W W W. G I U S T I Z I A - e - L I B E RTA . C O M Anno 6 - n° 206 27 gennaio 2007 G iustizia e L ibertà Distribuzione telematica Se Prodi cadrà ... di Eugenio Scalfari (a pagina 2 - 4) Il governo del papa di Furio Colombo (a pagina 5, 6) I conflitti che il mondo non … di Aldo Antonelli (a pagina 6 - 8) Disarmiamo i … da Pax Christi (a pagina 8) Casini, la linea del potere di Antonio V. Gelormini (a pagina 9) Fumata nera di Masaniello (a pagina 9, 10) Riforma RAI Comunicato Stampa di Tana de Zulueta di Giulietto Chiesa (a pagina 10) Cambiare: processo lungo e faticoso di Alessandro Blasetti (a pagina 11) Dossier Base USA a Vicenza di AA.VV. (a pagina 12 - 32) Messaggio finale di Hrant Dink da Il Manifesto (a pagina 33, 34) Turchia, ha 17 anni l’assassino di Dink dal WEB (a pagina 34) ...dalla stampa estera a cura di CaLmBiG (a pagina 35 - 40) Quando la redistribuzione … di Massimo Bordignon (a pagina 41) La rendita viaggia In autostrada di Riccardo Gallo (a pagina 42 - 43) Comunicato Stampa Casa della Memoria (a pagina 44) Periodico Politico Indipendente Copia gratuita «Come perdere consensi ed essere felici» di Ferdinand “Il consenso si costruisce dal basso e il rigore sulle grandezze finanziarie non esclude il controllo sulla microeconomia. L’avere perso di vista questo aspetto non è un errore di comunicazione bensì un deficit di consapevolezza politica. E agli occhi dei cittadini suggerisce domande, giuste o sbagliate che siano, su che cosa ci sia di progressista e di solidale, insomma di sinistra, nell’aumento dei prezzi” . Questa significativa conclusione dell’articolo di E.Berselli su l’Espresso del 12 u.s. riassume adeguatamente lo stato d’animo del popolo della sinistra di fronte all’attività di un governo che, in poco meno di un anno dalla sua comparsa, è riuscito a dilapidare in modo preoccupante il patrimonio di consensi già in partenza non eccezionale. La domanda è se occorresse un guru mediatico o un politologo di rango per capire che movendosi come si è mosso fin dall’inizio, questo governo avrebbe finito con l’accentuare il vuoto intorno a sé, nella generale convinzione che, pur armato di ottime intenzioni, esso non possa, non voglia o non sappia come tradurle in realtà. Che questo governo, data la sua composizione, non avrebbe avuto vita facile -afflitto com’era dalla contraddittoria presenza di personaggi tra di loro incompatibili (vedi Mastella, Di Pietro, RC al completo, ecc.)- era del tutto prevedibile. Non altrettanto prevedibile era che la presenza i politici e tecnici di qualità , come Bersani e Padoa Schioppa, risultasse poi insufficiente ad evitare vistosi sbandamenti e periodici insabbiamenti di una barca governativa su cui è arduo individuare la figura del comandante. E’ chiaro infatti che trattandosi di una coalizione così eterogenea, risultava determinante la presenza di un comandante la cui cortese fermezza permettesse di non dare spazio a personalismi tanto inutili quanto pericolosi per la saldezza della coalizione. Di contro quello in plancia appare un comandante molto tranquillo, civile e controllato al punto da non farsi né senti- re né vedere. La logica avrebbe suggerito che date certe caratteristiche del comandante almeno il suo portavoce avesse voce adeguata per farci sapere della sua esistenza e dell’attività di governo, invece anche l’addetto alle p.r. è stato a scuola di bon-ton al punto che i giornalisti devono chiedersi l’uno con l’altro cosa scrivere visto che dichiarazioni ufficiali sono merce rarissima. In compenso l’opinione pubblica è informatissima su cosa pensa il ministro Mastella, e su cosa pensa il ministro Di Pietro di ciò che pensa il ministro Mastella e cosa pensa il ministro Giordano di ciò che (Continua a pagina 2) 2 Giustizia e Libertà «Come perdere consensi ed essere felici» pensa Mastella su ciò che pensa Di Pietro. C’è dunque un presidente del consiglio che parla poco e quel poco lo dice bisbigliando, e molti ministri che parlano molto e in modo tale che tutti (sfortunatamente) sentano. Come dire portare acqua al mulino dell’opposizione e vedere Bondi gongolare, visto che della CdL tutto si può dire salvo che non fosse chiaro chi comanda. Ma, come si diceva, almeno in una cosa l’azione governativa è apparsa tanto chiara e univoca quanto controproducente: aumentare le tasse. Le associazioni dei consumatori ne hanno individuato 56 per una media di 440 euro in più l’anno per ogni famiglia. Quale possa essere il disegno strategico che sottintende una simile prassi governativa -a parte un masochismo prossimo al suicidio- è di ardua comprensione. Nel manuale di Scienza delle Finanze utilizzato all’Università si leggeva un tempo che “la civiltà di una nazione è dato dal rapporto esistente tra imposte dirette e indirette”. Essendo infatti chiaro che il progressivo accentuato ricorso alle imposte indirette, sicure ma indiscriminate, sia sintomo di Stato debole, incapace di esigere il giusto da ciascuno e in definitiva di inciviltà. Che dire allora di un governo sotto le cui insegne non v’è tributo, tassa o tariffa che non sia aumentata mentre nuovi e fantasiosi balzelli hanno visto la luce ? Ma quanto è di sinistra l’aumento dei prezzi? si chiedono i tanti. E quanto si tradurrà tutto questo in aumento di consensi per un’opposizione alla quale conviene tacere e non far nulla visto che è il governo stesso ad agitarsi sulle sabbie mobili ? Ferdinand INTERNI 27 gennaio 2007 Se Prodi cadrà, la sinistra scomparirà di Eugenio Scalfari (repubblica, 21.01.2007) L'ampliamento della base militare Usa a Vicenza sembrava una piccola cosa, una bega di cortile. Invece, con una reazione a catena, sta provocando un parapiglia. Rifondazione, Verdi, Comunisti e pacifisti sciolti e a pacchetti pretendono, quasi come ritorsione, che l'Italia si ritiri dall'Afghanistan dove il nostro contingente sta da cinque anni sotto le bandiere della Nato in quanto Paese membro della Nato e sta sotto le bandiere dell'Onu in quanto Paese membro dell'Onu. Il rischio d'una crisi di governo si profila. Il rifinanziamento della missione si farà con decreto, ma poi, entro marzo, il decreto dev'essere convertito in legge. Il rischio che almeno al Senato la conversione sia respinta esiste ed è decisamente elevato. Sono sei o sette i dissidenti dell'estrema sinistra decisi a votare contro anche a dispetto dei rispettivi partiti e non pare, allo stato dei fatti, che valga a recuperarli qualche solenne promessa di ridiscutere con gli alleati gli obiettivi e la natura della missione e neppure la blindatura del voto di fiducia. del tanto peggio tanto meglio che alligna in quelle teste pseudorivoluzionarie. Ci sono tre possibili alternative a questi ipotetici accadimenti. La prima è di riuscire a convincerli. Improbabile. La seconda è appunto di blindare il voto con la richiesta di fiducia: esito molto incerto. La terza è una votazione non blindata con il soccorso bianco ma determinante da parte dell'Udc e forse perfino di Forza Italia. Che però potrebbe determinare, a quel punto, non la semplice dissidenza d'una manciata di cani sciolti, ma di interi partiti della sinistra massimalista e uno spettacolare cambio di maggioranza. Se questa terza ipotesi diventasse realtà, il Capo dello Stato dovrebbe rinviare il governo alle Camere prima di accettarne le dimissioni. Si potrebbe allora verificare che la maggioranza di centrosinistra, cui Prodi dovrebbe rivolgersi per ottenere la riconferma della fiducia, gliela votasse riconfermandolo in carica e archiviando per altri sei mesi la questione afgana (e di conseguenza anche quella vicentina). L'ipotesi non è del tutto irreale, ma è evidente che si balla sul filo del rasoio e si producono ulteriori fenomeni di distacco e disincanto nella pubblica opinione. Eppure. versa piega. Sembrava, ad ascoltare la tivù e a leggere i resoconti dei giornali e i commenti di gran parte degli osservatori, che la riunione di Caserta avesse messo in evidenza l'impotenza decisionale di Prodi, la débãcle dei riformisti, la netta supremazia della sinistra radicale. Anche l'agenda delle priorità che il governo si proponeva di affrontare entro il 2007 (dopo aver ottenuto entro i termini prestabiliti l'approvazione della Finanziaria che avrebbe invece dovuto essere la sua tomba secondo le previsioni dell'opposizione) era stata immediatamente definita aria fritta. Ma i fatti sono invece andati in modo alquanto diverso. Li enumero. Mercoledì scorso governo e sindacati hanno approvato all'unanimità un documento di riforma del pubblico impiego, basato sui principi dell'efficienza, della meritocrazia, della mobilità, dei percorsi per stabilizzare i lavori precari e di sanzionare gli impiegati improduttivi, di incentivare lo smaltimento rapido degli esuberi. Questo documento servirà di base alla stesura del contratto e, per le parti che debbano essere trasformate in norme, per la formulazione di un'apposita legge. La verità è che la loro dissidenza non è controllabile dai partiti di appartenenza. Di provocare la caduta del governo se ne infischiano. Si direbbe anzi che la auspichino. L'errore fu d'averli Il ministro Bersani ha portati in Parlamento Eppure negli ultimi ricevuto nel frattempur conoscendone il dieci giorni le cose po il via libera dal carattere e l'ideologia avevano preso una di(Continua a pagina 3) 27 gennaio 2007 INTERNI Giustizia e Libertà 3 Se Prodi cadrà, la sinistra scomparirà (Continua da pagina 2) governo di presentare entro il corrente mese di gennaio la lista dei provvedimenti di liberalizzazione da lui preparati. Prodi dal canto suo ha preso la decisione di consentire l'ampliamento della base militare Usa a Vicenza, questione assai controversa sia per ragioni di pacifismo ideologico sia di diverse valutazioni ambientali. In quegli stessi dieci giorni dopo Caserta il ministro degli Esteri ha compiuto l'ennesimo viaggio in Medio Oriente, tra Arabia Saudita, Egitto e Palestina, ribadendo i cardini della linea politica del nostro governo che privilegia i negoziati e il dialogo anche con i due Staticanaglia (Siria, Iran) come principale via per pacificare la regione. Il governo ha convocato il primo incontro con i sindacati per iniziare l'esame delle questioni che regolano il nuovo assetto delle previdenze sociali, degli ammortizzatori e delle pensioni. Un incontro è già avvenuto con i rappresentanti delle piccole imprese, dei commercianti, delle cooperative, degli artigiani. Naturalmente ciascuna di queste iniziative ha provocato reazioni positive e negative. Ne esamineremo tra poco la natura. Tutto ciò - lo ripeto - è avvenuto nei dieci giorni da Caserta a oggi. Fatti alla mano, non mi pare che si possa accusare il governo di ignavia, passività, impotenza, galleggiamento. Molte altre critiche e anche acerbe gli possono essere rivolte e gli sono infatti state rivolte senza risparmio, ma queste no. Sta procedendo speditamente sulla strada che si era prefissa e sulla quale ha avuto il voto degli elettori. di proseguire l'analisi dei fatti e del loro significato politico - ricordo che a Torino mercoledì scorso il ministro Padoa-Schioppa, invitato dal rettore a svolgere una conferenza su Altiero Spinelli, è stato contestato con urla e petardi fin nel cortile dell'Università, da 50 rappresentanti di centri sociali, Cub e frange estreme di studenti, ed è stato seguito con attenzione e applaudito da 600 studenti e docenti nell'aula in cui parlava. Due giorni dopo è toccato a Prodi d'esser fischiato da un centinaio di fascisti che lo hanno accolto col saluto a braccio teso all'Università Cattolica di Milano, dove l'aula magna gremita l'ha invece lungamente applaudito isolando i disturbatori. Purtroppo di questi episodi la televisione e gran parte dei giornali hanno registrato con le immagini e i titoli i fischi dei pochi sottovalutando gli applausi dei più. Non credo per faziosità, ma per canone. Quale canone? Mi sembra interessante affrontare anche questa questione. Spesso noi giornalisti tendiamo ad evitarla perché in qualche modo ci riguarda direttamente. Ma mi valgo in questo caso d'una annosa esperienza e invoco l'attenuante del mio stato di anziano pensionato. Alla mia età, tra tanti guai e lamentazioni, c'è almeno il privilegio di poter dire senza riguardi ciò che ci aggrada. È uno dei pochi vantaggi che la vecchiaia porta con sé. *** Le agenzie di stampa danno notizie. In ordine cronologico. Quelle che ritengono di particolare interesse per i loro abbonati le fanno precedere da un suono che le sottolinea. I Per completezza - e prima telegiornali e soprattutto i giornali, oltre alle notizie pubblicano anche opinioni, analisi, retroscena. L'oggettività della notizia è accompagnata dalla soggettività dei commenti. Ma anche l'oggettività della notizia contiene una buona dose di soggettività che stabilisce le pagine in cui sono pubblicate, il rilievo tipografico, il titolo che le sintetizza. Il limite alla soggettività proviene dalla deontologia la quale vuole che le notizie siano complete. I cattivi giornali spesso ignorano questa prescrizione deontologica; i buoni giornali invece la rispettano, almeno formalmente, ma non sempre sostanzialmente. Spesso accade infatti che una parte della notizia sia messa in rilievo nel titolo e nel testo e un'altra parte relegata tra due virgole o quasi. Qual è il criterio prevalente, faziosità a parte ? Il criterio è l'eccezionalità. L'uomo che morde il cane (come ho già detto altre volte) è una notizia più importante perché eccezionale, del cane che morde l'uomo (a meno che non l'ammazzi). Un presidente del Consiglio fischiato è certamente una notizia d'eccezione. Il presidente d'un governo di centrosinistra fischiato da attivisti fascisti lo è invece molto meno. Un ministro dell'Economia che adotta una politica di rigore, contestato da un gruppo sparuto di sinistra massimalista non è un fatto eccezionale ma del tutto normale. Quando Berlusconi a Vicenza attaccò lo stato maggiore della Confindustria in un convegno promosso da quei maggiorenti e fu accolto dall'ovazione d'una platea di industriali, quella fu un fior di notizia e giustamente tenne banco per mesi (lo tiene tuttora). Quando i tre segretari dei sindacati confederali sono stati contestati dagli operai di Mirafiori, quella fu un altro fior di notizia. Ma il Prodi fischiato dai fascisti e il Padoa-Schioppa contestato da un gruppetto di Cobas e centri sociali, queste a mio avviso non sono notizie che meritino particolare rilievo. Invece su alcuni giornali, e non dei minori, hanno avuto sette colonne di testata di prima pagina e l'apertura nei telegiornali delle ore 20. Naturalmente c'è una giustificazione: la linea determina una scelta. È perfettamente legittimo che un giornale abbia una sua linea e quindi è legittimo che compia le sue scelte (soggettive). Avviene nei "media" di tutto il mondo e quindi anche in Italia. Il mercato dei "media" è uno dei pochi luoghi in cui vige una concorrenza accanita, che riguarda molteplici aspetti. Riguarda anche la politica, ma lì la varietà concorrenziale è minore: o si sta col governo o si sta con l'opposizione o si sta in mezzo. In teoria la posizione deontologicamente più corretta sarebbe quella di stare nel mezzo, a volte da una parte a volte dall'altra secondo il giudizio sui singoli fatti. Ma questa, appunto, è teoria. In realtà quest'imparzialità cosiddetta anglosassone non è mai stata adottata neppure dagli anglosassoni. C'è sempre una tendenza, un sentimento, un umore dominante che fa pendere da una parte i piatti della bilancia. La dominante nella maggior parte dei "media" italiani, per fortuna con qualche rilevante eccezione, tende verso forme di neo-centrismo. Gli attori politici ed economici conoscono benissimo questa inclinazione mediatica e infatti l'agenda neocentrista viene adottata da gran parte dei giornali e (Continua a pagina 4) 4 INTERNI Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 Se Prodi cadrà, la sinistra scomparirà che non la metta. sitori, con compiti e tempi Mi domando che cosa po- ben delimitati. dei telegiornali; è stato trebbe accadere dopo. Credo che a quel punto il così con il governo Berlupartito democratico nascesconi e lo è con il governo rà veramente, dettato non Prodi. Con una differenza notevole: Berlusconi pos- Dopo, se la crisi non sarà solo dall'opportunità ma siede metà dell'universo in nessun caso evitabile, dalla necessità. Credo anmediatico nazionale e Pro- ci sarà un governo di tran- che che, dissolte ormai le di no; Berlusconi dispone- sizione con il compito di coalizioni, la legge elettova d'una maggioranza di approvare alcuni provve- rale sarà mirata a limitare cento deputati e cinquanta dimenti economici urgenti se non ad escludere del senatori mentre Prodi ha e la riforma della legge tutto i partiti che si sono un solo senatore di mag- elettorale. Sarà un gover- dimostrati ribelli o incagioranza e, sulla questione no del Presidente (della paci di tenere a freno le Afghanistan, probabil- Repubblica) come sempre loro frange estreme. mente neppure quello, sia avviene nei governi tranInfine si andrà a votare, in che metta la fiducia sia (Continua da pagina 3) *** autunno o al massimo nella primavera 2008. Fare previsioni ora per allora è impossibile. Certo il baricentro politico si sarà spostato e non certo verso la sinistra. Chi avrà seminato vento raccoglierà tempesta, o meglio: tornerà a casa con le classiche pive nel classico sacco. Eugenio Scalfari La Repubblica 21 gennaio 2007 Il governo di Papa di Furio Colombo (www.unita.it, 2007/01/15) La frase chiave per capire la storia che stiamo narrando è quella del deputato della Margherita Renzo Lusetti che «ha invocato più rispetto per il santo Padre e per quello che lui rappresenta». (Il Corriere della sera, 12 gennaio). re impropri riconoscimenti giuridici a forme di unioni diverse dal matrimonio sono pericolosi e controproducenti e finiscono inevitabilmente per indebolire e destabilizzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio». È una frase ovvia e giusta, che provoca però una inevitabile domanda: e il rispetto per la Repubblica italiana ? Infatti la presa di posizione di Lusetti era una risposta alle proteste di alcuni esponenti della Rosa nel Pugno (Villetti, Angelo Piazza) che avevano detto: «I vertici istituzionali italiani devono ignorare il discorso del Papa e proseguire esclusivamente per il bene della comunità e dei cittadini». Ci sono tre problemi in questa frase, detta a rappresentanti delle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo e la formulazione di una sentenza definitiva. Il primo è che il Papa non governa la Repubblica italiana e non è stato eletto dagli italiani. Non sta parlando di religione ma di codice civile. Infatti non ha detto: «Noi vi diciamo... Noi vi raccomandiamo...». Presenta come dati di fatto incontrovertibili le sue convinzioni. Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione in cui ciascuno ha il suo punto di vista, è diventato un editto. Ma nelle repubbliche democratiche non esistono editti, esistono opinioni che gradatamente si trasformano in posizioni, e poi in proposte di legge e poi in un dibattito (o in tanti dibattiti, con tutti i liberi pareri Ma quegli esponenti della Rosa nel Pugno sono stati i soli in tutto il Parlamento a sollevare il problema di ciò che il giorno prima il Papa aveva detto, ricevendo per una visita di auguri il sindaco di Roma, il presidente della Provincia di Roma e il presidente della Regione Lazio. «I progetti per attribui- che la democrazia ammette e richiede). E poi segue, unico sigillo, il voto. Il secondo problema è che il Papa è certamente un personaggio molto autorevole, ma è il Capo di un altro Stato, e questo fatto diventa evidente quando si rivolge a persone che rappresentano le istituzioni italiane. Ha tutto il diritto di dire ciò che pensa. E, se lo desidera, anche di aggiungere le ragioni che possono fare luce sulle sue affermazioni. Per esempio: perché, se si attribuisce un diritto a chi ne è privo, si destabilizza una istituzione come il matrimonio che è due volte sostenuta, dal vincolo religioso e da quello civile ? Ma può il Capo di un altro Stato indicare alle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo presente, ciò che deve essere fatto, adesso e subito, pena un «pericolo» di cui non ci dice niente ? «Pericolo» per chi, in quale ambito o sfera ? Detto da un personaggio influente a istituzioni di governo, le parole «controproducente» e «pericoloso» sono gravi. Definiscono irresponsabile chi si avventurasse per una simile strada, ovviamente «controproducente» e «pericolosa». E allora le domande si moltiplicano. Può un argomento come il dibattito in corso nella società, nella vita civile, nella politica e nel Parlamento italiano essere trattato alla stregua di un pericolo oggettivo, come una malattia, una guerra, un atto di terrorismo («pericoloso, destabilizzante») ? Il terzo problema è la completa mancanza dei tipici espedienti di cautela che caratterizzano il linguaggio diplomatico. La Chiesa di Ratzinger è contro la pena di morte. Eppure dopo l’esecuzione di Saddam Hussein le fonti ufficiali vaticane si sono limitate a dire che «ogni vita umana è preziosa». Niente di più, per non lasciarsi coinvolgere nel sospetto di un sentimento antiamericano. I lettori sanno che non sto parlando di un intervento occasionale e sfortunatamente male espresso dal Papa, parole che danno 27 gennaio 2007 INTERNI Giustizia e Libertà 5 Il governo di Papa (Continua da pagina 4) l’impressione di mettere Ovvio, anche, che la forliberamente le mani nella ma, la scelta delle parole macchina politica italiana. da parte di un grande personaggio che è Capo di Sto riflettendo su una fitta una Chiesa, ma è anche sequenza di editti, di e- Capo di uno Stato, hanno molto nunciazioni, di intimazio- un’importanza ni, tutte con il verbo al- grande quando si interviel’indicativo, tutte privi ne sulle questioni civili di della forma esortativa e di un altro Stato. invocazione che è tipica della predicazione religio- Rivolgersi continuamente, sa, tutte fermamente basa- come sta avvenendo in te sull’intento di dettare Italia, ai vertici delle istilegge, senza mostrare al- tuzioni, e in certi casi ancun margine di tolleranza che degli schieramenti e dei partiti, dà la sgradevoper posizioni diverse. le sensazione di non teneCiò non accade nei con- re in alcun conto la strutfronti di altri Paesi, pur tura democratica di un altrettanto cattolici e con Paese in cui ciascuno deopinioni pubbliche altret- cide in coscienza con il tanto inclini a considerare voto. alta e autorevole la voce R i c o r d a la brutta del Papa. Ciò non accadeva con p r o v a Giovanni Paolo II, le cui del refeaffermazioni, anche nette, r e n d u m anche aspre, erano sempre s u l l a dirette al mondo, alla co- procreascienza di tutti i credenti, z i o n e non a una particolare Re- assistita, pubblica, non per esercita- in cui il re pressione diretta sem- r i s c h i o la pre sullo stesso governo, che volontà quello italiano. popolare A me sembra giusto e anzi risultasurgente ripetere la frase se diverdel deputato Lusetti con sa dalle una correzione: non sareb- istruziobe giusto avere rispetto ni emanate dalla Chiesa per l’autonomia democra- ha portato all’espediente tica della Repubblica ita- di ordinare ai credenti di liana, lo stesso rispetto non votare. riservato alle istituzioni di In tal modo ogni verifica altri Stati, tra cui alcuni della effettiva volontà poafflitti da mali e problemi polare è diventata impossibile anche perché l’ordiben più drammatici ? ne di non votare rendeva pubblico il comportamen*** to delle persone. Noi (intendo dire coloro In altre parole, tutti poteche mentre leggono si as- vano sapere se eri andato sociano a quanto sto scri- alle urne, disobbedendo al vendo) sappiamo benissi- Santo Padre o se ci eri anmo quanto siano profonde dato, comportandoti da le venature di autentica cittadino italiano. religiosità, di sentimento Senza dubbio un bel dicattolico in questo Paese. lemma per i credenti. Ma questa è una ragione in più per evitare di detta- Adesso si ha l’impressiore legge direttamente alle ne che l’Italia sia stretta in una morsa tra astensione istituzioni. Ovvio che non si tratta di di base e interventismo sui vertici, così che, invechiedere silenzio. ce che attraverso un con- senso democratico liberamente raggiunto, si procede per decisioni preventive e assolute su ciò che è bene e ciò che è male per i cittadini, dando disposizioni direttamente ai governanti. La conseguenza purtroppo è chiara: con interventi ormai consueti, come quello dell’11 gennaio, Papa Ratzinger, che se ne renda conto o no, che lo voglia o no -indipendentemente dalle sue intenzioni- sta rendendo ingovernabile l’Italia. Infatti le sue parole incoraggiano spaccature profonde e inconciliabili fra cittadini all’interno di ognuno degli schieramenti politici. Sta separando in m o d o drammatico credenti da non credenti e dilaniando la coscienza di molti credenti. So che queste oss e rva zioni saranno deliberatamente fraintese e definite una «richiesta di silenzio del Papa». Oppure, come dice Lusetti, saranno scambiate per una «mancanza di rispetto». Sul silenzio del Papa dirò che si tratta di una interpretazione assurda. La sua capacità-possibilità, ma anche il suo privilegio (data la totale disponibilità mediatica italiana) è un dato di fatto, prima ancora che un diritto-dovere che nessuno potrebbe contestare, persino se ne avesse l’intenzione. Come sapete, il Papa ha acquisito un diritto di presenza in ogni telegiornale italiano, ogni giorno, più volte al giorno, su tutte le reti. Quanto al rispetto, ognuno ha le sue preoccupazioni. Io chiedo rispetto per la Repubblica italiana, per le sue istituzioni elette, per i cittadini credenti e non credenti che votano, per i politici credenti e non credenti che sono eletti, ciascuno esattamente con gli stessi diritti e doveri e lo stesso grado di rispettabilità. E sembra giusto tentare di ristabilire nella vita pubblica italiana un sistema del tutto reciproco di riguardo e rispetto. Non la persuasione o la predicazione del Papa appare discutibile, dunque, ma l’intimazione, basata su un punto di vista che però viene dettato come unico percorso possibile. Non è fuori posto ricordare che il diritto civile italiano è un patrimonio di tutti, credenti e non credenti. «I progetti per attribuire impropri riconoscimenti giuridici a forme di unione diverse dal matrimonio» saranno for se discutibili. Ma io mi azzardo a pensare che sia più discutibile il gesto di autorità e di egemonia del Papa sul diritto italiano, l’impossessamento e la