Venerdì 31 ottobre 2014
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Fascismo, Nazismo, Shoah
Tre documenti dall'Archivio storico di Catania, una mappa, alcune domande
Claudio Moffa
Nell’epoca della globalizzazione, del dirigismo ‘ammazza’ popoli e Stati di Bruxelles e Strasburgo quello che da sinistra potrebbe essere impropriamente ribattezzato il 'fascismo dei nostri tempi'- il
fascismo ‘storico’, quello vero, del ventennio mussoliniano, continua ad essere ancora oggetto di
attacchi ideologici che rifiutano a priori ogni verifica fattuale: è scontato, direi, come peraltro
ricordava nell’aprile scorso il professor Augusto Sinagra al ‘Master Enrico Mattei in Vicino e
Medio Oriente’ di Teramo, che la politica sociale del ventennio fu molto avanzata, una sorta di
pre-edizione del futuro ‘Stato sociale’ della prima Repubblica: che molte grandi opere
pubbliche del regime furono essenziali per lo sviluppo di un Paese, un ‘precipitato’ del progetto di
modernizzazione dall’alto voluto dal regime; che l’IRI e la Banca d’Italia a capitale pubblico
egemone, furono fondati dal fascismo e poi sussunti dalla Repubblica postfascista, per essere
affossati e distrutti solo con la cosiddetta ‘rivoluzione’ tangentopolista di Antonio Di Pietro e
Edwuard Luttwak.
Basta attenersi ai ‘fatti’, basta distinguere i ‘fatti’ dalle sempre legittime ‘opinioni’, non
proiettando sull’intera opera del regime fascista i suoi indiscutibili difetti di autoritarismo e di
inaccettabile repressione delle voci dissidenti, per assumere pacificamente tali verità. Ma ancor
oggi, ripeto, a quasi un secolo dalla presa del potere del fascismo in Italia, e dopo gli studi ormai
acclarati di Renzo De Felice e altri studiosi, questa banale procedura-verifica sembra impossibile:
un esponente della comunità ebraica italiana che da anni cerca in tutti i modi di imporre al popolo
italiano una ‘legge antinegazionista’ volta a mettere il bavaglio alla ricerca storica, in un dibattito di
un paio di anni fa -alla silenziosa presenza, peraltro, di quello ‘storico’ Andrea Graziosi -che oggi
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siede, lautamente pagato, tra i ‘magnifici sette dell’Anvur (una struttura autoreferenziale che
pretende di rivalutare con meccanismi anonimi, le carriere di tutti i docenti universitari italiani)minacciò la ‘necessità’ di ‘prendere le armi’ per imporre la sua volontà a 59 milioni e 900mila
italiani.
Una situazione assurda. Che diventa poi decisamente kakfiana quando al fascismo viene appioppata
anche la responsabilità totale della persecuzione degli ebrei, e viene proiettata su tutta la sua lunga
storia l’ombra delle criminali leggi razziali del 1938.
Ma anche qui, anche dopo la promulgazione di queste leggi che costituiscono una vergogna per
il Ventennio, la storia è meno semplice di quanto si possa pensare. Lo dimostrano alcuni
documenti da me scoperti nell’Archivio storico di Catania, sui quali, uno per uno, compare il
timbro ‘riproduzione vietata’ (!!) e che oggi invece - dopo peraltro averli illustrati nell’ultima
edizione del Master, in una delle lezioni dedicate ai risvolti internazionali della ‘Shoah’- voglio
pubblicare, per fare emergere fatti che ci dicono, appunto, che il Fascismo con i crimini attribuiti
al Nazismo c’entrò assai poco, e che la storia della II guerra mondiale non è quella che ci
raccontano
molti
storici
nostrani.
Da questi documenti-tutti del Ministero dell’Interno, Divisione Affari Generali e Riservati della
Direzione Generale della Pubblica Sicurezza; ovvero Direzione Generale di Polizia- emerge, infatti,
un regime fascista collaborazionista col sionismo, e proteso fattivamente a salvare le migliaia e
migliaia di Ebrei profughi dalla Germania nazista.
