Anno XI - Numero 62 - 18 ottobre 2005 L’Intervista Parla il direttore Will Humburg A Pag. 2 Guida all’ascolto Questo prologo della Tetralogia fra recitativo e canto A Pag 8e9 Il teatro di Bayreuth Il tempio wagneriano ancora feudo della Famiglia A Pag 11 Ludwig II di Baviera Il mistero della morte del Re, grande mecenate di Wagner A Pag 13 DAS RHEINGOLD di Richard Wagner Das Rheingold 2 Il Giornale dei Grandi Eventi Parla il direttore Will Humburg "Un grande recitativo, un pezzo di conversazione per musica" U n allestimento particolare questo del Das Rheingold. Particolare perché la scenografia è basata sulla fusione di elementi scenici fissi e proiezioni di immagini generate dal computer. «La cosa interessantissima è che non si può distinguere tra scene costruite e proiezioni. Soprattutto i cambi tra una scena e l’altra saranno tutti a vista, come voleva Wagner. E’ una cosa molto, molto magica… con significati ben precisi che accompagneranno il cambiamento del significato psicologico. Tutto sarà il più fedele possibile a ciò che voleva Wagner».A parlare è il direttore d’orchestra Will Humburg che torna sul podio dell’Opera di Roma dopo il Fidelio di Beethoven dell’ottobre 2004. Il suo rapporto con il teatro romano iniziò nel 2000 quando subentrò a Giuseppe Sinopoli nelle esecuzioni del Siegfried e Götterdämmerung. Diresse poi la prima assoluta di “Romanza, una favola romana” di Sergio Rendine nel 2002. D. Maestro, come ha pensato di interpretare musicalmente l’opera? «Io cerco di operare pochi interventi, decido al massimo il sinfonismo. Tutta la musica è strettamente legata alla scena e va vista attraverso di essa. Il tempo lo decide la scena, il cantante sul palco ed io, con la musica, devo fare l’interpretazione di quello che esprimono. Per questo ci sono delle pause: quasi ogni battuta è libera. Tutta l’opera è un grande recitativo, un pezzo di conversazione per musica e non un pezzo sinfonico con accompagnamento di voci». D. L’orchestra è stata rinforzata per l’occasione? «Nell’orchestra è stato inserito qualche elemento aggiuntivo, ma il fatto che l’esecuzione dell’Oro del Reno necessiti di un’orchestra grandissima è un mito da sfatare…. L’orchestra come l’aveva pensata Wagner, era la più grande fino ai suoi tempi, a parte Berlioz che aveva sognato un’or- ~ ~ La Copertina ~ ~ Henri Fantin-Latour, Scène premiere du Rheingold (1888) “Sul fondo del Reno – Crepuscolo verdognolo, più luminoso verso l’alto, più scuro verso il basso. La sezione alta è piena d’acqua ondeggiante, che fluisce senza sosta da destra a sinistra. Verso il fondo i flutti si sciolgono in una nebbia umida sempre più sottile, così che lo spazio, dal suolo all’altezza dell’uomo, sembra del tutto libero dall’acqua, la quale scorre via sopra al fondo color notturno come una fuga di nubi. Ovunque si ergono dal fondo scogliere scabre e delimitano lo spazio della scena; tutto il terreno è spaccato in dentellata confusione, così che in nessun luogo è completamente pianeggiante e in ogni direzione lasciano immaginare più fondi abissi nella più fitta tenebra”. (Preludio “Das Rheingold”) Il G iornale dei G randi Eventi Direttore responsabile Andrea Marini Direzione Redazione ed Amministrazione Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma e-mail: [email protected] Editore A. M. Stampa Tipografica Renzo Palozzi Via Vecchia di Grottaferrata, 4 - 00047 Marino (Roma) Registrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 © Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore Le fotografie sono realizzate in digitale con fotocamera Kodak DC290 chestra ancora maggiore; successivamente, nell’Elektra e nella Salomè di Strauss essa era concepita ancora più grande. Questa volta disponiamo di un pochino meno archi per una questione di spazio nella buca e, sempre per motivi di spazio, abbiano due arpe al posto di sei. Ma le sei arpe si utilizzano solo in un punto e rappresentano soltanto un’amplificazione del suono. Sono modifiche d’organico che si fanno in tutti i teatri: in nessun teatro del mondo c’è lo spazio sufficiente, a parte Bayreuth». D. Qual’è la sua lettura dell’Oro del Reno? «Sicuramente Wagner intendeva affrontare con quest’opera un discorso psicologico sulla società dell’800 a lui contemporanea, ma ha spostato la vicenda indietro – in un’era non definita - per esprimere meglio certe cose: infatti, descrivendo con i caratteri di Wotan l’Imperatore Guglielmo I sarebbe finito certamente in prigione. Usando il mito ha potuto esprimere più chiaramente certi concetti, ha potuto parlare più liberamente. Nel suo lavoro c’è una lettura filosofica tutta sua, a volte anche un po’discutibile, che poi ha cambiato dopo la lettura di Schopenhauer: all’inizio tutto era positivo ed infatti nella prima stesura del Crepuscolo vinceva l’amore e il messaggio era “Tu Sigfrido puoi regnare in pace”; poi ha capito che il mondo non andava così e la versione definitiva è più pessimista. Per me tutta la Tetralogia è di un pessimismo bestiale. Anche il Parsifal per me non è per niente un inno al germanismo ed alla Grande Germania come si vuol fare intendere. Per me Wagner non ha guardato tanto alla mitologia germanica, quanto piuttosto a quella greca, dove i personaggi hanno un significato intrinseco. Lui con queste opere ha inventato la psicanalisi 60 anni prima di Freud. C’è una psiche che si chiama Wotan, il quale parte come un “arrampicatore” che guarda al proprio piacere, ai propri vantaggi e poi impara che bisogna farsi da parte col proprio ego per qualcosa che va al di là del materialismo facendo parte di un mondo universale. In questo discorso tutti i personaggi possono essere visti come aspetti della psiche di Wagner: Donner è la sua aggressività repressa, Brunilde il suo coraggio ma anche creatività; Fricka la sua morale, il suo superego; Alberich il suo subconscio cattivissimo, quasi alla de Sade; Siegrfried la sua proiezione sul futuro, quello che avrebbe voluto essere dovendo rinascere. Questa non è una idea solo mia. Esiste un libro di Robert Donington (musicologo –1907-1990 - che ha completato la decima di Mahler) “The Ring and its Symbols”, un’interpretazione del simbolismo wagneriano in chiave junghiana. Io sono convinto, dalla storia e dalla biografia di Wagner, che lui ha dovuto scrivere le sue opere per poter sopravvivere perché altrimenti sarebbe impazzito: era pieno di problemi psicologici, dal dubbio di chi era suo padre, al fatto che era cresciuto solo con donne…. Lui si è sentito sfruttato dalle persone, ha sofferto come un cane ed ~~ ha fatto soffrire le persone. Perciò anche questo modo maniacale di lavorare, di concepire un opera lavorandoci 28 anni, portandola a termine come un buldozer, trovando alla fine, come per miracolo uno che gli finanziasse tutto. Pensare che ha concepito un’opera per un orchestra che non esisteva, per cantanti che non esistevano, per un teatro che non esisteva, con una tecnica che non esisteva, per un pubblico che non esisteva ..eppure ha incontrato come un miracolo Ludwig II , una cosa inimmaginabile». And. Mar. La Locandina ~ ~ Stagione Lirica 2005 Teatro Costanzi, 18 – 25 Ottobre 2005 DAS RHEINGOLD (L’Oro del Reno) Vigilia dell’Anello del Nibelungo Musica e Libretto di Richard Wagner Maestro concertatore e Direttore Will Humburg Regia, Scene, Costumi film e disegno luci Pier’Alli Personaggi / Interpreti Wotan Donner Froh Loge Alberich Mime Fasolt Fafner Fricka Freia Erda Woglinde Wellgunde Flossihilde Ralf Lukas Filippo Bettoschi Cesare Ruta Christian Franz Hartmut Welker Peter Keller Johann Tilli Philip Kang Katja Lytting Elisabete Matos Hanna Schwarz Rosa Ricciotti Sonia Zaramella Antonella Trevisan ORCHESTRA DEL TEATRO DELL’OPERA Nuovo allestimento In lingua originale con sovratitoli in italiano a cura di Prescott Studio, Firenze L’ultimo appuntamento al Teatro Costanzi 23 Novembre – 1 Dicembre LA SONNAMBULA di Vincenzo Bellini Direttore Regia Interpreti Bruno Campanella Pier Francesco Maestrini Stefania Bonfadelli, Nina Makarina, Dimitri Korchak, Enzo Capuano Il Das Rheingold Giornale dei Grandi Eventi C on L’Oro del Reno si apre la fase più matura e compiuta della produzione wagneriana. La partitura fu composta tra il novembre 1853 ed il 26 settembre 1854. La Tetralogia è stata per il compositore tedesco il fulcro della propria esistenza: un lavoro di 28 anni, sfociato poi nella straordinaria avventura del suo sogno, la costruzione di un teatro – quello di Bayreuth – innovativo nella concezione, destinato alla sola rappresentazione delle proprie opere. Questo lavoro, che è la vigilia o prologo dell’Anello del Nibelungo, torna all’Opera di Roma in forma scenica dopo ben 44 anni. L’ultima volta fu, infatti, l’8 febbraio 1961 diretta da Lovro von Matacic. Successivamente è stata proposta solo nel 1999 in forma di concerto diretta da Giuseppe Sinopoli. In totale questa è la settima volta in scena all’Opera di Roma: la prima fu il 3 aprile 1906, quindi come Tetralogia - fu riproposta nel 1938, 1939, 1943 (tutte dirette da Tullio Serafin) e nel 1953 e 1961. Questa edizione si caratterizza per un allestimento curato dallo scenografo Pier’Alli - davvero partico- lare: un connubio straordinario di scene fisse e proiezioni che si fondono in una visione unica, senza distinzioni. Una visione fantastica del mondo che ruota attorno a questa sorta di “buco nero” primordiale. Alla direzione torna il maestro tedesco Will Humburg che nel 2000 subentrò a Sinopoli nelle esecuzioni del Siefried e Götterdämmerung. 