Diaconi
Foglio Notizie del Diaconato della Diocesi di Roma
mar zo 2012
www. vicariatusurbis.org/diaconatus
n.58
In questo numer o, fra l’altr o:
L’Iniziazione Cristiana
Tutto dipende dalla
Visione di Chiesa
Don Andrea Santoro, dopo
sei anni, un martire di oggi
formazione
formazione
informazione
informazione
corresponsabilità
corresponsabilità
editoriale
Diaconi
Mons. Nicola Filippi
Perché ogni uomo scopra l'amore del Padre
I
n questo anno pastorale, la nostra Diocesi, impegnata a far maturare una maggiore appartenenza ecclesiale da cui scaturisca un'adeguata corresponsabilità
pastorale, ha declinato questo tema riflettendo sulla gioia di generare alla fede.
La fede è la sconvolgente esperienza che deriva dall'incontro con Gesù Risorto,
nostro contemporaneo, che ancora oggi ci raggiunge nella vita attraverso i sacramenti, la parola di Dio, la vita della comunità e ci consente di toccare con mano il biblico "conoscere" il suo amore - senza limiti. Sperimentando l'Amore, quello
vero, l'uomo non vi rimane insensibile ma anzi ne è potentemente attratto, si consegna ad esso ed inizia a vivere la propria esistenza come risposta a questo immenso dono che supera ogni nostro merito.
È per questo che nell'omelia della Celebrazione Eucaristia celebrata insieme con i
nuovi Cardinali, Papa Benedetto XVI, spiegando il complesso scultoreo della
Cattedra del Bernini posto nell'abside della Basilica di San Pietro, ha detto: "l'amore poggia sulla fede".
Se questo è il dinamismo della vita cristiana, il diacono è chiamato a viverlo in
maniera esemplare, affinchè gli uomini e le donne, guardando a lui e alla sua esistenza, riscoprano la carità, che si esprime nel dono gratuito di se stesso, come la
modalità con la quale leggere la vita di tutti i giorni, a cominciare da quella familiare per giungere a quella professionale e non ultima quella ecclesiale.
In questa prospettiva la Quaresima è un tempo favorevole per verificare la qualità
della nostra fede, per accertarci in che misura abbiamo incontrato Cristo e se egli
sia davvero la ragione della nostra vita. La conversione alla quale siamo chiamati
non consiste tanto in un nuovo modo di agire, quanto invece in una nuova e più
profonda relazione con Lui, nella riscoperta profonda della paternità di Dio e del
conseguente nostro essere figli, da cui scaturisce il servizio. E la paternità di Dio
trova la sua massima espressione nel perdono e nell'accoglienza incondizionata
che Dio ci riserva ogni volta che bussiamo alla sua porta per tornare a vivere nell'intimità della sua casa. Se non si vive il sacramento della Riconciliazione non si
può essere figlio, e di conseguenza neanche diacono.
Infatti, la testimonianza della carità che il diacono, sostenuto, incoraggiato e
accompagnato dalla famiglia è chiamato a offrire ad ogni uomo, non nasce da uno
sforzo della volontà ma da un cuore che ha ricevuto da Dio la grazia di essere stato
raggiunto dalla gioia profonda di aver riconosciuto in Gesù e nell'osservanza dei
suoi comandamenti la verità del proprio essere e della propria vita.
Sia, dunque, la Quaresima tempo favorevole per una riscoperta profonda della
nostra identità e di un ministero che, nato dall'amore di Dio per noi, ha come fine
di condurre gli uomini a scoprire l'amore del Padre per ciascuno di noi.
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Diaconi
formazione
L’INIZIAZIONE CRISTIANA
D
on Andrea Lonardo ha animato diversi incontri finalizzati a sostenere le Parrocchie nel
loro compito di verifica dell'iniziazione cristiana, in vista del Convegno diocesano di
giugno. Una traccia molto suggestiva e documentata dei suoi interventi è ora disponibile sul
nostro sito e alla sua consultazione invitiamo i nostri lettori per trarne criteri e spunti per una
impostazione più motivata e coinvolgente della trasmissione della fede alle nuove generazioni.