manomissione di norme che sono di pertinenza dello Stato italiano e dei suoi cittadini, non della Chiesa. Ho già detto che il Papa non può governare l’Italia, ma può fare in modo che diventi ingovernabile. È permesso dirgli che ciò che sta facendo, mentre getta tutto il suo peso su questo solo Paese, è «pericoloso» e «destabilizzante» ? Furio Colombo www.unita.it, 2007/01/15 6 INTERNI Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 I conflitti che il mondo non vuole vedere di Aldo Antonelli "I conflitti che il mondo non vuole vedere" è il titolo di un servizio a cura della Redazione di Rete Radié Resch che apre la finestra su un panorama di conflitti e di cuerre che non si possono tenere all'ombra. Finiamola con questo narcisismo idiota che focalizza il nostro sguardo sul nostro ombelico e polarizza le nostre preoccupazioni sui nostri meschni interessi! L'Asia ? Dalla guerriglia del Kashmir alla giungla indonesiana, i conflitti taciuti deflagrano sulla stampa internazionale soltanto in seguito ad eventi particolarmente catastrofici. L'Africa ? Oltre a detenere il primato per la quantità di guerre in corso e per il numero di Paesi in esse coinvolti, è il solo continente dove il numero dei conflitti è a tutt’oggi in aumento. L’America Latina ? Tradizionalmente sconvolta da guerre e rivoluzioni, registra oggi una significativa riduzione dei conflitti armati, il più cruento dei quali è in corso in Colombia. .... per continuare, legge- te, vi invio l'allegato. Aldo ra le guerre più sanguinose. Eppure molte volte questi conflitti sono il risultato delle scelte compiute dai colonizzatori occidentali, da inglesi, olandesi, portoghesi, americani, che impongono ad altri paesi condizioni di vita innaturali e situazioni politico-economiche impossibili da gestire. La lista è lunga: guerre e guerriglie di stampo etnico sono in corso nel sud della Thailandia, nel nord-est e nel sud-ovest dell’India, nelle Isole Moruc, nell’antica Birmania dove l’esercito dei generali al potere non utilizza armi, ma attraverso la fame e il lavoro forzato distrugge la minoranza Caren. A Timor Est i morti sono stati 300mila e la pace è precaria, nel Kashmir non c’è pace. Dietro a tutti questi conflitti ci sono interessi che vanno al di là dello scontro etnico: ad alimentare queste guerre ci sono i mercanti di armi e le imprese minerarie, sempre occidentali, che utilizzano guerre e guerriglie per assicurarsi il controllo dei territori e lo sfruttamento delle loro risorse. Per tutti questi conflitti vale una regola: non se ne deve parlare. Ed ecco che si mette la museruola alla stampa locale, mentre quella internazionale è semplicemente as-sente. guerre in corso e per il numero di Paesi in esse coinvolti, l’Africa è il solo continente dove il L’Umanità rimosnumero dei conflitti è a sa: i conflitti che il tutt’oggi in aumento. mondo non vuole Sudan, Eritrea, Congo, Costa D’Avorio.., l’Africa vedere è il continente delle guer(A cura della Redazione re dimenticate. Le guerre di Rete Radié Resch di nessuno, che malgrado n.74/2006) milioni di morti vengono il più delle volte ignorate Dalla guerriglia del Kao sottovalutate dalla Coshmir alla giungla indomunità internazionale. nesiana, i conflitti taciuti Conflitti etnici o religiosi, dell’Asia deflagrano sulguerre per il controllo della stampa internazionale le risorse energetiche e soltanto in seguito ad minerarie, scontri sanguieventi particolarmente nosi che scaturiscono da catastrofici. una totale mancanza di C’è voluto un disastro giprospettive economiche. gantesco come lo tsunami Diverse sono le cause e le per costringere il mondo radici di questi conflitti, ad accorgersi che in un diversi i contesti sociopaese chiamato Sri Lanka, politici in cui scoppiano. l’antica Ceylon, c’è una Tra i fattori di maggiore guerra in corso che ha già instabilità c’è senza dubfatto decine di migliaia di bio il desiderio pluriconmorti e per la quale ogni diviso di mettere le mani tentativo di pace è stato su questo immenso serbainutile. C’è voluto lo tsutoio di materie prime e di nami per far comparire ricchezze naturali. sulla mappa della stampa È il caso della Repubblica internazionale un posto Democratica del Congo, chiamato Acei, in Indonedove dal ‘97 è in corso sia, dove 90mila sono i una violenta guerra civile morti di un antico conflitche ha già fatto oltre 3mito etnico. E c’è voluto un lioni di morti ed ha visto re dittatore umiliato dal coinvolti 6 paesi africani, suo popolo in rivolta, perdal Ruanda all’Angola. ché il mondo si accorgesSpesso questi conflitti se di una guerriglia sanvengono classificati abbaguinosa in corso sulla cistanza superficialmente ma del mondo, nel Nepal. come guerre etniche, ma Il mondo, ossessionato da le cause più profonde che tutto quello che accade li determinano vanno cernel bacino del Mediterracate in quella che qualcuneo e dintorni e dalle no ha definito “la geoguerre che vedono in qualche modo toccati gli Oltre a detenere il pri- politica del cinismo”, (Continua a pagina 7) interessi occidentali, igno- mato per la quantità di 27 gennaio 2007 INTERNI Giustizia e Libertà 7 I conflitti che il mondo non vuole vedere (Continua da pagina 6) ossia nella volontà di accaparrarsi porzioni ingenti di materie prime strategiche quali il petrolio, i diamanti o ancora, nel caso specifico del Congo Democratico, l’uranio e il coltan, un materiale sconosciuto ai più ma che riveste un’importanza enorme nello sviluppo della new economy. L’altra zona calda del continente è senza dubbio il Darfur, dove dal 2003 è in corso una vera e propria catastrofe umanitaria. La regione settentrionale del Sudan è colpita da un sanguinoso conflitto armato fra milizie filogovernative e gruppi ribelli. Anche in questo caso fra i fattori che hanno dato origine alla guerra giocano un ruolo di primaria importanza le mire sugli immensi giacimenti di petrolio presenti nella regione. Si tratta di un conflitto che ha già prodotto più di 300mila morti, senza considerare le gravissime violazioni dei diritti umani e gli stupri etnici utilizzati come vera e propria arma di offesa. Questa guerra, etichettata semplicisticamente come guerra etnica fra bande tribali, è in realtà fortemente sostenuta dal governo sudanese e sta dimostrando di possedere dei risvolti strategici ed economici importantissimi. Centinaia di migliaia di profughi del Darfur hanno trovato rifugio nel vicino Tchad, dove proprio nelle scorse settimane sono scoppiati violenti scontri tra l’esercito e i ribelli del Fronte Unito per il Cambiamento. Una crisi che rischia di innescare un’altra crisi. È questa una delle caratteristiche peculiari delle guerre africane, il loro carattere regionale. Pochi mesi fa il governo del Tchad ha rotto le relazioni diplomatiche con il Sudan, accusato di sostenere militarmente i ribelli. Tra le guerre dimenticate c’è poi quella in atto in Costa d’Avorio, un paese ormai spaccato in due dopo che una rivolta militare è degenerata in guerriglia. Per non parlare del Corno d’Africa, dove le tensioni fra Eritrea ed Etiopia continuano ad af-fliggere milioni di persone, malgrado la guerra sia ufficialmente terminata da ormai 6 anni. E’ una guerra di difficile lettura che si presta a molte interpretazioni differenti. Tra tutte c’è lo scandalo che vede coinvolti i due leader politici che hanno portato avanti la lunga e sanguinosa lotta di liberazione dal potere di Menghistu, riuscendo a giungere alla nascita di una nuova nazione che è l’Eritrea, ma che oggi si ritrovano a combattersi su fronti opposti come acerrimi nemici. In realtà dietro a questo c’e anche una questione di leadership regionale che l’Etiopia vorrebbe arrivare ad avere. Ma è soprattutto la vendita di ingenti quantitativi di armi all’una e all’altra parte, unita al mancato processo di democratizzazione di queste società, che tiene aperta la tensione e alta la presenza di elementi esplosivi nel Corno d’Africa. Una regione calda che confina con una Somalia politicamente disintegrata e con un’area Medio-Orientale a sua volta altamente e- ancora oggi sotto i loro splosiva. colpi cadono giudici, giornalisti, leader politici L’America Latina, tra- e sindacali. Responsabili dizionalmente sconvolta dei più efferati massacri da guerre e rivoluzioni, di questi 40 anni di guerregistra oggi una signifi- ra, quasi sicuramente non cativa riduzione dei con- ne dovranno mai risponflitti armati, il più dere di fronte ad un tribucruento dei quali è in nale. Quello che si è fatto tra il corso in Colombia. Nel conflitto colombiano 2002 e il 2003 è stato vai veri sconfitti sono i più rare leggi per concedere poveri, i campesinos, gli benefici ai para-militari indigeni, gli afro-discen- che decidono di smobilidenti: 3milioni e 600mila tarsi. In 37mila lo hanno sfollati, pari al 9,3% della fatto, ma purtrop-po, copopolazione, hanno perso me ha constatato l’Alto la casa e la terra e sono Commissariato di Pace, fuggiti in città, dove vivo- poco meno del 2% di loro no in condizioni di mise- verrà processato, mentre ria e di totale esclusione il 98% resterà impunito. Per l’ennesima volta non sociale. I veri sconfitti sono i di- sarà fatta giustizia né veritti umani: 7mila desapa- rità, non saranno risarcite recidos, più di 7mila de- le vittime, né riconsegnati tenzioni arbitrarie, quoti- i desaparecidos, né restidiane esecuzioni extra tuite le terre agli sfollati. Negli anni ‘70 la mafia giudiziarie. Alirio Ribe Mugnos, av- della droga è intervenuta vocato colombiano, è il a complicare ulteriormenvice-presidente della Fe- te il conflitto. Si sono derazione Internazionale moltiplicate a dismisura per i Diritti Umani ed è le piantagioni di marijuastato insignito nel 2003 na e coca, che fino a podel premio Martin Enaz, chi anni prima erano semuno dei maggiori ricono- plicemente piante sacre e scimenti a livello interna- curative per indigeni e zionale per la Difesa dei campesinos. Diritti Umani. Vive co- Il traffico miliardario di stantemente sotto scorta stupefacenti tra Colombia perché minacciato di mor- e Stati Uniti ha creato un te dai para-militari. In Co- giro perverso di corruziolombia le armate para- ne nel sistema politico e militari seminano il terro- istituzionale. Bande di assoldati dai re, ma è proprio una legge sicari dello Stato, la Legge 48 “narcos” difendono gli del 1968, che autorizza affari e lo strapotere dei l’esercito ad armare i civi- boss attraverso intimidali, creando i presupposti zioni, omicidi, attentati. legali del para-militari- E’ importante che si sappia che il narcotraffico smo. Squadroni di uomini sen- non è all’origine del conza scrupoli perseguitano flitto, ma vi si inserisce ed uccidono chiunque sia come elemento dinamizso-spettato di avere rap- zatore perché è in grado porti con i guerriglieri: (Continua a pagina 8) 8 Giustizia e Libertà INTERNI 27 gennaio 2007 I conflitti che il mondo non vuole vedere (Continua da pagina 7) di muovere una smisurata quantità di denaro. La politica di lotta al narcotraffico, finanziata in larga misura dagli Stati Uniti, è miseramente fallita. La Colombia continua ad esportare cocaina negli U.S.A. e le piantagioni nell’ultimo anno sono ad- dirittura aumentate del 24%. Ma è bene ‘denarcotizzare’ la lettura del conflitto, perché si rischia altrimenti di sottovalutarne tutte le altre componenti. L’enorme disuguaglianza sociale che ha scatenato la guerra continua a imperare. La Colombia è il paese meno equo del mondo: il 64% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. E’ necessaria una soluzione politica che passi attraverso la giustizia sociale, il lavoro, una seria riforma agraria e la redistribuzione delle risorse alimentari e sanitarie. C’è bisogno di un’agenda sociale di pace in grado di contrastare gli enormi interessi economici che stanno alla base del conflitto e che non consentono che esso giunga a termine. Aldo Antonelli Disarmiamo i territori Segnalato da Aldo Antonelli tà internazionale, le logiche della Nato e della sicurezza armata sono imprescindibili, la Aldo lotta al terrorismo che giustifica ogni scelta, al“DISARMIAMO larghiamo le basi militari I TERRITORI” serviranno per gli interDiceva d Tonino Bello nel venti umanitari (armati) ... 1987 durante la terribile Siamo pienamente soguerra che travolse nel lidali con l'azione della Golfo Iran e Iraq e di società civile di Vicenza fronte alla partenza in as- che si oppone decisamensetto da guerra dei nostri te all'allargamento della soldati: «Quanta tristez- Base di Dal Molin. Riteza ! Non perché abbiamo niamo che "l'essere con o visto “partire”' i nostri contro gli Usa" sia un apuomini in assetto di proccio strumentale al guerra. Ma perché ab- problema che chiude ogni biamo visto 'tornare' a dialogo democratico. uno a uno, con inesora- In tal senso: bile puntualità, gli argo- denunciamo la logica menti di una logica, che della militarizzazione ulpensavamo esiliati per teriore dei territori, sempre dal nostro costu- denunciamo la decisione me». conseguente di rilanciare Anche oggi vediamo e rifinanziare il riarmo il ritorno di argomenti che come soluzione politica pensavamo esiliati per alla complessa conflittuainternazionale, sempre dal nostro costu- l i t à me: prima di tutto le alle- denunciamo la decisione anze, per difenderci dob- di confermare il "sistema biamo riarmarci, le amici- Guerra", una guerra prezia armate sono preziose, ventiva, globale e permaprima gli interessi poi le nente, come intoccabile, persone e le loro ragioni, chiediamo che il governo militarizzare i territori è Prodi non conceda l'allarun dovere civico, l'Euro- gamanto della base di Vipa e in essa l'Italia devono cenza, nè conceda altri siti dare segni di responsabili- alternativi per tale ipotesi, Faccio mio questo comunicato stampa che gli amici di Pax Christi hanno diffuso. chiediamo che sia accolta e rispettata l'azione e il parere dei cittadini e cittadine che abitano nei territori interessati, chiediamo che il potere e il sostegno per la costruzione della pace a livello internazionale sia trasferito all'Onu invece che alle basi militari, chiediamo che si costruisca una Politica Estera disarmata e non ossequiente a chi copre quasi il 50% della spesa militare mondiale, chiediamo al governo, sui temi del disarmo, della pace e della cooperazione internazionale un doveroso segno di discontinuità con il governo precedente; chiediamo che le alleanze siano virtuose nel senso che rispettino con più coraggio gli impegni contro la fame, la povertà , l'ingiustizia, lo sfruttamento, la privatizzazione esasperata dei beni comuni, più che i patti militari e spesso non conosciuti, non discussi e approvati in parlamento. Ci avete promesso nel programma di governo: /" In questo quadro (geostrategia del sud Mediter- raneo) reputiamo necessario arrivare ad una ridefinizione delle servitù militari che gravano sui nostri territori, con particolare riferimento alle basi nucleari. Quando saremo al governo daremo impulso alla seconda Conferenza nazionale sulle servitù militari, coinvolgendo l'Amministrazione centrale della Difesa, le Forze Armate, le Regioni e gli Enti Locali, al fine di arrivare ad una soluzione condivisa che salvaguardi al contempo gli interessi della difesa nazionale e quelli altrettanto legittimi delle popolazioni locali." (Programma di Governo dell'Unione - dal titolo: “Per il bene dell'Italia” pag 109). Bene, oggi abbiamo bisogno di decisioni politiche che contrastino l'ormai usuale stile del colpo al cerchio colpo alla botte, e che rispettino le promesse fatte. Coinvolgendo nella Conferenza Nazionale la Società Civile e non solo le istituzioni. Pax Christi Italia Firenze 18 gennaio 2007 INTERNI 27 gennaio 2007 Giustizia e Libertà 9 Casini, la linea del potere di Antonio V. Gelormini Ripubblichiamo un articolo del nostro amico A.V. Gelormini, già apparso sul sito : www.canali.libero .it.it:80/affari italiani/politica/ casinicommento1601.html "Il potere logora chi non ce l’ha". Chi, meglio di Pier Ferdinando Casini, non conosce il celebre adagio andreottiano ? A vedere, infatti, come si è ridotta la linea del "più bello" tra i leader del Centrodestra, si capisce perché di solito è a malincuore e a fatica che ci si allontana dalle poltrone istituzionali. PierFerdy resta, comunque, il più amato tra i politici italiani e i rotoli dell’amore stanno là a testimoniarlo con grande evidenza. E’ sempre stato lontano dalle levatacce stile Bermuda, tutti indrappellati e tutti in calzoncini bianchi per il jogging mattutino al seguito del Cavaliere. Si correva troppo e intervalli per i sigari non ce n’erano. Perché, cubani o toscani che fossero, puzzavano troppo di comunismo. Preferiva, invece, le cene del lunedì con i compagni di coalizione, almeno fino a quando non si è cominciato a parlare di "vitello mettere impegno, non riesci a fare un granché di movimento, data la dimensione di ogni atollo, che in dieci minuti c’hai già fatto l’intero giro. Resterebbero gli squali, ma Pier vuole restarne lontano, dice che gli bastano quelli che gli girano intorno quando si trova in Italia. Bossi, Fini e lo stesso Berlusconi pare si siano già resi disponibili per "castigarlo" nel costume al suo ritorno e stanno già prendendo le misure per un salutare lavoro ai fianchi. Sono certi che per lui è impossibile seguire il regrasso". E così da quando Casini gime di Fassino o di inha deciso di prendere le forcare la bicicletta di Rodistanze dal Silvio e da mano Prodi. quel gruppo di compagni Lo conoscono bene e a di drappello, la situazione guardarlo hanno avuto la è precipitata. conferma che è un tipo a E come se non bastasse, cui piace poco pedalare! per le vacanze separate, ha scelto le Maldive. Dove, anche a volerci ♦ Fumata nera ... di Masaniello “ La musica è finita, gli amici se ne vanno, che inutile serata a m o r e mio” cosi recitava Ornella Vanoni in una delle sue malinconiche canzoni. Questi versi ci ricordano un po’il conclave di Caserta, particolarmente riferito alla parola inu- tile tale infatti si è dimostrato nella sua due giorni, al di là dei proclami di coesione della maggioranza e dei propositi di riformismo da attuare, udite udite nei prossimi cinque anni. La montagna ha partorito il topolino, nessun riferimento al ministro Amato per carità, si doveva parlare di pensioni, di riforma elettorale, di pacs, di liberalizzazioni, di partito democratico, di giustizia, di mezzogiorno, di infrastrutture, di ambiente e di sicurezza, ogni ministro con il suo pacchetto di proposte con un occhio alle amministrative prossi me venture che, si presume, costituiranno un test molto importante per questo governo. Di riforma delle pensioni non se ne è parlato perché Rifondazione e i Comunisti italiani non ne vogliono sapere, hanno detto che non è prioritario; di pacs nemmeno perché alla Bindi le viene lo “sternicchio”; di riforma elettorale non ce n’è due d’accordo; di giustizia c’è Mastella che è un mostro di bravura inutile parlarne; di infrastrutture sono in disaccordo sulla Tav, Di Pietro la vuole Pecoraro Scanio no; di partito democratico Fassino lo vuole Rutelli non si sa, (Continua a pagina 10) ECONOMIA 10 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 Fumata nera (Continua da pagina 9) con la stessa velocità con la quale l’ha detto….quindi il simpatico Pier Luigi dovrà trovarsi un’altra occupazione. non si hanno notizie di cosa vogliano la Pollastrini e la Meandri forse le hanno portate per illeggiadrire il paesaggio. Sulle liberalizzazioni invece si è deciso: hanno fatto fuori Bersani! Il mezzogiorno ha fatto bingo ! Prodi, con la chiarezza che gli è propria, ha spiegato che sarà sua responsabilità portarle a termine e se lo farà Arriveranno cento milioni di euro spalmati in sette anni, ricostituendo, di fatto quella cassa del mezzogiorno tanto cara alla Democrazia cristiana, ma non è tutto merito del governo perché l’ottantacinque per cento sono fondi della comunità europea e solo il quindici per cento effettivamente stanziati Dunque molto fumo e niente arrosto, si ritorna a casa con un niente di fatto, o meglio, con la certezza che la sinistra radicale dirige l’orchestra e che la musica è stonata! Gli unici contenti sono stati i casertani che hanno avuto la gioia di vedere per due giorni le strade pulite, almeno quelle riguardanti il percorso delle auto blu, quelle non interessate al passaggio vivevano la loro squallida quotidianità. Masaniello Comunicato Stampa Riforma Rai: Libertà e qualità, ottimi obiettivi, vediamo come centrarli di Tana de Zulueta “Il Comitato Per un’Altratv saluta con piacere i 5 traguardi che il Ministro Paolo Gentiloni ha annunciato oggi in occasione della presentazione delle linee guida per la riforma della RAI e, in particolare, l’obiettivo di conquistare l’autonomia dal governo e dalla politica. Noi -aggiunge de Zuluetapensiamo che per centrare gli obiettivi della libertà e della qualità la nostra proposta di legge di riforma del settore radiotelevisivo dia maggiori garanzie di indipendenza. La nostra proposta prevede infatti l’introduzione di un Consiglio per le comunicazioni audiovisive, i cui membri sono in maggioranza (11 su 21) nominati dal la società civile (sindaca ti, artisti, im prenditori, giornalisti, Terzo settore, accademi ci, autori, as sociazioni de gli utenti). Dei rimanenti 10 membri, 3 vengono eletti dagli enti locali e 7 sono nominati dal Parlamento. Partento dalla premessa che l’informazione dovrebbe vigilare sulla politica e non vicever- sa prevediamo l’abolizione della Commissione parlamentare di vigilanza. E’ quanto afferma Tana de Zulueta, presidente del Comitato “Per un’Altratv”, intervenendo sulle linee guida di riforma della RAI presentate questo pomeriggio dal Ministro Paolo Gentiloni. “Il Comitato -aggiunge de Zulueta- nel contesto della molto opportuna consultazione pubblica che il Ministro ha annunciato chiederà quan- to prima un incontro pubblico”. De Zulueta ricorda inoltre che “Il Comitato ''Per un' altratv'', è sostenuto da Sabina Guzzanti, Moni Ovadia, Paolo Hendel, Marco Travaglio e tante personalità del mondo del giornalismo e della cultura. La nostra proposta di legge di iniziativa popolare, firmata tra gli altri anche da Enzo Biagi, Franca Rame e Dario Fo, verrà discussa in Parlamento insieme al ddl Gentiloni”. ♦ RAI: per l’autonomia dai partiti Si deve fare di più di Francesco De Carlo Ufficio stampa Megachip A Gentiloni, quel che è di Gentiloni: bene sul metodo della sua riforma Rai, che significa consultazione della società civile; bene sullo stop alle fantasie di privatizzare la Rai; bene alla fine della dipendenza Rai dalla pubblicità. Ma ai cittadini, cioè agli utenti, non viene proposto ciò che è di loro proprietà: il controllo della televisione pubblica. Questa Fondazione, che dovrebbe nominare i Consigli di Amministrazione delle tre società operative sarebbe una discreta base di discussione, se non fosse che i suoi vertici sono nominati dai partiti. E siamo daccapo. E poi: che ci sta a fare la commissione parlamentare di vigilanza? Non sono i media a dover controllare i partiti? Molto meglio la proposta “Per un’altra Tv” che ha già raccolto 50 mila firme. Noi la preferiamo, ma siamo pronti a discutere. Si cominci da subito. Giulietto Chiesa Presidente di Megachip 27 gennaio 2007 INTERNI Giustizia e Libertà 11 Cambiare: un processo lungo e faticoso di Alessandro Blasetti Una frenetica ridda di dichiarazioni, dubbi, ed estemporanee esternazioni sta continuando in questi giorni a intasare il dibattito politico Italiano, nei luoghi deputati, ed esageratamente nei media, stravolgendo l’auspicio che la popolazione si riaffezioni alla politica, proponendo, piuttosto che un serio dibattito la rumorosità e la pochezza del gossip ovunque. La miccia l’ha accesa il contendere sulla base Americana a Vicenza, da qui, complice una opposizione che totalmente priva di una linea politica da seguire non trova meglio da fare che bombardare giornali e tv di dichiarazioni continue sulla debolezza della maggioranza, sull’antiamericanismo, sul l’asservimento alla “sinistra oltranzista”, sul la fine imminente dell’esecutivo e tutto il repertorio di inutili previsioni che sentiamo fare quotidianamente da mesi; da qui dicevamo si è scatenata una sequela interminabile di supposizioni sui metodi e di problemi da risolvere, subito e drasticamente. Cerchiamo, per quanto non facile, di fare il punto. L’attuale Governo ha una quantità notevole di problemi da affrontare, sono quelli endemici e strutturali del nostro Paese la cui presenza nell’Unione Europea mette via via in risalto, sono quelli di cinque anni precedenti che hanno indebolito l’economia, imbarbarito la partecipazione sociale alla politica, e portato al collasso le strutture amministrative, sono anche i problemi di una nazione che negli ultimi quindici anni, faticando a esprimere una volontà sociale determinata dall’elettorato e passata allegramente dal Craxismo a “Mani Pulite”, dalla nascita del fenomeno Lega nord all’ingresso nell’Euro, dal crollo della DC con la nascita di mille filiazioni spesso illegittime a due governi Berlusconi. In termini clinici, una anamnesi a dir poco preoccupante. Sono necessari cambiamenti radicali, è evidente; ma cambiare richiede tempo, energie, disponibilità e consenso, tutti ingredienti che non si combinano facilmente e che non si ottengono con mosse “miracolistiche” e spregiudicate. tati nei pregevoli articoli cato coinvolgimento della riportati in questo nume- fede cattolica nel tessuto sociale quotidiano, bhè, ci ro. sembra incosciente e velLa questione “Vicenza” leitario. ha evidenziato il malessere di chi nell’elettorato Quanto a riforme e liberanon ama molto lo strapo- lizzazioni, il primo minitere arrogante che gli U- stro era stato chiaro: “non SA applicano da tempo saranno indolori”. con i loro alleati sul piano militare. Già perché a sentire la gente per strada tutti voL’equilibrio fin qui man- gliono riforme e liberaliztenuto è per evoluzione zazioni; ma a scapito destorica destinato a modifi- gli altri, non certamente a carsi, la nascita di un uni- proprio svantaggio; va co interlocutore Europa così che riformare, liberasul piano politico mondia- lizzare, significa abbattere le mostra già termini di- i muri dei privilegi, le versi di confronto; ma roccaforti delle corporacercare di risolvere tutto zioni, il monopolio delle con un voltafaccia ad ac- lobbies e il nostro Paese e cordi ed equilibri stabiliti strutturato da secoli di da oltre mezzo secolo non tradizione corporativa da sarebbe una scelta politi- sempre: nelle professioni, ca, piuttosto un risibile nelle aziende di servizi, comportamento da “re- nelle università, nella