Inizialmente, subito dopo la promulgazione delle ‘leggi razziali’ dell’11 novembre 1938,
emergono titubanze e dubbi sulle decisioni da prendere: ad esempio, in un documento del 9
dicembre 1938, la DGPS risponde alle sollecitazioni di «alcune Prefetture della Venezia Giulia e
Tridentina» su come procedere per quel che riguarda il rilascio di «passaporti italiani alle persone
che hanno perduto la nostra cittadinanza e che ne hanno bisogno per trasferirsi definitivamente
l’estero». Cosa fare in particolare per gli ‘ebrei colpiti dall’art.23’ delle leggi razziali? La
risposta del Ministero è ancora interlocutoria: da una parte si deve attendere che «la perdita
della cittadinanza» sia «pronunziata con declaratoria di revoca da registrarsi nei singoli atti dello
Stato civile», e dall’altra si chiede alle Prefetture di «riferire» sui «singoli casi» «al Ministero per le
sue determinazioni» [i]. Il 27 maggio 1939, i dubbi sull’emigrazione di Ebrei e sulle connesse
pratiche burocratiche sembrano scomparsi: un altra circolare sull’emigrazione all’estero o sul
transito degli Ebrei, dà infatti il via libera per il rilascio del «libretto di navigazione» «ai marittimi
di razza ebraica», «per l’imbarco di essi su navi nazionali anche se dirette all’estero» [ii].
L’ingresso dell’Italia in guerra è imminente, sarebbe stato annunciato due settimane dopo, il 10
giugno.
E’ guerra, dunque, e gli Ebrei diventano ancor più nemici, pericolosi nemici da espellere. Un
documento della DGPS del 17 luglio 1939, risponde infatti al «proposto quesito», non si dice da chi
proposto, «se gli ex combattenti ed i congiunti di caduti in guerra di razza ebraica possano …
detenere a titolo di ricordo, armi da guerra», con un sì all’autorizzazione, ma «solo nel caso di
cimeli non più efficienti agli effetti bellici».[iii] Armi efficienti in mano agli Ebrei aggrediti dalle
leggi razziali, e in piena guerra dell’Italia a fianco della Germania nazista, avrebbero forse costituito
un pericolo per la stabilità interna del regime …
Ma non erano solo gli Ebrei italiani ad emigrare: in effetti, da altri tre documenti conservati
nell’Archivio di Stato di Catania -i più importanti tra quelli qui pubblicati- ad emergere come
epicentro dell’emigrazione di massa degli Ebrei europei, è l’Europa centrorientale.
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Un fenomeno già noto agli studiosi, e come vedremo già registrato nella documentazione di fonte
nazista, del quale nella prima delle ultime tre circolari DGSP, datata 3 marzo 1940, affiorano tutte
le problematiche esterne all’emigrazione: tutte le difficoltà, cioè, di transito nei Paesi contigui o
comunque altri da quelli di provenienza dei profughi, a causa degli eventi bellici e della rottura
delle
relazioni
diplomatiche
tra
gli
Stati
dei
due
blocchi
in
guerra.
Leggiamo:
«Il Ministero degli Affari Esteri, nel comunicare che nelle attuali circostanze alcuni Paesi hanno
ritirato i propri rappresentanti dalla Germania, ex Cecoslovacchia e ex Polonia, mentre altri
specie del Centro e Sud America, non ne hanno affatto, ha fatto presente a quelli dell’Interno, che
numerosi ebrei germanici, cecoslovacchi e polacchi non possono raggiungere i nostri porti di
imbarco data l’impossibilità di munirsi del visto di ingresso nello Stati di destinazione.