3 Le Repliche Giovedì 20 ottobre, ore 20,30 Venerdì 21 ottobre, ore 20,30 Sabato 22 ottobre, ore 18,00 Domenica 23 ottobre, ore 17,00 Martedì 25 ottobre, ore 20,30 L'Oro del Reno torna a Roma dopo 44 anni La Trama SCENA I - E’ l’alba del mondo. Il Reno scorre lento. Sulla sommità di uno scoglio, tra i flutti, brilla l’oro del fiume custodito dalle ondine Woglinde, Wellgunde e Flosshilde, le figlie del Reno, che scherzano e cantano liete. All’apparire del nibelungo Alberich, nano maligno venuto fuori da un crepaccio, tacciono. Alberich vorrebbe conquistarle ma loro lo respingono schernendolo. Mentre egli cerca di afferrarle. Un raggio misterioso, penetrato fra le tenebre, illumina lo scoglio e il nano, attratto da quel fulgore, ne chiede spiegazione. Incautamente Woglinde e Wellgunde, ignorando gli ammonimenti dell’avveduta Flisshilde, gli rivelano il segreto del fiume: chi, rinunciando all’amore, saprà forgiarsi un anello con l’oro del Reno avrà il dominio del mondo e tutte le ricchezze della terra. Alberich, accecato dalla cupidigia e ferito dal rifiuto delle ondine, rinnega l’amore, certo di potersi conquistare con il potere almeno il piacere e balzando sulla rupe strappa con forza l’oro dallo scoglio. Alberich, quindi, fugge via inabbissandosi tra i gorghi mentre le ondine provano piangendo ad inseguirlo. SCENA II - Wotan, l’anziano e stanco capo degli Dei, dorme su un prato fiorito con sua moglie Frika. Sulla vetta più alta, illuminata dal sole nascente, è Walhalla, la dimora degli Dei che Wotan ha fatto costruire ai giganti Fafner e suo fratello Fasolt. Frika si desta e sveglia il marito che orgoglioso loda il lavoro appena terminato dai giganti. Frika lo rimprovera però di aver promesso loro in pegno, come compenso per la costruzione del castello, la propria sorella Freia, dea dell’amore e della giovinezza. Nel frattempo entra in scena proprio Freia inseguita dai giganti armati di randello che reclamano il loro compenso. Fasolt è innamorato di Freia e la vorrebbe per allietare la sua dimora, mentre Fafner desidererebbe, tramite lei, privare gli Dei delle mele d’oro, frutto dell’eterna giovinezza, che la Dea sola sa coltivare. Wotan, il quale aveva ceduto Freia ai giganti su consiglio di Loge, Dio del fuoco, li schernisce in attesa che proprio Loge venga a trarlo d’impaccio. Anche Donner, Dio del tuono, e Froh, Dio di pace e fecondità, provano a dissuadere i giganti dai loro propositi su Freia, ma senza successo. Finalmente arriva Loge, che Wotan ha incaricato di risolvere la questione e furbescamente racconta dell’anello e delle ricchezze che ad esso sono legate. Fafner convince Fasolt a chiedere, quale ricompensa, l’oro al posto della Dea. Nonostante le preoccupazioni di Wotan il patto è fatto ed il termine per il pagamento è stabilito per sera, mentre i giganti terranno Freia in ostaggio. Il mondo degli Dei avvizzisce ed invecchia senza Freia. Wotan e Loge, fra gli auguri di buona fortuna, partono per il Nibelheim, regno del nano, alla conquista di oro e anello. SCENA III - La scena si apre nel Nibelheim, le viscere della terra. Qui Alberich ha ridotto in schiavitù i nibelunghi, costringendoli a scavare alla ricerca dell’oro e accumulando immense ricchezze. Suo fratello Mime ha forgiato per lui un misterioso oggetto che però gli tiene nascosto. Si tratta di un elmo magico che rende invisibile chi lo indossa e permette di trasformarsi in qualsiasi forma. Alberich, contro il volere di Mime se ne impossessa e fugge via. Frattanto arrivano Wotan e Loge che apprendono da Mime stesso l’accaduto. Torna anche Alberich, al cui cenno tutti i nibelunghi si ritirano gridando. Loge provoca Alberich, convincendolo a mostrare i prodigiosi poteri del suo elmo ed egli si trasforma in un drago. Alla richiesta di Loge di trasformarsi in qualcosa di più piccolo il nano, caduto nel tranello, si muta in rospo. Wotan lo immobilizza, Loge gli strappa l’elmo e il perfido nano, tornato alle sue fattezze, viene portato prigioniero nel mondo degli Dei. SCENA IV - La scena è di nuovo nel regno degli Dei. In cambio della libertà Alberich è costretto a cedere il suo oro e l’elmo. Wotan, notato l’anello al dito del nano lo sfila e lo prende come parte del riscatto. Alberich, conscio di aver perso ogni speranza di potere, lancia sull’anello una maledizione: chi non lo avrà vorrà averlo e chi lo possiede morirà! Ciò detto si dilegua. Si procede dunque al pagamento dei giganti che chiedono tanto oro quanto è necessario per ricoprirne la Dea. Per coprire i capelli di Freia, Fafner esige l’elmo magico e Fasolt, vedendo l’occhio della Dea da una fessura del manto d’oro che la copre, chiede che venga colmata. Il tesoro però è finito, allora Fafner pretende che sia l’anello a riempire la fessura. Wotan protesta dichiarando che l’anello deve essere restituito alle ondine. Dal suolo sorge Erda, la Madre Terra che ingiunge a Wotan di cedere l’anello e profetizza la fine stessa del regno degli Dei. Detto ciò scompare. Wotan turbato, acconsente e getta l’anello sul tesoro. I due giganti si spartiscono il bottino e litigano su chi dovrà tenere l’anello. Fafner con una randellata uccide Fasolt, avverando la maledizione del nano, ammassa il bottino e scompare. Gli Dei, tornata Freia, sono di nuovo giovani. Donner raccoglie le nebbie in una tempesta e Froh traccia un arcobaleno nel cielo. Usando l’arcobaleno come ponte gli Dei, ad eccezione di Loge che li abbandona per la loro ingenuità - si credono potenti e sono invece prossimi alla rovina - si avviano verso Walhalla, la loro nuova dimora. Dalle profondità del Reno si ode il triste lamento delle ondine per l’oro perduto. (m. e. l.) Il Giornale dei Grandi Eventi Das Rheingold 5 Christian Franz Ralf Lukas Loge, Dio del fuoco e consigliere di Wotan Wotan, capo degli Dei e custode dell’ordine universale A prestare la voce a Loge sarà Christian Franz. Originario di Monaco di Baviera, Franz ha studiato canto presso il Prof. Blashke a Monaco. Le sue prime esibizioni si sono tenute a Regensburg e a Wuppertal; successivamente Franz ha lavorato al Teatro lirico di Kassel, fino al 1999, interpretando, tra gli altri ruoli, Loge nel Das Rheingold, Siegmund e Siegfrid nel Die Walküre. A partire dalla stagione 2002/03 ha viaggiato per i teatri di tutto il mondo, cantando soprattutto nei ruoli di personaggi tedeschi come Loge, Siegmund, Siegfried, Tristan, Herodes. Tra gli importanti teatri in cui si è esibito ricordiamo la Staatsoper di Berlino, i teatri lirici di Francoforte, Dresda, Trieste, Colonia, Bonn, Tokyo, New York e Toronto. Nel 2001 ha esordito a Bayreuth come Siegfried ed è stato invitato per l’anno successivo allo stesso festival presso lo Staatsoper per interpretare il ruolo di Loge. Al Teatro dell'Opera di Roma si esibito due volte nel Die Zauberflöte (l'ultima volta nel 2004) ed ha partecipato all'inaugurazione della stagione 2004, nella prima assoluta della Marie Victoire di Respighi. I l ruolo di Wotan sarà interpretato da Ralf Lukas, che, nato a Bayreuth, ha studiato alla Hochschule der Künste di Berlino con W. Murray. Tra i vari concorsi vinti, c'è il “Concorso Internazionale dei Cantanti” di Hertogenbosch nel 1991. Dal 1987 al 2002 Lukas è stato membro dell'ensamble della Deutsche Oper Berlin, interpretando tra gli altri i ruoli di Donner (Das Rheingold), di Heerrufer (Lohengrin), di Biterolf (Tannhäuser) e di Beckmesser (Meistersinger). E’stato ospite di teatri come Hamburgische Staatsoper, Dresden Semperoper, Glyndebourne Touring Opera, Bayerische Staatoper e il Metropolitan Opera di New Hartmut Welker York. Nel 1999 ha ottenuto un grande successo nel suo esordio come Wotan in Das Rheingold allo Städtischen Bühnen Münster, che è stato seguito dall’esibizione nel Die Walküre, nel Siegfried e nel Die Götterdämmerung. Le opere wagneriane i esibirà nel ruolo di Alberich il baritono tedesco Hartrappresentano una parte mut Welker, che ha iniziato la sua carriera di cantante centrale del repertorio muall'Opera di Aachen. Membro della Staaystheater Karl- Christian Franz, Hartmut Welker, Ralf Lukas sicale di Lukas. sruhe per tre anni, è stato invitato ad esibirsi nei più grandi teatri lirici del mondo. Lo troviamo sul palcoscenico della Scala di Milano (dove è stato Telramund nel Lohengrin, Klingsor nel Parsifal, Philip Kang e Alberich nel Siegfried), al Festival di Edimburgo, al Maggio Musicale Fiorentino, alla Royal Opera House Covent Garden, presso l’Opera di Amburgo, di Berlino, di Monaco e di Vienna. Nel 1984 ha esordito a Chigago sotto la direzione di Claudio Abbado, debuttanhilip Kang sarà il gigante Fafner. Formatosi in canto presso il do in seguito al Metropolitan Opera di New York e a Filadelfia sotconservatorio di Seoul, in Corea, e a Milano presso la scuola di to la direzione di Riccardo Muti. Il suo debutto nel Ring di risale al Mario del Monaco, Kang è stato ospite di teatri prestigiosi sia 1998/99, presso Karlsuhe. Dal 2002 Welker ha interpretato il ruolo tedeschi che stranieri, come la Bayerische Staatoper München, la di Alberich nel Ring, sia al Festival di Bayreuth, sia all’Opera di DreStaatsoper Wien, e ancora l’Opera di Berlino, di Amburgo, di Zurisda. Quest’anno sarà impegnato nel Parsifal a Los Angeles, mentre go, di Madrid, di Londra, del Tanglewood Festival (negli USA), di nel 2006 canterà a Nizza, Dresda (di nuovo nel Ring), Bayereuth, Bruxelles. Dal 1988 canta presso la Bayeeuth Hunding nei ruoli di Tokyo. Accanto all’attività operistica, Welker si dedica all’attività Fafner e Hagen. concertistica ed alle produzioni televisive. Alberich, il nano offuscato dalla sete di potere S Fafner, fratello assassino P Johann Tilli Il gigante Fasolt, vittima dell’anello S arà Johann Tilli ad interpretare il ruolo di Fasolt. Nato nel 1967 in Finlandia, Tilli ha studiato canto presso l'Accademia Sibelius di Helsinki; ha lavorato dal 1990 al 1996 alla Staatsoper di Amburgo, poi per due anni alla Deutsche Opera am Rhein di Düsseldorf, e attualmente è membro del Sächsische Staatsoper di Dresda. E' stato ospite di teatri importanti quali l'Opera di Berlino, la Bühnen der Stdt di Köln, la Städtische Bühnen Frankfurt, la Staatsoper München, la Finnische Staatsoper Helsinki, la Bayereuth Festspiele, la Opernfestspiele Savolinna. Il suo repertorio comprende opere di Beethoven, Mozart, Puccini, Rossini, Tschaikowsky, ma soprattutto di Verdi e di Wagner (di cui ha interpretato Das Rheingold, Die Walküre, Siegfrid, Der fliegende Holländer, Tannhäuser, Tristan und Isolde, Lohengrin, Meistersinger, Parsifal). Katja Lytting Fricka, moglie di Wotan L a voce di Fricka sarà quella di Katja Lytting. Dopo aver iniziato lo studio del canto in Svezia, suo paese natale, Lytting ha proseguito diplomandosi al Conservatorio di Bologna. E' vincitrice del "Philadelphia Opera Company - Luciano Pavarotti Voice Competition". Si è esibita al Teatro Regio di Torino, al Teatro della Scala, al Maggio Musicale Fiorentino; all'estero a Bilbao, a Siviglia, in Olanda, a Copenhagen, a Colonia, a Gothenburg, a Vienna, in Gran Bretagna, a Marsiglia. Il suo repertorio è ricco anche dal punto di vista concertistico. Ha collaborato con grandi direttori d’orchestra, tra cui Bychkov, Gavazzeni, Giulini, Inbal, Muti e Sinopoli. Lytting è stata anche ospite del Teatro dell'Opera di Roma, dove ha interpretato Tristan und Isolde nel ruolo di Bragäne. Tra i altri ruoli wagneriani in cui si è esibita, ricordiamo anche come Fricka ne Die Walküre. Pagina a cura di Diana Sirianni – Foto di Corrado M. Falsini 