sapubblica delle banane”, nità eccetera, eccetera, e improprio quanto ineffi- per operare dei cambiamenti strutturali c’è bisocace. gno si di una forte volontà Del peso della Chiesa politica, ma indispensaCattolica nel quotidiano bilmente di un più moderdel nostro Paese si è scrit- no livello di coscienza to ed analizzato lunga- sociale, altrimenti riformente dai Patti Latera- mare non ha senso. nensi in poi; che una nazione moderna riesca ad Ci auguriamo infine che Prendiamo a spunto alcu- esprimersi in politica lai- la lucida analisi sui rischi ni degli argomenti affron- camente, priva cioè di della sinistra fatta da Euc o n d i z i o n a - genio Scalfari, resti un menti religio- monito fermo e inattaccasi, è necessità bile e che gli Italiani abevidente di biano fatto con il governo tutto il per- Berlusconi quegli anticorcorso politico pi necessari che Indro delle demo- Montanelli considerava crazie occi- possibili solo dopo “aver dentali, che provato”, e che molti questo venga sostengano la necessità però ottenuto improrogabile di cambiacon giochi di re, dedicando a questo parole nelle obbiettivo costanza lungide finizioni mirante ed energie. legislative senza consiAlessandro Blasetti derare il radi- 12 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Basi USA a Vicenza di PdR E’ uno dei temi più dibattuti dalla recente politica italiana. Anche se solo in questi giorni l’eco si sta in parte spegnendo su televisioni e giornali, l’ampliamento della base americana a Vicenza farà ancora molto discutere, specialmente considerando il più ampio quadro di politica estera, da sempre l’anello debole della coalizione di centro-sinistra. Per lunghi anni ci siamo dilungati in critiche feroci contro il precedente governo Berlusconi per l’appoggio da questi dato nella guerra in Iraq, criticando, ed i fatti ci hanno dato ragione, le scelte operate solo in nome di una sorta di sudditanza filo-bushiana, nata essenzialmente dal desiderio egocentrico dell’ex-premier di ben apparire di fronte all’alleato americano, anche a scapito della sicurezza nazionale. Oggi ci troviamo a dover criticare una scelta del governo che abbiamo appoggiato dichiaratamente, per spirito di coerenza, per gli stessi motivi che ci hanno portato a dissentire sulla guerra irakena. Sia ben chiaro, in tutto questo non vuol esserci alcunché di anti-americano, nel senso ideologi- co, ben ricordando il sacri ficio dei soldati d’oltreoceano nella seconda guerra mondiale per la nostra libertà. Gli Stati Uniti sono da sempre parte della nostra identità culturale, in cui, per motivi storici, politici ed economici finiamo necessariamente con l’identificarci. Essi sono anche la nazione di residenza di tanti nostri connazionali emigrati nel corso del secolo scorso in cerca di fortuna. La concessione di questa base rischia però di divenire un appoggio indiretto alla causa irakena che proprio in questi giorni è stata in discussione al Congresso americano (e che ha visto la negazione del piano Bush). Oltre a risultare francamente inutile sotto l’aspetto logistico, basta vedere, ci aiuta il primo articolo, quante basi sono già presenti sul nostro territorio. Se nulla eccepiamo verso un’amicizia con gli USA, chiediamo però che ciò avvenga nel pieno rispetto della nostra libertà e dignità, e non sia inquadrato in un mero rapporto di servilismo. ♦ Somario degli articoli sulle «BASI U.S.A a VICENZA» Lo stivale a stelle e stri- villaggio per duemila-tremila Vicenza, l'annuncio di Il vicepremier risponde alle addetti, in arrivo della Ger- Prodi "Il governo non si proteste della sinistra radicasce le: "La posizione del Tutto il territorio italiano, da mania. opporrà". Aviano a Lampedusa, disseminato di basi americane. Tredicimila militari e quindicimila civili americani sono loro ospiti permanenti. “Via libera all'ampliamento premier è la posizione del- Vicenza, migliaia in cor- della base militare america- l'esecutivo". teo. na". “Non contrastiamo Hanno chiesto di non proce- una decisione presa dal pre- L'Italia è il Paese che dere all'allargamento dell'ae- cedente esecutivo". Il Dipar- spende per le truppe Usa timento di Stato Usa: "De- più di tutti nell'Ue. roporto . cisione molto apprezzata e Aeroporto a Stelle e Strisce Nuova base americana a benvenuta". Chiamatela “Fort Asby" L’annuncio dell’ambasciato- Vicenza. Italia verso il 12.000 americani nella re Usa: “Abbiamo definito no, gli Usa premono. Vicenza: polemiche sull’accordo”. Sembler saluta la Il governo Berlusconi aveva base di Vicenza. l’ampliamento della caEderle e abbandona la pru- detto sì alla richiesta di allarBase Usa, P r o - serma USA - Traditi denza “Tutto fatto col gover- gare la struttura. no”. di:"Posizione finale". dalla base. Vicenza, P r o d i : Pecoraro: "Così salta Profondo sconcerto tra i cattolici che si riconoscono nel Verdi e comunisti: “Il "Risposta a tempo debi- l'Afghanistan". governo mentì alla Ca- to". Il premier sul raddoppio: Centrosinistra per la decisiomera”. Amato: "Il governo dica sì "Non si torna indietro". ne presa dal Governo. Ma Il ministro Parisi aveva assicurato che “non c’erano vincoli con gli americani” per il raddoppio della struttura militare. Ora la sinistra dell’Unione insorge. Sette deputati veneti riferiscono: Letta ha confessato che l’esecutivo “è stato costretto” a prendere la decisione. agli Usa". E' polemica sulla nuova base Nato. Il premier prende tempo Ma il ministro dell'Interno e Mastella premono per una risposta positiva. E in Parlamento sulla base Usa arrivano 120 Centrosinistra, gelo anno dall'Unione. che per Cameri. La diessina Trupia per prote- Base Usa, l'Unione si sta si sospende dal partito. I Il vescovo: “Siamo stati spacca: Prc, Pdci e Ver- "resistenti" di Vicenza rice- lasciati soli”. vuti da Letta che assicura di contro Prodi. Proteste della Chiesa sulla D'Alema: "Bene il premier, ma fossi il sindaco farei referendum". Il sottosegretario all'Economia Cento: Viaggio nella città divisa "Come il caso della Tav". dall'allargamento della struttura militare. Nei piani c'è un Vicenza, la base della discordia: "Niente aeroporto ai parà Usa". Bertinotti: "No a nuove or- non tutti sono d'accordo: ganizzazioni militari". “Così si salvano posti di lavoro”. l'impegno a "ridurre i disadecisione di rispettare gli gi" per la popolazione. impegni presi dal governo Base Usa di Vicenza, Berlusconi. Rutelli chiude "Il governo non torna indietro". ♦ 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 13 BASE ITALIA Tutto il territorio italiano, da Aviano a Lampedusa, disseminato di basi americane Lo stivale a stelle e strisce Tredicimila militari e quindicimila civili USA ospiti permanenti Di Falco Accade (Liberazione 22.02.1998) Isole di segretezza Strutture sorte senza l’autorizzazione del Parlamento Non è del tutto nota la quantità in America di personale impiegato nelle basi Usa e Nato in Italia, ma grosso modo si tratta di circa tredicimila militari e quindicimila civili. Vediamo dove si trovano alcune di queste basi, facendo una specie di giro d'Italia. Partiamo dalla Toscana. Tra Pisa e Livorno si trova la vastissima base di Camp Darby, un'immensa area attrezzata a depositi e magazzini presso cui opera l'ottavo gruppo di supporto Usa che garantisce il sostegno logistico a tutte le forze americane operanti a sud del Po ed ha una responsabilità sul bacino del Mediterraneo ed il Nord-Africa. A Camp Darby operano circa un migliaio di persone. Non lontano da Camp Darby, a Coltano, è installato un potente sistema di telecomunicazioni. Spostiamoci ora verso la Liguria. A La Spezia è installato il Centro antisommergibile di Saclant, che effettua studi oceanografici attinenti alla ricerca di sommergibili. Da La Spezia passiamo in Lombardia, a Ghedi, presso Brescia. Qui si trova un "munitions support squadron" per la conservazione di bombe nucleari. Da Ghedi dirigiamoci verso il Triveneto. A Verona c'è l'Air Operations Centre (con 2500 persone). A Vicenza opera la Setaf (Support European Task Force) che ha per missione il supporto aerotattico alle unità nucleari missilistiche terrestri. In questa base vengono messe in opera le Adm, cioè le munizioni di demolizione atomica, in pratica le mine atomiche. Vengono qui custodite e costruite le testate nucleari per le forze armate alleate nella regione meridionale della Nato. Presso Vicenza c'è un'unità di supporto chiamata Camp Ederle che si estende negli spazi della grande caserma di Ederle. Presso l'aeroporto militare è acquartierato un gruppo tattico di paracadutisti ed un battaglione di obici. In ambito Nato è assicurata alla Allied Mobile Force (Ace) la possibilità di effettuare operazioni militari nazionali Usa nell'eventualità di interventi che si estendono fino al Medio Oriente. A Longare, presso Vicenza, si trova un importante deposito di armamenti Usa ed altri depositi si trovano a Tormeno San Giovanni a Monte. Presso Aviano, l'aeroporto reso ben noto dalle operazioni in Bosnia e più recentemente dall'incidente della funivia del Cermis, opera un ragguardevole numero di forze aeree Usa. Dal Triveneto spostiamoci verso l'Emilia. A Rimini troviamo la sede di un Munitions Support Squadron per l'attivazione di bombe nucleari. Dall'Emilia scendiamo verso la Campania: giungiamo così a NapoliCapodichino, la grande base Usa situata presso l'aeroporto che ha sostituito di recente quella dislocata presso Bagnoli. Conta su circa 3500 uomini e si estende nel suo sobborgo-satellite di Cirigliano.Vi sono dislocate attività di supporto e logistiche ed anche importanti comandi della Nato, oltreché il comando della Sesta flotta. La base navale Usa di Gaeta (che in futuro dovrebbe trasferirsi a Taranto) ospita alcune unità maggiori della Sesta flotta. Nei dintorni di Napoli, presso il lago Patria, a Giugliano, si trova una stazione di comunicazione Satcom ed un'altra stazione di comunicazione si trova a Montevergine, ad Avellino. Da Napoli passiamo alla Puglia. A San Vito dei Normanni c'è una base che ospita il 499° Expeditionary Squadron e l'Electronics Security Group (gruppo di intelligence elettronica). In Puglia ci sono altre basi, come quella di Gioia del Colle, per la ridislocazione di aerei arnericani. Ad Otranto, Martina Franca, Iacotenente, vi sono impianti della rete radar Nadge. Spostiamoci ora in Sicilia, dove troviamo innanzitutto la base di Sigonella, la stazione aeronavale con reparti operativi e di supporto Usa, dotata di aerei antisommergibili, mentre a Niscemi è situata una stazione di comunicazione (NavComTelSta). A Lampedusa vi è una installazione per la navigazione Loran. Passiamo infine in Sardegna, dove si trovano numerose ed importanti basi: Teulada, Zona costiera Sulcis Inglesiente. La più grande zona addestrativa straniera che include praticamente tutta la costa da Capo Teulada a Capo Frasca, circa cento km. La zona è usata per esercitazioni aeree ed aeronavali della Nato e della Sesta flotta (tiro contro costa) ed include anche un centro addestramento per unità corazzate. Decimomannu: è l'aeroporto probabilmente più grande della Nato. La sua superficie è vasta quanto quella di tre aeroporti civili; Si tratta di un vecchio aeroporto rimesso in funzione nel 1955 in seguito ad un accordo tra Germania, Canada ed Italia. Salto di Quirra: una vasta zona comprendente poligoni missilistici sperimentali e di addestramento interforze. I poligoni sono situati presso il paese di Perdas de Fuego. Lungo la costa si giunge a Capo San Lorenzo: vi si addestrano unità della Nato e della Sesta flotta con attività nelle varie combinazioni terra-ariamare. Capo Frasca: poligono di tiro della Nato e Usa.Vi sono situati impianti radar, eliporto, basi di sussistenza. Collegato con Torre Frasca e Torre Grande di Oristano e Sinis di Cabras. Tempio: base Nato per ricerche elaborazioni dati ed impianti radar. Inizialmente vennero installate anche rampe missilistiche nella zona della Limbara, tra Oschiri e Tempio. Infine Tavolara: base Usa per stazione radiotelegrafica ad onda lunga per poter comunicare con i sommergibili. ♦ 14 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Il territorio italiano, da Aviano a Lampedusa, è disseminato di basi americane (ben 113), come si può osservare in questa carta d’Italia 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 15 Questo elenco delle basi e installazioni militari degli USA in Italia è stato realizzato grazie al meticoloso lavoro di ricerca di A.B. Mariantoni, la mappa e alcuni commenti sono tratti dal sito : www.iraqlibero.at Elenco per Regioni Leggenda della carta di pag 14 Trentino Alto Adige 1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf. 2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf. Friuli Venezia Giulia 3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78 giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, di pianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano. 4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa. 5. Rivolto [Ud]. Base USAF. 6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf. 7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army. 8. Trieste. Base navale Usa. Veneto Piemonte 9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila. 10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate nucleari. 11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni. 12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti. 13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni 14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni 15. Istrana [Tv]. Base Usaf. 16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa. 17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni [Usaf]. 18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa. 19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa. 20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa. 21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa. 22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa. 23. Venezia. Base navale Usa. 24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa. 25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa. 26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa. 27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa. 31. Cameri [No]. Base aerea Usa con copertura Nato. 32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato. Lombardia Liguria 33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ]. 34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army. 35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine: in un dossier preparato dalla federazione di RC si parla di "occupazione di aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e missili, alle armi subacquee]. Emilia Romagna 36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell'Usaf con copertura Nato. 37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 38. Parma. Deposito dell'Usaf con copertura Nato. 39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato. 40. Rimini. Gruppo logistico Usa per l'attivazione di bombe nucleari. 41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa. Marche 42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar Usa con copertura Nato. 28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito Toscana 43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il di bombe nucleari. 29. Montichiari [Bs]. Base aerea più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e Livorno], [Usaf ]. 30. Remondò [Pv]. Base Us Army. (Continua a pagina 16) 108. Sorico [Co]. Antenna Nsa. 16 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Leggenda della carta di pag 14 (Continua da pagina 15) con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125 bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite una rete di canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto Usa e Base dell'US Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel Golfo, nell'Africa del Nord e la Turchia. 44. Coltano [Pi]. Importante base Usa-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito munizioni Us Army; Base Nsa. 45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'Usaf. 46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell'Us Navy. 47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar Usa con copertura Nato. 48. Livorno. Base navale Usa. 49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. Sardegna 50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica Usa, base di sommergibili, squadra navale di supporto alla portaerei americana "Simon Lake". 51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica Usa. 52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa]. 53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us Navy. 54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa. 55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar Usa. 57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni Usaf con copertura Nato. 58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale. 59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila et- tari di zone "off limits": poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato. 60. Cagliari. Base navale Usa. 61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto Usa con copertura Nato. 62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea Usaf. 63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici. 64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta flotta Usa. 65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni Usa e Nato. 81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa. 82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom. 83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria Usaf. 84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando Usa e Nato sotterraneo antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso di guerra 85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni Usa. Basilicata 79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali Usa in Europa. Lazio 86. Pietraficcata [Mt]. Centro tele66. Roma. Comando per il Medi- comunicazioni Usa e Nato. terraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze Usa. Stazione Nato Puglia 67. Roma Ciampino [aeroporto mi- 87. Gioia del Colle [Ba]. Base aelitare]. Base saltuaria Usaf. rea Usa di supporto tecnico. 68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione 88. Brindisi. Base navale Usa. telecomunicazioni Usa con coper- 89. Punta della Contessa [Br]. Politura Nato, in probabile collegamen- gono di tiro Usa e Nato. to con le installazioni sotterranee di 90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi Monte Cavo sarebbero di stanza un migliaio di 69. Monte Romano [Vt]. Poligono militari americani del 499° Expedisaltuario di tiro dell'Us Army. tionary Squadron;.Base dei Servizi 70. Gaeta [Lt]. Base permanente Segreti. Electronics Security Group della Sesta flotta e della Squadra [Nsa ]. navale di scorta alla portaerei "La 91. Monte Iacotenente [Fg]. Base Salle". del complesso radar Nadge. 71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola 92. Otranto. Stazione radar Usa. telecomunicazioni Nato sotto con- 93. Taranto. Base navale Usa. Detrollo Usa. posito Usa e Nato. 94. Martinafranca [Ta]. Base radar Campania Usa. 72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di som- Calabria mergibili Usa. Comando delle For- 95. Crotone. Stazione di telecomuze Aeree Usa per il Mediterraneo. nicazioni e radar Usa e Nato. Porto normalmente impiegato dalle 96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione unità civili e militari Usa. Si calco- di telecomunicazioni Usa. la che da Napoli e Livorno transiti- 97. Sellia Marina [Cz]. Centro teleno annualmente circa cinquemila comunicazioni Usa con copertura contenitori di materiale militare. Nato. 73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea Usaf. 74. Monte Camaldoli [Na]. Stazio- Sicilia 98. Sigonella [Ct]. Principale base ne di telecomunicazioni Usa. terrestre dell'Us Navy nel Mediter75. Ischia [Na]. Antenna di telecoraneo centrale, supporto logistico municazioni Usa con copertura Nadella Sesta flotta [circa 3.400 tra to. militari e civili americani ]. Oltre 76. Nisida [Na]. Base Us Army. ad unità della Us Navy, ospita di77. Bagnoli [Na]. Sede del più versi squadroni tattici dell'Usaf: grande centro di coordinamento dell'Us Navy di tutte le attività di elicotteri del tipo HC-4, caccia telecomunicazioni, comando e con- Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con trollo del Mediterraneo. 78. Agnano [nelle vicinanze del bombe nucleari del tipo B-43, da famoso ippodromo]. Base dell'Us più di 100 kilotoni l'una. 99. Motta S. Anastasia [Ct]. StazioArmy. ne di telecomunicazioni Usa. 80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa. (Continua a pagina 17) 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 17 Leggenda della carta di pag 14 (Continua da pagina 16) 100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci ha scritto, precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare italiana. 102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf. 103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato. 104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata. 105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni. 107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ]. 111. Trapani. Base Usaf con coper- tura Nato. 112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato. 113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di comunicazioni Nsa. A.B. Mariantoni www.kelebekler.kelebleker. com/occ/busa.htm www.iraqlibero.at Aeroporto a Stelle e Strisce L’annuncio dell’ambasciatore Usa: «Abbiamo definito l’accordo». Sembler saluta la Ederle e abbandona la prudenza «Tutto fatto col governo» «A noi va la parte a nord mentre ai militari italiani è destinata la parte sud». Sono già stati stanziati 800 milioni di dollari per realizzare le strutture necessarie ad accogliere 2.000 soldati della 173ª. Il gen. Bell frena un po’: «Restano alcuni puntini sulle “i”...» di Mariano Smiderle (Giornale di Vicenza, 13 aprile.2005) Forse perché è al passo d’addio, o forse perché vuole dare l’accelerata decisiva alle trattative. Sta di fatto che l’ambasciatore americano in Italia, Mel Sembler, in visita alla caserma Ederle per commemorare i 4 soldati morti in Afghanistan, ha rotto il vetro della prudenza e ha annunciato ufficialmente che è stato raggiunto un accordo sul futuro utilizzo della base aerea dell’aeroporto "Tomaso Dal Molin". «Il governo italiano -ha dichiarato in un’intervista rilasciata al giornale delle forze armate americane in Europa Stars and Stripes- ha concesso all’esercito statunitense l’utilizzo di una parte del "Dal Molin" allo scopo di trovare posto alle nuove truppe che presto saranno dislocate nel nord Italia». Prima della partenza per l’Afghanistan, il generale Jason Kamiya, comandante della Setaf, era stato molto cauto ed aveva evitato qualsiasi commento ufficiale. Ora l’uscita di Sembler apre una nuova era. «Questo accordo -ha sottolineato l’ambasciatore- rappresenta un cruciale e decisivo passo avanti nei negoziati avviati due anni fa e intensificati in questi mesi, dopo che il governo degli Stati Uniti aveva deciso di trovare lo spazio per collocare i duemila soldati in più destinati a quest’area. Gli Usa hanno stanziato 800 milioni di dollari, che saranno spesi nell’arco dei prossimi dieci anni per costruire uffici, alloggi, scuole e cliniche mediche nei pressi dell’aeroporto». Da un paio d’anni, da quando, cioè, la Nato dispose il trasferimento della V Ataf (ora Cofa, Comando operativo forze aeree) dal Dal Molin, Vicenza, a Poggio Renatico, vicino a Ferrara. Dalla sera alla mattina le strutture che ospitavano i militari e il personale della Nato (non si dimentichi che, nel corso della guerra dei Balcani, il cervello di tutte le operazioni era a Vicenza) si sono svuotate, trasformando la base aerea in una sorta di spettrale mausoleo. Ha resistito per qualche mese in più il generale Giovanni Sciandra, con qualche altro ufficiale. Poi, via loro, quella zona del Dal Molin è rimasta desolatamente chiusa. Restavano, e restano (per il momento) il 27° Genio campale e il 10° Gruppo manutenzione elicotteri dell’aeronautica militare, che oc- cupano però le strutture a loro destinate. È stato allora che il governo americano ha cominciato a premere su Berlusconi per avere la disponibilità degli alloggi lasciati liberi e, a seguire, per ottenere le concessioni a realizzarne di altri. Dopodiché, la cosa sembrava destinata a cadere in virtù del piano di riduzione delle truppe statunitensi in Europa, disposto dal presidente Bush. Riduzione che è sì stata confermata, ma con un’unica eccezione: Vicenza. Ecco perché la questione Dal Molin tornò prepotentemente alla ribalta. Ora, secondo le dichiarazioni di Sembler, l’accordo è raggiunto. Il generale B.B. Bell, comandante delle forze armate americane in Europa, ha aggiunto che l’incremento dei soldati in servizio a Vicenza giocherà un ruolo importante nell’ottica della ristrutturazione globale. L’esercito americano infatti ridurrà nei prossimi 5-10 anni le proprie truppe in Europa da 62 mila a 24 mila effettivi, mentre verrà trasferito da Heidelberg a Wiesbaden (città entrambe nel sudovest della (Continua a pagina 18) DOSSIER BASE USA A VICENZA 18 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 Il ministro Parisi aveva assicurato che «non c’erano vincoli con gli americani» per il raddoppio della struttura militare. Ora la sinistra dell’Unione insorge Verdi e comunisti: «Il governo mentì alla Camera» Sette deputati veneti riferiscono: Letta ha confessato che l’esecutivo «è stato costretto» a prendere la decisione da http://gazzettino.quinordest.it (18.01.2007) Roma Aeroporto a Stelle e Strisce (Continua da pagina 17) Germania) il quartier generale delle Forze terrestri statunitensi. Lo ha annunciato ieri ad Heidelberg la portavoce dell’Esercito Usa Elke Herberger. Il numero delle aree e dei poligoni americani sul territorio europeo verrà ridotto da 236 a 88. I piani del generale Bell prevedono inoltre la riduzione da 13 a quattro del numero dei comandi operativi in Europa: Grafenwoehr (Baviera, Germania), Wiesbaden (Assia, Germania), Kaiserslautern (Renania-Palatinato, Germania) e appunto Vicenza. Ai due battaglioni della 173ª attualmente di stanza alla Ederle (ora in missione in Afghanistan), ne sarà aggiunto un 3°. E questi saranno i corpi d’elite di pronto impiego in caso di conflitti o di operazioni di peacekeeping nelle zone più calde del medio oriente. «Anche se non sono stati messi tutti i puntini sulle i -aggiunge