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GIUSEPPE VERDI
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P.zza Maggiore
Comune di
Inzago
Assessorato Pubblica
istruzione
Assessorato alla Cultura
Comitato di Coordinamento
Sagra e Fiera
In collaborazione con
la Banda Parrocchiale Santa Cecilia
Giuseppe Fortunino Francesco nasce a Roncole
di Busseto, nel Ducato di Parma, il 10 ottobre 1813
da Luigia Uttini, filatrice, e Carlo Verdi, oste.
Del 1839 è la rappresentazione al Teatro della Scala
della sua prima opera, Oberto Conte di San
Bonifacio che riscuote un discreto successo,
offuscato irrimediabilmente dalla morte dei figli e poi
di Margherita, a cui Verdi era legato da un profondo
affetto.
E' un libretto, una storia che funziona, propostagli
dall’impresario della Scala, Bartolomeo Merelli che
gli fa leggere il Nabucco. In pochissimo tempo
l’opera è pronta ed è trionfo (1842). Il coro del
Nabucco ha un successo popolare strepitoso tanto
da venir cantato e suonato perfino per le strade.
Sempre in quel 1842 Verdi conosce due donne
importantissime nella sua vita: la soprano e pianista ,
che sarebbe diventata sua compagna e poi sua
seconda moglie, e la contessa Clarina Maffei, grazie
alla quale gli si aprono le porte dei salotti milanesi.
In questi anni, nella calma della pianura padana,
Verdi scrive la trilogia popolare: Rigoletto (1851), Il
Trovatore (1853), e La Traviata (1853). Ottiene un
successo clamoroso.
Nel 1861 Verdi si sente chiamato all'impegno
politico, sollecitato da Cavour. Viene elettodeputato
del primo Parlamento italiano e nel 1874 è nominato
senatore. In questi anni compone La forza del
destino(1862), nel 1865 riscrive Macbeth per il
teatro francese e per l’Opéra compone il Don Carlos
(1867). Nel 1862 compone, per l'Esposizione
Universale di Londra, l'Inno delle Nazioni, su testo di
Boito.
Nel 1887, all'età di ottant'anni, scrive Otello,
confrontandosi ancora una volta con Shakespeare.
Nel 1893 dà l’addio al teatro con la sua unica opera
comica, il Falstaff.
Quattro anni dopo muore Giuseppina Strepponi.
Nella tarda maturità compone quattro pezzi sacri
pubblicati nel 1898: Stabat Mater, Laudi alla
Vergine e Te Deum.
Verdi ci lascia il 27 gennaio 1901.
E' al “Grand Hotel et De Milan”, in un appartamento
dove era solito alloggiare durante l'inverno. Colto da
malore spira dopo sei giorni di agonia, giorni in cui le
strade di Milano sono state cosparse di paglia
perché il rumore degli zoccoli dei cavalli non
disturbasse gli ultimi giorni del Maestro. I suoi
funerali si svolgono come aveva chiesto, senza
sfarzo né musica, semplici come era sempre stata la
sua vita. Una folla silenziosa segue il feretro. Un
mese dopo i corpi di Verdi e della Strepponi vengono
portati alla Casa di Riposo per Musicisti. Arturo
Toscanini in testa all’orchestra della Scala e ad un
coro di ottocento persone disposte sulla gradinata,
intona il “Va pensiero” del Nabucco, l'addio dell'Italia
intera al Cigno di Busseto.
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GIUSEPPE VERDI
Va' pensiero, sull'ali dorate;
Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tepide e molli
L'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,
Di Sïonne le torri atterrate...
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati,
Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati
Traggi un suono di crudo lamento,
O t'ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù! ( 3 volte)’
Libiamo ne' lieti calici;
Libiamo, libiamo ne' lieti calici,
che la bellezza infiora;
e la fuggevol fuggevol'ora
s'inebrii a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
che suscita l'amore,
poiché quell'occhio al core
Onnipossente va.
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