapienza ci con-
sente di incontrarci intorno al suo altare, in
atteggiamento di lode e di ringraziamento
per averci concesso la grazia della Canonizzazione di Fra Antonio di Sant’Anna
Galvão.
Voglio ringraziare per le affettuose parole dell’Arcivescovo di San Paolo, S.E.
Mons. Odilo Scherer, che s’è fatto voce di
voi tutti, e per la premura del suo predecessore, il Cardinale Claudio Hummes, che
con tanta dedizione si è impegnato per la
causa del P. Galvão. Ringrazio per la presenza di ognuno e di ognuna di voi, sia degli abitanti di questa grande città sia di coloro che sono venuti da altre città e nazioni.
Mi rallegro perché, attraverso i mezzi di comunicazione, le mie parole e le espressioni
del mio affetto possono entrare in ogni casa
e in ogni cuore. Siatene certi: il Papa vi
ama, e vi ama perché Gesù Cristo vi ama.
In questa solenne Celebrazione Eucaristica è stato proclamato il Vangelo nel quale Gesù, in atteggiamento di interiore trasporto, proclama: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
tenuto nascoste queste cose ai sapienti e
agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli“
(Mt 11, 25). Mi sento perciò felice perché
l’elevazione di Fra Galvão agli altari rimarrà per sempre incorniciata nella liturgia
che quest’oggi la Chiesa ci offre.
Saluto con affetto tutta la comunità francescana e, in modo speciale, le monache
concezioniste che, dal Monastero della Luce, dalla Capitale dello Stato di San Paolo,
irradiano la spiritualità ed il carisma del primo brasiliano elevato alla gloria degli altari.
2. Rendiamo grazie a Dio per i continui
benefici ottenuti mediante il forte influsso
evangelizzatore che lo Spirito Santo ha impresso in tante anime attraverso Fra Galvão.
Il carisma francescano, evangelicamente
vissuto, ha dato frutti significativi attraverso la sua testimonianza di ardente adoratore
dell’Eucaristia, di prudente e sapiente guida delle anime che lo cercavano e di grande
devoto dell’Immacolata Concezione di Maria, della quale si considerava “figlio e
schiavo perpetuo”.
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Dio ci viene incontro, “cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore
trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del
Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli,
ha guidato il cammino della Chiesa nascente” (Lettera Enc. Deus caritas est, 17). Egli
si rivela attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia. La vita
della Chiesa, perciò, è essenzialmente eucaristica. Il Signore, nella sua amorevole
provvidenza, ci ha lasciato un segno visibile della sua presenza.
Quando contempliamo nella Santa Messa il Signore, innalzato dal sacerdote, dopo
la Consacrazione del pane e del vino, oppure quando lo adoriamo con devozione esposto nell’Ostensorio, rinnoviamo la nostra
fede con profonda umiltà, come faceva Fra
Galvão in “laus perennis“, in costante atteggiamento di adorazione. Nella Sacra Eucaristia è contenuto tutto il bene spirituale
della Chiesa, ossia, lo stesso Cristo nostra
Pasqua, il Pane vivo che è disceso dal Cielo
vivificato dallo Spirito Santo e vivificante
perché dà la Vita agli uomini. Questa misteriosa e ineffabile manifestazione dell’amore di Dio per l’umanità occupa un luogo privilegiato nel cuore dei cristiani. Essi devono poter conoscere la fede della Chiesa,
attraverso i suoi ministri ordinati, per l’esemplarità con cui compiono i riti prescritti, che indicano sempre nella liturgia eucaristica il centro di tutta l’opera di evangelizzazione. I fedeli, a loro volta, devono
cercare di ricevere e venerare il Santissimo
Sacramento con pietà e devozione, desiderando accogliere il Signore Gesù con fede, e
sapendo ricorrere, ogni volta che sarà necessario, al Sacramento della riconciliazione per purificare l’anima da ogni peccato
grave.
3. Significativo è l’esempio di Fra
Galvão per la sua disponibilità al servizio
del popolo, ogni qualvolta veniva interpellato. Consigliere di fama, pacificatore delle
anime e delle famiglie, dispensatore della
carità specialmente verso i poveri e gli infermi. Era molto ricercato per le confessioni, perché zelante, saggio e prudente. Una
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caratteristica di colui che ama veramente è
il non voler che l’Amato venga offeso; la
conversione dei peccatori era, perciò, la
grande passione del nostro Santo. Suor Helena Maria, che è stata la prima “religiosa“
destinata a dar inizio al “Recolhimento de
Nossa Senhora da Conceição“, ha testimoniato quello che Fra Galvão aveva detto:
“Pregate perché Dio nostro Signore sollevi
i peccatori con il suo braccio forte dal miserabile abisso delle colpe in cui si trovano“. Possa questo delicato ammonimento
servirci di stimolo per riconoscere nella Divina Misericordia il cammino verso la riconciliazione con Dio e con il prossimo e
per la pace delle nostre coscienze.
4. Uniti con il Signore nella suprema comunione dell’Eucaristia e riconciliati con
Lui e con il nostro prossimo, saremo così
portatori di quella pace che il mondo non
riesce a dare. Potranno gli uomini e le donne di questo mondo trovare la pace, se non
saranno coscienti della necessità di riconciliarsi con Dio, con il prossimo e con sé stessi? Di alto significato è stato, in questo senso, quello che l’Assemblea del Senato di
San Paolo scrisse al Ministro Provinciale
dei Francescani alla fine del secolo XVIII,
definendo Fra Galvão un “uomo di pace e di
carità”. Che cosa ci chiede il Signore?
“Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho
amati“. Ma subito dopo aggiunge: “Portate
frutto, e che il vostro frutto rimanga“ (cfr
Gv 15, 12.16). E quale frutto ci chiede, se
non quello di sapere amare, ispirandoci all’esempio del Santo di Guaratinguetá?
La fama della sua immensa carità non
conosceva limiti. Persone di tutta la geografia nazionale andavano da Fra Galvão, che
tutti accoglieva paternamente. Vi erano poveri, infermi nel corpo e nello spirito, che
imploravano il suo aiuto.
Gesù apre il suo cuore e ci rivela il centro di tutto il suo messaggio redentore:
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici“ (Ibid., v.
13). Lui stesso amò fino a dare la propria vita per noi sulla Croce. Anche l’azione della
Chiesa e dei cristiani nella società deve possedere questa stessa ispirazione. Le iniziati-
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ve di pastorale sociale, se sono orientate
verso il bene dei poveri e degli infermi, portano in sé stesse questo sigillo divino. Il Signore conta su di noi e ci chiama amici, perché soltanto a coloro che amiamo in questo
modo siamo capaci di dare la vita offerta da
Gesù mediante la sua grazia.
Come sappiamo, la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano avrà
come tema fondamentale: “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano la vita“. Come non vedere, allora, la necessità di ascoltare con
fervore rinnovato la chiamata, per poter rispondere generosamente alle sfide che la
Chiesa in Brasile e nell’America Latina è
chiamata ad affrontare?
5. “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò“, dice il Signore nel Vangelo (Mt 11, 28). Questa è la
raccomandazione finale che Egli ci rivolge.
Come non vedere qui il sentimento paterno
e insieme materno di Dio per tutti i suoi figli? Maria, la Madre di Dio e Madre nostra,
si trova particolarmente legata a noi in questo momento. Fra Galvão affermò con voce
profetica la verità dell’Immacolata Concezione. Ella, la Tota Pulchra, la Vergine Purissima, che ha concepito nel suo seno il Redentore degli uomini ed è stata preservata
da ogni macchia originale, vuole essere il
sigillo definitivo del nostro incontro con
Dio, nostro Salvatore. Non c’è frutto della
grazia nella storia della salvezza che non
abbia come strumento necessario la mediazione di Nostra Signora.
Di fatto, questo nostro Santo si è donato
in modo irrevocabile alla Madre di Gesù fin
dalla sua giovinezza, desiderando appartenerle per sempre e scegliendo la Vergine
Maria come Madre e Protettrice delle sue figlie spirituali.
Carissimi amici e amiche, che bell’esempio da seguire ci ha lasciato Fra Galvão! Come suonano attuali per noi, che viviamo in
un’epoca così piena di edonismo, le parole
scritte nella formula della sua consacrazione:
“Toglimi piuttosto la vita, prima che io offenda il tuo benedetto Figliuolo, mio Signore!“. Sono parole forti, di un’anima appas-
sionata, parole che dovrebbero far parte della normale vita di ogni cristiano, sia esso
consacrato o meno, e risvegliano desideri di
fedeltà a Dio sia dentro che fuori del matrimonio. Il mondo ha bisogno di vite limpide,
di anime chiare, di intelligenze semplici, che
rifiutino di essere considerate creature oggetto di piacere. È necessario dire no a quei
mezzi di comunicazione sociale che mettono
in ridicolo la santità del matrimonio e la verginità prima del matrimonio.
È proprio ora che ci è data nella Madonna la miglior difesa contro i mali che affliggono la vita moderna; la devozione mariana è la sicura garanzia di protezione materna e di tutela nell’ora della tentazione. E
quale non sarà questa misteriosa presenza
della Vergine Purissima, quando invocheremo la protezione e l’aiuto della Senhora
Aparecida? Deponiamo nelle sue mani santissime la vita dei sacerdoti e dei laici consacrati, dei seminaristi e di tutti coloro che
sono chiamati alla vita religiosa.
6. Cari amici, consentitemi di finire ripensando alla Veglia di Preghiera di Marienfeld, in Germania: dinanzi ad una moltitudine di giovani, ho voluto qualificare i
Santi della nostra epoca come veri riformatori. E ho aggiunto: “Soltanto dai Santi, soltanto da Dio viene la vera rivoluzione, il
cambiamento decisivo del mondo” (Omelia, 20/08/2005). Questo è l’invito che rivolgo oggi a tutti voi, dal primo all’ultimo,
in questa Eucaristia senza confini. Dio disse: “Siate santi, come io sono santo“ (Lv 11,
44). Rendiamo grazie a Dio Padre, a Dio Figlio, a Dio Spirito Santo, dai quali ci vengono, per intercessione della Vergine Maria, tutte le benedizioni del cielo; dai quali
ci viene questo dono che, insieme alla fede,
è la più grande grazia che possa essere concessa ad una creatura: il fermo desiderio di
raggiungere la pienezza della carità, nella
convinzione che la santità non solo è possibile ma anche necessaria ad ognuno nel
proprio stato di vita, per svelare al mondo il
vero volto di Cristo, nostro amico! Amen!
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 13 maggio 2007, 4-5]
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3. Antônio di Sant’Anna Galvão
(1739 - 1822)
Il Farte Minore Antônio de Sant’Ana
Galvão, noto come Fra Galvão, nacque a
Guaratinguetá (São Paulo), in Brasile, nel
1739.
Il padre, Antônio Galvão de França, era
un immigrante portoghese e capitano maggiore della città. Sua madre, Isabel Leite de
Barros, era figli di fazendeiros (proprietari
terrieri), e pronipote del famos bandeirante
(esploratore) Fernão Dias Paes, il “cacciatore di smeraldi”.
Antônio visse con i suoi fratelli in una
casa grande e lussuosa, in quanto i suoi genitori godevano di prestigio sociale e d’influenza politica. Il padre, volendo impartire
al figlio una formazione umana e culturale
conforme alle loro possibilità economiche,
all’età di tredici anni lo mandò al collegio di
Belém, dei Padri gesuiti, a Bahia, dove si
trovava già suo fratello José.
Là fece grandi progressi negli studi e
nella pratica cristiana, dal 1752 al 1756. Voleva diventare gesuita, ma a causa della persecuzione contro l’Ordine voluta dal Marchese di Pombal, suo padre gli consigliò di
entrare nell’Ordine francescano, che aveva
un convento a Taubaté, non lontano da Guaratinguetá. Così rinunciò a un futuro promettente e influente nella società di allora,
e all’età di 21 anni entrò nel noviziato del
villaggio di Macacu, a Rio de Janeiro.
Lì si distinse per la sua compassione e
per le sue virtù. Il 16 aprile 1761 emise i voti solenni. Un anno dopo fu ordinato sacerdote, in quanto i suoi studi furono giudicati
sufficienti. Questo privilegio mostra la fiducia riposta dai superiori nel giovane chierico.
Fu poi inviato al convento di San Francesco a São Paulo per perfezionare gli studi
di filosofia e di teologia ed esercitarsi nell’apostolato. Risale a quell’epoca la sua
“Entrega a Maria“ (dono di sé a Maria), come “figlio e schiavo perpetuo”, consacrazione mariana firmata con il proprio sangue
il 9 novembre 1766.
Terminati gli studi fu nominato predicatore, confessore dei laici e portinaio del
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convento, compito considerato molto importante per il contatto con le persone e l’apostolato che ne consegue. Fu un confessore stimato e ricercato e quasi sempre, quando veniva chiamato, si recava a piedi anche
nei luoghi più distanti. Nel 1769-70 fu designato confessore di un Recolhimento di pie
donne, le “Recolhidas de Santa Teresa”, a
San Paolo.
Fondazione del “Recolhimento”
In questo Recolhimento incontrò Suor
Helena Maria do Espírito Santo, religiosa
dall’intensa vita di preghiera e dal grande
spirito di penitenza, che affermava di aver
avuto visioni nelle quali Gesù le chiedeva di
fondare un nuovo Recolhimento.
Fra Galvão, ascoltando anche il parere di
persone sagge e illustri, ritenne tali visioni
credibili. Il 2 febbraio 1774 fu ufficialmente fondato il nuovo Recolhimento con Fra
Galvão come suo fondatore. Il 23 febbraio
1775, un anno dopo la fondazione, Madre
Helena morì prematuramente. Fra Galvão
divenne l’unico sostegno delle Recolhidas,
missione che esercitò con umiltà e grande
prudenza. Nel frattempo il nuovo capitano
generale di San Paolo, uomo inflessibile e
duro, ritirò il permesso al Recolhimento e
ne ordinò la chiusura. Lo fece per opporsi al
suo predecessore, che ne aveva promosso la
fondazione. Fra Galvão accettò con fede la
decisione e anche le Recolhidas obbedirono, ma non lasciarono la casa e resistettero
fino al limite delle loro forze fisiche. Dopo
un mese, grazie alla pressione del popolo e
del Vescovo, il Recolhimento fu riaperto.
Per il grande numero di vocazioni il Servo di Dio si vide obbligato ad ampliarlo. Per
quattordici anni si occupò di questa nuova
costruzione (1774-1788), e per altri quattordici della costruzione della chiesa (17881802), inaugurata il 15 agosto 1802. Fra
Galvão fu architetto, direttore dei lavori e
anche muratore. L’opera, oggi Monastero
della Luz, è stata dichiarata “patrimonio
culturale dell’umanità” dall’UNESCO.
“Pillole” di Fra Galvão
In tempi in cui le medicine e la scienza
medica non erano evolute come oggi, in
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molti si recavano da Fra Galvão per essere
curati. In una di queste visite, ispirato da
Dio, scrisse su un pezzo di carta una frase
in latino dell’Ufficio di Nostra Signora,
che potrebbe essere tradotta così: “Dopo il
parto, o Vergine, sei rimasta intatta: Madre di Dio, intercedi per noi!”. Arrotolò la
carta come fosse una pillola e la diede a un
giovane che stava per morire per coliche
renali. I dolori cessarono immediatamente. Poi si recò da lui un signore a chiedere
preghiere e una “medicina” per la moglie
che stava soffrendo per le doglie del parto. Fra Galvão fece nuovamente la pillola
e il bambino nacque in breve tempo. Da
quel momento dovette insegnare ai fratelli del Recolhimento a confezionare le pillole e a darle alle persone che ne avevano
bisogno, cosa che fanno ancora oggi. È interessante osservare come nell’immenso
numero di grazie ottenute per intercessione di Fra Galvão nel Monastero da Luz,
sebbene circa il 60, 70% siano legate alla
guarigione da un tumore, le altre riguardano problemi legati a calcoli renali, gravidanze e parti, o coppie che non riuscivano
ad averi figli.
Nel 1811, su richiesta del Vescovo di
São Paulo, Fra Galvão fondò il Recolhimento di Santa Chiara a Sorocaba, dove rimase per undici mesi per orientare la nuova
fondazione e comunità. In seguito, dopo la
sua morte, altri monasteri furono fondati da
queste due comunità, seguendo così l’orientamento lasciato dal beato.
Morì il 23 dicembre 1822 e su richiesta
del popolo e delle suore fu sepolto nella
chiesa del Recolhimento da Luz, che lui
stesso aveva edificato. La sua tomba è stata
ed è tuttora meta di continui pellegrinaggi.
Il 25 ottobre 1998 fu beatificato da Papa
Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, a
Roma, divenendo il primo beato brasiliano.
Papa Benedetto XVI l’11 maggio 2007
lo ha canonizzato a São Paulo, in Brasile.
Egli, pertanto, è anche il primo brasiliano
ad essere dichiarato Santo.
2. Decretum super miraculo B. Alfonsae
ab Immaculata Conceptione
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM
PALAIEN. Canonizationis beatae ALFONSAE
AB IMMACULATA CONCEPTIONE (in saec.:
Annae Muttathupadathu) sororis professae
Congregationis Clarissarum Tertii Ordinis
Sancti Francisci (1910-1946).
Beata Alfonsa ab Immaculata Conceptione (in saec.: Anna Muttathupadathu) die
19 mensis Augusti anno 1910, in loco,
quem Kudamaloor appellant, quique in civitate Kerala, in India, genere Syro-Malabarensem ritum observanti orta est. Quae,
propositi sese Deo mancipandi tenax, coniugio recusato, Congregationem Clarissarum Tertii Ordinis Sancti Francisci in loco,
qui Bharananganam audit, quique nunc intra Palaiensis eparchiae fines, ingressa, sacra vota nuncupavit anno 1932. Cum autem
gravibus infirmitatibus temptaretur, sibi
creditum magistrae munus deponere habuit;
nihilominus aerumnas, tam corporis quam
animi, complures, quas ipsa, mundi ad
sanctitatem adducendi causa, Deo libenter
offerebat, tacita caritate ad instar crucis pertulit, pioque fine requievit die 28 mensis Iulii anno 1946.
Cui lectissimae virgini Ioannes Paulus
II, Summus Pontifex, Beatorum caelitum
honores decrevit die 8 mensis Februarii anno 1986.
Eius vero canonizationem prospiciens,
Postulatio Causae sanationem, quae eadem
Beata deprecante divinitus patrata ferebatur, huic Congregationi de Causis Sanctorum subiecit expendendam. Quae res pertinet ad Ginil Shaji Ozhuthottiyil infantem,
qui die 5 mensis Maii anno 1998, in civitate Kerala iusto partu in lucem editus est. In
ipso autem ortu animadversum est parvulo
pedes varos innatos esse, laevum vero graviori deformitate affici. Quod quidem parentes una cum gynaecologa aliaque perita
doctor, quae pueros in valetudinario curabat, suis ipsi oculis viderunt. Deinde vero
infans, sedecim diebus postquam natus erat,
ad Universitatem Studiorum urbis illius,
quae Kottayam vocatur, traductus est, ubi
medicus quidam in orthopaedica disciplina
versatus, pedibus ad corrigendum aliquan-
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tulum tractatis, deformitates modice imminuere valuit. Curatio denique intermissa est.
Hinc in ambulando puer externis pedum
marginibus, plantis introrsum detortis, nitebatur. Die autem 13 mensis Novembris anno 1999, parentes, sacerdote quodam auctore, ad sepulcrum Beatae Alfonsae ab Immaculata Conceptione, quod in loco
Bharananganam, natum adduxerunt, petentes ut, ipsamet ad Deum deprecante, parvulus sanaretur. Qui vero, eodem die vesperi,
necopinato quidem, pedibus recte insistens
coepit ambulare. Inspectiones autem, quae
deinceps factae sunt, eiusmodi sanationem
perfectam stabilemque fuisse confirmarunt.
Quo de casu, qui statim pro miro divinitus patrato habitus est, Exc.mus Iosephus
Pallikaparampil, Episcopus eparchialis Palaiensis, anno 2002 Inquisitionem dioecesanam instruxit, cuius vis ab hac Congregatione de Causis Sanctorum rata facta est per
decretum die 6 mensis Iunii anno 2003 latum. Deinde Consilium Medicorum, cum
sederet die 23 mensis Martii anno 2006, in
communem sententiam venit sanationem
celerrimam, perfectam, stabilem fuisse,
eandem vero ex arte medica explicari non
posse. Subsequenti die 5 mensis Iulii Theologi Consultores in Peculiarem convenere
Congressum; die autem 9 mensis Ianuarii
vertentis anni 2007, Patrum Cardinalium
Episcoporumque Sessio Ordinaria, Exc.mo
Lino Fumagalli, Sabinensi-Mandelensi
Episcopo, Causae Ponente, gesta est. Et in
utroque Coetu, sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an
de miraculo divintus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est.
Facta demum de hisce omnibus rebus
Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata
relatione, Sanctitas Sua vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque
habens, hodierno die declaravit: Constare
de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beatae Alfonsae ab Immaculata Concepitone (in saec.: Annae Muttathupadathu), Sororis professae Congregationis
Clarissarum Tertii Ordinis S. Francisci, videlicet de celerrima, perfecta ac stabili sanatione infantis Ginil Shaji Ozhuthottiyl a
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“piede torto congenito bilaterale, più accentuato a sinistra, con deambulazione fortemente alterata”.
Hoc autem decretum publici iuris fieri et
in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.
Datum Romae, die 1 mensis Iunii A. D.
2007.
IOSEPHUS CARD. SARAIVA MARTINS
Praefectus
† MICHAËL DI RUBERTO
Archiep. tit. el. Biccarensis
a Secretis
3. Decretum super virtutibus SD Cleonildis Guerra
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM
FAVENTINA ET MUTILEN. Beatificationis et
Canonizationis servae dei CLEONILDIS
GUERRA christifidelis laicae (1922-1949).
«Apud Iesum dolores esse desinunt, quia
spinae rosae fiunt, cruces gaudia, tribulatio
cibus, mors dulcedo».
Verba haec, quae ad quendam amicam
scripserat Cleonildis Guerra, ostendunt eius
rationem vitae, quoniam ipsa, omnino Deo
dicata, fecit ut innumerae tribulationes, quibus cruciata est, instrumentum essent ad artius vinculum cum Eo firmandum et sic
adimpleret in propria carne ea quae desunt
passionum Christi pro Ecclesia (cfr. Col
1,24).
Haec fidelis Domini discipula ortum habuit in oppido vulgo San Potito, dioecesis
Faventinae, die 30 mensis Ianuarii anno
1922 ex operaria familia. Praesertim mater
eius christianam curavit institutionem. Perquam iuvenis assidue paroeciam frequentavit. Debili utebatur valetudine, quod
quidem aequanimiter patiebatur.
Consecratam vitam affectans, mense
Martio anno 1943 ingressa est Conventum
urbis Luci Dianae, apud Ancillas Sacri
Cordis Iesu Agonizantis, ibique noviciatum
iniit. Statim eminuit fervore quo amplexa
est spiritum reparationis, qui proprius est
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Instituti, et promptam laetamque sese manifestavit ad quodlibet explendum officium
sibi creditum. Elapso tamen unius fere
mensis spatio, relinquere debuit communitatem ob adversam valetudinis condicionem. Idcirco resumpsit officium suum in
paroecia, nigrum probandarum induens vestimentum, veluti signum suae Domino
oblationis. Ingressa est Tertium Ordinem
Franciscalem et ferventem frugiferamque
apostolicam navavit operam apud Actionem Catholicam. Commissum est ei munus
Delegatae, quo diligenter functa est, incumbens praesertim in religiosam mulierum iuvenum institutionem.
Altero saeviente bello mundiali, domus
eius solo est aequata, quamobrem refugium, simul cum familiaribus, apud vicinias invenit. Licet inter difficultates, fervidam colere perrexit vitam spiritualem, Missae sacrificium participans et cotidie
eucharistica communione se reficiens, cum
rerum adiuncta id ipsi permittebant. Bello
composito, pater eius eiusque frater, qui
iam antea adversari cleri erant, in dies
maiore persuasione socialem amplexi sunt
communistarum doctrinam. Anno 1947, de
licentia moderatoris spiritualis, emisit votum privatum veluti victima pro peccatorum conversione ac, peculiari modo, suorum familiarium, qui a fide longinqui versabantur. Sequenti anno, occasione piae
peregrinationis in oppidum S. Ioannis Rotundi, Sanctus Pius a Pietrelcina confirmavit eam in bonitate et in soliditate voti emissi. Etenim frater eius, post mortem Servae
Dei, conversionem obtinuit. Ipsa constanter
viam sectabatur ad fastigia assequenda
evangelicae perfectionis, propriam crucem
post Christum baiulans. In simplicitate, laeto quidem, constanti accuratoque animo christianas exercuit virtutes.
Fides eam iugiter inducebat ad Divinum
Redemptorem propius in dies imitandum.
Dominum diligebat omnibus viribus et adductam se praebebat ad ipsius voluntatem
integerrime exsequendam, ita ut propriam
sanationem minime quaereret et paratam se
exhiberet ad quodlibet sacrificium perferendum dummodo Ipsi placeret. A quolibet
peccato deliberato abhorruit, et animas
maximopere curavit ad Ipsum ferendas, vires impendens in apostolatum, praesertim
apud iuvenes. Promptam se profitebatur et
hospitalem erga omnes, et non permittebat
murmurationibus subici. Proprium nutrivit
spiritum oratione, cultu ad Eucharistiam, ad
Sacrum Cor Passionemque Iesu nec non ad
Beatissimam Virginem Mariam. In serenitate et laetitia gessit aegritudinem, spe caelestium donorum firmata.
Prudentia eminuit et aequitate in quibuslibet adiunctis, unde detecta est optima
consiliaria erga quaerentes eam. Itemque
recta ac munifica erga omnes nec non diligens in muneribus exsequendis sive apud
familiam sive apud paroeciam. Fortiter innumeras difficultates in se incidentes oppetivit et exprobrationes vituperantium vitam
Domino consecratam. Modesta exstitit in
indumentis et in modo sese gerendi. Plures
spirituales flosculos excogitabat ut a mundanis rebus se seiungeret, in spiritu evangelicae paupertatis, Sanctum Franciscum Assisiensem vestigiis sequens. In omnibus rerum adiunctis consiliis obtemperavit
Summi Pontificis et auctoritatum Ecclesiae. Adamussim servavit castitatem, tali
modo ut haberetur authentica puritatis imago. Operata est suiipsius immemor et in abscondito versans, et ne aegre quidem tulit
rudiora explere opera.
Ineunte anno 1949 valetudinis condiciones ingravescere coeperunt, qua de causa,
in valetudinarium excipi debuit. Nedum sese animo deprimeret, hanc novam tribulationem serene obiit, dolores reputans veluti
donum. Immo, in valetudinario degens, assidue orare perrexit et opus apostolatus
exercuit. Singulae eius actiones collustrabantur et firmabantur spe aeternae beatitudinis, quam tandem Dei Serva attigit die 19
mensis Maii anno 1949.
Ob diffusam sanctitatis famam, Episcopus Faventinus inchoavit Causam beatificationis et canonizationis, Inquisitionem
dioecesanam celebrans annis 1983-1985,
cuius iuridicam validitatem Congregatio de
Causis Sanctorum adprobavit, decretum
edens die 20 mensis Maii anno 1988. Apparata Positione, disceptatio facta est de virtutibus heroico in gradu a Dei Serva exercitis.
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Prospero cum exitu, die 27 mensis Septembris anno 2005 actus est Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum. Patres
Cardinales et Episcopi, in Sessione Ordinaria die 16 mensis Ianuarii anno 2007 congregati, audita relatione Ponentis Causae,
Exc.mi D.ni Petri Georgii Nesti, C. P., Archiepiscopi emeriti Camerinensis-Sancti
Severini in Piceno, agnoverunt Servam Dei
Cleonildem Guerra theologales, cardinales
eisque adnexas virtutes heroicum in modum excoluisse.
Facta demum de hisce omnibus rebus
Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata
relatione, Sanctitas Sua vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque
habens, hodierno die declaravit: Constare
de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia,
Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis,
in gradu heroico, Servae Dei Cleonildis
Guerra, Christifidelis laicae, in casu et ad
effectum de quo agitur.
Hoc autem decretum publici iuris fieri et
in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.
Datum Romae, die 1 mensis Iunii A. D.
2007.
IOSEPHUS CARD. SARAIVA MARTINS
Praefectus
† MICHAËL DI RUBERTO
Archiep. tit. el. Biccarensis
a Secretis
4. Decretum super virtutibus SD Mariae
Fidelis Weiss
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM
MONACEN. ET FRISINGEN. Beatificationis et
Canonizationis Servae Dei MARIAE FIDELIS
WEISS (in saec.: Eleonorae Margaritae)
Religiosae professae III Ordinis sancti
Francisci (1882-1923).
«Continenter et urgentissime ad Imitationem Christi perfectissimam impellor».
361
Hisce verbis, quae ipsa anno 1918 vel
1919 litteris mandavit, Serva Dei Maria Fidelis Weiss (quae, dum saeculo viveret,
Eleonora Margarita), amore in Dominum
succensa, sese ad unionem Divino Redemptori, ut perficeretur in Christo (cf. Col
1,28), contendere velle ostendit. Huiusmodi studio convenienter eadem divinae voluntati paruit eademque, talenta, quae desuper acceperat, sapienter negotiata, quidquid
aevi degit in terris, id Domino prorsus impendit, cui non benedicere dumtaxat, sed
semet ipsam pro salute animarum offerre
studuit.
Haec filia Ecclesiae in oppido, quod vulgo Kempten, in Bavaria, lutherano patre,
matre catholica in lucem edita est die 12
mensis Iunii anno 1882 ipsaque sex post
diebus catholico sacro abluta. Mox vero,
dum puerili doctrina instituebatur, ingenio,
quo praedita erat, necnon progressibus,
quos faciebat in studiis, eminuit.
Patre autem demortuo, ut suos, quod ad
pecuniam pertinet, iuvaret, ab anno 1898 ad
annum 1900 in duabus tabernis tamquam
institorum ministra operam dedit. Interea
sedecim annorum puella secretum castitatis
votum nuncupaverat, quae, postquam semet
ad sacram conversationem capessendam divino quodam instinctu vocari agnovit, declaravit se expetere adiungi Religiosis III
Ordinis Sancti Francisci, quae in loco Reutberg sedem habebant. Cui quidem postulanti satisfactum est; sed, cum esset Ancilla
Dei admodum adulescens, antistita suasit ut
eadem duos ferme annos in educandarum
puellarum instituto, quod in oppido Lenzfried, haud longe ab eius patria remoto, exsistebat, tamquam alumna interna studio
vacaret; in quo adulescentula, cum accepta
esset anno 1900, organum pulsare et opera
muliebria facere didicit. Eodem tempore III
Ordinem Sancti Francisci ingressa, etiam in
honorarium Praesidium Sacratissimi Cordis
Iesu nomen dedit. Tandem in sodalitate,
quae apud locum Reutberg, tirocinium postulantibus ponendum mense Octobri anni
1902 auspicata, anno 1903 religionis habitum induit, sequenti autem anno e simplici
perpetua votorum formula se Deo devinxit.
Hic praesertim in fraternam caritatem fo-
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vendam incubuit eaque, quippe quae Instituti Regulam ad unguem observaret, inter
ceteras eminuit.
Praeterea Dei Famula in ludo, qui conventui adiunctus erat, muliebrium operum
magistra fuit; quo quidem munere fungens,
semet ad docendum ostendit aptissimam.
Fuit eadem organi modulatrix, ipsaque,
quoad plurimae infirmitates eius ferebant,
vel in fullonica operam praestabat. Haud
mirum ergo quam studiose, quam sedulo
omnia sibi delata munera obiisset. Cum autem anno 1921 in adiutricem et consiliariam
electa esset, “alterum novitiatum” qui fertur
movit, singulare sane inceptum, quo prioris
novitiatus fervorem religiosae mulieres vividum servarent. Ceterum varia bona, quae
Dominus in spiritum eius effuderat, ipsa
laeto humilique corde accepit. Insimul, cum
aliquando etiam per animi tenebras ambularet, huiusmodi aerumnas Domino offerebat,
cui quidem confisa satis valebat ad sustinendum. Etenim latendo, divinae voluntati
parendo, suae condicionis officia assidue
praestando, lectissima haec virgo, dum
cunctas christianas virtutes assidue, delectabiliter, studiose adhibet, ad sublimia perfectionis evangelicae fastigia pervenit.
Quae, veluti filia, vinculo pietatis cum
Domino coniuncta, sua voluntate prorsus
neglecta, se Eidem donavit. Ea enim fide,
quae animo alte haereret, incitata, firmiter
credidit quaecumque vera Deus revelavit et
quidquid edocebat Ecclesia, adeo ut, quod
ipsa catholicam coleret fidem, Deo gratias
palam ageret sociasque ad idem faciendum
hortaretur. In orando assidua, Augustissimum altaris Sacramentum, Beatissimam
Virginem Deiparam, Sacratissimum Cor Iesu flagranti pietate prosecuta est. Quae fortissima femina ne tunc quidem, cum in angustiis constituta esset, animo frangi patiebatur, sed potius divinae Providentiae
fidenter se tradebat. Eadem socias dilexit iisque serviit, in malis solacium attulit, earumque animis, sacram conversationem
amplexatis, vires addidit.
Bonis ac talentis, quae Dominus ei contulerat, prudenter fruita, siquis ab ea consilium peteret, semper magni iudicii exstitit.
Fide studioque iustitiae egit nec ullam pror-
sus mendacii formam toleravit. Porro patiens fuit Ancilla Dei cum in ferendis doloribus compluribus, ex infirma eius valetudine procedentibus, tum, quod nonnumquam
contigerat, in aliorum neglegentia subeunda. Placidam constantiam usque servavit,
cum admodum sui suaeque voluntatis et naturae compos facta esset. Quae, dum bona
huius saeculi calcat, multis voluntariis paenitentiis semet ipsam discruciabat: incommoda enim ab ineunte aetate toleravit nec
postea, cum in asceterio viveret, paupertatem umquam deploravit. Parentibus, operis
conductoribus, superioribus prompte oboedivit. Quae, priscae sanctimoniae virgo,
omni tempore modestia praestavit.
Gravem morbum, quo autumnali tempore anni 1922 temptata est, licet acerrimis
doloribus oppressa patientissime tulit. Tandem die 11 mensis Februarii anno 1923
sempiterna beatitate, quam ipsa firmiter et
assidue exspectaverat, Christi meritis iuvantibus, est potita.
Pervagatae famae sanctitatis intuitu, Archiepiscopus Monacensis Causae beatificationis et canonizationis initium fecit per
Processum Ordinarium, qui ab anno 1936
ad annum 1939 conditus est; cuius validitatem Congregatio de Causis Sanctorum ratam habuit per decretum die 3 mensis Iulii
anno 1992 latum. Positione confecta, ad
consuetudinem disceptatum est num Dei
Ancilla omnes et singulas virtutes, easque
in gradu heroico, exercuerit. Die vero 28
mensis Octobris anno 2005 Peculiaris
Theologorum Consultorum Congressus, favorabili quidem cum exitu, habitus est. Patres autem Cardinales et Episcopi, in Sessione Ordinaria quae die 20 mensis Martii
anno 2007 gesta est, audita relatione Exc.mi
D.ni Petri Georgii Nesti, C. P., Archiepiscopi emeriti Camerinensis-Sancti Severini in
Piceno, Causae Ponentis, agnoverunt Mariam Fidelem Weiss, theologales et cardinales iisque adnexas virtutes, in gradu heroico, exercuisse.
Facta demum de hisce omnibus rebus
Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata
relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque
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habens, hodierno die declaravit: Constare
de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia,
Temperantia et Fortitudine iisque adnexis,
in gradu heroico, Servae Dei Mariae Fidelis Weiss (in saec.: Eleonorae Margaritae),
Religiosae professae III Ordinis Sancti
Francisci, in casu et ad effectum de quo
agitur.
Voluit autem Sanctitas Sua ut hoc decretum publici iuris fieret et in acta Congregationis de Causis Sanctorum referretur.
Datum Romae, die 1 mensis Iunii A. D.
2007.
IOSEPHUS CARD. SARAIVA MARTINS
Praefectus
† MICHAËL DI RUBERTO
Archiep. tit. el. Biccarensis
a Secretis
5. Canonizzazione del Beato Simone da
Lipnica
Roma, Piazza S. Pietro, 3 giugno 2007
1. Cronaca
La pioggia impietosa – come la definì
L’Osservatore Romano – non riuscì a spegnere l’entusiasmo della folla cosmopolita
convenuta in piazza S. Pietro a Roma, la domenica 3 giugno 2007, per la festa della
santità, in programma per la solenne canonizzazione dei Beati Giorgio Preca, Simone
da Lipnica, Carlo di Sant’Andrea e Maria
Eugenia di Gesù, i cui volti raffigurati negli
artistici arazzi si affacciavano lieti dall’alto
delle logge della basilica vaticana. Tra i
quattro Beati, “nuovi fratelli maggiori” come li presentò lo stesso Papa proponendoli
alla venerazione della Chiesa universale, figurava il nostro Simone da Lipnica, nato in
Polonia nel 1435 e morto a Cracovia il 18
luglio 1482, dichiarato Beato per conferma
di culto il 24 febbraio 1685 dal Beato Papa
Innocenzo XI.