Qui ci limitiamo, per motivi di spazio, a qualche cenno, con il solo scopo di accendere la
vostra curiosità e avviare una riflessione su itinerari formativi per nulla scontati.
A partire dalla difficoltà che tanti battezzati incontrano nel confessare la propria
fede: quali gli ostacoli? È un problema di scarsa formazione? O di adeguamento alla
mentalità dominante che vuole la religione relegata al privato? O di superficialità nel
presupporre la fede piuttosto che nel proporla? O infine di scarsa consapevolezza
che la fede deve essere continuamente ripensata e rivissuta, quindi testimoniata, per
restare viva?
Poi c'è il discorso sui quattro elementi fondamentali dell'iniziazione cristiana.
Ricordate quali sono? Se non li avete ben chiari … andateveli a rivedere, per riconsiderarne le motivazioni e le profonde interrelazioni. Questo vi eviterà, ad esempio,
di avallare percorsi formativi monocordi, tutti sbilanciati sull'insegnamento della
dottrina (come se si trattasse d'andare a scuola), perché il cristianesimo non è un pacchetto di cose da imparare. Deve al contrario emergere la semplicità ultima della
fede (il kerigma) e al tempo stesso la sua ricchezza e la sua capacità di dare risposte
vere, e non di comodo, alle domande esistenziali.
mons. Andrea Lonardo direttore
dell'Ufficio Catechistico
E come si può diventare cristiani se non si è messi in grado di pregare da cristiani?
Ricordate quando Giovanni Paolo II invitò le parrocchie a diventare scuole di preghiera?
Ma, passati dieci anni, non mi sembra che siano stati fatti passi in questa direzione. E dove
si può apprendere lo "stile di vita" cristiano se non nella Chiesa? "Non può avere Dio per
Padre chi non ha la Chiesa per madre" (San Cipriano).
D: Quale impostazione la Diocesi intende dare a questa verifica sulla Iniziazione
Cristiana?
Il primo punto è stato enunciato molto bene ed in maniera chiara dal Papa e dal Cardinale,
è la "questio fidei": dobbiamo proporre la fede in modo tale che risulti interessantissima,
meravigliosa e bella. Questo vuol dire già fare metà del rinnovamento della catechesi. E'
un compito che spetta anche ai diaconi, ovviamente, come a tutte le parrocchie e comunità
che devono mostrare oggi a tutti, adulti, bambini, ragazzi, giovani ed a persone di altre relisegue a pag. 4
¾¾
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formazione
Diaconi
segue da pag. 3
gioni che essere cristiano è vero, è buono ed è bello. Citavo negli incontri un testo molto
bello di mons. Padovese, il vescovo morto martire in Turchia, lui diceva: "alla chiesa di oggi
manca la convinzione di poter guadagnare nuovi cristiani", cioè persone che non sono cristiane o che lo sono all'acqua di rose possano diventare cristiane e diventarlo con tanta
gioia e questa implica due atteggiamenti di fondo: l'accoglienza ovvero il desiderio di superare subito l'atteggiamento antagonistico, di critica e contemporaneamente la proposta, la
persona deve capire subito che la fede è bella.
Il primo annunzio non è fuori dalla catechesi. Il problema è come possa avvenire che preparandosi al battesimo e poi celebrando il sacramento stesso, chi si accosta per la prima
volta alla fede cristiana si manifesti entusiasta tanto da esclamare: "è bellissimo il battesimo". Faccio un esempio che prendo da un grande liturgista francese: " io posso garantire
che quando alla fine della celebrazione di un battesimo un papà o una mamma mi dicono
"è stato bello" non intende semplicemente che sono venute bene le foto o altro ma "siamo
entrati di più nel mistero di Dio": questo è il potere del sacramento dovuto all'intervento
della grazia e del segno sensibile. Quindi è anche attraverso il sacramento che si riceve
l'annuncio, non solo nel cammino di preparazione. Questa è la prospettiva che sta emergendo.