il gen. Bell- credo di poter dire che siamo ormai arrivati in vetta alla montagna. Credo che ci sia il consenso di tutte le parti in causa». Prudente era Kamiya, prudente rimane Bell. Mentre l’ambasciatore Sembler entra nel dettaglio degli accordi, spiegando che «l’esercito americano avrà l’uso esclusivo della parte situata a nord della base, mentre i militari italiani useranno la parte a sud». «Come le altre basi statunitensi in Italia aggiunge- la terra su cui sorgeranno le nuove strutture resterà di proprietà italiana». A cosa è dovuta questa accelerata finale ? Sembler rivela che gli ufficiali italiani e i funzionari del ministero dei trasporti avevano chiesto più tempo per studiare quali parti del Dal Molin avrebbero dovuto essere riservate all’Aeronautica militare e quali, invece, al traffico commerciale. «Gli ufficiali americani -conclude Sambler-, che avevano già preso in considerazioni altre aree, per esempio Aviano, hanno però fatto pressione perché la decisione delle autorità italiane fosse presa. E credo che questa svolta si rivelerà molto positiva per la comunità di Vicenza». Per Sembler è un addio in bellezza. Dopo tre anni e mezzo passati al servizio di Bush, saluta e se ne va. Ha detto che gli anni passati in Italia possono essere definiti storici. «Prima di tutto -perché spiegasono stato il primo ambasciatore dalla fine della Seconda guerra mondiale a interfacciarsi con un unico presidente del Consiglio» (leggasi Silvio Berlusconi nde). Una coincidenza a cui pochi avevano fatto caso e che, magari, è stata utile in sede di trattativa per l’"affitto" dell’aeroporto vicentino Mariano Smiderle Giornale di Vicenza 13 aprile.2005) La reazione della sinistra radicale resta assai aspra e ora si muove su due piani: la richiesta pressante di un referendum in sede locale, la protesta perché, secondo Pdci, Verdi e Prc, su questa vicenda il governo avrebbe mentito in Parlamento. Ad aprire le danze, ieri, è stato il rifondatore Russo Spena: è «probabile» che qualcuno sia in malafede, «di sicuro c'è una sottovalutazione della questione», commentava. E aggiungeva: «Mi risulta che il ministro degli Esteri avesse già predisposto un dossier il cui orientamento era per il "no" all'allargamento della base Usa. Così anche il ministro della Difesa», e invece «improvvisamente» poi è cambiato tutto. Se il senatore di Prc ipotizza un giallo nel processo decisionale di Palazzo Chigi, altri esponenti della sinistra radicale accusano esplicitamente il loro governo di aver «mentito in Parlamento». In particolare, sette parlamentari veneti -dopo essere stati ricevuti dal sottosegretario alla Presidenza, Enrico Letta-, puntano l'indice contro le risposte del ministro della Difesa, Parisi, ad alcune interrogazioni parlamentari presentate tempo fa sulla vicenda della base americana. Laura Fincato (Margherita), Elettra Deiana (Prc), Gino Sperandio (Prc), Tiziana Valpiana (Prc), Luana Zanella (Verdi), Lalla Trupia (Ds) e Severino Galante (Pdci) riferiscono che il sottosegretario «ci ha detto testualmente che "il governo è stato costretto" ad assumere questa decisione». E aprono un duro contenzioso: «Durante un question time a Montecitorio avevano detto, e fra gli altri c'era il ministro della Difesa Parisi, che non c'era nessun vincolo con gli americani. Ci hanno detto una bugia», denuncia Lalla Trupia. (Continua a pagina 19) 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 19 Verdi e comunisti: «Il governo mentì alla Camera» (Continua da pagina 18) non è in discussione. In una interrogazione a Prodi, Galante argomenta: «Il governo dice di non poter opporsi a decisioni già prese dall'esecutivo Berlusconi, in settembre invece il ministro della Difesa diceva che non era stata presa alcuna decisione. Il sottosegretario Cento (Verdi) osserva minaccioso: «Uno strappo, sia sulla base Usa di Vicenza sia sulla missione italiana in Afghanistan, può far aprire un problema politico molto serio». L'interrogativo è consequenziale: sulla base di quali false informazioni, e fornite da chi, il ministro della Difesa è stato indotto a riferire notizie false alla Camera», il 27 settembre 2006, quando appunto Parisi affermò che «per quanto riguarda le decisioni, a tutt'oggi, con la controparte Usa non sono stati sottoscritti impegni di alcun genere. La disponibilità di massima manifestata dal precedente governo non si è tradotta in alcun accordo scritto». A questo punto, Verdi, Pdci e Rifondazione promettono la massima mobilitazione contro la decisione, Anche se il rifondatore Giordano distingue: («La questione della base di Vicenza non c'entra con l'Afghanistan. Sono due cose distinte. Sull'Afghanistan va fatta una riflessione su come sta evolvendo insistono sul referendum tra i citta- la situazione. dini di Vicenza e chiedono che il governo riferisca immediatamen- Discuteremo e ci confronteremo») appare evidente che il centrote» in Parlamento. sinistra avrà non poche difficoltà Il responsabile esteri del Pdci, Ve- quando si discuterà in Parlamento nier, annuncia: «Serve una mobili- del rifinanziamento delle missioni tazione unitaria nazionale di tutti all'estero. Pdci e Verdi hanno già coloro che si oppongono alle basi annunciato un loro «no». Nato e Usa. Dalla Sardegna al Friuli, dal Piemonte alla Tosca- Anche la sinistra Ds, inoltre, è assai na, alla Puglia, le singole lotte irritata. Per Salvi, «il governo di perdono ma tutte insieme posso- centrosinistra ha una strana tendenza a farsi male», mentre Gloria no vincere». Buffo sibila: «Siamo contrari a Giordano (Prc) avverte: «Solleve- questa base. Non c'è ragione perremo la questione in consiglio dei ché si faccia questo sfregio alla ministri, se ci fosse un voto vote- città di Vicenza». remmo in modo contrario», ma comunque assicura che il governo ♦ Viaggio nella città divisa dall'allargamento della struttura militare Nei piani c'è un villaggio per duemila-tremila addetti, in arrivo della Germania Vicenza, la base della discordia "Niente aeroporto ai parà Usa" di Alberto Statera (www.repubblica.it, 26.10.2006) VICENZA - Dopo mezzo secolo di convivenza con gli americani, Vicenza rivive oggi la "sindrome del barbiere Eolo" raccontata da Goffredo Parise nel 1956. E stasera lo psicodramma, scandito da una manifestazione di protesta politicamente trasversale nella piazza palladiana che solo cinque giorni fa ha inneggiato agli anatemi di Berlusconi contro Prodi e fischiato l'inno nazionale, si consuma in un Consi- gnori un italo-americano di nome g l i o c o m u n a le a r r o v e n t a t o . Roy de Ciccio sospettò che fosse una staffetta spedita in città per i Nella Sala Bernarda dovrà decidere primi contatti con la popolazione se dare o no l'aeroporto Dal Molin alla vigilia dell'installazione delle alla 173esima Brigata paracadutisti, truppe Setaf. Di lì a poco giunsero facendo di Vicenza la più potente le truppe americane. Aveva ragione base militare americana d'Europa. Eolo. Ma stavolta il Roy de Ciccio non s'è visto, perché a preparare a Il barbiere Eolo vedendo arrivare dovere il terreno del nuovo sbarco mezzo secolo fa in piazza dei Si(Continua a pagina 20) 20 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Vicenza, la base della discordia "Niente aeroporto ai parà Usa" (Continua da pagina 19) americano, già concordato dal governo Berlusconi, c'era il sindaco forzista, grande amico dell'ex premier, il quale è stato testimone delle sue seconde nozze. Ex fascista, o post, poi deputato leghista nel 1994 e infine approdato a Forza Italia, Enrico Hullweck, un medico pediatra che la sua ex avversaria elettorale Laura Fincato, deputata ulivista vicentina, definisce sorridendo "mellifluo", trattava in segreto almeno da un paio d'anni la superfetazione della presenza militare americana a Vicenza e la concessione dell'aeroporto Dal Molin. Operazione strategica per gli Stati Uniti, che ai bordi di quella pista, distante solo un paio di chilometri dalla basilica palladiana, hanno progettato un nuovo villaggio per due o tremila soldati americani provenienti dalla Germania, dove non li vogliono più, che si aggiungerebbero ai 3000 già in città, riunificando i quattro battaglioni e il comando della 173esima brigata paracadutisti, il team di combattimento, la brigata aviotrasportata d'élite destinata ad operazioni "chirurgiche" in Medioriente. Tanto che a presentare l'operazione, accolto più o meno con gli onori che spettarono a Orson Wells e a Olivia de Havilland nel 1955, giunse il 27 gennaio 2004 alla Caserma Ederle, sede delle truppe americane di stanza a Vicenza, il vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney. Hullweck sapeva. Ma non l'ha detto alla città, finché la città non l'ha scoperto. Così i tranquilli vicentini, quasi tutti occupati normalmente a far tre volte il segno della croce e a contar schei, non l'hanno mandata giù e stasera, senza distinzione di colore, andranno a urlarlo sotto la Sala Bernarda. "La protesta è nata dai comitati spontanei, i partiti sono arrivati do- po", giura Laura Fincato che, con Lalla Trupia, ha raccolto alcune decine di firme di parlamentari ulivisti per il "no" al progetto americano. Un bel problemino per il ministro della Difesa Arturo Parisi, che si trova in mano impegni del precedente governo, l'opposizione di parte cospicua della maggioranza e Rifondazione Comunista che minaccia addirittura di "negare il sostegno all'esecutivo", al momento per bocca del segretario veneto e deputato Gino Sperandio e del segretario cittadino Ezio Lovato, se il prevedibile "sì" del Consiglio comunale vicentino venisse avallato dal governo senza che prima si svolga almeno un referendum. dutisti della 173esima, dal campanile della basilica? "Il generale Frank Helmick giura che non useranno la pista dell'aeroporto e che in città non ci saranno armamenti pesanti, già custoditi a pochi chilometri di distanza a Longare e Tormeno e in altri siti di stoccaggio segreti sparsi nei dintorni. Ma possibile che la brigata d'élite debba fare 150 chilometri di autostrada in camion o in pullman, attraversando il passante di Mestre, per partire verso una missione "chirurgica" in Medio Oriente o anche per andare ad addestrarsi? O i paracadutisti si lanceranno dal campanile? Lecito allora pensare che la pista sia l'oggetto del desiderio. Se è così, sarebbe come autorizzare una caserma da 600 mila metri cubi più pista d'atterraggio a Villa Borghese a Roma o al Valentino a Torino. "Uscivano alle prime ore del mattino, pochi potevano vederli", scriveva Goffredo Parise nel racconto "Americani a Vicenza", che avrebbe voluto essere un reportage, ma, come lui dice, "è piuttosto una intuizione figurativa della funebre spettacolarità di oggetti ame ricani Uno dei leader dei comitati sponta- (uomini e cose) che vidi cinque nei, che si chiama Albera, snoccio- anni dopo in America, carichi del la i mille e uno motivi, a parte i loro falso splendore". silenzi menzogneri di Hullweck, per dire no a Camp Ederle 2: l'ae- Anche oggi escono alle prime ore roporto Dal Molin è in piena zona del mattino dalla caserma Ederle, residenziale, sul fiume Bacchiglio- per il jogging d'addestramento in ne, a un paio di chilometri dal cen- gruppo verso il Monte Berico, con tro di Vicenza, patrimonio Unesco gli zaini affardellati. O, più o meno dell'umanità, ed è l'unica area verde verso la stessa ora, escono dalle da Vicenza a Schio e Thiene; l'im- discoteche di lap-dance, dalle peripatto ambientale e per la mobilità ferie del sesso a pagamento. E sono sarebbe devastante, non meno della questi, spesso ragazzi che tornano perdita di valore delle case e della da missioni in Iraq, che angosciano definitiva americanizzazione della la città serena e produttiva che ha città, che già di problemini ne dà introiettato la democristianità dei Rumor e dei Bisaglia, il culto dei non proprio da niente. papi. Ma il vero argomento lo coglie Marino Quaresimin, ex sindaco di E' l'angoscia dei tassisti del primo Vicenza della Margherita: "Perché turno, dei vicentini faticatori e matgli americani vogliono proprio l'ae- tinieri che ne vedono qualcuno piroporto Dal Molin e non le altre sciare ubriaco sulle pietre del Palmigliori localizzazioni che si sono ladio o, peggio, a far rissa tra loro, proposte? Chiaro, perché gli inte- come mezzo secolo fa capitò a Paressa la pista. Lo dice la logica: da rise, sgomento per un lago di sandove volete che si buttino i paraca(Continua a pagina 21) 21 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Vicenza, la base della discordia "Niente aeroporto ai parà Usa" (Continua da pagina 20) gue che usciva da un occhio accoltellato. Interviene, efficiente, la Military Police e il generale garantisce che i controlli saranno persino più severi. Ma come frenare ragazzi che tornano dalle missioni di guerra ? Quelli che hanno famiglia stanno nel loro "Villaggio della pace", se non sono di turno escono col loro immenso Suv targato "ZA", cui nessun vigile fa le multe, ma la spesa si fa dentro, il pane arriva dalla Germania. Dentro la caserma e dentro il villaggio ci sono il supermercato, la scuola, il campo di basket e baseball, le piscine, i centri ricreativi, adesso pure l'ospedale, in base ad un accordo con la Usl numero 6, di cui si dice informato l'ex sindaco Quaresimin. Sono forse quindicimila in tutto, con le famiglie, più del dieci per cento dei vicentini. Trecentosei milioni di dollari è l'investimento previsto per il raddoppio della base, che potrebbero salire al doppio. I costruttori locali, Ingui, Maltauro e gli altri, sono lì ansiosi per la nuova americanizzazione cementiera, ma non tutta la locale Confindustria presieduta dal capo di Federmeccanica Massimo Calearo. Il sindaco e i suoi, come il consigliere di An Francesco Rucco, che pur si dichiara fortemente "antiamericano", dicono che l'economia potrà giovarsene e anche l'occupazione di personale vicentino nella base, che è già di qualche centinaio di persone. dovrebbe ospitare basi che sono strumenti di quella politica? Si chiudano, semmai, anche quelle esistenti, in ossequio alla sovranità nazionale. fare a scaricabarile, e per Prodi. L'American heart of Vicenza rischia di diventare per loro un altro incubo. www.repubblica.it Brutta serata, dopo Sala Bernarda, 26 ottobre 2006 per Arturo Parisi, che non potrà più Hanno chiesto di non procedere all'allargamento dell'aeroporto Dal Molin destinato ad ospitare la 173esima Brigata aviotrasportata americana Vicenza, migliaia in corteo contro l'ampliamento della base Usa Manifestazione pacifica: "Parisi, l'Italia si aspetta un no" di Alberto Statera (www.repubblica.it, 26.10.2006) VICENZA "Parisi, Vicenza e l' Italia aspettano un no". E' il cartello con il messaggio diretto al ministro della Difesa che un ragazzo allegrissimo mette sotto gli occhi di tutti, nel corso della La Camera di commercio e gli enti manifestaziolocali hanno partecipato a sponso- ne dei 20 mila, rizzare un libretto intitolato The secondo stime american heart of Vicenza che è un prudenti, ma piccolo peana americanista, teso a forse 30 mila dimostrare che, dopo cinquant'anni secondo gli di coabitazione, gli americani a Vi- organizzatori, cenza vivono "like ordinary citi- scesi in piazza zens". Ma il 62 per cento dei vicen- contro il protini, secondo un sondaggio condot- getto di ampliamento della base Oltre 300 le sigle che hanno aderito dal professor Ilvo Diamanti su s t a t u n i t e n s e d i V i c e n z a . to, con un coordinamento ferreo, un campione rappresentativo di 15nel respingere ogni provocazione, 00 persone, è fieramente contrario a E' stato un corteo di più di otto come auspicato più volte nei giorni Camp Ederle 2. chilometri - dalla caserma Ederle precedenti dal parlamentare Severifino all' aeroporto Dal Molin, dove no Galante (Comunisti Italiani). Addirittura l'85 per cento pretende secondo progetto potrebbe trovar Tra i tanti presenti, c'era anche un un referendum. Il vicepremier Fran- stanza la 173/a Brigata aviotra- gruppo di famiglie di credenti che cesco Rutelli l'ha promesso, qua- sportata statunitense - nel quale, ha avviato una riflessione sulla palunque sia stanotte l'esito della Sala hanno sottolineato le parlamentari storale sociale e lavoro riguardo Bernarda. Luana Zanella (Verdi), Lalla Tru- alla questione dell'aeroporto Dal Poi c'è la questione più generale, pia (Ds) e Laura Fincato Molin. Contro l' ampliamento della che è stata posta dal vecchio libera- (Margherita), era rappresentata base si era espresso, in occasione le Sergio Romano: se l'America fa t u t t a l ' U n i o n e . del suo 85/o compleanno, anche lo una politica estera non conforme ai (Continua a pagina 22) nostri interessi, perché mai l'Italia 22 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Il governo Berlusconi aveva detto sì alla richiesta di allargare la struttura Nuova base americana a Vicenza. Italia verso il no, gli Usa premono L’ambasciatore Spogli chiede un incontro: «Vogliamo presto una risposta» Il dossier sul tabolo di Prodi. La Farnesiana: «Ma gli abitanti sono contrari». PRESSIONI, Washington rifiuta una soluzione diversa da quella proposta all’Italia. Di Nese Marco (www.corriere.it, 14.01.2007) A Vicenza in migliaia in corteo ... (Continua da pagina 21) scrittore Mario Rigoni Stern. Certamente contrari i Comitati cittadini di Caldogno, Sant'Antonino e Vicenza: secondo un recente sondaggio della Demos di Ilvo Diamanti - citato nel corso della manifestazione - il 61% dei vicentini e il 75% dei caldognesi è contrario alla nuova base; l' 84% degli intervistati ha invece chiesto che la parola definitiva sia lasciata ai cittadini. A ribadirlo, oggi, al megafono, gli slogan dei Centri Sociali (circa 3.000 presenze): "no, no, No Global War"; i circa 6.000 dichiarati dalla Cgil, la decina di Comitati di Emergency arrivati da tutta Italia, come quelli delle donne in mero che sono "contro le basi americane, per liberare anche Aviano (Pordenone) che ha 60 bombe atomiche e Ghedi (Brescia) che ne ha 40", dice uno di loro. Fra le presenze, anche Luciano Mazzolin (Prc), portavoce dell' assemblea NoMose contro le dighe mobili nella laguna di Venezia: "siamo anche qui -dice Mazzolin- ad esprimere solidarietà contro la gestione privatistica del territorio, a Venezia come a Vicenza". Tra gli altri, in fondo al corteo, gli anarchici del Fai (Federazione anarchica italiana). Dalla zona del circolo Gramigna sono partiti anche slogan contro Bertinotti e Diliberto, quest'ultimo definito "servo dei padroni, prima scende in piazza, poi voti le missioni". Tensione controllata dall' alto da un elicottero, da un massiccio dispiegamento di forze dell'ordine, ma alleggerita di fatto dal suono dei tamburi e delle musiche, mentre in testa al corteo c'erano anche famiglie con bambini . ROMA - Sul tavolo di Romano Prodi c' è un fascicolo che scotta. Reca l' intestazione: «Base americana di Vicenza». Il documento era nelle mani del ministro della Difesa Arturo Parisi che l' altro giorno lo ha trasmesso al presidente del Consiglio perché la materia è troppo spinosa e suscettibile di influire sui rapporti internazionali. Se ne occupi quindi il premier, decida il capo del governo se deve essere accolta o no la richiesta degli Stati Uniti di ampliare la base militare dell' aeroporto di Vicenza. A Washington aspettano una risposta in tempi brevissimi. Avevano chiesto un sì o un no entro il 15, e cioè entro domani. Sembrano disposti a pazientare anche qualche giorno in più (adesso si parla del 19), visto che l' ambasciatore americano Ronald Spogli ha chiesto di incontrare il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri per un chiarimento definitivo. Il colloquio avverrà mercoledì. Il diplomatico americano spera di poter capire in quell' occasione cosa intende fare il governo italiano, per poi riferire a Washington. «Ma io - dice Forcieri - potrò solo spiegare che se ne occupa personalmente Prodi». La questione va comunque risolta in questi giorni. Prodi deve compiere una scelta non facile. Se dice sì, dovrà fare i conti coi gruppi di e- solo pacifista". C'è anche Renato Fiorelli, di Gorizia, uno dei pochi reduci delle marce MilanoVicenza 1967-1971. "Allora eravamo un centinaio, per cinque anni abbiamo manifestato a Vicenza davanti alla Ederle -racconta- oggi sono ripartito da dove mi ero fermato nel 1971, perchè poi le nostre marce si erano spostate a Trieste ed Aviano". Tutti concordi i Un solitario porta in spalla un Che parlamentari: "è necessario il reGuevara: "sono comunista, mi devo ferendum, il Governo aspetta vergognare ? appartengo al Social che la città si pronunci". Forum di Firenze". Altri sorreggono la scritta: "non sono no-global, nè Www.repubblica.it comunista, nè antiamericano, sono 3 dicembre 2006 strema sinistra, fieramente ostili all' idea di offrire nuovi privilegi agli americani. Dire no, equivale a uno sgarbo verso un Paese amico. Significa anche dichiarare chiusa la fase della concessione di basi militari a truppe straniere sul territorio italiano. Cosa che i partiti più radicali reclamano a gran voce. Tutti i segnali concordano in questo momento nel far ritenere che alla fine il governo opterà per il gran rifiuto. Spiacenti, ma la risposta è no. «Temo proprio che sia così - dice il diessino Forcieri , temo che si vada verso il no». Se davvero finirà così, la giustificazione è già pronta: verrà spiegato agli americani che la gente non vuole, che a Vicenza si agita una forte opposizione all' iniziativa. Lo stesso ministro degli Esteri Massimo D' Alema, che nei giorni scorsi si era adoperato nel tentativo di ammorbidire le resistenze di Rifondazione e Pdci, ora mette in risalto gli umori della gente e i problemi locali con cui fare i conti. «Non è una questione politica di governo - sostiene infatti D' Alema -. È una questione che riguarda la popolazione locale. Il professor Ilvo Diamanti mi ha detto di aver fatto un sondaggio secondo il quale oltre il 70 per cento degli abitanti risulta contrario. So che la Difesa ha proposto un' altra area, un' area militare». Gli americani ci contavano. Antonio Martino, ministro della Difesa nel governo Berlusconi, aveva dato il consenso. Il Comune di Vicenza era favorevole. Gli Stati Uniti avevano capito che potevano andare avanti e così hanno proceduto con sopralluoghi e studi di fattibilità per una spesa di 10 milioni di dollari. Il piano prevede l' ampliamento della base che gli americani già occupano attorno all' aeroporto allo scopo di creare una sede in grado di accogliere la 173a brigata aviotrasportata, 1.800 militari che oggi si trovano sparpagliati un po' in Germania e un po' in Italia. Gli Stati Uniti si accollerebbero anche la spesa per (Continua a pagina 23) 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 23 E' polemica sulla nuova base Nato. Il premier prende tempo Ma il ministro dell'Interno e Mastella premono per una risposta positiva Vicenza, Prodi: "Risposta a tempo debito" Amato: "Il governo dica sì agli Usa" da www.repubblica.it (15.01.2007), Nuova base americana a Vicenza ... (Continua da pagina 22) la costruzione della rete viaria circostante, di una circonvallazione e di una barriera per non arrecare disturbo al traffico aereo civile. L' intera operazione verrebbe a costare 500 milioni di dollari, di cui 300 messi a bilancio nel 2007. La commissione Difesa del Senato americano comincia a discuterne domani proprio per approvare lo stanziamento dei fondi. Ecco perché Washington aspettava una risposta entro il 15. «Il nuovo governo -osserva il sottosegretario Forcieri- poteva rispettare gli impegni presi da Berlusconi oppure dire no subito. Ora tutto è più complicato». Preoccupati dall' assenza di segnali provenienti dal governo italiano, gli esponenti dell' amministrazione americana martellano da tempo con richieste di chiarimenti l' ambasciata italiana a Washington. Ci avevate promesso, dicono. E dall' ambasciata partono verso Palazzo Chigi rapporti che danno conto del nervosismo e della crescente irritazione degli americani. In uno di questi messaggi spediti al governo italiano è detto chiaro che gli Stati Uniti rifiutano una soluzione diversa. Il ministero della Difesa si era detto disponibile a concedere una base alternativa in Italia, nella zona di Udine. Al Pentagono hanno respinto l' offerta perché questo aprirebbe una fase di nuove trattative, discussioni per l' esproprio dei terreni, e allungherebbe di molto i tempi. Invece le forze armate statunitensi vogliono chiudere subito. Allora, se l' ampliamento della base non è possibile, preferirebbero abbandonare del tutto Vicenza e concentrare l' intera brigata in Germania o addirittura in Bulgaria. In questo caso rimarrebbero senza lavoro i 700 civili italiani occupati nella base. Nese Marco www.corriere.it14.01.2007 LUBIANA "Daremo la risposta a tempo dovuto". Questa la risposta del presidente del Consiglio, Romano Prodi, a chi gli chiede quale sia la sua posizione circa il raddoppio della base Usa di Vicenza. Il premier ha incontrato questa sera a Palazzo Chigi il ministro degli Esteri Massimo D'Alema e il ministro della Difesa Arturo Parisi. Fonti di Palazzo Chigi sottolineano che Prodi prenderà una decisione sull'ampliamento della base americana entro venerdì, in base agli approfondimenti in corso da parte dei ministri competenti, D'Alema e Parisi. La vicenda della nuova base americana in Veneto non fa che alimentare le polemiche sull'anti-americanismo italiano già sollevate in questi giorni da Silvio Berlusconi. Significativo, in tal senso, il botta e risposta di ieri tra il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, da una parte, e il premier Romano Prodi e il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, dall'altra. Ma tutto questo non basta. La spinosa questione della base militare americana a Vicenza, che il governo statunitense vorrebbe ampliare e farvi confluire altri 1.800 soldati, per il momento dislocati in Germania, si pone perfettaUna risposta, quella del presidente mente al centro di tante polemiche. del Consiglio, che non va molto d'accordo con la posizione del mini- Con la maggioranza spaccata e la stro dell'Interno Giuliano Amato secondo il quale "l'Italia farebbe bene a dire di sì" ad un ampliamento della base Usa a Vicenza "perché c'è stato un orientamento già espresso dal precedente governo" in tal senso. E, dello stesso avviso del collega Amato, è anche Clemente Mastella: "I patti internazionali, quando si fanno, devono essere rispettati". Un eventuale 'no' italiano, secondo Mastella, gli americani "lo prenderebbero come uno schiaffo in faccia, non rispetto a Bush ma al paese Stati Uniti", perchè un diniego toccherebbe "il rapporto con gli Usa