Dalla Polonia, accompagnato dal Presidente della Repubblica, dal Cardinale Primate J. Glemp, dal Cardinale Arcivescovo
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di Cracovia S. Dziwisz e da diversi Vescovi
nonché da una folta schiera di Frati Minori,
era giunto a Roma un gruppo di circa duemila pellegrini, lieti di acclamare santo un
altro figlio della terra polacca, “testimone di
Cristo e seguace della spiritualità di san
Francesco d’Assisi”.
Assente dall’Italia il Ministro Generale
(in Brasile, per la V Conferenza dell’Episcopato latino-americano), l’Ordine dei
Frati Minori era rappresentato dal Vicario
Generale Fr. Francesco Bravi, dai Ministri
provinciali di Polonia e da diversi membri
della Curia generalizia.
Un gruppo di studenti della Provincia
dell’Immacolata di Cracovia, insieme ad alcuni Seminaristi della diocesi di Tarnow
(nel cui ambito si trova Lipnica, patria del
novello santo), prestava servizio nel corso
della solenne Liturgia papale, mentre altri
Frati erano incaricati di portare all’altare le
reliquie di san Simone e le offerte per il sacrificio eucaristico insieme a due dalmatiche, dono della Postulazione della Causa al
Santo Padre. Fr. Samuele Portka e Sr. Anna
Chiara Rizzo, Alcantarina, proponevano all’assemblea, prima della celebrazione, testi
francescani e preghiere antiche in onore del
nostro santo. Fr. Stanislaw Belcik fungeva
da Diacono ministrante.
Alle ore 10.00, nonostante la pioggia battente, preceduto dalla lunga teoria dei quaranta concelebranti (tra i quali il Vicario generale OFM, il Ministro provinciale Fr. Czeslaw Gniecki e il suo Vicario Fr. Andrej
Pabin, l’ex Ministro provinciale Fr. Romuald
Kosla, il Vice-Postulatore Fr. Wieslaw Murawiec, il Parroco di Lipnica, il Rettore del
Seminario diocesano di Tarnow e il Vice-Postulatore per la diocesi di origine di san Simone), il Santo Padre Benedetto XVI raggiungeva l’altare posto sulla sommità del sagrato, dando inizio alla celebrazione
dell’Eucaristia. Subito dopo l’atto penitenziale, il Cardinale Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi José Saraiva
Martins, accompagnato dai quattro Postulatori, si avvicinava alla sede papale e perorava la canonizzazione dei quattro Beati.
Seguiva il momento solenne del canto
delle Litanie dei santi e dell’invocazione al-
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lo Spirito Santo. Quindi, nella pienezza della sua autorità apostolica, Benedetto XVI
pronunziava la solenne formula di canonizzazione, accolta dalla folla con un prolungato e intenso applauso, mentre l’organo e
le campane si associavano festanti alla
commozione e al canto dei conterranei dei
novelli Santi.Il Cardinale Prefetto e i Postulatori, tra i quali Fr. Luca M, De Rosa, potevano incontrare il Santo Padre per esprimergli la gioia e la gratitudine di quanti
hanno lavorato ed atteso con fiducia il momento della suprema glorificazione di questi nuovi “capolavori della Sapienza di
Dio”.
Proclamato il Vangelo nelle lingue latina e greca, il Papa pronunziava la intensa
Omelia che riportiamo di seguito, invitando
l’assemblea a contemplare la gloria di Dio
nella vita dei Santi da Lui proposti alla venerazione della Chiesa universale.
All’Angelus, Benedetto XVI richiamava
l’attenzione dei presenti sulla devozione
mariana di San Simone da Lipnica e affidava alla sua intercessione “coloro che danno
la vita nel servizio ai malati, ai sofferenti e
agli abbandonati” come ha fatto in vita il
novello santo francescano.
La celebrazione della domenica ha avuto la sua conclusione ideale l’indomani, lunedì 4 giugno, nella basilica papale di S.
Giovanni in Laterano, dove, con la partecipazione di tutti i pellegrini polacchi, il Cardinale Primate J. Glemp ha presieduto la solenne Eucaristia di ringraziamento, dando
avvio alle varie celebrazioni in programma
in diverse località della Polonia, come quella prevista per il 19 agosto a Kalvaria con la
partecipazione del Presidente della Repubblica S.E. il Signor Lech Kaczynski e del
Ministro generale OFM, Fr. José Rodríguez
Carballo.
La stampa ha dato all’evento il giusto rilievo, offrendo notizie accurate sulla vita
del nostro Santo e sul programma delle celebrazioni. L’Osservatore Romano ha dedicato al novello Santo di Lipnica l’intera pagina 7 dell’edizione del 3 giugno 2007.
Una segnalazione speciale meritano
l’immagine del Santo apparsa sull’arazzo
esposto sulla loggia vaticana, che rappre-
senta Simone da Lipnica mentre conforta
gli appestati di Cracovia con il suo ministero sacerdotale, opera di un artista polacco, e
il prezioso Reliquiario offerto al Santo Padre con una insigne reliquia “ex ossibus”
dell’esemplare testimone della misericordia
del Cristo buon Samaritano.
A laude di Cristo. Amen
FR. LUCA M.DE ROSA,OFM
2. Omelia di Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle,
celebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità. Dopo il tempo pasquale, dopo aver rivissuto l’avvenimento della Pentecoste, che rinnova il battesimo della Chiesa nello Spirito Santo, volgiamo per così
dire lo sguardo verso “i cieli aperti” per entrare con gli occhi della fede nelle profondità del mistero di Dio, Uno nella sostanza
e Trino nelle persone: Padre e Figlio e Spirito Santo. Mentre ci lasciamo avvolgere da
questo sommo mistero, ammiriamo la gloria di Dio, che si riflette nella vita dei Santi;
la contempliamo soprattutto in quelli che
poc’anzi ho proposto alla venerazione della
Chiesa universale: Giorgio Preca, Szymon
di Lipnica, Karel van Sint Andries Houben
e Marie Eugénie de Jésus Milleret. A tutti i
pellegrini, qui convenuti per rendere omaggio a questi testimoni esemplari del Vangelo, rivolgo il mio cordiale saluto. Saluto, in
particolare, i Signori Cardinali, i Signori
Presidenti delle Filippine, di Irlanda, di
Malta e di Polonia, i venerati Fratelli nell’Episcopato, le Delegazioni governative e
le altre Autorità civili, che prendono parte a
questa celebrazione.
Nella prima Lettura, tratta dal Libro dei
Proverbi, entra in scena la Sapienza, che sta
al fianco di Dio come assistente, come “architetto” (8,30). Stupenda è la “panoramica” sul cosmo osservato con i suoi occhi. La
Sapienza stessa confessa: “Mi ricreavo sul
globo terrestre, / ponendo le mie delizie tra
i figli dell’uomo” (8,31). È in mezzo agli
esseri umani che essa ama dimorare, perché
in essi riconosce l’immagine e la somiglianza del Creatore. Questa relazione pre-
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ferenziale della Sapienza con gli uomini fa
pensare ad un celebre passo di un altro libro
sapienziale, il Libro della Sapienza: “La sapienza – vi leggiamo – è un’emanazione
della potenza di Dio /… Pur rimanendo in
se stessa, tutto rinnova / e attraverso le età
entrando nelle anime sante, / forma amici
di Dio e profeti” (Sap 7,25-27). Quest’ultima suggestiva espressione invita a considerare la multiforme e inesauribile manifestazione della santità nel popolo di Dio lungo
i secoli. La Sapienza di Dio si manifesta nel
cosmo, nella varietà e bellezza dei suoi elementi, ma i suoi capolavori, dove realmente appare molto più la sua bellezza e la sua
grandezza, sono i santi.
Nel brano della Lettera dell’apostolo
Paolo ai Romani troviamo un’immagine simile: quella dell’amore di Dio “riversato
nei cuori” dei santi, cioè dei battezzati, “per
mezzo dello Spirito Santo” che è stato loro
donato (cfr Rm 5,5). È attraverso Cristo che
passa il dono dello Spirito, “Persona-amore, Persona-dono”, come l’ha definito il
Servo di Dio Giovanni Paolo II (Enc. Dominum et vivificantem, 10). Per mezzo di
Cristo, lo Spirito di Dio giunge a noi quale
principio di vita nuova, “santa”. Lo Spirito
pone l’amore di Dio nel cuore dei credenti
nella forma concreta che aveva nell’uomo
Gesù di Nazaret. Si realizza così quanto dice san Paolo nella Lettera ai Colossesi:
“Cristo in voi, speranza della gloria” (1,27).
Le “tribolazioni” non sono in contrasto con
questa speranza, anzi, concorrono a realizzarla, attraverso la “pazienza” e la “virtù
provata” (Rm 5,3-4): è la via di Gesù, la via
della Croce.
Nella medesima prospettiva, della Sapienza di Dio incarnata in Cristo e comunicata dallo Spirito Santo, il Vangelo ci ha
suggerito che Dio Padre continua a manifestare il suo disegno d’amore mediante i
santi. Anche qui, accade quanto abbiamo
già notato a proposito della Sapienza: lo
Spirito di verità rivela il disegno di Dio nella molteplicità degli elementi del cosmo –
siamo grati per questa visibilità della bellezza e della bontà di Dio negli elementi del
cosmo - e lo fa soprattutto mediante le persone umane, in modo speciale mediante i
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santi e le sante, dove traspare con grande
forza la sua luce, la sua verità, il suo amore.
In effetti, “l’immagine del Dio invisibile”
(Col 1,15) è propriamente solo Gesù Cristo,
“il Santo e il Giusto” (At 3,14). Egli è la Sapienza incarnata, il Logos creatore che trova la sua gioia nel dimorare tra i figli dell’uomo, in mezzo ai quali ha posto la sua
tenda (cfr Gv 1,14). In Lui è piaciuto a Dio
riporre “ogni pienezza” (cfr Col 1,19); o,
come dice Egli stesso nel brano evangelico
odierno: “Tutto quello che il Padre possiede è mio” (Gv 16,15). Ogni singolo Santo
partecipa della ricchezza di Cristo ripresa
dal Padre e comunicata a tempo opportuno.
È sempre la stessa santità di Gesù, è sempre
Lui, il “Santo”, che lo Spirito plasma nelle
“anime sante”, formando amici di Gesù e
testimoni della sua santità. E Gesù vuol fare anche di noi degli amici suoi. Proprio in
questo giorno apriamo il nostro cuore perché anche nella nostra vita cresca l’amicizia
per Gesù, così che possiamo testimoniare la
sua santità, la sua bontà e la sua verità.
[...]
Il novello santo, Simone da Lipnica,
grande figlio della terra polacca, testimone
di Cristo e seguace della spiritualità di San
Francesco d’Assisi, è vissuto in epoca lontana, ma proprio oggi è proposto alla Chiesa come modello attuale di un cristiano che
– animato dallo spirito del Vangelo – è
pronto a dedicare la vita per i fratelli. Così,
colmo della misericordia che attingeva dall’Eucaristia, non esitò a portare l’aiuto ai
malati colpiti dalla peste, contraendo tale
morbo che condusse alla morte anche lui.
Oggi in modo particolare affidiamo alla sua
protezione coloro che soffrono a causa della povertà, della malattia, della solitudine e
dell’ingiustizia sociale. Tramite la sua intercessione chiediamo per noi la grazia dell’amore perseverante ed attivo, per Cristo e
per i fratelli.
[...]
Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie a
Dio per le meraviglie che ha compiuto nei
Santi, nei quali risplende la sua gloria. Lasciamoci attrarre dai loro esempi, lasciamoci guidare dai loro insegnamenti, perché tutta la nostra esistenza diventi, come la loro,
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un cantico di lode a gloria della Santissima
Trinità. Ci ottenga questa grazia Maria, la
Regina dei Santi, e l’intercessione di questi
quattro nuovi “Fratelli maggiori” che oggi
con gioia veneriamo. Amen.
BENEDETTO XVI
[L’Osservatore Romano, 4-5 giugno 2007]
3. Simone da Lipnica (1435/1440-1482)
Il Beato Simone nacque a Lipnica Murowana, nella Polonia meridionale intorno
agli anni 1435-1440. I suoi genitori, Gregorio e Anna, seppero dargli un’educazione
sana, ispirata ai valori della fede cristiana e,
nonostante la modesta condizione, si preoccuparono di assicurargli un’adeguata formazione culturale. Simone crebbe con un
carattere pio e responsabile, ricco di una naturale predisposizione alla preghiera e un
tenero amore alla Madre di Dio.
Nel 1454, si trasferì a Cracovia, per frequentare la famosa Accademia Jagellonica.
Proprio in quegli anni San Giovanni da Capestrano, entusiasmava la città con la santità della sua vita e il fervore delle sue prediche, attirando alla vocazione francescana
una folta schiera di giovani generosi.
Nel 1457, anche il giovane Simone, affascinato dall’ideale francescano, preferì acquistare la perla preziosa del vangelo, tralasciando un avvenire ricco di successi. Pertanto chiese di essere accolto, con altri dieci
suoi colleghi studenti, nel convento di Stradom.
Sotto la sapiente guida del maestro di
noviziato, P. Cristoforo da Varese, religioso
eminente per dottrina e santità di vita, Simone abbracciò con generosità la vita umile e povera dei Frati Minori, giungendo al
sacerdozio intorno al 1460. Esercitò il primo ministero nel convento di Tarnów, dove
fu guardiano della fraternità. Successivamente, si stabilì a Stradom (Cracovia), dedicandosi instancabilmente alla predicazione, con parola limpida, piena di ardore, di
fede, e di sapienza, che lasciava intuire la
sua profonda unione con Dio e lo studio
prolungato della Sacra Scrittura.
Come San Bernardino da Siena e San
Giovanni da Capestrano, Fr. Simone diffuse
la devozione al Nome di Gesù, ottenendo la
conversione di innumerevoli peccatori. Nel
1463, primo tra i Frati Minori, occupò l’ufficio di predicatore nella cattedrale del
Wawel. Per questa sua dedizione alla predicazione evangelica le fonti antiche gli conferirono il titolo di “predicator ferventissimus”.
Desideroso di rendere omaggio a San
Bernardino da Siena, ispiratore della sua
predicazione, il 17 maggio 1472, con alcuni confratelli polacchi, giunse a L’Aquila
per partecipare alla solenne traslazione del
corpo del santo nel nuovo tempio eretto in
suo onore. Nuovamente fu in Italia nel 1478
in occasione capitolo generale di Pavia. Ebbe modo, allora, di poter soddisfare l’intimo
desiderio di visitare le tombe degli Apostoli a Roma, e prolungare poi il pellegrinaggio in Terra Santa. Visse questa esperienza
in spirito di penitenza, da vero amante della
passione di Cristo, con la nascosta aspirazione di versare il proprio sangue per la salvezza delle anime, se così fosse piaciuto a
Dio. Emulo di San Francesco nel suo amore per i Luoghi santi, nell’eventualità di essere catturato dagli infedeli, prima di intraprendere il viaggio volle imparare a memoria la regola dell’Ordine « per averla sempre
davanti agli occhi della mente ».
L’amore di Simone per i fratelli si manifestò in maniera straordinaria nell’ ultimo
anno della sua vita, quando scoppiò a Cracovia una epidemia di peste. Dal luglio
1482 al 6 gennaio 1483 la città fu sotto il
flagello della malattia. Nella desolazione
generale, i Francescani del convento di San
Bernardino si prodigarono instancabilmente nella cura degli ammalati, da veri angeli
consolatori.
Fr. Simone ritenne quello un “tempo
propizio” per esercitare la carità e per portare a compimento l’offerta della propria vita. Ovunque passò confortando, recando
soccorso, amministrando i sacramenti, e annunciando la consolante Parola di Dio ai
moribondi. Presto fu contagiato. Sopportò
con straordinaria pazienza le sofferenze
della malattia e, prossimo alla fine, espres-
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se il desiderio di essere sepolto sotto la soglia della chiesa, perché tutti potessero calpestarlo. Nel sesto giorno di malattia, il 18
luglio 1482, senza temere la morte e con gli
occhi fissi sulla Croce, rese l’anima a Dio.
Simone da Lipnica seppe coniugare mirabilmente l’impegno tra l’evangelizzazione e la testimonianza della carità, che scaturì dal suo grande amore per la Parola di
Dio e per i fratelli più poveri e sofferenti.
L’Ordine dei Frati Minori, alla vigilia della
Celebrazione dell’VIII centenario della sua
Fondazione (1209-2009), saluta in lui un
autentico testimone della povertà, dell’umiltà e della semplicità, nonché della gioia
di essere tutto del Signore e di essere insieme dono per la vita dei fratelli.
La fama di santità che aveva circondato
in vita il Beato Simone, da tutti chiamato
“verus frater minor” e “Christi fidelis imitator”, si diffuse ampiamente subito dopo il
suo transito, avvenuto a Cracovia il 18 luglio 1482. Già nel 1484 i suoi devoti lo invocavano con un “Responsorio” nel quale a
Simone è dato il titolo di “beato” ed è definito “Nova lux Poloniae” e “clarum sidus
Cracoviae”.
I frequenti pellegrinaggi alla sua tomba
e le numerose guarigioni attribuite alla sua
intercessione, spinsero l’Arcivescovo Metropolita di Gniezno, Jan Laski, Primate di
Polonia a presentare al Papa, nel 1514, la
petizione perché fosse approvato il culto
pubblico del nostro Beato insieme a quello
attribuito al Principe Casimiro e ad altri Patroni della Polonia. Ma solo nel 1637 fu
possibile avviare a Cracovia una accurata
Inchiesta sul culto “ab immemorabili”, che
fu confermato dal Sommo Pontefice Beato
Innocenzo XI il 24 febbraio 1685.
La vasta risonanza che ebbe la conferma
del culto del Beato, a cui seguì il 13 dicembre 1741 l’estensione della sua memoria liturgica annuale all’intera Famiglia Francescana, spinse lo stesso Re Stanislao Augusto Poniatowski a inviare al Sommo
Pontefice una Lettera postulatoria in favore
della Causa, il 2 dicembre 1776, in vista
della Canonizzazione.
Tuttavia le complesse vicende politiche
che interessarono la Polonia tra il XVIII e
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XIX secolo, come la perdita della indipendenza nazionale e le successive spartizioni
del territorio, nonché l’avvicendarsi al governo della nuova entità di persone diverse,
bloccarono ogni iniziativa.
Un nuovo interesse per la conclusione
della Causa maturò come frutto delle celebrazioni promosse dai Frati Minori per il IV
Centenario della morte del Beato Simone,
nel 1882. Una fitta serie di celebrazioni richiamò presso il sepolcro del Beato a Cracovia numerosi pellegrinaggi, guidati dai rispettivi Pastori dei diversi luoghi di provenienza. Il 25 giugno 1948, accogliendo le
suppliche pervenutegli da parte di numerosi Vescovi e Superiori religiosi, il Santo Padre Pio XII autorizzava la “riassunzione”
della Causa.
La celebrazione del Millennio del Battesimo della Polonia, nel 1966, ripropose ancora una volta all’attenzione della comunità
polacca la figura del Beato Simone, la cui
attualità venne ribadita dall’allora Arcivescovo Metropolita di Cracovia, il Cardinale
Karol Wojtyla. Le difficili condizioni nelle
quali precipitò la Polonia sotto il regime comunista, durate fino al 1989, spensero sul
nascere le nuove speranze di condurre in
porto la Causa. Negli anni 1999-2000 si
giunse, infine, alla celebrazione di una Inchiesta diocesana sulla vita e le virtù del
Beato Simone, promossa dall’Arcivescovo
Metropolita di Cracovia, Cardinale Francesco Macharski, la cui validità giuridica fu
riconosciuta dalla Congregazione delle
Cause dei Santi il 25 ottobre 2002.
Preparata la “Positio super vita et virtutibus”, fu dapprima esaminata con esito favorevole dai Consultori Storici il 2 marzo
2004, e successivamente, con l’unanime
consenso, prima dai Consultori Teologi il
12 ottobre 2004 e poi dai Padri Cardinali e
Vescovi l’11 gennaio 2005. Il 19 dicembre
2005 il Sommo Pontefice Benedetto XVI
autorizzava la promulgazione del Decreto
con cui è attestato l’esercizio eroico delle
virtù del Beato Simone.
Dal 24 luglio al 23 agosto 1950 l’allora
Arcivescovo Metropolita di Cracovia, il
Cardinale Adamo Stefano Sapieha, con
l’autorizzazione della Santa Sede, aveva
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istruito un Processo Apostolico sulla presunta guarigione miracolosa della Sig.ra
Maria Piątek, da embolia cerebrale con indebolimento cardiaco, avvenuta nel 1943 e
attribuita alla intercessione del Beato Simone. Il caso fu esaminato con esito favorevole dalla Consulta Medica il 14 aprile 2005,
quindi dai Consultori Teologi il 21 febbraio
2006 e infine dai Padri Cardinali e Vescovi
nella Sessione Ordinaria del 3 ottobre dello
stesso anno. Il Santo Padre Benedetto XVI
ha confermato il giudizio dei suddetti organismi e ha autorizzato la promulgazione del
decreto sul miracolo il 16 dicembre 2006.
Nel Concistoro pubblico del 23 febbraio
2007 ha poi stabilito di procedere alla solenne canonizzazione del Beato Simone il 3
giugno 2007.
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EX OFFICIO OFS
1. Isole Mauritius - Corso di formazione,
Visita e Capitolo elettivo dell’OFS
Presso la casa Foyer Fiat a Rose-Hill
nelle Is. Mauritius si è svolto, dal 13 al 19
aprile 2008, il Corso di formazione sull’OFS-GiFra e sull’assistenza spirituale per
Frati, Suore e Francescani Secolari delle
Isole Mauritius, di Réunion e del Madagascar. Il Corso è stato organizzato dal Consiglio nazionale dell’OFS delle Is. Mauritius
e dalla Presidenza CIOFS, con il contributo
degli Assistenti spirituali locali, Fr. René
Coutagne, OFM, e Fr. Krisnah Ramsamy,
OFM.
Hanno partecipato 4 Frati, 19 Suore
Francescane Missionarie di Maria, 12 Francescani Secolari, 2 Rappresentanti della GiFra e 1 Francescano Secolare del Rwanda.
Era presente anche il nuovo Assistente nazionale di Madagascar, Fr. Roger Aimé Rabemahafaly OFM.
A nome della Presidenza CIOFS il Corso è stato animato da Benedetto Lino,
Consigliere della Presidenza, e da Fr. Ivan
Matić, OFM, Assistente generale dell’OFS.
Il 20 aprile si è svolta la visita fraterna e
pastorale al Consiglio nazionale dell’OFS
delle Is. Mauritius e nei giorni 21-22 aprile si è celebrato il Capitolo nazionale elettivo, dove Marie Thérèse Soobaroyen è
stata eletta Ministra nazionale e Consigliera internazionale. I Capitolari sono stati
circa 80.
2. Australia - Capitolo nazionale elettivo
dell’OFS di Oceania
Il Capitolo elettivo della Fraternità nazionale dell’OFS dell’Oceania è stato celebrato a Sydney dal 27 al 29 aprile 2007. A
nome della Presidenza CIOFS hanno presieduto il Capitolo elettivo Lucy Almirañes,
Consigliera della Presidenza, e Fr. Ivan Matić, OFM, Assistente generale dell’OFS.
Al Capitolo hanno partecipato circa 50
Capitolari con vari Assistenti regionali. Era
presente Fr. Carl Schafer, OFM, Assistente
nazionale dell’OFS, che ha illustrato la situazione dell’assistenza spirituale e pastorale a livello nazionale. È stato anche approvato il testo del nuovo Statuto nazionale
che dovrà essere ratificato dalla Presidenza
CIOFS.
Nel pomeriggio del 28 aprile si è svolta
l’elezione del nuovo Consiglio nazionale.
Sono stati eletti: Helen Britton, come Ministra nazionale (rieletta), e Sandra Tilley, come Consigliera Internazionale. Poiché si sta
preparando l’incontro internazionale della
GiFra a Sydney, durante la Giornata Mondiale della Gioventù (Sydney, 15-20 luglio
2008), Fr. Ivan, infine, ha presentato una relazione sulla Gioventù Francescana.
3. Croazia - I° Congresso nazionale
OFS-GiFra ed Incontro nazionale
della GiFra
Il 19 maggio 2007 a Zagabria, in Croazia, si è svolto il primo Congresso nazionale dell’OFS-GiFra. Hanno partecipato circa
700 Francescani Secolari e Giovani Francescani, con i loro Assistenti spirituali, in rappresentanza di tutte le Fraternità locali e regionali dell’OFS-GiFra. È stata molto gradita la presenza dei vari Ministri provinciali e, in modo particolare, di Mons. Josip
Mrzljak, Vescovo di Varaždin e membro
dell’OFS, che ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica. A nome della Conferenza degli Assistenti generali era presente
Fr. Ivan Matić, OFM.
Il tema del Congresso, «Le attività caritative dell’OFS e della GiFra nella società
croata», è stato approfondito con l’aiuto di
alcune Relazioni. Fr. Ivan ha parlato di ciò
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che ha visto nelle diverse Fraternità nazionali nel mondo. Stjepan Lice e Renato Matić, Francescani Secolari di Zagabria, hanno illustrato alcune situazioni concrete che
si incontrano nella società croata e le conseguenti sfide per i Francescani. Alle Relazione sono seguiti il lavoro in gruppi, la condivisione e la conclusione del Congresso con
la rappresentazione teatrale sulla vita di S.
Elisabetta, realizzata dalla Gioventù Francescana.
Nei giorni 25-27 maggio 2007 la Gioventù Francescana di Croazia ha celebrato il
suo incontro nazionale, presso il santuario
Mariano di Trsat a Rijeka. Assieme agli Assistenti spirituali, circa 800 Giovani Francescani, provenienti da tutte le Fraternità regionali della Croazia, hanno vissuto questi
giorni in un spirito di preghiera, riflessione
e gioia. All’incontro erano presenti Xavi
Ramos, Consigliere di Presidenza CIOFS, e
Fr. Ivan Matić, OFM, Assistente generale. Il
tema dell’incontro, «Osiamo vivere il Vangelo», è stato illustrato da Fr. Ivan, approfondito nei lavori di gruppo e tradotto in
preghiera nella Lectio divina, basata sul testo del Vangelo di Luca (24, 13-35): l’esperienza dei discepoli di Emmaus.
Nel pomeriggio i giovani hanno attuato
un’evangelizzazione itinerante nella città di
Rijeka: negli Ospedali, nelle piazze, nelle
Carceri, nella Case di ricovero per anziani,
ecc. Un gruppo, invece, è rimasto davanti al
Santissimo sacramento, per sostenere, con
la preghiera. gli “evangelizzatori”. La giornata si è conclusa con un’assemblea plenaria, in cui i giovani hanno avuto la possibilità di condividere l’esperienza singolare
appena vissuta.
È stata molto gradita la presenza e il messaggio rivolto ai Giovani Francescani da
Mons. Ivan Devčić, Arcivescovo di Rijeka,
che ha celebrato l’Eucaristia nella veglia di
Pentecoste, ricordando così la storica visita
del Papa Giovanni Paolo II a questo santuario Mariano nel 2003.
L’incontro si è concluso il 27 maggio,
giorno di Pentecoste, con la solenne celebrazione eucaristica presieduta da Fr.
Željko Železnjak, OFM, Ministro provinciale di Zagabria.
4. Sicilia - Incontro con gli Assistenti e il
Capitolo delle Stuoie dell’OFS
L’11 giugno 2007 si è svolto a Pergusa,
presso la casa di accoglienza dei Frati conventuali, l’incontro di formazione per gli
Assistenti dell’OFS/GiFra della Sicilia. Il
tema di riflessione è stato la figura di santa
Elisabetta d’Ungheria, guidata da Fr. Ivan
Matić, OFM, Assistente generale dell’OFS.
Domenica 17 giugno si è celebrato a
Caltanisetta, nello Stadio di Pian del Lago,
il 2° Capitolo delle Stuoie con circa 1500
Francescani Secolari, provenienti di tutte
le Fraternità locali della Sicilia, con il Consiglio regionale e i Responsabili internazionali, la Ministra generale dell’OFS, Encarnación Del Pozo, e l’Assistente generale, Fr. Ivan Matić, OFM. Nella celebrazione iniziale Fr. Ivan ha sottolineato la necessità di essere fedeli alla propria vocazione, assicurando l’accompagnamento
degli Assistenti spirituali; è stata “intronizzata” la reliquia di S. Elisabetta, che peregrinerà nelle Diocesi siciliane fino al 22 luglio. Ciò costituirà un momento forte per le
Fraternità locali che avranno la possibilità
di riunirsi in preghiera, per celebrare così
l’ottavo centenario della nascita della santa Patrona.
«Santa Elisabetta sposa, madre e modello per i penitenti Francescani» è stato il tema centrale del Capitolo delle Stuoie, tema
illustrato dalla Ministra generale. Alla riflessione della Ministra è seguito un concerto di Fr. Giuseppe Di Fatta, OFM, Assistente regionale, il quale per la circostanza
ha composto un canto in onore di santa Elisabetta, «Elisabetta e le altre». Nel pomeriggio due coppie di sposi dell’OFS – una
lavora tra gli immigrati clandestini e l’altra,
missionaria in Romania – hanno narrato le
loro singolari esperienze.
Il Capitolo si è concluso con la solenne
celebrazione presieduta dal Vescovo di Caltanisetta, Mons. Mario Russotto, il quale ha
sintetizzato il messaggio di san Francesco e
santa Elisabetta.
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EX OFFICIO OFS
5. Spagna - 1ª Assemblea Internazionale
della GiFra
Dal 28 giugno al 5 luglio si è celebrato,
presso il Collegio francescano Vilanova i
La Geltrú (Barcellona), la 1ª Assemblea Internazionale della Gioventù Francescana
(GiFra). Erano presenti una sessantina di
rappresentanti delle Fraternità nazionali GiFra, giovani e Assistenti del Primo Ordine e
una Sorella clarissa di vita attiva. I partecipanti a questa Assemblea – provenienti da
24 Nazioni (Corea, USA, Filippine, Pakistan, Siria, Sudafrica, Canada, El Salvador,
Brasile, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Slovenia, Lituania, Polonia, Cile, Paraguay,
Venezuela, Porto Rico, Slovacchia, Italia,
Portogallo, Gran Bretagna, Spagna, Argentina) – hanno condiviso la celebrazione della propria fede, della propria cultura e della
propria vocazione francescana, così come il
lavoro svolto, con conferenze e lavori di
gruppo, sulla relazione con la Chiesa, la società e i valori francescani.
È da menzionare la partecipazione all’Assemblea della Ministra generale dell’Ordine Francescano Secolare, Encarnación del Pozo; del Ministro generale dei
cappuccini, Fr. Mauro Jöhri, in rappresentanza della Conferenza dei Ministri generali; dei tre Assistenti generali dell’OFS, Fr.
Ivan Matić, Fr. Martín Pablo Bitzer e Fr.
Samy Irudaya.
La Provincia francescana “San Salvador de Horta”, rappresentata dal suo Ministro provinciale, Fr. Francesc Vilà, e la Fra-
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ternità francescana di Vilanova i La Geltrú
hanno accolto con grande cordialità e fraternità i partecipanti a questa 1ª Assemblea, che si è rivelata un vero dono del Signore.
6. Ucraina - Capitolo nazionale elettivo
e costituzione della Fraternità nazionale dell’OFS
Nei giorni 2-3 giugno 2007 a Zarichany,
presso la città di Zytomyr, si è celebrato il
Capitolo nazionale dell’OFS dell’Ucraina,
durante il quale Neonila Belokon di Kiev è
stata eletta Ministra nazionale e Consigliera
Internazionale. Al Capitolo hanno partecipato circa 30 Capitolari con gli Assistenti
nazionali. A nome della Presidenza del Consiglio Internazionale dell’OFS (CIOFS) erano presenti Encarnación Del Pozo, Ministra
generale dell’OFS, Wilhelmina Visser-Pelsma, Consigliera di Presidenza, e Fr. Ivan
Matić, OFM, Assistente generale dell’OFS.
All’inizio del Capitolo la Ministra generale ha letto il Decreto di erezione della
Fraternità Nazionale dell’OFS in Ucraina,
che è diventata, così, la 61ª Fraternità nazionale. Questa è composta da tre Fraternità Regionali con circa 1160 Francescani
secolari, di cui 766 sono Professi solenni.
La cura spirituale e pastorale alle Fraternità dell’OFS in Ucraina è affidata ai Frati
dell’OFM, dell’OFMConv e dell’OFMCap.
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EX OFFICIO PRO MONIALIBUS
Lettera alle Sorelle Presidenti OSC
Care Sorelle Presidenti,
il Signore vi dia pace!
Mi rivolgo nuovamente a voi con questa
lettera, per ringraziarvi per la fraterna e calorosa accoglienza riservata al mio invito di
partecipare all’incontro di tutte le Presidenti delle Federazioni OSC (cfr. Prot. n.
097831), che si terrà ad Assisi dal 26 gennaio al 6 febbraio 2008. Molte di voi hanno
già risposto, comunicando la loro adesione
e manifestando la gioia per questo incontro
atteso da tante Sorelle. Sono certo che coloro che non hanno ancora comunicato la loro partecipazione, lo faranno quanto prima.
Abbiamo bisogno di sapere il numero delle
presenze, per prenotare le stanze e mettere
a punto l’organizzazione.
In secondo luogo desidero comunicarvi
gli obiettivi principali dell’incontro, perché
vi possiate meglio preparare e partecipare
più attivamente. Quando, con il Definitorio
generale, abbiamo pensato a questo incontro, abbiamo tenuto presenti tre finalità:
– offrirvi l’occasione di conoscervi di più
e meglio e, insieme, compiere un pellegrinaggio ai luoghi francescani e clariani più significativi;
– programmare il cammino futuro, per celebrare l’VIII Centenario della fondazione dell’Ordine delle Povere Dame di
Santa Chiara;
– riflettere su alcuni temi che, nel dialogo
fraterno, ci sono sembrati i più importanti.
Per poter fare una programmazione che
risponda il più possibile ai vostri interessi e
alle vostre esigenze, vi chiedo di farmi pervenire quanto prima (anche tramite fax al
numero: +39 06 632247) le tematiche che
vi sembrano più importanti. Finora, grazie
all’aiuto di alcune di voi, si è pensato di riflettere sui seguenti temi: formazione, contemplazione, solidarietà e comunione, reciprocità nello sviluppo del carisma, ruolo
delle Federazioni e delle Confederazioni,
senso di appartenenza alla Chiesa e all’Ordine. Si è pensato, inoltre, di presentare alcune esperienze significative del mondo
clariano e l’Ufficio Pro monialibus della
nostra Curia generale.
Per quanto riguarda le relatrici e i relatori vi chiedo un atto di fiducia negli organizzatori, che hanno una visione un po’ più
universale, provenendo da diversi Paesi. Ci
impegneremo, perché vi siano alcuni Frati
OFM e, ovviamente, Sorelle OSC, che rispecchino il più possibile l’universalità dell’Ordine.
Care Sorelle, l’incontro è chiamato ad
essere un momento di grazia. Dipenderà
tutto dalla nostra apertura allo Spirito del
Signore. Vi chiedo di pregare, perché Egli
ci illumini e apra le nostre menti e i nostri
cuori, così da offrirgli una risposta fedele e
creativa. Pregate anche per me e per l’Ordine dei Frati Minori, che si sta preparando, in
comunione con tutta la Famiglia Francescana e, in particolare, con voi, a celebrare
l’VIII Centenario della sua fondazione.
Vostro fratello e servo.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
Prot. n. 097925
Roma, 8 maggio 2007
Festa di Santa Maria Mediatrice
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1. De itineribus Ministri Generalis
1. Visit to the Philippines
Quezon City, Philippines, 01-04.06.2007
The Minister General, Br. José Rodriguez Carballo, OFM, arrived in the
morning of June 1st. Among those who
welcomed him at the Ninoy Aquino International Airport were the Definitor General
for Asia and Oceania, Br. Ambrose Nguyen
Van Si, OFM, and the Provincial Minister,
Br. Baltazar Obico, OFM. He was also welcomed with great warmth by the Friars,
novices, postulants and some parishioners
of St. Peter Baptist Parish as he entered the
vicinity of the Provincial House. He placed
flowers before the image of St. Peter Baptist and uttered a prayer. He met with the
Minister Provincial, Br. Baltazar Obico,
OFM, in the afternoon. The joyful welcome
continued in the evening with merry-making, which we traditionally call recreation.
Reception of Novices and meeting with the
Solemnly Professed
The Minister General presided at the
Holy Eucharist and received four novices,
Robert John Abada, Edward Del Mundo,
Randy Rendora and Peter Waenchimplee,
to their first profession of vows on June 2nd.
Peter Waenchimplee is the first Thai Friar
received into the Order. He belongs to the
Foundation of Thailand, which is directly
under the authority of the Minister General.
Br. José met about eighty solemnly professed Friars who had gathered at the Sanctuary of St. Anthony Parish Hall in the afternoon of June 2nd. There were also some
important guests at the said meeting: Br.
Pedro Ruano, OFM, Minister Provincial of
St. Gregory the Great Province, Spain; Br.
Max Hottle, OFM, who was the representative of the St. Barbara Province, USA; and
Br. Luis Gallardo, OFM, an Ecuadorian who
works in Thailand.
