Anteprima Estratta dall' Appunto di
Antropologia delle migrazioni
Università : Università degli studi di Modena
Facoltà : LettereFilosofia
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MIGRAZIONI E MIGRANTI
Migrante (def. Nazioni Unite)= persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive
in quel paese da più di un anno. Ma non è sempre facile definire chi è un immigrato e chi non lo è. Nel senso comune,
l'immigrazione si associa a una percezione di inferiorità e di minaccia. Nel linguaggio comune definiamo immigrati
sono una parte degli stranieri che risiedono e lavorano nel nostro paese. Ne sono esentati i cittadini francesi, tedeschi ma
anche giapponesi e coreani. Lo stesso vale per il termine extracomunitari (non appartenenti all'UE): non si applica agli
americani, ma per i rumeni si. Gli immigrati sono dunque ai nostri occhi gli stranieri provenienti da paesi che
classifichiamo come poveri.
Il confine classificatorio che separa immigrati e stranieri graditi è in realtà mobile. Si può prevedere che tra venti o
trent'anni brasiliani, messicani, cinesi, indiani non saranno più considerati immigrati. Un potente fattore di ridefinizione
dello status dei cittadini esterni è rappresentato dai progressivi allargamenti dell'UE, perché lo sviluppo economico
favorito dall'ingresso nell'UE sta avvicinando progressivamente le condizioni di vita di questi paesi a quelli dei partner
europei. Un caso singolare riguarda i cittadini di per sé classificabili come luoghi di emigrazione, ma individualmente
riscattati dall'eccellenza nello sport, nella musica, nell'arte o negli affari. Neanche ad essi si applica l'etichietta di
immigrati. Possiamo dire che l'impiego del concetto di immigrato allude alla percezione di una doppia alterità: una
nazionalità straniera e una condizione di povertà. Generalmente, quando un individuo o un gruppo riesce a liberarsi di
questi due stigmi, cessa di essere considerato immigrato.
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Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse in cui entrano in gioco oltre ai soggetti migranti, le società di origine
e quelle di destinazione. Sono analizzabili come processi, in quanto dotate di una dinamica evolutiva che comporta una
serie di adattamenti e di modificazioni nel tempo, e come sistemi di relazioni che riguardano le aree di partenza, quelle
di transito e quelle di destinazione.
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Possiamo individuare diversi tipi di immigrati:
 immigrati per lavoro: Oggi non sono più soltanto maschi, non sono necessariamente poco istruiti e privi di
esperienze professionali, ma solitamente trovano lavoro nei settori e nelle occupazioni meno ambite dei
mercati del lavoro nei settori e nelle occupazioni meno ambiti dai mercati del lavoro dei paesi riceventi. Le
donne muovendosi spesso in qualità di primomigranti (ossia di battistrada per un’eventuale immigrazione
familiare successiva), sono sempre più protagoniste delle migrazioni per lavoro. Si inseriscono specialmente
nei servizi alle persone e alle famiglie, con possibilità di miglioramento ancora più scarse che per gli
immigranti maschi, qui si parla di doppia discriminazione.
 immigrati stagionali o lavoratori a contratto: Si distinguono dai precedenti perché in diversi paesi sono
sottoposti a una regolamentazione specifica, che ne autorizza l'ingresso per periodi limitati, al fine di
rispondere a esigenze temporanee e definite di mandopera. In Italia ne fanno ricorso le province autonome di
Trento e Bolzano per la raccolta della frutta e per la stagione turistica. In Europa si assiste a un incremento di
questo tipo di immigrazione che viene definita “migrazione circolare” e tende ad essere preferita nelle politiche
governative, a forme più stabili di insediamento.
 immigrati qualificati e imprenditori. Sono ancora quasi sconosciuti nel nostro paese, ma rappresentano una
quota crescente dei flussi migratori su scala internazionale, specialmente in direzione dei paesi più aperti
all’immigrazione, come gli Stati Uniti, Il Canada e l’Australia, dove esistono specifici programmi per il
reclutamento di questi particolari immigrati. Si tratta di tecnici informatici, ingengeri, scienziati, personale
medico, tanto che si parla di “internazionalizzazione delle professioni”. Si sta sviluppando in tutte le società
riceventi l'imprenditorialità “etnica” tra immigrati arrivati per altre ragioni. Il fenomeno è importanto in quanto
tende a modificare l'immigine dell'immigrato come lavoratore subalterno e dequalificato.