E poiché le RR. Rappresentanze possono apporre il visto al passaporto degli ebrei per il transito
nel Regno solo quando essi siano provvisti dei documenti atti a proseguire il viaggio e del visto
per il Paese di destinazione, il prefato Dicastero ha impartito … le seguenti istruzioni alle
competenti RR. Rappresentanze all’estero in ordine al transito degli ebrei diretti in paesi
transoceanici e residenti in paesi in cui non vi sono rappresentanze consolari degli Stati di
destinazione: “I RR. Uffici potranno rilasciare il visto di semplice transito nel Regno ad ebrei
diretti all’estero via mare i quali siano muniti di certificato rilasciato dal Consolato straniero in
Italia attestante che, appena in Italia, avranno senz’altro dalle rappresentanze consolari del Paese
ove sono diretti il relativo visto d’ingresso.
Per quanto riguarda gli ebrei diretti a Shangai, lo sbarco di essi è regolato dalle norme
recentemente emanate dalla Municipalità di quella città ben note alle Compagnie di Navigazione le
quali a loro cura ed a loro spese, dato l’interesse che le stesse hanno di effettuare un trasporto di
prezzo assai elevato, si garantiscono prima di permettere l’imbarco di un israelita se essi si trovi in
modo certo nelle condizioni prescritte rendendosi esse stesse responsabili di un simile stato di fatto.
E’ pertanto, il visto per imbarcarsi in Italia agli ebrei diretti a Shangai sarà rilasciato sempre
quando le Compagnie di Navigazione garantiscano, per iscritto e caso per caso, che i partenti si
trovino nelle condizioni richieste dalla Municipalità di Shangai per lo sbarco in Cina. In ogni caso
i richiedenti dovranno essere muniti di documenti validi per il ritorno nel luogo di provenienza, al
fine di evitare, in modo assoluto, che ove volontariamente o per altri motivi non dovessero
imbarcarsi, altri ebrei stranieri si aggiungano a quelli che, in numero rilevante, con pretesti, sono
venuti in Italia e che ancora non si è riusciti ad allontanare dal Regno.
Si dispone, infine, che i visti di cui sopra è cenno abbiano validità limitatissima, strettamente
necessari per l’imbarco e che in essi si faccia cenno degli estremi della presente circolare”.
Nell’informare di quanto innanzi gli uffici in indirizzo per opportuna notizia e vigilanza, si
disponecomunica che al Ministero dell’Interno hanno disposto che qualora gli ebrei di cui sopra è
cenno non dovessero imbarcarsi e si fermassero., invece, abusivamente nel Regno, si dovrà
procedere senz’altro al loro allontanamento per la frontiera di provenienza». [iv]
Le difficoltà di visto di ingresso, di transito e di sbocco finale nei Paesi di destinazione sono centrali
in questo scritto: ma dietro queste annotazioni burocratiche, dietro le istruzioni del Ministero
dell’Interno ai posti di frontiera, o gli escamotages per superare gli ostacoli, quel che affiora, sia
pure nella sua indeterminatezza, è l’ampiezza della migrazione ebraica dalla Germania nazista e
dai territori da essa occupati nell’Europa orientale, ai quattro angoli del mondo: «Ebrei
germanici, cecoslovacchi e polacchi» «Centro e Sud America», «Paesi transoceanici» «Shangai»
… Un fenomeno tanto ampio che finisce per preoccupare anche il regime fascista che vuole
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«evitare, in modo assoluto, che … altri ebrei stranieri si aggiungano a quelli che, in numero
rilevante, con pretesti, sono venuti in Italia e che ancora non si è riusciti ad allontanare dal
Regno». Un fenomeno dunque esteso hic et nunc, ma che, inoltre, risale a molti anni prima.