The Minister General shared on both the
lights and shadows of the experiences of the
Friars in the Philippines, mainly taken from
the report submitted to the General Curia by
the Visitator General, Br. Louis Mascarenhas, OFM, during the meeting with the
solemnly professed Friars. During this
meeting, Br. José also announced the composition of the first appointed Council of
the Autonomous Custody of St. Anthony of
Padua, which had yet to be canonically
erected. Br. Arturo Daquilanea, OFM, was
appointed Custos; Br. Jose Calvin Bugho,
OFM, Vicar; Br. Prisco Cajes, OFM, Br.
Rogelio Covero, OFM, Br. Felix Jungco,
Jr., OFM and Br. Alberto Sekito, OFM,
Councillors. There was an open forum
and/or dialogue between the solemnly professed Friars and Br. José afterwards. Br.
José also presided at the Eucharistic celebration in honour of the Most Blessed Trinity, with around 35 concelebrating Friars, at
the Sanctuary of St. Anthony Parish. A dinner and a programme was held in the Parish
Hall after the Eucharistic celebration.
Meeting with Poor Clare Sisters
Br. José Rodriguez Carballo, OFM, arrived at the Poor Clare Monastery of St.
Clare in Quezon City in the morning of
June 3rd. He presided over the Eucharistic
celebration, which was attended by Friars
and about eighty Poor Clare Sisters from
fifteen federated monasteries. There were
also some Sisters from a non-federated
monastery and Sisters who happened to be
in the country on home visits. After the Eucharistic celebration, Br. José was led by the
Sisters to the Monastery library where he
gave them his message, which was followed by an open forum and/or dialogue
between the Poor Clare Sisters and Br. José.
Those present prayed Mid-day Prayer before sharing lunch.
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Meeting with the Formation Fraternities
In the morning of June 4th, Br. José Rodriguez Carballo, OFM, the Minister General, went to the Our Lady of the Angels
Seminary (OLAS) to meet and to have dialogue with those in formation, the formators and other members of the Franciscan
Family. The meeting and dialogue with the
formation community was organized by
Br. Lino Gregorio Redoblado, OFM. The
meeting and dialogue with the other members of the Franciscan Family was organised by the Directress of the Franciscan Institute of Asia (FIA) Sr. Evangeline Aseneta, FMIJ.
The meeting with those in formation began with an impressive Sinulog dance, performed by selected OLAS seminarians at
the OLAS auditorium. It was a traditional
dance to honour the Holy Child of Cebu.
Br. Alberto Sekito, OFM, the Guardian of
the OLAS community, accommodated the
guests and participants. Br. Lino Gregorio
Redoblado, OFM, acted as facilitator and
translator. The Minister General delivered a
message to those in formation, mainly challenging them to a so-called “progressive assimilation,” that is, to make positive use of
what the formation programmes offer.
Later in the morning, he had an engaging time with the formators of the Province
at the Bonaventure Hall of OLAS. In attendance were the formators of the aspirants:
Christopher Tibong OFM, Napoly Pasion
OFM, Somerset Icalina OFM, and Judee
Mar Maquinad OFM, Postulancy formator
Rolie Pimentero OFM, novitiate formators
Generoso Pastidio and Albert Marfil OFM,
and post-novitiate formators Domingo
Resurreccion OFM, Cristino Pine OFM
and Peter Esarza OFM. Also present was
Rolando Abas OFM, the National Animator for the Pastoral Care of Vocations. The
Minister General stressed the importance
of the Formation Ministry, which is, according to him, the most important ministry there is in the Order. The future life of
the Order lies in formation and it is also essential for the present. He expressed his
gratitude to the formators for their commitment to the ministry.
Meeting with the Franciscan Family
The indefatigable Minister General was
glad to see other members of the Franciscan
Family when he met with them at the
Bonaventure Hall of OLAS. He challenged
them “to show the world that we truly belong to one family as Franciscans in spite of
our diversity.” Present were representative
members of the Franciscan Sisters of the
Immaculate Conception of the Blessed Virgin Mary (SFIC), Franciscan Missionary
Sisters of the Infant Jesus (FMIJ), Franciscan Sisters Pro Infante et Familia (FSPif),
Franciscan Missionary of Mary (FMM),
Franciscan Apostolic Sisters (FAS), Franciscan Sisters of St. Elizabeth (FSSE),
Franciscan Sisters of the Holy Face of Jesus
(FHFJ), Franciscan Sisters of the Sacred
Heart (FSSH), Secular Franciscan Order
(SFO), and Franciscan Youth.
Meetings with the Cardinal Archbishop
and Franciscan Authorities
In the afternoon of June 3rd, the Minister
General and his entourage found themselves in the office of His Eminence Gaudencio Cardinal Rosales, Archbishop of
Manila. The meeting was very pleasant as
the Minister General broke the news of the
latest development of Franciscan Province
in the country to the Cardinal. On the same
occasion, he informally renewed the Order’s total communion and collaboration
with the local Church. The Cardinal was
happy with the continued presence of the
Franciscans in his diocese and, likewise, articulated his support.
Also in the same afternoon of June 3rd,
Br. José Rodriguez, OFM, met with the
Provincial Definitory of St. Peter Baptist
and the newly appointed Custodial Council
of St. Anthony of Padua. He was very grateful to the Friars who were given the responsibility to serve and animate the Provincial
fraternity. He admonished them to give soul
and spirit to life in the fraternity.
The erection of the new Autonomous Custody.
The Minister General’s five-day fraternal visit culminated with the Canonical
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Erection of the Autonomous Custody of St.
Anthony of Padua during the celebration of
the Holy Eucharist in the evening of June
4th at the Sanctuary of St. Peter Baptist,
Quezon City. Witnesses on the occasion
were OFM Friars, Lay Brothers and Sisters
from Franciscan and other Congregations,
benefactors and parishioners.
Andres Rañoa, OFM, during the introductory rites, summarized the evolution of
the Franciscan presence in the Philippines
from the time of the arrival of the first Spanish missionaries to the country in 1577, the
establishment of the different foundations
of the three Provinces from the United
States and Italy, the unification of the different foundations into one Vicariate until
its erection into a Province more than two
decades ago, and finally to the establishment of a new Autonomous Custody St. Anthony of Padua in Southern Philippines.
After the Gospel reading, the Minister
General read the decree of erection. The
newly appointed Custos and Custodial
councillors presented themselves to the
Minister General and recited the Profession
of Faith. Then, the Custos placed a hand on
the book of the Gospels and promised that
the observance of the Rule and Constitution
would be carefully honoured and esteemed
throughout the Custody. He further
promised that he would seek anything that
could improve the life of the Friars concerning the worship of God. In addition, he
promised submission, reverence and obedience to the Minister General and fidelity to
this oath. The Minister General handed over
the seal of the Custody to the Custos, confirming his appointment as Custos of the
Custody of St. Anthony of Padua.
The newly appointed Vicar and Custodial Councillors repeated the same gesture
and uttered the same promises which pertain to their respective offices.
The members of the newly established
Custody were called to offer their congratulations and to give sign of peace to the new
administrators.
In conclusion, the Minister Provincial of
the Mother Province of St. Peter Baptist
commissioned the members of the new
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Custody after which the hymn ‘Te Deum’
was sung, followed by a blessing and dismissal.
The novelty of the day was enhanced
with a closing cultural programme organized by Carlos Santos, OFM. Several talented Friars and the Sanctuary of St. Peter
Baptist’s Grand Chorale showcased their
exceptional singing talents. World class
tenor Nolyn Cabahug, soprano Lisa
Cabahug and Eric Cruz sang excerpts from
various operas. The Halili Cruz Ballet
Company delighted the guests with their
dancing prowess. Congratulatory messages
from the visiting Friars were deeply moving
and inspiring. However, it was the wit and
humour of Antonio Ma. Rosales, OFM, that
keep everybody awake until the programme
ended at almost midnight.
2. Visita al Perú
BRO. NEIL BADILLO, OFM
Lima, Perú, del 9 al 12 de junio de 2007
Sábado 9 de Junio
El hermano José Rodríguez Carballo,
Ministro general de la Orden de Hermanos
Menores, llegó a la ciudad de Lima-Perú
para realizar una visita fraterna a las cuatro
entidades franciscanas presentes en este país. La Provincia Misionera de San Francisco Solano, por su parte, iniciaba la celebración de sus 100 años de fundación. Tanto Fr.
José Rodríguez Carballo, Ministro general,
como Fr. Luis Cabrera, Definidor general,
fueron acogidos en el Convento de Los
Descalzos de Lima, sede de la Provincia de
San Francisco Solano.
Domingo 10 de Junio
Por la mañana, el Ministro general, a las
10:00, presidió una solemne celebración
eucarística, con motivo de los 100 años de
fundación de la Provincia Misionera de San
Francisco Solano del Perú. En su homilía,
exhortó a los hermanos a vivir con pasión la
vocación recibida, vocación especialmente
misionera, en fraternidad, en el hoy de la
Iglesia y del mundo.
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Por la tarde, tuvo un encuentro con los
hermanos de la Provincia de San Francisco
Solano. Después de su exposición, en la que
recordó los momentos más importantes de la
preparación para la celebración del VIII
Centenario de la fundación de la Orden: discernir, proyectar y celebrar, se dio un diálogo
ameno y enriquecedor sobre los temas de la
misión, la vida fraterna, la formación, etc.
Lunes, 11 de Junio
Por la mañana, el Ministro general se encontró con los hermanos de las cuatro entidades franciscanas presentes en el Perú:
Provincia de los Doce Apóstoles, Provincia
Misionera de San Francisco Solano, Custodia del Santísimo Nombre de Huancabamba y Custodia de San José del Amazonas.
Fue una oportunidad para intercambiar las
diversas iniciativas que se están llevando
adelante entre las cuatro Entidades; y también para que el Ministro general nos compartiera su experiencia en la V Asamblea
del CELAM. Para concluir, insistió en la
necesidad de potenciar la comunicación y la
colaboración entre las Entidades del Perú.
Pasado el mediodía, y para reparar las
energías, como almuerzo se sirvió una típica
comida peruana hecha con pastel de maíz y
carnes horneadas envueltas en hojas de plátano; y por supuesto se hizo presente el infaltable pisco sour (un preparado con uva, limón,
huevo, azúcar, canela, cubos de hielo, etc.).
En la tarde, la reunión fue con los formandos y formadores de las cuatro Entidades
franciscanas. El Ministro general habló sobre
el sentido de la formación, el acompañamiento, la metodología formativa, la dimensión afectiva, la importancia de la formación
intelectual y el adecuado uso de los medios
de comunicación social, especialmente del
Internet. Igualmente, se abrió un espacio para el diálogo, que fue muy enriquecedor.
Por la noche, nuestro hermano Ministro
general inauguró el Congreso de Historia de
la Provincia Misionera de San Francisco
Solano del Perú, que se desarrollaría durante cinco días consecutivos. Se contó con un
numeroso público. También se hizo presente el Señor Cardenal, Juan Luis Cipriani,
Arzobispo primado de Lima.
Martes 12 de Junio
Con renovadas energías, el Ministro general y el Definidor general se reunieron
por la mañana con los Ministros Provinciales, Custodios, Definidores y Consejeros de
las cuatro entidades franciscanas en este país. En este encuentro, el Ministro general
profundizó en las actitudes y en los principios que deben guiar la animación y el gobierno de los hermanos. Entre los puntos de
mucho interés, trataron de una manera más
detallada la situación del Instituto Cardenal
Landázuri. Se vio conveniente que la comisión designada para llevar adelante el proceso de evaluación se reúna cuanto antes,
de ser necesario con algunos peritos, para
que pueda ofrecer a los Ministros y Custodios los elementos necesarios en vista a una
decisión serena y objetiva.
Al mediodía, el Ministro general fue invitado a bendecir el tomógrafo del dispensario médico del Convento de Los Descalzos, que brinda servicios de salud preferentemente a personas de bajos recursos
económicos.
Finalmente, se compartió un franciscano
y agradable almuerzo. Al término del mismo, el Ministro general agradeció por la
amable y fraterna acogida de los hermanos
durante estos días de visita; y los hermanos,
igualmente, a través del Ministro provincial, agradecieron al Ministro general por su
presencia y por sus mensajes que animan a
vivir con pasión el presente y a mirar con
confianza el futuro. ¡Hasta la próxima!
FR. MARCOS SARAVIA, OFM
3. Il Ministro generale al Capitolo spirituale della Provincia S. Michele Arcangelo
Sepino, Italia, 28.06.2007
Il Ministro generale ha presenziato la
giornata conclusiva del Capitolo spirituale
della Provincia pugliese di S. Michele Arcangelo, Capitolo che si è svolto a Sepino
dal 25 al 28 giugno. Il Ministro, accompagnato dal Definitore generale, Fr. Mario Favretto, era giunto a Sepino nella serata precedente, accolto dal Ministro provinciale,
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Fr. Pietro Carfagna, e dai “Capitolari”, tra
cui moltissimi i Frati giovani.
Il Capitolo rientrava nel programma provinciale di preparazione all’ottavo centenario dell’Ordine e aveva come tema: «Vivere il Vangelo: il Vangelo della Fraternità»
La circostanza bella e straordinaria ha visto
la partecipazione della Fraternità provinciale quasi al completo in un clima di serena e
fraterna condivisione. Dopo il saluto iniziale, in cui si auspicava un cammino della
Provincia in sintonia con la grazia delle origini, il Ministro provinciale, introducendo il
tema del Capitolo: Il Vangelo della Fraternità, ha presentato la Provincia come realtà
giovane, impegnata in vari campi della
evangelizzazione e che può guadare con fiducia al futuro.
La riflessione offerta dal Ministro generale ai Frati presenti è iniziata con l’invito a
non addomesticare il Vangelo, adattandolo
a un comodo stile di vita, bensì a leggerlo in
Fraternità per giudicare e interpretare i segni dei tempi e trovare nuove vie di fedeltà
creativa. Sempre con riferimento alla grazia
delle origini e alla Regola, il Ministro generale ha indicato tre atteggiamenti da assumere in questo tempo: discernere, progettare, celebrare restituendo. Si tratta di riproporre con coraggio l’inventiva e la santità di
Francesco a partire da Vangelo, tenendo
presente che la nostra Regola è midollo del
Vangelo e valorizzando la Fraternità. Non
una Fraternità a nostra immagine e somiglianza, ma la Fraternità come voluta da
Francesco: «gli amici li scelgo io, i fratelli
no, perché mi vengono donati dal Signore:
il Signore mi diede dei fratelli».
Alle parole del Ministro generale sono
seguiti numerosi interventi, con riferimenti
concreti alla vita della Provincia. Soprattutto è stato chiesto a Fr. Josè di offrire delle
indicazioni specifiche per il discernimento
e per le scelte da realizzare.
Dopo il prolungato incontro e il dialogo
dei Frati con il Ministro generale, è seguita
l’Eucaristia che, per la straordinaria circostanza e a motivo dei danni alla nostra chiesa causati dal terremoto, è stata celebrata
nella chiesa parrocchiale di Sepino. La celebrazione solenne, presieduta dal Ministro
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generale, è stata pure una celebrazione giubilare per ricordare gli anniversari di professione e di ordinazione di alcuni Frati della Provincia. Si sono così festeggiate le ricorrenze di 25, 50 e 60 anni di professione
religiosa e di ordinazione presbiterale. All’omelia il Ministro generale ha proposto ai
Frati una meditazione sulla formula della
nostra Professione, indicando questo testo
come mezzo efficace di revisione della propria vita e quale progetto di vita da richiamare alla memoria ogni giorno.
Il clima festoso dell’incontro è proseguito poi in convento, dove non è mancato il
momento conviviale magnificamente preparato dalla locale Fraternità. Vi ha partecipato pure il Sindaco della città per testimoniare il legame e la collaborazione della popolazione con questa presenza storica e
significativa dei Frati Minori.
Tra interventi ufficiali, doni e attestazioni di affetto, si è conclusa così la visita
del Ministro generale alla Provincia di Puglia e Molise di S. Michele; una visita breve come tempo, ma ricca e intensa come
partecipazione di numerosi Frati attorno al
Ministro generale, con un forte desiderio
di vivere in pienezza questo tempo di grazia che è l’ottavo centenario della fondazione dell’Ordine.
FR. MARIO FAVRETTO
4. Il Ministro generale alla Marcia Francescana 2007
S. Maria degli Angeli, 02.08.2007
Anche quest’anno il Coordinamento degli Animatori per la cura pastorale delle vocazioni della COMPI, ha proposto ai giovani l’esperienza della “Marcia Francescana”
in occasione della Festa del Perdono d’Assisi (25 luglio-4 agosto 2007).
L’iniziativa, che è giunta alla 27a edizione, ha visto arrivare il 2 agosto alla Porziuncola circa 1350 giovani provenienti
dalle varie regioni d’Italia e anche da alcuni paesi europei. Da alcuni anni, infatti, la
“Marcia francescana” ha allargato con gioia
i suoi confini oltre l’Italia: hanno marciato
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così, assieme ai giovani italiani, 250 croati,
50 austriaci e una trentina di irlandesi.
Il tema che ha accompagnato questo pellegrinaggio era sintetizzato dal titolo «Il
cammino si fa per-dono» per aiutare i giovani ad essere pellegrini verso S. Maria degli Angeli desiderosi dell’incontro con il
perdono e la misericordia del Padre.
«Ci siamo messi in cammino – dice chi
l’ha compiuto – perché il camminare, il fare
fatica, la condivisione, sono elementi essenziali della vita di ogni uomo. Essere marciatori vuol dire entrare nella propria vita con
verità e decisione. Lo abbiamo fatto accompagnati dall’esperienza antica ma sempre
nuova dell’esodo del popolo di Israele, per
poter entrare dentro i nostri deserti personali
e scoprire con gioia e riconoscenza che c’è
una terra promessa anche per noi. Una terra
che, come ci ha ricordato il nostro Ministro
generale accogliendoci alla Porziuncola, ci
viene aperta e offerta da Cristo nel Vangelo,
via della vita, della felicità e della pienezza».
I giovani, quindi, si sono fatti pellegrini
verso Assisi alla ricerca del perdono. Quel
perdono desiderato e ottenuto da san Francesco nella chiesetta della Porziuncola e
che è la meta di ogni persona che ricerca un
senso alla propria vita. L’incontro con il Padre delle Misericordie è l’autentica “terra
promessa”, la vera meta, perché solo incontrando il volto di Dio che perdona e facendo
esperienza del suo amore l’uomo ritrova il
proprio volto autentico di figlio e fratello.
Un famoso detto afferma «non puoi dare ciò
che non hai»: nessuno può dare perdono se
non ne ha fatto esperienza, se non ha sentito per sé le parole pronunciate da Dio che
nel suo perdono ci promette e ci offre una
vita nuova. Sarà solo accogliendo questo
dono e lasciandoci toccare dall’amore di
Dio – ci ricordava ancora Fr. Josè Carballo
– che la nostra conversione «provocherà il
sorriso di Dio che vi viene incontro per abbracciarvi e, come nella cosiddetta parabola del figlio prodigo, comincerà la festa e
immensa sarà la gioia nei vostri cuori».
È stato questo il messaggio che la Parola
di Dio ha offerto ai marciatori nei giorni di
cammino e che con grande affetto paterno
Fr. Josè, a nome di san Francesco, ha loro
rivolto accogliendoli nella piazza davanti la
Basilica di S. Maria degli Angeli. Un’accoglienza vissuta in un intenso clima di preghiera e di raccoglimento, per poter poi gustare il passaggio in Porziuncola come il
passare tra le braccia forti e amorose del Padre. Guardando i volti luminosi dei giovani
marciatori, si può davvero testimoniare che
chi accoglie il perdono del Signore trova la
vera pace a la gioia della vita.
Quella gioia che nel tardo pomeriggio
del 2 agosto è stata vissuta in piazza dove
hanno risuonato i canti e le danze proposte
dal gruppo di animazione dei Frati dell’Umbria e che ha coinvolto, oltre ai marciatori, anche molte persone accorse ad Assisi in quei giorni.
La Marcia ha poi offerto un altro momento comunitario molto intenso e significativo, con la veglia di preghiera nel tardo
pomeriggio del 3 agosto, sempre nella Basilica di S. Maria degli Angeli, presieduta
da don Fabio Rosini, sacerdote della diocesi di Roma. Insieme a lui i marciatori si sono soffermati sull’esperienza del perdono
così come la presenta Luca nel suo Vangelo
(Lc 7,36-48). Con voce schietta e tuonante,
don Fabio li ha invitati ad essere profondamente veri davanti al Signore, senza nascondersi dietro la pretesa o l’illusione di
non aver bisogno di Lui e del suo amore. È
stato un invito forte a non sentirsi degli “arrivati”, delle persone “a posto”, ma ad entrare costantemente con verità e umiltà dentro le proprie ferite, le proprie piccolezze e
fragilità, per sperimentare un amore che
perdona e salva e che solo il Signore Gesù
può donare.
La celebrazione conclusiva di tutto l’itinerario è stata l’Eucaristia della mattina del
4 presieduta da Fr. Renato Delbono, Coordinatore nazionale degli animatori vocazionali della COMPI. Ringraziando il Signore
per il dono di questo cammino e accogliendo il mandato a diventare testimoni del Suo
amore nella quotidianità della vita, i giovani hanno compreso che calpestare il luogo
santo della Porziuncola è solo la meta parziale. Quella vera sarà al termine del nostro
pellegrinaggio terreno, che da oggi essi potranno vivere con una consapevolezza nuo-
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va: quella di aver potuto sperimentare come
il Signore cammina accanto e dentro la loro
vita, per offrire una terra dove “dove scorre
latte e miele”.
Un fraterno grazie di cuore a quanti in
vari modi si sono prodigati con generosità e
disponibilità per la buona realizzazione di
questa esperienza che ha ormai una consolidata tradizione e che ci auguriamo possa felicemente continuare per lunghi anni.
FR. FABIO PIASENTIN
5. Partecipazione alle celebrazioni della
Provincia dell’Immacolata in Polonia
Kalwaria Zebrzydowska. 19.08.2007-09-01
Il 19 agosto 2007, nel Santuario mariano
della Provincia dell’Immacolata, in Kalwaria Zebrzydowska, si sono svolte le celebrazioni in onore di Vergina Maria Assunta e in
ringraziamento per la canonizzazione del
santo Simone da Lipnica.
Dopo la processione dell’Assunzione
lungo “i sentieri della Madonna”, guidata
dal Ministro provinciale, Fr. Czesław
Gniecki, c’è stata una solenne Concelebrazione eucaristica, presieduta dal Primate di
Polonia, il Cardinale Józef Glemp.
All’inizio della Concelebrazione il Cardinale Stanisław Dziwisz, Metropolita di
Cracovia, ha dato il benvenuto a tutti i fedeli accorsi per queste particolari celebrazioni; il Ministro provinciale, dopo aver ringraziato il Ministro generale, Fr. José Rodríguez Carballo per la sua presenza, ha
sottolineato che i solenni avvenimenti nel
santuario di Kalwaria quest’anno hanno lo
scopo di celebrare la Festa di Maria Assunta, di rendere grazie per la canonizzazione
di Simone da Lipnica e di ricordare il 5o anniversario dell’ultimo pellegrinaggio del
Servo di Dio Giovanni Paolo II a Kalwaria.
Nell’omelia Mons. Wiktor Skworc, Vescovo di Tarnów, ha illustrato i tratti salienti
della figura e della santità del santo Simone
da Lipnica.
Prima della conclusione il Cardinale Józef Glemp, ha fatto memoria di tutti i santi
dei Frati Minori, ha chiesto un maggiore
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impegno per la canonizzazione di Władysław da Gielniów, Patrono di Varsavia ed ha
invitato tutti i presenti a pregare per nuove
vocazioni, in modo speciale per la Provincia dell’Immacolata. Ha preso la parola anche il Ministro generale dei Frati Minori,
per lodare il Signore, datore di ogni Bene,
che ha chiamato, nel corso degli otto secoli
dell’esistenza dell’Ordine, tanti Fratelli a
vivere secondo il Vangelo e per ringraziare
tutta la Chiesa in Polonia, rappresentata qui
da Cardinali e Vescovi, e tutto il Popolo polacco per l’amore dimostrato verso l’Ordine dei Frati Minori.
All’Eucaristia, celebrata sul piazzale
della Crocifissione, hanno partecipato il
Nunzio Apostolico in Polonia, l’Arcivescovo Józef Kowalczyk; il Metropolita di Cracovia, il Cardinale Stanisław Dziwisz; il
Metropolita di Lwow, il Cardinale Marian
Jaworski; il Cardinale Franciszek Macharski, il Cardinale Stanisław Nagy, il Vescovo
di Świdnica Ignacy Dec, Vescovo della
Diocesi di Bielsko-Zywiecka Tadeusz
Rakoczy, il Vescovo Tadeusz Pieronek e il
Vescovo Jan Szkodoń da Cracovia. L’ospite speciale della festa era il Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, Fr. José
Rodríguez Carballo, che è arrivato da Roma
su invito del Cardinale Stanisław Diwisz e
della Provincia dell’Immacolata Concezione della BVM, alla quale il Santo apparteneva, per ringraziare, insieme a questa Provincia, numerosi pellegrini e fedeli dell’Arcidiocesi di Cracovia, per la canonizzazione
del santo Confratello.
Alla solenne Celebrazione eucaristica
hanno partecipato anche alcuni rappresentanti del Governo e circa 100 mila fedeli, provenienti da tutta la Polonia, dagli Stati Uniti
d’America, dall’Ungheria, dall’Italia, dalla
Germania, dalla Slovacchia e dall’Ucraina.
2. Secondo incontro “Under 5/10” della
COMPI-Sud
San Marco in Lamis, Santuario della Madonna di
Stignano, 10-14.04.2007
«La Parola di Dio, una provocazione
grande e incredibile per un annuncio au-
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tentico tra la nostra gente». È attorno a questo importante e fondamentale tema che si è
svolto il 2° incontro dei giovani Frati della
fascia “under 5/10 ” organizzato dalla CompiSud dal 10 al 14 aprile u.s. al Santuario
della Madonna di Stignano in San Marco in
Lamis.
Ha visto la partecipazione di una cinquantina di giovani Frati di sei Province su
sette del Sud Italia.
Gli obiettivi dell’incontro erano molteplici, innanzitutto un’esperienza fraterna e
gioiosa di vita francescana, poi il desiderio
di una formazione continua circa l’evangelizzazione come priorità del nostro essere
Frati Minori tra la gente e infine la possibilità di far nascere qualche iniziativa interprovinciale nell’ambito dell’annuncio e
della testimonianza francescana.
Ci siamo lasciati guidare dalla competenza e professionalità del biblista Don Ernesto
della Corte, un sacerdote diocesano di Salerno, e dalle proposte forti ed entusiasmanti del
sempre-giovane Fr. Giacomo Bini.
Significativa la presenza continua di Fr.
Pietro Carfagna, Ministro provinciale di Puglia/Molise e Coordinatore della CompiSud,
al quale in diversi momenti i giovani Frati
hanno rivolto domande, ma anche provocazioni e desideri di scelte nuove e profetiche.
Ricco ed originale anche il dibattito sviluppatosi nei laboratori-seminari che hanno impegnato gran parte del tempo pomeridiano.
Gli obiettivi raggiunti e i desideri sono
contenuti nel documento finale prodotto
dall’assemblea; un’esigenza molto condivisa è invece quella di dare più stabilità a questa fascia vitale delle nostre Province, magari attraverso la nascita di un coordinamento formato da qualche responsabile e i
delegati delle singole realtà che possa agire
con più stabilità e snellezza nell’ambito
Formazione Permanente della CompiSud.
Alcune risposte ed orientamenti potrebbero venire dall’incontro annuale dei Ministri provinciali e Definitori dell’Italia Meridionale.
I giovani Frati rappresentano non solo il
futuro, ma soprattutto l’oggi di tanti nostri
conventi, parrocchie e santuari. Certamente
non mancano difficoltà e perplessità di vario genere ad accogliere forme nuove di annuncio che vanno ad affiancarsi a quelle
preziose e tradizionali consolidate dal tempo, ma un discernimento serio e condiviso
deve essere fatto soprattutto in funzione di
quanto la Chiesa e l’Ordine ci chiedono
guardando alla globalità e al continuo cambiamento della nostra società.
Abbiamo il privilegio di avere tanti giovani, abbiamo il dovere di camminare con
loro per un annuncio autentico e credibile
tra la nostra brava e buona gente.
FR. MICHELE CENTOLA
3. XIII Sessione plenaria della Pontificia
Accademia delle Scienze Sociali
Città del Vaticano, Casina Pio IV,
27.04-01.05.2007
CHARITY AND JUSTICE
IN THE RELATIONS AMONG
PEOPLES AND NATIONS
Si è svolta in Vaticano la XIII Sessione
plenaria della Pontificia Accademia delle
Scienze Sociali sul tema: Charity and Justice in the Relations among Peoples and Nations e vi ha partecipato come osservatore
un nostro Frate della Provincia ligure del
Cuore Immacolato di Maria: Fr. Franco
Mirri. L’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali è stata creata da Giovanni Paolo
II nel 1994 con lo scopo di essere un costante supporto al Magistero della Chiesa.
L’Accademia infatti, raccogliendo e studiando le istanze, le attese e le necessità delle varie regioni del mondo, dovrebbe offrire elementi utili alla elaborazione della dottrina sociale della Chiesa. I campi di
indagine e d’azione della Pontificia Accademia sono principalmente quelli dell’economia, del sociale e del diritto. E il criterio
fondamentale che muove la sua attività è di
cercare una sintesi tra le proposte e le problematiche del Vangelo e i problemi della
vita sociale.
Fr. Franco ha potuto partecipare come osservatore, a nome dell’Ordine, su invito del
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Cancelliere della Pontificia Accademia delle
Scienze, Mons. Marcelo Sanchez Sorondo.
Presidente della Accademia è la Professoressa Mary Ann Glendon, a cui il Santo Padre
ha inviato una speciale lettera per i partecipanti della tredicesima Sessione Plenaria.
La Sessione plenaria dell’Accademia
delle Scienze Sociali quest’anno ha avuto la
durata di una settimana: dal 27 aprile al 1
maggio. Il programma era articolato su una
serie di relazioni e di interventi su temi stabiliti per tempo. In particolare c’è stata una
verifica sul tema della solidarietà e giustizia, a proposito dei “millenium goals”, cioè
in riferimento a una serie di propositi da
parte di numerose nazioni sul problema
mondiale della povertà; propositi da soddisfare entro l’anno 2015.
Erano presenti Accademici, tutti personalità di alto profilo, provenienti da tutto il
mondo. Altre personalità intervenute durante la Sessione plenaria, oltre al Sommo Pontefice, sono stati: il Segretario di Stato,
Card. Tarcisio Bertone; il Card. Kasper; il
Card. Martino; il Nunzio apostolico presso
l’ONU, Mons. Celestino Migliore. Tra gli
esperti erano presenti il Direttore Generale
della FAO, delle Nazioni Unite, il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, Henry Kissinger e rappresentanti delle maggiori università a livello
mondiale.
Le giornate erano programmate in modo
che quattro diversi Presidenti dell’assemblea guidavano i lavori delle rispettive quattro Sessioni plenarie. In ogni Sessione c’è
stato l’intervento di un Relatore, a cui sono
seguite le reazioni di alcuni commentatori
oppure una tavola rotonda; reazioni e commenti alla relazione erano ad opera di accademici. Per Statuto gli Accademici della
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali
non possono essere più di 40. Inoltre vi si
possono aggiungere in numero limitato invitati ed esperti.
«È stata un’esperienza molto bella e arricchente – ha commentato Fr. Franco Mirri che ha partecipato a tutta le Sessione Plenaria –; un’occasione straordinaria poter
partecipare a un lavoro di comunione orientato a cercare soluzioni o risposte a proble-
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mi che interpellano le nostre coscienze e la
dimensione sociale della nostra vita. Tale
esperienza è stata resa ancor più interessante ed esclusiva, a motivo che la riflessione e
la ricerca sono state condivise anche con
persone di altra cultura e di altra fede».
Grandemente apprezzato è stato poi il
pellegrinaggio ad Assisi da parte di tutti i
partecipanti. Sui luoghi di Francesco si è cercato un approccio concreto alla carità e alla
giustizia, rivivendo l’intuizione del Poverello di Assisi. La contentezza era palpabile in
tutti, dopo la visita alla tomba di S. Francesco e alla Porziuncola, e ognuno ha commentato il pellegrinaggio con soddisfazione,
poiché ritornava da Assisi con la sensazione
di aver incontrato Francesco, attraverso la visita ai suoi luoghi e ai suoi valori.
Ha raccontato ancora Fr. Franco: «È stata un’esperienza esaltante che porterò nel
cuore e nell’animo, soprattutto per aver partecipato a un momento di specifico interesse della Chiesa nel seguire lo sviluppo delle scienze, manifestando la disponibilità di
dialogare, andando oltre la propria competenza teologica. È questo certamente un
frutto del Concilio».
L’Accademia delle Scienze, creata nel
1603, è la prima Accademia del mondo. Già
allora, agli inizi del XVII secolo, è stata voluta per indicare che la Santa Sede desiderava seguire da vicino lo sviluppo delle
scienze e servirsi per questo scopo dei migliori scienziati. Di questa Accademia delle
Scienze fu Presidente Fr. Agostino Gemelli,
per quasi 20 anni. Nei tempi odierni, diversi da allora per tanti aspetti e per i problemi
che sta affrontando l’umanità, il sorgere
delle Scienze sociali ha generato l’esigenza
di un nuovo approccio che la Chiesa non
poteva ignorare, ma che invece doveva
adottare per meglio servire l’umanità.
4. Incontro dei Presidenti delle Conferenze con il Definitorio generale
Roma, Curia generale, 07-09.05.2007
Dal 7 al 9 maggio 2007 si è tenuto, presso la Curia generale, il quarto incontro dei
Presidenti delle Conferenze con il Definito-
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rio generale. È stato un incontro di riflessione e di verifica, in modo particolare riguardo al ruolo delle Conferenze dei Ministri provinciali secondo le proposte del Capitolo generale 2003. L’Incontro del 2007 è
stato anticipato, rispetto al programma conosciuto da tempo, a motivo della partecipazione del Ministro generale, su invito di
Benedetto XVI, alla quinta Assemblea dei
Vescovi dell’America Latina (CELAM).
Partecipanti
Definitorio generale
Fr. José Rodríguez Carballo, Min. Gen.;
Fr. Francesco Bravi, Vic. Gen. et Proc.
Gen.; Fr. Finian McGinn, Def. Gen.; Fr. Šime Samac, Def. Gen.; Fr. Miguel J. Vallecillo Martín, Def. Gen.; Fr. Ambrogio
Nguyen Van Si, Def. Gen.; Fr. Amaral Bernardo Amaral, Def. Gen.; Fr. Mario Favretto, Def. Gen.; Fr. Luis Gerardo Cabrera
Herrera, Def. Gen.; Fr. Juan Ignacio Muro
Aréchiga, Def. Gen.; Fr. Jakab Várnai, Def.
Gen.; Fr. Seán Collins, Sec. Gen.
Presidenti
Fr. Joseph Amin, Prov. S. Familiae (Egitto): Africanae; Fr. Melvin Jurisich, Prov. S.
Barbarae (USA): Anglophonae (ESC); Fr.
Stephen Bliss, Prov. Sancti Spiritus (Australia): Asiae Meridionalis, Australiae et
Oceaniae (SAAOC); Fr. Paolo Oh SangSeon, Prov. Ss. Martyrum Coreanorum
(Corea): Asiae Orientalis (EAC); Fr. Francisco L. Gómez Vergez, Prov. S. Fidei
(Colombia): Bolivarianae; Fr. Ireneu
Gassen, Prov. S. Francisci: Brasilianae
(CFMB); Fr. Luis Antonio Scozzina, Prov.
S. Michaëlis (Argentina): Cono Sur; Fr.
Artemio Vítores González, Custodia Terrae
Sanctae (Israele): Custodiae Terrae Sanctae; Fr. José Maria Arregui Guridi, Prov.
Franciscana de Arantzazu (Spagna): Hispano-Lusitanae (CONFRES); Fr. Marino Porcelli, Prov. Ss. Petri et Pauli (Italia): Italiae
ed Albaniae (COMPI); Fr. Eulalio Gómez
Martínez, Prov. Ss. Petri et Pauli de Michoacán (Messico): Mexici et Americae
Centralis (C.A. CARAIBE); Fr. Adrian Buchcik, Prov. S. Francisci (Polonia): Septen-
trionalis Slavicae; Fr. Jan Van den Eijnden,
Prov. Ss. Martyrum Gorcomiensium (Olanda): Transalpinae Franciscanae (COTAF).
Interpreti
Fr. Patrick Hudson (inglese), Fr. Cesar
Javier Orduña (spagnolo), Fr. Giovanni Rinaldi (italiano).
Assistenti
Fr. Philippe Schillings (Verbalista), Fr.
Simone Lopata (Assistente computer), Fr.
Samuele Portka (Assistente in Aula).
Segreteria
Fr. Seán Collins (Sec. gen.), Fr. Ernest
Karol Siekierka (Vice Sec. gen.), Fr. Francisco Manuel Romero García (Vice Sec.
gen.).
