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Mercoledì 9 Dicembre 2009
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STORIA. Dopolaguerrala letturadi Croceispirò lasua ricerca.Parlamentare perDce Ppi,da laicocontro ineoclericali
DeRosa, dal Pci a LuigiSturzo
Esploròilmovimento cattolico
Ferdinando Camon
GabrieleDeRosa, alcentro,tra CarloAzeglioCiampie Sergio Mattarellainvisitaall’Istituto Sturzo
MarianoRumor eGabrieleDeRosa aVicenza, dove lostorico erarichiamato spesso dallesue ricerche
polare — segna uno spartiacque fra la concezione di una
storia ancora prevalentemente politica del cattolicesimo
italiano e l’incontro con una
«storia minore», attenta alla
religiosità quotidiana, che caratterizzerà inoltre la fase successiva del lavoro di De Rosa.
In questo filone si inserisce
ad esempio il libro Vescovi, popolo e magia nel sud (1971).
Lui, campano, si era anche appassionato alla storia del Veneto, per il radicamento in questa regione del cattolicesimo
sociale e aveva fondato il Centro studi per la storia religiosa
del Veneto. È stato per molti
anni presidente dell’Istituto
ILCASO. Ladenuncia di unautore contro l’editoreSellerio eTornatore
«Lasceneggiatura diBaaria
èscritta nelmioromanzo»
«La sceneggiatura di Baaria
di Giuseppe Tornatore, film
che rappresenterà l’Italia all’Academy Awards, ha delle inspiegabili corrispondenze col
mio libro Il romanzo del Casale».
Ad affermarlo è lo scrittore
di Rossano Calabro Giovanni
Sapia. Sapia sostiene che la
bozza de Il romanzo del Casale era stata presentata alla casa editrice palermitana Sellerio, la stessa che ha pubblicato
la sceneggiatura di Baaria.
«Inviai alla Sellerio agli inizi
del 2007 - dice Sapia - il testo
del mio libro su insistenza di
un mio caro amico, dopo averlo tenuto nel cassetto per un
po’ di anni, ma mi fu restituito, dopo numerose sollecitazioni, nel febbraio 2008, accompagnato da una lettera
dell’editore molto garbata ma
sostanzialmente di rifiuto, motivato da ragioni di programmazione. Il mio romanzo approdò poi all’editore Tullio Pironti di Napoli, che in un pri-
Ilregista Giuseppe Tornatore
mo tempo ne annunziò per
agosto 2008 la pubblicazione,
che in realtà avvenne, per ragioni di opportunità editoriale, solo ad aprile 2009. Non so
dire altro, per ora. Posso solo
aggiungere che il fatto mi procura un grande dolore».
Giovanni Sapia, filologo, critico e giornalista, esperto dantista- numerosi sono i suoi reading sulla Divina Commedia,
èstato insignito della Medaglia d’Oro del Presidente della
Repubblica per la scuola, la
cultura e l’arte.
Sapia, nel 1978, ha anche ricevuto il «Premio Villa San Giovanni» per la filologia classica. Sapia è autore di altri due
volumi: Rossano tra storia e
memoria edito nel 2001 e Ciardullo (Michele De Marco),pubblicato nel 2000. f
Sturzo.Per anni si è battuto
perché la carestia che nel
1932-1933 affamò l’Ucraina
con milioni di vittime, che faceva risalire alle teorie genetiche di Lysenko applicate all’agricoltura, fosse annoverato tra i crimini di Stalin e iscritto nel libro nero dei genocidi
commessi nel XX secolo. f
Torna d'attualità Eluana: un libro aspro e straziante la rievoca. Tutti abbiamo vissuto la
sua morte con tutte le gamme
della passione umana verso
una figlia che da tanti anni
non sapevamo più se fosse forma di vita o forma di morte si
sono scontrate sul povero corpo di questa ragazza. Adesso
un grande scrittore veneto fissa in un libretto memorabile il
succo della storia, e lo fa a futura memoria. La sua tesi è che
la sorte di Eluana fa di lei una
«santa»: una donna che ha patito al di là dell'esprimibile,
per un tempo interminabile, fino all'estinzione totale.
«Eluana santa» è l'appello,
forse (ma non ne sono tanto
convinto) lanciato per provocazione, da Giulio Mozzi, uno
dei migliori scrittori della nuova generazione, in un libretto
che si legge d'un fiato, e poi
non si smette più di ragionarci
sopra: Corpo morto e corpo vivo. Eluana Englaro e Silvio
Berlusconi (Transeuropa, 100
pagine, 10 euro). Presentando
il libro, ho obiettato a Mozzi:
«Ma santa perché? Ha sofferto molto, ma non sappiamo se
accettava e voleva questa sofferenza, non sappiamo se la offriva per una sua redenzione».
Perché noi siamo abituati al
concetto di santo come testimone (in greco, martire) della
fede, sofferente e non ribelle alla sofferenza. Santo è chi patisce un dolore forte ma lo regge
perché ha una fede più forte.
Mozzi mi ha citato però le beatitudini: «Beati i poveri…, beati coloro che piangono…»
(Le beatitudini sono date con
testo diverso da vangelo a vangelo, il vangelo che Mozzi segue è quello di Luca). Forse
che i poveri desiderano essere
poveri? No, ma lo accettano. E
saranno compensati per la loro condizione. Certo è com-
prensibile lo sdegno di questo
scrittore verso l'etica in nome
della quale il padre di Eluana
veniva chiamato assassino,
perché voleva fermare le macchine che mantenevano eternamente la figlia in quella vita-non-vita. Eluana è stata
dunque una martire della tecnica. La tecnica è ormai uno
dei nomi di Satana, dice Mozzi. Un idolo. Rifiutando obbedienza a questo idolo, il padre
di Eluana ha fatto una scelta
pia, non empia. Chi ha fatto la
scelta opposta è stato, dice
Mozzi, il capo del governo: il
quale si è schierato per la
«morte interminabile», sentita come una vita ancora sacra,
da rispettare. Di fronte alla sotto-vita di Eluana, Mozzi colloca la super-vita di Berlusconi.
