W W W. G I U S T I Z I A - e - L I B E RTA . C O M
Anno 6 - n° 206
27 gennaio 2007
G iustizia e L ibertà
Distribuzione telematica
Se Prodi cadrà ...
di Eugenio Scalfari
(a pagina 2 - 4)
Il governo del papa
di Furio Colombo
(a pagina 5, 6)
I conflitti che il
mondo non …
di Aldo Antonelli
(a pagina 6 - 8)
Disarmiamo i …
da Pax Christi
(a pagina 8)
Casini, la linea
del potere
di Antonio V. Gelormini
(a pagina 9)
Fumata nera
di Masaniello
(a pagina 9, 10)
Riforma RAI
Comunicato Stampa
di Tana de Zulueta
di Giulietto Chiesa
(a pagina 10)
Cambiare: processo
lungo e faticoso
di Alessandro Blasetti
(a pagina 11)
Dossier Base USA
a Vicenza
di AA.VV.
(a pagina 12 - 32)
Messaggio finale
di Hrant Dink
da Il Manifesto
(a pagina 33, 34)
Turchia, ha 17 anni
l’assassino di Dink
dal WEB
(a pagina 34)
...dalla stampa estera
a cura di CaLmBiG
(a pagina 35 - 40)
Quando
la redistribuzione …
di Massimo Bordignon
(a pagina 41)
La rendita viaggia
In autostrada
di Riccardo Gallo
(a pagina 42 - 43)
Comunicato Stampa
Casa della Memoria
(a pagina 44)
Periodico Politico Indipendente
Copia gratuita
«Come perdere consensi
ed essere felici»
di Ferdinand
“Il consenso si costruisce dal basso e il
rigore sulle grandezze
finanziarie non esclude il controllo sulla
microeconomia. L’avere perso di vista
questo aspetto non è
un errore di comunicazione bensì un deficit di consapevolezza
politica. E agli occhi
dei cittadini suggerisce domande, giuste o
sbagliate che siano, su
che cosa ci sia di progressista e di solidale,
insomma di sinistra,
nell’aumento dei prezzi” .
Questa
significativa
conclusione dell’articolo di E.Berselli su l’Espresso del 12 u.s. riassume adeguatamente lo
stato d’animo del popolo della sinistra di fronte all’attività di un governo che, in poco meno di un anno dalla sua
comparsa, è riuscito a
dilapidare in modo preoccupante il patrimonio
di consensi già in partenza non eccezionale.
La domanda è se occorresse un guru mediatico
o un politologo di rango per capire che movendosi come si è mosso fin dall’inizio, questo governo avrebbe
finito con l’accentuare
il vuoto intorno a sé,
nella generale convinzione che, pur armato
di ottime intenzioni,
esso non possa, non voglia o non sappia come
tradurle in realtà.
Che questo governo,
data la sua composizione, non avrebbe avuto
vita facile -afflitto com’era dalla contraddittoria presenza di personaggi tra di loro incompatibili (vedi Mastella,
Di Pietro, RC al completo, ecc.)- era del tutto
prevedibile.
Non altrettanto prevedibile era che la presenza i politici e tecnici di
qualità , come Bersani
e Padoa Schioppa, risultasse poi insufficiente ad evitare vistosi
sbandamenti e periodici
insabbiamenti di una
barca governativa su
cui è arduo individuare
la figura del comandante.
E’ chiaro infatti che
trattandosi di una coalizione così eterogenea,
risultava determinante
la presenza di
un comandante la cui cortese
fermezza
permettesse di
non dare spazio a personalismi tanto inutili quanto
pericolosi per
la
saldezza
della coalizione.
Di
contro
quello in plancia appare un
comandante
molto
tranquillo, civile e
controllato al
punto da non
farsi né senti-
re né vedere.
La logica avrebbe suggerito che date certe
caratteristiche del comandante almeno il suo
portavoce avesse voce
adeguata per farci sapere della sua esistenza e
dell’attività di governo,
invece anche l’addetto
alle p.r. è stato a scuola
di bon-ton al punto che
i giornalisti devono chiedersi l’uno con l’altro
cosa scrivere visto che
dichiarazioni ufficiali
sono merce rarissima.