Agenda
Alle ore 9 del 7 maggio è iniziato l’incontro dei Presidenti con il Definitorio generale, nell’Aula “B. Giovanni Duns Scoto”. Dopo il saluto di benvenuto del Moderatore dell’Assemblea, Fr. Luis Cabrera, il
Ministro generale, Fr. José Rodríguez Carballo, ha tenuto la sua Relazione dal titolo,
«Lungo il cammino». Dopo aver illustrato
il contesto storico attuale e le problematiche
della Vita consacrata e del nostro Ordine, il
Ministro si è soffermato su alcuni punti indispensabili per ridare “vitalità” al nostro
carisma: l’audacia di vivere il Vangelo; la
riforma delle strutture per rivitalizzare la vita e la missione; la ristrutturazione delle nostre presenze ed attività, con l’indicazione
di alcuni criteri affinché questa ci permetta
di individuare l’essenziale e di puntare sui
valori della comunione, dell’interscambio e
della collaborazione; il ruolo delle Conferenze, soprattutto, per quanto concerne l’organizzazione della presenza francescana
nella varie regioni dell’Ordine e la promozione di una maggiore solidarietà tra tutte le
Entità. Il Ministro, poi, ha concluso invitando a fare alcune scelte: ripensare e rivitalizzare il nostro carisma in tutto il suo dinamismo e la sua universalità; dare spazio ai progetti comuni; concentrare gli sforzi
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nell’animazione e nella formazione; vivere
l’itineranza personale; superare la mentalità
del ghetto per aprirsi alla solidarietà e alla
comunione. Dopo la Relazione di Fr. José
ogni Presidente ha avuto la possibilità di
condividere la propria esperienza di Presidente di una Conferenza e di esporre brevemente come si sta vivendo il dopo Capitolo
generale straordinario del 2006. Nel primo
pomeriggio i Presidenti si sono divisi in
gruppi linguistici per approfondire la Relazione del Ministro. La giornata si è conclusa con la condivisione in Assemblea di
quanto emerso nei lavori di gruppo e con la
celebrazione dei Vespri, presieduta da Fr.
Mario Favretto.
La giornata del 9 maggio è iniziata con
la celebrazione delle Lodi e dell’Eucaristia,
presieduta da Fr. Melvin Jurisch. È proseguita con la Relazione di Fr. Ignacio Muro
su «Presente e futuro delle Conferenze».
Dopo aver sintetizzato quanto detto nel
CPO del 2001 riguardo al ruolo delle Conferenze, Fr. Ignacio ha illustrato la finalità e
l’importanza delle Conferenze in base agli
attuali Statuti generali; ha accennato al richiamo del Capitolo generale 2003 alla
collaborazione interprovinciale, come possibilità concreta per il futuro dell’Ordine;
ha citato vari passi del Documento del Capitolo generale straordinario del 2006, «Il
Signore ci parla lungo il cammino», soffermandosi sugli orientamenti pratici, «Sentieri per il futuro», che riguardano le relazioni fraterne, la cura dell’internazionalità,
dell’interculturalità e della collaborazione
interprovinciale. Nella parte conclusiva del
suo intervento, Fr. Ignacio ha descritto le
problematiche e le sfide attuali delle varie
Conferenze ed ha invitato a cercare percorsi che aiutino a trovare il giusto equilibrio
alla tensione tra il locale e l’universale. La
mattinata si è conclusa con le proposte dei
Presidenti per migliorare il servizio dei
Presidenti. Nel pomeriggio i lavori sono
proseguiti nei gruppi e, poi, in Assemblea.
La giornata è terminata con la celebrazione
dei Vespri, presieduta da Fr. Finian McGinn.
Il 9 maggio, ultimo giorno dell’incontro,
dopo la celebrazione delle Lodi, presieduta
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da Fr. Eulalio Gómez, i lavori sono iniziati
con la Relazione dell’Economo generale,
Fr. Giancarlo Lati, il quale ha informato i
Presidenti su: l’andamento dell’economia
delle Case dipendenti dal Ministro generale; le modalità di lavoro dell’Economato
generale; come reperire i fondi per il futuro;
la presentazione dei progetti di lavoro, che
stanno per essere messi in atto e che riguardano S. Isidoro, il Collegio di S. Antonio e
la PUA e l’Istituto S. Antonio. Dopo la Relazione c’è stato ampio spazio per gli interventi, i chiarimenti e la discussione. Hanno
contribuito al dibattito vari Presidenti, l’Economo generale e il Ministro generale. La
mattinata si è conclusa con l’Eucaristia,
presieduta dal Ministro generale, in cui si è
celebrata la festa di S. Maria Mediatrice,
Patrona della Curia generale. Nel pomeriggio il Ministro generale e Fr. Luis Cabrera,
dopo aver richiamato brevemente, con
l’aiuto di una scheda distribuita in precedenza, le principali decisioni del Capitolo
generale 2003 e le Proposte del Governo
dell’Ordine per l’animazione delle Entità e
per la celebrazione dell’VIII centenario di
Fondazione dell’Ordine, si sono soffermati
su ciò che si è fatto finora, da parte del Definitorio generale e delle Entità, in adempimento a tali richieste e proposte.
Dopo alcune informazioni sulla Pontificia Università Antonianum (Fr. Manuel
Blanco, Vice Rettore), l’incontro è terminato con la verifica sull’incontro da parte dei
Presidenti e con l’intervento del Vicario generale, Fr. Francesco Bravi, il quale ha sintetizzato le tematiche affrontate in questo
quarto incontro dei Presidenti, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla
buona riuscita dei lavori ed ha dato appuntamento per il prossimo incontro che si terrà
a Roma, presso la Curia generale, nei giorni 12-15 maggio 2008.
FR. LUIGI PERUGINI, OFM
5. L’incontro di Benedetto XVI con le
Clarisse e con i giovani della «Fazenda da Esperança»
Guaratinguetà, Brasile, 12 maggio 2007
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UNA PROPOSTA EVANGELICA
BASATA SULLA DIGNITÀ
DI OGNI ESSERE UMANO
L’incontro del Papa con i giovani della
«Fazenda da Esperança» può forse essere
considerato la sintesi del Viaggio in Brasile. Qui c’è tutto, fin dal nome: c’è la «spes
contra spem» paolina. C’è l’evidenza che
non bisogna mai perdere la speranza. Questa è una realtà ecclesiale, autenticamente
ecclesiale, per il ricupero dei giovani caduti nel «buco nero» della droga, dell’alcolismo, della violenza, della cultura disperata
del «nulla». È una proposta evangelica,
semplice, centrata sulla riaffermazione della grande dignità di ogni essere umano che
è figlio amato da Dio.
Benedetto XVI ha incontrato in questa
«Fazenda» il Brasile che spera, il Brasile
che non si arrende neppure di fronte alle più
rovinose cadute, il Brasile che, attraverso il
lavoro, riprende vigore, dignità. Il Papa ha
incontrato il Brasile del domani, incarnato
in persone concrete con storie difficili ma
mai senza speranza.
Ha sviluppato con questi giovani un dialogo su problemi precisi. E i giovani, che
hanno presentato le loro ansie e i loro slanci, lo hanno ascoltato con vivace intelligenza. Una partecipazione fatta di preghiera, di
canti. Fatta di occhi luminosi e di mani capaci di gesti forti. Fatta di tanti piccoli e
grandi impegni assunti con consapevolezza, che sono altrettante pietre lastricate, l’una accanto all’altra, per garantire un cammino positivo per il Brasile, nel solco della
nuova evangelizzazione.
L’incontro con le clarisse nella nuova chiesa
La giornata di sabato 12 maggio si è
aperta, alle ore 8, con la Santa Messa che il
Papa ha celebrato, in privato, nella Cappella del Seminario «Bom Jesús». Questa Cappella è stata realizzata da Cláudio Pastro,
uno dei rappresentanti più noti dell’arte sacra in Brasile, autore dei progetti di oltre
200 chiese negli ultimi trent’anni. Intorno
alle 9.30 il Papa ha lasciato il Seminario per
recarsi, in auto, alla «Fazenda da Esperança» che si trova a Guaratinguetá, distan-
te circa 30 chilometri da Aparecida. Lungo
le strade il Papa è stato salutato da una catena ininterrotta di persone che gli hanno dimostrato tutto il loro affetto.
Benedetto XVI – accompagnato dal Seguito e dall’Arcivescovo di Aparecida,
Mons. Raymundo Damasceno Assis – è stato accolto nella piazzola antistante la nuova
chiesa della «Fazenda» – dedicata a San
Galvão (originario di queste terre) e a Santa Crescenzia – dal Fondatore dell’Opera
sociale «Nossa Senhora de Glória», Padre
Hans Stapel, religioso dell’Ordine dei Frati
Minori, di origine tedesca. Insieme con lui
erano il fratello gemello don Paul Stapel;
Nelson Giovannelli, cofondatore di questa
realtà e responsabile del centro maschile;
Lucilene Rodendo e Iraci Leide, cofondatrici del centro femminile.
La «Fazenda» si estende su un terreno
vasto circa 350 ettari, alle pendici della cordigliera atlantica, siamo nella Catena della
Mantiqueira, e comprende il Convento delle Clarisse e 21 Case. A dare il benvenuto al
Papa erano presenti oltre 3.000 giovani –
provenienti anche dalle altre 40 Comunità
sparse in Brasile e nel mondo – con il personale laico e religioso che opera a Guaratinguetá. Insieme con loro, Padre José Rodríguez Carballo, Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori, e alcuni Vescovi.
Nella nuova chiesa il Papa ha salutato le
circa cento clarisse brasiliane, guidate da
Madre Maria José da Rosa Mistica, Abbadessa del Monastero «Mater Christi» di
questa «Fazenda». Ha quindi asperso con
l’acqua benedetta il nuovo edificio, che ha
la forma di una tenda per significare che
Dio è venuto ad abitare tra noi ogni momento. Arricchita da splendide vetrate, la
piccola chiesa è ricca di simboli: dal «laghetto» che accarezza l’entrata alla roccia
che fa da altare.
Il Papa ha affidato alle Clarisse la missione di essere «garanti» di tutto il lavoro
svolto nella «Fazenda da Esperança». Con
la forza della preghiera silenziosa, queste figlie di Santa Chiara vivono qui in Brasile il
comandamento dell’amore per Dio e per il
prossimo, nel gesto supremo di amare fino
all’estremo. Il Papa ha rinnovato loro l’in-
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carico di annunciare la verità della bellezza
e della vita in Cristo con il silenzio ablativo
della preghiera, silenzio eucaristico che il
Padre ascolta. Queste religiose annunciano
con la loro stessa vita di preghiera il messaggio dell’amore che vince il dolore di chi
lotta tra la droga e la morte. Annunciano
Gesù Cristo, essere umano come noi, sofferente come noi, che ha saputo prendere su di
sé i nostri peccati per liberarci.
Spiega Madre Maria José da Rosa Mistica: «Noi clarisse che risiediamo qui abbiamo come impegno principale la preghiera.
Ci sentiamo parte di questa grande opera di
ricupero dei giovani, sostenendola con la
nostra preghiera. Siamo a disposizione per
colloqui. Questi giovani hanno sete e fame
di qualcosa che è stato loro negato e che è
essenziale: l’amore. È un’esperienza straordinaria vedere le meraviglie che Dio opera
nella vita di questi giovani per farli rinascere».
Quindi, nel vicino campo sportivo, è avvenuto l’incontro con la Comunità. Il Santo
Padre è stato accolto con una gioia straordinaria: c’è lo stupore di chi mai e poi mai
avrebbe immaginato di vedere il Papa in
questo «angolo» del Brasile. L’indirizzo di
omaggio gli è stato rivolto da Padre Hans
Stapel. Al Papa sono state presentate alcune
significative testimonianze di giovani della
«Fazenda», intervallate da brani musicali e
da rappresentazioni artistiche.
Hanno preso la parola Antonio Eleuterio
Meto, il primo giovane ricuperato da Padre
Hans, che ha presentato al Papa la sua storia
e la sua famiglia. Sposato, ha sei figli, due
dei quali adottati. Quindi hanno presentato
al Papa le loro testimonianze Roland Muhlig, volontario luterano tedesco; Alexey
Shipov, ex tossicodipendente di Mosca, di
confessione ortodossa; Silvia Hartwich, che
è stata capace di uscire dal tunnel dell’anoressia, e Ricardo Correo Riberinho, un
bambino «de rua», salvato dalla Fazenda.
Le lacrime della giovane Silvia hanno commosso profondamente il Papa che l’ha stretta, insieme con tutti gli altri, in un paterno
abbraccio di incoraggiamento.
Prima della recita del «Padre Nostro», il
Papa ha ricevuto in dono alcuni oggetti sim-
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bolici realizzati dagli stessi giovani che vivono l’esperienza della Fazenda nei diversi
Continenti.
In particolare, sono stati i ragazzi abbandonati, che non hanno famiglia, a presentare al Santo Padre un dono di grandissima
eloquenza che resta quasi come un simbolo: l’«anello della solidarietà». Un gesto che
ha toccato il cuore del Papa e ha interpellato tutto il Brasile. I ragazzi erano accompagnati dal Vescovo di Caruaru, Mons. Bernardino Marchiò.
Benedetto XVI è sceso tra i giovani e li
ha salutati uno ad uno, immergendosi in
questo «mare» di speranza. È stato un momento di grande commozione, un abbraccio
indimenticabile. I ragazzi hanno intonato il
loro inno dal ritmo travolgente.
Si può davvero dire che il Santo Padre ha
ricevuto un dono personale da ciascuno dei
3.000 giovani saliti su questo colle per
stringersi a lui, per essere confermati nella
fede e nella strada intrapresa. Significativo,
in particolare, quel dono della Bibbia: è il
Libro che regola la vita di questa comunità,
ne è la «Costituzione». A sua volta, Benedetto XVI ha lasciato alla Fazenda una statua della Madonna con il Bambino e un’offerta in denaro per sostenere questa attività.
Dio chiederà conto agli spacciatori
Benedetto XVI ha chiesto a questi giovani che hanno conosciuto il vuoto del
«nulla» di essere gli ambasciatori della speranza, uomini di luce. Con forza ha detto:
«Il Brasile possiede una statistica delle più
rilevanti per ciò che riguarda la dipendenza
chimica delle droghe e degli stupefacenti. E
l’America Latina non resta indietro. Perciò
dico agli spacciatori che riflettano sul male
che stanno facendo a una moltitudine di
giovani e di adulti di tutti gli stadi sociali:
Dio chiederà loro conto di ciò che hanno
fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo».
Il Santo Padre ha evidenziato come il
progetto della «Fazenda da Esperança» preveda sì una terapia che include l’assistenza
medica, psicologica e pedagogica ma anche
molta preghiera, lavoro manuale e disciplina di vita. Ma ciò che più desta l’attenzio-
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ne, oltre ai numerosi recuperi pieni dei giovani alla vita, sono le conversioni, il ritrovamento di Dio e la partecipazione attiva alla vita della Chiesa. Non basta infatti curare il corpo, bisogna anche ornare l’anima
con i più preziosi doni acquisiti col Battesimo. In questo senso, questa Fazenda dà segni di recupero pieno delle persone nella riconciliazione con Dio e con la società.
Al termine, intorno alle ore 12.30, il Papa ha fatto rientro in auto nel Seminario
«Bom Jesús», attraversando il territorio
del Comune di Potim. Nel Seminario il Papa ha incontrato il «Praesidium» della V
Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi composto dai
tre Presidenti – i Cardinali Giovanni Battista Re, Francisco Javier Errázuriz Ossa e
Geraldo Majella Agnolo –, dal Segretario
Generale, Mons. Andrés Stanovnik, e dal
Segretario Aggiunto, Mons. Odilo Pedro
Scherer.
Da un «angolo» al mondo come un vento di
speranza
II nome «Fazenda da Esperança» è diventato sempre più conosciuto e riconosciuto per la sua opera con i giovani tossicodipendenti in Brasile e non solo. Questo
progetto sociale è legato in modo diretto a
Padre Hans Stapel, francescano tedesco che
coordina e dirige la Fazenda.
Il progetto ha avuto inizio nel 1983,
presso la parrocchia della Gloria a Guaratinguetá. I parrocchiani avvicinavano i giovani tossicodipendenti che poi invitavano
in parrocchia per cercare di recuperarli alla
vita. Inizialmente s’incontravano ogni giorno, di sera. Poi hanno deciso di vivere insieme e di condividere tutto, con la supervisione di Padre Hans. All’inizio si accoglievano solo uomini, sotto la guida di Nelson
Giovannelli, e cinque anni dopo anche le
donne, sotto la guida di Iraci Leite e di Lucilene Rosendo. Tre cose erano chiare: vivere insieme, vivere del proprio lavoro, vivere secondo il Vangelo. Per questo mettevano in comune lo stipendio, la mattina
meditavano un testo del Vangelo e cercavano di fare insieme esperienze quotidiane di
spiritualità. Questo stile di vita attrasse mol-
ti altri tossicodipendenti, oltre ai giovani
considerati «normali» che nutrivano lo stesso anelito di vita nella fede.
Il riconoscimento da parte della società e
della Chiesa è stato rapido. Padre Hans Stapel si è così dedicato totalmente a questo
progetto, per cui nel 1993 è stato svincolato
dalla sua Provincia. Da quel momento la
«Fazenda da Esperança» è cresciuta molto
e si è diffusa in 40 luoghi nel Brasile e nel
mondo, sempre in stretto legame con la
Chiesa locale. Senza l’approvazione del Vescovo diocesano non si può di fatto aprire
una «Fazenda».
È importante comprendere che il carisma che anima queste nuove comunità è
una sintesi di due spiritualità: quella di San
Francesco e quella di Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento dei Focolari.
Il numero di coloro che si dedicavano a
tempo pieno al progetto o che desideravano farlo per tutta la vita è aumentato rapidamente. Per questo i Vescovi hanno chiesto a Padre Hans di fondare un’associazione di fedeli, al fine di accogliere, formare e
prendersi cura di queste vocazioni. Il 24
dicembre 1999 è stata creata la «Famiglia
della Speranza», con il decreto del Cardinale Lorscheider. Sono già più di 250
quanti operano in questa Famiglia, soprattutto laici, coppie sposate e anche sacerdoti. Sono loro l’anima di questa esperienza
che, comunque, fin dall’inizio ha coinvolto tutte le vocazioni. La «Fazenda da Esperança» è, dunque, più di un progetto sociale. È una nuova comunità, in fase di approvazione pontificia: nel novembre del 2006
la comunità di Guaratinguetá ha ricevuto
la visita del Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, l’Arcivescovo Stanistaw
Ryłko.
In tutto sono stati accolti, in quasi venticinque anni di attività, oltre 8.000 giovani.
La «Fazenda da Esperança» accoglie persone dai 15 ai 45 anni, dipendenti dalle droghe
o dall’alcool che desiderano riabilitarsi. Accoglie anche malati di AIDS che vengono
seguiti e inseriti in un programma di recupero in regime di internato. Il programma di
recupero dura un anno e si fonda sul lavoro
come fonte di autosostentamento e sulla vi-
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ta comunitaria come strumento per cambiare mentalità e stile di vita, alla luce della
spiritualità del Vangelo.
La testimonianza di Padre Hans Stapel
Padre Hans è nato a Geseke (Paderborn),
in Germania, nel 1945. Per spiegare la sua
opera fa riferimento a questo passo evangelico: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli...».
Spiega Padre Hans: «Questa frase del Vangelo ha sempre guidato la mia vita. Il 30 dicembre 1945, insieme a mio fratello gemello Paolo, in una Germania totalmente distrutta, vidi nelle umili condizioni di vita la
luce del mondo nel piccolo villaggio di Geseke, vicino a Paderborn. Indipendentemente dalle conseguenze della guerra, la
mia infanzia fu plasmata dalla fede salda
dei miei genitori. Spesso non avevamo
neanche il necessario per vivere, ma la fede
e la pratica religiosa rimasero sempre presenti nella mia famiglia. Presto crebbe in
me il desiderio di divenire sacerdote e di andare in missione. Certo, all’inizio, studiai
per divenire rilegatore di libri. Poi, nel 1965
entrai nel seminario minore di Bad Driburg
per conseguire il diploma».
«Durante una crisi nel Seminario minore
– racconta Padre Hans – conobbi il Movimento dei Focolari e fui conquistato dal
modo in cui i suoi membri vivevano concretamente la Parola di Dio e l’amore particolare per il Crocifisso. Non sapevo che
questo nuovo carisma, che avevo conosciuto da poco, mi sarebbe stato tanto di aiuto in
seguito. Nel 1969 la stampa diede molto risalto alla guerra nel Biafra. Spinto dalla
corrente di solidarietà che si creò volli offrire anche io il mio contributo e raccolsi
con mio fratello e altri compagni di Seminario dei formaci, mezzi di sostentamento e
denaro che portammo personalmente in Nigeria attraverso la Caritas Internazionale.
Quella del Biafra fu di certo una delle esperienze più incisive della mia gioventù. Tutta quella miseria, i numerosi morti, i bambini affamati e la distruzione contrastavano
molto con la mia immagine di un Dio che è
amore. Di certo in quella oscurità fu posta
un’importante pietra d’angolo per la mia at-
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tività missionaria. Tutto è nelle mani di Dio,
anche la morte».
«Nel 1971, dopo aver fatto visita a numerosi missionari francescani a Garnstock,
decisi di recarmi in missione in Brasile –
sono le sue parole –. A causa di problemi di
salute mio fratello Paolo non si unì a me.
Poi studiò Teologia a Paderborn e in seguito, divenuto sacerdote, per 15 anni gli fu
permesso di lavorare nel nordest del Brasile come missionario della Diocesi di Paderborn. Il primo periodo in Brasile, durante il
noviziato, fu caratterizzato dall’adattamento alla cultura e alla popolazione. La parola
“inculturazione” è presente in tutti i corsi
frequentati dai missionari, ma la realtà è poi
ben diversa. Ricordo con precisione quel
periodo. Ogni giorno riso e fagioli, il pasto
base, un modo di pensare e di agire che non
è paragonabile a quello europeo, la lingua:
tutto ciò rappresentò una importante sfida».
«Nel 1974 terminai i miei studi teologici
a Petropolis vicino a Rio de Janeiro – prosegue Padre Hans– . Nel 1979 fui trasferito
a Guaratinguetá, fra Rio de Janeiro e São
Paulo. Avevo sempre desiderato trasferirmi
nel Nordest del Brasile. Questo inatteso trasferimento e l’obbedienza richiestami si sono poi trasformati in una grande benedizione. Quale giovane parroco di quella comunità brasiliana una sera tardi ricevetti la
visita di una giovane incinta che chiedeva
ricovero. I suoi genitori l’avevano cacciata
di casa. Ero solo in parrocchia e non sapevo
cosa fare. Mi ricordai le parole del Vangelo:
“Ogni volta che avete fatto queste cose a
uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. La tenni presso di me fin quando
il bambino non fu adottato da una famiglia.
In seguito mi disse: “Se non mi avesse accolta, avrei abortito”. Un’altra volta, un uomo mi portò un bambino che era molto malato e che nessuno voleva operare. “Che cosa succederà se terrò il bambino?” pensai.
Al contempo, chiesi a Gesù di suggerirmi
una decisione in quanto Egli aveva detto:
“Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”. Nel sermone domenicale raccontai a tutti del bambino
e una famiglia venne a chiedermi di adottarlo. Oggi è sano e forte. L’amore concreto
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della famiglia gli ha donato la salute. Sulla
base di questa esperienza fu edificato un orfanotrofio con l’aiuto di tutta la comunità.
Più di 300 bambini hanno potuto essere preparati all’adozione».
«In parrocchia venivano anche tossicodipendenti – dice –. Come sempre il desiderio di vivere concretamente la Parola di Gesù mi diede il coraggio di affrontare questa
nuova avventura. La vita basata sul Vangelo contagiò anche la comunità. Una volta
giunse una ragazza, mi portò tutto il denaro
che aveva risparmiato e disse: “è per i poveri!”. Un’altra volta arrivò un ragazzo giovanissimo con dei tossicodipendenti e chiese: “Possiamo aiutarli? Vogliono uscire dalla droga”. Così in parrocchia arrivarono
quei tossicodipendenti. Con mia grande
sorpresa erano i primi, la sera, a raccontarmi la propria esperienza con il Vangelo.
Erano molto concreti nell’amore per il prossimo e ciò li portò ad abbandonare gli stupefacenti. Giovani senza problemi di droga
e quelli che ne erano usciti, hanno deciso
nel corso degli anni di vivere insieme e di
condividere tutto. Questo stile di vita ha affascinato molti altri. Parecchi hanno seguito questo esempio, altri hanno donato fattorie, appezzamenti di terreno oppure si sono
impegnati in altri modi per noi. Quindi comunità sono sorte in tutto il Brasile e in altri Paesi. Dopo 12 anni come parroco della
comunità il Provinciale mi ha autorizzato a
lavorare con i tossicodipendenti e a creare
quest’opera».
Rendere possibile l’incontro con Cristo
«È importante comprendere – spiega Padre Hans – che la prima istanza della parrocchia e di questa opera sociale non è offrire un servizio di pubblica utilità, ma di
rendere possibile l’incontro personale con il
Risorto. “Laddove due o tre sono riuniti in
mio nome, io sono fra loro”, afferma Gesù.
Egli vive in mezzo a noi, se siamo riuniti
nel suo nome. In questo modo sono sorti ricoveri per i senzatetto, progetti lavorativi,
ospizi per anziani, cliniche per malati di
aids in fase terminale, giardini d’infanzia e
anche 42 “Fazende” in Brasile, Argentina,
Paraguay, Messico, Guatemala, Germania,
Russia, Mozambico e Filippine. Oggi, quasi 2.000 tossicodipendenti e alcolizzati vivono nelle nostre strutture. Dalla vita basata sul Vangelo con i tossicodipendenti è sorta una famiglia spirituale. Siamo 250
persone, che si sono dedicate totalmente e
consacrate a Dio nella vita per gli altri. Grazie a Vescovi entusiasti è sorta una piccola
famiglia, una famiglia della speranza, la
“Familia da Esperança”. A Natale del 1999,
con il suo Statuto, questa famiglia, attraverso la Conferenza Episcopale Brasiliana,
rappresentata dal Cardinale Lorscheider, è
stata riconosciuta comunità spirituale in seno alla Chiesa cattolica. La procedura per il
riconoscimento nel mondo, attraverso la
Santa Sede, si concluderà presumibilmente
quest’anno».
Gli obiettivi della «Famiglia della Speranza» sono indicati nello Statuto come segue: «La famiglia della speranza si è posta
come obiettivo principale la santificazione
dei suoi membri nell’ambito di una dimensione missionaria attraverso l’amore concreto per il prossimo, attraverso la vita con
la Parola, l’Eucaristia, i Sacramenti... e si è
posta come particolare obiettivo l’accoglienza, l’aiuto e la promozione delle persone emarginate: i tossicodipendenti, coloro che sono stati infettati dal virus dell’aids,
i bambini di strada e altre persone in una situazione simile».
Nelle «Fazendas da Esperança» vivono
per un intero anno in comunità persone con
problemi di tossicodipendenza, divisi in uomini e donne, rinunciando radicalmente a
tutto ciò che nel passato li ha portati alla dipendenza. «Il singolo individuo deve così,
libero dalle vecchie dipendenze, pervenire
a una nuova visione della vita – dice Padre
Hans –. Coloro che hanno bisogno di aiuto
vengono seguiti da assistenti sociali che
considerano questo lavoro e la vita con i
giovani una propria vocazione e si sentono
uniti alla comunità spirituale attraverso una
promessa. Ci si può unire alla comunità mediante una promessa sia nella vita celibataria sia familiare, se ci si vuole unire alla comunità come famiglia. La “Famiglia della
Speranza” è anche aperta a giovani e adulti
che vogliono vivere in questa comunità un
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periodo di tempo e che sono alla ricerca della propria vocazione. Nelle varie Case delle
“Fazendas” collaborano inoltre coloro che
sono usciti dalla droga e che per un certo
periodo esercitano un’attività di sostegno e
accompagnamento, dopo che hanno concluso il loro periodo di guarigione. La durata fissata per il recupero è di un anno. Nei
primi mesi, i giovani tossicodipendenti imparano a conoscere la vita della “Fazenda”
con i suoi principi fondamentali di lavoro
comune, esperienza di fede comune e esperienza di vita comunitaria».
«La Famiglia della Speranza”, come comunità di fede e sistema istituzionale, plasma in massima parte la vita e il lavoro comuni – aggiunge Padre Hans –. I collaboratori e le collaboratrici non si considerano
impiegati di una istituzione sociale, ma persone che hanno la vocazione di servire l’uomo. L’incontro con Gesù nell’incontro con
gli emarginati come, ad esempio, i tossicodipendenti è lo scopo molto concreto, attraverso il quale i singoli membri della “Famiglia della Speranza” cercano di vivere il
mandato di Dio».
«Questa forma di vita in comune e l’esperienza che ne consegue caratterizzano
essenzialmente l’attività con i giovani tossicodipendenti – afferma –. Questo tipo di
vita opera una trasformazione nei membri
della comunità quando percepiscono l’autenticità del singolo, con cui vivono il carisma della povertà e della fraternità. Il processo di guarigione viene definito recupero.
Al contrario della riabilitazione non si tratta del ripristino di una condizione precedente alla dipendenza, ma di una nuova acquisizione dell’accesso alle proprie potenzialità. Affinché i giovani possano
sperimentare un altro modo di “essere al
mondo”, il concetto della “Fazenda” si basa
essenzialmente su tre elementi basilari che
determinano la vita di questi giovani, ossia
lavoro quotidiano, la vita nella comunità e
un accesso alla spiritualità».
«Per quanto riguarda il lavoro – prosegue – i giovani che devono recuperare e i loro accompagnatori svolgono un attività specifica che permette alla comunità di essere
economicamente indipendente. I residenti,
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prima di cominciare il recupero, vengono
integrati nella quotidianità lavorativa di
ogni struttura. Durante il lavoro comune per
i singoli ciò che producono è un risultato
molto concreto e visibile. Il significato di
comunità si riflette già nella concezione degli spazi delle singole strutture. Per esempio
le camere da letto ospitano ognuna 4 persone. I pasti consumati insieme, il lavoro in
piccoli gruppi, la struttura comunitaria del
tempo libero e le riunioni serali di gruppo
rappresentano spazi nei quali viene esercitata la capacità di intrattenere rapporti sociali».
«Per quanto riguarda la spiritualità come
colonna portante del concetto di “Fazenda”
si tratta di condurre i giovani a una dimensione trascendente, sulla cui base possano
riconoscere la propria origine e il proprio
senso per comprendere il significato della
propria vita e acquisire norme di comportamento che, in una visione cristiana, portino
all’amore per il prossimo – sono le parole di
Padre Hans –. La forza del Vangelo ci è stata confermata, ad esempio, da un medico il
cui figlio era stato in numerose cliniche senza risultato. Dopo un tentativo di suicidio il
figlio disse al padre: “Hai amato i malati e
le mucche della Fazenda più di quanto hai
amato me. Io volevo solo il tuo amore”. Il
medico mi ha detto: “Oggi capisco. Questa
è la via per uscire dalla droga: l’amore concreto di Dio”. Questo amore di Dio riporta i
nostri giovani nel mondo da dove provengono. Per esempio Washington, uno dei nostri giovani, è tornato nella nota Favela di
Rio de Janeiro nella quale viveva. Oggi, lì è
un faro: ha già portato nella nostra “Fazenda” più di 20 tossicodipendenti».
Conclude Padre Hans: «In questi anni mi
è parso evidente quanto sia importante che
io stesso abbia iniziato a vivere la Parola del
Vangelo e ad amare il Crocifisso. Ciò che
avevo appreso inizialmente dal Movimento
dei Focolari e che, in seguito, ho approfondito nella spiritualità francescana, è servito
per tutta la vita al mio apostolato di sacerdote e di religioso».
GIAMPAOLO MATTEI
[L’Osservatore Romano, 14-15 maggio 2007, p. 6]
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6. Visita di Benedetto XVI ad Assisi in occasione dell’ottavo centenario della
conversione di san Francesco
Assisi, 17.06.2007
[...]
La visita al Santuario di San Damiano
Alle ore 8.50, sul Piazzale antistante San
Damiano, Benedetto XVI è stato accolto da
Fr. José Rodríguez Carballo, Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, accompagnato dai nove Definitori generali; da Fr.
Massimo Reschiglian, Ministro provinciale; e da Fr. Massimo Lelli, Guardiano.
Il Papa ha compiuto una visita in privato
al Santuario di San Damiano. Innanzitutto
si è inginocchiato davanti al Santissimo.
Quindi ha salutato la Comunità dei Frati
Minori – composta
da 7 religiosi e 8 novizi – e ha lasciato loro in dono una casula.
A sua volta la Comunità di San Damiano
gli ha donato una scultura, realizzata dall’artista trentino Nonis, con il legno del Refettorio di Santa Chiara, raffigurante il Crocifisso; una stola rossa; alcuni manufatti di
artigiani assisiani; una serie di pregevoli
opere grafiche di Diego Donati raffiguranti
il «Cantico delle Creature».
Una grande emozione spirituale, essenziale, ha suscitato il canto intonato dalla
Comunità che si è stretta a far «da corona»
al Papa nel piccolo Santuario: «O glorioso
Dio». Sono le parole della preghiera composta da san Francesco davanti al Crocifisso. Parole che, a distanza di otto secoli, risultano essere come appena scritte e continuano ad essere riscritte nella quotidianità
da quanti hanno incontrato Cristo, attraverso l’entusiasmante carisma di Francesco.
A mezza costa tra la pianura e la collina di
Assisi, il Santuario di San Damiano rappresenta una delle mete dello spirito più significative del primitivo francescanesimo. Ci si
trova all’improvviso in un ambiente che affascina proprio per le sue umili caratteristiche e
per la forza delle sue pietre: pietre che qui
parlano in maniera del tutto particolare.
[...]
La visita alla Basilica di Santa Chiara
Dopo le visite a Rivotorto e a San Damiano, sul Sagrato della Basilica di santa
Chiara, alle ore 10.10, il Papa è stato accolto dal Rettore, Fr. Vittorio Viola, dell’Ordine dei Frati Minori.
Entrato nella Basilica, il Papa si è recato
subito nella Cappella delle Monache Clarisse: qui è stato accolto con un filiale abbraccio dall’Abbadessa, Madre Chiara Damiana Tiberio.
Entrato nella Cappella, Benedetto XVI
si è inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento e ha venerato il Crocifisso di San
Damiano.
Ha quindi salutato con grande affetto la
gioiosa e vivace Comunità delle Clarisse rivolgendo loro alcune parole di saluto e impartendo la Benedizione Apostolica.
Con affetto il Santo Padre ha personalmente salutato ogni religiosa, in particolare
le due più anziane e inferme. Questo tenerissimo momento di incontro è stato accompagnato da alcuni canti splendidi che hanno
espresso la bellezza dello stile di vita e del
carisma di questa Comunità.
Le Clarisse hanno fatto dono al Papa di
una reliquia delle ossa di santa Chiara.
Benedetto XVI ha lasciato in dono un
bassorilievo raffigurante san Francesco che
riceve le Stimmate alla Verna.
[...]
La visita alla Basilica di Santa Maria degli Angeli
Benedetto XVI è giunto, intorno alle ore
18, sul Piazzale antistante la Basilica di
Santa Maria degli Angeli. L’accoglienza dei
giovani è stata entusiasmante: sono arrivati
qui da tutte le Diocesi dell’Umbria – e non
solo (in particolare anche dalle Marche e
dalla Toscana) – già nella mattinata dopo
aver partecipato, negli otto diversi luoghi di
partenza dei loro pellegrinaggi, alla santa
Messa. In pullman hanno poi tutti raggiunto Bastia e da lì, a piedi, si sono messi in
marcia per Santa Maria degli Angeli.
Nel luogo dell’incontro con il Papa li ha
accolti Mons. Giovanni Scanavino, Vescovo di Orvieto-Todi, Delegato per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale
Umbra, insieme con Don Marcelle Cruciani, Delegato Regionale della Pastorale Giovanile. L’animazione è stata affidata a Marco Federici.
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In attesa dell’arrivo del Papa i giovani
della Diocesi di Gubbio, con gli Sbandieratori, hanno messo in scena una rappresentazione teatrale che ha riproposto i momenti
centrali della vita di san Francesco. Lo spettacolo s’intitola «Va’ e ripara la mia casa»
ed ha visto come protagonisti 180 ragazzi,
con un corpo di ballo di Rivotorto e con musicisti di Città di Castello. Erano tutti schierati davanti al palco allestito per l’incontro.
A bordo della vettura panoramica il Papa ha percorso le strade davanti alla Basilica per salutare, da vicino, tutti i presenti. I
giovani gli hanno dato il «benvenuto» con
il «Laudato sii» del musical «Forza, venite
gente» che da quasi trent’anni esprime artisticamente i loro sentimenti francescani.
Davanti a Santa Maria degli Angeli il Papa è stato accolto dal Custode, Fr. Alfredo
Bucaioni; dal Rettore della Basilica, Fr. Rosario Gugliotta; dal Parroco, Fr. Francesco
De Lazzari.
Benedetto XVI è entrato nella Basilica e
ha compiuto, in forma privata, una visita alla Porziuncola e alla Cappella del Transito
di San Francesco. È questo un pugno di terra che è nel cuore di ogni francescano.
La Comunità religiosa ha donato al Papa
una Croce pettorale d’oro – vi sono incastonate due pietre della Porziuncola – opera
dello scultore milanese Pasquale Galbusera
(che ha realizzato i lavori di risistemazione
della Cripta); la stola papale, in velluto rosso, con cristalli, ispirata all’affresco del
Pantocratore dell’Abbazia di Novalesa. Il
Papa ha subito indossato la Croce e la stola
per l’incontro con i giovani.