6 Das Rheingold Il Giornale dei Grandi Eventi Concetti fondamentali della musica di Wagner Leitmotiv e Melodia infinita in contrapposizione alle Forme chiuse L’ anello del Nibelungo costituisce una delle opere più straordinarie che siano mai state concepite. Grandiose le dimensioni (quattro opere di circa quattro ore e mezza l’una!); grandiosi gli organici; grandiosa la concezione filosofica che le ispira. Sul piano musicale il “Ring” segna la piena affermazione dello stile e delle tecniche tipiche del linguaggio wagneriano che si staccò totalmente dall’opera alla moda di stampo italiano o francese. Wagner critico Sull’opera italiana e francese Wagner coniò la definizione di “musica assoluta” che comparve per la prima volta in uno scritto sulla “Nona Sinfonia” di Beethoven. Era un termine riferito alla musica strumentale e ricorreva spesso nelle due opere teoriche “L’opera d’arte dell’avvenire” del 1849 e “Opera e dramma” del 1851. Il termine “musica assoluta” ha in Wagner accezione negativa poiché essa è una forma difettiva, essendo staccata dalla parola e dal gesto. Wagner emise un giudizio negativo anche sulla musica operistica italiana e francese criticando il fatto che il collegamento esistente tra musica e parola fosse artificioso ed esteriore. La critica al teatro dell’epoca si può sintetizzare in due aspetti fondamentali. Il primo deriva dalla polemica contro l’opera impresariale, asservita a logiche di mercato: per Wagner il teatro è un luogo mistico in cui si compie un rito cui assistere con una particolare concentrazione (anche se non va dimenticato che con il tempo anche Bayreuth si è trasformato in un luogo di turismo culturale!). Il secondo punto riguarda invece il fondamentale rapporto fra musica e poesia. Il L’evoluzione dei nomi del Ring E’ cosa nota che L’Oro del Reno (Prologo o Vigilia dell’Anello del Nibelungo) fu battezzato in origine Il furto dell’oro del Reno (solo in relazione all’Abbozzo del 1852, che tuttavia recava, con il punto interrogativo il titolo definitivo. Questo è già presente nell’edizione privata del poema, pubblicata in Svizzera nel 1853 in soli 50 esemplari). Più articolata e complessa è la modifica del titolo delle ultime due Giornate dell’Anello: Sigfrido e Crepuscolo degli Dei furono per lungo tempo denominati rispettivamente Der junge Siegfried (Il giovane Sigfrido) e Siegfrieds Tod (Morte di Sigfrido), fatto dovuto essenzialmente alla composizione a ritroso del poema nibelungico. In genere le biografie e le cronologie (Martin Gregor-Dellin, Kroplin) collocano nel settembre del 1856 il periodo della decisione di Wagner di variare il titolo dei due poemi. Nell’Autobiografia “La mia vita” Wagner spiega: «dovetti anche dare un nuovo titolo all’ultimo dramma, corrispondente al suo reale rapporto all’intero poema e lo intitolai Crepuscolo degli Dei, mentre Il giovane Sigfrido, non avendo più per oggetto un episodio isolato della vita dell’eroe, ed assumendo invece la sua giusta posizione nella cornice complessiva, accanto alle altre figure principali, poté chiamarsi semplicemente Sigfrido». La collocazione della data è basata essenzialmente sulle annotazioni di Wagner negli Annalen (contenuti nel Braunes Buch, “Il libro bruno”) e sulla lettera a Franz Miiller del 22 maggio 1856. Ma successive testimonianze comprovano che nella mente di Wagner convissero a lungo entrambi i titoli. Nelle missive ad August Rockel e a Karl Klindworth (23 e 25 agosto 1856) compaiono ancora i titoli originari. Gli estensori del Catalogo delle opere wagneriane sostengono giustamente che la denominazione definitiva sia da correlare solo con l’edizione a stampa dell’Anello del 1863. Infatti, ancora nella lettera del 28 agosto 1859 ad Otto Wesendonck con l’abbozzo del contratto di cessione dei diritti sull’opera e nel 1861 (lettera del 17 ottobre all’editore Schott), i due drammi sono denominati Der junge Siegfried e Siegfrieds Tod. F.G. nodo di partenza è il famoso enunciato su cui si dibatte dalla nascita dell’opera: è la erano dunque entrambe al servizio del dramma. Leitmotiv e Melodia infinita L’ultimo ritratto di Wagner del 12 febbraio 1879 musica a servizio della poesia o viceversa? Wagner, che fu sempre autore tanto della musica quanto del testo, non attribuì alcuna supremazia a una delle due parti in causa perché aggiunse una terza “variabile”, il dramma, inteso come azione. Musica e poesia Wagner, nel citato saggio sulla “Nona Sinfonia”, affermò di voler partire da dove Beethoven si era fermato, ovvero da una struttura sinfonica nella quale la voce avesse una valenza nuova. Tale continuità è affermata non solo sul piano ideologico, ma anche su quello tecnico-compositivo. Già nei primi scritti teorici, la struttura musicale del dramma era definita come una “trama di motivi” che doveva abbracciare tutta l’opera e non solo alcune parti di essa. Concetti fondamentali del teatro wagneriano sono quelli di “melodia infinita” e “leitmotiv”. “Leitmotiv” (il termine fu coniato da Hans von Wolzogen, autore della prima guida all’Anello del Nibelungo nel 1876) significa “tema conduttore” e indica in Wagner un’idea musicale che il compositore associa o a un personaggio, o a una situazione, o a un sentimento; il ritorno di quella situazione è, dunque, sottolineata dal riapparire del tema, nelle voci o in orchestra. “Melodia infinita” definisce invece il flusso musicale continuo del discorso. Importante in Wagner fu la scomparsa delle forme chiuse che caratterizzavano il teatro italiano e francese dell’epoca. Ne nasce, dunque, un discorso musicale aperto, senza ripetizioni, interruzioni, ecc. Le voci sono spesso trattate come strumenti, si mescolano a questi, non sempre hanno i temi principali che magari emergono dall’orchestra, il che richiede spesso agli interpreti voci davvero potenti, in grado di non essere sommerse dal mare di suoni provenienti dal golfo mistico. Francesca Oranges L’evoluzione dei nomi dei personaggi Nel corso della composizione dell’Anello - dalla stesura del saggio I Nibelunghi, agli Abbozzi della Morte di Siegfried (1848), de La Valchiria e de L’Oro del Reno, fino alla prima edizione pubblica (1863) Wagner modificò non solo i titoli delle due ultime Giornate, ma anche i nomi dei personaggi che, com’è noto, erano in massima parte derivate dalle sue fonti mitiche (fra le principali le raccolte poetiche del XIII Sec. Edda e Nibelungenlied). Altri nomi invece (le tre Figlie del Reno, le otto Valchirie), anch’essi peraltro in parte modificati nel corso del tempo, sono squisita invenzione del Maestro. Negli Abbozzi rinveniamo dunque numerosi nomi lievemente diversi da quelli definitivi, che talora coesistono già nel corso dello stesso Abbozzo (es. Fro e Froh). Questi nomi hanno generalmente una maggior congruenza, anche sotto l’aspetto ortografico, con la lingua tedesca rispetto agli originali che tradiscono la derivazione scandinava. In taluni casi, i nomi degli Abbozzi sono già quelli definitivi (Alberich, Hunding, Hagen). È opportuno inoltre precisare che i nomi dei personaggi del Nibelungen-Mythus(la cui composizione - ottobre 1848 - è precedente a quella di tutti gli Abbozzi in prosa) compaiono già nella loro versione finale. Questa discordanza è dovuta al fatto che il Maestro, poco prima della pubbli- cazione del Nibelungen-Mythus nel secondo volume delle Gesammelte Schriften und Dichtungen (1871), apportò alcune correzioni su una copia dell’abbozzo del 1848, modificando tra l’altro i nomi dei personaggi congruentemente con quelli dell’edizione dell’Anello pubblicata nel 1863. Il ritrovamento, negli Archivi del Museo di Villa Wahnfried in Bayreuth, di questa copia corretta da Wagner di proprio pugno è recente. Abbiamo riunito in una tabella i nomi adottati da Wagner negli Abbozzi in prosa, indicandone a fianco il corrispondente, ben noto, che si ritrova nei poemi dell’Anello. La tabella riporta, per completezza, anche quei pochi nomi che non si riferiscono a personaggi, come la spada invincibile di Siegmund (prima) e di Siegfried (poi), denominata Balmung nelle fonti originali, e da Wagner ribattezzata Notung, «figlia della necessità». F.G. Balmung = Notung Bronnlinde = Woglinde Brünhild[e] = Brünnhilde Donnar = Donner Flosslinde = Flosshilde Freija = Freia Frigga = Fricka Frikka = Fricka Fro = Froh Geerhilde = Gerhilde Griemhilde = Grimhilde Gudrun[e] = Gutrune Helja = Hella Loke = Loge Rosswilde = Rossweisse Siegelind[e] = Sieglinde Sieglind = Sieglinde Sigelind[e] = Sieglinde Sigmund = Siegmund Wodan = Wotan Woghilde = Woglinde Il Giornale dei Grandi Eventi Das Rheingold 7 La prima del Rheingold e la fine di un’amicizia regale Scandali e contrasti per il primo allestimento dell’opera teatro Karl von Permento scenico: nani trasformanimpazienza di un giovafall, che si rivolse ti in draghi, ponti di arcobaleno, ne Re e la prudenza del direttamente al Re. dorate città celesti e molti altri maturo Wagner, la geQuando Ludwig II elementi del fantastico sogno nerosità del mecenate e l’avidità apprese che Richter wagneriano, costituivano quasi insaziabile del musicista, l’autoaveva affermato di insormontabili sfide per la scecrazia del Sovrano e l’impotenaccettare ordini sonotecnica dell’epoca. za dell’artista: questi i fronti lamente da WaFu chiamato il geniale scenoestremi che resero la prima rapgner, reagì da vero grafo Karl Brandt, che, pur ripresentazione dell’Oro del Reno, autocrate e scrisse solvendo molte questioni, douna vicenda tormentata, densa al Segretario di corvette scontrarsi con il problema di contrasti e di malumori, cui si te: «Il comportamendella scena iniziale del nuoto mescolarono scandali di varia to di Wagner e della delle Ondine. Dapprima si apnatura. plebaglia di teatro è pesero le cantanti ad alti carrelli Era il 1869 quando il re di Baassolutamente sfronsospesi, mossi dai macchinisti viera Ludwig II, grande protettato e criminale. E’ attraverso speciali tiranti. tore e ammiratore di Wagner, un’aperta rivolta Quando una delle Ondine si scriveva al compositore: contro i miei ordini e sentì male e rigettò addosso ai «Vi imploro, caro amico, fate tutto questo non posso tolmacchinisti sottostanti, si decise ciò che è possibile per rendere possilerarlo. Richter non saggiamente di affidare i ruoli bile questa rappresentazione: oh, ho deve in nessun caso ad alcune ballerine e di far canbisogno di queste gioie per non esdirigere e se ne deve tare le cantanti dietro le quinte. sere inghiottito dalla vita banale di andare immediata- Franz Wüllner, primo