Tutto il resto lo lasciamo alla vostra lettura su www. vicariatusurbis.org/diaconatus
G
iovedì scorso, 1° marzo, si è
tenuto il primo dei "Dialoghi in
Cattedrale" di quest'anno, che avranno come filo conduttore il tema dell'educazione. Dopo il
saluto del
IALOGHI IN
Cardinal
vicario
ATTEDRALE
Agostino
Va l l i n i ,
hanno preso la parola Eugenia
Scabini, docente di psicologia
all'Università cattolica del Sacro
Cuore, e il gesuita padre Marko Ivan
Rupnik, docente presso la Pontificia
Università Gregoriana. Al centro
delle loro relazioni "L'amore coniu-
D
C
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gale sorgente dell'azione educativa
per le nuove generazioni".
Il prossimo "dialogo" si terrà giovedì 15 marzo, sempre in San Giovanni
in Laterano alle 19.30, sul tema
"Educare alla vita eterna: utopia o
profezia?", a cura del giornalista e
medico Joaquin Navarro-Valls, a
lungo direttore della Sala Stampa
della Santa Sede, e del filosofo
Remo Bodei, dell'Università di Pisa.
L'ultimo si terrà giovedì 29 marzo,
con l'Arcivescovo di Firenze
Cardinale Giuseppe Betori e lo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli,
che parleranno de "La proposta educativa di fronte al problema del
male".
Diaconi
formazione
C
ome passare da una catechesi finalizzata ai sacramenti dell'iniziazione cristiana ad una
formazione cristiana per la vita? Questo è il tema centrale della verifica pastorale che
vede impegnata tutta la Diocesi in vista del Convegno di giugno. E noi diaconi, per la nostra
responsabilità di ministri ordinari del battesimo, siamo chiamati a prestare particolare attenzione all'invito del Papa nell'omelia dei Vespri di fine anno: "il cammino battesimale […],
oltre a favorire la consapevole e degna preparazione alla
celebrazione del Sacramento, ponga adeguata attenzione
agli anni immediatamente successivi al Battesimo, con
appositi itinerari …"
Sappiamo bene che non è affatto facile stabilire un contatto
duraturo con i genitori dei bimbi che battezziamo, ma non
possiamo considerare insormontabile questa difficoltà: ci
vuole creatività pastorale e, se parliamo fra di noi prendendo spunto dalle nostre esperienze, vedremo che la fantasia non manca.
Nella nostra parrocchia invitiamo tutti i battezzati dell'anno precedente alla festa della Vita
e c'è per loro, alla messa, una speciale benedizione, con allegria e commozione.
Da noi le coppie che vanno a trovare le famiglie per la catechesi battesimale hanno il compito di riprender contatto per consegnare un'immagine sacra da appendere nella stanza dei
bimbi e, dopo un anno, un libretto di preghiere in famiglia (benedizione dei pasti, ecc.) e
l'anno successivo di portare i figli ad una festa (il carnevale dei bambini) e dopo ancora di
partecipare a un pellegrinaggio al Divino Amore, oppure di andare insieme, per Natale, a
visitare i presepi di Roma, oppure …
Noi proponiamo di contribuire a un'opera di carità, in occasione del sacramento che i figli
vanno a ricevere, per fondare su basi solide la loro crescita spirituale. E se l'opera prosegue
nel tempo (ad esempio una missione) è essa stessa l'opportunità per raccontare come si evolve nel tempo.
Noi invece coinvolgiamo i bambini del catechismo in una sacra rappresentazione o a Natale
o a Pasqua o anche per illustrare qualche episodio della vita di Gesù (una parabola o un
miracolo). E in questo, vedrete, che più ancora dei bambini si lasciano coinvolgere i genitori.