Con gratitudine Benedetto XVI ha salutato il Coro della Porziuncola, diretto da Fr.
Antonio Giannoni, che ha eseguito una possente versione del «Tu es Petrus» del Perosi.
Ha quindi firmato il Libro d’Oro della
Basilica. E ha lasciato in dono una casula.
Uscendo ha benedetto le formelle bronzee
realizzate dalla Scuola «Giovanni XXIII»
di Santa Maria degli Angeli, sotto la direzione dal maestro Proietti, raffiguranti il
rapporto tra Giovanni Paolo II e i giovani.
Quindi il Papa è uscito sul Piazzale per
l’incontro con i giovani. Erano presenti, in-
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sieme con il Seguito, il Cardinale Attilio Nicora, Legato Pontificio per le Basiliche di
San Francesco e di
Santa Maria degli Angeli; l’Arcivescovo-Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Mons. Domenico Sorrentino; i
Vescovi dell’Umbria e i Ministri generali
degli Ordini Francescani.
Due giovani – Marco Giuliani e Ilaria
Perticoni – hanno rivolto al Papa l’indirizzo di omaggio.
[...]
[GIAMPAOLO MATTEI, L’Osservatore Romano,
18-19 giugno 2007, pp. 4.6.14]
7. Terzo Capitolo Internazionale delle
Stuoie per i Frati “Under ten”
Terra Santa, 30 giugno-8 luglio 2007
1. Cronaca
Dal 30 Giugno all’8 Luglio 2007 si è
svolto in Terra Santa il III Capitolo internazionale delle Stuoie dei giovani frati minori con meno di dieci anni di professione solenne (Under ten). I Frati giovani hanno già
celebrato due Capitoli internazionali delle
Stuoie, a Santiago di Compostela (Spagna)
nel 1995 e a Canindé (Brasile) nel 2001.
Questo terzo incontro internazionale si
iscrive a pieno titolo nel cammino che l’Ordine dei Frati Minori ha iniziato l’anno
scorso in preparazione all’VIII centenario
della sua fondazione (1209-2009). «La celebrazione dell’VIII centenario della fondazione della nostra Fraternità ci offre un’opportunità di grazia per ricordare con gratitudine il passato, vivere con passione il
presente e aprirci con fiducia al futuro.
Questo sarà il nostro modo di celebrare la
grazia delle origini. In tal modo, all’inizio
del terzo millennio noi Francescani desideriamo riaffermare la nostra ferma volontà di
restare fedeli al nostro carisma, “vivendo il
Vangelo nella Chiesa, secondo la forma osservata e proposta da san Francesco”, ricreandola però oggi alla luce delle sfide della vita francescana» (J. R. CARBALLO, La
grazia delle origini).
In particolare, il 2007 è stato pensato come anno speciale per «assumere il Vangelo
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come criterio fondamentale del nostro discernimento personale e fraterno. Nella preparazione al grande Giubilo della fondazione dell’Ordine dei Frati Minori ribadiamo
la nostra ferma volontà di assumere con rinnovato impegno il Vangelo come nostra
“regola e vita” […] e sentiamo l’urgenza di
ri-creare e di ri-fondare la nostra vita e missione e, quindi, la necessità di tornare al
Vangelo, a Cristo» (J. R. CARBALLO, Osiamo vivere il Vangelo!). Il Ministro generale
dei Frati Minori, Fr. José Rodríguez Carballo, ha convocato perciò i giovani Frati dell’Ordine in Terra Santa, nel luogo dove la
Parola del Signore ha parlato in linguaggio
umano, dapprima nella storia del popolo
d’Israele e poi, nella pienezza dei tempi, facendosi carne in Gesù di Nazaret.
Il motto del Capitolo, «secundum Verbum
tuum» indica l’intenzione che ha mosso gli
organizzatori, in accordo con il Ministro generale: creare un’occasione di incontro con
la Parola e di incontro tra i rappresentanti dei
giovani Frati di ogni Entità dell’Ordine; fornire un tempo propizio per la riflessione sulle problematiche e le sfide proprie di questa
fascia di età dell’Ordine, nell’ascolto reciproco tra Governo centrale e giovani frati.
Infine, ma non da ultimo, celebrare il dono
della vocazione francescana, chiedendo al
Signore che avvenga in ciascuno «secundum
Verbum tuum».
Per la prima volta in Terra Santa si è celebrato un meeting di questa importanza,
con la presenza del Ministro generale, del
Vicario generale, Fr. Francesco Bravi, di
tutti i Definitori generali e del Segretario
generale Formazione e gli Studi. Erano presenti 186 Frati appartenenti a 96 Province e
Custodie di tutte le Conferenze dell’Ordine
(Africana, Anglofona, Asia del Sud e Oceania, Asia Orientale, Bolivariana, Brasiliana,
Cono Sur, Europa Centrale, Iberica, Italia e
Albania, Messico e Centro America, SudSlavica e Nord-Slavica), provenienti da 49
nazioni.
La Custodia di Terra Santa si è resa disponibile con grande generosità ad ospitare
l’evento, fornendo ogni supporto logistico e
tecnico. Con la celebrazione del Capitolo
nei Luoghi Santi, l’Ordine ha ribadito la sua
cura particolare per quella che considera la
“perla” delle sue missioni e ha manifestato
nel contempo la sua vicinanza ai cristiani di
quella terra provata dalla sofferenza, auspicando per tutti una pace autentica e duratura. Durante i giorni di permanenza in Galilea, i frati hanno spesso condiviso la preghiera e i momenti di festa con i cristiani del
posto e con S. Ecc.za Mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, Vescovo ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme.
Vivere il Vangelo richiede di metterlo in
pratica nella propria vita: la celebrazione
del Capitolo delle Stuoie in quella terra, definita da Paolo VI “quinto Vangelo”, ha posto i giovani frati in ascolto anche di quella
parola incarnata nelle storie personali di chi
ha accolto la Storia della salvezza (profeti,
apostoli, Maria e Giuseppe), nonché dei
luoghi che iscrivono in forma imperitura
una non meno importante “geografia di salvezza”.
In Galilea: «La Parola si è fatta carne»
Il Capitolo è iniziato a Nazaret la sera del
30 giugno con una suggestiva fiaccolata a
cui hanno partecipato i frati capitolari con la
gente del luogo.
La solenne Eucaristia d’apertura è stata
celebrata l’indomani mattina, domenica 1
luglio, presso la Grotta dell’Annunciazione,
e presieduta dal Ministro generale, Fr. José
R. Carballo, con la presenza del Custode di
Terra Santa, Fr. Pierbattista Pizzaballa. Nella sua omelia, il Ministro ha rivolto ai Frati
l’invito a rinnovare il proprio fiat sull’esempio del fiat di Maria: «Di fronte a questa
chiamata sempre attuale, anche a noi è chiesto di rinnovare ogni giorno, in ogni momento, la nostra risposta. Soltanto così la
nostra risposta sarà sempre fresca e giovane e la nostra donazione al “primo amore”
non verrà mai meno. Non esiste età, situazione, in cui la risposta sia tanto sicura da risparmiarci la fatica di ascoltare con attenzione la quotidiana chiamata del Signore.
Nessuno può considerarsi esente dal doversi impegnare con cura alla propria crescita
umana e vocazionale».
Lunedì 2 luglio sono iniziati i lavori assembleari con la relazione del Ministro ge-
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nerale, il quale ha richiamato la recente Lettera ai giovani che ha scritto in occasione
del presente Capitolo (Fate quello che vi
dirà) e che è stata consegnata ai presenti.
«La lettera è stata scritta anche con la Parola nel cuore e nella mente. Ho voluto che
fosse Lui, la Parola definitiva del Padre all’umanità, a guidare la vostra esistenza, ad
illuminarvi, a muovervi e a trasformarvi».
Fr. José R. Carballo ha indicato ai giovani un possibile cammino di formazione permanente, che trova la sua fonte nei racconti
di vocazione del Vangelo (cercare il Signore). «Vivendo in una società in cui si cerca
solo il sensazionale ed è una notizia solo ciò
che è fuori dal normale e dall’ordinario, sono molti quelli che pretendono di cercare e
trovare il Signore solo nei fatti eccezionali
della vita. Il quotidiano è, senza dubbio, il
luogo preferito dal Signore per lasciarsi incontrare, come ci mostrano tanti esempi biblici: Mosè, Gedeone, Amos, i primi discepoli, la Samaritana e anche lo stesso Francesco. In questo contesto è significativo che
i racconti vocazionali del Nuovo Testamento parlino di Gesù che passa, che cioè si pone allo stesso livello dell’uomo, per incontrarlo sul suo stesso terreno».
Quindi, come conseguenza logica dell’incontro con il Cristo, nasce la sequela
con le sue esigenze di radicalità, fedeltà, pazienza, disciplina. «Ai nostri giorni, particolarmente tra le giovani generazioni, che
di solito sono più sensibili all’influsso dell’ambiente in cui vivono, più aperte al pluralismo e alla complessità e, per ciò stesso,
più vulnerabili, sono molti coloro che vivono sotto il segno dell’emozione e della
provvisorietà e si lasciano dominare dalla
dittatura del relativismo per la quale tutto è
sospetto, tutto è sempre negoziabile e che,
in molti cuori, alimenta sentimenti di incertezza, insicurezza e instabilità, non esistendo nulla di sacro, di certo o da conservare.
Sono molte le vittime del dubbio sistematico, costrette a rifugiarsi nel quotidiano e nel
mondo dell’emotività. Sono molti i sedotti
dalla cultura del part time e dello zapping,
che porta a non assumere impegni di lunga
durata, a passare da un’esperienza all’altra,
senza approfondirne nessuna. Sono molti i
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sedotti dalla cultura light, che non lascia
spazio per l’utopia, per il sacrificio, per la
rinuncia. Sono molti i sedotti dalla cultura
del soggettivismo, per i quali l’individuo è
la misura di tutto e tutto è visto e valutato in
funzione di se stessi, della propria realizzazione. Questa mentalità postmoderna genera, specialmente nelle nuove generazioni,
una personalità incerta, poco definita, che
rende più complicato poter comprendere
ciò che già di per sé è difficile: le esigenze
radicali della sequela di Cristo».
Solo una risposta libera e gioiosa consente ai giovani frati di costruire la propria
persona sul fondamento che è Cristo, rimotivando sempre le scelte che orientano alla
piena realizzazione di sé. Nessuno può sentirsi arrivato, nessuno può ritenere di non
aver bisogno di una formazione permanente e continua, incentrata sulla preghiera comunitaria (Eucaristia e Parola di Dio), sulla
preghiera personale, l’impegno e il lavoro
nella vita fraterna, l’attenzione ai poveri e
l’accompagnamento spirituale personale.
Dopo l’incontro in Assemblea, i Frati si
sono suddivisi in dodici gruppi linguistici
per riflettere e rispondere alla relazione del
Ministro generale. Nel pomeriggio ogni
gruppo ha presentato il proprio lavoro e si è
aperto un fraterno dibattito con il Ministro
generale, in cui sono emersi, fra gli altri, i
temi della vita fraterna, del progetto di fraternità, la fatica della solitudine e del mantenimento delle strutture, la risorsa preziosa della collaborazione tra Province e dell’internazionalità dell’Ordine.
In serata, il Vicario generale, Fr. Francesco Bravi, ha presieduto l’Eucaristia nella
chiesa di S. Giuseppe, indicando l’esempio
della Sacra Famiglia per l’approfondimento
qualitativo della vita fraterna (conoscenza e
accettazione dell’altro, ricerca costante della volontà del Padre). Dopo cena, i capitolari hanno fatto festa con la gente del posto,
allietati da un concerto dei gruppi musicali
locali Shalom e Musician for peace.
Il quarto giorno del Capitolo, martedì 3
luglio, i frati hanno proseguito i loro lavori
alla scuola del Vangelo, sia in Assemblea
che nei gruppi di studio, con gli spunti offerti da F. Lino Cignelli, docente di Greco
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biblico allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Egli ha invitato a
considerare il Vangelo come suprema regola di vita, accogliendo la persona di Cristo
nella propria esistenza e non solo facendo
del Vangelo un motivo di studio o di ricerca.
«Urge correggere o migliorare il nostro
ascolto e studio della Parola normativa di
Dio, se vogliamo davvero riprenderci e superare la moria che tanto ci preoccupa. Insisto: urge correggere o migliorare il nostro
ascolto e studio della Parola, del
Vangelo/Cristo. Ci vuole più obbedienza che
cultura, più impegno morale che scientifico.
Bisogna preferire “l’eccellenza morale all’eccellenza intellettuale”. Bisogna studiare
per diventare “buoni”, non “bravi”. Altrimenti si merita il severo rimprovero del
Maestro stesso: “Perché mi chiamate ‘Signore, Signore’, e poi non fate ciò che dico?...”. Più concretamente ancora, urge liberarci da due pessimi vizi:il vizio di ascoltare
la Parola per nessuno oppure per tutti fuorché per noi stessi, per la predica anziché per
la pratica e il vizio di ascoltare la Parola con
riserve e pretese, con riduzioni e adattamenti arbitrari, sempre più o meno egoistici, alla
maniera farisaica e sadducea».
I Frati si sono poi suddivisi in gruppi come il giorno precedente e nel pomeriggio si
è dato spazio agli interventi dei gruppi, a
domande e risposte tra i capitolari e il Ministro generale. La S. Messa della sera, presieduta del Definitore generale Fr. Juan
Ignacio Muro, è stata celebrata nella Basilica dell’Annunciazione dove, dopo la cena, i
frati hanno concluso la giornata recitando
insieme il S. Rosario in varie lingue per la
pace nel mondo.
Mercoledì 4 luglio i Frati hanno sospeso
i lavori assembleari e di gruppo per incontrare il vangelo iscritto nei Luoghi Santi
della Galilea intorno al Lago di Tiberiade:
Cafarnao, Tabgha e Monte delle Beatitudini. In ogni luogo visitato, i Frati hanno potuto beneficiare delle profonde e suggestive
spiegazioni teologiche e storiche fornite da
due docenti dello Studium Biblicum di Gerusalemme, Fr. Frédéric Manns e Fr. Stefano De Luca (Direttore dei lavori di scavo a
Magdala, visitati dal Definitorio generale
durante una pausa dei lavori).
Al mattino, i Frati hanno visitato il Monte delle Beatitudini, rimanendo per un po’ di
tempo in silenzio prima della celebrazione
nella quale si è proclamato questo messaggio evangelico attualizzandolo. Il Definitore generale, Fr. Jakab Várnai, che ha presieduto la preghiera, ha invitato i frati ad essere l’incarnazione delle beatitudini nel
mondo d’oggi.
Dopo un rinfresco, offerto dalle Suore
Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, che custodiscono il Santuario, tutti si sono trasferiti a Tabgha, sulla riva del lago, dove hanno potuto gustare il
pranzo offerto dai giovani di “Mondo X” e
riposarsi un poco nel giardino della chiesa
del Primato di Pietro, durante l’ora più calda del giorno.
In seguito, hanno visitato il Santuario
della moltiplicazione dei pani e dei pesci in
gruppi linguistici, quindi si sono recati, chi
a piedi chi in Pullman, a Cafarnao. Lì si è
celebrata dapprima l’Eucaristia, nella quale
il Definitore generale Fr. Mario Favretto ha
aiutato a ricordare che ogni fratello è chiamato a vivere la sua vocazione all’amore,
seguendo Gesù Cristo attraverso le proprie
debolezze, come fece l’apostolo Pietro. In
seguito i Frati hanno visitato in gruppi la
zona archeologica che si trova intorno alla
casa di Pietro.
Il Tabor: «Questi è il Figlio mio, l’eletto;
ascoltatelo»
I Frati capitolari hanno vissuto un giorno
di ascolto orante della Parola di Dio sul
Monte Tabor giovedì 5 luglio. Per guidarli
nella riflessione e nella preghiera è stato invitato il Card. Carlo Maria Martini, che in
quei giorni stava effettuando i suoi personali esercizi spirituali nel Santuario del Tabor
custodito dai francescani. Con la consueta
profondità di analisi e semplicità espositiva,
il Card. Martini ha tenuto una Lectio Divina sul brano della trasfigurazione di Gesù
nel Vangelo di Luca (Lc 9, 28-36).
Il Cardinale ha ripercorso il brano evangelico (lectio), mostrandone la scansione e
gli elementi principali di attenzione per una
lettura orante, il cui fulcro è costituito dal-
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l’espressione pronunciata dal Padre «Questi
è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9,
35). La voce del Padre avvalora la persona di
Gesù Cristo e lo propone ai discepoli come il
vero realizzatore del Regno di giustizia e di
pace atteso dal popolo d’Israele. Tuttavia anche noi, come i discepoli, sbaglieremmo a
fermarci in una contemplazione estatica della gloria di Cristo se non ne traessimo la forza per modificare la nostra vita e la storia:
«non fermatevi a contemplare la visione, ma
traetene le conseguenze» ha detto il Card.
Martini. Le conseguenze sono il messaggio
che emerge dalla pagina evangelica meditando più approfonditamente il brano (meditatio) e lasciando che esso diventi preghiera
incarnata e stimolo alla conversione (contemplatio).
Gesù Cristo appare trasfigurato per mostrare ai discepoli un’anticipazione della
forma definitiva del Regno di Dio, nella sua
“larghezza” e “lunghezza”, cioè nella sua
estensione a tutte le genti di tutti i tempi, fino a quando Dio sarà tutto in tutti, portando
ad unità perfetta un’umanità riconciliata
nelle sue diversità. Acquisire una visione
ampia della vita e della storia aiuta a relativizzare ciò che è secondario e a comprendere ogni realtà nella giusta prospettiva,
quella del «Regno di Dio totale», come Mosè, di cui la Lettera agli Ebrei dice che
«camminava come se vedesse l’invisibile»
(Eb 11, 27). Gesù non appare solo, ma con
Mosè ed Elia, significando la sua continuità
con l’Antico Testamento, e in particolare
con colui che consegnò al popolo di Israele
la Torah, «Parola di Dio scritta per essere
praticata», e con il profeta dell’imprevedibilità di Dio, la cui potenza di fuoco irrompe in modo sempre sorprendente. Da qui
l’invito a «mettere ordine nella propria vita», lasciando che la Parola diventi norma
esistenziale quotidiana, e nel contempo l’esortazione a non aver timore della manifestazione di Dio nella propria storia personale. Nonostante la comprensibile reazione di
fronte al mistero grande della gloria divina,
anche noi, come Pietro, veniamo invitati a
passare dalla paura all’ascolto e a non avere timore di «entrare con coraggio nel tempo di Dio» attraverso una preghiera ben fat-
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ta, assidua, prolungata e appassionata. Dio
stesso ci rassicura che ne vale la pena, che
quel Gesù che pretende radicalità e invita ad
un totale abbandono nelle mani del Padre, è
affidabile, “ha ragione”, e provoca in chi lo
ascolta davvero il profondo desiderio di
metterne in pratica l’esempio.
Dopo un prolungato tempo di silenzio e
di meditazione sul monte intorno al Santuario, i Frati sono stati ospiti a pranzo della
comunità di “Mondo X”, di cui era presente anche il fondatore, Fr. Eligio Gelmini.
Nel pomeriggio è proseguita la visita al
Monte e al Santuario, guidata da Fr. Frédéric Manns, quindi è stata celebrata l’Eucaristia, presieduta dal Definitore generale Fr.
Ambrogio Nguyen Van Si. I Frati, scendendo a piedi dal monte, sono poi tornati a Nazareth, concludendo la loro permanenza in
Galilea.
In Giudea: «Sia fatta la Tua volontà»
Venerdì 6 luglio i Frati capitolari hanno
lasciato Nazaret per raggiungere Gerusalemme. Appena giunti sul Monte degli Ulivi, è stata celebrata l’Eucaristia nella Basilica del Getsemani, presieduta dal Definitore generale Fr. Amaral Bernardo Amaral.
«Lo stare in questo luogo – ha detto – ci insegna che non basta aver fatto la professione, è necessario mantenere vivo l’ardore e
proteggere con costanza il primo amore. Il
luogo della fragilità, del tradimento e dell’abbandono ci fa riflettere sulla necessità
di restare vigilanti per mantenere ferma la
professione della nostra fede in Gesù, il
Maestro».
Dopo un rinfresco offerto dalla Fraternità locale tra gli ulivi del giardino, i Frati
sono entrati processionalmente nella Città
Vecchia di Gerusalemme dalla Porta dei
Leoni, cantando al Signore con gioia nelle
loro lingue. Giunti al Santo Sepolcro, sono
stati accolti con gran solennità dal Custode,
Fr. Pierbattista Pizzaballa, e dai Frati delle
Fraternità di Gerusalemme, accorsi per l’evento. Aspersi con l’acqua benedetta, mentre la basilica risuonava delle note del Te
Deum, secondo la secolare tradizione degli
ingressi solenni, i Frati hanno ricevuto poi
il saluto del Custode, che li ha esortati a rin-
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novare sempre la propria adesione di fede
nel Risorto. Dopo il pranzo presso Casa Nova, i Frati, divisi in gruppi linguistici, sono
tornati al Santo Sepolcro per una visita guidata dai Frati della Custodia di Terra Santa,
poi hanno partecipato con la gente alla Via
Crucis lungo la Via Dolorosa, tra le strette
stradine della Città Vecchia. In serata, i
gruppi di lingua inglese e italiana si sono recati a Ain Karem, ospiti nel locale convento francescano, mentre tutti gli altri (di lingua spagnola, portoghese, francese e tedesca) sono stati ospitati a Gerusalemme nella
Casa Maria Bambina, presso il convento di
S. Salvatore.
Sabato 7 luglio la giornata è incominciata all’alba con la celebrazione della S. Messa di Risurrezione al Santo Sepolcro, presieduta dal Custode di Terra Santa. Nell’omelia, egli ha ricordato che «Francesco
viveva di questo mistero [della Pasqua di
Cristo]: ha ottenuto dal Signore la grazia di
“sentire nell’anima e nel corpo il dolore che
Gesù sostenne nell’ora della sua Passione e
nel cuore quell’amore del quale era acceso a
sostenere volentieri tanta passione per noi
peccatori”. Ha cioè rivissuto in sé il mistero
del Golgota (la Verna non è forse conosciuta come il Calvario francescano?). Ma ha
anche sperimentato il mistero della resurrezione. La perfetta letizia, che amava cantare, cosa è se non esperienza di resurrezione,
coscienza della definitiva e assoluta vittoria
di Cristo sul male e sulla morte? Da dove
traeva Francesco la forza per superare le opposizioni e le malattie, se non dal mistero
del sepolcro vuoto, dalla presenza del Crocifisso Risorto nella sua vita? Alle domande
che il sepolcro vuoto crea nel nostro cuore,
siamo chiamati a rispondere con il far tacere le cose e i pensieri del mondo, per aprirci a quel silenzio che crea l’ambiente nel
quale lo Spirito e la Parola agiscono».
In mattinata, poi, il Segretario generale
per la Formazione e gli Studi, Fr. Massimo
Fusarelli, ha esposto la sua relazione, offrendo ulteriori spunti di riflessione per
l’ultimo lavoro nei gruppi. Ricordando che
occorre “ricominciare da Gerusalemme”
per camminare in novità di vita laddove si
svolge la nostra esistenza quotidiana, egli
ha presentato “sei passi” da compiere: 1.
prendere sul serio questo mondo e questa
creazione, a diventare uomini del ‘sì’, dell’accoglienza per la realtà uscita dalle mani
di Dio; 2. stare dentro il mondo e la sua passione nella condivisione con i piccoli e i poveri; 3. vivere il Vangelo nell’obbedienza,
sine proprio e in castità, come segno del
primato dell’essere, senza la preoccupazione della nostra visibilità e dell’affermazione di noi stessi come istituzione; 4. coltivare la dimensione internazionale della nostra
Fraternità passando dalla multiculturalità
alla interculturalità; 5. educarci ad uno
sguardo lungo e largo su noi stessi, sul mondo, la Chiesa e la fraternità; 6. avere il coraggio di vivere nel ‘terribile quotidiano’ la
Parola di Dio ascoltata e da così attingere la
franchezza (parresia) per orientare lo
sguardo dei fratelli verso il Vangelo.
Prima del pranzo, è intervenuto in Capitolo il Vescovo coadiutore del Patriarca latino, S. Ecc.za Mons. Fuad Tual, che ha reso
partecipi i Frati della situazione sofferta
della popolazione locale e della ricerca della pace in Medio Oriente. Nel pomeriggio i
Frati hanno incontrato il Custode di Terra
Santa e il Vicario custodiale che hanno presentato la realtà della Custodia, al servizio
della Chiesa locale e mondiale. Quindi sono state ascoltate le proposte avanzate dai
dodici gruppi linguistici e si è aperta una discussione assembleare. In serata il Capitolo
si è spostato ad Ain Karem, presso la Fraternità locale di postulato della Custodia,
nel luogo della casa di Zaccaria ed Elisabetta. Qui sono stati celebrati i Vespri, presieduti dal Definitore generale, Fr. Miguel Vallecillo, ed è stata consumata la cena all’aperto, cui ha fatto seguito una serata di
festa, con scambio dei prodotti tipici di ogni
Nazione portati dai Frati capitolari.
Domenica 8 luglio i Frati capitolari hanno lasciato Gerusalemme e Ain Karem e si
sono recati a Betlemme, per concludere il
Capitolo là dove la Parola si è manifestata
nella nostra carne. In mattinata hanno terminato i loro lavori giungendo alla formulazione di un “Messaggio ai Ministri, ai Custodi e a tutti i frati”, nel quale, ripercorrendo il cammino preparatorio e le giornate di
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Capitolo, hanno espresso alcune loro difficoltà, auspicandone la soluzione, e hanno
manifestato alcuni loro desideri e proposte
per migliorare la qualità della loro identità
e missione.
In particolare è stata ribadita la necessaria complementarietà tra formazione intellettuale, lettura orante della Parola di Dio e
preghiera comunitaria, in fraternità e con il
popolo di Dio; non si è voluto dimenticare
anche l’altro criterio di evangelicità a cui
sottoporre le attività, cioè l’attenzione e la
condivisione con i poveri, attraverso un’adeguata lettura credente dei segni dei tempi
(“lectio mundi”); si è auspicato un incremento delle forme di collaborazione tra Entità dell’Ordine e con altri soggetti ecclesiali, con una maggiore sensibilità sia per l’inculturazione del messaggio cristiano e
francescano, sia per l’interculturalità e internazionalità che stanno ridisegnando il
volto dell’Ordine dei Frati Minori.
Il Ministro generale e il Definitorio hanno intavolato con i presenti un dialogo franco e sereno, prima di lasciare al Ministro la
parola per le sue conclusioni. Fr. José R.
Carballo ha espresso due convinzioni e due
paure: la convinzione che la vita è bella e
non va vissuta con mediocrità, ma sempre
nel dono totale di sé, nel contempo, la convinzione che la vita è anche difficile, richiede lotta e sacrificio, ma vale la pena di essere vissuta, sempre. Le paure, emerse dai lavori del Capitolo, si sono polarizzate
soprattutto intorno al problema delle strutture (fisiche, di vita e mentali), di cui operare il necessario ridimensionamento affinché
«siano al servizio della vita e non la vita al
servizio delle strutture»; e intorno al problema dell’imborghesimento e dell’accomodamento: pur con tutta la gratitudine e il
riconoscimento della validità del lavoro
delle generazioni passate, occorre inventare forme nuove di evangelizzazione, occorre essere creativi nella fedeltà, «vino nuovo
in otri nuovi». Infine, il Ministro generale
ha indicato cinque attenzioni per il futuro:
la qualità della vita fraterna, l’incremento
della comunicazione, il senso di appartenenza all’Ordine, il superamento della distanza tra formazione iniziale e formazione
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permanente, l’apertura ai progetti missionari dell’Ordine.
Dopo il pranzo in Casa Nova e la visita
guidata alla Basilica della Natività, il Capitolo si è concluso con la solenne Eucaristia
del Natale, celebrata nella chiesa di S. Caterina. Il Ministro generale, che ha presieduto
la celebrazione, ha consegnato ai giovani
frati il mandato scaturito dalla settimana di
preghiera e di incontro trascorsa in Terra
Santa, ribadendo alcuni punti fondamentali
della vita e missione dei frati: «Abbiamo capito, innanzitutto, che non possiamo rinunciare alla centralità della Parola e del Vangelo nelle nostre vite. [Essa] deve essere accolta in un clima di preghiera personale e
fraterna. [...] Alla scuola di Nazaret, abbiamo compreso anche che nel nostro progetto
personale di vita, e nel progetto di vita della
fraternità, non può mancare il silenzio, il lavoro e un clima di vita familiare. Il silenzio
per incontrarci con noi stessi e con il Signore, il lavoro come grazia e mezzo per collaborare all’opera creatrice di Dio, la familiarità di vita, come elemento fondamentale
nella forma di vita francescana e come segno profetico in un mondo frammentato e
diviso». Durante la celebrazione, i Frati hanno espresso la rinnovazione della loro professione religiosa e hanno ricevuto di nuovo
dalle mani del Ministro generale la Regola
di S. Francesco. Con questo rito hanno manifestato la volontà di restare saldi nella professione della loro “regola e vita” nonostante le loro fatiche e fragilità e di tornare nelle
loro fraternità provinciali come promotori di
nuovo entusiasmo e di nuova speranza, per
rendere concreto il carisma di Francesco
d’Assisi nelle più svariate attività e in ogni
luogo della terra. La cena all’aperto, negli
spazi dell’Azione Cattolica di Betlemme, ha
posto infine il sigillo sulla settimana capitolare.
L’eccezionale esperienza dei giorni di
Capitolo ha aumentato nei giovani Frati la
reciproca conoscenza e stima, ha senz’altro
offerto occasioni per abbattere qualche barriera e costruire alcuni ponti; ha consentito
di proseguire con maggiore immediatezza
la comunicazione tra il Governo centrale
dell’Ordine e i quasi duecento giovani frati
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di ogni parte del mondo; è stata infine, ma
non da ultimo, un’esperienza di grazia nella Terra del Signore, a contatto con la locale comunità cristiana, con la quale si è pregato per la pace in questa terra e in ogni Nazione.
Riprendendo il cammino da Betlemme,
dove la Parola che salva si è manifestata a
noi incarnata nella debolezza di un bambino, i giovani Frati Minori guardano al suo
futuro con rinnovata speranza, consapevoli
delle fragilità e delle risorse, loro proprie e
delle loro Fraternità, e proseguono l’itinerario di conversione e di preghiera che li porterà, nel 2009, alla celebrazione dell’VIII
centenario della fondazione del loro Ordine.
FR. ERNESTO DEZZA, OFM
2. Discorso conclusivo del Ministro generale
VIVIR EL PRESENTE
ABIERTOS AL FUTURO
Queridos hermanos: nuestro Capítulo de
las Esteras está llegando a su fin. En estos
días, juntos hemos celebrado con gozo el
don de nuestra vocación de Hermanos Menores, compartiendo, en profunda comunión fraterna, lo que cada uno de nosotros
lleva en su propio corazón: sus gozos, sus
miedos, sus esperanzas. Juntos hemos reflexionado sobre los desafíos del seguimiento
de Jesús a la luz de los textos vocacionales
del Nuevo Testamento, y sobre el Evangelio como nuestra Regla y vida. Juntos hemos peregrinado a los principales lugares
de nuestra redención: Nazaret, el Lago, el
monte Tabor, Jerusalén y Belén. Hemos dejado que las piedras nos hablaran, pero sobretodo que el Señor nos hablara a través de
su Palabra.
Haciéndome eco de lo que muchos de
vosotros me habéis compartido personalmente o en grupo, bien podemos decir que
nuestro Capítulo espiritual ha sido un momento fuerte de encuentro y de fraternidad
entre todos nosotros, provenientes de más
de 49 países diferentes. Han caído barreras
y todos hemos hecho nuestra parte para
construir puentes de encuentro y de comunión. Pero nuestro Capítulo ha sido, sobretodo, un momento fuerte de encuentro con
nosotros mismos y con el Señor, que nos sigue mirando con amor y llamando por el
propio nombre a seguirle cada día más de
cerca.
Al final de este Capítulo sentimos la necesidad de manifestar nuestra profunda gratitud al Señor por la posibilidad que nos ha
dado de visitar su tierra, y también a la amada Custodia Franciscana de Tierra Santa, particularmente al P. Custodio y a su Discretorio, así como a las fraternidades de Nazaret, Cafarnaúm, Tabga, Monte Tabor,
Getsemaní, San Salvador, Belén y Ain Karem-, por habernos abierto sus puertas de
par en par, habernos acogido con verdadera
alegría fraterna, y habernos acompañado
constantemente en nuestra peregrinación.
Personalmente siento también la necesidad
de dar las gracias a la Comisión que se encargó de la organización del encuentro, tanto la nombrada por la Curia como la nombrada por la Custodia de Tierra Santa, y al
Definitorio general por su apoyo entusiasta
a esta iniciativa, y por su participación.
En este momento deseo compartir con
vosotros algunas convicciones y ofreceros
algunos elementos que considero fundamentales en vuestro proyecto de vida, como
en el mío, para continuar el camino.
Dos convicciones
1. La vida, nuestra vida, es bella, muy hermosa. Queridos hermanos jóvenes: Vividla en plenitud, vividla a “tope”. Esto
lleva consigo el vivirla sin reservas. No
es tiempo de rebajas. Nunca lo fueron,
pero hoy menos. Tampoco es tiempo para la mediocridad. Vivid con gozo vuestra vocación. A ello os ayudará el saber
que si estamos aquí es porque Él nos
ama. Como hombres y como franciscanos somos fruto del amor sin límites de
una persona: Jesús. Haced memoria
agradecida de este don. Os ayudará a
mantenerlo “joven”.
2. La vida, y con ella nuestra vida, no es fácil. La vida es lucha, agonía constante.
Ante vosotros se presentan dos puertas
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una ancha, que lleva a la perdición y otra
estrecha que lleva a la vida. Ante vosotros se presentan dos caminos. Toca a
vosotros elegir aquel que, aunque duro y
marcado por la cruz, lleve a la vida y no
a la muerte. ¡Remad mar adentro! Luchad, queridos hermanos, sin desfallecer, hasta alcanzar la meta, como nos enseña Pablo de Tarso, el gran atleta y luchador. Comenzad siempre de nuevo,
como nos enseña Francisco, deseoso de
reiniciar siempre de nuevo. No os canséis de comenzar una y otra vez. No hay
derrota excepto la que nos imponemos a
nosotros mismos. No hay fracaso excepto el dejar de intentarlo, una y otra vez.
Hoy, y seguramente mañana, nuestra vida sólo es para atletas.
Dos miedos
En estos días habéis compartido algunos
miedos. Deseo subrayar dos, en particular.
1. Las estructuras. Habéis dicho que os da
miedo sentiros utilizados para mantener
estructuras que hoy no parecen tener
mucho sentido. Os da miedo el sentiros
guardianes de estructuras. Sobre el particular deseo hacer una distinción entre
estructuras físicas o materiales, estructuras de vida y estructuras mentales.
– Estructuras físicas o materiales. En
lo relacionado con estas estructuras,
veo necesario, en muchos casos, y algunos urgente, un adecuado redimensionamiento para que las estructuras
estén al servicio de la vida y no la vida al servicio de las estructuras, como
está sucediendo en no pocos casos.
Veo necesario un discernimiento adecuado para que las estructuras nos
ayuden a vivir como menores entre
los menores, y aseguren la vivencia
de los demás valores irrenunciables
de la vida franciscana, particularmente la fraternidad y la dimensión contemplativa. Pero al mismo tiempo lo
que más me preocupa es que las estructuras que tenemos, pequeñas o
grandes, estén al servicio de relaciones interpersonales evangélicas auténticas. Hemos de responder cierta-
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mente a los signos de los lugares (no
es lo mismo estar en un sitio que en
otro), pero la pregunta ¿dónde estamos? hemos de acompañarla con
otras dos no menos importantes:
¿quiénes somos? ¿cómo estamos?
– Estructuras de vida. Me refiero aquí
a las estructuras que han de entrar
dentro de la mediación que llamamos
proyecto personal y fraterno de vida.
Tanto en la vida personal como fraterna, no pueden faltar algunos elementos o herramientas que nos permitan alimentar nuestra vocación y
manifestar nuestra misión: oración,
trabajo, capítulo local, formación permanente, lectura orante de la palabra,
obras apostólicas... Estas estructuras
nos ayudarán a poner orden en nuestra vida. A elaborar un proyecto ecológico de vida y a vivir dentro de él.
Sin ellas es muy difícil mantener
nuestra fidelidad a cuanto prometimos.
– Estructuras mentales. La renovación
profunda de la Orden no se logrará sino cambia la mente y el corazón de
los hermanos. De poco sirven estructuras nuevas, decía Monseñor Romero, si no hay corazones nuevos. Es a
este cambio estructural al que debemos dar prioridad. Logrado éste, los
demás vendrán como consecuencia.
En este contexto considero irrenunciable una formación permanente
adecuada a las exigencias de hoy, tanto personales como fraternas.