In compenso l’opinione
pubblica è informatissima su cosa pensa il ministro Mastella, e su cosa pensa il ministro Di
Pietro di ciò che pensa
il ministro Mastella e
cosa pensa il ministro
Giordano di ciò che
(Continua a pagina 2)
2
Giustizia e Libertà
«Come perdere
consensi ed essere
felici»
pensa Mastella su ciò che pensa
Di Pietro.
C’è dunque un presidente del
consiglio che parla poco e quel
poco lo dice bisbigliando, e molti
ministri che parlano molto e in
modo tale che tutti (sfortunatamente) sentano.
Come dire portare acqua al mulino dell’opposizione e vedere
Bondi gongolare, visto che della
CdL tutto si può dire salvo che
non fosse chiaro chi comanda.
Ma, come si diceva, almeno in
una cosa l’azione governativa è
apparsa tanto chiara e univoca
quanto controproducente: aumentare le tasse.
Le associazioni dei consumatori
ne hanno individuato 56 per una
media di 440 euro in più l’anno
per ogni famiglia.
Quale possa essere il disegno
strategico che sottintende una simile prassi governativa -a parte
un masochismo prossimo al suicidio- è di ardua comprensione.
Nel manuale di Scienza delle Finanze utilizzato all’Università si
leggeva un tempo che “la civiltà
di una nazione è dato dal rapporto esistente tra imposte dirette e indirette”.
Essendo infatti chiaro che il progressivo accentuato ricorso alle
imposte indirette, sicure ma indiscriminate, sia sintomo di Stato
debole, incapace di esigere il giusto da ciascuno e in definitiva di
inciviltà.
Che dire allora di un governo sotto le cui insegne non v’è tributo,
tassa o tariffa che non sia aumentata mentre nuovi e fantasiosi
balzelli hanno visto la luce ?
Ma quanto è di sinistra l’aumento
dei prezzi? si chiedono i tanti.
E quanto si tradurrà tutto questo
in aumento di consensi per un’opposizione alla quale conviene
tacere e non far nulla visto che è
il governo stesso ad agitarsi sulle
sabbie mobili ?
Ferdinand
INTERNI
27 gennaio 2007
Se Prodi cadrà,
la sinistra scomparirà
di Eugenio Scalfari (repubblica, 21.01.2007)
L'ampliamento della
base militare Usa a
Vicenza sembrava una
piccola cosa, una bega
di cortile. Invece, con
una reazione a catena,
sta provocando un parapiglia. Rifondazione, Verdi, Comunisti e
pacifisti sciolti e a
pacchetti pretendono,
quasi come ritorsione,
che l'Italia si ritiri dall'Afghanistan dove il
nostro contingente sta
da cinque anni sotto le
bandiere della Nato in
quanto Paese membro
della Nato e sta sotto
le bandiere dell'Onu in
quanto Paese membro
dell'Onu.
Il rischio d'una crisi di
governo si profila. Il
rifinanziamento della
missione si farà con
decreto, ma poi, entro
marzo, il decreto dev'essere convertito in
legge. Il rischio che
almeno al Senato la
conversione sia respinta esiste ed è decisamente elevato. Sono
sei o sette i dissidenti
dell'estrema
sinistra
decisi a votare contro
anche a dispetto dei
rispettivi partiti e non
pare, allo stato dei fatti, che valga a recuperarli qualche solenne
promessa di ridiscutere con gli alleati gli
obiettivi e la natura
della missione e neppure la blindatura del
voto di fiducia.
del tanto peggio tanto
meglio che alligna in
quelle teste pseudorivoluzionarie.
Ci sono tre possibili
alternative a questi
ipotetici accadimenti.
La prima è di riuscire
a convincerli. Improbabile. La seconda è
appunto di blindare il
voto con la richiesta di
fiducia: esito molto
incerto. La terza è una
votazione non blindata
con il soccorso bianco
ma determinante da
parte dell'Udc e forse
perfino di Forza Italia.