Per noi l'obiettivo principale è di comporre e sostenere un gruppo di giovani famiglie in un
clima di amicizia, parlando dei problemi che incontrano nella relazione coniugale o nell'educazione dei figli, ma sempre in una prospettiva di crescita vocazionale.
Noi abbiamo organizzato il "salotto delle mamme", in modo che, quando ci lasciano i figli
per il catechismo, piuttosto che aspettare in auto, abbiano la possibilità di incontrarsi, conoscersi e leggere il Vangelo della domenica successiva.
Alle famiglie più assidue noi proponiamo di invitare in casa loro amici per dar vita a un
gruppo di ascolto del Vangelo con il metodo della lectio divina.
Insomma, come vedete, fantasia e creatività pastorale non mancano.
diac. Giuseppe Colona
C REATIVITÀ
PAST ORALE
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condivisione
Diaconi
Intervista a mons. Pietro Sigurani parroco della Natività di N.S.G.C.
D
on Pietro perché cinque diaconi nella tua parrocchia?
Prima di tutto voglio dire che è un'esperienza convalidata qui da venticinque anni, proprio quasi dall'inizio del diaconato permanente in diocesi. É chiaro, quindi, che il diaconato ha sempre avuto un
suo spazio all'interno della parrocchia. Il diaconato permanente è dire "SI" ad una vocazione come
per la vocazione sacerdotale, la vocazione
al matrimonio, ecc. Le vocazioni al diaconato nascono se una parrocchia prevede
uno spazio diaconale. Nascendo le vocazioni diaconali lo spazio si allarga sempre di
più, perché il ministero diaconale non è
un riempitivo. Si innesca un circuito virtuoso. Questo a me
sembra molto importante. Se la parrocchia attualizza nel quartiere il mistero della
Chiesa, e non solo l'organizzazione, appare il Ministero Ordinato che poi genera la ministerialità. Per questo io ritengo che il diaconato sia necessario in ogni parrocchia affinché sia tutta ministeriale. Noi siamo abituati alla struttura parroco e vice parroco, finalizzata alle tante cose "da fare" ma non è questa l'idea della Chiesa mistero. Se noi pensiamo che la parrocchia sia solo un fatto organizzativo allora dobbiamo anche dire che siccome ci sono tanti abitanti c'è bisogno di tanti preti ma non è così. C'è bisogno che emergano i diversi ministeri.
Parrocchia della
Quanto c'entra in questo il fatto che il diacono non celebra messa e non confessa?
Il ministero del diacono ha altri campi, io penso che il presbitero abbia accorpato in sé tutti i ministeri e questo è male. Ma già questo è nella successione dei vari gradini per arrivare al presbiterato:
prima c'è l'ammissione agli ordini, poi ci sono gli ordini minori, accolitato, lettorato, poi c'è il diaconato e poi c'è il presbiterato e il presbiterato accorpa tutto. Questa, io credo, sia una prassi venuta
molto dopo. Il diacono ha una sua fisionomia e il prete non deve essere diacono per essere prete, "è
prete", è presbitero, così il vescovo "è vescovo". Per questo ci vuole una visione teologica diversa, ci
vuole un rinnovamento teologico. Il diacono ha il suo spazio e se un presbitero lo occupa fa, chiamiamola così, "un'invasione di campo". Quale è lo spazio del diacono? Lo spazio del diacono non è
fare il prete, perché c'è anche questa tentazione per alcuni diaconi.