direttore del Rheingold Il 27 agosto 1869 si diede la proogni giorno!» mente! ». va generale alla presenza del Re Pur avendo terminato Das rio di puttane». Vane risultarono le suppliche di e di 500 invitati. Pur ottimamenRheingold già nel 1854, Wagner Addolcito dal successo dell’oWagner al Sovrano, così il comte riuscita l’esecuzione musicavoleva attendere il completapera, Ludwig scrisse a Wagner positore non poté far altro che le, la messa in scena si rivelò dimento delle altre tre opere del scusandosi per averlo maltrattasfogarsi con il nuovo direttore sastrosa. Così, mentre lo scenoCiclo del Ring, prima di rappreto: «...Mi rendo conto del mio erdesignato, Franz Wüllner: «Stagrafo Brandt lottava con le leggi sentarla. Tuttavia, considerato rore e mi dispiace. I miei sentite in guardia e non toccate il mio della fisica per rendere finalche Ludwig aveva già anticipamenti di amicizia per Voi sono più spartito Signore, o andrete all’inmente credibili le atmosfere legto migliaia di gulden (moneta forti che mai, i Vostri ideali sono i ferno. Potete dire al Vostro amico gendarie dell’opera, il direttore bavarese dell’epoca) per l’intera miei e servirVi è la mia missione Perfall di andare dal Re e rendere Richter, resosi conto di una posTetralogia, che per contratto sulla terra». piena confessione della sua totale sibile catastrofe, avvertì Waavrebbe dovuto essere conseNon passò molto tempo che incompetenza. Avete bisogno di gner, chiedendogli di far rinviagnata entro il 1867, il composiLudwig chiese a Wagner di molte lezioni da me prima di riuscire a tutti i costi la prima, previtore si decise - obtorto collo - a mettere in scena la seconda opere a capire che non capite nulla». sta per il 29. Inoltre, lo stesso Ricollaborare per gestire la delicara del Ciclo: La Valchiria. Il comPer smorzare tali tensioni chter, per seguire zelantemente ta messinscena dell’opera prespositore credette di poter chieLudwig di Baviera, tramite il le indicazioni di Wagner, si era so il Königliches Hof- und Nadere a buon diritto un anno per suo segretario, impedì a Wamesso in urto con il direttore del tionalthater di Monaco. il lavoro. Ma il Re non gli acgner di recarsi a MoSuo primo intento fu cordò neppure questa volta il naco, perché le prove di imporre un direttempo richiesto. Il compositore, di Wüllner non fostore d’orchestra che esasperato, gli scrisse: «...Desidesero intralciate. seguisse scrupolosarate, mio Grazioso Sovrano che il Parve incredibile che mente le sue direttilavoro venga fatto come voglio io il Sovrano, che da ve. Infatti, il povero oppure no? O desiderate soltanto anni aveva finanziaHans von Bülow, aggravare le mie difficoltà?». to e lusingato Wache l’anno prima Ludwig non apprezzò il tono gner contro il parere aveva diretto i Maediretto della lettera e non rispodei suoi funzionari, stri Cantori di Norimse neppure. L’anno dopo il Re questa volta si fosse berga, completamenfece mettere in scena La Valchiservito proprio di lote esaurito a causa ria, ignorando le consuete riro per tenerlo lontadella relazione amochieste di dilazione del compono. rosa tra sua moglie sitore, il quale gli espresse il doLa prima dell’Oro del Cosima e Wagner, lore per “l’inaudito trattamenReno ebbe finalmente questa volta diede to” riservato ai suoi lavori. Il luogo il 22 settemclamorosamente formonarca si offese ancora e da albre, senza il compofait. lora il rapporto fra i due si comsitore, e fu un sucLa scelta cadde sul promise irrimediabilmente. Wacesso clamoroso, sogrande direttore gner non aveva capito una cosa prattutto per Hans Richter, ma fondamentale: Ludwig pur Ludwig. Anche la con questa sostituamando alla follia la musica ed i stampa si dimostrò zione si ovviò solariferimenti leggendari delle generalmente favomente ad una piccoopere wagneriane, non poteva revole, a parte la la parte dei problemi tollerare che si mancasse di ristoccata del Bayeriche ancora rimanespetto al suo ruolo di Sovrano, sche Vaterland che vano da risolvere e che si mettesse in discussione la definì la scena delle che riguardavano propria Autorità. soprattutto l’allesti- La prima rappresentazione dell’Oro del Reno a Monaco in una stampa dell’epoca Ondine «quell’acquaAndrea Cionci L’ Das Rheingold 8 Il Giornale dei Grandi Eventi Guida all’ascolto dell’Oro Questo prologo della Tetralogia fra re D opo una notte insonne e febbrile, il giorno dopo mi costrinsi a passeggiare attraverso le colline dei dintorni, rivestite di boschetti di pini. Tutto mi pareva nudo e deserto e non capivo che ci stessi a fare. Tornato a casa nel pomeriggio, mi distesi stanco « corrente d’acqua. Il suo rumorio mi determinò ben presto come un suono musicale e precisamente l’accordo di mi bemolle maggiore, dissolto in arpeggi continuamente ondeggianti: questi arpeggi si configurarono in forme melodiche sempre più mosse, ma senza mai uscire dalla tria- fluire a me la corrente di vita». Così nella sua Autobiografia (“La mia vita”), Richard Wagner raccontò l’emozionante genesi, nella sua fantasia, del preludio dell’Oro del Reno, durante il suo soggiorno in Italia nel 1853 a La Spezia. Un viaggio in mare alquanto movimentato (da un’altra traversata, anni prima, aveva tratto l’ispirazione per L’Olandese volante) e poi quell’arpeggio di mi bemolle maggiore sempre più mosso, sempre più agitato, a dare il senso del fluire dell’acqua, un turbinio d’onde che fa pensare anche a “La Moldava” di Smetana. Il Prologo Richard Wagner in un ritratto del 1968 morto sopra un duro giaciglio, aspettando il sonno lungamente agognato. Esso non venne; caddi invece in una specie di dormiveglia, nel quale ebbi improvvisamente la sensazione di sprofondare in una forte de pura di mi bemolle maggiore che con la sua continuità pareva prestare una significazione infinita all’elemento in cui io sprofondavo. Con la sensazione delle onde che ora rumoreggiavano alte su di me, mi destai bruscamente atterrito dal mio dormiveglia. Tosto riconobbi che mi si era rivelato il preludio orchestrale dell’Oro del Reno quale io lo portavo in me senza pure averlo potuto distinguere esattamente. E rapidamente compresi anche qual era la mia condizione: non dall’esterno ma soltanto dall’animo mio doveva L’Oro del Reno (inizialmente Il furto dell’Oro del Reno), pur essendo il Prologo della Tetralogia, fu l’ultima parte ad essere concepita sul piano testuale e drammaturgico. Nacque, cioè, come esigenza di dipanare la vicenda esponendo l’antefatto, ovvero il furto dell’oro (che naturalmente simboleggia il potere e la ricchezza), per il possesso del quale si scatenerà una guerra senza esclusione di colpi con la conseguente rovina totale. La necessità di presentare e chiarire si riflette naturalmente nella partitura musicale. Pur scritta in un ampio lasso di tempo, la Tetralogia appare, infatti, di incredibile compattezza e coesione interna, proprio in virtù delle scelte linguistico-formali adottate dal musicista-poeta. La concezione generale Nel Ring, i cui testi trassero spunto dalla raccolta di canti poetici norreni “Edda” risalente al XIII sec. e dal “Nibelugenlied” poema epico del medioevo tedesco, giunge a compimento il nuovo concetto di dramma varato da Wagner e da lui illustrato e teorizzato in vari saggi di estetica (ad esempio, “Opera e dramma”, 1851, uno dei testi teorici più importanti del compositore in cui è vagheggiata l’idea di un teatro fortemente nazionalistico). Scomparsa ogni traccia di forma chiusa, il discorso musicale è dominato da una sorta di “Sprechgesang”, un declamato che oscilla fra il recitativo e l’arioso, anche se qua e là affiorano cellule tematiche di maggior slancio melodico. Abbondano, naturalmente, i Leitmotiven che non sono una invenzione di Wagner (altri li avevano già usati prima di lui e altri dopo di lui ne avrebbero fatto un impiego abbastanza evidente: pensiamo a Puccini e a “Boheme” con il tema di Mimì). In Wagner però l’adozione del Leitmotiv non vuol dire solo associare un tema a un personaggio o a un episodio; significa invece, come accade straordi- nariamente in tutta la Tetralogia, dare voce a intimi sentimenti, a momenti psicologici particolari, a situazioni il cui ritorno e il cui intreccio comporta il ritorno e l’intreccio dei temi stessi. Si crea cioè una “gabbia” musicale intricata, nella quale spesso dai temi base si generano altri elementi tematici, a indicare che una situazione scaturisce da un’altra precedentemente illustrata. Quattro scene L’oro del Reno è ripartito in quattro scene. La prima può essere considerata una sorta di “prologo al prologo”. L’entrata del nano Alberich, l’incontro-scontro con le tre Ninfe, figlie del Reno, il gioco di seduzione e di inganno delle ragazze ai danni del Nibelungo, poi la decisione di quest’ultimo di sottrarre l’oro. Wagner introduce una serie di temi che si pre- Il Das Rheingold Giornale dei Grandi Eventi 9 del Reno citativo e canto sentano individualmente per poi, gradualmente mescolarsi, intersecarsi in una trama contrappuntistica di forte effetto. Temi con caratteri assai definiti e che torneranno nel corso dell’intera Tetralogia. Così il tema dell’oro è imponente e sereno con il suo arco melodico che va verso l’acuto, mentre quello della rinuncia all’amore è un ripiegarsi in se stesso dopo un apparente slancio verso l’alto. Le tre scene successive sono chiaramente organizzate rispettando l’unità di tempo. La seconda scena inizia all’alba, la quarta termina al tramonto. Nella seconda (in re bemolle, la stessa tonalità con cui si conclude “Il crepuscolo degli Dei”: come dire che la vicenda inizia davvero con questa scena e la prima, in mi bemolle ha solo un carattere introduttivo) compare il dio Wotan, annunciato dal tema del Walhalla, maestoso, con una ritmica incisiva. Di tutt’altro spirito (violento, dall’incedere aggressivo) il tema dei giganti (Fasolt e Fafner) arrivati a chiedere la ricompensa pattuita (la fresca Freia, dea della giovinezza, accompagnata da un tema di particolare bellezza melodica) per aver edificato una possente rocca per gli Dei. E’ un momento musicalmente straordinario per l’atmosfera lugubre, carica di tensione che vi si avverte. Nella terza scena, Wotan scende nelle viscere della terra dove Alberich, in virtù dell’oro, dell’anello che si è confezionato e dell’elmo magico che si è fatto costruire è il dominatore del suo popolo, ridotto in schiavitù. Ricorrono temi già sentiti che richiamano al personaggio del nano, alla schiavitù ed al potere. Alberich, ingannato da Wotan e dal Dio del fuoco Loge perde