Che però potrebbe determinare, a quel punto, non la semplice
dissidenza d'una manciata di cani sciolti,
ma di interi partiti della sinistra massimalista e uno spettacolare
cambio di maggioranza.
Se questa terza ipotesi
diventasse realtà, il
Capo dello Stato dovrebbe rinviare il governo alle Camere prima di accettarne le
dimissioni. Si potrebbe allora verificare che
la maggioranza di centrosinistra, cui Prodi
dovrebbe
rivolgersi
per ottenere la riconferma della fiducia,
gliela votasse riconfermandolo in carica e
archiviando per altri
sei mesi la questione
afgana (e di conseguenza anche quella
vicentina).
L'ipotesi non è del tutto irreale, ma è evidente che si balla sul
filo del rasoio e si producono ulteriori fenomeni di distacco e disincanto nella pubblica opinione. Eppure.
versa piega. Sembrava, ad ascoltare la
tivù e a leggere i resoconti dei giornali e
i commenti di gran
parte degli osservatori, che la riunione di
Caserta avesse messo
in evidenza l'impotenza decisionale di
Prodi, la débãcle dei
riformisti, la netta
supremazia della sinistra radicale. Anche
l'agenda delle priorità
che il governo si proponeva di affrontare
entro il 2007 (dopo
aver ottenuto entro i
termini
prestabiliti
l'approvazione della
Finanziaria che avrebbe invece dovuto
essere la sua tomba
secondo le previsioni
dell'opposizione) era
stata immediatamente
definita aria fritta.
Ma i fatti sono invece
andati in modo alquanto diverso. Li
enumero.
Mercoledì scorso governo e sindacati hanno approvato all'unanimità un documento
di riforma del pubblico impiego, basato
sui principi dell'efficienza, della meritocrazia, della mobilità,
dei percorsi per stabilizzare i lavori precari
e di sanzionare gli
impiegati improduttivi, di incentivare lo
smaltimento
rapido
degli esuberi. Questo
documento servirà di
base alla stesura del
contratto e, per le parti che debbano essere
trasformate in norme,
per la formulazione di
un'apposita legge.
La verità è che la loro
dissidenza non è controllabile dai partiti di
appartenenza. Di provocare la caduta del
governo se ne infischiano. Si direbbe
anzi che la auspichino. L'errore fu d'averli
Il ministro Bersani ha
portati in Parlamento Eppure negli ultimi ricevuto nel frattempur conoscendone il dieci giorni le cose po il via libera dal
carattere e l'ideologia avevano preso una di(Continua a pagina 3)
27 gennaio 2007
INTERNI
Giustizia e Libertà
3
Se Prodi cadrà, la sinistra scomparirà
(Continua da pagina 2)
governo di presentare entro il corrente mese di
gennaio la lista dei provvedimenti di liberalizzazione da lui preparati.
Prodi dal canto suo ha
preso la decisione di consentire l'ampliamento della base militare Usa a Vicenza, questione assai
controversa sia per ragioni di pacifismo ideologico
sia di diverse valutazioni
ambientali.
In quegli stessi dieci giorni dopo Caserta il ministro degli Esteri ha compiuto l'ennesimo viaggio
in Medio Oriente, tra Arabia Saudita, Egitto e Palestina, ribadendo i cardini
della linea politica del
nostro governo che privilegia i negoziati e il dialogo anche con i due Staticanaglia (Siria, Iran) come principale via per pacificare
la
regione.
Il governo ha convocato il
primo incontro con i sindacati per iniziare l'esame
delle questioni che regolano il nuovo assetto delle
previdenze sociali, degli
ammortizzatori e delle
pensioni. Un incontro è
già avvenuto con i rappresentanti delle piccole imprese, dei commercianti,
delle cooperative, degli
artigiani.
Naturalmente ciascuna di
queste iniziative ha provocato reazioni positive e
negative. Ne esamineremo tra poco la natura.