Lo spazio diaconale è fondamentalmente lo spazio di una predicazione che attualizzi la vita vissuta,
in un'assemblea liturgica che è formata da sposati, da persone che lavorano in varie professioni, da
persone che insegnano ecc. Non dovrebbe essere come la predicazione del presbitero. Il presbitero ha
la dimensione, il ruolo, il tipo di predicazione sua propria, anche il diacono ha una propria dimensione specifica. Così, ad esempio, l'essere diacono non solo in chiesa, non solo in parrocchia, ma l'essere diacono nei luoghi di vita, dove si vive regolarmente, così anche un diacono sposato non può non
avere l'ambito di una pastorale familiare con la preparazione delle coppie, col visitare le famiglie che
chiedono il battesimo per i propri figli, con il dialogare con le famiglie che si riavvicinano alla chiesa e che magari non hanno celebrato il sacramento del matrimonio e portarle piano piano a celebrarlo, è uno spazio proprio del diacono. Il presbitero ha altri compiti. Così anche lo spazio della carità, lo spazio dell'amministrazione della parrocchia, dei beni della comunità, questo è uno spazio diaconale. Allora dice: il prete che fa? Qui non si tratta di fare o non fare, non è questo il problema, il
problema è come fare. Non si tratta di dire: ma se predica un diacono il prete allora che fa? Il dia-
T UTT O DIPENDE DALLA
V ISIONE DI C HIESA
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Diaconi
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cono deve predicare con una sua sensibilità, il presbitero è chiamato ad annunciare la Parola con la sensibilità di colui che presiede. Qui non si tratta di dividersi i compiti. Questo modo di vedere le cose è ridurre la Chiesa a un'organizzazione, ma "la Chiesa è Mistero".
Lo Spirito multiforme che il diacono, il presbitero e il vescovo hanno ricevuto mediante l'imposizione delle
mani li ha resi adatti a svolgere il ministero per il quale sono stati scelti e chiamati.
Ritorno su un punto che ritengo importante e molto esplicativo: la predicazione. Un conto è la predicazione di un diacono e un conto è la predicazione di un presbitero, di un vescovo o del Papa.
Questo è un problema serio. Se ognuno dà lo specifico del ministero che ha ricevuto dallo Spirito
non ci sono invasioni di campo.
Cosa credi pensino i parrocchiani dei diaconi e del diaconato in generale?
Nella mia esperienza di oltre 25 anni di diaconato in parrocchia credo che nessun parrocchiano
pensi che i diaconi siano preti. Sono diaconi e non c'è stata mai un'invasione di campo, mai da
parte dei presbiteri un dire: allora a che cosa serviamo? Per questo è necessario creare un tipo di
parrocchia, come diceva il Concilio Vaticano II, tutta ministeriale, con ministeri sia ordinati sia
non ordinati.
Anche nei ministeri non ordinati c'è un altro grosso problema, quello delle donne che sono ministre "di fatto", esercitano il lettorato, il servizio ai poveri, il portare l'eucaristia ai malati.
Ministeri non riconosciuti ufficialmente. Sono problemi seri e difficili. Il fatto fondamentale,
torno a ripetere, è che concetto abbiamo di Chiesa nel territorio: se la Chiesa è solo un fatto
organizzativo, amministrativo di tipo "laicale" è un conto ma se, invece, deve esprimere il mistero della Chiesa universale allora l'organizzazione dovrebbe essere di tipo
sacramentale, ed è proprio questo ciò che manca.
Come possono le mogli dei diaconi essere di supporto ai loro mariti o,
Natività di N.S.G.C.
comunque, partecipare del loro sacramento in quanto unica carne in
Cristo?
Nella domanda hai dato già la risposta.
Io in questo potrei portare degli esempi molto concreti, di come a poco a poco le
mogli dei diaconi hanno accettato il diaconato dei mariti e si sono inserite in questo diaconato. Inizialmente c'era una paura quasi che il loro rapporto matrimoniale venisse svilito. In alcune delle mogli ho visto questo, ma poi man mano che il
marito ha vissuto il suo diaconato hanno constatato come questo sia stata una cosa
grande per la famiglia. In fondo il sacramento del matrimonio è stato rinsaldato da
questa nuova effusione dello Spirito Santo e siccome, dice la Scrittura, i due saranMons. Pietro Sigurani
no una sola carne, questo Spirito di diaconia effuso sul marito passa anche sulla
Parroco della Natività di NSGC
moglie. Altro discorso è per i figli e ha senso che ci sia una diversità perché i due
sono una sola carne, i figli, pur nascendo da questa comunione d'amore e carnale sono destinati a una
loro vita indipendente.