il controllo sull’oro e sui suoi strumenti e viene ridotto all’impotenza. La quarta scena, significativamente tesa verso il tramonto contiene l’elemento scatenante di tutto il dramma: Wotan, invece di restituire l’oro al Reno lo tiene per sé, mentre dal fiume sale il lamento delle ondine: «Oro del Reno! Schietto, fedele solo è nel profondo: falso e vile è quel che lassù trionfa». L’orchestra wagneriana Vale la pena sottolineare la magnifica e possente orchestrazione di questo dramma e, in generale, dell’intera “Tetralogia”. Wagner, come è noto, utilizza un’orchestra incredibilmente ingigantita con anche l’inserimento di strumenti da lui stesso inventati (le cosiddette tube wagneriane). L’artista tedesco non puntava solo ad una maggior potenza sonora, ma so- prattutto era interessato ad una più ricca tavolozza di colori, con molteplici possibilità di sfumature. L’orchestra prescritta da Wagner per Bayreuth prevedeva sedici violini primi, sedici violini secondi, dodici viole, dodici violoncelli, otto contrabbassi e, nei legni, ciascuna famiglia su base quattro (ad esempio tre flauti più ottavino, tre oboi più corno inglese ecc.). Particolarmente nutrito il settore ottoni. Insomma l’orchestra wagneriana, punto di partenza per il grande sinfonismo tardo-ottocentesco è un incredibile, enorme strumento dalle infinite possibilità timbriche e foniche, adatto quindi ad evocare le più intime e le più grandiose suggestioni. Al debutto nessun artista a ringraziare il pubblico Come è noto l’intera Tetralogia fu presentata per la prima volta nel nuovissimo teatro di Bayreuth fra il 13 e il 17 agosto 1876. Quel teatro che inizialmente Wagner – lo racconta nella sua autobiografia, forse anche per creare il proprio mito – aveva pensato di far costruire in legno sulle rive del Reno e dove avrebbe voluto rappresentare l’intera Tetralogia, alla fine della quale, con un gesto degno di passare alla storia, avrebbe voluto distruggere teatro e parti- ture in un grande rogo. Ma questa è forse solo leggenda frutto dell’abile autopromozione del compositore. Il 13 agosto andò in scena L’oro del Reno. Fra il pubblico varie teste coronate e molti artisti, fra i quali Liszt, Saint-Saens, Grieg. Lo spettacolo non ebbe intervalli, il pubblico assistette in religioso silenzio, completamente conquistato dalle atmosfere wagneriane e, alla fine, quando si spensero gli ultimi suoni, dopo un momento di silenzio, scoppiarono applausi incontenibili con grandi acclamazioni nei confronti dell’autore e degli interpreti. Nessuno, tuttavia, si presentò al proscenio a ringraziare e tale atteggiamento lasciò sbigottita la platea. Fu Wagner, il giorno dopo, a spiegare il motivo di tale comportamento. Era stato lui stesso a chiedere agli artisti di rimanere nei camerini. La Tetralogia durava quattro giorni ed in quei quattro giorni il pubblico doveva conservare la loro immagine nel contesto del dramma. L’opera, insomma, non era più un semplice spettacolo cui assistere per piacere: era una sorta di rito che richiedeva immedesimazione, attenzione e un coinvolgimento totale. Roberto Iovino 10 Das Rheingold Il Giornale dei Grandi Eventi L’Autore della musica e del libretto Richard Wagner, compositore a tinte forti «C onvinto che le opere di Wagner che avevo ascoltato esprimevano le più alte verità, ho cercato – fin tanto che mi era possibile – di innalzarmi fino ad esse, tirando fuori da me stesso, per meglio comprenderle, quanto di meglio e di più profondo era in me». Così si esprime Proust (il quale aveva per Wagner una vera e propria venerazione), mettendo in evidenza la grande difficoltà di chi voglia accostarsi alla musica wagneriana, sia per il suo carattere particolarmente innovativo, sia per quella ricerca di Geyer. Trasferitasi tutta la famiglia a Dresda, non è documentato un particolare interesse di Richard per la musica, anche se egli si diverte di tanto in tanto a suonare il pianoforte: una volta, per distrarre il patrigno gravemente ammalato, esegue talmente bene un’aria di moda che lo stesso Geyer, confidandosi con la moglie, dirà: «che abbia talento per la musica?». Gli anni di studio sono volti piuttosto all’interesse per la letteratura e per il teatro e sporadicamente per la musica. E poiché Wa- le fa eseguire in una confetteria alla moda del centro. A questo periodo risale anche l’Ouverture in si bemolle maggiore eseguita al Teatro di Lipsia nel 1830, la cui partitura è scritta con inchiostri di colore diverso, in modo da evidenziare le diverse famiglie strumentali anche da un punto di vista visivo (primo accenno all’importanza dell’artista per l’orchestrazione). Ora Wagner più che dalla musica è attratto dalla vita studentesca, dal bere e dal gioco. Successivamente è a Vienna, che lo colpisce per il suo clima di spensieratezza e di gioia e dove trascorre circa sei settimane di grande importanza per il suo orientamento futuro. Più tardi, ospite del conte Pachta nei dintorni di Praga, si innamora perdutamente, non ricambiato, delle due bellissime figlie del Conte, motivo ispiratore della sua prima opera: Le Nozze. Tornato a Lipsia, dove ha un lavoro regolarmente retribuito come direttore di coro, si attiva per la messa in scena di Le Fate, ma gli viene preferito Bellini. L’incontro con Minna, il Rienzi e l’Olandese Volante Richard Wagner adesione totale che tale musica vuole stabilire con l’ascoltatore. La famiglia e gli anni di studio gner non frequentò mai un conservatorio, Thomas Mann ha definito la sua formazione «dilettantismo geniale». Le prime composizioni Richard Wagner nasce a Lipsia il 23 maggio 1813, nono figlio di una famiglia borghese. Quando il padre, Karl Friedrich (cancelliere di polizia) muore di tifo poco dopo la sua nascita, la madre Johanna sposa in seconde nozze l’attore Ludwig Nel 1827 Wagner raggiunge la madre a Lipsia, una città ricca di eventi musicali a cui l’artista partecipa con entusiasmo; qui conosce un certo Flachs, il quale, dopo aver riadattato alcune delle melodie di Wagner, Nel 1834 viene assunto come direttore d’orchestra nel teatro di Magdeburgo, dove incontra la prima attrice Minna Planner, che diventa sua moglie nel 1836. Con lei si reca prima a Parigi, che lo delude profondamente, e poi a Londra. Il viaggio per raggiungere la capitale inglese è drammatico: durante la traversata li coglie una spaventosa tempesta che ispirerà Wagner per la composizione dell’Olandese volante, affascinante leggenda che l’artista apprende probabilmente dalla voce stessa dei marinai. Recatosi nuovamente in Francia, spera di far rappresentare il Rienzi, ma le sue aspettative vengono delu- se e non gli resta che adat- Il Re di Baviera, Cosima tarsi a qualsiasi tipo di lae gli ultimi anni voro pur di sopravvivere. A Dresda, dove Wagner è Nel 1864 lo salva dalla rochiamato a dirigere l’or- vina l’intervento del re chestra del Teatro Reale, Ludwig II di Baviera, diil Rienzi viene finalmente ciannovenne figlio di rappresentato nel 1841, Massimiliano II, appena trionfalmente accolto dalla critica e, sempre a Dresda, ha luogo la prima esecuzione dell’Olandese volante. L’opera non riscuote però grande successo e gli applausi saranno principalmente per la Shröder-Devrient che dà al personaggio di Senta una intensità tale da mettere in ombra la figura Deificazione di Wagner a Bayreuth (caricatura) dell’Olandese. Coinvolto nei moti rivo- succeduto al trono, che luzionari del 1849 (ha tra gli paga tutti i debiti, gli l’altro stretto amicizia offre la sua protezione e con Michele Bakunin, il gli propone di vivere a più celebre rivoluziona- Villa Pellet, a pochi passi rio d’Europa) e ricercato dalla residenza reale, sul dalla polizia, Wagner Lago di Starnberg, dove fugge a Weimar. viene raggiunto da Cosima (figlia dell’amico LiL’amicizia di Liszt szt) che, dopo il divorzio e l’incontro dal direttore d’orchestra con la Wesendonk von Bülow e la morte di Minna, diventerà sua A Weimar, raggiunto da moglie il 25 aprile 1870. Waun ordine d’arresto, viene Successivamente soccorso fraternamente da gner, desideroso di avere Liszt, che, dopo averlo aiu- nuovi contatti e diverse tato a rappresentare il amicizie, si trasferisce, Lohengrin, gli procura i sol- sempre sotto la proteziodi ed un passaporto falso ne di Ludwig II, a Triebper recarsi in Svizzera. schen, sul Lago di LucerGiunto a Zurigo, dove ri- na. In questo periodo il mane fino al 1858, lavora musicista vede che si alla composizione dell’A- stanno finalmente comnello del Nibelungo. piendo tutti i suoi sogni Questa fase della sua vita è giovanili: la costruzione segnata da una nuova del teatro a Bayreuth profonda relazione senti- (sede ancora oggi del mentale: l’incontro con Festival wagneriano), la Mathilde Wesendonk, la nascita dei suoi figli e moglie di un commercian- l’esecuzione dell’ultima te che lo ospita nella sua sua opera, il Parsifal. tenuta presso Zurigo. Se- Durante l’inverno si reguono anni di profonda ca in Italia e muore a crisi finanziaria in cui Venezia, per un colpo compone Tristano e Isotta e apoplettico, il 13 febriesce a far rappresentare braio 1883 a Palazzo (con insuccesso) il Vendramin. Tannhäuser a Parigi. Claudia Fagnano Il Das Rheingold Giornale dei Grandi Eventi 11 Il teatro di Bayreuth Centotrent’anni di dominio Wagner N ell’agosto del 1876 con la prima esecuzione completa delle quattro parti del suo dramma colossale, L’anello del Nibelungo, Richard Wagner si rese immortale e creò un imperituro e poliedrico monumento a se stesso ed alla propria musica: il teatro del Festival, la villa dei suoi sogni, divenute un faro della cultura tedesca. La costruzione “ermafrodita”, mezzo tempio e mezzo fienile, venne alla luce grazie alle generose offerte provenienti dagli scrigni reali del suo grande amico ed estimatore Ludwig di Baviera e dalle casseforti profane, mendicate abilmente dal geniale arrivista. L’edificio fin dalla sua ideazione fu innalzato con lo scopo di rappresentare, solo ed esclusivamente, le opere del suo committente. La struttura molto particolare sembra fosse stata suggerita a Wagner da Schinkel, mentre i primi progetti concreti furono concepiti nel 1864 da Gottfied Sempes e rielaborati nel tempo da diversi architetti tra cui Wilhelm Neumann ed Otto Brückwald ed il macchinista Karl Brandt. Wagner visitò per la prima volta Bayreuth nel 1870. La cittadina dell’Alta Franconia gli piacque soprattutto per la sua posizione strategica: non troppo lontana da Monaco e senza teatri concorrenti nelle immediate vicinanze. Così, dopo 25 anni Wa- posto