E qui la sua fantasia fa un salto. La santità che non viene riconosciuta a Eluana, finirà
per essere riconosciuta a Berlusconi, e non sarà un ostacolo
che la sua biografia sia costellata di scandali: lui è un politico, e la sua politica sta in questo: rispetta il magistero della
Chiesa quando lo condivide,
mentre quando si sente contraddetto dichiara di non essere al corrente della contraddizione. Se non può sempre mostrarsi interno alla Chiesa, si
appresta a fare un'operazione
sottile, mostrarsi in sintonia
con la volontà del santo più
pregato e invocato in questo
momento, padre Pio, e infatti
annuncia che andrà alla tomba del padre, ora beato e santo. Mozzi lancia una profezia:
dopo il leader dirà che il santo
gli è apparso e gli ha parlato, e
così risulterà contiguo alla santità e da essa garantito. Mozzi
fa così una lettura turbata e
turbante del caso Eluana: sul
corpo di Eluana si è combattuta una battaglia apparentemente etica, in realtà politica.
In palio era il potere. Di stabilire il vertice etico dell'esistenza in terra, e autoassegnarselo.f
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civilità» leggendo, appena tornato dalla guerra in Africa, il
saggio di Croce Perché non possiamo non dirci cristiani. Una
sorta di viatico che accompagnò tutta la sua produzione
successiva di studioso di storia del movimento cattolico e
di storia politica ed economica dell’età contemporanea.
De Rosa è stato un profondo
innovatore della metodologia
di ricerca sulla storia religiosa; tra le sue opere ci sono i tre
volumi della Storia dell’Italia
religiosa, pubblicata da Laterza. Giovane laureato in giurisprudenza, De Rosa suguì la
sorte di moltissimi altri coetanei e fu richiamato in guerra:
a lui toccò il fronte nordafricano, sul quale decenni dopo
pubblicò da Donzelli un «taccuino militare» intitolato La
passione di El Alamein. In esso rivendicò «l’amor di patria» che, scrisse, continuò a
essere vivo «nella guerra di Liberazione, nella Resistenza e
nella fondazione della Repubblica».
La passione civile lo guidò
sempre: durante la Resistenza
si era iscritto al Pci e aveva anche lavorato all’Unità. Poi la
svolta propiziata dalla lettura
di Croce e due mandati da parlamentare: il primo nel 1987,
per la Dc, il secondo nel 1992,
con il Ppi.
Particolarmente attento alla
genesi del movimento cattolico, ha imperniato molte delle
sue ricerche sulla figura di
don Luigi Sturzo. L’anziano sacerdote, fondatore del PPI nel
1919 e poi costretto all’esilio
dal fascismo, era stato per lui,
a partire dal 1954, un aiuto prezioso per la preparazione del
libro sulla storia del movimento cattolico. L’opera — che va
dal periodo della Restaurazione alla prima guerra mondiale, alla nascita del Partito po-
RitornaEluana
Perinquietarci
Saggiodi GiulioMozzi suldramma
cheha scosso l’Italia.Martire
dellatecnica,«un nomediSatana»
inostaggioalpotere politico
Mortoa92 annilo studioso
FondòilCentro studiper lastoria
religiosadelVeneto.Famosi
isuoimanuali ela«Storia delPpi»
Lo storico Gabriele De Rosa è
morto nella sua casa romana.
Nato il 24 giugno 1917 a Castellammare di Stabia, aveva 92
anni. Oggi dalle 10 alle 18 la camera ardente sarà allestita a
Roma all’Istituto Luigi Sturzo
(in Via delle Coppelle) di cui
era presidente dal 1979. I funerali si svolgeranno giovedì
mattinaalle 11,30 nella chiesa
di Sant’Agostino, officiati dal
cardinal Silvestrini.
Storico del movimento cattolico, De Rosa è stato anche senatore (1987-1992) e deputato
(1992-1996) prima per la Dc e
poi il Ppi. Nel 1958 vinse il concorso per la prima docenza di
storia contemporanea in Italia. La medesima disciplina ha
insegnato nelle università di
Padova, di Salerno (di cui è stato rettore) e di Roma.
Autore di numerosi saggi di
storia sociale e religiosa, e di
altrettanti manuali per le scuole medie e superiori, il suo nome è legato alla pubblicazione
di saggi su Alcide De Gasperi
e, in particolare, della biografia e di diversi epistolari di Luigi Sturzo, col quale strinse amicizia nel 1954.
Tra le altre sue opere, vanno
ricordate la Storia del movimento cattolico e la Storia del
Partito Popolare Italiano, pubblicate da Laterza rispettivamente nel 1962 e nel 1966. Aveva analizzato quale evento importante nella storia d’Italia la
nascita del PPI nel 1919 come
partito laico, non dichiaratamente confessionale, legato a
un programma e non alla fede, tantomeno alla Chiesa. A
questa impostazione sturziana De Rosa era rimasto fedele
anche nella personale testimonianza politica, aderendo ai
popolari nel dopo dc e deprecando il neoclericalismo.
De Rosa confessò di aver ritrovato fiducia nella «nostra
SOCIETÀ. Letturaturbata eturbante delcaso
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