Io vedo che tutte le mogli dei diaconi vivono la diaconia del marito con serenità, con gioia, senza strafare. Un'altra cosa bella che noto, e che mi piace, è che i diaconi non vivono mai il loro diaconato come un
qualcosa che li mette sopra agli altri, restano nella loro laicità nonostante il sacramento. Nessuno dei cinque diaconi si è sentito superiore agli altri.
Questo è il nostro servizio, sentirci uguali con un dono particolare per servire gli altri, "dono per servire
non per primeggiare".
Questo lo posso dire, io credo che i diaconi della nostra parrocchia sentano che ci sono grossi spazi per
esercitare il loro ministero, per esercitare il sacramento dell'ordine nel grado che è stato dato loro. Tutto
il presbiterio, non solo il parroco, ha grossa stima per i diaconi e anche una grossa riconoscenza.
Tutto, ribadisco, dipende dalla visione di Chiesa.
-7Diac. Silvano Arditi
cultura
Diaconi
U
no straordinario carteggio tra un cristiano e una non credente
Donzelli Editore ha pubblicato Il loro sguardo buca le nostre ombre (221 pag., 16
euro, prefazione del card. Ravasi), corrispondenza tra Jean Vanier, fondatore
dell'Arca (130 comunità di disabili e non, nei cinque continenti) e Julia Kristeva,
semiologa, esponente di spicco della corrente strutturalista francese.
Tutto nasce da un incontro a colazione nella sede originaria dell'Arca in Francia,
nel giorno precedente la prima lettera. Kristeva ha un figlio colpito da una malattia neurologica e ne parla con Vanier.
Nasce un dialogo sulla sofferenza, che si allarga, su vari piani, a tutto quello che
avvolge le nostre esistenze. Due grandi menti, ma anche due grandi cuori che si
confrontano, scandagliando con finezza e analisi
l'epoca moderna. I lettori sono invitati a navigare
in questo mare magnum agitato, quello della vulA ORZA DELLA
nerabilità e delle sue conseguenze, ma pieno di
epifanie.
ULNERABILITÀ
Kristeva rimanda al saggio di Nancy Eisland The
Disabled God del 1994 e ne parla. E Vanier riconosce in Dio vulnerabile e angosciato sulla croce, l'evento che lui ha incontrato e
che gli ha cambiato la vita, "Dio potente che diviene impotente per raggiungerci
nella nostra povertà umana".
Il libro è come un abbraccio di due universi di pensiero che si incontrano su un sentiero di montagna. Un appello perchè quanti oggi vivono, anche se vulnerabili, non
siano schiacciati dal commercio e dalla rivalità, ma camminino insieme verso una
liberazione del cuore e un nuovo umanesimo, terreno d'incontro tra cristiani e non.
"Sono felice di vivere una nuova tappa - scrive nell'ultima lettera Vanier - che mi
porterà fino alla più grande debolezza. Spero che non subirò questa tappa finale,
ma che l'accoglierò con la stessa gioia che provo in questo momento".
diac. Girolamo Furio
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cultura
Diaconi
"I
o penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di "Cortile dei Gentili" dove gli
uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio". Era il Natale 2009 quando
Benedetto XVI ha comunicato questa sua intuizione, proponendo un luogo di incontro che ricorda quello adiacente al Tempio di Gerusalemme, aperto a tutti coloro, anche pagani, che si rivolgevano a sacerdoti e scribi per
conoscere meglio la religione
di Israele. Serve infatti uno
spazio di dialogo, continua il
Papa, "con coloro ai quali Dio
è sconosciuto e tuttavia non
vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma almeno avvicinarlo come Sconosciuto". Torna alla mente l'esperienza di san Paolo ad Atene, quando
prese le mosse da un'ara con l'iscrizione "Al Dio Ignoto" per proclamare: "Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio".