per ciascuna rappresentazione. L’idea del patronato non diede i frutti sperati ed il progetto tanto desiderato non si sarebbe realizzato senza il generoso intervento del grande amico ed ammiratore, il re di Baviera Ludwig II. In principio, il progetto di Bayreuth non piacque al Re in quanto avrebbe allontanato il Maestro da Monaco, ma alla fine il Sovrano, affascinato dal Il Teatro di Bayreuth progetto, cedette ed il suo intervento di 100.000 talleri pernon copriva le voci dei cantanmise l’inizio dei lavori nel 1872. ti. Si dette così vita al particolare “suono bayreuthiano”. Sul palco era previsto anche Un teatro innovativo un sistema di getti di vapore che servivano a creare effetti La peculiarità del teatro di ed a coprire i cambi di scena. Bayreuth, oltre all’inesistenza di una divisione in palchi, plaPenalizzato dallo tee e balconate, è l’acustica di sfruttamento del rara perfezione. La platea, a Nazionalsocialismo forma di ventaglio per assicurare una buona visione, conteDa quando Wagner, nel neva 30 file di poltrone ed alle 1870, elesse Bayreuth come sue spalle era posto un solo sede del proprio teatro, la palco con balconata. Il Teatro cittadina dell’Alta Franconia contava 1745 poltrone e poiche contava appena 14.000 ché non esistevano posti mianime, 11 fabbriche di birra gliori di altri fu stabilito un e 76 locande, perse tutta la unico prezzo d’ingresso. La sua calma e tranquillità. Nei fossa dell’orchestra, che può primi decenni del Novecencontenere 160 musicisti, non to si trasformò in una piccoera visibile, in quanto posta in la capitale del Nazionalsolarga parte sotto la parte antecialismo da quando Adolf riore del palcoscenico che era I biglietti della prima rappresentazione della Tetralogia il 27 agosto 1876 gner poté realizzare il suo sogno: costruire un nuovo teatro e renderlo ineguagliabile attraverso la rappresentazione delle proprie opere mediante l’applicazione di una nuova visione teatrale. Gli ingenti costi di costruzione lo spinsero a vendere 1000 certificati di patronato a 300 talleri l’uno e con questi il diritto ad un inclinato in avanti. Questa configurazione contribuiva a creare un “golfo mistico” tra il mondo “reale” della platea ed il mondo “ideale” del palcoscenico, effetto che per la prima volta veniva rafforzato dal completo oscuramento della sala durante le rappresentazioni. In questo modo anche l’enorme volume di suono Hitler la visitò per la prima volta nel 1925 per rendere omaggio al «più grande tedesco di tutti i tempi». Consapevole che Bayreuth avesse «forgiato la spada ideale con la quale combattere», Hitler, dopo la sua ascesa al potere, ne divenne ospite abituale. Nell’estate del 1936 ascoltò, per ben tre volte di fila, la sua opera preferita, il Lohengrin. Il Führer e Winifried Wagner, la giovane direttrice del festival, vedova del figlio di Richard Wagner, Siegfried, furono legati da una profonda amicizia e dalla comune passione per le opere del Maestro che nella visione del Führer «racchiudono tutto ciò a cui aspira il Nazionalsocialismo». L’ultima visita a Bayreuth di Hitler fu nell’estate del 1944. Il 5 aprile del 1945 la città dei Wagner fu rasa al suolo dalle bombe: sembrava che il fuoco avesse cancellato per sempre non solo la città, ma anche il sogno wagneriano. Con la fine della guerra ciò che avrebbe reso ancora più difficile la rinascita del Festival era il fatto che il nome di Richard Wagner era stato gettato in discredito. Anche se morto ormai da più di 60 anni, venne considerato il “compositore di corte” dei nazisti, poiché le sue opere erano state usate come materiale di propaganda. Ancora recentemente le opere di Wagner sono state oggetto di discriminazioni ed infinite polemiche in occasione del concerto di Daniel Barenboim con i Berliner in Israele. Negli anni in cui la sua leggendaria figura subì numerose critiche, gli si riconobbe comunque il merito di aver contraddistinto un intero secolo. Wagner era radicato nella tradizione di Beethoven e in quella di Carl Maria von Weber e portò rivoluzionari mutamenti nella musica. Le sue opere sono pertanto il risultato di un geniale connubio tra mito e psicologia. La saga dei Wagner Il teatro è sopravissuto non solo a tutte le vicissitudini storiche che si sono susseguite nel corso di ben 130 anni, un Im- pero, la Repubblica di Weimar, il Nazionalsocialismo, due guerre, la suddivisione della Germania e la sua riunificazione, ma soprattutto al dominio di quel clan che, dall’inizio fino ad oggi, tiene le redini: i Wagner. Dal 1945 ed il 1950 non vi furono rappresentazioni e la riapertura del teatro ebbe luogo nel 1951, anno in cui iniziarono anche lavori di ristrutturazione. Il Festival fu diretto dai due figli di Winifred Wagner, Wieland e Wolfgang che ebbero in quegli anni l’arduo compito di riattribuire alla cultura tedesca fortemente discreditata il suo ruolo di primo piano. Per quindici anni la direzione del festival fu caratterizzata da furibonde liti tra i due discendenti fino alla morte di Wieland nel 1966. Da allora Wolfgang Manfred Martin, 85 anni, nipote del compositore, intronizzatosi a vita, in forza di 27 contratti, ancora oggi, mantiene ostinatamente il ruolo di amministratore unico “dell’eredità” e direttore del Festival che si svolge durante 5 settimane in estate. Da più di mezzo secolo da alcune parti si chiede se l’amministrazione dei Wagner sia ancora indispensabile od ormai superata. I wagneriani ortodossi, apprezzano la giovialità di Wolfgang e la sua indiscutibile abilità nell’aver traghettato, sino ai nostri giorni, il “monumento” intatto. Per i riformisti più critici invece, il Festival incarna un modello ormai superato, tale da frenare una moderna gestione al passo con i tempi. A loro avviso Bayreuth assomiglia sempre più ad un ampolloso anacronismo, ad una trasfigurazione di una nostalgica stravaganza di un sognatore di due secoli fa. Una delle idee più interessanti fu quella di estendere la stagione all’intero arco dell’anno, eseguendo non solo le opere di Wagner, ma anche quelle di altri compositori e non solo a Bayreuth, ma pure nelle zone limitrofe. La proposta fu bocciata in quanto contraria all’idea originale. Michela Lorenzi Das Rheingold 12 Il Giornale dei Grandi Eventi Le saghe nordiche come patrimonio di un popolo Wagner: il mito e l’idea di nazione C i sono dei momenti storici che hanno forza non solo per se stessi, ma anche in virtù di un divenire storico più ampio: l’operazione wagneriana che portò alla realizzazione de L’Anello del Nibelungo rappresenta uno di questi momenti particolarmente significativi. Tale operazione, che ha al centro il recupero e la sistematizzazione di miti arcaici legati alla zona geografica e antropologica dominata dal fiume Reno, rispecchia infatti una delle tensioni storiche fondamentali che attraversarono l’Ottocento. Essa costituisce, cioè, un esempio del modo in cui culmina il processo di affermazione del concetto di “Stato nazionale”. Un processo avviato su un piano politico già nel Seicento, ma è solo nell’Ottocento che il problema si pone a livello della psicologia collettiva. Il grande storico italiano Federico Chabod in un suo saggio dedicato specificamente all’“Idea di Nazione” (1943) a questo proposito scrive che «…è precisamente nella scoperta di quest’anima nazionale che consiste la gran novità dell’idea di Nazione della fine del Settecento e dell’Ottocento; è nel riconoscimento delle peculiarità incancellabili, morali e spirituali, di ogni popolo, che sta il frutto dell’esperienza preromantica e romantica». Il desiderio di ritrovare il senso di una tradizione locale, in contrapposizione al Razionalismo e alla vocazione universalistica dell’Illuminismo, è una tendenza che certamente caratterizza tutto il Romanticismo. Di fatto, la creazione di una mitologia - o, come nel caso di Wagner, il recupero di una mitologia già esistente, di origine medievale (XIII Sec.) rappresenta senza dubbio uno dei modi attraverso cui si costruisce il patrimonio spirituale l’“anima” - di una Nazione. La mitologia, cioè il racconto di un passato ancestrale in cui si mescolano elementi razionali e non, rappresenta uno strumento perfettamente adeguato alla costruzione di un’identità collettiva, perché richiama qualcosa di originario ed implica un coinvolgimento emotivo profondo, un collante dello spirito comune di quel popolo. Di fatto, i miti legati al Reno, attraverso la mediazione wagneriana, diventeranno un patrimonio identitario fondamentale per il popolo tedesco, quasi una sorta di archetipo dell’identità nazionale (C.G. Jung ne parlerà proprio in questi termini). Ma come opera più precisamente il mito nella costruzione del carattere nazionale? Ci illumina a questo riguardo un’altra osservazione di Chabod, secondo cui si possono individuare due modi fondamentali di considerare il carattere nazionale: un modo “naturalistico”, dove il carattere nazionale si costituisce in rapporto all’ambiente geografico e al clima, insomma ai fattori fisici; l’altro dove tale carattere si struttura attraverso elementi culturali, come per esempio la moralità, l’educazione, la vita politica, la tradizione. In quale di queste due categorie collocare l’utilizzazione del mito? A ben vedere non sembra rientrare in alcuna delle categorie previste da Chabod, perché da un lato il mito non è un elemento strettamente naturalistico, ma dall’altro opera un forte richiamo alla sfera irrazionale. Il problema è importante perché la concezione “naturalistica” dell’identità nazionale ha una deriva pericolosa, come spiega subito dopo Chabod: « la storia dello svolgimento dell’idea di Nazione dimostrerà ad evidenza come quei due modi abbiano, in effetti, determinato tutto l’ulteriore sviluppo, sino a sboccare, con il modo naturalistico in una sorta di “razzismo”. L’esaltazione fatta ai nostri giorni del “sangue” e del “suolo”, il trasformarsi dell’idea di Nazione in quella di popolo come comunità di sangue, costituiscono la logica conclusione del modo “naturalistico” di valutare il carattere delle nazioni: che è, poi, il modo più primitivo e rozzo». Se consideriamo nella fattispecie il mito wagneriano, ci accorgiamo che si incrementa l’ambiguità del modo in cui il mito entra nel processo di costituzione dell’identità nazionale. Lo testimoniano in modo evidente sia il fatto che per indicare l’opera e il progetto culturale di Wagner, si parlerà presto di “neo-pa- ganesimo germanico”, sia che il regime Nazionalsocialista amerà molto questo tipo di cultura pagano-popolare