2. El acomodamiento y el aburguesamiento. Tanto lo uno como lo otro es para temer. Os pido que miréis al pasado con
gratitud, que abracéis el futuro con esperanza, viviendo el presente con pasión. No podéis pensar que todo inicia
con vosotros, sería un grave error desconocer nuestra historia y hacer a menos de
lo que hicieron y hacen vuestros mayores, pero tampoco podéis pensar que estáis aquí para continuar viviendo como
vivimos nosotros, o hacer lo mismo que
hacemos nosotros. Vino nuevo en odres
nuevos. A nuevas preguntas, y nuevas si-
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tuaciones, nuevas respuestas. Es el tiempo de la fidelidad, pero de la fidelidad
creativa. Tenéis que tener la parresía, la
lucidez y la audacia necesarias para reproducir la creatividad y la santidad de
Francisco. Tenéis que tener la valentía de
ser profetas, como Juan Bautista, la valentía de vivir el presente con pasión y de
este modo comenzar a preparar el futuro.
No seáis meros espectadores, sed constructores; no seáis meros repetidores, sed
creativos. No seáis víctimas del materialismo y el consumismo que, justamente,
señaláis a vuestro alrededor.
Preparando el futuro
Entre otras cosas, preparar el futuro exige:
1. Dar calidad a nuestra vida. Esto pasa
necesariamente por la calidad de relaciones, como justamente vosotros mismos habéis pedido durante este Capítulo. Calidad de relación con uno mismo,
plenamente reconciliados con la propia
historia, sin complejos de ninguna clase.
Calidad de relaciones con los demás, relaciones sanas, pedíais en estos días, caracterizadas por la confianza, la familiaridad y aceptación del otro desde la fe.
Calidad de relación con Dios (atención a
no manipularlo) que se manifiesta en la
búsqueda y el encuentro cotidiano con
Él, en la oración personal y fraterna, en
la Palabra, en los sacramentos, en los
hermanos, en los hombres y mujeres con
los que nos encontramos, particularmente de los pobres... Calidad de relación
con el mundo, lo que supone, como vosotros mismos habéis dicho, una relación justa, vigilando para no dejarnos
atrapar por él, pero manteniendo siempre una visión amplia y positiva, y al
mismo tiempo una realista desde la fe.
Ni pesimistas ni ingenuos. Estamos llamados a ser fermento en la masa.
2. Crecer en la comunicación a varios niveles: personal, fraterno, provincial, interprovincial, de Orden. Mucho es el camino recorrido, largo es todavía el camino que nos queda por recorrer. Para ello
considero fundamental el que nos vacie-
3.
4.
5.
6.
mos, sólo así podremos abrirnos a la riqueza del otro, y podremos buscar juntos
la verdad, y comunicar sin miedo nuestros miedos, preocupaciones y esperanzas. Para crecer en la comunicación considero fundamental el que superemos
prejuicios, derribemos muros y creemos
puentes. También considero importante
el que, particularmente vosotros, aprendáis otra lengua, además de la lengua
madre. Sólo así caminaremos hacia una
Orden más internacional e intercultural,
como vosotros mismos habéis señalado
en estos días.
Tener claro el sentido de pertenencia a la
Orden de los Hermanos Menores. Ésta
es mi familia. Aceptarla como tal, con
sus luces y con sus sombras, como aceptamos la familia de sangre. En este sentido considero fundamental el que pasemos del yo al tú, y del tú al nosotros.
Atención a cuando decimos: “Ellos”, los
“otros” para indicar a los hermanos.
Superar el abismo que todavía existe,
como vosotros mismos habéis denunciado, entre formación inicial y formación
permanente. Ayudadnos en esto, queridos jóvenes. Seguramente que hay hermanos que, debido a la edad y a otras situaciones existenciales ya no pueden
cambiar. Vosotros podéis y debéis. Si para todos la formación permanente, con
todo lo que ello comporta, es cuestión de
fidelidad a la propia vocación, para vosotros, además, es cuestión de sobrevivencia, lo mismo que el acompañamiento.
Dar prioridad a la vida sobre la teoría.
La teoría, como nos recordó el último
Capítulo general extraordinario, puede y
debe iluminar la vida, pero no puede suplantarla.
Abrirse a los proyectos misioneros de la
Orden. Somos una Orden misionera. Y
así como nadie puede ser misionero por
su propia voluntad, tampoco nadie puede cerrarse, ni uno mismo ni los ministros provinciales, a una llamada o a la
inspiración divina a “salir” de la propia
tierra para ir a Tierra Santa, Marruecos,
Tailandia, Miamar, China, Proyecto
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África, Sudán... Sed generosos y asumid
el riesgo que comporta el “salir” sin saber a dónde se va.
Queridos hermanos “under ten”: Sed
hombres de esperanza, la esperanza que nace el sabernos amados y acompañados por
el Señor. Abrid los ojos a lo positivo que
hay en torno vuestro. Volved cada día al primer amor. No seáis simplemente jóvenes
frailes, sed frailes jóvenes. Vivid anclados
en lo esencial, sin distracciones. Vivid en la
verdad y autenticidad. Vivid el presente
abiertos al futuro. Buscad al Señor assiduamente y, una vez encontrado, seguirlo radicalmente. No tengáis miedo, nuestro Dios
es el Dios de los imposible. Y luego, corred
y anunciad a todos los que encontréis por el
camino, lo que habéis visto y oído.
Que el Señor os bendiga y os guarde
siempre.
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro general
3. Messaggio ai Ministri, Custodi e a tutti i
Frati
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu
mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nazaret, a una vergine, promessa
sposa di un uomo della casa di Davide,
chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”
(Lc 1, 26-28).
L’Altissimo Onnipotente bon Signore ci
ha chiamato per nome e ci ha radunato come Fraternità internazionale in Terra Santa
– da Nazareth a Betlemme –, per condurci
alle sorgenti della nostra vocazione e missione, sui passi del Signore Gesù, che abbiamo riconosciuto Crocifisso e Risorto a
Gerusalemme. Ci siamo ritrovati in duecento, da ogni Entità dell’Ordine, insieme al
Ministro generale e al Definitorio, per
ascoltare insieme la Parola di Dio, guardando a Santa Maria di Nazareth, per celebrare
l’Eucaristia e condividere la nostra speranza, nell’itinerario proprio della grazia delle
403
origini. E la Parola di Dio ci ha resi un po’
più disponibili ad accoglierci a vicenda in
questi giorni e a dialogare tra noi in modo
franco e sereno. Ha allargato anche il nostro
sguardo su noi stessi, sul mondo e la Chiesa, sui fratelli, educandoci ad uno sguardo
di fede positivo sulla realtà e sul travaglio in
atto in questo tempo unico della storia.
Esprimiamo la nostra gratitudine ai nostri Ministri e Custodi e ai Fratelli delle diverse Entità per averci inviati come loro delegati a questo III Capitolo delle Stuoie dei
frati giovani.
A queste parole ella rimase turbata e si
domandava che senso avesse un tale saluto.
L’angelo le disse: “Non temere, Maria,
perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco
concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo
chiamerai Gesù. (...) Allora Maria disse
all`angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo” (Lc 1, 29-34).
L’ascolto della Parola, però, non è indolore. Essa ci ha provocato, ci ha aiutato a riconoscere il positivo che è presente tra noi:
molti hanno riconosciuto che le nostre Fraternità sono un luogo nel quale è possibile
vivere il Vangelo. Tra noi è emersa una speranza viva, la bellezza della nostra vocazione e la gioia di viverla, ritornando al primo
amore che ci ha conquistati. Ci sappiamo
amati dal Signore e seguendo i suoi passi in
questa Terra benedetta gli abbiamo rinnovato il nostro «si». Veramente siamo consapevoli che non possiamo che «ripartire da
Cristo».
Nello stesso tempo la Parola di Dio ha
messo a nudo le nostre debolezze. A noi,
giovani Frati Minori, sono state affidate le
più svariate attività. Spesso dobbiamo fare
i conti con le difficoltà della nostra scelta di
vita e non sempre ci sentiamo sostenuti nella nostra vocazione. Constatiamo l’esistenza di alcune barriere nel dialogo in Fraternità. Spesso dobbiamo fare i conti con la solitudine, la frustrazione e avvertiamo la
fatica di dover mantenere in vita strutture
ereditate dalla nostra tradizione che rendono faticoso il cammino e non di rado diventano una controtestimonianza.
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Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo
scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell`Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio
di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente,
nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio
e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio “
(Lc 1, 35-37).
Abbiamo condiviso queste nostre speranze e preoccupazioni con il Ministro generale e il Definitorio, illuminati anche dalla grazia dei luoghi santi in cui si è svolto il
nostro Capitolo. Vogliamo evidenziare l’esigenza di un dialogo più profondo in Fraternità, meno “istituzionale”, e insistiamo
nel chiedere con fiducia ai fratelli le opportunità di un effettivo accompagnamento
spirituale anche dopo la formazione iniziale. La comunicazione tra noi ai diversi livelli e’ molto importante, anche per curare
relazioni fraterne sane e profonde. Questo
salto di qualità dei nostri rapporti non può
che essere vissuto nel quotidiano, che richiede fedeltà e disciplina.
Manifestiamo l’urgenza di aprirci sempre di più a forme di collaborazione sia tra
Province e Conferenze che con altri soggetti ecclesiali, di curare maggiormente il rapporto con il territorio, (inculturazione) e di
evitare la dispersione che risulta dalla mancanza di una progettualità a lungo termine.
Abbiamo anche riaffermato la presenza dei
piccoli e dei poveri come “i nostri maestri”
(cf CCGG 93,1), quale criterio irrinunciabile per vivere nella trasparenza e credibilità
evangelica.
In questo senso abbiamo riflettuto anche
sull’importanza di considerare con più decisione il posto della «grazia del lavoro» (Rb
V,1) nella nostra vita personale e fraterna. Da
qui siamo arrivati a chiederci di nuovo che
cosa significa oggi per noi vivere sine proprio, da minori e come pellegrini e forestieri, attraverso un’itineranza, che è anzitutto
docilità a rimanere in cammino e in ricerca.
È questo atteggiamento del cuore che ci permette di leggere e interpretare i segni dei
tempi, camminando nel mondo «come se vedessimo l’invisibile» (Eb 11, 27): per questo
ci sembra urgente coniugare la lettura orante
della Parola con la lectio mundi, la capacità,
appunto, di leggere la realtà concreta della
persona umana e della creazione, e della loro aspirazione alla pace e riconciliazione. È
così che possiamo rispondere alla nostra
chiamata all’evangelizzazione e alla missione ad gentes, per riempire la terra del Vangelo di Cristo. Abbiamo anche confermato la
necessità di una solida e vitale formazione
intellettuale per leggere la realtà delle nostre
culture, per approfondire la Scrittura e annunciare il Vangelo.
Nell’ascolto e nel dialogo abbiamo preso
maggiore coscienza che questi obiettivi non
saranno raggiungibili senza la decisione
personale di compiere dei passi concreti di
conversione, riguardo all’uso del nostro
tempo, soprattutto di quello dedicato all’incontro con il Signore, che ci chiede di crescere nella capacità di fare silenzio in noi e
intorno a noi e ancora alle energie spese per
i fratelli e per il nostro molteplice servizio
al Regno di Dio.
Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai
detto”. E l’angelo partì da lei (Lc 1, 38).
Come i discepoli di Emmaus di fronte alle difficoltà della nostra vita potremmo essere tentati di scoraggiarci, chiudendoci in
sterili critiche al “sistema”. Facciamo nostro il proposito di invocare la lucidità e il
coraggio di ascoltare la Parola di Dio e di
assumere alcune decisioni concrete e significative in ordine ad una vita meno distratta
e più concentrata sull’essenziale. La “metodologia di Emmaus” ci sarà di grande aiuto
al fine di passare “dal Vangelo alla vita e
dalla vita al Vangelo” (RegOFS II, 5).
Ringraziamo il Custode di Terra Santa e
tutti i Frati che qui ci hanno fatto sentire a
casa, con un’accoglienza veramente straordinaria. Abbiamo potuto apprezzare meglio, in molti casi scoprire, questa presenza
tanto antica, significativa e preziosa dell’
Ordine.
Maria rimase con Elisabetta circa tre
mesi, poi tornò a casa sua (Lc 1,56 ).
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Torniamo ai nostri paesi e Fraternità
confermati nella fede e nella speranza: crediamo che la nostra forma di vita sia realizzabile, con l’aiuto dei nostri fratelli più
grandi, molto più numerosi di noi. Senza di
loro, senza voi tutti, non potremo vivere in
pieno la nostra vita di Frati Minori in questo tempo e nelle nostre culture.
Proposte
– Continuare a sviluppare il senso di appartenenza ad una Fraternità internazionale, chiamata a diventare sempre più
anche interculturale. A tal fine si favorisca al massimo lo studio delle lingue, la
partecipazione a incontri internazionali,
esperienze di collaborazione con altre
Entità, una maggiore apertura ai progetti missionari dell’Ordine.
– Favorire incontri periodici tra frati Under 10 a livello di Conferenze, per condividere la passione per il Regno e individuare e preparare il nostro cammino
verso il futuro.
– Si auspica che ogni Entità permetta e favorisca la nascita di una Fraternità-contemplativa-in missione, aperta anche all’interprovincialità e internazionalità,
che abbia come criterio fondamentale un
progetto di vita fraterna comune, costruito lungo il cammino.
– Si auspica nelle Entità o nelle Conferenze la costituzione di Fraternità che vivano in modo più intenso il primato dell’ascolto della parola di Dio, nelle quali anche altri frati possano trovare un aiuto
periodico per rinvigorire questa dimensione della nostra vita.
– Alla luce della conversione al Vangelo, favorire con audacia forme di condivisione e
di presenza attiva in mezzo ai poveri di
oggi, perché la vita di molti sia giusta, degna della persona umana e fraterna. Per
questo è urgente riprendere il discorso intorno alla nostra minorità e povertà.
I FRATI DEL 3° CAPITOLO DELLE STUOIE
8. Giovani di 19 Nazioni all’«European
franciscan meeting»
1. Cronaca
Assisi, 07-12.08.2007-08-31
CRISTO E FRANCESCO
NEL CUORE DELL’EUROPA
«Andate, cari giovani per le strade d’Europa e, con la cintura ai fianchi e le lampade
accese, raccontate quello che qui avete visto
e sentito. Raccontate che 800 anni fa qui,
nella città di Assisi, vissero un giovane,
chiamato Francesco, e una giovane, chiamata Chiara: due cuori appassionati che si lasciarono conquistare da Cristo e che incontrarono il senso pieno della loro vita consegnandosi senza riserve all’amore della loro
vita: Gesù Cristo; nella sequela radicale del
Signore e nel servizio agli ultimi e agli
esclusi di quell’epoca. Andate e, senza paura, invitate gli altri a fare altrettanto». Con
queste parole, pronunciate durante l’Eucaristia conclusiva nella Basilica di Santa Maria
degli Angeli, il Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, P. José Rodríguez Carballo, ha voluto salutare i tanti giovani convenuti ad Assisi per partecipare al primo European franciscan meeting.
L’incontro, voluto dall’Unione dei Frati
Minori di Europa – svoltosi nei giorni 7-12
agosto – aveva lo scopo di mettere in contatto il popolo degli amici di san Francesco
con le radici cristiane e francescane del nostro continente, per riscoprirne la preziosità
e la vitalità.
Gli obiettivi, secondo una prima valutazione degli organizzatori, sono stati raggiunti in modo soddisfacente: comunicare
ai giovani che Francesco d’Assisi, ed il
francescanesimo, hanno innervato di novità
evangelica la storia e la civiltà dei nostri popoli, e che sono ancora testimonianza viva
di Cristo, unica speranza del mondo.
Il Meeting si è aperto con una grande festa di accoglienza, la sera del 7 agosto, nella quale il gruppo di canto «Perfecta laetitia» – composto da frati e laici – ha inteso
disporre i partecipanti all’atteggiamento
della lode e della gratitudine, prima di met-
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tersi in ascolto della Parola, che nei giorni
successivi sarebbe stata annunciata.
Sono stati presentati i gruppi provenienti
da 19 Nazioni europee: Austria, Germania,
Paesi Bassi, Francia, Ungheria, Romania, Polonia, Slovacchia, Svezia, Gran Bretagna,
Manda, Lituania, Croazia, Slovenia, Bosnia
ed Erzegovina, Albania, Portogallo, Spagna e
Italia.
Il momento centrale del rito di accoglienza è stato la solenne intronizzazione del Crocifisso di S. Damiano: nel raccoglimento e
nella preghiera, Fr. José Carballo ha benedetto la Croce, che parlò al giovane Francesco, e
l’ha posta al centro dell’assemblea. Due giovani, Miriam di Roma e Francesca di Verona,
a nome di tutti, hanno proclamato la loro fede in Gesù Cristo, «vero protagonista ed insieme ospite più atteso» di questo incontro
sul carisma di san Francesco.
Il giorno successivo, quale prima unità
tematica, ha dato spazio alla conoscenza
della storia locale e al «dialogo tra le culture». La prima visita, compiuta da tutti nella
piazza del Comune di Assisi e l’incontro
con il Sindaco, ha avuto lo scopo di situare
l’avventura cristiana del figlio di Pietro
Bernardone, in un preciso contesto storico,
in una città medievale in fase di passaggio
dal feudo alla società comunale, all’alba di
un’importante trasformazione quale quella
operata dai comuni, dai commerci, dalla
nuove vie di comunicazione.
L’incontro è stato arricchito da una sfilata storica della compagnia dei balestrieri di
Assisi e da una visita alla Rocca di Assisi,
simbolo di un impero poi soppiantato dalle
autonomie comunali e privilegiato punto di
osservazione panoramica sulla città.
Nel pomeriggio, a S. Maria degli Angeli,
è stato l’Arcivescovo-Vescovo di Assisi-Nocera-Gualdo, Mons. Domenico Sorrentino,
ad accogliere i giovani nella Celebrazione
Eucaristica di apertura: «In casa di Francesco
si fronteggiavano due mondi, e due modi di
vivere l’Europa. Il padre di Francesco, Pietro
di Bernardone, commerciava con la Francia.
A venticinque anni Francesco viene chiamato da Gesù a una nuova vita: Va’, Francesco,
ripara la mia casa. È un invito che tocca il suo
cuore. La prima casa da riparare è il suo cuo-
re. Da questo momento in casa di Francesco i
destini di dividono. Sono due mondi. Due
modi di vivere la vita, la cultura, la civiltà,
l’Europa».
In serata i diversi gruppi nazionali hanno
presentato canti, video e danze.
La giornata successiva è stata dedicata
interamente ad un pellegrinaggio nei luoghi
delle origini francescane, dove ha preso
corpo, per san Francesco, la Parola di Dio:
San Damiano – la prima chiesa da lui riparata dopo l’invito del Crocifisso – e l’Eremo delle Carceri sul monte Subasio, luogo
che evoca il tempo dedicato da Francesco
alla preghiera, lui che – come dice il Celano
– «non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in
preghiera vivente» (1Cel 95).
Nonostante la pioggia e la fatica del pellegrinaggio, i diversi gruppi nazionali si sono alternati nell’andare da un Santuario all’altro, accompagnando il loro cammino
con la preghiera, l’interiorizzazione dei
contenuti e la Celebrazione Eucaristica sul
posto. Si è voluto così riflettere sulla tematica della «conversione» di san Francesco,
che, come dicono gli esperti, è difficilmente collocabile in un momento preciso della
sua vita, ma risulta più comprensibile se intesa come cammino evolutivo, pellegrinaggio della fede. Molti giovani, particolarmente sensibili a ciò che è autentico, hanno
fatto tesoro di queste intuizioni e hanno vissuto una esperienza a tratti toccante e contemplativa. La giornata si è conclusa con
due pregevoli performance culturali: lo
spettacolo teatrale «Chiara di Dio», sulla vita di Chiara d’Assisi, sul sagrato della Basilica di S. Maria degli Angeli, e il concerto di
musiche europee del coro dei «Cantori di
Assisi», nella Basilica di S. Chiara.
La giornata del 10 agosto, ha esplorato il
tema della santità di Francesco e di Chiara,
così come essa ci viene raccontata dai mirabili cicli pittorici delle due Basiliche di S.
Francesco e di S. Chiara, e dalla loro particolare architettura romanico-gotica. Attraverso una interessante rilettura artisticoteologica, P. Pasquale Magro ha accompagnato i giovani nel riscoprire l’arte come
mezzo per raccontare la fede e per introdur-
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re in modo «teologico» alla comprensione
della santità cristiana. Nel pomeriggio il
percorso culturale-formativo – prospettiva
nella quale si è voluto questo Meeting – ha
condotto i giovani ad occuparsi di tematiche di attualità, attraverso dei veri e propri
«laboratori della fede», animati da esperti
nei vari settori, che hanno riscosso larga
presenza e molto interesse da parte dei partecipanti: «Le missioni francescane nel
mondo», «San Francesco e la pace», «Lo
spirito di Assisi e Giovanni Paolo II», «I
pellegrinaggi di frate Francesco», «Il cantico delle creature e la guarigione del cuore».
In alternativa a questi laboratori, venivano
offerti ai giovani, spazi di adorazione eucaristica e di preghiera, nei Monasteri delle
Clarisse di Assisi, alle quali è anche stato
chiesto di accompagnare il Meeting con la
loro intercessione. In serata, una grande Veglia penitenziale, presieduta da Fr. Giacomo Bini, davanti al Crocifisso di S. Damiano e alla Porziuncola, ha inteso offrire ai
giovani un’occasione di conversione e di
autentico incontro con Cristo, cuore dell’esperienza francescana, attraverso il sacramento della riconciliazione.
La Solennità di S. Chiara – ultimo giorno del convegno – ha visto la Celebrazione
Eucaristica dei gruppi nazionali nelle diverse chiese di Assisi, l’incontro di testimonianza con alcune Sorelle clarisse nei monasteri e con alcuni giovani coinvolti in modo più diretto in un servizio di
evangelizzazione. Nel pomeriggio, dopo la
continuazione dei workshop, davanti alla
Porziuncola si è svolta la grande Veglia «In
cammino con Maria», chiamata da san
Francesco «figlia e ancella dell’altissimo
Re, il Padre celeste, madre del santissimo
Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello
Spirito Santo» (FF 281). Giovani di diverse
nazioni hanno potuto «restituire» con la loro voce, quanto avevano ricevuto dal Signore in questi giorni.
Fr. Carballo, accogliendo i frutti di questo cammino, ha affermato: «Solo l’Infinito
può riempire il cuore (Benedetto XVI). La
vera gioia e la festa autentica nascono dall’apertura all’altro, a Dio; nascono dall’amore gratuito verso tutti, per Dio. Attenti,
cari giovani, a non cadere nella trappola
mortale di centrarvi solo in voi stessi non
abbiate paura nel dire il vostro Sì, “fiat”, al
Signore! Non abbiate paura di aprirvi incondizionatamente, senza riserve di nessun tipo, al progetto che Dio ha sulla vostra vita».
La Celebrazione Eucaristica conclusiva è
stata un grande momento di comunione e di
gioia. Il Ministro generale ha annunciato che
il prossimo European franciscan meeting nel
2009 sarà a Santiago de Compostela, in Spagna, altro luogo simbolo delle radici cristiane e francescane del Continente. In un clima
di letizia prorompente, i giovani italiani hanno consegnato il Crocifisso di S. Damiano ai
giovani di Spagna e di Portogallo, che avranno il compito – insieme ai Frati Minori della
Conferenza ispano-portoghese – di preparare questo prossimo evento. Infine, sono stati
benedetti i Tau, che portano impresso il motto «Va’, Francesco, ripara la mia Europa», e
con segnati personalmente ad ogni partecipante con queste parole: «Fa’, o Signore, che
i giovani che porteranno questo Tau siano
davvero – nelle loro nazioni – un segno di
novità e speranza, di luce e di amore, e portino a tutti, come Francesco, la riconciliazione
e la pace».
«La nostra Europa – ha detto il Ministro
generale – ha bisogno della giovinezza e
della freschezza che vengono da Cristo, dal
suo Vangelo, ha bisogno della vostra testimonianza giovane, forte, audace. Siate coraggiosi! Non abbiate paura ad entrare in
conflitto con i segni di morte presenti nella
nostra società. In ogni momento siate discepoli e missionari. Da una vita profondamente radicata in Gesù, siate sentinelle del
mattino. Osate vivere il Vangelo nello stile
di Francesco e di Chiara!».
FR. MASSIMO RESCHIGLIAN
[L’Osservatore Romano, 22 agosto 2007, p. 4]
2. Omelia del Ministro generale
Assisi, 12.08.2007
SIATE PRONTI!
Sap 18,3.6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19
Lc 12,32-48
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Carissimi fratelli, particolarmente voi
giovani provenienti dai diversi paesi dell’Europa che avete partecipato a questo
primo meeting dei giovani europei ad Assisi: vi saluto con grande affetto e vi auguro la Pace ed il Bene che vengono dal Signore.
Il Vangelo, che abbiamo ascoltato in
questa domenica, ci propone tre parabole:
quella dei servi che aspettano il ritorno del
padrone nella notte, quella del ladro che irrompe inaspettatamente nella casa per svaligiarla, e quella dell’amministratore fedele
e saggio. In tutte e tre Gesù ci invita ad una
vigilanza attiva. Le tre parabole rappresentano la condanna di uno stile cristiano sonnolento, distratto, spento, stancamente ripetitivo. Siate pronti, siate svegli, con la cintura ai fianchi e le lampade accese,
lavorando senza riposo (cfr Lc 12,35ss), sono imperativi che abbiamo ascoltato da parte del Signore, come per dirci: il cristiano
non va mai in vacanza, non potete addormentarvi, siete chiamati a vigilare nella notte del mondo, perché è nella notte che il Signore passa ed è pasqua: liberazione, salvezza (cfr Sap 18, 3 6-9).
L’uomo si converte in ciò che aspetta. Se
aspetta la morte, si converte in figlio della
morte e produce morte. Se aspetta il Signore, vive nel Signore, gli da testimonianza e
si trasforma in Lui. L’esistenza cristiana è
attesa vigilante, attesa dinamica, di colui
che deve tornare: Gesù Cristo il Signore.
Siate, cari fratelli e sorelle, sentinelle che
annunciano la presenza del Signore in mezzo al nostro popolo.
La vigilanza cristiana, specialmente
quando la notte sembra non terminare mai,
si appoggia alla speranza. Questa speranza
comporta, in primo luogo, avere la cintura
ai fianchi, cioè: essere pronti per partire, vivere in atteggiamento di servizio. Non è il
momento di guardare al cielo, ma di testimoniare il Signore sulla terra, vivendo ciò
che Egli ha insegnato e comportandosi come Egli si è comportato (cfr At 1,1). La speranza cristiana comporta avere le lampade
accese, cioè: la vita del discepolo, illuminata dalla luce del Signore, è necessariamente
luminosa, è chiamata ad illuminare gli altri
(cfr Mt 5,16). La speranza cristiana comporta una fedeltà costante, nel molto come
nel poco, una fedeltà che, se vuole essere
creativa, necessita una ricerca costante della volontà di Dio, qui ed ora, per accogliere
il tempo della visita di Dio e accogliere, anche l’oggi di Dio che irrompe nell’oggi di
ciascuno di noi. Infine la speranza cristiana
comporta povertà di spirito. Solo il povero,
come Francesco di Assisi, sa sperare. Egli
possiede il segreto della speranza, come
scrive Bernanós. In questo modo la vigilanza è presenza nella storia, lucidità interiore,
intelligenza, capacità critica. La vigilanza
cristiana è, in definitiva, una lotta attiva
contro i segni di morte, l’indifferenza, l’irrilevanza o la mancanza di senso nella vita.
In questo modo, e parafrasando una frase di
Sant’Agostino, possiam ben dire che la vigilanza è ciò che ci rende veramente cristiani ( cfr La città di Dio 6,9,5).l
Cari fratelli, in particolare voi cari giovani: la Porziuncola, luogo nel quale Francesco si incontrò con il Vangelo, culla dell’Ordine francescano, luogo d’incontro dei
frati, è anche il santuario della missione, del
mandato. Dalla Porziuncola Francesco inviò i suoi primi frati in missione.
Alla luce del Vangelo che abbiamo
ascoltato sento che anche oggi il Signore ci
invia, specialmente voi giovani, a rendergli
testimonianza tra gli uomini e le donne che
incontreremo nel nostro cammino, in modo
particolare nel continente europeo, a partire
da una vita illuminata dalla presenza di Cristo, ciascuno di noi è chiamato ad andare incontro all’altro, per quanto sia diverso, e illuminare con la luce di Cristo tutti quelli
che ci circondano.
Andate, poi, cari giovani per le strade
d’Europa e, con la cintura ai fianchi e le
lampade accese, raccontate quello che qui
avete visto e sentito. Raccontate che 800
anni fa qui, nella città di Assisi, vissero un
giovane, chiamato Francesco, e una giovane, chiamata Chiara: due cuori appassionati che si lasciarono conquistare da Cristo e
che incontrarono il senso pieno della loro
vita, consegnandosi senza riserve all’amore
della loro vita Gesù Cristo; nella sequela radicale del Signore e nel servizio agli ultimi
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AD CHRONICAM ORDINIS
e agli esclusi di quell’epoca. Andate e, senza paura, invitate gli altri a fare altrettanto.
Andate e, come Francesco, con la cintura ai fianchi e le lampade accese, siate giullari dell’Altissimo e Buon Signore. Dopo
aver gustato quanto è buono il Signore, dite
a tutti, specialmente ai giovani come voi,
che Dio è amore, che il Dio rivelato da Gesù di Nazaret è Padre e che, come tale, non
vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. Con questo annuncio invitate
tutti ad aprirsi senza riserve all’amore,
amando Dio e i fratelli, perché solo così si
può essere se stessi. Osate aprirvi all’amore
di Cristo! La vostra vita e quella dei vostri
contemporanei cambierà.
Andate e, con la cintura ai fianchi e le
lampade accese, annunciate, particolarmente ai giovani come voi, che il senso pieno della vita si può trovare solo in Dio. Solo Egli
sazierà la fame e la sete di pienezza che tutti
sentiamo. Il nostro cuore è fatto per te, Signore, ed è inquieto finché in te non si riposa, diceva Sant’Agostino. Ditelo con le parole, ma soprattutto con la vostra vita centrata nell’unico necessario, nel Signore e,
attraverso il Signore, negli altri. Il vostro annuncio darà speranza a tanti uomini e donne
che vivono nella notte della disperazione.
Andate e, con la cintura ai fianchi e le
lampade accese, attraverso una contemplazione della creazione piena di stupore e meraviglia, invitate tutti a rispettarla e a scoprire nella bellezza delle creature l’impronta e la bellezza del creatore, soprattutto
nell’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, fatto di poco inferiore agli angeli.
Cantate al Creatore nella creazione e invitate tutti, in modo particolare i più giovani, a
fare altrettanto. Il vostro canto sarà speranza per i nostri popoli, che in molti casi giacciono nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Andate e, con la cintura ai fianchi e le
lampade accese, annunciate il vangelo della fraternità. La nostra Europa, frammentata e divisa ha bisogno di questa buona notizia. Una fraternità che superi le barriere del
proprio interesse, dei nazionalismi chiusi,
che si apra all’altro come fratello e sorella,
per quanto diverso sia; poiché gli altri, con
le loro differenze, sono doni che il Signore,
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sempre fecondo, pone sul nostro cammino
per arricchirci e arricchirli.
Andate e, con la cintura ai fianchi e le
lampade accese, annunciate il vangelo della Pace e del Bene, della riconciliazione con
Dio e con gli uomini, della giustizia e del rispetto di ogni creatura umana in Dio. Ponete al centro dei vostri interessi il bene degli
altri ed invitate la vostra generazione a fare
altrettanto.
Cari giovani, la nostra Europa ha bisogno
della giovinezza e della freschezza che vengono da Cristo, dal suo Vangelo, ha bisogno
della vostra testimonianza giovane, forte e
audace. Siate coraggiosi! Non abbiate paura
ad entrare in conflitto con i segni di morte
che ci sono nella nostra società. La fede in
Cristo è per uomini e donne coraggiosi. Il
compito non è per nulla facile, ma non abbiate paura, anche se vi sembra una missione
quasi impossibile (cfr Lc 12,32). Il Signore è
con voi e lo Spirito vi insegnerà quello che
dovrete dire. In ogni momento siate discepoli e missionari. Da una vita profondamente
radicata in Gesù, siate sentinelle del mattino
(cfr Is 21,11-12). Osate vivere il Vangelo nello stile di Francesco e Chiara!
FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFM
Ministro generale
9. Notitiae particulares
– FR. MAURIZIO FAGGIONI, OFM, della
Provincia S. Francesco Stigmatizzato,
Toscana, è stato nominato da Benedetto
XVI Consigliere del Tribunale della Penitenzieria Apostolica.
(L’Osservatore Romano, 17 maggio 2007)
– FR. FRANCISCO FOCARDI MAZZOCCHI,
OFM, della Provincia S. Antonio in Bolivia, è stato nominato da Benedetto XVI
Vescovo Ausiliare per il Vicariato Apostolico di El Beni (Bolivia), già Vicario
Generale di Tarija e attualmente missionario nel Vicariato Apostolico di Camiri, assegnandogli la sede titolare vescovile di Cenculiana.
(L’Osservatore Romano, 7 giugno 2007)
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Breve biografia
Fr. Francisco Focardi è nato a Rignano
sull’Arno (Diocesi di Fiesole, Italia), il 9
febbraio 1949. È entrato nell’Ordine alla
Verna il 23 settembre 1967 ed ha emesso la
Professione temporanea il 24 settembre
1968. Ha svolto gli studi di filosofia a Firenze (1969-1971) e di teologia a Fiesole
(1971-1975). Ha emesso la Professione solenne l’8 dicembre 1972 e il 18 maggio 1975
ha ricevuto l’Ordinazione presbiterale.
Giunto in Bolivia il 17 ottobre 1975, ha
ricoperto numerosi incarichi: 1975-1976:
Vicario parrocchiale a Lagunillas, Vicariato Ap. di Camiri; 1976-1979: Parroco a Camiri; 1978-1979: Ispettore di Educazione
Cattolica nell’Escuelas de Cristo; 19791980: Parroco di Villamontes e Cappellano
militare, Vic. Ap. Camiri; 1980-1983:
Guardiano del Convento francescano di Tarija; 1983: Vicemaestro di novizi alla Verna,
Italia; 1984-2000: Parroco di Cuevo. Definitore provinciale della Prov. S. Antonio di
Bolivia per due trienni consecutivi (19962002); 2000-2003: Parroco di Macharetí,
Vicariato Ap. di Camiri; 1994-2003: Vicario Generale del Vicariato Apostolico di
Cuevo; 2002-2006: Guardiano del Convento francescano di Tarija; 2004-2006: Vicario Generale di Tarija.
Dal 2006 si trova presso la Parrocchia di
Villamontes, Vicariato Ap. di Camiri.
– FR. GUALBERT BROUDIN, OFM, della Provincia “Beato Pacifico” in Francia, il 26
giugno 2007 è stato insignito del titolo di
Cavaliere della “Légion d’Honneur” per
gli eminenti servizi resi alla Francia nel
corso della sua lunga attività in Italia (Roma-Loreto). L’onorificenza gli è stata conferita dall’Ambasciatore di Francia presso
la Santa Sede, Sig. Bernard Kessedjia.
– ALOÍSIO ALBERTO DILLI, OFM, è stato
nominato da Benedetto XVI Vescovo di
Uruguaiana (Brasile), finora Maestro dei
Novizi della Provincia “São Francisco
de Assis”, Brasile, e Guardiano della
Fraternità di Daltro Filho nella diocesi di
Caxias do Sul.
(L’Osservatore Romano, 28 giugno 2007)
Breve biografica
Fr. Aloísio Alberto Dilli è nato il 21 giugno 1948 nella città di Montenegro, nello
Stato di Rio Grande do Sul, arcidiocesi di
Porto Alegre. È entrato nell’Ordine, nella
Provincia di S. Francesco di Assisi, in Brasile, il 3 febbraio 1970 ed ha emesso la Professione temporanea il 3 febbraio 1971. Ha
frequentato i corsi di filosofia presso la Facoltà “Nossa Senhora da Conceição” di
Viamão e quelli di teologia presso l’Istituto
di teologia della Pontificia Università Cattolica di Porto Alegre. Ha emesso la Professione solenne il 4 ottobre 1975 e il 1° gennaio 1977 è stato ordinato sacerdote.
Ottenuta la Licenza in Sacra Liturgia
presso il Pontificio Ateneo “Sant’Anselmo”
a Roma, ha svolto le seguenti attività: Formatore nel Seminario minore della Provincia, situato nella diocesi di Caxias do Sul
(1977-1979); Maestro dei Novizi e Guardiano della Fraternità di Daltro Filho nella
diocesi di Caxias do Sul (1984-1990); Rettore del Seminario minore della Provincia e
Guardiano Regionale (1991-1995); Guardiano della Casa Provinciale, Segretario
della Provincia e Vice-Ministro provinciale
della Provincia di Rio Grande do Sul (19962002); Economo Provinciale (2002-2006);
e dal mese di ottobre 2006, Maestro dei Novizi e Guardiano della Fraternità di Daltro
Filho nella diocesi di Caxias do Sul.