nel suo complesso e non solo con un'amministrazione o un governo". La replica di Prodi viene seguita da alcune voci fatte filtrare da Palazzo Chigi e tese a gettare acqua sul fuoco delle polemiche. La sostanza è che prima si ragiona sul progetto e poi si daranno delle risposte. Chi ha avuto modo di sentire Prodi nelle ultime ore riferisce di un premier determinato a dare una risposta chiara scegliendo il meglio per i cittadini e per l'operatività della base. sinistra decisamente contraria all'allargamento. Pino Sgobio, capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera, lo testimonia: ''Dopo il ritiro dei nostri militari dall'Iraq - premette -, il governo rompa gli indugi e dia un ulteriore segnale di discontinuità sul piano internazionale''. Dal Pdci al Prc, ma la musica non cambia. ''C'e' un fronte molto ampio, sostenuto dalla maggioranza dell'opinione pubblica vincentina, che non vuole l'ampliamento della base americana - spiega Gennaro Migliore, presidente dei deputati di Rifondazione comunista a Montecitorio-. Bisogna rispettare il volere dei cittadini e mi auguro che il governo dica no agli americani''. (Continua a pagina 24) 24 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 D'Alema: "Bene il premier, ma fossi il sindaco farei referendum" Il sottosegretario all'Economia Cento: "Come il caso della Tav" Base Usa, l'Unione si spacca Prc, Pdci e Verdi contro Prodi Cicchitto (FI): "Sono stati costretti a dire sì da Berlusconi" da www.repubblica.it (16 gennaio 2007) ROMA Prodi dice sì, e l'Unione si spacca. Sono di segno diametralmente opposto le reazioni che arrivano dalla maggioranza alla decisione di rispondere positivamente alla richiesta Usa di allargare la base di Vicenza. Mentre il Polo plaude alla decisione. Il ministero degli Esteri Massimo D'Alema commenta in serata a Ballarò, e dice che la presenza di basi militari americane in Italia non è Prodi: risposta a tempo debito … (Continua da pagina 23) Stessa lunghezza d'onda per Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Camera, secondo il quale ''non c'è antiamericanismo nel dire no all'ampliamento della base militare di Vicenza, ma la capacità di ascoltare la popolazione, che è contraria''. E se Ds e Margherita sembrano attendere sviluppi, a schierarsi in maniera opposta a Verdi, Pdci e Prc è di certo l'ex segretario dei Radicali, Daniele Capezzone, che avverte: ''Dire 'no' agli Usa a proposito della base di Vicenza sarebbe un errore grave e, peggio ancora, un triplice atto di autolesionismo''. Come se non bastasse, ad alimentare il dibattito contribuisce anche il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro che ha dichiarato di essere a favore dell'ampliamento, ''perchè facciamo parte di un'alleanza". Ma il leader dell'Italia dei Valori va oltre, aggiungendo: ''Prodi mi ricorda Ponzio Pilato. Per non decidere rinvia. E' chiaro che il governo è condizionato dall'estrema sinistra". www.repubblica.it (15 gennaio 2007) mai stata in discussione: "Il fatto che vogliano concentrare e razionalizzare la loro presenza è una richiesta legittima alla quale il governo doveva dare una risposta sulla base dell'alleanza che abbiamo con gli Stati Uniti". Il titolare della Farnesina aggiunge anche che, nei panni del sindaco della città, "avrei ritenuto di consultare i cittadini con un referendum", perchè per gli abitanti del luogo "la questione della base è problematica". Ma "essendo al governo -conclude- la decisione non spetta a noi". Poi, lo stesso D'Alema svela un retroscena. Il governo italiano aveva offerto agli Stati Uniti una "soluzione alternativa" e cioè di realizzare le nuove strutture in una "vasta area" in prossimità della base aerea di Aviano. "E' talmente poco vero che noi siamo antiamericani che noi abbiamo offerto loro altre possibilità..." Ma intanto la polemica politica si accende. Per il sottosegretario all'Economia Paolo Cento, deputato dei Verdi, si tratta di una "decisione sbagliata che rischia di diventare come il caso della Tav. Noi continueremo ad opporci e faremo diventare la questione della base protagonista di una grande mobilitazione nazionale". Duro anche il presidente dei Verdi e ministro dell'Ambiente. Secondo Alfonso Pecoraro Scanio, ''La volontà popolare, contraria all'ampliamento della base militare, è stata tradita dal Comune e per questo è necessario indire subito un referendum. Non condividiamo la decisione di Prodi e lo invitiamo ad ascoltare i cittadi- ni''. "Sono molto deluso, molto dispiaciuto". Colto di sorpresa dalla notizia all'uscita dal Forum sullo spettacolo, il leader del Pdci Oliviero Diliberto commenta così la decisione del premier. "A questo punto -aggiunge Diliberto-, chiedo a maggior ragione il coinvolgimento della popolazione e che si faccia subito il referendum". Netto anche il dissenso di Franco Giordano: "Non condivido la decisione di Prodi. In questo caso non sono 'd'accordo con il premier", dice il segretario di Rifondazione. Positiva, invece, la reazione del diessino Luciano Violante: "Sono favorevole. Prodi ha fatto bene", afferma il presidente della Commissione affari costituzionali della Camera. I comitati cittadini per il "No" si dicono "increduli": "E' inaccettabile che ci si pieghi ad un ricatto. Pensavamo -dice Giancarlo Albero, rappresentante del coordinamento- che la sovranità nazionale contasse ancora qualcosa”. La Fiom-Cgil annuncia manifestazioni. "D'ora in poi -dice il segretario Giorgio Cremaschi- ogni manifestazione per la pace non potrà (Continua a pagina 25) 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 25 Base Usa, l'Unione si spacca. Prc, Pdci e Verdi contro Prodi (Continua da pagina 24) che essere pure contro il governo: la decisione presa dal presidente del Consiglio ha un forte impatto strategico sul rapporto tra governo e movimenti". Reazioni negative anche dall'area antagonista: "Credo che sia urgente ora convocare una mobilitazione straordinaria a carattere nazionale per ribadire il no all'allargamento della base militare", dice Francesco Caruso, parlamentare indipendente di Rifondazione Comunista e leader dei centri sociali del Sud. "Bisogna far convergere, come già avvenuto il 2 dicembre scorso -prosegue Caruso - decine di migliaia di persone da tutt'Italia, per dare una spallata e spazzare via le ambiguità e i tentennamenti del governo su un tema così delicato". "Il governo si deve vergognare. E non pensi che sarà così facile allargare la struttura: la lotta continuerà e il governo italiano sarà costretto a reprimere con la violenza, come abitualmente fa, il dissenso della maggioranza della città", dice il leader dei Disobbedienti del Nordest Luca Casarini. Il Polo. "Ci fa piacere che le decisioni del governo Berlusconi e la linea del Comune di Vicenza abbiano costretto Prodi a dar via libera alla conferma e all'ampliamento della base Usa", afferma il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto. "Bene, ora sappiamo che il comune di Vicenza ha salvato l'immagine e il ruolo internazionale dell'italia". E' la tesi di Adolfo Urso, dell'esecutivo di An. "La questione dell'ampliamento della base Usa di Vicenza potrebbe non essere ancora risolta". Ad esserne convinto è il presidente dei senatori di FI Renato Schifani. Quello di Prodi "era un atto dovuto, per non dimostrare una totale inaffidabilità rispetto agli impegni internazionali assunti dal nostro governo". “Ora bisogna capire -aggiunge- se Prodi "avrà la forza politica di mantenerli o se cederà ancora una volta alle pressioni dei suoi alleati della sinistra radicale". ''Mi complimento con il Presidente Romano Prodi per una decisione assai positiva per il Veneto e che si allinea a quella presa a suo tempo per il Mose e che mi attendo altrettanto positiva in merito alle questioni che riguardano il Passante di Mestre'', commenta il governatore veneto Giancarlo Galan. "Politicamente Prodi ha voluto evitare una brutta figura con gli alleati e ha dimostrato di non voler cedere alle pressioni di frange che facevano leva su una forma di pressione colletti- va", dice il sindaco di Vicenza Enrico Hullweck. www.repubblica.it 16 gennaio 2007 Via libera all'ampliamento della base militare americana". Non contrastiamo una decisione presa dal precedente esecutivo" o- Vicenza, l'annuncio di Prodi "Il governo non si opporrà" Il Dipartimento di Stato Usa: "Decisione molto apprezzata e benvenuta" da www,repubblica.it (16.01.2007) ROMA "Il governo non si opporrà all'allargamento della base militare Usa" di Vicenza. La risposta di Romano Prodi è arrivata, dopo le pressioni, da destra e da sinistra, a prendere presto una posizione sulla vicenda dell'ampliamento della Base Ederle, che ospita il comando della US Army per l'Europa del Sud. Se dall'Italia fosse giunto un "no", la base sarebbe stata chiusa e trasferita in Germania. Invece da Bucarest, dove si trova in visita ufficiale, il presidente del Consiglio ha anticipato: "Sto per comunicare all'ambasciatore americano che il governo italiano non si oppone alla decisione, presa dal governo precedente e dal Comune di Vicenza con un voto del Consiglio comunale". Gli Stati Uniti, si apprende dal Dipartimento di Stato americano, definiscono "molto apprezzata" e "benvenuta" la dichiarazione di Prodi. Apprezzamento "per l'attenta considerazione e pinione favorevole" anche dall'ambasciatore Usa a Roma, Ronald Spogli. Qualche minuto prima dell'annuncio di Prodi, un monito al rispetto dei "patti" era giunto anche dall'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, secondo il quale sarebbe stato "gravissimo mostrarsi inaffidabili nei confronti degli Stati Uniti e dell'Alleanza Atlantica". E in mattinata all'idea del referendum, proposta dal segretario Ds Piero Fassino, avevano aderito tutta anche la sinistra radicale e i comitati cittadini per il "no". I n quanto al referendum, "a tutt'oggi non è attuato", osserva Prodi, è "una 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 26 Vicenza, l'annuncio di Prodi "Il governo non si opporrà" (Continua da pagina 25) mera ipotesi" e "non è un problema che riguarda l'attività di governo" poiché si tratta di "decisioni locali" e il governo non è chiamato "a nessun atto amministrativo". Il modo con cui il Consiglio comunale di Vicenza intenderà fare esprimere la popolazione locale, conclude il presidente del Consiglio, "sarà sua responsabilità". Prodi sottolinea che la vicenda non rappresenta "un problema di natura politica", bensì "una questione di carattere urbanistico-territoriale". E ricorda: il suo governo "si era impegnato a seguire il parere della comunità locale". "Non abbiamo ragione di opporci", precisa, rivelando che il governo italiano aveva anche "offerto soluzioni che sembravano più equilibrate", ma che alla fine "non è stato possibile ac- cettare". In quanto a un incontro con il presidente americano George W. Bush, Prodi spiega che, al momento, "non è previsto", che "avverrà al momento opportuno" e che comunque "non c'è nessun problema" nelle relazioni italoamericane. www.repubblica.it 16 gennaio 2007 12.000 americani nella base di Vicenza da www,repubblica.it (16.01.2007) Una enorme base, dentro e intorno alla quale gravitano circa 12.000 militari e civili americani, i cui rapporti con le autorità italiane sono regolati da accordi e memorandum riservati risalenti al dopoguerra, ma continuamente aggiornati: questa è la Caserma Ederle di Vicenza che, insieme al vicino aeroporto Dal Molin, è al centro della querelle di questi giorni. La Ederle è una caserma italiana a tutti gli effetti, con un comandante italiano e un colonnello. Quest'ultimo, secondo un organigramma americano, è sottocapo di stato maggiore, mentre il capo di stato maggiore è un colonnello Usa. Nella scala gerarchica, prima del colonnello c'è un generale a due stelle americano che è il comandante generale della Setaf (la Southern European Task Force), nonchè comandante di tutte le forze americane presenti a Vicenza. I rapporti tra il comandante italiano dell'istallazione e i comandanti americani sono regolamentati da atti secretati. Nell'ambito della Setaf opera la 173/a brigata paracadutisti Usa, il reparto impiegato in Iraq tre anni fa, e successivamente in Afghanistan. In passato si chiamava “Lyon Brigade” ed era organizzata su un solo grosso battaglione di fanteria, che esiste ancora con il nome di 1/o battaglione del 508/o reggimento paracadutisti, successivamente affiancato dal 2/o del 503/o. La Lyon si è quindi tramuta- ta in 173/a brigata, che ha però anche altre forze in Germania. L'aeroporto Dal Molin, distante 3-4 chilometri dalla Ederle, è invece uno scalo civile e militare, che la Nato utilizzava in passato. E anche l'Aeronautica militare, che lo gestisce, sarebbe intenzionata a dismetterlo. Il comandante è un ufficiale dell'Aeronautica. Proprio il Dal Molin, essendo la Ederle congestionata, dovrebbe ospitare il terzo battaglione della 173/a, di stanza in Germania, che verrebbe così riunita in Italia. C'è ad esempio un reparto Genio, con macchine movimento terra e altri mezzi, una batteria da artiglieria con cannoni aviotrasportabili da 105 mm. Fondamentale è poi l'Area Support Group (ASG), una unità a livello reggimento che gestisce tutta la base, dagli aspetti logistici a quelli amministrativi. Il comandante dell'ASG, un colonnello americano, ha alle sue dipendenze anche molti civili americani (e anche diverse centinaia di italiani), che mandano avanti gli spacci, la banca, la barberia, e tutto il 'life support'. E' un ufficiale-chiave e, non a caso, lo chiamano il 'sindaco della Ederle'. L'aeroporto non verrebbe impiegato -nè potrebbe, per le sue caratteristiche tecniche- per la partenza dei parà americani nelle missioni all'estero: a questo scopo i soldati Usa utilizzano l'aeroporto di Aviano. Nella caserma anche un asilo, scuole elementari, medie e un diLa Ederle è una sorta di città a stel- staccamento di un'università amerile e strisce: ospita il comando Se- cana. Il tutto a disposizione dei fitaf, a livello divisionale; il coman- gli dei militari e dei civili Usa che, do della 173/a e i due battaglioni con l'ampliamento, potrebbero diche la compongono, e diverse altre ventare 3.000-3.500 in più. unità a corollario. I militari americani di stanza a Vicenza -a parte i mezzi del Geniopossono contare essenzialmente solo su altri veicoli per il trasporto di materiale e truppe e su due velivoli C12 da otto posti, a disposizione del comandante; nessun mezzo da combattimento pesante. Le armi sono quelle da reparto e individuali, oltre ad alcuni cannoni da 105 millimetri. Dentro la base gli americani possono solo fare esercita(Continua a pagina 27) DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 Il premier sul raddoppio: "Non si torna indietro". Bertinotti "No a nuove organizzazioni militari". Prc, Pdci, Verdi e sinistra Ds protestano Base Usa, Prodi:"Posizione finale" Pecoraro: "Così salta l'Afghanistan" C'è chi rilancia l'idea del referendum: "Scelgano i cittadini" I deputati veneti dell'Unione: "Non c'è nessun impegno, il governo ci ha presi in giro" da www.repubblica.it (17.01.2007) ROMA Il raddoppio della base Usa di Vicenza rischia di innescare una reazione a catena nella maggioranza. Con Prodi che punta i piedi sulla decisione del governo che ha detto sì agli americani, la sinistra radicale fortemente critica e pronta a scendere in piazza e il ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio che taglia corto: "Così non voteremo il rifinanziamento della missione in Afghanistan". "Il governo ha preso una posizione finale sull'ampliamento della base americana a Vicenza e su questo non c'è nessuna osservazione da fare". Questa la replica di Romano Prodi dopo una giornata di polemiche e attacchi tutti interni alla maggioranza. Il governo, se agisce così - aggiunge il premier - lo deve anche all'esecutivo Berlusconi colpevole di un'eccessiva segretezza sulla 12.000 americani nella base di Vicenza (Continua da pagina 26) zioni 'in bianco', cioè senza proiettili reali. Nel caso di attività addestrative a fuoco nei poligoni italiani, si deve seguire un determinato iter per ottenere l'autorizzazione dalle autorità competenti. Nella Ederle, dove i militari italiani dell'Esercito sono pochi, una dozzina, è presente anche un reggimento di carabinieri (alcune centinaia di uomini). Questi si occupano anche della scorta dei parà Usa quando questi devono uscire armati per svolgere esercitazioni. www.repubblica.it 16 gennaio 2007 materia: "Sì - risponde Prodi a chi gli chiede se non ritenesse poco pubblicizzata la scelta perchè noi non ne sapevamo nulla e credo che queste decisioni vadano prese con maggiore conoscenza da parte dell'opinione pubblica". Ma le parole di Prodi non sembrano bastare per contenere il dissenso intenro. Tanto da rischiare di coinvolgere anche la missione in Afghanistan. Secondo il ministro Alfonso Pecoraro Scanio "se i capigruppo dell'Ulivo avessero detto stop" al raddoppiamento della base Usa a Vicenza "avremmo avuto un grande aiuto. Si ricordino che il loro simbolo è un simbolo di pace, non di sottomissione". E, dunque, dice il ministro ora "spetta all'Ulivo fare una proposta. Il rifinanziamento alla missione semplicemente così com'è non lo votiamo". Intanto Rifondazione comunista (il senatore Giovanni Russo Spena: "Non finisce qui") e il suo esponente di maggior prestigio, il presidente della Camera Fausto Bertinotti, sparano a zero. Ma anche il Pdci, la sinistra Ds e i deputati veneti dell'Ulivo. Questi ultimi scateti in una critica a tutto campo alimentata dalla sensazione, spiegano, di essere stati "buggerati" dalle promesse non mantenute dell'esecutivo. Tanto che raccontano dell'incontro con Enrico Letta in cui quest'ultimo avrebbe ammesso: "Siamo stati costretti a dire sì". "Il governo ci ha detto solo bugie spiegano in una conferenza stampa sette parlamentari (Laura Fincato della Margherita, Elettra Deiana, Gino Sperandio, Tiziana Valpiana del Prc, Luana Zanella dei Verdi, Lalla Trupia dei Ds e Severino Galante del Pdci) -. Prodi, Parisi e D'Alema ci avevano spiegato che non c'era nessun impegno preso da parte del governo italiano, noi ci opporremo in tutti i modi a questo insediamento militare". Per manifestare la propria opinione hanno voluto incontrare il sottosegretario alla presidenza, Enrico Letta: "Ci ha detto testualmente riferisce Severino Galante del Pdci - che il governo è stato 'costretto' a prendere questa decisione. Noi non abbiamo indagato sulla natura di queste costrizioni, però...". "E' pronto - afferma Elettra Deiana (Prc) - un appello firmato già da 35 senatori e da tantissimi deputati. Saremmo - continua - più di 120 in tutto". Una bella patata bollente per il governo. Il primo a intervenire in mattinata è proprio Fausto Bertinotti: "Ogni atto che va nella direzione della pace, compreso l'impedire nuove forme di organizzazione militare, è una buona cosa". Parole dure alle quali Bertinotti aggiunge una nota polemica: "I termini filoamericano e antiamericano sono termini che si possono usare solo in modo caricaturale e fuorviante, e chi ne resta (Continua a pagina 28) 28 Giustizia e Libertà DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Base Usa, Prodi:"Posizione finale". Pecoraro: così salta l’afganistan (Continua da pagina 27) imprigionato manifesta subalterni- E che la questione non sia chiusa lo sottolinea anche Russo Spena: "La tà". vicenda del raddoppio della base di Ancora più esplicita la condanna di Vicenza non è finita e non finirà Gennaro Migliore: "Non c'era nes- neppure se domani il governo comsun accordo formale precedente. metterà il grave errore annunciato Non condividiamo le parole di pro- ieri". di, le quali contraddicono quanto è scritto nel programma. Il governo Ma a dissentire non è solo il Prc. deve riferire immediatamente in Anche il Pdci e la sinistra Ds si schierano contro. Pino Sgobio, caaula". pogruppo alla Camera dei comunisti, nel rilanciare l'idea del referendum, spiega che "con questa scelta si tradisce la volontà della maggioranza della popolazione vicentina". Gloria Buffo, diessina, invece si aspetta "che il mio partito dica qualcosa" www.repubblica.it 17 gennaio 2007 La diessina Trupia per protesta si sospende dal partito. I "resistenti" di Vicenza ricevuti da Letta che assicura l'impegno a "ridurre i disagi" per la popolazione E in Parlamento sulla base Usa arrivano 120 no dall'Unione di Carmelo Lopapa (www.repubblica,it, 19.01.2007) ROMA Sono già proiettati verso la batta- Le tensioni sono già proiettate sul glia d'aula di fine gennaio per osta- voto d'aula - tra poche settimane colare il rifinanziamento della mis- sui nostri soldati impiegati a Kabul. sione in Afghanistan. Ma i parlamentari della sinistra radicale hanno deciso di non gettare la spugna sulla decisione del governo di consentire l'ampliamento della base Usa di Vicenza. Hanno fatto sapere di essere 120, tra deputati e senatori. E si sono dati appuntamento martedì sera alla Camera. Si costituiranno in comitato (parallelo a quello dei "resistenti" vicentini) e chiederanno al premier Prodi di riferire in aula, ma soprattutto di fare marcia indietro. E tutto questo non fa che mantenere assai alta la temperatura dentro la maggioranza, dopo il via libera concesso dal presidente del Consiglio alle autorità Usa. La diessina Lalla Trupia si è sospesa dal partito per protesta nel bel mezzo della direzione. Il segretario del Prc Giordano ha ribadito il suo no su Vicenza e ha lanciato un nuovo messaggio a Prodi: "Penso che dobbiamo tenere aperto il confronto e tenere le condizioni per un forte elemento di discontinuità". Rispetto al governo Berlusconi, sottinteso. Anche per il leader del Pdci Oliviero Diliberto è stato "un errore molto serio aver deciso di mettere a repentaglio la sicurezza non solo degli abitanti della città ma di tutta l'Italia, perché la base Usa diventerà la più grande d'Europa". Per questo il ministro verde Pecoraro Scanio sollecita ora una "proposta pacifista". Il ministro del Prc Ferrero invita il suo governo a trovare il modo per "uscire dal mandato in Afghanistan". Il segretario del Pdci Diliberto mette in guardia dalle sirene centriste dell'Udc pronte a sostenere la missione proprio in sostituzione della sinistra radicale. In quel caso, è il messaggio, cambierebbe la maggioranza "con tutte le conseguenze che questo potrebbe avere sul governo Prodi". Ma il fronte più caldo per il momento resta Vicenza. Un primo incontro i parlamentari della sinistra Ds, di Rifondazione, dei Comunisti italiani e dei Verdi lo hanno avuto ieri mattina a Palazzo Madama, per incontrare i rappresentanti del comitato vicentino per il no alla base. Tra gli altri, il capogruppo dei Verdi-Pdci Manuela Palermi con la senatrice del gruppo Anna Donati, i deputati del Prc Paolo Cacciari, Francesco Caruso e Elettra Deiana, la diessina Lalla Trupia, il responsabile Esteri del Pdci Iacopo Venier. "Siamo 120 noi parlamentari contrari all'ampliamento della base statunitense -ha raccontato Elettra Deiana a nome del gruppo al termine dell'incontro-. Martedì formeremo questo comitato per una mobilitazione permanente e stileremo un'interrogazione parlamentare, che presenteremo nei due rami del Parlamento. Prodi deve venire in aula a darci spiegazioni sul perché si è stati così superficiali su un tema così delicato. Il governo gioca a imbrogliarci". Oggi pomeriggio è in programma il sit-in di protesta dei comitati civici vicentini davanti a Montecitorio, intenzionati a consegnare a Prodi, se non a bruciare, le schede elettorali. Alla manifestazione hanno aderito sigle di parecchie organizzazioni della sinistra antagonista. Ieri pomeriggio le porte di Palazzo Chigi si sono aperte invece a una dele(Continua a pagina 29) DOSSIER BASE USA A VICENZA 27 gennaio 2007 Giustizia e Libertà 29 Il vicepremier risponde alle proteste della sinistra radicale "La posizione del premier è la posizione dell'esecutivo" Base Usa di Vicenza, Rutelli chiude "Il governo non torna indietro" Il ministro Mussi: "Sull'ampliamento la discussione è aperta" E sulla missione in Afghanistan: "Ridiscuterne i caratteri politici" da www.repubblica.it (20.01.2007) GENOVA Sull'ampliamento della base militare americana a Vicenza "il governo ha già deciso e non torna indietro". Lo ha ribadito oggi il vicepremier Francesco Rutelli, a Genova per la consegna alla città del certificato Unesco sui palazzi dei Rolli. "Il governo ha una linea chiara e coerente su questo argomento -ha detto Rutelli- siamo un paese che prende degli impegni e li mantiene, perché siamo un paese serio. La posizione del premier è la posizione del governo". Ma per il ministro dell'Università Fabio Mussi sull'ampliamento della 12.000 americani nella base di Vicenza (Continua da pagina 28) gazione dei cittadini che vogliono il referendum contro la base Usa, ricevuti dal sottosegretario Enrico Letta. "Ci ha detto che la responsabilità di quanto è accaduto è tutta del sindaco di Vicenza - ha raccontato all'uscita Patrizia Balbo, rappresentante dei comitati -. Finché il sindaco dice sì, la base sarà ampliata. Non andiamo avanti con la mobilitazione per il referendum". Letta, dal canto suo, ha fatto saper di aver "spiegato le responsabilità che al nostro paese derivano dalla sua collocazione internazionale e dalle sue alleanze storiche". Il governo ha assicurato il suo "impegno per ridurre il disagio per la popolazione e la totale collaborazione con le istituzioni locali e i cittadini". Ma questo non implicherà in alcun modo un ripensamento del sì alla base. www.repubblica.it base Usa "la discussione è aperta" e il governo farebbe meglio a preferire il metodo del dialogo "che è sempre produttivo". Ieri l'esponente della sinistra Ds ha sottolineato che "in Veneto tutte le forze di centrosinistra manifestano una contrarietà radicale. Certo poi si dovrà decidere, ma intanto vediamo". Secondo il ministro quello di Vicenza "non è un problema di politica estera, ma è comunque un problema delicato perché comporta la trasformazione di una base già grande in una gigantesca all'interno della città di vicenza. Per cui qualche ulteriore riflessione andrebbe fatta". La riflessione di Mussi abbraccia anche il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Il ministro si dice favorevole ma aggiunge: "Occorre ridiscuterne i caratteri politici perché, come disse una volta D'Alema, non possiamo pensare di stare lì all'infinito". www.repubblica.it 20 gennaio 2007 L'Italia è il Paese che spende per le truppe Usa più di tutti nell'Ue di Toni De Marchi (www.unita.it, 21.01.2007) Per ospitare le truppe americane nel nostro Paese, l´Italia spende ogni anno centinaia