Chi organizza, gestisce e finanzia l’emigrazione ebraica dalla Germania e dall’Europa sotto
occupazione nazista? Credibili dictu -l’alleanza o quanto meno convergenza tra i due Nemici è già
nota- i Sionisti e i Nazisti. Leggiamo sui Sionisti in un altro importante documento, datato 20
febbraio 1942:
«Il centro sionista di Ginevra ha comunicato a quello di Budapest che l’Ambasciatore di Argentina
a Roma assicura di concedere in ogni caso il visto di ingresso in Argentina ad ebrei sudditi
ungheresi. In tal modo gli ebrei ungheresi vedono facilitato il compito di ottenere il visto di transito
attraverso Croazia, Italia, Spagna e Portogallo. In realtà detti ebrei non raggiungono l’Argentina
(si tratta quindi di un visto di ingresso fittizio - sic nel testo) in quanto da Lisbona raggiungono poi
la Palestina». «Elemento fiduciario è venuto inoltre a conoscenza che persona residente in Italia,
intorno alla quale sono in corso accertamenti, faciliterebbe il rilascio dei visti» Se ne informa per
le misure di vigilanza del caso. Particolare raccomandazione si rivolge alle Prefetture di confine
che sono pregate d’impartire disposizioni ai dipendenti organi di polizia perché sia impedito
l’abusivo ingresso nel Regno di Ebrei» [v] La rosa dei Paesi di provenienza, transito e
destinazione dunque si arricchisce di altri elementi -Ungheria da una parte, Croazia, Spagna,
Argentina, Portogallo dall’altra- ma quel che più conta è che nel caso qui trattato, la destinazione
ufficiale dei migranti non corrisponde a quella vera: la meta finale degli Ebrei in fuga
dall’Ungheria di Miklós Horthy de Nagybánya sarebbe infatti la Palestina. Informazione certo
da verificare nello specifico, ma che corrisponde non solo alle tesi dei tanti Autori che hanno
descritto con abbondanza di prove e di documenti, la convergenza tra Nazisti e Sionisti nel
progetto di pulizia etnica ai danni degli Ebrei austro tedeschi e dei territori sotto occupazione
della Wehrmacht (I Nazisti che si volevano liberare di milioni di Ebrei, iniziale destinazione
Madagascar; i Sionisti che volevano dirottare il flusso di migranti verso la Palestina) ma anche dal
prossimo documento che qui pubblichiamo, l’ultimo, anch’esso come i due precedenti molto
significativo. Leggiamo:
«Da fonte fiduciaria, che mi riesce tuttavia difficile di controllare, mi viene riferito che esisterebbe
nella Ostmark [vi] un’organizzazione, assistita e finanziata dallo Stato germanico, che
provvederebbe all’espatrio dal Reich degli ebrei che ancora si trovano nelle provincie ex
austriache e specialmente a Vienna. Date le restrizioni adottate dai vari Governi per l’ingresso
degli stranieri in genere e degli ebrei in particolare, tale espatrio dovrebbe avvenire
clandestinamente. Un contingente di questi ebrei verrebbe avviato anche verso l’Italia attraverso la
frontiera di Lubiana, il cui valico offrirebbe minori difficoltà. Di tale traffico si occuperebbe a Graz
tal SCHLEICH dimorante al Glockenspielplatz 7, il quale si sarebbe recato recentemente a Berlino
e a Vienna per ricevere istruzioni in proposito dagli organi germanici competenti. Il predetto si
sarebbe occupato anche per il passato di questioni inerenti l’esodo degli ebrei tedeschi verso i
Balcani e la Palestina» [vii] Non si sa se Joseph Schleich fosse ebreo: Schleich è il nome di un
piccolo comune della Renania-Palatinato, in Germania, ma come noto, non tutti i cognomi originati
da nomi di città sono ebrei. [viii] Ma a parte questo particolare, il documento è importante per
diversi motivi, di cui due connessi tra loro: il primo è che esso recita il finanziamento e
l’assistenza dello stesso Governo tedesco all’organizzazione austriaca che gestiva l’esodo degli
ebrei dalla Germania e dall’Austria. Il secondo è che la strategia di pulizia etnica del Governo
tedesco non incontrava ovviamente il gradimento di Roma, perché come vedremo, non si