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1. Libri
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2. Extracta
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NECROLOGIA
1. Mons. Laurent R. Guibord OFM
Ottawa, Canada, 11.12.1923
Montréal, Canada, 09.05.2007
Nació el día 11 de Diciembre de 1923 en
Ottawa, Ontario, Canadá; sus padres fueron
Rodolfo Guibord y Anna Lévesque. Realizó sus estudios de Primaria en la Escuela
Guigues de Ottawa (1929-1936) dirigida
por los Hermanos de las Escuelas Cristianas
(Lasallistas). Estudió la Secundaria con los
Padres Oblatos de María Inmaculada en la
Universidad de Ottawa (1936-1942). Ingresó en la Orden Franciscana el día 02 de
Agosto de 1942 en Sherbrooke. Su primera
profesión religiosa tuvo lugar en el mismo
convento y lugar el día 03 de Agosto de
1943. Continuó sus estudios de Filosofía en
el Seminario de San Antonio en Québec
(1943-1946). Su profesión solemne la realizó el día 04 de Agosto de 1946 en el convento de la Resurrección en Montréal. Sus
estudios teológicos los hizo en el Seminario
Franciscano de Teología en Rosemont,
Montréal (1946-1950). Fue ordenado sacerdote el día 29 de Junio de 1950 en la catedral de “Notre-Dame” en Ottawa por su Excelencia, Mons. Alexander Vadion, Arzobispo de Ottawa.
Su primer destino pastoral fue en el Seminario de San Antonio (Seminario Franciscano) de Trois-Rivières como profesor
de Latín, canto gregoriano e inglés (19501952). El 22 de Noviembre de 1952 vino a
Perú como misionero de la Comisaria Provincial de San José del Amazonas. Su destino fue Indiana en la Prefectura Apostólica
de San José del Amazonas. Aquí permaneció hasta el 23 de Abril de 1953.
Fue trasladado a Lima, al convento de
San Antonio de Padua, como Vicario parroquial de la Parroquia de San Antonio de Padua y después fue nombrado párroco (19561967). En Lima cumplió varios oficios:
Consejero del Delegado Provincial en Perú
y superior del Convento franciscano de Lima (1966-1967). Secretario Particular de
Mons Dámaso Laberge, OFM, Obispo-Vicario Apostólico de San José del Amazonas,
durante las sesiones del Concilio Ecuménico Vaticano II. Traductor en el Capitulo General de los Franciscanos en Asís en 1967 y
también fue el fundador y constructor del
Colegio Parroquial mixto de San Antonio
de Padua y primer director.
El 14 de Septiembre de 1967, el Papa Pablo VI lo nombró Obispo Titular de Lemfocta y auxiliar del Vicario Apostólico de
San José del Amazonas, Mons. Dámaso Laberge, OFM. Fue consagrado obispo el 30
de Noviembre de 1967 en la Iglesia San Antonio de Padua en Lima por su Eminencia el
Cardenal Juan Landázuri Ricketts, OFM,
Arzobispo de Lima. Los obispos co-consagrantes fueron: Mons. Gustavo Prévost, Vicario Apostólico de Pucallpa, y Mons. Horacio Ferrucio Ceól, OFM, Obispo de Kichow, China. Su lema Episcopal fue
“Lleven las cargas los unos de los otros”
(Gál 6,2).
Después de la muerte de Mons. Dámaso
Laberge, OFM, ocurrida en Lima el 25 de
Diciembre de 1968, asumió la responsabilidad de Administrador Apostólico y el Papa
Pablo VI el día 07 de Junio de 1969 lo nombró Vicario Apostólico de San José del
Amazonas. Ya como Vicario Apostólico
Mons. Guibord se preocupó por realizar
una labor de integración eclesial entre los
misioneros (sacerdotes, religiosos/as y laicos) a través de las Asambleas Vicariales y
el boletín vicarial “Vínculos” como medio
de comunicación, diálogo y organización
pastoral.
Abierto a las orientaciones pastorales
surgidas del Concilio Vaticano II y de las
Conferencias Episcopales Latinoamericanas y del Caribe promovió en el Vicariato la
labor de los agentes pastorales autóctonos
con la creación de los animadores de las co-
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munidades cristianas y la pastoral de los
nativos o de las comunidades indígenas.
Junto con los demás obispos de la Selva
crearon el CAAAP (Centro Amazónico de
Antropología y Aplicación Práctica) como
un espacio de reflexión y toma de conciencia de la realidad de las comunidades amazónicas en el contexto nacional. Se realizaron Encuentros de Misioneros y Agentes
Pastorales de los Vicariatos Apostólicos para poner en práctica las orientaciones de la
Iglesia en el campo de la evangelización inculturada.
Junto con el Vicariato de Iquitos se fortaleció la comunicación radial en las comunidades amazónicas mediante la creación
de la Voz de la Selva uniendo Radio San José de Indiana y Radio Mariana de Iquitos.
En marzo de 1985 se elaboró, en una Asamblea Vicarial, el primer Plan Pastoral del Vicariato Apostólico con el objetivo de
“Construir la Iglesia Autóctona de la Selva”
tomando como prioridades la pastoral indígena y la promoción de los animadores de
comunidades cristianas.
El Señor Presidente de la República Dr.
Alán García Pérez, por intermedio del Ministro de Relaciones Exteriores, le confirió
la condecoración de “Gran Oficial de la Orden al Mérito por Servicios Distinguidos”
el 26 de Noviembre de 1987 en reconocimiento de la abnegada y sacrificada labor
que los misioneros canadienses realizan por
varias décadas en beneficio de los sectores
más necesitados del país (La Amazonia).
En la Conferencia Episcopal Peruana fue
nombrado Presidente de Caritas del Perú
por dos períodos, el primero desde el año
1977 hasta 1979 y el segundo de 1989 a
1993 promoviendo la solidaridad hacia los
más pobres como intermediario de apoyo
desde organismos internacionales.
Con el interés de que la Palabra de Dios
fuese más conocida en las comunidades
cristianas gestionó la impresión y difusión
de más de 900,000 Biblias Latinoamericanas. Al notar que los misioneros canadienses estaban disminuyendo salió a diferentes
países, entre ellos México, para buscar nuevos misioneros a los que les fue confiando
parroquias y puestos de misión. En el año
1992, como agradecimiento al Señor por
los 500 años de evangelización y con motivo de sus 25 años de episcopado, Mons.
Guibord promovió la Misión de Evangelización entronizando la imagen de la Virgen
de Guadalupe en muchas familias del Vicariato Apostólico.
Sus últimos años como Pastor del Vicariato tuerun difíciles por motivos de su salud
quebrantada, padecía problemas de diabetes,
insuficiencia renal y problemas en la piel por
el abrasador sol amazónico. Solicitó el apoyo de un obispo auxiliar o coadjutor; el cual
no le fue concedido sino hasta el 14 de Febrero de 1998 cuando la Santa Sede nombró
a Fr. Alberto Campos Hernández, OFM, mexicano y misionero en Uganda, como su sucesor en este Vicariato Apostólico. En Enero
de 2002, durante la 81ª Asamblea Plenaria de
los Obispos del Perú, Mons. Guibord recibió
la Medalla de Oro de Santo Toribio de Mogrovejo, por los años de servicio que brindó
a la Iglesia del Perú.
Estos últimos 9 años los dedicó a atender
su salud pasando 6 meses en Canadá y 6
meses en Perú (Lima) tomando tres sesiones a la semana de hemodiálisis y visitando
al Vicariato Apostólico cada año en el mes
de Enero para la Misa de Clausura del Centro Catequístico, que fue otro de sus más
preciados sueños “la formación de los catequistas”, por lo que el Centro de Formación
lleva su nombre.
Desde el mes de febrero del presente año
su salud se agravó siendo internado en la
Clínica Stella Maris y después en el Hospital del Emplado (Rebagliati) de donde se le
dio de alta en la semana de Pascua. Se recuperó satisfactoriamente para retornar a
Montreal, Canadá, el día 1° de Mayo. Ya en
su tierra se volvió a complicar su salud y
después de recibir los auxilios espirituales y
la Unción de Enfermos descansó en paz a
las 13:27 horas del día 09 de Mayo de 2007
en la Enfermería Provincial del Convento
Franciscano de Rosemont, Montreal.
Mons. Guibord ha determinado en su
testamento que si falleciera en Canadá, después del funeral habitual quiere que sus cenizas sean enviadas a Indiana; pero antes,
en consideración a sus numerosos servicios
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y amistad por los fieles y ex-alumnos del
Colegio San Antonio de Padua, pide que se
celebre una Eucaristía en Lima y después
que sean llevados sus restos a Indiana. Concluye su testamento agradeciendo los servicios a los hermanos franciscanos de Canadá, a sus amigos, a los fieles de San Antonio
y del Vicariato Apostólico de San José del
Amazonas a quienes bendice y anima a buscar al Señor en toda ocasión. ¡Dios sea bendito eternamente!
Mons Lorenzo (Rodolfo) Guibord Levesque, OFM, ¡Descansa en Paz! Continuaremos el camino que nos has dejado para recorrer. Tú has concluido tu tarea, ahora nos
corresponde a nosotros cumplir la nuestra.
+ MONS. ALBERTO CAMPOS HERNÁNDEZ OFM
Obispo-Vicario Apostólico de
San José del Amazonas
2. Fr. Costantino Ruggeri
Adro (BS), Italia, 16.10.1925
Merate, Italia, 25.06.2007
1. Profilo biografico
Fr. Costantino Ruggeri, nasce ad Adro
(BS) il 16 ottobre 1925 da Angelo e Rosina
Pelizzari. Viene battezzato col nome di Carlo nella Parrocchia San Giovanni Battista di
Adro il 19 ottobre 1925 e nella stessa chiesa
il 24 agosto 1938 riceve il sacramento della
Cresima. Entra, ancor giovane, nel vicino
Collegio Serafico di Saiano (BS) dove inizia gli studi. Negli anni 1941-1943 compie
gli studi ginnasiali nel convento di Cividino
(BG), al termine dei quali il 29 settembre
1943 presso il convento di Rezzato (BS)
viene ammesso all’Ordine da Fr. Giovanni
Chiodini, Ministro provinciale, iniziando
così l’anno di noviziato. Lo stesso Ministro
provinciale, il 30 settembre 1944, riceve la
sua prima professione temporanea. Emette
la professione solenne il 26 settembre 1948
nel Convento di Cividino, nelle mani di Fr.
Gaetano Cavagnini, delegato dal Ministro
provinciale.
Negli anni 1944-47 compie gli studi liceali nel convento di Sabbioncello di Merate
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(LC). Dal 1947 al 1951 compie gli studi teologici nei Conventi di Busto Arsizio (VA),
Milano e Trento.ATrento il 22 aprile 1951 riceve l’Ordine del diaconato, mentre il 1 luglio dello stesso anno è ordinato sacerdote
nel Duomo di Milano dal Card. Ildefonso
Schuster. Vive a Milano i primi anni del ministero sacerdotale: prima nel Convento di S.
Angelo (1951-52), successivamente nel
Convento di S. Antonio (1952-58).
Nel 1958 viene trasferito a Pavia nel
Convento di S. Maria Incoronata in Canepanova, Fraternità nella quale rimane inserito per tutti questi anni fino all’aggravarsi
della sua situazione di salute che lo ha portato ad essere momentaneamente assistito
presso l’Infermeria provinciale a Sabbioncello di Merate. Colto da crisi cardiaca, viene portato nel locale ospedale, ove si spegne
nel pomeriggio di lunedì 25 giugno 2007.
A laude di Cristo e del nostro serafico padre san Francesco. Amen
2. Attività artistica
Nel 1951 espone le sue opere di pittura,
presentate da Mario Sironi, alla Galleria
“San Fedele” di Milano. Nei due anni successivi tiene mostre personali a Genova, Torino, Brescia, Como e Roma. Nel 1954 riceve il premio “San Fedele” e il terzo premio
Marzotto. A Bologna entra a far parte del
gruppo animato dal Card. Lercaro per lo
studio e l’informazione sull’architettura sacra. Studia alcuni anni con passione artigianale l’arredo sacro e collabora con i maggiori architetti italiani alla realizzazione di
nuove chiese.
Contemporaneamente compie molti
viaggi in Italia e all’estero. Nel 1958 si iscrive all’Accademia di Brera; riceve il diploma di scultura alla scuola di Luciano Minguzzi. A partire dal 1970 costruisce alcune
cappelle, di cui realizza anche l’arredo sacro. Con la collaborazione dell’architetto
Luigi Leoni progetta e costruisce ventidue
nuove chiese. Tra queste ricordiamo Santa
Maria della Gioia a Varese, le chiese del Tabernacolo e della Provvidenza a Genova, la
chiesa di San Paolo a Rho, di Santo Spirito
a Pavia, di San Bernardo a Roma e tre chiese nel Burundi. Nel mese di marzo del 1978
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presenta, alla Galleria San Fedele di Milano, proposte sullo Spazio Mistico. Nel 1986
realizza la Cappella feriale del Duomo di
Milano. Nel 1987 viene incaricato di progettare il nuovo Santuario del Divino Amore a Roma. Nel 1993, dopo alcuni viaggi di
studio in Giappone, progetta, per la città
giapponese di Yamaguchi, la chiesa di San
Francesco Saverio, che viene solennemente
inaugurata il 29 aprile 1998. Per premiare,
nell’ambito delle chiese cristiane, lo spazio
mistico più espressivo realizzato nel mondo, istituisce nel 1995 la Fondazione “Frate
Sole”. Tra le creazioni più importanti di
questi ultimi anni ha particolare rilievo la
costruzione del nuovo Santuario del Divino
Amore a Roma, consacrato da Giovanni
Paolo Il il 4 luglio 1999 e la chiesa di S.
Maurizio ad Acilia, consacrata dal Card.
Ruini il 7 dicembre 2002.
L’ultima sua grande opera consiste nella
realizzazione della Cappella della Theotokos presso la Grotta del Latte a Betlemme
in Terra Santa, dove nel dicembre 2006 si è
recato per l’inaugurazione.
La realizzazione di grandi e splendide vetrate l’ha reso famoso in Italia e all’estero.
3. Ricordo di Costantino Ruggeri
L’ARTE AL SERVIZIO
DELLA LITURGIA
Desidero con la voce di tutti gli amici di
Padre Costantino che sono in comunione
con noi ringraziare e rendere lode all’Altissimo per la vita di Padre Costantino, francescano e artista. Egli ha saputo fondere insieme queste due vocazioni, come lui stesso
ha bene espresso: «Mi è toccata la grazia e
la gioia di aver identificato la mia fede nell’arte e la mia arte nella fede».
Di carattere forte, poliedrico, appassionato, vulcanico, capace di grandi slanci,
aveva in sé la tenacia instancabile nel lavoro, nello studio e nella ricerca e al tempo
stesso la dolcezza nel tessere legami di amicizia e di solidarietà tra gli uomini.
Amante del bello, del sublime, di tutto
ciò che rende bella e buona la vita, amava
circondarsi di sempre nuovi stimoli, mai
pago dei risultati raggiunti, sempre aperto a
cogliere tutta la ricchezza non ancora esplorata del sapere.
Noi tutti abbiamo potuto conoscere il
suo calore umano, la comunicativa vivace,
la semplicità francescana.
Giunto a Pavia nel 1959 di lui ricordo i
primi passi nel mondo dell’arte come pittore. Nel suo saio pennellato di colori, lo osservavo nella sua cella nell’impeto di spalmare le tele ed i cartoni dipingendo e componendo con i colori a olio in modo
vibrante e acceso.
Con lui vissi l’età d’oro delle ceramiche,
per me come in un gioco infantile, e successivamente lo studio e la realizzazione dei
nuovi oggetti di arredo sacro. Era l’alba radiosa del rinnovamento liturgico.
Ricordo ora il cammino percorso e la
gioia della scoperta di nuove forme in feconda sintonia tra la tradizione e l’arte contemporanea.
Di Padre Costantino si può veramente
parlare come di un vero grande interprete
della riforma conciliare nel campo dell’arte.
Vennero poi gli anni nei quali si cimentò
nell’arte vetraria e fu per P. Costantino e per
me, che gli ero accanto, una felice chiamata a vivere della luce e nella luce, segno mirabile dello splendore di Dio. P. Costantino
era ormai pronto ad affrontare il problema
degli spazi sacri e con impegno grande si
applicò a studiare da vero maestro la casa
per il Signore e per gli uomini.
Con la luce sono intessuti tutti gli spazi
sacri (lui amava chiamarli «mistici»), che
per decenni impegnarono mente e cuore di
fra Costantino, diventato famoso per le numerose chiese nuove progettate e realizzate, mostrando che è possibile creare ambienti capaci di accendere la speranza e la
gioia della festa.
Penso alle esperienze vissute insieme in
un interminabile susseguirsi di episodi che
raccontano meravigliosi ed inaspettati incontri con l’uomo, con comunità parrocchiali, con comunità religiose, con realtà
esaltanti di comunione di fratelli nella fede.
Vado col pensiero al cammino tracciato dal
Signore per un’attività che di giorno in,
giorno si è rivelata sempre più voluta dal-
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l’alto, in un disegno provvidenziale di amore, proiettata in un articolarsi senza fine di
realizzazioni guidate dallo Spirito, per vivere di un mistero insondabile ma inesauribile nella sua ricchezza.
Ora posso dire di iniziare a comprendere
come tutta la vita dell’uomo abbandonata
nelle mani del Signore diviene una fonte di
acqua che zampilla.
Quanti episodi architettonici parlano con
l’entusiasmo del suo cuore che ha creduto
con caparbia e tenacia che attraverso gli
spazi della luce si potesse comunicare la
gioia della vita!
Rivedo come in un bellissimo susseguirsi di immagini la prima chiesa dedicata alla Madonna della gioia a Varese, la
chiesa del Tabernacolo a Genova, le numerose chiese in Basilicata ed il prodigio del
nuovo Santuario della Madonna del Divino Amore in Roma, per il quale furono dedicati dodici anni di fervente lavoro, in un
crescendo di avverarsi di promesse e di sogni sino alla celebrazione dell’anno santo
di fine millennio.
Penso ora soprattutto al sogno realizzato della nuova chiesa della Madonna della
Grotta del Latte inaugurata nel Natale
scorso a Betlemme.
A coronamento di una vita consacrata alla celebrazione, della gloria di Dio attraverso l’arte, nella quale molti lidi sono stati raggiunti, come in una nuova avventura di
evangelizzazione, dopo le entusiasmanti
esperienze nell’Africa nera, in Burundi, nelle missioni francescane, dopo aver toccato le
terre dell’Estremo Oriente, le isole del Giappone, dove S. Francesco Saverio cinque secoli fa portò l’annuncio del Vangelo, ecco
aprirsi la dolce terra calpestata dai piedi del
nostro Redentore. Quale gioia nel luogo della nascita di Gesù pensare ad uno spazio che
fosse culla e grembo di Maria!
Qui P. Costantino ha voluto esprimere
con forza come uno spazio può parlare al
cuore dell’uomo contemporaneo con il linguaggio della bellezza e della purezza, mettendolo in comunicazione con il trascendente, attraverso la contemplazione e la
fruizione di momenti di alta spiritualità.
Agli inizi degli Anni Novanta diede vita
alla Fondazione Frate Sole che nel mondo
testimonia l’amore per lo studio e la realizzazione di spazi mistici, che promuovano
ed esaltino i valori dello spirito.
Altre mete sono aperte per un cuore che
ha sognato instancabilmente e con passione. E ancora con noi Padre Costantino per
incitarci a continuare a sognare un mondo
nuovo, dove regna l’armonia della creazione rinnovata dallo Spirito Santo, che chiama a volgere il nostro sguardo verso orizzonti di incomparabile bellezza.
Padre Costantino amava scrivere su fogli
e su muri frasi e pensieri che toccano il cuore dell’uomo. Si possono leggere nel suo studio di Canepanova detti e scritti tratti dalla
Bibbia, da pensatori e da uomini di cultura.
C’è in particolare una trascrizione di suo pugno di un’incomparabile pagina di S. Agostino: «se tu conoscessi il mistero del cielo dove ora vivo, questi orizzonti senza fine, questa luce che tutto investe e penetra! Sono
ormai assorbito nell’incontro con Dio, nella
sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo
sono così piccole al confronto! Mi è rimasto
l’amore di te, una tenerezza dilatata che tu
neppure immagini. Io ora vivo in una gioia
purissima. Nelle angustie del tempo tu pensa
a questa casa ove un giorno saremo riuniti oltre la morte, dissetati alla fonte inestinguibile della gioia e dell’amore infinito».
Padre Costantino, ti abbiamo voluto bene, ancora oggi ti vogliamo dire con gioia,
tutti insieme: ti vogliamo bene. Ci hai insegnato l’amore per la bellezza e la verità, ci
hai donato tutto quello che il tuo cuore coglieva dello splendore del creato e dell’animo, umano toccato dalla grazia, perché i
nostri occhi si aprissero al prodigio del
grande cuore di Dio e sulla via della bellezza abbiamo imparato a lodare il Signore, a
cantare a Lui, a toccare il cielo, sognando
atmosfere e spazi sempre nuovi, mondi che
il vento dello Spirito Santo ha portato a noi
come primizia dei nuovi cieli e nuova terra
promessi per la nostra gioia senza fine.
LUIGI LEONI
Architetto
[L’Osservatore Romano, 20 luglio 2007, p. 5]
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3. Anno 2007 mortui sunt
* 2 febbraio 2007: LINDMANN FR. ARMINDO, BERNHARD, nato a Gronau, Germania, della Prov. S. Antonii Patavini, Brasile. Nel 1935 lasciò la sua terra natale
ed entrò nell’Ordine in Brasile, dove fece tutta la formazione iniziale. Dopo
l’Ordinazione è stato Professore, ha lavorato nella pastorale e nelle Missioni al
Popolo. Nel 1966 fu trasferito in Germania dove, nelle nostre Case di Mettingen
e Bardel, fece il Professore ed ha lavorato nella pastorale. Anche in età avanzata
era molto ricercato come confessore,
conferenziere ed animatore di Esercizi
spirituali. È morto a Bardel, Germania,
all’età di anni 92, di vita francescana 72
e di sacerdozio 66.
* 20 marzo 2007: CAVALLUZZO FR. CESARE, ALFONSO, nato a Pietrelcina (BN),
della Prov. Samnito-Hirpinae S. Mariae
Gratiarum, Italia. Dopo vari anni di collaborazione al Movimento liturgico provinciale e la specializzazione negli Studi
di Liturgia a Roma, dal 1976 si dedicò,
fino all’incontro con “sorella morte”, all’apostolato parrocchiale, servendo le
comunità di Ginestra degli Schiavoni
(fion al 1993), di Lacedonia (19932004) e di Zungoli (dal 2004). È morto a
Benevento all’età di anni 70, di vita francescana 51 e di sacerdozio 44.
* 28 marzo 2007: CATANESE FR. ROBERTO,
nato a S. Pier Niceto (ME), della Prov.
Siciliae Ss. Nominis Iesu, Italia. È morto a Messina all’età di anni 84, di vita
francescana 66 e di sacerdozio 58.
* 3 aprile 2007: BUZY FR. DOMINIQUE,
RAYMOND, nato a Château-Salins, della
Prov. Trium Sociorum, Francia/Belgio.
Dopo aver aiutato il padre nella Farmacia di famiglia e compiuto gli studi presso il Conservatorio di musica a Metz, è
entrato nell’Ordine a 38 anni. Di spiccato gusto artistico, ha coltivato la musica e
i fiori. È stato sempre a servizio dei Fratelli in semplicità e nella gioia. È stato un
vero Frate Minore secondo san Francesco. È morto a Bonne-Fontaine all’età di
anni 91 e di vita francescana 53.
* 21 aprile 2007: GRAZIANI FR. MICHELE,
ORLANDO, nato a Friburgo di Brisgovia,
Germania, della Prov. Tusciae S. Francisci Stigmatizati, Italia. È morto nell’Infermeria provinciale di Fiesole all’età di
anni 84, di vita francescana 57 e di sacerdozio 52.
* 23 aprile 2007: VOLLMER FR. CARON,
JAKOB, nato a Louisville, della Prov. Nostrae Dominae de Guadalupe, USA. È
morto all’età di anni 88, di vita francescana 68 e di sacerdozio 60.
* 1° maggio 2007: JORIATTI FR. GIULIO,
nato a Pergine, della Prov. Tridentinae S.
Vigilii, Italia. Vive la testimonianza
francescana nei vari conventi della
Provincia e dal ‘78 al ‘85 a servizio dei
Frati degenti in Infermeria. Poi è a Borgo
Valsugana per 18 anni con vari incarichi
e contemporaneamente si dedica alle
Missioni al popolo sia in Trentino che in
altre regioni d’Italia. Nel 2000, per il
Giubileo, si rende disponibile quale
penitenziere in S. Giovanni in Laterano.
Ritornerà a Roma dal 2003 al 2005 come
penitenziere nella basilica di S. Antonio.
Rientra a Mezzolombardo come vicario
ed economo. Muore tragicamente il 1°
maggio, dopo aver celebrato l’Eucaristia, scivolando dal sentiero che lo
riportava a valle. Frate amato per la sua
semplicità, amabilità, disponibilità e
accoglienza; il Signore l’ha chiamato da
una delle montagne che tanto amava. È
morto a Fai della Paganella all’età di anni 62, di vita francescana 43 e di sacerdozio 35.
* 5 maggio 2007: FORGET FR. ROGER, nato a Ste-Julienne, Québec, della Prov. S.
Ioseph Sponsi BNV, Canada. È stato
missionario in Perù dal 1969 al 1972 e
dal 1980 è stato a servizio della Segreteria per le Missioni della Provincia. È
morto nell’Infermeria provinciale di
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Montréal all’età di anni 68 e di vita francescana 46.
* 5 maggio 2007: CAPONE FR. GREGORIO,
ANIELLO, nato ad Afragola, della Prov.
Neapolitanae Ss. Cordis Iesu, Italia.
Maestro dei Professi temporanei e dei
Novizi, Guardiano, Confessore ordinario delle Clarisse. Fu Frate esemplare,
formatore di diverse generazioni di Frati Minori e, anche se cagionevole di salute, fu sempre docile all’obbedienza e
disponibile verso quanti si rivolgevano a
lui per un aiuto e un sostegno spirituale.
È morto nell’Infermeria provinciale “La
Palma” in Napoli all’età di anni 91, di vita francescana 75 e di sacerdozio 68.
* 6 maggio 2007: DI VAGNO FR. GIUSEPPE,
nato a Conversano (Bari), della Prov. Tusciae S. Francisci Stigmatizati, Italia. È
morto nella Casa di Riposo di Tarija, Bolivia, all’età di anni 94 e di vita francescana 69.
* 8 maggio 2007: ALARCON FR. GUILLERMO JOSÉ, HECTOR ALFREDO, nato a Rosario, della Prov. S. Michaëlis, Argentina.
È morto nel Convento S. Francisco in
Corrientes all’età di anni 88, di vita francescana 63 e di sacerdozio 56.
* 9 maggio 2007: MONS. GUIBORD FR.
LAURENT R., OFM, nato in Ottawa, Ontario, della Prov. S. Ioseph Sponsi BMV,
Canada. È morto nell’Infermeria provinciale di Montréal all’età di anni 83, di vita francescana 64, di sacerdozio 39 e di
episcopato 39.
* 10 maggio 2007: MESSERICH FR. VALERIUS, URBAN, nato a St. Paul, Minnesota,
della Prov. ss. Cordis Iesu, USA. È morto presso il St. Hospital, Springfield, all’età di anni 88, di vita francescana 67 e
di sacerdozio 61.
* 11 maggio 2007: FERREIRA MARQUES
FR. MARTINHO, nato a Maranguape, della Prov. S. Antonii Patavini, Brasile. Ha
sempre lavorato nella pastorale parroc-
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chiale. Zelante in tutto ciò che faceva,
nella vita in Fraternità era assiduo nella
preghiera e cercava di creare un ambiente gradevole. A motivo della malattia,
negli ultimi dieci anni di vita si è dedicato quasi esclusivamente al Sacramento
della Penitenza. È morto nel Convento
S. Francisco in Salvador all’età di anni
79, di vita francescana 57 e di sacerdozio
51.
* 12 maggio 2007: MERLINO FR. JAMES,
nato a Punzsutawney, Pennsylvania,
Prov. Immaculatae Conceptionis BMV,
USA. È morto a Youngstown, Ohio, all’età di anni 67, di vita francescana 48 e
di sacerdozio 20.
* 17 maggio 2007: CARBALLO BRIANES
FR. MANUEL, nato a San Martín de Sobrán, della Prov. S. Iacobi de Compostela, Spagna. Dal 1961 al 1963 ha lavorato
a Roma. Ha servito come Sagrestano in
vari Conventi della Provincia. È morto
nell’Infermeria provinciale di Noia, Coruña, all’età di anni 92 e di vita francescana 64.
* 19 maggio 2007: SAINT-MARTIN FR. ROLAND, MARCEL, nato a Montréal, della
Prov. S. Ioseph Sponsi BMV, Canada.
Dal 1949 al 1987 ha lavorato nella tipografia dei Francescani, a Montréal, prima come linotipista, poi come tipografo
ed infine come tecnico in elettronica. In
seguito è stato portinaio ed ha svolto varie lavori di segreteria. È morto nell’Infermeria provinciale di Montréal all’età
di anni 83 e di vita francescana 59.
* 23 maggio 2007: TREPIN FR. EUGENIO,
LUIGI, nato a Cles, della Prov. Tridentinae S. Vigilii, Italia. Trascorre i primi anni di ministero in vari Conventi della
Provincia, soprattutto predicando quaresime, feste, mesi di maggio, missioni popolari. Dal 1981 la sua missione sarà
orientata a servizio degli ammalati e degli anziani in Ospedali e Case di riposo.
Negli ultimi tre anni ha affrontato la malattia con spirito positivo, ottimista ed
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esemplare per la forza di fede e di resistenza al male, che lentamente minava la
sua forte costituzione e continuando il
suo servizio di Cappellano in Ospedale
fino a pochi giorni dalla morte. È morto
nell’Infermeria provinciale di Trento all’età di anni 78, di vita francescana 57 e
di sacerdozio 50.
* 26 maggio 2007: GUIDO MAYORGA FR.
HÉCTOR OCTAVIO, nato a León, Nicaragua, della Prov. Dominae Nostrae de
Guadalupe, America Centrale e Panama.
È morto nell’Ospedale “Salud Integral”
di Managua all’età di anni 42, di vita
francescana 13 e di sacerdozio 1.
* 30 maggio 2007: WOICIENGA FR.
JORDÃO, EDMUND, nato a Hindnburg,
Germania, della Prov. S. Antonii Patavini, Brasile. Giunse in Brasile nel 1935 e
vi rimase fino al 1966, quando fu trasferito nella nostra Casa di Bardel, in Germania. Nel suo lungo servizio di portinaio, ebbe modo di mettere in luce la sua
grande capacità di accoglienza. È morto
a Bardel, Germnaia, all’età di anni 98 e
di vita francescana 80.
* 30 maggio 2007: NEYLAND FR. QUINTIN
A., nato a Brooklyn NY, della Prov. Ss. nominis Iesu, USA. È morto nella Casa St.
Anthony di Butler, NJ, all’età di anni 88, di
vita francescana 66 e di sacerdozio 61.
* 30 maggio 2007: BONETTI FR. ATANASIO,
GIOVANNI, nato a Cavedine, della Prov.
Tridentinae S. Vigilii, Italia. È morto
nell’Infermeria provinciale di Trento all’età di anni 85, di vita francescana 67 e
di sacerdozio 60.
* 31 maggio 2007: DA SILVA FR. DUARTE
AUGUSTO, nato a São Paulo, della Prov.
Immaculatae Conceptionis BMVB, Brasile. È presso l’Ospedale S. Catarina,
São Paul, all’età di anni 94, di vita francescana 69 e di sacerdozio 65.
* 2 giugno 2007: MARTÍNEZ MORA FR. JESÚS, nato a Garagoa (Bayacá), della
Prov. S. Pauli Apostoli, Colombia. Nella
sequela di Cristo ha incarnato soprattutto la semplicità e l’umiltà. Nella sua vita
di Frate Minore è stato un fratello di tutti, principalmente di quelli tra i quali visse nelle regioni più remote del Paese.
Come Ministro del Signore servì generosamente le comunità alle quali fu inviato. È morto presso la Clinica Rey David in Cali all’età di anni 73, di vita francescana 48 e di sacerdozio 41.
* 3 giugno 2007: SARTORI FR. EUSEBIO,
GIOCONDO, nato a Verla di Giovo, della
Prov. Tridentinae S. Vigilii, Italia.
Dottore in filosofia presso il Pontificio
Ateneo Antoniano, ha passato gran parte
della vita insegnando filosofia e storia
della filosofia nei nostri studentati.
Sempre disponibile all’obbedienza ha
svolto vari uffici: Definitore, Maestro
degli studenti di teologia, Guardiano,
Confessore e Predicatore. Frate “mite,
pacifico e modesto, mansueto e umile”,
negli ultimi anni in Infermeria ha
dimostrato la sua fede semplice e forte
nella preghiera e nella vicinanza agli
ammalati. È morto nell’Infermeria provinciale di Trento all’età di anni 91, di
vita francescana 74 e di sacerdozio 67.
* 4 giugno 2007: FOX FR. THOMAS J., nato
a New York, della Prov. Ss. Nominis Iesu, USA. È morto nel Convento di
Ringwood all’età di anni 90, di vita francescana 65 e di sacerdozio 61.
* 4 giugno 2004: ĆAVAR FR. FRANJO, ANTE, nato a Lise, della Prov. Assumptionis
BMV, Bosnia/Erzegovina. Ha svolto il
servizio di sagrestano. È morto ad Humac all’età di anni 77 e di vita francescana 45.
* 4 giugno 2007: CAROSA FR. PASQUALE,
PIETRO, nato a Fontecchio (AQ), della
Prov. Aprutiorum S. Bernerdini Senensis, Italia. Ha svolto vari servizi: Formatore, Guardiano, segnalandosi soprattutto per il canto, da lui studiato ed insegnato. È morto Fontecchio all’età di anni
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88, di vita francescana 70 e di sacerdozio
61.
* 4 giugno 2007: HANSEN FR. LUITFRIED,
AUGUST, nato a Riksingen, della Prov. S.
Ioseph Sponsi BMV, Belgio. Ha insegnato Teologia presso lo studentato di
Vaalbeek, dal 1954 è stato Rettore del
Collegio Baudouin a Kolwezi (Rep.
dem. del Congo), dal 1976 al 1986 Professore Invitato presso il PAA, Roma.
Ha fondato lo studentato francescano a
Kolwezi nel 1982, dove vi insegna teologia fino al 2004. Teologo eminente,
grande animatore della vita religiosa e
francescana nel Rep. dem. del Congo. È
morto a Riksingen all’età di anni 84, di
vita francescana 65 e di sacerdozio 59.
* 4 giugno 2007: FOX FR. THOMAS, EDMUNDO, nato a New York, USA, della
Prov. Ss. Nominis Iesu, Brasile. È morto
all’età di anni 90, di vita francescana 66
e di sacerdozio 61.
* 5 giugno 2007: BURNS FR. BRIAN, ANDREW, nato a Aylmer, della Prov. Christi
Regis, Canada. Ha speso la sua vita e il
suo ministero in diverse attività. Ha insegnato Diritto Canonico presso il Newman Tehological College. Ha prestato
servizio presso il Tribunale ecclesiastico
regionale di Edmonton e di Vancouver e
in numerose Parrocchie. Inoltre, per più
di 10 anni, si è preso cura dei bisogni spirituali di quanti si recavano al Mount St.
Francis Retreat Centre, in Cochrane, Alberta. È morto a Vancouver all’età di anni 55, di vita francescana 26 e di sacerdozio 21.
* 8 giugno 2007: LIMEIRA ALVES FR. JOSÉ
MARIA, LUIS DE FRANÇA, nato a Santa
Cruz de Capibaribe, della Prov. S. Antonii Patavini, Brasile. Ha svolto in varie
Parrocchie il ministero di Parroco,
preoccupandosi in modo della formazione e della salute della popolo, soprattutto della gioventù. Con l’aiuto di amici e
della pubblica amministrazione ha costruito Biblioteche, Scuole ed Ambulato-
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ri. Nella Fraternità era una presenza
gioiosa ed era assiduo alla preghiera. È
morto nel Convento S. Antonio, Recife,
all’età di anni 86, di vita francescana 66
e di sacerdozio 58.
* 16 giugno 2007: BENEDETTI TEJA FR.
RAÚL, nato a Reinosa, Santander, della
Prov. S. Iacobi de Compostela. Spagna.
Gran parte della sua vita religiosa la trascorse nella Custodia francescana in Venezuela, dove svolse vari incarichi, particolarmente quello di Professore. È
morto a Noia all’età di anni 92, di vita
francescana 64 e di sacerdozio 46.
* 21 giugno 2007: DOMÍNGEZ OCHOA FR.
CARLOS HERIBERTO, nato ad Azogues,
della Prov. S. Francisci de Quito, Ecuador. Dopo il Dottorato in Filosofia presso il PAA, Roma, ha svolto i seguenti incarichi: Professore del Coristado, per 13
anni; Professore di sociologia nell’Università Cattolica di Quito, per 6 anni; Direttore della Rivista Ecuador Franciscano; Direttore delle Edizioni “Fray Jodoco Rique”, per 13 anni; Rettore del
Collegio San Andrés di Quito; Definitore provinciale, per due periodi; Segretario ed Economo della Provincia; Procuratore della Missione di Galápagos, per
11 anni; Membro del Consiglio Amministrativo dei Beni della Provincia; Responsabile dell’Archivio storico della
Provincia. È morto nella Casa La Floresta di Quito all’età di anni 83, di vita
francescana 66 e di sacerdozio 59.