di milioni di dollari, in contributi diretti o indiretti. Per l´esattezza, nel 2003 -ultimo anno per il quale ci sono le cifre ufficiali366,54 milioni di dollari che rappresentano il 41% del costo totale di mantenimento delle basi americane in Italia Una percentuale che fa di noi i più generosi alleati degli americani in Europa, dopo la Spagna. Molto più generosi degli inglesi, che sborsano solo il 27% delle spese di mantenimento delle basi. Più generosi dei tedeschi, che si limitano a pagare il 32%, la stessa percentuale che paga dalla Grecia. Il Belgio paga ancora meno, il 24%, per non parlare del quasi invisibile 3,6% dato dal Portogallo. La media del contributo degli alleati europei della Nato è del 28%, DOSSIER BASE USA A VICENZA 30 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 L'Italia è il Paese che spende per le truppe Usa più di tutti nell'Ue (Continua da pagina 29) molto, molto più basso di quello italiano. Dunque, nel rapporto con gli americani siamo i primi della classe. se è un eufemismo, perché le basi statunitensi in Italia sono basi nazionali e non basi Nato e le missioni che partono da lì sono decise a Washington e raramente condivise con il nostro Governo. Altro che antiamericani. A dirlo è il Dipartimento della difesa di Washington in un documento pubblicato ogni anno e intitolato Allied Contributions To The Common Defense. Nel volume sono puntigliosamente elencati numerosi indicatori che definiscono il contributo militare e finanziario degli alleati degli Usa alla cosiddetta «difesa comune». Basti pensare al lancio sull´Iraq di un migliaio di parà partiti da Vicenza e che segnò l´inizio dell´invasione Usa del 2003. Ma cosa c´è dentro quel 41%? Molte cose: dalla concessione a titolo gratuito di terreni ed edifici, riduzione delle spese telefoniche, esenzione dalla tassazione di beni e servizi destinati ai militari Usa, manutenzione delle basi (che forIn realtà parlare di Common Defen- malmente sono "italiane"). A tutto questo bisogna aggiungere molte facilitazioni concesse ai militari e alle loro famiglie come l´acquisto della benzina in esenzione di imposte e accise. Forse per questo gli americani lasciano la Germania (lì le truppe sono state ridotte di oltre due terzi negli ultimi due anni) e attraversano le Alpi. Toni De Marchi www.unita.it 21.01.2007 Chiamatela “Fort Asby di Alessandro Ribecchi Il Manifesto (21.01.2007) Ora che Vicenza confina con gli Stati Uniti per una questione urbanistica, proporrei di passare alle questioni serie. A chi intitoliamo la nuova base dell'aeroporto Dal Molin ? va base. Il capitano Ashby non fu processato da un tribunale italiano (né belga, olandese, ecc. ecc.), ma dai suoi superiori, nel North Carolina. Io un nome ce l'ho, potrebbe chiamarsi Fort Richard J. Ashby, portare cioè il nome di un cittadiI rottami della cabina della no statunitense che si è funivia del Cermis; nel disastro distinto in Italia, un buon morirono 20 persone modo di avvicinare due Una specie popoli. di autovelox dei berretti verdi: non si via fu tranciato a 110 meNaturalmente sapete tutti può volare sotto i 600 me- tri. chi è Ashby. tri, lui diceva di volare a Il 3 febbraio del 1998 gui- 300, ma il cavo della funi- Disse che l'altimetro non dava un caccia Grumman funzionava e EA-6B Prowler di profu assolto. prietà del corpo dei MariPrese sei menes in Val di Fiemme insi di detensieme al suo navigatore zione per aJoseph Schweitzer. ver distrutto il film del Urtò contro i cavi della volo (occulta funivia del Cermis e ammento di promazzò 20 europei che anve) e uscì dodavano a sciare, realizzanpo quattro do quello che nel bowling mesi e mezzo si chiama strike: tre italiaper buona ni, un olandese, due pocondotta. lacchi, cinque belgi, due austriaci e sette tedeschi. capitano Il capitano dei marines Richard Il Ashby ci forUn significativo contribu- J. Ashby. Il 3 febbraio 1988, con nisce dunque to del capitano Ashby al- il suo Grumman EA-6B Prowler anche un l'unità europea, motivo di tranciòo i cavi della funivia, concreto epiù per dedicargli la nuoa 110mt di altezza. sempio della liberalità della nostra giustizia, la presenza di militari americani sul suolo nazionale prevede una distinzione dei ruoli: noi mettiamo le vittime e loro mettono l'assassino e i giudici, mi pare equo. Intitolare la nuova base americana al capitano Ashby avrebbe anche il significato di farne un eroe dell'economia locale, grazie ai sei-settecento posti di lavoro che si creerebbero (meno di una buona fabbrica di scaldabagni). Inoltre, quando lui operava nei nostri cieli il presidente americano era Clinton, cosa importante, così al «Corriere della sera» non si rabbuiano dicendo che confondiamo l'America con Bush. Ashby fu arrestato in seguito per una rissa a Las Vegas, e questo conferisce alla sua figura un tocco in più di umanità che, certo, aiuterà noi tutti a guardare con più simpatia agli Stati Uniti d'America. Alessandro Robecchi Il Manifesto 21/01/2007 27 gennaio 2007 DOSSIER BASE USA A VICENZA Giustizia e Libertà 31 VICENZA LE POLEMICHE SULL'AMPLIAMENTO DELLA CASERMA USA TRADITI DALLA BASE Profondo sconcerto tra i cattolici che si riconoscono nel Centrosinistra per la decisione presa dal Governo. Ma non tutti sono d'accordo: «Così si salvano posti di lavoro». di Alberto Laggia (Famiglia Cristiana, 27.01.2007) «Evitiamo subito i fraintendimenti: qui non c’è ombra di antiamericanismo.I vicentini di una certa età raccontano ai figli e ai nipoti che sono stati gli Stati Uniti, alla fine della guerra, a salvarli quando, da queste parti, c’era la fame nera», precisa Antonio Pigatto, capo scout Agesci del gruppo "Vicenza Berica". Quelli che non vogliono il raddoppio della base americana o che hanno ancora molti dubbi non lo fanno per partito (anti-Usa) preso, o perché Yankee go home (Americani a casa!) è bello. Piuttosto, la delusione e il senso di "tradimento" sembrano avere un’altra origine: Roma e il governo di Centrosinistra, oltreché i silenzi dell’amministrazione comunale che è, invece, di Centrodestra. Il presidente del Consiglio Romano Prodi la settimana scorsa ha detto che la base Usa s’ha da fare. Gli impegni con gli alleati si devono mantenere, hanno spiegato subito dopo Rutelli e Fassino a Roma. A Roma, appunto. Manifestazione degli studenti vicentini nei giorni scorsi contro l'allargamento della caserma Ederle, dove ha sede la base americana . L’invito a partecipare al dibattito Ma qui, all’ombra del Monte Berico, che ne pensano le comunità cristiane e l’associazionismo cattolico che, ben prima dell’assenso governativo all’operazione Dal Molin, avevano iniziato a interrogarsi sulla questione, a partire da un documento della Pastorale sociale e del lavoro diocesana che invitava in settembre le comunità cristiane «a partecipare al dibattito in atto»? Molti gruppi non ci stanno, e più d’uno si mobilita. Lo hanno fatto l’Agesci, Pax Christi e il gruppo "Famiglie per la pace" che ha invitato, con una lettera aperta, tutti i credenti «al discernimento e a una presa di posizione» ferma e decisa contro la base ameri- cana. «Quando siamo andati a Roma a parlare al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, la sensazione è stata che princìpi e valori avessero ben poco spazio nella discussione», esordisce Giancarlo Albera, coordinatore dei comitati per il "No alla Dal Molin", e promotore del referendum cittadino, nonché membro del Consiglio pastorale della parrocchia del Cuore Immacolato. Da sempre contrario alla dislocazione della base in quell’area per motivi di impatto ambientale, allarga la questione: «Siamo per gettar ponti, e invece ci alzano nuovi muri. Vicenza è già piena di aree militari e caserme, e con questo nuovo insediamento diventerebbe un trampolino di lancio per operazioni unilaterali verso il Medio Oriente o l’Africa». Dello stesso avviso è un documento delle Acli provinciali, che puntano il dito anche contro il sindaco Enrico Hullweck (Forza Italia) che avrebbe gestito la questione senza trasparenza, né coinvolgimento alcuno della cittadinanza. «Chiediamo alla nostra Chiesa locale, diocesi e parrocchie, di non restar fuori, di non starsene in silenzio, di riaffermare il Vangelo, e di farlo senza sconti», afferma dal canto suo don Fabrizio Cappellari, parroco di Quinto Vicentino, altra zona che sarebbe coinvolta dall’allargamento della presenza americana. Non tutte le voci cattoliche sono, però, unanimemente contrarie al raddoppio della base. A schierarsi per il progetto di allargamento è un gruppo di lavoratori credenti occupati all’interno della Caserma Usa Ederle (744 dipendenti italiani della caserma, a rischio di licenziamento nel caso il Governo non avesse dato il via libera al progetto di raddoppio). «Contesto la rozza semplificazione che vuole buoni cristiani solo coloro che sono contrari alla Dal Molin», dichiara Sara Peruffo, delegata sindacale nella Ederle, mamma di due bimbi, con trascorsi nello scoutismo: «Certo, una cattolica come me, che crede nel valore della pace, vive lacerata questa situazione. Ma ricordo che dalle basi vicentine sono partite anche spedizioni di pace in difesa del popolo curdo e per bloccare il genocidio in Kosovo. Noi siamo contrari alla chiusura della Ederle, in nome del diritto al lavoro, non fanatici sostenitori del raddoppio della base». La difesa del posto di lavoro La Cisl vicentina, che si è espressa a favore dell’ampliamento della base Usa in difesa del posto di lavoro dei dipendenti della Ederle, da mesi propone un tavolo comune assieme ai comitati del "No" per affrontare i temi più delicati, come quello dell’impatto ambientale della nuova base. «Capisco il senso di frustrazione e di tradimento di molti vicentini. Da una parte il Governo Berlusconi, che aveva assunto l’impegno con gli americani, e il sindaco Hullweck hanno trattato la questione della base come si trattasse di spostare un mobile in cucina; dall’altra, i leader del Centrosinistra di passaggio da queste parti giuravano che mai si sarebbe fatta. Insomma, le taniche di benzina per gli incendiari di turno sono già tutte pronte», commenta amaramente Franca Porto, segretario della Cisl vicentina. Fra i "traditi" si sente Giuseppe Doppio, ex senatore Dc, coordinatore provinciale della Margherita, il cui direttivo si è autosospeso per i due terzi in segno di protesta contro i vertici del partito. «Siamo amareggiati», afferma Doppio, «perché ci sentiamo abbandonati dal Governo». E in un documento si censurano la decisione di Prodi e il comportamento del ministro Parisi, cui si addebita la colpa di non aver informato degli impegni presi con gli americani. Vicenza come la Val di Susa ? (Continua a pagina 32) DOSSIER BASE USA A VICENZA 32 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 Centrosinistra, gelo anche per Cameri di Alberto Chiara (www.stpauls.it/fc/0704fc/0704fc26.htm) Accanto a Vicenza, ecco Novara. Il progetto di costruire in Piemonte il caccia multiruolo F-35 ha gelato i rapporti nel Centrosinistra, nonché tra l’Unione e i suoi elettori più attenti ai valori del disarmo e della non violenza. Per il 18 gennaio era stato annunciato, a Cameri, poco fuori Novara, l’arrivo di Prodi, al quale Finmeccanica voleva presentare il Bell/Agusta BA609, un velivolo che somma le caratteristiche dell’elicottero a quelle dell’aereo. La manifestazione è stata annullata. Partecipando al sit-in di protesta, che si è comunque svolto, alcuni esponenti politici locali -Marina Fiore, Roberto Bramante e Claudio Ardizio (Comunisti italiani); Ilaria Sorrentino (Rifondazione)- hanno ribadito la contrarietà al progetto che vuole trasformare la base aeronautica in sede per l’assemblaggio dei cacciabombardieri: «Si finanzino piuttosto le attività di riconversione dell’industria bellica». Il 17 gennaio, intanto, alla Commissione difesa della Camera, il sottosegretario alla Difesa Giovanni Lorenzo Forcieri ha dato ulteriori notizie sul velivolo Joint strike fighter (Jsf), meglio noto come F35. «Il Jsf», ha detto, «è di imprescindibile e strategica importanza. Solo avendolo in dotazione si potrà pensare di operare in futuro, efficacemente e in sicurezza, in seno a coalizioni internazionali Onu, Ue o Nato». L’F-35 non sostituisce il cosiddetto caccia europeo (Eurofighter 2000), ma l’affianca: «Mentre l’Ef 2000 costituisce e costituirà la spina dorsale della difesa aerea nazio- nale, la componente aerotattica di proiezione (cioè d’attacco, ndr.) sarà costituita dal Jsf». L’Italia, ha detto Forcieri, è con l’Olanda partner di secondo livello. Di primo livello sono gli Usa e il Regno Unito; di terzo, Turchia, Canada, Australia, Norvegia, Danimarca. «Israele e Singapore hanno invece firmato bilateralmente un accordo di Security cooperation partecipation con gli Stati Uniti». Per acquisire oltre cento esemplari del cacciabombardiere americano della Lockheed, l’Italia prevede una spesa complessiva, tra il 2007 e il 2046, di 903,2 milioni di dollari, 158,2 dei quali entro il 2011. Positivi, a detta del Governo, i ritorni economici per la nostra industria. ♦ Il vescovo: «Siamo stati lasciati soli» di A.L. (Famiglia Cristiana, 27.01.2007) «Siamo stati lasciati soli. La questione della nuova base americana, nei mesi scorsi, non è certamente stata gestita nel migliore dei modi, soprattutto riguardo alla trasparenza, alla comunicazione, e al coinvolgimento della popolazione». È questo il giudizio sul "caso Dal Molin" di monsignor Cesare Nosiglia, vescovo di Vicenza. Monsignor Nosiglia, che cosa può insegnare questa vicenda ? «Può servire da esempio, perché non si ripetano più gli stessi errori e si trovino modi e vie nuove nell’affrontare casi simili. Non si può non considerare seriamente, TRADITI DALLA BASE Continua da pag 32 Con la complicazione del terzo incomodo: quattro battaglioni e il comando della brigata paracadutisti americani in arrivo. Alberto Laggia Famiglia Cristiana 27.01.2007 per esempio, la nuova sensibilità comune in tema di pace. Infine, bisogna tener presente il contesto internazionale in cui è inserita questa storia: le tensioni con il Medio Oriente, un orizzonte carico di paure e di poca speranza, in cui tutto si complica e si esaspera. Non lo dico solo per Vicenza, ma per tutto il Paese». «Ho ricevuto i rappresentanti delle due parti e ho riscontrato che esprimevano entrambi problemi ed esigenze reali, non ideologiche. Capisco che questa mia possa sembrare una non-scelta. Ma penso che il vescovo debba ascoltare e far dialogare tutti. I comitati del "Sì" e del "No" sono realtà che nascono dalla base, sono cittadini che vogliono avere E adesso che il Governo ha deci- una voce. E, poi, questa mia linea sottintende il principio dell’autoso, che cosa si deve fare ? «Guardare avanti con realismo e nomia del laico». speranza. Nel gestire questa scelta ci sia corresponsabilità da par- Teme una strumentalizzazione del te del Governo centrale, come confronto e un aumento delle tendelle istituzioni locali e di tutte le sioni causato da frange estremisticomponenti cittadine. Si deve che? trovare finalmente uno spirito «È da mettere in bilancio anche di unità e di pacificazione per questo, essendo noi diventati un affrontare i delicati problemi caso nazionale. Invito, perciò, i che comporterà l’arrivo del credenti vicentini a non lasciarsi strumentalizzare da gruppi e nuovo insediamento militare». movimenti ideologicizzati estraLei ha scelto una linea di mediazio- nei a Vicenza e alla sua tradizione, di equilibrio tra chi, tra i cattoli- ne di città pacifica, tollerante e ci vicentini, era favorevole all’ope- solidale». razione e chi era contrario. Perché ? ♦ 27 gennaio 2007 ESTERI Giustizia e Libertà 33 Messaggio Finale di Hrant Dink da il Manifesto Questo è l'ultimo articolo scritto dal direttore del settimanale turco-armeno Agos. E' stato pubblicato ieri, giorno in cui Hrant Dink è stato assassinato. All'inizio il processo aperto contro di me dal procuratore capo di Sisli non mi aveva preoccupato. Non era il primo. Sono sotto processo a Urfa, dal 2002 per aver detto di non essere turco, ma armeno di Turchia. Mi hanno accusato di aver offeso l'identità turca. Quandosono andato a testimoniare a Sisli l'ho fatto senza troppa preoccupazione. Perché ero sicuro che ciò che avevo scritto non poteva essere male interpretato. Il procuratore, ho pensato, non crederà che io abbia voluto offendere l'identità turca. Sono stato rinviato a giudizio. Non ho perso la speranza. A chi mi accusava di aver insultato il popolo turco, ho detto che non avrebbe potuto gioire: non mi avrebbero condannato. Se fossi stato condannato avrei lasciato il paese. Gli esperti chiamati a giudicare i miei scritti hanno detto che non c'erano in essi elementi di offesa. Ero tranquillo: il torto sarebbe stato riparato, tutto sarebbe finito in una bolla di sapone. Ma così non è stato. Mi hanno condannato a sei mesi di carcere. La speranza che mi aveva accompagnato e sostenuto durante tutto il processo è crollata. Ma mi ha anche dato nuova forza. Prima della sentenza, al termine di ogni udienza venivano date in pasto con loro. all'opinione pubblica noti- E' chiaro che le forze prozie false su di me. fonde che operano in queDicevano che avevo di- sto paese vogliono darmi chiarato che il sangue dei una lezione. turchi è avvelenato, mi Così per aver detto alla dipingevano c o m e stampa queste cose è stato nemico dei turchi. aperto contro di me un Queste cattiverie hanno nuovo procedimento pecominciato a fare breccia nale. nel cuore di tanti miei Mi hanno accusato di aver connazionali. cercato di influenzare la Alle udienze adesso veni- corte d'appello. vo aggredito dai naziona- Mi vogliono isolare, far listi, si inscenavano vio- diventare un facile obiettilente manifestazioni nei vo. miei confronti. Mi processano perché, Ho cominciato a ricevere imputato, cerco di difentelefonate e dermi. mail di miDevo confesnaccia, a sare che ho centinaia. perso la mia Ma io contifiducia nello nuavo a dire, stato turco e pazienza, la nella giustidecisione zia di questo finale rendepaese. rà giustizia La magistradi tutto ciò e tura non è saranno loro indipendente, a vergognarnon difende i si. diritti del L'unica mia cittadino ma arma era la Il giornalista quelli dello mia onestà. scrittore armeno stato. Ma mi han- Hrant Dink, diretLa condanna no condan- tore da 11 anni della che mi è stanato. comminata rivista bilingue (tur- ta Il giudice non è stata aveva deciso co-armeno) “Agos”. pronunciata in nome del in nome del popolo turco che avevo popolo turco, ma in nome offeso l'identità turca. dello stato turco. Posso tollerare tutto, ma Abbiamo fatto ricorso. non questo. Il capo procuratore del Mi trovavo a un bivio: processo di appello ha lasciare il paese oppure detto che non c'erano gli restare. estremi per confermare la Alla stampa ho detto che condanna. mi sarei consultato con i Ma il consiglio superiore miei avvocati, che avrei ha deciso in maniera difatto ricorso in appelo e versa. anche alla Cor te europea E anche in appello mi per i diritti umani. hanno condannato. Ho detto anche che se la E' chiaro che mi vogliono condanna fosse stata con- isolare, indebolire, lasciafermata avrei lasciato il re privo di difese. paese perché u n a Hanno ottenuto quello che persona condannata per volevano. aver discriminato suoi Oggi sono in tanti a penconnazionali non ha dirit- sare che Hrant Dink sia to di continuare a vivere uno che insulta i turchi. Ogni giorno mi arrivano sull'email e per posta centinaia di lettere di odio e minacce. Quanto sono reali queste minacce ? Non si può sapere. La vera e insopportabile minaccia, però, è la tortura psicologica cui mi sottopongo. Mi tormenta pensare che cosa la gente pensa di me. Ora sono molto conosciuto: «Guarda, non è l'armeno nemico dei turchi ?» Sono come un colombo che si guarda sempre intorno, incuriosito e impaurito. Che cosa diceva il ministro degli esteri Gul ? E il ministro Cicek ? «Suvvia, non esagerate con questo articolo 301. Quanta gente è finita in prigione ?» Ma pagare è solo entrare in carcere ? Signori ministri, sapete che cosa vuol dire imprigionare il corpo e la mente di un uomo nella paura di un colombo ? In questo momento, così difficile anche per la mia famiglia, mi sento sospeso tra la morte e la vita. Ci sono giorni in cui penso di lasciare il mio paese, specie quando le minacce sono rivolte ai miei cari. Mi dicono che mi seguiranno se deciderò di andare, resteranno se deciderò di restare. Posso resistere, ma non posso mettere i miei cari a rischio. Ma se andiamo, dove andremo ? In Armenia ? Io che non tollero le ingiustizie, sarei forse più sicuro lì ? L'Europa non fa per me. Tre giorni in occidente e il quarto voglio tornare a casa. Lasciare un inferno che (Continua a pagina 34) ESTERI 34 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 Messaggio finale di Hrant Dink (Continua da pagina 33) brucia per un paradiso già confezionato ? Dobbiamo cercare di trasformare l'inferno in paradiso. Spero che non saremo mai costretti ad andarcene. Farò ricorso alla Corte di Strasburgo. Quanto durerà questo processo non lo so. Ma mi conforta un po' il fatto che fino al termine del processo potrò continuare a vivere in Turchia. Il 2007 sarà un anno molto difficile. Vecchi processi continueranno, nuovi processi si apriranno. Chissà quali ingiustizie mi troverò davanti. I colombi vivono fra gli uomini. Impauriti, come me, ma Ma nel mio cuore im- come me liberi. paurito di colombo so che la gente di questo Hrant Dink paese non mi toccherà. Perché qui non si fa ma- da Il Manifesto __._,_.___ le ai colombi. Turchia, ha 17 anni l'assassino di Dink dal WEB Avrebbe confessato il suo crimine il ragazzo 17enne arrestato in Turchia e autore -secondo la poliziadell'assassinio del giornalista turco di origine armena Hrant Dink. Il ragazzo, individuato dagli inquirenti grazie a una segnalazione di suo padre, è stato identificato come Ogun Samast, originario di Trebisonda. Il sospetto avrebbe ammesso di aver compiuto il crimine nel corso dell'interrogatorio preliminare a cui è stato sottoposto prima di essere trasferito a Istanbul, secondo l'agenzia turca che cita il procuratore generale di Samsun, Ahmet Gokcinar. Ogun Samast era stato fermato sabato sera su un autobus a Samsun, probabilmente mentre cercava di tornare verso casa da Istanbul. Un arresto «nel nome della democrazia e della lotta per le libertà», ha commentato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, aggiungendo che la polizia indaga su dei possibili legami tra l'assassino di Dink e il ragazzo che ha ucciso il prete italiano Andrea Santoro, a Trebisonda a febIl “presunto” assas- braio scorso. sinio di Hrant Dink. Diverse migliaia di persone si sono raccolte venerdì sera per denunciare l'oquattro delle quali trasfe- micidio del giornalista al grido di «Siamo tutti arrite a Istanbul oggi. meni, siamo tutti Tra queste ci sarebbe an- Hrant». che un amico di Samast, Yasin Hayal, che ha tra- Nelle ultime ore sono auscorso 11 mesi in prigione mentate, intanto, le poleper un attentato contro un miche sull'omicidio. McDonald a Trebisonda, nel quale rimasero ferite La strada dove Dink è stasei persone. Secondo il to ucciso venerdì a Istanquotidiano "Milliyet", bul, la Halasgargazi CadSamast ha dichiarato alla desi, è una delle arterie Si tratta di un disoccupato polizia che proprio Hayal con più traffico e negozi vicino ai gruppi nazionali- lo ha incoraggiato a uccisti e aveva ancora con sè dere Hrant Dink e gli avrebbe dato l'arma usata l'arma del delitto. per il crimine. Il padre ha rivelato la sua identità dopo che i media Dink è stato ucciso davanhanno diffuso le immagini ti ai locali della rivista riprese dalle videocamere bilingue, turco-armena di sicurezza dei negozi, "Agos", di cui era il diretche mostravano il giovane tore, nel quartiere di Sisli, uomo sulla strada del cen- in pieno centro di Istantro di Istanbul, dove Dink, bul. Il sospetto si è recato 52 anni, è stato freddato venerdì negli uffici di Acon tre colpi di pistola, gos circa tre ore prima che lo hanno raggiunto dell'omicidio. alla testa e alla gola. Diceva di essere uno stuAltre sei persone, sospet- dente dell'Università di tate di essere coinvolte Ankara e ha chiesto di nell'omicidio, sono state incontrare Dink, ma il colarrestate a Trebisonda, loquio gli è stato negato. della città. Che l'assassino sia riuscito a dileguarsi senza che nessuno abbia visto nulla è praticamente impossibile. Ci sono poi le minacce, che Dink riceveva da mesi e che fanno apparire questo delitto la cronaca di una morte annunciata. Dink era sotto processo a causa dell'articolo 301 del codice penale per aver parlato del genocidio armeno del 1915 ed era stato più volte perseguito dalla giustizia turca per reati d'opinione: sosteneva apertamente la necessità che il paese riconosca la realtà del genocidio effettuato contro il popolo armeno. I funerali di Hrant Dink si terranno martedì pomeriggio a Kumkapi, quartiere storico degli armeni di Istanbul. La Comunità Europea si è detta più che indignata per l'accaduto e forse, sarebbe ora che intervenisse direttamente per metter fine a certe leggi che limitano la libertà di pensiero ed espressione, in nome della serenità nazionale e della diffusione della letteratura. ♦ 27 gennaio 2007 ESTERI Giustizia e Libertà 35 . . . dalla Stampa Estera notiziario al 19.01.2007 di CaLmBiG Gli scandali annegano Israele Lontano sono i tempi in cui i dirigenti israeliani come i fondatori dello Stato, David Ben Gurion, Golda Meir o Menahem Beguin vivevano nell'austerità. Erano tempi - scrive El Pais - dove non esisteva la parola intrisa oggi in tutti i settori di Israele: corruzione. Yaron Zlica, del Ministero delle Finanze, ha dichiarato: "Prima ci sentivamo offesi quando paragonavano Israele con le repubbliche sudamericane. Oggi in Sudamerica devono sentirsi molto offesi per questo paragone". Zlica è rimasto sorpreso nell'apprendere che Israele è "solo" al 34 posto, su 163 paesi, nella classifica mondiale sulla corruzione e trasparenza del 2006. Negli ultimi giorni c'è stata una valanga di scandali: la possibile indagine contro il primo ministro; accuse di corruzione e truffa contro i massimi responsabili del Fisco in connivenza col capo dell'ufficio di Ehud Olmert; calciatori detenuti con l'accusa di aver falsato partite per conto di bande criminali.... Il presidente israeliano Ezer Weizman si dimise nel 2000 dopo essere stato indagato per aver ricevuto un milione di dollari da un impresario. Il suo successore, il grigio Moshé Katsav, prometteva tranquilli anni di mandato fino a quando alcuni mesi fa non venne fuori il suo caso: violenza ed abuso sessuale di