Tutto ciò - lo ripeto - è
avvenuto nei dieci giorni
da Caserta a oggi. Fatti
alla mano, non mi pare
che si possa accusare il
governo di ignavia, passività, impotenza, galleggiamento. Molte altre critiche e anche acerbe gli
possono essere rivolte e
gli sono infatti state rivolte senza risparmio, ma
queste no. Sta procedendo
speditamente sulla strada
che si era prefissa e sulla
quale ha avuto il voto degli elettori.
di proseguire l'analisi dei
fatti e del loro significato
politico - ricordo che a
Torino mercoledì scorso il
ministro Padoa-Schioppa,
invitato dal rettore a svolgere una conferenza su
Altiero Spinelli, è stato
contestato con urla e petardi fin nel cortile dell'Università, da 50 rappresentanti di centri sociali, Cub
e frange estreme di studenti, ed è stato seguito
con attenzione e applaudito da 600 studenti e docenti nell'aula in cui parlava.
Due giorni dopo è toccato
a Prodi d'esser fischiato
da un centinaio di fascisti
che lo hanno accolto col
saluto a braccio teso all'Università Cattolica di Milano, dove l'aula magna
gremita l'ha invece lungamente applaudito isolando
i disturbatori.
Purtroppo di questi episodi la televisione e gran
parte dei giornali hanno
registrato con le immagini
e i titoli i fischi dei pochi
sottovalutando gli applausi dei più. Non credo per
faziosità, ma per canone.
Quale canone? Mi sembra
interessante affrontare anche questa questione.
Spesso noi giornalisti tendiamo ad evitarla perché
in qualche modo ci riguarda direttamente. Ma mi
valgo in questo caso d'una
annosa esperienza e invoco l'attenuante del mio
stato di anziano pensionato. Alla mia età, tra tanti
guai e lamentazioni, c'è
almeno il privilegio di poter dire senza riguardi ciò
che ci aggrada. È uno dei
pochi vantaggi che la vecchiaia porta con sé.
***
Le agenzie di stampa danno notizie. In ordine cronologico. Quelle che ritengono di particolare interesse per i loro abbonati
le fanno precedere da un
suono che le sottolinea. I
Per completezza - e prima telegiornali e soprattutto i
giornali, oltre alle notizie
pubblicano anche opinioni, analisi, retroscena.
L'oggettività della notizia
è accompagnata dalla soggettività dei commenti.
Ma anche l'oggettività
della notizia contiene una
buona dose di soggettività
che stabilisce le pagine in
cui sono pubblicate, il rilievo tipografico, il titolo
che le sintetizza.
Il limite alla soggettività
proviene dalla deontologia la quale vuole che le
notizie siano complete. I
cattivi giornali spesso ignorano questa prescrizione deontologica; i buoni
giornali invece la rispettano, almeno formalmente,
ma non sempre sostanzialmente. Spesso accade infatti che una parte della
notizia sia messa in rilievo nel titolo e nel testo e
un'altra parte relegata tra
due virgole o quasi. Qual
è il criterio prevalente,
faziosità a parte ?
Il criterio è l'eccezionalità.
L'uomo che morde il cane
(come ho già detto altre
volte) è una notizia più
importante perché eccezionale, del cane che morde l'uomo (a meno che
non l'ammazzi).
Un presidente del Consiglio fischiato è certamente
una notizia d'eccezione. Il
presidente d'un governo di
centrosinistra fischiato da
attivisti fascisti lo è invece molto meno. Un ministro dell'Economia che
adotta una politica di rigore, contestato da un gruppo sparuto di sinistra massimalista non è un fatto
eccezionale ma del tutto
normale.
Quando Berlusconi a Vicenza attaccò lo stato
maggiore della Confindustria in un convegno promosso da quei maggiorenti e fu accolto dall'ovazione d'una platea di industriali, quella fu un fior di
notizia e giustamente tenne banco per mesi (lo tiene tuttora). Quando i tre
segretari dei sindacati
confederali sono stati contestati dagli operai di Mirafiori, quella fu un altro
fior di notizia. Ma il Prodi
fischiato dai fascisti e il
Padoa-Schioppa contestato da un gruppetto di Cobas e centri sociali, queste
a mio avviso non sono
notizie che meritino particolare rilievo. Invece su
alcuni giornali, e non dei
minori, hanno avuto sette
colonne di testata di prima
pagina e l'apertura nei telegiornali delle ore 20.