Questo spazio di dialogo credenti-atei ha il fine di rimettere seriamente al centro la domanda su
Dio, che rischia di essere ignorata o banalizzata, come avviene in certi salotti televisivi (alla
Piergiorgio Odifreddi, Margherita Hack, Piero Angela, Umberto Veronesi, ecc.), nei quali i credenti passano per creduloni e gli atei esibiscono con dogmatica certezza il loro non credere. Molti
sono invece quelli che vivono il dramma dell'incredulità e rispondere alle loro domande, che partono dalla ricerca di senso per la vita umana, rafforzerebbe anche le ragioni del credere.
Occorre prendere in considerazione, partendo da Dio, alle tante domande sull'uomo che altrimenti
rimarrebbero senza risposta. Lo diceva in modo assai efficace san Pietro nella sua prima lettera:
"Sempre pronti a rispondere a chiunque vi chieda ragione della speranza che è in voi".
Questo spazio di dialogo si può pensare articolato su due livelli:
- un primo livello, che riguarda le élite culturali (filosofi, scienziati, intellettuali, teologi), alle
quali si rivolge, con iniziative che hanno un notevole impatto mediatico, il Pontificio
Consiglio per la Cultura, il progetto culturale della Cei, ecc.;
- un secondo livello, che riguarda tutti gli uomini di buona volontà, affidato all'inventiva
pastorale delle ordinarie strutture della Chiesa.
In condizione oggettivamente privilegiata per affrontare un confronto sulle ragioni del credere
siamo noi diaconi, per il nostro ministero di annuncio e per le dinamiche sociali nelle quali siamo
immersi. Ma è un compito nient'affatto facile; per svolgerlo validamente ritengo che ci tornerebbe utile approfondire i temi e le argomentazioni dell'apologetica, sul duplice fronte di difendere la
ragionevolezza della fede e di confutare la presunta razionalità dell'ateismo. E ho notato che nel
magistero di Benedetto XVI si trovano molteplici spunti in tal senso.
Ma in concreto cosa vuol dire "spazio di dialogo"? Si aprono varie possibilità: si può pensare a uno spazio fisico (una sala riunioni in parrocchia o nel luogo di lavoro o in un club, un salotto aperto ad amici e conoscenti, ecc) oppure uno spazio virtuale (con le tante opportunità di incontro e confronto che la rete offre). L'importante è che il dialogo eviti ogni dogmatismo e tentativo
di proselitismo e sia improntato al rispetto della persona e alla ricerca della verità. Solo così il
Cortile dei Gentili potrà essere un vero disinteressato servizio all'uomo.
I L C ORTILE DEI
G ENTILI
Diac. Giuseppe Colona
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Diaconi
A
bbiamo ricordato con la diocesi di Roma don Andrea Santoro, presbitero di questa chiesa partito nel
2000 per la Turchia come prete fidei donum. Si era recato prima a Urfa vicino a Harran, la città di
Abramo e poi gli era stata affidata la chiesa di Sancta Maria di Trabzon dove ha portato avanti la sua
missione, restaurando la chiesa
con il lavoro delle persone del
luogo.
Accoglieva chiunque volesse
visitare la chiesa, incontrava le
persone vicine, tessendo amicizia con le famiglie mussulmane
che in caso di bisogno cercava di
aiutare, vivendo accanto a tutti
con grande affetto.
Invitava altri a vivere in quella terra dove il cristianesimo ha visto le sue origini per uno scambio di conoscenza e scambio di idee e espressioni di fede, con un cuore aperto all'oriente e al nostro occidente, per
un aiuto reciproco e in piena amicizia.