varie segretarie. Tra alcuni mesi si deciderà se deve comparire in tribunale. Il primo ministro Ehud Barak (1999-2001) fu esonerato dopo le indagini che lo vedevano coinvolto per finanziamento illegale della sua campagna elettorale. Il suo predecessore, Benjamín Netanyahu (19961999) intascò diverse somme di denaro da un leader ultraortodosso accusato di corruzione affinché nominasse come pubblico ministero generale un amico che potesse aiutarlo. Ariel Sharon (2001-2006) è considerato per molti come il capitano della corruzione. Ora tocca a Olmert, famoso per la sua passione per i sigari cari e lussuosi ristoranti. Tra i vari casi in cui è implicato, spicca un supposto abuso di potere nella privatizzazione della Banca Nazionale quando era Ministro delle Finanze. David, un studente di Diritto, dice che Israele è già un paese "normale", in riferimento a quanto enunciato da Ben Gurion negli anni cinquanta: "Israele sarà un paese normale solo quando avrà i propri ladri e le proprie prostitute". E ride leggendo la barzelletta di un caricaturista locale in cui Olmert è riunito col presidente egiziano Hosni Mubarak. Sul tavolo diari che informano della corruzione. Olmert dice: "Abbiamo deciso di liberare migliaia di detenuti palestinesi (...) Abbiamo urgentemente bisogno di quelle celle." http://www.elpais.com/articulo/internacional/escandalos/anegan/Israel/elpepuint/20070115elpepiint_9/Tes Le dimissioni del capo dello Stato Maggiore indeboliscono il governo israeliano Il capo di Stato Maggiore israeliano, il generale Dan Halutz, ha presentato martedì le sue dimissioni. Questa partenza che, si aggiunge all'apertura di un'inchiesta giudiziaria nei confronti del primo ministro Ehud Olmert, indebolisce seriamente il governo israeliano già in caduta libera nell'opinione pubblica secondo i sondaggi. Il generale Halutz è il più alto responsabile a lasciare le sue funzioni in seguito al fallimento della guerra in Libano. Ma non è il solo ad essere considerato come responsabile dei rovesci subìti durante il conflitto che ha opposto Israele a Hezbollah dal 12 luglio al 14 agosto. La maggioranza degli israeliani, così come i partiti di opposizione, pensano che anche Ehud Olmert e il ministro della difesa Amir Peretz dovrebbero dimettersi. La situazione di Olmert è molto fragile da quando il Procuratore di Stato ha ordinato martedì l'apertura di un'inchiesta nei suoi confronti per lo scandalo finanziario legato alla privatizzazione della banca Leumi, la seconda del paese. http://www.liberation.fr/actualite/monde/229106.FR.php Olmert accerchiato Tutto cospira contro la ripresa del processo di pace israelo-palestinese preteso dal Segretario di Stato americano Condoleeza Rice. Da un lato il capo di Stato Maggiore, il generale Dan Halutz, che ha presentato le sue dimissioni martedì come conseguenza delle critiche per la sfortunata conduzione della guerra del Libano; e dall'altro il pubblico ministero Eran Shendar che ha ordinato l'apertura di un'inchiesta giudiziaria contro il primo ministro Ehud Olmert, a causa della privatizzazione della banca Leumi in cui avrebbe favorito una delle parti interessate. Non si era mai verificato che un capo di Stato Maggiore israeliano si dimettesse, e la sua uscita di scena punta tutti i riflettori sul laburista e Ministro della Difesa Amir Peretz -largamente considerato come inefficace- e, per estensione, sul suo capo Olmert. Nella guerra del Libano l'esercito israeliano in 34 giorni di contesa non è riuscito in nessuno dei suoi obiettivi: non ha ottenuto la liberazione dei due soldati, né ha ristabilito il controllo nel sud del paese. Il viaggio di Condoleeza Rice aveva l'obiettivo di promuovere un nuovo incontro tra Abbas e Olmert, ma le dimissioni di Halutz fanno passare in secondo piano qualunque progetto di pace. In Medio Oriente ci sono due tempi o velocità parallele: la diplomazia che ha bisogno di infinite visite dei grandi della terra per convincere gli attori sul terreno quantomeno a parlarsi, e il disastro quotidiano che rende inutile i risultati minimi ottenuti nella precedente fase. Olmert è una carta debilitata nell'interminabile gioco del Medio Oriente. E tutto ciò prova una sola cosa: che per Israele il processo di pace non ha nessuna urgenza. http://www.elpais.com/articulo/opinion/ Olmert/acorralado/elpepuint/20070118elpepiopi_3/Tes (Continua a pagina 36) 36 Giustizia e Libertà ESTERI 27 gennaio 2007 . . . dalla Stampa Estera 19.01.2007 (Continua da pagina 35) Accordi segreti tra Israele e Siria ? Secondo un documento ottenuto da Ha'aretz, durante una serie di incontri segreti avvenuti tra il settembre del 2004 e il luglio del 2006, Israele e Siria sono giunti a un accordo di pace. Tra i punti concordati ci sarebbero il ritiro israeliano dal Golan, la creazione di una zona cuscinetto e la presa di distanza di Damasco da Hezbollah, Hamas e Iran. Il primo ministro non ha commentato ufficialmente la notizia, ma Radio Israele ha riportato una dichiarazione che smentisce i contatti con la Siria. http://www.haaretz.com/hasen/spages/813817.html In aumento le vittime civili in Iraq Quasi 35.000 civili sono stati uccisi durante lo scorso anno in Iraq, mentre i feriti ammontao a 36.685. Lo hanno reso noto martedì le Nazioni Unite, precisando che le cifre sono in sensibile aumento rispetto ai numeri riportati in un primo momento dal governo iracheno, che aveva stimato in 12.000 le vittime nel corso del 2006. http://www.haaretz.com/hasen/spages/814135.html Gli Stati Uniti vogliono disarticolare l'aiuto dell'Iran agli insorti iracheni La Casa Bianca ha affermato ieri che prenderà maggiori misure per disarticolare le linee di appoggio che i gruppi di insorti che agiscono in Iraq ricevono dall'Iran. Sia il vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, che il consigliere della Sicurezza Nazionale, Stephen Hadley, hanno difeso l'arresto dei cinque nel consolato iraniano a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. Hadley, in un'intervista al canale televisivo ABC, ha dichiarato che gli Stati Uniti intendono portare a termine altre azioni di quel tipo. "Dobbiamo rispondere a quello che l'Iran sta facendo dentro l'Iraq" ha detto. Le forze armate degli Stati Uniti hanno affermato che i cinque iraniani sono legati al gruppo "Qods" (Gerusalemme in arabo) che fa capo ai Guardiani della Rivoluzione, una fazione che elargisce "denaro, armi e aiuto per la fabbricazione di esplosivi ai gruppi estremisti". Hadley non ha chiarito se gli Stati Uniti hanno l'autorità per realizzare operazioni in Iran. La stessa linea dura è stata adottata dal vicepresidente Dick Cheney, che in un'intervista a Fox News ha dichiarato che "l'Iran è un problema....non vogliamo che continui nella destabilizzazione dell'Iraq". L'Iran sostiene che i cinque realizzavano solo funzioni consolari ed esige la loro immediata liberazione, oltre al pagamento di un'indennità per i danni che le truppe Usa hanno causato nell'edificio. http://www.prensa.com/hoy/mundo/860838.html Il Senato accusa Bush per la sua politica che limita il rifugio agli iracheni I legislatori del senato hanno duramente criticato martedì l'amministrazione Bush per non essere stato in grado di offrire rifugio negli Stati Uniti agli iracheni che abbandonano le proprie case a causa della violenza. Secondo una stima delle Nazioni Unite, due milioni di Iracheni hanno abbandonato il paese e 1.7 milioni si sono spostati all'interno del paese. Di questi 500.000 si sono spostati da febbraio, mentre sono tra i 40.000 e i 50.000 coloro che abbandonano le loro case ogni mese. Fra loro ci sono gli iracheni che sono stati oggetto di minaccia o sono stati attaccati perchè collaboravano con le truppe americane o erano alle dipendenze di società americane. In una testimonianza di fronte al Comitato Senato, Ellen Sauerbrey ha ammisso che soltanto 466 Iracheni sono stati ammessi come rifugiati dall'inizio dell'invasione americana dell'Iraq nel 2003. http://www.nytimes.com/2007/01/17/washington/17refugees.html?_r=1&oref=slogin L'Iraq si avvicina all'Iran Il governo iracheno sta stabilendo relazioni sempre più solide con l'Iran, proprio mentre gli Stati Uniti alzano i toni contro Teheran e si preparano a rafforzarsi militarmente per contrastare la sua influenza in Iraq. Dopo il raid statunitense della settimana scorsa in un ufficio iraniano a Erbil, in Iraq, il ministro degli esteri iracheno ha annunciato che il governo si prepara a riconoscere questi uffici di rappresentanza come consolati. L'esercito statunitense detiene tuttora i cinque cittadini iraniani accusati di appartenere ai servizi segreti. http://www.latimes.com/news/nationworld/world/ la-fg-iranians16jan16,0,2678083.story?coll=lahome-headlines Afghanistan: aumentano gli attacchi dei ribelli In Afghanistan, gli attacchi dei terroristi islamici contro le forze statunitensi e le truppe Nato si sarebbero triplicati negli ultimi tre mesi. Lo afferma l'intelligence americana aggiungendo che la maggior parte dei terroristi presenti nel paese sconfinerebbero dal vicino Pakistan. Intanto ieri il ministro della difesa degli Stati Uniti Robert Gates è arrivato a Kabul per il suo primo incontro ufficiale con il presidente afgano Hamid Karzai. http://www.nytimes.com/2007/01/17/world/asia/17gates.html Cina e Russia bloccano una risoluzione che imponeva alla Birmania progressi democratici Cina e Russia hanno bloccato una risoluzione presentata dagli Stati Uniti che chiedeva al Governo della Birmania la liberazione di tutti i detenuti politici senza condizioni e avanzamenti tangibili verso la democratizzazione del paese. Anche Sudafrica ha votato contro, mentre tre paesi, Indonesia, Congo e Qatar, si sono astenuti. Cina e Russia hanno fatto notare che la situazione della Birmania è una questione interna e non rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza mondiale. "Se consideriamo questo caso -ha affermato l'ambasciatore cinese- anche la situazione (Continua a pagina 37) 27 gennaio 2007 ESTERI Giustizia e Libertà 37 . . . dalla Stampa Estera 19.01.2007 (Continua da pagina 36) interna degli altri 191 paesi dovrebbe essere considerata dal Consiglio di Sicurezza". La Russia, pur riconoscendo che il paese soffre di "alcuni problemi", ha precisato che esistono organismi nell'ONU come l'Assemblea Generale, il Consiglio dei Diritti Umani, l'Organizzazione Mondiale della Salute, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro che stanno per affrontare queste questioni. L'ambasciatore russo ha inoltre affermato che l'usurpazione del Consiglio di Sicurezza delle funzioni di questi organismi dell'ONU è "controproducente" ed è "inaccettabile" che si usi il Consiglio di Sicurezza per trattare questioni che vanno oltre il suo mandato. L'ambasciatore della Birmania ha ringraziato Cina e Russia per il veto esercitato. "Se si fosse approvata la risoluzione si sarebbe creato un precedente pericoloso, poiché il suo contenuto eccede il mandato che la Carta dell'ONU concede al Consiglio di Sicurezza". http://www.elmundo.es/elmundo/2007/01/12/ internacional/1168642693.html Chavez vuole nazionalizzare tutto il settore energetico Il presidente socialista del Venezuela ha confermato che il suo piano di nazionalizzazioni non si limiterà solo all'elettricità, ma è tutto il settore energetico che Chavez intende nazionalizzare entro il 2007. Chavez vuole prendere il controllo, con una partecipazione maggioritaria, dei contratti di sfruttamento stipulati in passato con alcune multinazionali straniere che operano nella cintura dell'Orénoque dove si trovano le più grandi riserve di idrocarburi. Ad operare in questa regione sono i gruppi petroliferi americani ExxonMobil, Chevron e Conoco, la francese Total e la norvegese Statoil. "A coloro che vogliono restare nostri partner lasciamo questa possibilità aperta, coloro che non vogliono restare come soci minoritari che lascino il campo libero" ed ha chiuso la sua frase con un "Good bye" ironico. 840.html Due morti britanniche in meno di 48 ore Un altro soldato britannico è stato ucciso oggi e molti altri sono rimasti seriamente feriti in scontri con i Talebani in Afghanistan meridionale. I soldati di elite erano impegnati in un'operazione contro una base di insorti a Helmand, quando sono stati attaccati da dozzine di combattenti. La morte del soldato avviene meno di 48 ore dopo che altri due soldati britannici sono stati uccisi in Iraq e Afghanistan e segna un inizio insanguinato del 2007. http://www.timesonline.co.uk/article/0,,3-2548601,00.html Il parlamento somalo vota per la espulsione del portavoce dissidente I deputati somali hanno destituito il presidente del parlamento, Sharif Hassan Sheikh Aden, considerato favorevole al dialogo con l'Unione delle corti islamiche. 183 i voti contro, 8 i favoreli e due gli astenuti. Aden era entrato in rotta di collisione con il presidente Abdullahi Yusuf Ahmed e il primo ministro Ali Mohamed Gedi. L'espulsione di Adan viene largamente considerata come un tentativo del governo provvisorio per consolidare il potere dopo dopo che le sue truppe, appoggiate dall'esercito etiope, hanno cacciato gli islamici dalle fortezze di Mogadiscio e dalla maggior parte della Somalia meridionale. "Vogliono mandare un chiaro messaggio a coloro che sostengono le corti islamiche che non avranno nessun ruolo nell'attuale scenario politico" ha dichiarato l'esperto Matt Bryden, "ma questo può rappresentare un errore". http://www.gulf-news.com/region/Somalia/10097569.html La Somalia spegne h t t p : / / w w w . l e f i g a r o . f r / i n t e r n a t i o n a l /le stazioni radiofoniche 20070113.WWW000000089_chavez_veut_naSubito dopo la formazione di un nuovo team da parte tionaliser_tout_le_secteur_energetique.html L'Ecuador si allinea con Venezuela e Bolivia Discorsi contro l'imperialismo ed il neoliberalismo, coincidenze ideologiche e politiche sono stati espresse domenica dai presidenti del Venezuela, Hugo Chávez, della Bolivia, Evo Morales, e del neoletto ecuadoriano Rafael Correa. In un discorso davanti ad una moltitudine di gente confluita nella piazza centrale, Correa ha messo in risalto come "l'America si è svegliata", salutando i governi di Chávez, Castro e Morales, come anche quelli di Luiz Inacio Lula da Silva in Brasile, Nestor Kirchner in Argentina, Tabaré Vázquez in Uruguay, Michelle Bachelet in Cile e Daniel Ortega in Nicaragua. "L'America Latina è cambiata e continuerà a cambiare perché non sta vivendo un'epoca di cambiamenti bensì un cambiamento d'epoca!", ha affermato Correa. Il presidente della Bolivia ha dichiarato che "prima avevamo un solo leader, il fratello, il comandante, presidente Fidel Castro. La lotta del compagno Fidel e del paese cubano non è stata invana". h t t p : / / w w w . p r e n s a .c o m / h o y/ m u n d o/ 8 6 0- del presidente provvisorio per porre fine al "caos" nella capitale, è stata ordinata la chiusura delle principali stazioni radiofoniche. L'ordine, firmato dal capo della sicurezza di Mogadiscio -Colonnello Ahmed Hassan Ali- ha colpito le tre principali stazioni radio somale (Shabelle Radio, Radio HornAfrik, Voice of the Koran radio) e la televisione Al-Jazeera. Il portavoce del governo Abduraman Dinari, ha dichiarato ai microfoni di un'altra radio locale che "stavano istigando alla violenza". "Noi non stiamo minacciando la libertà di espressione -ha aggiunto Abduraman Dinari- noi stiamo solo salvaguardando la sicurezza della popolazione somala". La misura è stata presa il giorno dopo che il parlamento provvisorio, stabilito a Baidoa, ha autorizzato il governo a imporre la legge marziale a Mogadiscio. http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/6263343.stm Rice vuole bloccare l'influenza di Teheran in Medio Oriente Il segretario di stato americano ed il presidente palestinese Mahmoud Abbas si sono incontrati ieri senza (Continua a pagina 38) 38 Giustizia e Libertà ESTERI 27 gennaio 2007 . . . dalla Stampa Estera 19.01.2007 (Continua da pagina 37) essere giunti ad una posizione comune su come sbloccare il processo di pace. Condoleeza Rice ha tentato questo week-end senza grande successo di liberare "un orizzonte politico" particolarmente offuscato tra israeliani e palestinesi. Conoscendo la difficoltà del compito, aveva prudentemente ammesso prima del suo viaggio a Gerusalemme e Ramallah che arrivava senza un piano di pace rivisitato in tasca. Risultato: si è accontentata di ascoltare gli interlocutori -che gli hanno presentato una serie di proposte- dando l'impressione che lo scenario israelo-palestinese fosse secondario. La priorità principale per gli Stati Uniti in questo momento è quella di "contenere" la crescente influenza dell'Iran nella regione. Nello spazio di alcune ore, Condoleezza Rice ha ricevuto non meno di tre piani di pace differenti da parte dei ministri israeliani. Tzipi Livni gli ha suggerito di continuare ad applicare la "Road Map"; più originale la proposta del ministro di estrema desta Avigdor Lieberman, che ha lanciato l'idea di un spiegamento di 30.000 soldati dell'Otan nella striscia di Gaza, mentre Amir Peretz, il ministro della Difesa, ha difeso l'idea di una "Road Map" rivista in chiave di uno "Stato palestinese" provvisorio. Dal lato palestinese, Mahmoud Abbas ha rigettato ogni soluzione provvisoria e ha esortato gli Stati Uniti a un maggiore impegno nel processo di pace e a fornirgli mezzi militari per fare fronte agli islamici di Hamas, usciti vincitori dalle elezioni legislative dello scorso anno e avvicinatosi all'Iran che gli versa decine di milioni di dollari per rimpinguare le casse di un'Autorità Palestinese che un boicottaggio internazionale ha svuotato. h t t p : / / w w w . l e f i g a r o . f r / i n t e r n a t i o n a l /20070115.FIG000000281_rice_veut_contrer_l_influence_de_teheran_au_proche_orient.html Dopo Bush, anche il Congresso ignorerà chi ha votato per la pace? Il messaggio del 7 novembre è stato chiaro: gli elettori hanno boicottato i politici a favore della guerra ed hanno inviato i democratici al Congresso, chiedendo di porre fine alla guerra in Iraq. Da allora, l'opposizione degli elettori alla costosa occupazione americana è salita rapidamente del 62% fra i repubblicani e dell'88% fra i democratici, come dimostrano i recenti sondaggi. Perfino la maggioranza dei lettori del Military Times si oppone alla guerra. Eppure, alla leadership democratica sono bastate solo poche settimane per tradire la maggioranza degli americani, promettendo di continuare a far scorrere il denaro della guerra. Così facendo, il Congresso rischia nuovamente di rinunciare alla sua responsabilità, non utilizzando il suo potere economico per controllare la politica di guerra del presidente. Inoltre, ciò mina il sistema del controllo e dell'equilibrio del nostro governo. Se un referendum così schiacciante in termini di opposizione alla guerra non è sufficiente a far cambiare il corso delle cose in politica, cosa rimane agli elettori di questa democrazia? Se il tempo, il denaro e i voti a sostegno dei candidati vincenti restano lettera morta, quale utilità rimane all'urna elettorale? Se i candidati, una volta eletti ed insediati spendono grosse somme di denaro contro le esplicite volontà dei votanti, ciò cosa trasmette della nostra democrazia? Forse dovremmo ritornare ai metodi del "Boston Tea Party", poiché sicuramente si tratta di una "appropriazione senza rappresentazione". Bush, eletto in circostanze controverse, adesso fa appello al Congresso ed agli americani affinché sorreggano un ulteriore debito di guerra di più di 97,7 miliardi di dollari, oltre a quello di 70 miliardi già approvato per il 2007 e ai 320 miliardi già spesi finora. Bush ha quindi virato nella direzione opposta, rifiutando stoltamente le raccomandazioni del gruppo di studio sull'Iraq di ritirare metà delle truppe americane entro il 2008 e di invitare la Siria e l'Iran al tavolo del negoziato. Ora, egli parla dell'invio di nuove truppe per un ammontare di 20.000 unità, quando i consensi ad un nuovo finanziamento per l'invio di truppe ammontano ad un misero 11%. E tuttavia il suo punto di vista è sostenuto sia dal senatore John Mc Cain, il candidato repubblicano alla presidenza, che dal probabile candidato democratico, Hillary Clinton, "se ciò dovesse avere uno scopo". Ma se la guerra è l'argomento centrale del nostro tempo, allora non c'è ragione di parlare di partiti politici, quanto piuttosto di fazioni del Congresso: quella Kucinich-Hagel e quella Clinton-McCain. Se alcuni candidati democratici alla presidenza esprimono la loro opposizione alla guerra e chiedono che si inizi il ritiro a partire dal 2007, solo un candidato annunciato, ha di fatto reclamato un ritiro completo, Dennis Kucinich, che tuttavia i media e il suo partito considerano un candidato marginale. Il senatore repubblicano Chuck Hagel, che ha chiesto che le truppe siano fuori dal Paese entro sei mesi, potrebbe essere il secondo qualora decidesse di concorrere alla presidenza. Ora che la pace è al centro del dibattito politico, il Congresso dovrebbe chiedere cosa vogliono coloro che hanno votato contro la guerra. La risposta è semplice: che questa guerra finisca. Perfino James Baker ha riconosciuto alla CNN quanto sia possibile che il ritiro delle truppe faccia diminuire la violenza, poiché gli Stati Uniti "non sarebbero più visti come gli occupanti". Infatti, il Pentagono riferisce che la maggior parte degli attacchi in Iraq -più dell'80%- è diretta contro gli Stati Uniti e le sue forze militari, una percentuale decisamente maggiore rispetto a quella relativa agli scontri della tanto pubblicizzata violenza settaria. Inoltre, se ci ritirassimo responsabilmente, come hanno suggerito il senatore George McGovern e il dr. William Polk in "Fuori dall'Iraq", potremmo finanziare la ricostruzione del Paese per mano degli stessi iracheni, e finanziare una forza di "peace keeping" composta da truppe arabe. Ciò ridurrebbe la disoccupazione irachena (che ammonta a più del 50%) e darebbe agli iracheni la sensazione di riappropriarsi finalmente della propria nazione e del proprio petrolio. Inoltre, tutto ciò farebbe molto ai fini della riduzione della violenza, e farebbe risparmiare ai contribuenti americani 100 miliardi di dollari, denaro che non si avrà più bisogno di avere in prestito dalla Cina o da altri Paesi. Per gli elettori questa è una chiamata all'azione. I rappresentanti eletti dovrebbero sapere che stanno ignorando gli elettori a proprio rischio e pericolo. Gli elettori dovrebbero informarli che essere a favore della guerra contro la loro volontà vuol dire rischiare di perdere contributi e voti. È tempo che gli elettori a favore della pace si organizzino meglio e, se vogliono (Continua a pagina 39) 27 gennaio 2007 ESTERI Giustizia e Libertà 39 . . . dalla Stampa Estera 19.01.2007 (Continua da pagina 38) che la guerra finisca, è necessario che dimostrino al Congresso che non appoggeranno alcun candidato che non sosterrà la fine della guerra in Iraq al più presto. Sia il finanziamento delle truppe che il vicino dibattito sugli ulteriori 97 miliardi saranno una prova importante per la salute della nostra democrazia. Se la volontà degli elettori americani sarà nuovamente schiacciata, la causa per la pace si trasformerà in una causa per la democrazia [.]. http://www.aljazeera.com/cgi-bin/review/ article%20full%20story.asp?service% 20id=12529 La Rice non intende fare alcuna pressione su Israele ? Condoleezza Rice è venuta a compiere la sua ottava visita nei territori occupati, la terza dal luglio scorso. Il segretario di stato americano terminerà il suo viaggio incontrando i ministri degli esteri dei Paesi arabi "moderati", e poi tornerà a Washington con una velata nostalgia. La Rice, infatti, non ha portato nulla di nuovo al suo incontro con il presidente Abu Mazen; si è limitata ad ascoltare, e a ribadire l'impegno dell'amministrazione americana nel cercare una soluzione alla questione palestinese, promettendo di dedicare il restante mandato dell'amministrazione Bush al raggiungimento di questo obiettivo. Tuttavia, su come raggiungere questo obiettivo, nulla è stato detto da parte sua. Di fronte alla determinazione di Abu Mazen nel rifiutare soluzioni provvisorie fra cui quella di uno Stato dai confini temporanei, la Rice si è limitata a mostrare comprensione per il punto di vista palestinese e a garantire che avrebbe lavorato per accelerare l'applicazione della Road Map, ma senza chiarire in che modo. Non nutro molti dubbi sul fatto che l'amministrazione americana abbia una maggiore consapevolezza rispetto al passato sulla necessità di fare qualcosa per contrastare la diminuzione dell'influenza americana in tutta la regione. Questa diminuzione è il risultato dei fallimenti e delle sconfitte in Afghanistan, Iraq, Iran, Libano, Siria e Palestina. Tuttavia, l'amministrazione Bush sa bene che per compiere dei progressi nella questione palestinese è necessario esercitare delle pressioni su Israele. A questo punto l'interrogativo che si pone con forza è: l'amministrazione americana è disposta a convincere lo Stato ebraico, e ad obbligarlo a porre fine all'occupazione? Perché questo è il problema, è questa la condizione principale per stabilire la pace, la sicurezza e la stabilità, non solo in Palestina ed in Israele, ma in tutta la regione. E questo perché la soluzione della questione palestinese è la chiave per risolvere tutte le crisi della regione, secondo quanto suggerito dalla stessa Commissione BakerHamilton. L'unica risposta all'interrogativo appena posto è che Washington, sebbene ne abbia le possibilità, non vuole esercitare pressioni su Israele. Ne è prova il fatto che la sua "nuova strategia" in Iraq e nella regione mira innanzitutto a proteggere la sicurezza ed il ruolo di Israele, ed infatti continua a concentrarsi sul tentativo di conseguire una vittoria in Iraq anche se ciò è impossibile, continua ad assediare la Siria, continua ad isolare l'Iran allo scopo di impedirgli di diventare una potenza nucleare, perché ciò ridimensionerebbe Israele il quale non sarebbe più l'unico Paese nucleare nella regione. Fonti israeliane ed americane hanno suggerito che la Rice stava giungendo in Palestina con la convinzione che la soluzione risieda nella creazione, entro un anno o due al massimo, di uno Stato dai confini temporanei. Ma il rifiuto palestinese di fronte a questa opzione potrebbe spingere l'amministrazione americana a concentrarsi sull'applicazione della Road Map. Tuttavia ciò andrebbe a scontrarsi con le osservazioni israeliane che hanno portato ad una riformulazione della Road Map, rendendola di fatto una Road Map israeliana. La promessa americana di prendere in considerazione queste osservazioni rende di fatto impossibile l'applicazione della Road Map stessa. Per avere certezza di questo basta ricordare che Israele vuole superare il principio della "reciprocità" e della "contemporaneità" presente nella Road Map, sostituendolo con il principio della "sequenzialità", in base al quale prima ci deve essere il rispetto degli obblighi da parte palestinese -in materia di condanna ed eliminazione del terrorismo, di riconoscimento del diritto di Israele ad esistere, e di applicazione degli accordi presi- e solo a quel punto Israele procederebbe ad ottemperare agli impegni presi- bloccando gli insediamenti, ritirandosi dai territori occupati dopo il 28 settembre del 2000, bloccando la costruzione del muro, annullando le risoluzioni prese contro le istituzioni palestinesi a Gerusalemme, prima fra tutte l'Orient House. Nel frattempo Israele non sarebbe obbligato a porre fine all'aggressione, né a permettere la creazione di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, né ad applicare gli accordi precedentemente firmati [.]