 familiari al seguito. Sono una categoria diventata importante in Europa dopo la chiusura delle frontiere
attorno al ’74 nei confronti dell’immigrazioni per lavoro. Dopo di allora, i ricongiungimenti familiari sono
diventati la motivazione più frequente per gli ingressi ufficiali di cittadini provenienti da paesi esterni.
 rifugiati e richiedenti asilo. Sono influenzati da eventi come le guerre nei Balcani negli anni novanta. Le due
categorie si distinguano per effetto della convenzione delle Nazioni Unite del 1951 (Convenzione di Ginevra),
in cui il rifugiato è definito come una persona che risiede al di fuori del suo paese di origine, che non può o
non vuole ritornare a causa di un “ben fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione,
nazionalità, opinione politica”. Il richiedente asilo è una persona che si sposta attraverso le frontiere in cerca di
protezione, ma che non rientra nei rigidi criteri della Convenzione di Ginevra, giacchè in genere non è in grado
di provare di essere il bersaglio individuale di una persecuzione esplicita.
 immigrati in condizione irregolare e clandestini: l’immigrato irregolare è solitamente identificato come
colui che, entrano in maniera regolare, è poi rimasto dopo la scadenza del titolo che gli aveva consentito
l’ingresso. Il clandestino è invece colui che è entrato in maniera fraudolenta, attraverso la frontiera senza
documenti, oppure con documenti falsi, o corrompendo i pubblici ufficiali preposti al controllo. La vittima del
traffico è invece la persona straniera (spesso si tratta di una donna) che viene coinvolta in un attraversamento
delle frontiere con la forza o più spesso con l’inganno, e costretto a svolgere attività che procurano introiti alla
rete che ha organizzato il suo ingresso o ne gestisce il soggiorno.
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migranti di seconda generazione: di solito questo termine è inteso in senso ampio, così da comprendere i figli
di immigrati, nati nel paese ricevente, insieme a quelli nati nel paese, d’origine e ricongiunti in seguito.
Attraverso la nascita e la crescita delle seconde generazioni, prende le mosse un altro processo gravido di
conseguenze: l’insediamento stabile di popolazioni immigrate in un paese diverso da quello di origine,
specialmente quando si tratta di popolazioni percepite e autoidentificate come “diverse” dalla maggioranza
nativa, per la lingua, religione, pratiche culturali, dà luogo alla formazione di minoranze etniche.
immigrati di ritorno: coloro che rientrano nei luoghi di origine dopo aver trascorso un periodo della loro vita
in un altro paese. Un caso particolare è quello del ritorno verso la patria ancestrale dei discendenti di antichi
emigranti e coloni, ai quali spesso viene accordato uno status particolare, che ne facilita il rientro nella
comunità dei cittadini: in diversi paesi, tra cui l’Italia e la Germania, quando i candidati all’ingresso possono
dimostrare di avere un ascendente della nazionalità del paese di cui rivendicano la provenienza, acquisiscono
automaticamente lo status di cittadini.
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Le migrazioni vengono solitamente suddivise in periodi:
 Il periodo dello sviluppo industriale e della grande emigrazione, che si estende per l’Italia dal 1880 circa,
fino alla prima guerra mondiale, contraddistinto dai fenomeni delle migrazioni di massa, in modo particolare in
direzione delle Americhe. La realizzazione di grandi opere pubbliche, la crescita delle industrie e l'espansione
urbana richiedono grandi volumi di manodopera, mentre l'impoverimento delle aree rurali di provenienza
incita alla partenza. Dall’Italia altri movimenti migratori, su scala più ridotta, con andamenti prevalentemente
stagionali, si indirizzano verso i paesi europei più avanzati: Francia, Germania, Svizzera. Tra gli anni ottanta
dell’Ottocento e i primi quindici anni del Novecento, nel complesso il fenomeno coinvolse 13 milioni e mezzo
di nostri concittadini.