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trattava di ‘centinaia’, come recita Wikipedia con riferimento al singolo caso Schleich, ma di
migliaia di ebrei e forse più. Un flusso ingente, confortato peraltro anche dalle mappe (ne abbiamo
ripresa e pubblicata la principale) e dalle testimonianze del libro di Eric Salerno, ‘Mossad base
Italia’, dalle quali peraltro emerge la centralità dell’Abruzzo per quel che riguarda i campi profughi
o di ‘internamento libero’ per gli Ebrei in transito [ix]. E’ lecito parlare al proposito di possibile e
non marginale contenzioso tra i due alleati, che -nonostante con le leggi razziali l’Italia avesse
dato prova di voler seguire la linea antiebraica delle leggi di Norimberga del 1935-riguardava l’
‘uso’ da parte tedesca del territorio nazionale italiano come valvola di sfogo primaria della
pulizia etnica promossa da Berlino?Il terzo motivo è che questi documenti, finiscono per
inserirsi in alcuni capitoli cruciali della storia della ‘shoah’. Ne cito due: il numero delle
vittime ebree delle persecuzioni naziste, da vagliare anche alla luce del numero di Ebrei
scomparsi durante i flussi emigratori attivati dalla pulizia etnica nazista, e tenuto conto che
ormai la cifra di 6 milioni -già presente, esatta, in alcune pubblicazioni ebraiche della I guerra
mondiale, e in alcuni giornali degli anni Trenta, prima dello scoppio della II guerra mondiale: come
i 6 milioni fosse una cifra ‘simbolica’, in quanto tale con corrispondente al vero- è stata messa in
discussione dalle stesse autorità di Auschwitz. Secondo capitolo, ancora più importante, essenziale
e ineludibile alla luce di quanto qui documentato, il nodo irrisolto della Conferenza di Wannsee
del 10 gennaio 1942, nella quale per la vulgata dominante si sarebbe deciso a tavolino lo sterminio
fisico degli Ebrei come ‘soluzione finale’ del “problema ebraico” in Europa. Delle due l’una: o
l’intelligence fascista si è inventato tutto, oppure non si può non prendere atto che gli ultimi due
documenti sono successivi a quella cruciale Conferenza e ragionarci su. Le date di redazione
degli ultimi due documenti sono infatti, rispettivamente 20 febbraio e 5 marzo 1942. Nell’ultima
circolare, un appunto a penna elenca semplicemente gli uffici di destinazione in quel della Sicilia e
di Catania, e data l’ultima distribuzione o ingresso al 30 marzo, senza precisare o annotare alcunché
su quanto comunicato nel testo dattiloscritto, cosa impossibile se a Wannsee si fosse deciso una
‘soluzione finale’ altra che la pulizia etnica: il genocidio, cioè lo sterminio di tutti gli Ebrei.
Come si fa a questo punto, se si stanno ricostruendo alcuni passaggi essenziali della storia della II
mondiale, a tacere l’evidenza? A non porsi interrogativi? Ovviamente questo non vuol dire né che
la pulizia etnica non sia un crimine dai tratti genocidari, né, soprattutto, che gli inauditi
massacri di Ebrei non ci siano stati. Il problema storico però c’è. I documenti che qui pubblico
fanno emergere un processo di criminale pulizia etnica ai danni degli Ebrei, peraltro non
iniziato con la guerra, ma risalente a prima, almeno all’approvazione da parte di Hitler del
Piano Madagascar già vagheggiato dalla Polomia, anno 1938. Al 30 marzo 1942, l’intelligence
fascista ancora continua a parlare di visti o di espatrio clandestino di Ebrei dal Reich, senza
accennare minimamente all’ ‘alternativa’ dello sterminio, nonostante la sua portata epocale e la
sua ‘cinica’ incidenza negli stessi flussi migratori che inquietavano il regime di Roma. Cifre,
motivazioni, sofferenze indicibili, tutto potrebbe essere discusso: ma il dato di fatto che due mesi e
mezzo dopo Wannsee - che pure parla di un progetto di migrazione ad Est degli ebrei- in Italia
l’intelligence riferisse solo dell’‘espatrio clandestino di Ebrei dal Reich’ non può non far
riflettere.
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Fascismo, Nazismo, Shoah - Università degli Studi di Teramo