proprio per il suo forte potere di coesione delle masse. L’eroismo tragico Quali caratteristiche delle saghe nordiche riproposte da Wagner spiegano un’evoluzione del genere? La questione è complessa. Uno degli elementi che giocano un ruolo significativo è certamente quell’eroismo tragico che Oswald Spengler ne “Il tramonto dell’Occidente” (1918-1922) definì «faustismo»; esso indirizzò la spiritualità nordica nella direzione di un nazionalismo messianico fondato irrazionalisticamente sui miti di terra e sangue. Il “Ring” non è una semplice drammatizzazione di saghe precedenti: il contributo di Wagner consiste non solo nell’aver intrecciato, fondendole in un’azione unitaria, queste leggende e saghe prive di rapporti tra loro, ma anche nell’aver subordinato l’azione a un’idea di attualità politico-sociale: Siegfrid, il suo protagonista, divenne, per il compositore, l’eroe del popolo che, per mezzo del suo sacrificio, libera il mondo dalla sete di dominio e risolleva di nuovo il potere degli Dei, os- sia la dimensione spirituale, purificata dal suo olocausto. Lo schema alla base di questa dinamica è quello cristiano del peccato - caduta - redenzione. La situazione di partenza che Wagner propone è infatti quella di un mondo inizialmente idilliaco, intaccato poi profondamente dal male, un mondo su cui grava una terribile maledizione. Ed è all’uomo - un uomo divinizzato, dotato di incrollabile coraggio, volontà e moralità - che è dato il compito di redimere e purificare questa realtà corrotta: si tratta di un vero e proprio ideale messianico, dunque. Questa spinta eroica e volontaristica, questo tratto superomistico, sono elementi tipici del romanticismo germanico. Ad essi è legato un’ideale aristocratico che sfida la grettezza della mentalità borghese e rifiuta le sue meschinità materialistiche, in nome di valori più alti e “nobili”. E’ evidente che questa concezione eroica dell’individuo, una volta amplificata al livello della comunità nazionale - diventa un grandioso progetto di redenzione collettiva, che può esercitare sugli individui una stupefacente forza di attrazione. La missione liberatrice di un individuo diviene così la missione di un popolo. Diana Sirianni Il Das Rheingold Giornale dei Grandi Eventi 13 Il mistero della morte del Re grande mecenate di Wagner L'ultima passeggiata di re Ludwig II di Baviera N essun evento della vita del re di Baviera Ludwig II - il grande mecenate di Wagner - è avvolto nel mistero quanto la sua morte, avvenuta nel lago di Starnberg il 13 giugno 1886. Fu la triste fine della parabola vitale di un sovrano leggendario, adorato dai sudditi per la sua splendida figura, ma osteggiato dalla Corte e dai funziona- Il dottor Bernhard von Gudden ri del governo a causa del suo pressoché completo disinteresse per la politica e per le spese folli che aveva affrontato facendo costruire fantastici castelli in tutta la Baviera, che oggi ne sono divenuti grande richiamo turistico. Vittima del senso di colpa per la propria omosessualità e divorato da un’incolmabile solitudine, Ludwig compensava i propri disagi interiori perdendosi nel mondo fantastico delle saghe nordiche e manteneva uno stuolo di artisti - tra cui, in primis, Richard Wagner - che alimentavano la sua personale, insaziabile fabbrica di sogni. Giunto all’età di 41 anni, rovinato nel fisico e nella mente, nella primavera del 1886 il Re fu dichiarato pazzo, detronizzato e prelevato da una delegazione governativa nel suo castello di Neuschwanstein per essere internato nel castello di Berg, sul lago Starnberg, dove fu messo sotto il controllo di un medico e di robusti infermieri. Passeggiata senza ritorno Nella tempestosa sera del 13 giugno, il Re fu visto allontanarsi nella nebbia, per una passeggiata sul lago, insieme al dottor Bernhard von Gudden, lo specialista che aveva certificato la sua pazzia e che lo aveva preso in cura. Ma da quella passeggiata i due non tornarono. Organizzata una spedizione di ricerca, nella tarda serata venne rinvenuto il cappotto del sovrano appoggiato su una panchina vicino alla riva del lago; poco dopo si videro sull’acqua due cappelli, la bombetta del Re e il cilindro di Gudden e infine, poco distanti, i due cadaveri galleggianti, a pancia sotto e con i piedi impigliati nelle rocce del basso fondale. Così il conte prussiano Philipp zu Eulenburg descrisse la situazione nel castello quando le salme, dopo inutili quanto furiosi tentativi di rianimazione, furono mestamente trasportate: «Un silenzio di morte avvolgeva Schloss Berg; corsi nella stanza in cui era stato appena deposto il leggendario Re, le labbra esangui atteggiate a un folle sorriso e i riccioli ribelli che gli ricadevano sulla pallida fronte.[...] Nella stanza accanto giaceva il dottor Gudden, con un’espressione cupa sul viso. Vidi la ferita sulla fronte, i terribili segni dello strangolamento sul suo collo tozzo. Era stato strangolato dal Re quando aveva cercato di impedirne il suicidio». Effettivamente, dall’esame autoptico, il cadavere del medico mostrava chiarissimi i segni di una feroce colluttazione. Invece, la mancanza sul corpo del Re degli effetti tipici dell’annegamento, le discordanze tra le diverse deposizioni dei te- stimoni e la dispersione di elementi probatori di ogni genere, consentirono le più disparate ipotesi sulla triste fine del Sovrano. Fu ipotizzato che Gudden avesse ucciso involontariamente il Re con il cloroformio, nell’intento di impedirne la fuga; od anche che vi fosse stato l’intervento di assassini esterni, fino all’ipotesi per cui il Re, intendendo suicidarsi, avrebbe più o meno volontariamente ucciso il dottor Gudden. La teoria dell’omicidiosucidio è stata storicamente ritenuta tra le più valide, tuttavia a sostegno di questa tesi c’è solo la supposizione che il Re intendesse porre fine ai propri giorni, gesto che peraltro avrebbe potuto compiere, ben più facilmente, in mille altre occasioni. Quindi, mentre non esiste alcuna prova a sostegno di tale ipotesi, ci sono piuttosto certezze dell’esistenza di piani per la liberare Re, organizzati dalla sua cugina Sissi. L’imperatrice d’Austria Elisabetta aveva, infatti, trascorso il pomeriggio di quel 13 giugno sulla riva opposta del lago Starnberg, Ludwig di Baviera sul catafalco presso Possenhofen, residenza della sua famiglia. Fu anche notata una misteriosa carrozza aggirarsi nei pressi dello Schlossberg e diverse barche furono viste navigare sul lago apparentemente senza meta. Secondo diverse fonti, in esse si trovavano uomini armati pronti a raccogliere il Re fuggitivo ed, even- La lotta nel lago fra Ludwig il Dr. Gudden tualmente, a dirarsi dell’importuna scorta fenderlo dalle guardie di di Gudden, prese l’ombrelSchlossberg. lo e vibrò un violento colpo Vi sono, ancora, testimoniansulla faccia del medico, il ze del fatto che Ludwig avesquale, attonito, gli si avvinse scrutato il lago tutto il poghiò addosso per bloccarlo. meriggio col cannocchiale, Il Re, però, lo colpì ripetuche avesse scritto una lettera tamente sul capo per divinper Sissi, e che avesse dato colarsi. Gudden perse i sensi segni di ansietà per un possioppure venne colto da infarbile annullamento della sua to, annegando nel lago. passeggiata serale. Finalmente solo, il Re si Risulta quindi molto plauimmerse quindi nell’acqua sibile l’ipotesi che una volper raggiungere la barca ta giunto nel luogo da cui dei soccorsi. Purtroppo, avrebbe dovuto raggiungepur essendo stato un ottire a nuoto la barca dei salmo nuotatore in gioventù, vatori, il Re, deciso a libenegli ultimi anni Ludwig si era molto ingrassato, per cui sfinito dalla lotta, appesantito dal lauto pranzo pomeridiano e dagli alcolici ingeriti, si sentì improvvisamente sopraffare dalla fatica e dal gelo. Preda di un malore, si lasciò scivolare nelle gelide acque del lago, con un ultimo sguardo verso le luci di Possenhofen, dove lo avrebbe atteso la salvezza e la libertà. Gli uomini della spedizione di Sissi lo avrebbero poi cercato invano nell’oscurità: secondo alcune fonti, infatti, il conte Rambaldi, che faceva parte del manipolo dei liberatori, tornando a casa, fradicio d’acqua, disse disperato alla moglie: «Abbiamo trovato un cappello! E’ tutto finito!». Andrea Cionci Das Rheingold 14 Il Giornale dei Grandi Eventi Verdi e Wagner Un duello musicale a distanza «A Genova danno il Tristano, quanto all’orchestra pare molto bene. Lo dirige Serafin. Ma, tranne alle matinées popolari, prezzo ridotto, non ci va nessuno. E stanno preparando in gran fetta il Nabucco. Quando penso a queste cose decido che il patriottismo non è roba per me». Scriveva così, nel 1914, il poeta e scrittore Giovanni Boine. Melomane appassionato, Boine (1887 – 1917) era un wagneriano convinto. Ma nell’Italia fra tardo Ottocento e primo Novecento i fans del compositore tedesco non erano moltissimi e si scontravano con i fedeli sostenitori di Verdi. La storia è attraversata dalle grandi rivalità. Coppi e Bartali nel ciclismo, Mazzola e Rivera nel calcio, Callas e Tebal- Richard Wagner di nella interpretazione lirica, per non parlare di Domingo e Pavarotti. E anche la categoria compositori non sfuggì al destino: si pensi alla contrapposizione fra Mozart e Salieri, o - in epoche più vicine - alla battaglia fra Mascagni e Puccini che finì per coinvolgere le due città natali, Livorno e Lucca, non distanti geograficamente, ma lontanissime sul piano artistico. Diversità di visione della musica Nulla, però, in confronto allo scontro Verdi-Wagner. Se in altri casi, la rivalità era semplicemente dettata dal maggior o minore gradimento di un’opera rispetto ad un’altra, nel caso dei due grandi dominatori della scena ottocentesca, le differenze erano radicali perché investivano il modo di intendere il teatro. Il discorso formale, la scelta degli argomenti, il rapporto voci-orchestra: tutto era concepito secondo una visione artistica del tutto diversa. E questo non poteva non suscitare polemiche, discussioni, dibattiti in un momento (il secondo Ottocento) segnato da profondi mutamenti politici, sociali e culturali. I due, in realtà, ebbero rare occasioni di polemizzare direttamente fra loro. Wagner, nel momento in cui teorizzò un teatro nuovo, diverso, estraneo alle logiche imGiuseppe Verdi presariali attaccò non tanto Verdi, quanto tro l’altro («Nella sola l’intera opera italiana, Donna è mobile c’è più nella quale il rapmusica che in tutta la Teporto fra parola, tralogia» avrebbe “sparamusica e dramma to” anni dopo Stravinera, a suo dire, falskij), erano gli uomini