* 25 giugno 2007: RUGGERI FR. COSTANTINO, CARLO, nato ad Adro, della Prov.
Mediolanensis S. Caroli Borromaei,
Italia. È morto a Merate all’età di anni
81, di vita francescana 62 e di sacerdozio 55.
* 26 giugno 2007: ERCOLI FR. CARMINE,
nato ad Ascoli Piceno, della Prov. Picenæ S. Iacobi de Marchia, Italia. È morto nell’Infermeria provinciale in Grottammare all’età di anni 84, di vita francescana 66 e di sacerdozio 59.
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* 27 giugno 2007: D’ANDREA FR. GIOCCHINO, FRANCESCO, nato a Baragiano, Potenza, della Prov. Neapolitanae Ss. Cordis Iesu, Italia. Lettore di Storia della Chiesa e
di lingua francesce; Bibliotecario, Archivista e Cronista della Provincia; Commissario per gli Archivi e Bibliteche; ha prodotto molte pubblicazioni scientifiche,
operette, opuscoli, articoli ed estratti, collaborando con Riviste scientifiche, quali
Archivum Franciscanum Historicum,
Studi e Ricerche Francescane, Miscellania Francescana, Frate Francesco. È stato
un Frate esemplare, laborioso, tenace,
formatore di diverse generazioni di Frati,
ha contribuito a dare un rinnovato vigore
alla Biblioteca provinciale “Beato Ludovico da Casoria”. È morto nell’Infermeria
provinciale “La Palma” in Napoli all’età
di anni 85, di vita francescana 69 e di sacerdozio 59.
* 1 luglio 2007: VAN IERSEL FR. FLORENTINUS, ARNOUD, nato a Noordwijkerhout,
della Prov. Ss. Martyrum Gorcomiensium, Olanda. Fu Parroco e, spesso, si
impegnò nell’assistenza spirituale di
Gruppi carismatici. È morto a Warmond
all’età di anni 84, di vita francescana 64
e di sacerdozio 58.
* 1 luglio 2007: GROSSO FR. LUCIUS, DOMINIC, nato a Phoeniz, Arizona, della
Prov. S. Barbaræ, USA. È morto in Oakland all’età di anni 88, di vita francescana 68 e di sacerdozio 63.
* 2 luglio 2007: DÍAZ HERNÁNDEZ FR. NARCISO, nato a Paipa (Boyacá), della Prov. S.
Pauli Apostoli, Colombia. Si distinse per
il servizio ai più poveri, per i quali aveva
sempre tempo. Si è dedicato all’insegnamento, alle missioni popolari e al ministero sacerdotale con grande senso di solidarietà e di semplicità. È morto a Popayán, Cauca, all’età di anni 66, di vita
francescana 45 e di sacerdozio 40.
* 4 luglio 2007: MASTROPIERRO FR. ANTONIO, GIUSEPPE, nato a Molfetta, Italia,
della Cust. Terrae Sanctae, Israele. Ha
trascorso 78 anni come Collettore di Terra Santa nel Commissariato generale di
Napoli per sostenere le opere caritative,
culturali e sociali della Custodia. È morto a Molfetta all’età di anni 97 e di vita
francescana 78.
* 4 luglio 2004: CLANCY FR. BEDE, JOHN
JOSEPH, nato a Wallaceberg, Canada,
della Prov. S. Ioannis Baptistae, USA.
Ha speso quasi tutti gli anni del ministero sacerdotale come Missionario,
prima in Cina, poi in Giappone ed, infine, per 38 anni nelle Filippine. Nel
2002 è ritornato in Provincia. È morto
in Saint Margaret Hall, Cincinnati all’età di anni 91, di vita francescana 70 e
di sacerdozio 63.
* 6 luglio 2007: LAMELA FIUZA FR. JOSÉ
ALONSO, nato a Muros, della Prov. S. Iacobi de Compostela, Spagna. Svolse diversi incarichi nella Provincia e per anni
prestò servizio nella Custodia in Venezuela. È morto nell’Infermeria provinciale di Noia all’età di anni 78, di vita
francescana 59 e di sacerdozio 53.
* 9 luglio 2007: BOSCOLO FR. MARCELLO,
nato a Sottomarina (VE), della Prov. Venetae S. Antonii Patavini, Italia. Operò
con francescana letizia e laboriosità in
varie case della Provincia: S. Francesco
del Deserto, S. Francesco della Vigna, S.
Bernardino, Monselice, Barbana. Ma soprattutto lavorò presso il Commissariato
di Terra Santa in Treviso, svolgendo
questo servizio con entusiasmo, orgoglio, grande disponibilità e diligenza.
Raccolse molti doni di generosità, ma
prima di tutto, incontrando le persone ed
entrando nelle loro case, dispensò largamente il dono della pace e del Vangelo.
È morto nell’Ospedale di Treviso all’età
di anni 72 e di vita francescana 52.
* 10 luglio 2007: LOMBARDI FR. MARINO,
nato a Jesi, della Prov. Picenae S. Iacobi
de Marchia, Italia. È morto nella Clinica
Marchetti in Macerata all’età di anni 92,
di vita francescana 73 e di sacerdozio 68.
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* 10 luglio 2007: NEGRO FR. MARCELLO,
GIUSEPPE, nato a Milano, della Prov. Mediolanensis, S. Caroli Borromaei, Italia.
Per molti anni missionario in Libia
(1946-1970) come Segretario del Vescovo, parroco a Tripoli, Assistente della
gioventù di Azione Cattolica, Consigliere della Missione francescana, Incaricato per la rubrica religiosa alla Radio Italiana di Tripoli e infine Superiore regolare della Missione nel 1969-70, anno in
cui vennero allontanati dalla Libia tutti i
religiosi e gli stranieri là residenti. Rientrato in Provincia, ricoprì gli incarichi di
Segretario provinciale (1976-79), Guardiano in vari conventi, Assistente regionale della Piccola Famiglia Francescana.
È morto a Seriate all’età di anni 88, di vita francescana 70 e di sacerdozio 63.
* 12 luglio 2007: VANDESTEENE FR. MARCEL, ROGER, nato a Heestert, della Prov.
S. Ioseph Sponsi BMV, Belgio. Ha servito i Frati ammalati per 48 anni. Religioso devoto e di preghiera, è morto ad
Antwerpen all’età di anni 82 e di vita
francescana 61.
* 14 luglio 2007: BOEF FR. DAMASCENUS,
ANTONIUS, nato a Gouda, della Prov. Ss.
Martyrum Gorcomiensium, Olanda. Ha
lavorato nell’apostolato della liturgia ed
è stato Cappellano militare. È morto a
Warmond all’età di anni 73, di vita francescana 55 e di sacerdozio 49.
* 18 luglio 2007: PERLINGIERI FR. BIAGIO,
nato a Bonea (BN), della Prov. SamnitoHirpinae S. Mariae Gratiarum, Italia.
Nei suoi 53 anni di vita sacerdotale svolse molteplici Uffici, tutti segnati dalla
generosità e dalla totale dedizione. Oltre
al ruolo di Guardiano, Vicario ed Economo, in alcune Diocesi ha esercitato anche il ministero di Parroco e di Cappellano. Alcuni Istituti di Religiose lo hanno avuto come confessore ordinario e
direttore spirituale, fra cui le Sorelle Clarisse di Airola. È morto a Taurano all’età
di anni 78, di vita francescana 60 e di sacerdozio 53.
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* 18 luglio 2007: DEEGAN FR. COLUMBANUS, JOHN JOSEPH, nato a Dublin, della
Prov. Hiberniae, Irlanda. Lavorò nella
Compagna Nazionale dei Trasporti prima di unirsi alla RAF allo scoppio della
seconda guerra mondiale, partecipando
allo sbarco in Normandia e alla guerra
nel Nord Europa. Entrato nell’Ordine
nel 1956 visse in diverse Fraternità, prima di stabilirsi a Waterford nel 1981, dove rimase fino alla morte. Era da tutti conosciuto per il suo impegno per la giustizia e la pace ed era un eccezionale
annunciatore del massaggio francescano
del Vangelo della pace. È morto a Waterford all’età di anni 82 e di vita francescana 51.
* 19 luglio 2007: DE AMICIS FR. ONORATO,
PIETRO PAOLO, nato a Fossa (AQ), della
Prov. Aprutiorum S. Bernardini Senensis, Italia. Nel Convento di Pescocostanzo, dove ha trascorso gran parte della sua
vita religiosa e sacerdotale, è stato, fino
agli ultimi giorni di vita, deideroso di
adempiere il suo ministero per il bene
del suo popolo. È morto a Sulmona all’età di anni 90, di vita francescana 73 e
di sacerdozio 64.
* 19 luglio 2007: PETRELLA FR. MARIO,
nato a Pratola Peligna (AQ), della Prov.
Seraphicae S. Francisci Assisiensis, Italia. Frate gioviale ed intraprendente, abile organizzatore di pellegrinaggi. Eccettuati i primi anni di ministero presbiterale, trascorsi a Terni in qualità di vice
parroco, ha speso la sua vita - 26 anni in
tutto - nel servizio umile e fedele di cappellano ospedaliero, dapprima ad Umbertide e poi a Città di Castello. È morto
a Città di Castello all’età di anni 70, di
vita francescana 50 e di sacerdozio 43.
* 20 luglio 2007: MONS. QUIRINO SCHMITZ, ADOLFO, OFM, della Prov. Immaculatae Conceptionis BMV, Brasile. È
nato a Gaspar il 22 novembre 1918. È
entrato nel Noviziato il 1° febbraio 1937,
ha fatto la professione temporanea il 19
dicembre 1938 e quella solenne il 19 di-
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cembre 1943. È stato ordinato sacerdote
il 28 novembre 1943. È stato Direttore
del Collegio Bom Jesus in Curitiba;
guardiano, Parroco e Promotore vocazionale in São Paulo; Guardiano, Direttore del “Missionskolleg” a Garnstock,
in Belgio. Il 22 dicembre fu nominato
primo Vescovo della Diocesi di Teófilo
Otoni, MG, da Giovanni XXIII ed ordinato il 25 aprile 1061. Dal 1962 al 1965
ha partecipato, a Roma, al Concilio Vaticano II e nel 1979 al CELAM in Puebla,
Messico. Come Vescovo di Teófilo Otoni, cercò di dare un volto a quella Chiesa
locale, individuando nuovi cammini,
dando uno stile missionario alle sue visite pastorali. Fu pioniere nella pastorale
per i cresimandi; per 24 anni si impegnò
nel rinnovamento della Chiesa secondo
lo spirito del Concilio Vaticano II e le
scelte di Puebla; accolse e promosse la
presenza di nuovi movimenti; per dare
pastori alla sua Chiesa, ebbe come
preoccupazione centrale la pastorale vocazionale. Il 31 luglio 1985 ha rinunciato al governo pastorale della Diocesi.
Come Vescovo emerito si è recato in Terra Santa, dove ha iniziato a scrivere il
suo Volume “Eu vi Jesus de Nazaré”,
pubblicato poi dalle Edizioni Vozes. Ritornato in Brasile, visse nel Convento di
Penha, in Villa Velha; poi a Curitiba, dove creò il Telebêncão; infine, fu Cappellano delle Clarisse nel Monastero S.
Chiara, in Nova Iguaçu.
* 20 luglio 2007: BOZZOLA FR. RINALDO,
BONO, nato ad Angiari (VR), della Prov.
Venetæ S. Antonii Patavini, Italia. Con
lui muore un’altra parte straordinaria
della presenza francescana veneta in
Centro America: 54 anni fa (1953), proprio il 20 luglio, partiva dal porto di Genova verso un’avventura di annuncio del
Vangelo, di testimonianza e di servizio ai
poveri. Per molti anni fu il più giovane
dei missionari italiani in Centro America. Nel volume “Eterna Primavera” viene così descritto: «Cuore aperto, lingua
schietta, amico sincero. Bono di nome e
di fatto...». È morto a Samayac, Guate-
mala, all’età di anni 80, di vita francescana 62 e di sacerdozio 55.
* 21 luglio 2007: CAROLINO FR. LUIZ, nato
a Guapiaçú, Brasile, della Prov. Neapolitanae S. Cordis Iesu, Italia. È stato un
Frate esemplare, entusiasta della vocazione religiosa e sacerdotale, parroco di
diverse comunità parrocchiali affidate
alla cura dei Frati Minori della Custodia
del Ss.mo Cuore di Gesù di San Paolo, in
Brasile, e formatore dei postulanti della
Custodia. È morto presso l’Ospedale
San Luca in Garça, Brasile, all’età di anni 61, di vita francescana 31 e di sacerdozio 24.
* 21 luglio 2007: MESEGUER MESEGUER
FR. DOMINGO, nato a Alquerías, della
Prov. Carthaginensis, Spagna. È morto a
Orihuela all’età di anni 84, di vita francescana 66 e di sacerdozio 61.
* 21 luglio 2007: PELLACHIN FR. RENATO,
GIUSEPPE, nato a Granze (PD), della
prov. Venetæ S. Antonii Patavini, Italia.
Nel 1951 partì per El Savador. Da quel
momento il popolo salvadoregno divenne la sua grande famiglia. Per essa prodigò le sue energie, facendosi carico delle necessità spirituali e materiali di quella gente. Ha donato la sua vita attraverso
un apostolato missionario, fecondo di
grazia e di pace, di servizio e di bene, insieme a fatiche e sofferenze. È morto nel
Convento Sacro Cuore in Saccolongo all’età di anni 84, di vita francescana 65 e
di sacerdozio 58.
* 24 luglio 2007: STOJIć FR. DOBROSLAV,
DOBROSLAV BONO, nato a G. V. Ograđenik, della Prov. Assumptionis BMV, Bosnia/Erzegovina. È stato Parroco, Cappellano, Guardiano. È morto a Dubrovnik, Croazia, all’età di anni 70, di vita
francescana 52 e di sacerdozio 46.
* 24 luglio 2007: STOJIć FR. DOBROSLAV,
DOBROSLAV BONO, nato a G. V. Ograđenik, della Prov. Assumptionis BMV, Bosnia-Erzegovina. È stato Guardinao e ha
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lavorato nella pastorale parrocchiale. È
morto nell’Ospedale di Dubrovnik all’età di anni 70, di vita francescana 52 e
di sacerdozio 46.
* 24 luglio 2007: SMOLIC FR. BERNARD,
MATIJA, nato a Dobrnic, della Prov. S.
Crucis, Slovenia. Si è dedicato con amore, fedeltà e semplicità al lavoro di sarto,
dando l’esempio di frate sereno, devoto
e molto rispettoso. È morto all’età di anni 91 e di vita francescana 64.
* 29 luglio 2007: BACIOCCHI FR. FRANCESCO, FERDINANDO, nato nella Repubblica
di San Marino, della Prov. Bononiensis
Christi Regis, Italia. Nei primi anni della sua vita religiosa si dedica alla questua
presso il Convento dell’Osservanza di
Bologna. Dal 1949 al 1959 risiede in diversi conventi: Cesena, Annunziata di
Bologna, Imola, Villa Verucchio, Rimini
Le Grazie e Annunziata di Parma. Svolge servizi fraterni della vita conventuale
come il cuoco e il sagrestano. Dal 1960
ad oggi risiede stabilmente all’Osservanza di Bologna dedicandosi alla questua, all’orto, alla sagrestia e alle tante
necessità del convento e del Seminario
minore. È morto a Bologna all’età di anni 87 e di vita francescana 72.
* 30 luglio 2007: MIGNOLI FR. BARTOLOMEO, ANGELO, nato a Fane di Negrar
(VR), della Prov. Venetæ S. Antonii Patavini, Italia. Frate semplice, di poche
parole, spesso misurate, parlava con la
sua persona: sguardo luminoso, cuore
accogliente, spirito servizievole, parco
anche nel sorriso, era il suo spirito a sorridere. A Chiampo, dove ha trascorso oltre 40 anni della sua vita, devoto servitore della Madonna della Pieve, dapprima
svolse il servizio di cuoco del convento
e del seminario, poi quello di portinaio e
sacrestano del santuario. È morto nell’Ospedale di Padova all’età di anni 88 e
di vita francescana 59.
* 31 aprile 2007: MERTENS FR. OLAF, KAREL, nato a Kasterlee, della Prov. S. Io-
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seph Sponsi BMV, Belgio. Missionario
in Congo dal 1948 al 1976 a volte anche
in situazioni molto difficili. Da sottolineare la sua fedeltà al popolo. Ritornato
in Belgio a motivo della salute, fu Parroco fino alla morte. Uomo molto socievole, è stato amato da tutti coloro che lo conobbero. È morto ad Halle all’età di anni 87, di vita francescana 67 e di
sacerdozio 60.
* 31 luglio 2007: MAIANI FR. MARCELLO,
FERRIERO, nato a San Paolo, Brasile, della Prov. Romanæ Ss. Petri et Pauli, Italia.
Ha iniziato come Formatore ed Insegnante nelle nostre Case di formazione.
Successivamente è stato Guardiano e
Parroco in vari luoghi della Provincia.
Tutti lo ricordano gioviale e fraterno. La
sua affabilità, la sua cordialità, nonostante le condizioni di salute, sono state
per tutti motivo di edificazione. È morto
nell’Ospedale “S. Camillo” in Roma all’età di anni 91, di vita francescana 75 e
di sacerdozio 67.
* 6 agosto 2007: MONS. VOMBÖMMEL LINO, OFM, Vescovo emerito di Santarém,
della Prov. Immaculatæ Conceptionis
BMV, Brasile. Era nato in Teresópolis,
SC, il 24 luglio 1934 ed era stato ordinato sacerdote il 15 dicembre 1962. Appena ordinato sacerdote si è recato in Giappone (1964-1967), dedicandosi allo studio della lingua e della cultura
giapponese. Si è dedicato al lavoro pastorale con i cattolici giapponesi e ha
fondato, in Brasile, la Pastorale Nipponico-Brasiliana. Fu Parroco nella Parrocchia san Francesco di Assisi, in Vila
Clementina, a São Paulo; Coordinatore
del Setor Episcopal Sul della Arcidiocesi di São Paulo; Segretario della Pastorale della Prov. dell’Immacolata; Presidente nazionale della Pastorale NipponicoBarsiliana. Fu anche Delegato apostolico per la missione giapponese, Definitore e Vicario provinciale. Il 25 maggio 1981 era stato eletto alla Chiesa titolare vescovile di Giunca di Bizacena e
nominato, allo stesso tempo, Ausiliare
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del Vescovo di Santarém. Il 15 agosto
dello stesso anno aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 9 giugno 1983 era
stato nominato Coadiutore con successione del Vescovo di Santarém, al quale
era succeduto per coadiuzione il 27 novembre 1985. Aveva rinunciato al governo pastorale dell’Arcidiocesi il 28 febbraio 2007. È morto a Santarém, PA, all’età di anni 73, di vita francescana 50, di
sacerdozio 44 e di episcopato 25.
* 6 agosto 2007: DE BRUYCKER FR. GEROEN, FRANS, nato a Gent, della Prov. S.
Iospeh Sponsi BMV, Belgio. Pittore di
talento, conosceva l’arte dell’affresco
con la quale ha arricchito molte chiese.
Dopo il Concilio, con l’aiuto di molti artisti, ha rinnovato 250 spazi liturgici.
Egli ha cercato di rinnovare l’arte sacra.
Le sue opere, anche i suoi paesaggi o le
opere profane, hanno tutte un timbro mistico. Considerava il suo lavoro come un
nuovo cantico delle creature. È morto in
Antwerpen all’età di anni 91, di vita
francescana 69 e di sacerdozio 63.
* 10 agosto 2007: VAN DEN BERK FR. JANJOZEF, ADRIANUS, nato in Eindhoven, della Prov. Ss. Martyrum Gorcomiensium,
Olanda. È stato missionario in Indonesia
ed in Brasile. Nel 1976 è tornato in Olanda, dove è stato Cappellano del carcere. È
morto ad Utrecht all’età di anni 82, di vita
francescana 61 e di sacerdozio 55.
* 12 agosto 2007: LAUTER FR. HERMANNJOSEF, JOSEF-EWALD, nato in Köln-Ehrenfeld, della Prov. Coloniæ Ss. Trium
Regum. Germania. Dal 1966 al 1988 ha
lavorato nella Redazione del Bollettino
pastorale dell’Arcidiocesi di Colonia,
offrendo la sua collaborazione con molti Articoli. Ha lavorato anche nella stessa Arcidiocesi per la formazione dei Sacerdoti e dei Diaconi. Negli ultimi anni è
stato un ricercato consulente per le questioni più attuali della Teologia e della
Chiesa. È morto in Euskirchen all’età di
anni 81, di vita francescana 60 e di sacerdozio 53.
* 13 agosto 2007: DE BONTE FR. FREDEGAND, RAOUL, nato a Ronse, della Prov. S.
Ioseph Sponsi BMV, Belgio. È stato missionario in Cile: prima a La Serena, dove
fu Guardiano, Parroco e Cappellano dell’Ospedale; poi Cappellano nel grande
Ospedale di Santiago. Ma in tutta la sua
vita apostolica è stato di sostegno agli ammalati e ha assistito i moribondi. Disponibile giorno e notte. Un uomo caritatevole,
pieno di attenzione per i suoi fratelli e per
tutti gli uomini. Ha vissuto gli ultimi sette anni di vita in Belgio. È morto a Ronse
all’età di anni 81, di vita francescana 58 e
di sacerdozio 53.
13 agosto 2007: VESELKA FR. SARKANDER,
JAN, nato a Nové Mĕsto na Morave, della Prov. S. Venceslai, Rep. Ceca. Sacerdote diocesano, è stato in prigione per
due anni e per parecchi anni ha lavorato
come operaio, non avendo avuto il permesso di svolgere attività pastorale. Dopo trent’anni dall’ordinazione sacerdotale è entrato nel nostro Ordine. Amante
della liturgia e della musica sacra, ha offerto un grande contributo all’attuazione
della riforma liturgica del Concilio Vaticano Secondo. Nell’ultimo periodo della
sua vita è stato Assistente delle Suore
francescane. È morto in Uherské Hradištĕ all’età di anni 88, di vita francescana 35 e di sacerdozio 64.
* 19 agosto 2007: VAN OPSTAL FR. DANIËL, ADRIANUS, nato ad Amsterdam,
della Prov. Ss. Martyrum Gorcomiensium, Olanda. È stato Parroco per 50 anni. È morto a Tegelen all’età di anni 78,
di vita francescana 57 e di sacerdozio 51.
* 20 agosto 2007: CARON FR. GASTON, nato a Drummondville (Québec), della
Prov. S. Ioseph Sponsi BMV, Canada.
Dopo aver insegnato inglese nel Collegio Serafico di Toris-Rivières, è stato
Parroco, dal 1968 1l 1982, nella Parrocchia St-Louis-de-France, Brownsburg,
della Parrocchia St-Esprit, St-Eustache.
Durante questo periodo, ha svolte varie
funzioni al servizio della Diocesi di St-
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Jérôme. In seguito è stato Guardiano del
Convento della Risurrezione, Montréal,
del Convento St-Sauveur, Ottawa. È stato anche Definitore provinciale dal 1966
al 1972 e dal 1981 al 1984. È morto nell’Infermeria provinciale in Montréal all’età di anni 82, di vita francescana 64 e
di sacerdozio 55.
* 23 agosto 2007: FERRANTE FR. ALESSANDRO, PIETRO, nato a Collepardo (FR),
della Prov. Romanæ Ss. Petri et Pauli,
Italia. Agli inizi è stato Insegnante nelle
Case di formazione. Dal 1948 al 1957 è
stato Commissario di Terra Santa. Ha
svolto poi vari uffici e servizi. Uomo di
fede, ha vissuto con zelo l’annuncio del
Vangelo; si è distinto per il suo cuore
aperto ed capace di vere relazioni fraterne verso tutti. È morto nell’Infermeria
provinciale “Regina Apostolorum”, in
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Roma, all’età di anni 95, di vita francescana 79 e di sacerdozio 72.
* 25 agosto 2007: CLAURE SAAVEDRA FR.
LEONARDO, JOSÉ ANTONIO, nato a Tarata,
della Prov. S. Antonii, Bolivia. È morto
nella Clinica Lourdes in Cochabamba all’età di anni 92, di vita francescana 75 e
di sacerdozio 66.
* 27 agosto 2007: RODRÍGUEZ FERNÁNDEZ
FR. TARSICIO, nato a Piñor de Cea, della
Prov. S. Iacobi a Compostela, Spagna. La
sua attività pastorale si è sviluppata, soprattutto, nella Custodia del Venezuela,
dove svolse vari uffici. È stato anche Direttore del Collegio di Caracas e Amministratore della Custodia. È morto a Caracas, Venezuela, all’età di anni 68, di vita
francescana 50 e di sacerdozio 43.
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SUMMARIUM FASCICULI
(An. CXXVI, MAII - AUGUSTI 2007 – N. 2)
EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS
1. Discorso all’Assemblea plenaria dell’Unione
Internazionale Superiore generali ...................223
2. Discorso di Benedetto XVI in occasione
della visita alla “Fazenda da Esperança” ........224
3. Saluto di Benedetto XVI alle Clarisse ..................226
4. Discorso all’Udienza generale del mercoledì ......227
5. Lettera al Primate di Ingheria, Card. Péter Erdő,
in occasione delle celebrazioni per l’VIII
Centenario della nascita di santa Elisabetta
di Turingia o d’Ungheria.................................230
6. Visita pastorale di Benedetto XVI ad Assisi
in occasione dell’ottavo centenario
della conversione di san Francesco.................231
1. Saluto alle Clarisse......................................231
2. Omelia nella concelebrazione eucaristica...231
3. Angelus .......................................................235
4. Saluto alle Suore cappuccine tedesche .......236
5. Discorso al Capitolo generale OFMConv...237
6. Discorso al clero, religiosi e religiose ........238
7. Discorso ai giovani .....................................242
7. Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale
della Gioventù ................................................246
8. Angelus, ................................................................251
1.
2.
3.
4.
5.
CONVENTUS CARDINALIUM
ET EPISCOPORUM OFM
Programma............................................................253
Partecipanti ...........................................................253
Cronaca .................................................................253
Saluto di benvenuto del Ministro generale............256
Riflessioni sul carattere ecclesiale
del carisma francescano ..................................257
6. La vita e la missione dell’Ordine ..........................266
7. Espiritualidad del Obispo franciscano ..................270
8. Omelia alla Concelebrazione conclusiva ..............277
9. Il «grazie» del Ministro generale ..........................280
10. Cardenales y los Obispos OFM a los hermanos
de la Orden de Frailes Menores ......................281
11. Lettera del Ministro generale a Benedetto XVI ....282
12. Lettera di ringraziamento
al Card. Giovanni Battista Re .........................283
EX ACTIS MINISTRI GENERALIS
1. Informe al encuentro de Presidentes
de las Conferencias 2007 ................................285
2. Omelia per la festa di S. Maria Mediatrice ...........291
3. Carta a los Hermanos jóvenes de la Orden
con ocasión del 3er. Capítulo de la Esteras.....292
4. Saluto ai giovani in occasione della
Visita di Benedetto XVI ad Assisi .................320
5. Omelia per l’invio di nuovi missionari .................322
6. Discorso in occasione del bicentenerio della
canonizazione di san Benedetto il Moro.........324
7. Carta a las Hermanas de la Orden de la
Inmaculada Concepción con motivo de la
fiesta de Santa Beatriz de Silva ......................326
8. Omelia in occasione della Festa del
Perdono d’Assisi.............................................328
9. Discorso in occasione della XXVII
marcia francescana ad Assisi ..........................329
10. Lettera del Ministro generale per la
Festa di santa Chiara .......................................332
E SECRETARIA GENERALI
1. Capitulum Intermedium Prov. Aprutiorum
S. Bernardini Senensis in Italia.......................337
2. Capitulum Intermedium Prov.
S. Ioseph Sponsi BMV in Belgio....................337
3. Capitulum Prov. Assumptioni BMV
in Herzegovina................................................337
4. Capitulum Intermedium Prov.
Trium Regum in Germania .............................337
5. Capitulum Prov. Saxoniae
S. Crucis in Germania.....................................338
6. Capitulum Prov. Thuringiae
S. Elisabet in Germania ..................................338
7. Capitulum Fed. Franciscanae in Marokio .............338
8. Capitulum Prov. Ss. Martyrum
Marochiensium in Portugallia.........................338
9. Capitulum Prov. S. Iacobi a Compostela
in Hispania ......................................................339
10. Capitulum Prov. Calabriae
Ss. Septem Martyrum in Italia ........................339
11. Capitulum Prov. S. Antonii Patavini
in Germania ....................................................339
Copertina: Vetrata nella Chiesa di San Francesco (Guadalajara, Jalisco - Messico)
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B07Indice:Indice 2° e 3° copertina
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12. Capitulum Prov. Neapolitanae
Ss. Cordis Iesu in Italia ...................................339
13. Electio extra Capitulum Prov.
Ss. Cordis Iesu in F.C.A.S...............................339
14. Capitulum Intermedium Prov. Valentiae
et Aragoniae S. Ioseph in Hispania .................340
15. Electio Cust. S. Antonii Tatavini in Philippinis.....340
16. Capitulum Prov. ss. Martyrum
Gorcomiensium in Nederlandia ......................340
17. Capitulum Prov. Samnito-Hirpiniae
S. Mariae Gratiarum in Italia ..........................341
18. Capitulum Intermedium Prov.
Mediolanensis S. Caroli Borromaei ...............341
19. Capitulum Intermedium Prov.
S. Crucis in Slovenia.......................................341
20. Capitulum Prov. Baeticae in Hispania ..................341
21. Capitulum Prov. Verbi Incarnati in Togo...............341
22. Capitulum Prov. Catalauniae
S. Salvatoris ab Horta in Hispania ..................342
23. Visitatores generales .............................................342
24. Domus suppressae.................................................342
25. Notitiae particulares ..............................................342
E SECRETARIATU
PRO FORMATIONE ET STUDIIS
1. Corso per Formatori OFM ....................................343
2. Incontro dei Formandi e Formatori
della Conferenza Nord-Slavica.......................343
3. Notitiae particulares ................................................345
1. Pontificia Università Antonianum ....................345
2. «Studium Biblicum Franciscanum» Hong
Kong a Ministro generale dependens .............346
3. Case di Noviziato ....................................................346
E SECRETARIATU PRO
EVANGELIZATIONE ET MISSIONE
1. Incontro dei missionari in Asia .............................349
2. Invio di nuovi Missionari ......................................350
3. Corso di formazione missionaria in Colombia......351
E POSTULATIONE GENERALI
1. Canonizzazione del Beato Antonio
di Sant’Anna Galvão.......................................353
1. Note di cronaca..........................................353
2. Omelia di Benedetto XVI ...........................354
3. Antônio di Sant’Anna Galvão .....................357
2. Decretum super miraculo B. Alfonsae
ab Immaculata Conceptione ...........................358
3. Decretum super virtutibus
SD Cleonildis Guerra......................................359
4. Decretum super virtutibus
SD Mariae Fidelis Weiss.................................361
5. Canonizzazione del Beato Simone da Lipnica......363
1. Cronaca ......................................................363
2. Omelia di Benedetto XVI ...........................364
3. Simone da Lipnica .....................................366
EX OFFICIO OFS
1. Isole Mauritius - Corso di formazione,
Visita e Capitolo elettivo dell’OFS .................369
2. Australia - Capitolo nazionale elettivo
dell’OFS di Oceania .......................................369
3. Croazia - I° Congresso nazionale OFS-GiFra
ed Incontro nazionale della GiFra...................369
4. Sicilia - Incontro con gli Assistenti e il
Capitolo delle Stuoie dell’OFS ......................370
5. Spagna - 1ª Assemblea Internazionale
della GiFra ......................................................371
6. Ucraina - Capitolo nazionale elettivo e
costituzione della Fraternità nazionale
dell’OFS .........................................................371
EX OFFICIO PRO MONIALIBUS
Lettera alle Sorelle Presidenti OSC.............................373
AD CHRONICAM ORDINIS
1. De itineribus Ministri Generalis............................375
1. Visit to the Philippines ....................................375
2. Visita al Perú.....................................................377
3. Il Ministro generale al Capitolo spirituale
della Provincia S. Michele Arcangelo ............378
4. Il Ministro generale alla Marcia
Francescana 2007 ..........................................379
5. Partecipazione alle celebrazioni della
Provincia dell’Immacolata in Polonia ...........381
2. Secondo incontro “Under 5/10”
della COMPI-Sud ...........................................381
3. XIII Sessione plenaria della
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ...382
4. Incontro dei Presidenti delle Conferenze
con il Definitorio generale ..............................383
5. L’incontro di Benedetto XVI
con le Clarisse e con i giovani
della «Fazenda da Esperança» ........................385
6. Visita di Benedetto XVI ad Assisi in
occasione dell’ottavo centenario
della conversione di san Francesco.................392
La visita al Santuario di San Damiano .................392
La visita alla Basilica di Santa Chiara .................392
La visita alla Basilica di
Santa Maria degli Angeli................................392
7. Terzo Capitolo Internazionale delle Stuoie
per i Frati “Under ten” ....................................393
1. Cronaca.............................................................393
2. Discorso conclusivo del Ministro generale.......400
3. Messaggio ai Ministri, Custodi
e a tutti i Frati.................................................403
8. Giovani di 19 Nazioni
all’«European franciscan meeting» ................405
1. Cronaca.............................................................405
2. Omelia del Ministro generale ...........................407
9. Notitiae particulares ................................................409
BIBLIOGRAPHIA
1. Libri.......................................................................411
2. Extracta .................................................................412
NECROLOGIA
1. Mons. Laurent R. Guibord OFM...........................413
2. Fr. Costantino Ruggeri ..........................................415
1. Profilo biografico .............................................415
2. Attività artistica ................................................415
3. Ricordo di Costantino Ruggeri .........................416
3. Anno 2007 mortui sunt .........................................418
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CENCI CESARE – MAILLEUX ROMAIN
Constitutiones Generales Ordinis Fratrum Minorum, I (Saeculum III).
Frati Editori di Quaracchi, Grottaferrata 2007, pp. 396.
«Tra le attività e le pubblicazioni programmate per celebrare l’Ottavo Centenario della fondazione dell’Ordine dei Frati Minori (1209-2009), con il Definitorio generale abbiamo deciso
di raccogliere in una sola collezione l’insieme delle Costituzioni generali dell’Ordine, dalle origini ai giorni nostri... Il lavoro è stato affidato ai Frati Editori di Quaracchi e, in particolare, a Fr.
Cesare Cenci e a Fr. Romain Georges Mailleux. Siamo orgogliosi oggi di presentare le primizie con la pubblicazione di questo primo volume: Constitutiones Generales Ordinis Fratrum
Minorum, I (Saeculum III). In esso si trova una nuova edizione critica di tutte le Costituzioni
generali del XIII secolo, fondamentali per la storia del primo secolo francescano...
Ringraziando di cuore Fr. C. Cenci e Fr. R. G. Mailleux per quanto ci offrono con questa
preziosa raccolta, che aiuta il lettore a tornare alle affascinanti origini del francescanesimo
con una rinnovata consapevolezza, auspico di cuore di poter presto vedere altri volumi di
ugual valore, che ci guidino attraverso la nostra storia fino ad oggi» (Fr. José R. Carballo, Ministro generale, Prefazione).
MANDOLINI GIANCARLO
Pacifico da Sanseverino, il penitente (1653-1721).
Un uomo, il suo tempo e la scelta francescana.
Provincia Picena San Giacomo della Marca, Tecnostampa, Loreto 2007, pp. 545.
Di san Pacifico da Sanseverino Marche (1653-1721) il Mandolini esplora tutto: dall’albero genealogico alla sua vocazione francescana e presbiterale, dal suo molteplice apostolato
fino ai documenti dei processi di beatificazione e di canonizzazione.
Il penitente di Sanseverino appartiene all’infinita schiera dei santi che hanno reso presente, pur nella diversità dei tempi, l’inesauribile vivacità della spiritualità francescana e del suo
carisma. E lo ha fatto vivendo il Vangelo di Cristo sine glossa nella perfetta conformità a
Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza del genere umano. A questo ha dedicato il
suo presbiterato, il suo ministero di evangelizzazione.
Con il suo lavoro, basato sulle fonti, lette con sapiente accuratezza, l’Autore esalta un santo attuale anche nel terzo millennio per le beatitudine evangeliche praticate e testimoniate
con esemplarità (L’Osservatore Romano, 13 luglio 2007, p. 5).
GARUTI ADRIANO
Patriarca d’Occidente? Storia e attualità.
Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2007, pp. 246.
Recentemente Benedetto XVI ha rinunciato ad usare per sé il titolo di Patriarca d’Occidente. Eppure il giovane teologo Josef Ratzinger aveva giustificato quest’appellativo del papa. Successivamente il suo pensiero si è sviluppato. Perché ha scelto di non usare più questo
titolo? Qual è l’origine e il senso dell’istituto del «patriarcato»? Quali i poteri dei patriarchi?
Qual è la visione della Chiesa soggiacente ad essi? Benedetto XVI non avrebbe forse dovuto
continuare ad usare un titolo accettato pacificamente dai vescovi delle Chiese ortodosse?
Quello del «patriarcato» si rivela come un nodo storico, ecclesiale ed ecumenico di primaria importanza per il futuro. E il Garuti con questa pubblicazione offre un contributo di
grande valore teologico all’interno dell’attualissimo dibattito ecumenico.
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fratrum minorum - Order of Friars Minor