Prima della Turchia, più volte aveva guidato dei pellegrinaggi in Terra Santa dove aveva soggiornato per
diversi mesi in periodi di "deserto" chiesti prima di accettare la nomina di parroco a Roma nella chiesa
di Gesù di Nazaret a Verderocca e nella chiesa dei Santi Fabiano e Venanzio a Via Terni.
Come vice parroco era rimasto alla parrocchia della Trasfigurazione a Monteverde Nuovo dal 1971 al
1980 e qui abbiamo vissuto una esperienza di comunità in quegli anni dopo il Concilio Vaticano II con
tutto il rinnovamento e l'entusiasmo di quei tempi che hanno segnato in modo così positivo e profondo
la nostra vita di cristiani.
Qui ho collaborato con don Andrea nella catechesi con i bambini per la prima comunione e i loro genitori e da qui è partito per il suo viaggio in Terra Santa, di cui è stato pubblicato il suo diario.
Così ci scriveva: "Ho capito in un momento che non si va nel deserto per cercare Dio in
quel luogo, ma per trovarlo in sé, per scoprirsi luogo di Dio, sua dimora, suo tempio, suo
corpo e sua anima. Cerco di fare tesoro di questa lunga esperienza in Palestina. Spero che
sia una solitudine e un distacco che mi costruisca, che sfrondandomi e potandomi, permetta al tronco di essere ben piantato e ben saldo, in grado, come direbbe il Vangelo, di ospitare poi molti passeri, di offrire a tanti un ramo per costruirci il nido. Un villaggio, una città,
una carovana di uomini non mancheranno di certo. Lo desidero molto e anzi mi è costato
allontanarmene. Sono certo che Dio mi farà capire quale villaggio, quale carovana, quale
pezzo di mondo. Ma non me ne preoccupo. All'ora giusta non mi mancherà la risposta giusta."
Ha cercato Dio per tutta la sua vita, ha scelto di testimoniare la sua fede in Gesù il Cristo con
la donazione totale come presbitero specialmente accanto ai giovani e nella vicinanza ai più
deboli della nostra società.
Il suo cammino si è fermato quella domenica 5 febbraio 2006 verso le ore 14 mentre preDon Andrea Santoro
gava nell'ultimo banco della chiesa di S.Maria a Trabzon quando qualcuno gli ha sparato
due colpi di pistola colpendolo alle spalle e un proiettile ha trapassato anche le pagine della bibbia in lingua turca che lui aveva tra le mani. Sapeva il rischio che correva negli ultimi tempi ma è rimasto fedele
fino all'ultimo alla sua missione di fratellanza e di pace. Dalle sue mani prendiamo il testimone di una
preghiera e una scelta di dialogo con i fratelli ebrei e con i musulmani, come possiamo leggere nel suo
"Diario di Terra Santa" e nelle "Lettere dalla Turchia".
Maria Concetta Licitra
(Parrocchia della Trasfigurazione a Monteverde)
“A LL’ ORA GIUSTA
NON MI MANCHERÀ LA
RISPOSTA GIUSTA ”
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Diaconi
comunità
BILANCIO DELLA COMUNITÀ DEL DIACONATO
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I l Credo del popolo di Dio (2)
Il testo della Professione di Fede che Paolo VI pronunciò il 30 giugno 1968, al termine dell'Anno Anno della fede indetto per il XIX
centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo a Roma
Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo
di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone
divine, coaeternae sibi et coaequales , sovrabbondano e si consumano, nella
sovreccellenza e nella gloria proprie dell'Essere increato, la vita e la beatitudine di
Dio perfettamente uno; e sempre "deve essere venerata l'Unità nella Trinità e la
Trinità nell'Unità".
Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno,
nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri,
e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel
seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale , pertanto al Padre secondo la
divinità, e inferiore al Padre secondo l'umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l'unità della persona.
Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e
instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il
suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com'Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di
pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato,
Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla
Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio
potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'Amore e alla
Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo
vi hanno opposto il loro rifiuto.
E il suo Regno non avrà fine.
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