di so. cultura e il pubblico a Verdi, da parte schierarsi, creando due sua, studiava Wafazioni bellicose e anigner da lontano, mosamente contrappoma faticava ad acste. cettarlo. In Italia avevano aperto Nel dicembre 1865 la polemica gli Scapigliada Parigi scriveva ti attaccando il vecchio all’amico conte Ar(ovvero Verdi) e auspirivabene: «Ho sencando che dalla Germatito anche la sinfonia nia spirasse un nuovo e del Tannhauser di vitale vento ristoratore Wagner. E’ mat(Wagner).Verdi, per into!!». ciso, non gradì. Le platee Subì poi lo scacco si scaldavano. Raggiunta di sentirsi definire l’unità d’Italia, caduta la da qualche critico questione risorgimentadopo la prima delle, in effetti, il pubblico si l’Aida “wagneriaera gradualmente fraziono” e commentò nato, affascinato da teamaramente con matiche e stili differenti. Ricordi: «Bel risulArrivava il teatro francetato, dopo 35 anni di se (prima Gounod, poi carriera finire “imiBizet e Massenet), vari tatore”». compositori italiani cerMa al di là di qualcavano di affiancare Verche scaramuccia, di. E soprattutto incalzascintille fra i due va il mito Wagner. non ce ne furono. Così le rappresentazioni Altro discorso indiventavano occasioni di torno a loro. A parscontro e i teatri campi te i colleghi che di battaglia. Non è un caprendevano a preso che Lohengrin, prima testo uno dei due opera wagneriana rapper scagliarsi conpresentata in Italia, sia approdata, come primo teatro, nel 1871, a Bologna. Milano, il tempio dei verdiani, era per Wagner inavvicinabile. Lì, nel 1868 era sonoramente caduto il Mefistofele di Boito uno degli Scapigliati allora acceso antiverdiano (e di lì a poco, suo fedele librettista!). C’è da credere che sarebbe caduto anche Lohengrin, alla Scala. A Bologna, città aperta al nuovo musicale, l’accoglienza fu entusiastica. Fra il 1872 e il 1873 lo scontro Verdi-Wagner raggiunse, però, proprio la Scala. Nel ’72 trionfò Aida. Sul podio c’era scelto dallo stesso Verdi - Franco Faccio, che curò lo spettacolo con grande attenzione. Ventiquattro repliche entusiasmanti. L’anno dopo arrivò Lohengrin. Sul podio, ancora Faccio che, nonostante l’amicizia diretta con il Bussetano, ammirava anche Wagner. Un fiasco solenne, con fischi, urla, insulti in sala e fuori. Le repliche furono appena sette. Lohengrin sarebbe rimasto lontano da Milano per quattordici anni. Roberto Iovino Il Das Rheingold Giornale dei Grandi Eventi 15 Grande attenzione verso la regia Wagner verso il teatro moderno G li ultimi anni dell’Ottocento furono per la storia del teatro di cruciale importanza. Le esperienze artistiche e le riflessioni di Wagner contribuirono sensibilmente al mutamento di prospettiva che il teatro subì. Dopo l’esperienza romantica, che Wagner aveva portato l’opera lirica alla sua massima tensione, e sulla scia dei moti che nel 1848 erano andati scuotendo l’Europa, l’artista elaborò l’idea di una nuova arte, la cui fondazione doveva essere parallela al rinnovamento dell’ordine politico. A tal fine si rendeva indispensabile un recupero entusiastico dell’antico dramma greco, inteso come espressione massima di una creazione politica e spirituale attraverso cui, un intero popolo, era stato in grado di costruire e riconoscere la propria identità sociale. Recuperata l’essenza del mito greco egli attinse alla mitologia nordica nel tentativo, appunto, di ricostruire le radici del popolo tedesco. Comprendendo la necessità di ripensare la pratica teatrale come organica e unitaria egli tentò la “ri-fusione” delle arti sorelle: musica, danza, poesia (su modello appunto della drammaturgia greca) mirando alla creazione di un’opera d’arte totale che avesse come idea guida il ritmo d’insieme. Un’opera d’arte le cui parti fossero ritmate all’unisono fa emergere, per così dire in controluce, l’esigenza di un raccordo in grado di contenere tutte le diverse sfaccettature del dramma, lirico e non…Un raccordo che noi og- gi chiamiamo regia! Le preoccupazioni di Wagner non erano però di natura soltanto teorica. Schiettamente pratiche anzi si rivelarono quelle particolarmente mirate all’arte attoriale. Nei suoi scritti possiamo leggere una lunga serie di consigli su come l’attore o il cantante dovrebbero raggiungere l’immedesimazione con il personaggio. Ad un attore il Maestro consigliava l’allenamento all’improvvisazione di scene e opere intere ritenendo «l’improvvisazione il fondamento e il cuore di tutto il talento mimico». Si scagliava poi contro coloro che, per incapacità, si nascondevano dietro il ridicolo travestimento del costume di scena. Proprio su costumi e scenografie, infatti, esigeva precise ricostru- zioni storiche, assolutamente antillusionistiche. Ai musicisti vietava di accordare gli strumenti nella buca dell’orchestra e si opponeva all’abitudine di applaudire gli artisti nel corso della rappresentazione. Le sue idee si rispecchiarono puntualmente nel progetto e nella realizzazione del teatro di Bayreut. All’opera riformatrice di Wagner si affiancò quella di un altro tedesco, il duca di SaxeMeiningen. I due non lavorarono mai insieme ma il loro percorso seguiva per certi versi binari paralleli. Anche il Duca aveva, infatti, stabilito l’unità dell’opera come punto focale, scoraggiando ogni forma di divismo fra gli attori e sovraintendendo ad ogni momento della produzione tea- trale. L’attore quindi andava progressivamente cedendo al regista la posizione di figura preminente. Tra i meriti di Wagner ci fu però anche quello di recuperare l’elemento puramente artistico insito nell’attore. Una buona interpretazione rimaneva infatti il momento d’estasi attraverso cui lo spettatore aveva accesso all’essenza del dramma. Quella di Wagner fu una rivoluzione tout court maturata su solide elaborazioni filosofiche e sotto l’impulso di una sensibilità artistica assolutamente fuori dal comune. La ricerca caparbia di un’opera d’arte vera, libera e universalmente significativa come lo era stata quella dei Greci. Maria Elena Latini Nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” La 61° stagione concertistica della I.U.C. E ’ stata inaugurata il 15 ottobre, presso la tradizionale sede dell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, la 61ª Stagione concertistica della IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti). Musiche di Ludwig van Beethoven, interpretate dall’Orchestre de Chambre de Lausanne diretta da Christian Zacharis, ha dato il via ad un cartellone musicale ricchissimo, che prevede grandi ritorni e numerosi importanti debutti. I concerti si concluderanno con le commemorazioni del 250° anniversario della nascita di Mozart: alcuni appuntamenti speciali vedranno protagonisti il Quartetto Savinio, il Wiener Kammerensemble e l’Orchestra del Collegium Cartusianum. La programmazione dei concerti, che si svolgeranno per la maggior parte nei giorni di martedì e sabato, è rivolta in particolare a studenti, docenti e specializzandi (che potranno seguire gratuitamente gli spettacoli) ma anche a tutti gli appassionati di musica classica. Tra gli specialisti del repertorio contemporaneo, il Quartetto Arditti inaugurerà il 25 ottobre il Festival Scelsi: in particolare saran- no eseguite musiche di di Savina Yannátou (canse tutti quei compositori Dillon, Fedele, Birtwistle e tante di origini greche dalche si sono cimentati con naturalmente del maestro la voce eccezionale, che musiche per il cinema. A Giacinto Scelsi (di cui si ceapplica forme compositive tal proposito, il 4 febbraio lebrano i cento anni dalla contemporanee a canzoni ci sarà una serata dedicata nascita). Particolarmente popolari dell’area medial maestro Piero Piccioni, atteso è poi il Quartetto terranea) e del 3 dicembre scomparso due anni fa, che Juilliard con Heinz Hollidel coreano Kun Woo vedrà come direttore d’orger (consichestra derato il Gianni miglior Ferrio, oboista di stretto tutti i temcollaborapi) per il tore del quale il Maestro. maestro Il 18 febstatunitense braio sarà invece la Elliot Carter volta del ha scritto Romantiuna musica cismo tra veramente poesia e speciale (29 musica: ottobre). Affresco Mario Sironi nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” b r a n i Il 12 novemPaik, (all’estero consideratratti da Schelley, dalle Ribre Pierre-Laurent Aimard to una star del pianismo me di Michelangelo Buoci regalerà una particolare internazionale). narroti, da Sainte-Beuve e interpretazione de L’alouette da altri, saranno interpreLulu dal Catalogue d’oiseaux Il clarinetto sarà invece protati dalla voce dell’attrice di Messiaen. Compositore tagonista del concerto del Milena Vukotic, accomstraordinario, dalla timbrica 16 dicembre, nel corso del pagnata dal pianoforte di eccezionale e dalle armonie quale il Michel Portal Antonio Ballista. originali, Messiaen si caratQuartet suonerà con il Il 25 febbraio verranno terizza per aver preso ispigrande maestro Louis Sclaeseguite opere da camera razione, nella composizione vis (uno dei più grandi jazinedite dell’ultimo Liszt, della sua musica, dallo stuzisti del nostro tempo). nelle quali è ravvisabile dio del canto degli uccelli. Per quanto riguarda le foruna semplificazione formazioni cameristiche, il 14, Molto attesi sono i debutti male del linguaggio musi15 e 17 gennaio si esibirà il romani del 22 novembre cale del grande maestro. Quartetto Keller. del russo Alexej Volodin Altro debutto è quello del (vincitore nel 2003 del Nella programmazione 4 marzo del tedesco HerConcorso Géza Anda di degli ultimi anni hanno ribert Schuch (vincitore nel Zurigo), del 26 novembre scosso particolare interes- 2004 del Concorso Casagrande di Terni). Di particolare importanza i concerti pianistici, che vedranno come protagonista Charlemagne Palestine (uno dei fondatori del minimalismo americano), il quale presenterà in prima assoluta una composizione da lui scritta e interpretata, per un singolare strumento a due tastiere di ideazione italiana (ancora in fase sperimentale): il “doppio pianoforte Borgato” (14 marzo). Due grandi concerti vedranno protagonisti il 21 marzo il compositore inglese Steve Martland e il 25 marzo il violoncellista Mischa Maisky (quest’ultimo si esibirà in recital con la figlia Lily). Grande ritorno sarà infine quello del 28 marzo della pianista Gilda Buttà, ammirata lo scorso anno come solista nel Piano Concerto di Nyman. La stagione si chiuderà l’8 aprile con il concerto del Collegium Cartusianum Kölner Kammercor con un programma di musiche sacre di W.A. Mozart, tra le quali la Missa Solemnis in do maggiore K337. C. F.