 Il periodo tra le due guerre, in cui inizialmente espulsioni, esodo di profughi (per esempio dall’Unione
Sovietica) e deportazioni si accompagnano a nuovi fabbisogni di manodopera per compensare i vuoti lasciati
dalle perdite belliche. A partire dagli anni Venti, grazie alla costruzione dell'Ufficio internazionale del lavoro
presso la Società delle Nazioni, si afferma l'idea della regolamentazione delle migrazioni attraverso trattati
internazionali, con maggiori limitazioni e selettività, ma anche con un primo riconoscimento dei diritti dei
migranti nella legislazione internazionale del lavoro, sotto forma di parità di trattamento con i lavoratori
nazionali. Negli Stati Uniti, gli anni Venti vedono l’introduzione di misure restrittive che, sommandosi con la
crisi del ’29, hanno l’effetto di diminuire drasticamente i movimenti migratori, mentre in Italia il fascismo
ostacola nuove partenze. Si scende intorno alle 2-300.000 partenze all’anno negli anni venti e al di sotto delle
100.000 negli anni trenta, anche a causa della profonda depressione dell’economia internazionale. Nello stesso
periodo in Europa l’avvento dei regimi totalitari provoca l’esodo di oppositori politici e rifugiati, dal
(ricordiamo gli antifascisti italiani e gli ebrei in fuga dalla Germania).
 Il periodo della ricostruzione, dal 1945 ai primi anni Cinquanta, vede il rilancio dei movimenti migratori
dopo gli sconvolgimenti bellici. La ripresa economica e la mancanza di manodopera richiedono braccia, fornite
specialmente dall’Italia per Francia, Svizzera e Belgio. La Gran Bretagna, come nel passato, ricorre soprattutto
agli irlandesi, la Svezia ai finlandesi. La Francia recluta lavoratori provenienti dalle colonie, specialmente
dall’Algeria. Dall’Italia verso l’estero parte tra il 1946 e 1951, quasi un milione di persone. Cominciano poi le
migrazioni interne, inizialmente dalle zone rurali e dal Veneto verso i poli del cosiddetto triangolo industriale.
 Il periodo del decollo economico, contraddistinto dagli accordi intergovernativi per la fornitura di forza
lavoro e dalla rapida regolamentazione dei lavoratori, anche quando entravano in un paese straniero senza un
regolare permesso. Cresce
 Il periodo del blocco ufficiale delle frontiere verso l’immigrazione per lavoro (dal ’74 in avanti). Il primo
shock petrolifero, nel ’74, conclude la fase delle migrzioni relativamente libere, anche se già nei primi anni
settanta si manifestano in alcuni paesi i primi segni dei nuovi orientamenti restrittivi. A causa della recessione
dell’impennata della disoccupazione, i paesi dell’Europa centrosettentrionale decidono di non ammettere più
immigrati per lavoro e incoraggiano invece, con scarso successo, il rimpatrio di coloro che sono già installati.
In realtà solo la Germania, e per un breve periodo (tra il ’75 e il ’77) riesce a ridurre il numero degli immigrati.
A partire dagli anni ’80, e con maggiore intensità dall’inizio degli anni novanta, l’Europa meridionale diventa
a sua volta un polo di attrazione dell’immigrazione, che proviene da un numero semplice più ampio di paesi, e,
dall’89, coinvolge un nuovo grande bacino di partenza formato dall’Europa dell’Est, impegnata nella difficile
transizione postcomunista.
 Si sta ora profilando un nuovo scenario, con l’attuazione e il perfezionamento degli accordi di Schengen per
un controllo più rigoroso delle frontiere esterne, mentre si è messa in moto una cauta e contrastata revisione a
livello europeo della politica del blocco delle frontiere ed è avvenuto nel 2004, l’ingresso dei dieci nuovi stati
membri, principalmente dell’Europa dell’Est, destinato ad allargare notevolmente i confini dell’Europa
comunitaria. Si riconosce oramai che anche all'Europa servono cervelli e lavoratori qualificati e alcuni paesi
(Gran Bretagna, Francia, Germania) si sono già attivati per attrarli.
Nel nuovo contesto, si possono identificare alcune tendenze generali dei processi migratori, che si sono
manifestate negli ultimi anni e sono destinate a svolgere un ruolo fondamentale anche nel futuro:
1. La globalizzazione delle migrazioni, aumenta
2. L’accelerazione delle migrazioni, con la crescita delle dimensioni quantitative del fenomeno.
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