. L'amministrazione americana potrebbe a questo punto accordarsi su una bozza circolante attualmente in ambienti arabi ed europei, in base alla quale si aprirebbero trattative immediate sulla creazione di uno Stato dai confini temporanei, in cambio di un impegno internazionale a far sì che il compromesso definitivo garantirà la creazione di uno Stato palestinese sui territori occupati nel 1967, con il principio dello scambio dei territori. La pericolosità di questa idea sta nel fatto che essa suggerisce di mettere insieme ciò che non è possibile mettere insieme. Non è infatti possibile mettere insieme l'iniziativa di pace araba che si basa sul principio del ritiro totale in cambio della pace totale - con soluzioni provvisorie che danno ad Israele il tempo e la copertura per portare a termine i propri progetti che mirano ad imporre il fatto compiuto, permettendo così allo Stato ebraico di completare gli insediamenti ed il muro, e di annettere la maggior porzione possibile dei territori occupati. In generale, qualsiasi iniziativa o bozza di soluzione che non obblighi Israele a porre fine all'aggressione, agli arresti ed agli insediamenti -e che non stabilisca che l'obiettivo finale deve essere realizzato entro un periodo prestabilito e portare alla fine dell'occupazione- è destinata al fallimento poiché non darà luogo ad una soluzione giusta ed equilibrata. [.] Il problema fondamentale non risiede nell'assenza di un calendario temporale per l'applicazione della Road Map, ma nel fatto che la Road Map lascia che gli obiettivi finali siano oggetto di trattativa [.]. E' necessario superare la Road Map, visto che l'Europa stessa, attraverso l'iniziativa di Francia, Spagna e Italia, e lo stesso Tony Blair, che fu uno dei padri del(Continua a pagina 40) 40 Giustizia e Libertà ESTERI 27 gennaio 2007 . . . dalla Stampa Estera 19.01.2007 (Continua da pagina 39) la Road Map, hanno cominciato a riconoscere che quest'ultima non basta più. All'orizzonte si profila l'opportunità di creare uno Stato palestinese, dopo tutte le occasioni perse negli anni passati. Sarebbe un crimine da parte dei palestinesi perdere questa opportunità a causa delle proprie divisioni interne. [.] A questo punto dobbiamo aggiungere che la politica americana sarà molto condizionata dalla risposta che gli Stati arabi "moderati" daranno a Condoleezza Rice. Se i Paesi arabi, almeno per una volta, si mostreranno forti e chiederanno agli Stati Uniti di cambiare la propria politica che ha fallito, questa politica potrà cambiare, tanto più che ad essa si oppone la stessa opinione pubblica americana, la maggioranza del Congresso, e la gran parte -se non la totalità- dei popoli del mondo. http://www.al-ayyam.com/znews/site/template/ Doc_View.aspx?did=47785&Date=1/16/2007 Dopo Bush, anche il Congresso ignorerà chi ha votato per la pace Dopo Bush, anche il Congresso ignorerà chi ha votato per la pace ? Il messaggio del 7 novembre è stato chiaro: gli elettori hanno boicottato i politici a favore della guerra ed hanno inviato i democratici al Congresso, chiedendo di porre fine alla guerra in Iraq. Da allora, l'opposizione degli elettori alla costosa occupazione americana è salita rapidamente del 62% fra i repubblicani e dell'88% fra i democratici, come dimostrano i recenti sondaggi. Perfino la maggioranza dei lettori del Military Times si oppone alla guerra. Eppure, alla leadership democratica sono bastate solo poche settimane per tradire la maggioranza degli americani, promettendo di continuare a far scorrere il denaro della guerra. Così facendo, il Congresso rischia nuovamente di rinunciare alla sua responsabilità, non utilizzando il suo potere economico per controllare la politica di guerra del presidente. Inoltre, ciò mina il sistema del controllo e dell'equilibrio del nostro governo. Se un referendum così schiacciante in termini di opposizione alla guerra non è sufficiente a far cambiare il corso delle cose in politica, cosa rimane agli elettori di questa democrazia? Se il tempo, il denaro e i voti a sostegno dei candidati vincenti restano lettera morta, quale utilità rimane all'urna elettorale? Se i candidati, una volta eletti ed insediati spendono grosse somme di denaro contro le esplicite volontà dei votanti, ciò cosa trasmette della nostra democrazia? Forse dovremmo ritornare ai metodi del "Boston Tea Party", poiché sicuramente si tratta di una "appropriazione senza rappresentazione". Bush, eletto in circostanze controverse, adesso fa appello al Congresso ed agli americani affinché sorreggano un ulteriore debito di guerra di più di 97,7 miliardi di dollari, oltre a quello di 70 miliardi già approvato per il 2007 e ai 320 miliardi già spesi finora. Bush ha quindi virato nella direzione opposta, rifiutando stoltamente le raccomandazioni del gruppo di studio sull'Iraq di ritirare metà delle truppe americane entro il 2008 e di invitare la Siria e l'Iran al tavolo del negoziato. Ora, egli parla dell'invio di nuove truppe per un ammontare di 20.000 unità, quando i consensi ad un nuovo finanziamento per l'invio di truppe ammontano ad un misero 11%. E tuttavia il suo punto di vista è sostenuto sia dal senatore John Mc Cain, il candidato repubblicano alla presidenza, che dal probabile candidato democratico, Hillary Clinton, "se ciò dovesse avere uno scopo". Ma se la guerra è l'argomento centrale del nostro tempo, allora non c'è ragione di parlare di partiti politici, quanto piuttosto di fazioni del Congresso: quella Kucinich-Hagel e quella Clinton-McCain. Se alcuni candidati democratici alla presidenza esprimono la loro opposizione alla guerra e chiedono che si inizi il ritiro a partire dal 2007, solo un candidato annunciato, ha di fatto reclamato un ritiro completo, Dennis Kucinich, che tuttavia i media e il suo partito considerano un candidato marginale. Il senatore repubblicano Chuck Hagel, che ha chiesto che le truppe siano fuori dal Paese entro sei mesi, potrebbe essere il secondo qualora decidesse di concorrere alla presidenza. Ora che la pace è al centro del dibattito politico, il Congresso dovrebbe chiedere cosa vogliono coloro che hanno votato contro la guerra. La risposta è semplice: che questa guerra finisca. Perfino James Baker ha riconosciuto alla CNN quanto sia possibile che il ritiro delle truppe faccia diminuire la violenza, poiché gli Stati Uniti "non sarebbero più visti come gli occupanti". Infatti, il Pentagono riferisce che la maggior parte degli attacchi in Iraq -più dell'80%- è diretta contro gli Stati Uniti e le sue forze militari, una percentuale decisamente maggiore rispetto a quella relativa agli scontri della tanto pubblicizzata violenza settaria. Inoltre, se ci ritirassimo responsabilmente, come hanno suggerito il senatore George McGovern e il dr. William Polk in "Fuori dall'Iraq", potremmo finanziare la ricostruzione del Paese per mano degli stessi iracheni, e finanziare una forza di "peace keeping" composta da truppe arabe. Ciò ridurrebbe la disoccupazione irachena (che ammonta a più del 50%) e darebbe agli iracheni la sensazione di riappropriarsi finalmente della propria nazione e del proprio petrolio. Inoltre, tutto ciò farebbe molto ai fini della riduzione della violenza, e farebbe risparmiare ai contribuenti americani 100 miliardi di dollari, denaro che non si avrà più bisogno di avere in prestito dalla Cina o da altri Paesi. Per gli elettori questa è una chiamata all'azione. I rappresentanti eletti dovrebbero sapere che stanno ignorando gli elettori a proprio rischio e pericolo. Gli elettori dovrebbero informarli che essere a favore della guerra contro la loro volontà vuol dire rischiare di perdere contributi e voti. È tempo che gli elettori a favore della pace si organizzino meglio e, se vogliono che la guerra finisca, è necessario che dimostrino al Congresso che non appoggeranno alcun candidato che non sosterrà la fine della guerra in Iraq al più presto. Sia il finanziamento delle truppe che il vicino dibattito sugli ulteriori 97 miliardi saranno una prova importante per la salute della nostra democrazia. Se la volontà degli elettori americani sarà nuovamente schiacciata, la causa per la pace si trasformerà in una causa per la democrazia [.]. http://www.aljazeera.com/cgi-i/review/ article%20full%20story.asp?service% 20id=12529 CaLmBiG ECONOMIA 27 gennaio 2007 Giustizia e Libertà 41 Quando la redistribuzione passa per l'addizionale di Massimo Bordignon (www.lavoce.info, 18.01.2007) Con l’approvazione della legge Finanziaria per il 2007, sono entrate in vigore le nuove regole finanziarie previste per Regioni e enti locali. Tra queste, accanto a criteri più ristrettivi sui saldi di bilancio e a una sostanziale riduzione dei trasferimenti erariali, c’è la possibilità per gli enti localidi rimettere in moto la propria autonomia tributaria sulle addizionali Irpef e Irap, rimasta bloccata dal 2003 a seguito di un intervento d’imperio deciso dal governo di allora. Di più, il gioco complesso della rimodulazione degli scaglioni e della sostituzione delle deduzioni dall’imponibile con detrazioni dalle imposte sui redditi personali, deciso con la stessa legge Finanziaria, ha determinato "naturalmente" un incremento del le addizionali regionali e locali sull’Irpef: le detrazioni dall’imposta erariale non riducono la base di calcolo per l’addizionale, mentre le deduzioni sì. L’effetto "addizionale" Ciò ha generato un aggravio dell’imposizione fiscale sui redditi personali, che in qualche caso, per il combinato disposto dell’incremento automatico dell’addizionale e degli aumenti delle aliquote autonomamente decisi da Regioni e comuni, ha condotto a una totale eliminazione dei vantaggi fiscali decisi in Finanziaria per i redditi di fascia bassa.(1) L’addizionale Irpef locale è appunto un’addizionale, non una sovrimposta, e in quanto tale non può essere discriminata più di tanto per scaglioni di reddito, nonostante la possibilità di introdurre qualche soglia dei contribuenti con un esente. imponibile positivo. In secondo luogo, lungi dalEsemplare il caso di Bolo- l’essere basata su una degna, dove il sindaco, ex finizione onnicomprensisegretario della Cgil, è va dei redditi, la base imsotto attacco da parte del- ponibile dell’Irpef è comla sua stessa ex organizza- posta solo da una loro zione per aver deciso, in parte assai limitata, per alternativa all’incremento oltre il 75 per cento reddidell’Ici, un aumento dell’- ti da lavoro dipendente o assimilati. addizionale Irpef. L’argomento dei critici, Molti redditi sono legalimplicito o esplicito, è che mente esclusi dalla base in questo modo si deter- imponibile dell’Irpef (tutti mina un intervento distri- i redditi da capitale) o asbutivo in senso contrario soggettati a una tassazioall’azione redistributiva ne volutamente bassa decisa dal governo con la (tutti i redditi catastalizzarimodulazione delle ali- ti). Oppure, notoriamente, quote, degli scaglioni e evasi o elusi. Inoltre, al di delle detrazioni dell’Irpef, là delle correzioni introinterventi strenuamente dotte dalle detrazioni per difesi dai sindacati e da carichi familiari, l’Irpef è componenti della stessa basata su un’imposizione maggioranza (il famoso di tipo individuale, che "che piangano anche i non consente di capire qual è la effettiva situaricchi"). zione economica del perQuali strumenti cettore di quei redditi. per la Per spiegarsi meglio: anche se possiamo osservare redistribuzione Questo argomento non è il reddito per fini Irpef di però corretto, o quanto un certo contribuente, non meno dovrebbe essere pe- sappiamo se questo individuo, per esempio, possantemente qualificato. Deriva da un doppio as- siede altri redditi non assunto, non si sa quanto soggettati a Irpef e quindi dovuto a un pregiudizio tassati ad aliquote più basideologico o a una scarsa se. conoscenza dei fatti, così Oppure è inserito in un riassumibile: 1) la redistri- nucleo familiare ricco o buzione si attua e si misu- può contare su altri trasfera solo sul lato del prelie- rimenti da parte di altri vo, e non su quello della componenti familiari. Il spesa; 2) la redistribuzio- "povero" contribuente Irne si attua e si misura solo pef potrebbe benissimo con riferimento all’Irpef. essere il figlio o il coniuEntrambi gli assunti sono ge di un facoltoso altro contribuente, il quale mapalesemente infondati. In particolare, come stru- gari a sua volta percepisce mento distributivo, l’Irpef redditi in larga misura non è fortemente limitata da soggetti a imposizione due considerazioni. In pri- Irpef. mo luogo, e ovviamente, Queste considerazioni doazioni redistributive attua- vrebbero indurre a qualte tramite l’Irpef non pos- che cautela nell’assegnasono avvantaggiare chi re un peso eccessivo all’Iperf non la paga perché l’Irpef come strumento troppo povero, i famosi redistributivo. E, viceversa, a rivalutare la redistriincapienti. Si tratta di circa il 20 per buzione effettuata sul lato cento della popolazione della spesa. Si dà appunto il caso che molte delle attività svolte dai comuni italiani abbiano un forte impatto redistributivo: circa il 20 per cento in media della spesa comunale è destinata al finanziamento di attività con finalità dichiaratamente sociali, ma ha un’impronta più o meno marcatamente redistributiva una larga parte di interventi dell’ente locale. Non solo, ma proprio alla luce delle precedenti considerazioni, nell’elargizione dei servizi, molti comu ni italiani sono attenti all’effettiva condizione economica dei possibili beneficiari. Per esempio, è diffuso l’uso di indicatori, come l’Isee, che tengono conto di altri aspetti oltre al reddito per fini Irpef: in particolare, indicatori di bisogno e indicatori relativi alla ricchezza posseduta dal cittadino. Si può anche argomentare che è efficiente che la definizione della platea dei potenziali beneficiari avvenga a livello locale, e non sia svolta dallo Stato: il governo locale ha gli incentivi e le informazioni migliori per parametrizzare gli indicatori di bisogno alle condizioni locali. Prima di concludere che un aumento delle addizionali comunali Irpef conduce inevitabilmente a un impatto redistributivo negativo, bisogna quindi considerare quali spese questo incremento finanzia e quali alternative in termini di risorse erano a disposizione dello stesso comune. Un supplemento di istruttoria è come minimo necessario. (1) Si veda per esempio Il Sole 24 Ore del 17/1/2007 ♦ ECONOMIA 42 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 La rendita viaggia in Autostrada di Riccardo Gallo (www.lavoce.info) L’istituzione di un’Authority per i trasporti sembra essere entrata nell’agenda del governo. Oggi, la struttura regolatoria, introdotta in seguito alla privatizzazione della Società Autostrade, risulta incompleta proprio perché non è stata costituita un’autorità con poteri sanzionatori. Non solo, è anche inadeguata perché il Nars, Nucleo di attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità, che fa capo al Cipe, è troppo debole rispetto alle dimensioni dei concessionari. Anche per questa ragione il sistema tariffario garantisce ai soggetti regolati rendite elevate.(1) Per rendersene conto basta analizzare i bilanci del Gruppo Autostrade. (2) Il fatturato Il fatturato netto è in costante progressiva crescita: tra il 2001 e il 2005 è aumentato del 32 per cento. Nei primi nove mesi del 2006 è ulteriormente cresciuto (+6,1 per cento), per l’aumento sia delle tariffe (+2,55 per cento) che del traffico (+2,5per cento). I canoni di concessione Anas sono pari a solo l’1 per cento del fatturato lordo, molto meno di altre concessioni di reti infrastrutturali. Il rapporto tra valore aggiunto e fatturato netto è abnorme: l’80 per cento, quattro volte quello delle società industriali (20 per cento), mentre nel settore dei "Servizi pubblici, autostrade, gas e acqua" è pari al 57 per cento.(3) Concettualmente, il valore di questo rapporto dovrebbe essere determinato dal mercato: dovrebbe misurare quanto il mercato apprezza il valore messo dall’impresa nello svolgimento della sua attività, e infatti così accade per l’industria manifatturiera esposta alla concorrenza mondiale. Quando invece la determinazione del prezzo di un servizio è sottratta al mercato e affidata direttamente o indirettamente a un organismo amministrativo, il rapporto aumenta. La differenza tra il 57 per cento medio dei servizi pubblici e il 20 per cento dell’industria può essere presa come misura della protezione che gli operatori dei servizi pubblici ricevono dalle autorità amministrative. Nel caso di Autostrade, poi, lo scarto tra l’80 e il 57 per cento è l’indice di un’ulteriore protezione. Infine, mentre nei servizi pubblici il rapporto comincia a calare – 60 per cento nel 2002 e 2003, 58 per cento nel 2004, 57 per cento nel 2005, segno di un’apertura sia pur timida, insufficiente e tardiva del mercato –, per Autostrade è rimasto inchiodato: 80 per cento nel 2001, 82 per cento nel 2002, di nuovo 80 per cento nel 2003, 2004 e 2005. Produttività del lavoro e redditività La produttività del lavoro (valore aggiunto per addetto) del Gruppo Autostrade è aumentata, da 188mila euro nel 2001 a 253mila nel 2005 (+34 per cento), perché è diminuito il numero medio di dipendenti: da 9.276 del 2001 a 9.217 del 2005. Nel terzo trimestre del 2006 l’organico medio è sceso ancora, raggiungendo il livello di 9.147 unità. Il Gruppo incassa dai clienti a 70 giorni, media tra il cash di chi paga in contanti al casello, i tempi del telepass e la dilazione ai clienti societari. Invece, paga i fornitori a 275 giorni. La forbice tra le due dilazioni di pagamen- to, pari a sette mesi, equivale per il Gruppo Autostrade a un enorme finanziamento a breve. La redditività delle vendite (Ros in percentuale) è straordinariamente elevata e addirittura crescente: 42 per cento nel 2001, 52 per cento nel 2005. Prima della privatizzazione, nel 1998 era 32 per cento, in linea con quella nello stesso anno delle autostrade in Francia (25÷36 per cento) e in Spagna (28÷40 per cento). (4) Quindi la crescita anomala è degli anni duemila, dopo la privatizzazione, per l’effetto combinato di cura gestionale e aumento delle tariffe. Altrettanto vale per la redditività del capitale di rischio (Roe in percentuale), che passa dal 15 per cento nel 2002 al 24 per cento nel 2005. È molto difficile trovare un’impresa italiana con simili indici di redditività. Da un’analisi dei flussi di cassa emerge che nel 2005 il Gruppo Autostrade avrebbe potuto finanziare i nuovi investimenti tecnici, appena 852 milioni, quasi solo grazie all’utile netto, pari a 804 milioni, se non ne avesse distribuito tra gli azionisti più della metà, ovvero 436 milioni. Per il 2006, è prudente attendere il consuntivo ufficiale prima di esprimere valutazioni. I pedaggi Per il 2007 il ministro delle Infrastrutture ha chiesto al Nars un parere in ordine a ulteriori adeguamenti tariffari. Nel frattempo, l’Anas ha rinviato ogni determinazione. Dal 1° gennaio 2007 le tariffe autostradali in vigore sull’intera rete nazionale hanno comunque subìto un aumento variabile tra lo 0,8 e l’1,8 per cento in funzione delle classi veicolari. Non è un introito aggiuntivo per le conces- sionarie, va a beneficio esclusivo di Anas, che così compensa un po’ la modestia del canone di concessione versato dal Gruppo Autostrade. Negli anni Novanta il Nars, in base alla delibera Cipe n. 319 del 1996, era solito determinare gli adeguamenti tariffari anche attraverso il confronto per gli ultimi cinque anni tra la remunerazione del capitale investito -Roi, Return on investments, ovvero Rona, Return on net assets- e il costo del capitale, Wacc, Weighted average cost of capital. (5) Ma, a seguito dell’operazione di incorporazione della ex-Autostrade nella NewCo28, società a suo tempo creata dai soci e fatta indebitare molto per acquisire la Società Autostrade, è successo che al 31 dicembre 2003 nello stato patrimoniale consolidato del Gruppo sono emersi da un lato, all’attivo, un avviamento e un incremento di immobilizzazioni immateriali pari nel complesso a quasi 6 miliardi, dall’altro, al passivo, maggiori debiti finanziari per lo stesso importo. Nonostante non siano derivati da veri e propri investimenti tecnici, i quasi 6 miliardi di maggior attivo totale hanno finito per accrescere il denominatore, cioè l’attivo totale netto medio, del Roi, cosicché questo indice di redditività è sceso dal 19 per cento del 2002 al 14 per cento del 2003, all’11 per cento nel 2005. Il rischio è che ora il Nars, nel rispondere al ministro delle Infrastrutture, dica che il pedaggio non può diminuire, o addirittura deve aumentare, perché il Roi negli ultimi cinque anni è diminuito. (Continua a pagina 43) 27 gennaio 2007 ECONOMIA Giustizia e Libertà 43 La rendita viaggia in Autostrada (Continua da pagina 42) Ma se ciò accadesse, gli utenti delle autostrade finirebbero per sostenere il costo dell’operazione con la quale gli azionisti di maggioranza, con pochi capitali di rischio e molti debiti, hanno assunto il controllo del gruppo. Riccardo Gallo (www.lavoce.info) (1) Vedi Boffa F., Rondi L., Vannoni D., Zanetti G., 2006, "Il sistema produttivo", in Gallo R. e Silva F. Le condizioni per crescere, Il Sole 24 Ore libri. E su lavoce.info Boitani A., Ponti M., 2005 (4) R&S, I Trasporti, MiAutostrade, galline dalle lano 2000. uova d’oro e polli da spennare. (5) Coco G., 2002, Diffi(2) R&S, Annuario, Mila- coltà di tariffazione autostradale in Italia no luglio 2006 (3) Mediobanca, Dati cumulativi di 2.010 società italiane, Milano agosto 2006. http://dinamico.unibg.it/ highways/presentations/ coco/coco.ppt INTERNI 44 Giustizia e Libertà 27 gennaio 2007 COMUNICATO STAMPA IL GIORNO 25 GENNAIO ALLE ORE 17 ALLA CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA via S.Francesco di Sales, 5 - tel 06/6876543 "FOSSOLI ED ALTRE MEMORIE" l'esperienza negata dei lager italiani. Presenta Vittorio Cimiotta Presidente FIAP, interviene Grazia Pasanisi de' Foscarini, Presidente dell'Associazione danneggiati di guerra, con la partecipazione di Anna Maria Ori, Storica ricercatrice del Campo di Fossoli e Sisto Quaranta, prigioniero del Campo nell'estate del '44. Parleranno Fabio Galluccio, segretario Circolo Giustizia e Libertà, autore del libro "I lager in Italia" (Non Luoghi Edizioni) e Carla Guidi, giornalista, autrice del libro "Operazione balena" (Edizioni Associate) sul rastrellamento del Quadraro nel 1944 e l'internamento nel campo di Fossoli (Carpi). SEMPRE ALLA CASA DELLA MEMORIA E SULLO STESSO ARGOMENTO APPUNTAMENTO CON LE SCUOLE IL 31 GENNAIO ORE 9,30 Fossoli è stato il principale campo di transito per il concentramento e la deportazione di internati politici e razziali su suolo italiano, da questo sono partiti nel 1944 un terzo degli ebrei deportati dall'Italia (circa tremila) e quasi altrettanti politici, oltre a migliaia di civili rastrellati e avviati a forza al lavoro nei territori del Reich. Nei dodici mesi in cui ha funzionato come campo di transito per il nord, sono passati da Fossoli poco meno di 3.000 ebrei, circa un terzo dei deportati dal territorio italiano. Si calcola che i politici siano circa 2.600, mentre non si hanno che stime approssimative dei lavoratori coatti, costretti a firmare l'ingaggio come lavoratori "volontari", senza avere il riconoscimento quindi nemmeno dello status di deportati. In mezzo a loro i 947 prigionieri politici rastrellati al Quadraro nell'aprile del'44, quartiere insignito, nel sessantesimo dell'episodio, con la medaglia d'oro al merito civile dal Presidente della Repubblica C.A.Ciampi. Questo riconoscimento ha seguito ricerche e testimonianze riemerse lentamente nel quartiere per un arco di almeno 10 anni. Nel 2004 un libro "Operazione balena" di Carla Guidi, giornalista, narra l'accaduto attraverso la voce di Sisto Quaranta, uno dei deportati, presenti in questa occasione. Ma per questo viaggio nella Memoria c'è ancora bisogno di altre storie, non raccontate perché purtroppo rimosse dalla coscienza collettiva...Tra queste la storia degli altri Campi di internamento italiano durante il fascismo, in un attonito viaggio in un'Italia spesso sconosciuta, straordinariamente bellae affascinante, una scoperta in cui l'autore dell'altro libro, Fabio Galluccio, Segretario del Circolo Giustizia e Libertà, snoda dolorosamente come in un rosario laico, descrivendoli l'uno dopo l'altro e raccogliendone testimonianze in "I lager in Italia". Il viaggio inizia casualmente a Ferramonti in Calabria, dove l'autore scopre proprio sotto un cavalcavia dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, all'uscita di Tarsia, un ex campo di concentramento, seminascosto dall'autostrada e dai segni del tempo. Da là si avventura in un labirinto dove ogni campo scoperto è una crudele sorpresa, fino ad arrivare ad annoverare oltre cento campi, ma rimanendo alla fine con l'amara consapevolezza di averne ritrovato solo una metà. Il racconto si snoda come un giallo, scritto non da uno storico, ma da un semplice cittadino come tanti, che si indigna di fronte all'occultamento di Giustizia e Libertà un'identità italiana, alla verità negata. «E voi, imparate che occorre vedere e non guardare in aria; occorre agire e non parlare, questo mostro stava, una volta, per governare il mondo ! I popoli lo spensero, ma ora non cantiamo vittoria troppo presto; il grembo da cui nacque è ancora fecondo» Bertold Brecht Periodico Politico Indipendente Autorizzazione Tribunale di Roma n° 540/2002 del 18.09.2002 Proprietà: L. 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