Naturalmente c'è una giustificazione: la linea determina una scelta. È perfettamente legittimo che un
giornale abbia una sua
linea e quindi è legittimo
che compia le sue scelte
(soggettive). Avviene nei
"media" di tutto il mondo
e quindi anche in Italia.
Il mercato dei "media" è
uno dei pochi luoghi in
cui vige una concorrenza
accanita, che riguarda
molteplici aspetti. Riguarda anche la politica, ma lì
la varietà concorrenziale è
minore: o si sta col governo o si sta con l'opposizione o si sta in mezzo. In
teoria la posizione deontologicamente più corretta
sarebbe quella di stare nel
mezzo, a volte da una parte a volte dall'altra secondo il giudizio sui singoli
fatti. Ma questa, appunto,
è teoria.
In realtà quest'imparzialità
cosiddetta anglosassone
non è mai stata adottata
neppure dagli anglosassoni. C'è sempre una tendenza, un sentimento, un
umore dominante che fa
pendere da una parte i
piatti della bilancia.
La dominante nella maggior parte dei "media" italiani, per fortuna con
qualche rilevante eccezione, tende verso forme di
neo-centrismo. Gli attori
politici ed economici conoscono benissimo questa
inclinazione mediatica e
infatti l'agenda neocentrista viene adottata da
gran parte dei giornali e
(Continua a pagina 4)
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INTERNI
Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
Se Prodi cadrà, la sinistra scomparirà
che non la metta. sitori, con compiti e tempi
Mi domando che cosa po- ben delimitati.
dei telegiornali; è stato trebbe accadere dopo.
Credo che a quel punto il
così con il governo Berlupartito democratico nascesconi e lo è con il governo
rà veramente, dettato non
Prodi. Con una differenza
notevole: Berlusconi pos- Dopo, se la crisi non sarà solo dall'opportunità ma
siede metà dell'universo in nessun caso evitabile, dalla necessità. Credo anmediatico nazionale e Pro- ci sarà un governo di tran- che che, dissolte ormai le
di no; Berlusconi dispone- sizione con il compito di coalizioni, la legge elettova d'una maggioranza di approvare alcuni provve- rale sarà mirata a limitare
cento deputati e cinquanta dimenti economici urgenti se non ad escludere del
senatori mentre Prodi ha e la riforma della legge tutto i partiti che si sono
un solo senatore di mag- elettorale. Sarà un gover- dimostrati ribelli o incagioranza e, sulla questione no del Presidente (della paci di tenere a freno le
Afghanistan, probabil- Repubblica) come sempre loro frange estreme.
mente neppure quello, sia avviene nei governi tranInfine si andrà a votare, in
che metta la fiducia sia
(Continua da pagina 3)
***
autunno o al massimo nella
primavera
2008.
Fare previsioni ora per
allora è impossibile. Certo
il baricentro politico si
sarà spostato e non certo
verso la sinistra. Chi avrà
seminato vento raccoglierà tempesta, o meglio: tornerà a casa con le classiche pive nel classico sacco.
Eugenio Scalfari
La Repubblica
21 gennaio 2007
Il governo di Papa
di Furio Colombo (www.unita.it, 2007/01/15)
La frase chiave per capire
la storia che stiamo narrando è quella del deputato della Margherita Renzo
Lusetti che «ha invocato
più rispetto per il santo
Padre e per quello che
lui rappresenta». (Il
Corriere della sera, 12
gennaio).
re impropri riconoscimenti giuridici a forme
di unioni diverse dal
matrimonio sono pericolosi e controproducenti e
finiscono inevitabilmente per indebolire e destabilizzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio».
È una frase ovvia e giusta,
che provoca però una inevitabile domanda: e il rispetto per la Repubblica
italiana ?
Infatti la presa di posizione di Lusetti era una risposta alle proteste di alcuni esponenti della Rosa
nel Pugno (Villetti, Angelo Piazza) che avevano
detto: «I vertici istituzionali italiani devono ignorare il discorso del
Papa e proseguire esclusivamente per il bene
della comunità e dei cittadini».
Ci sono tre problemi in
questa frase, detta a rappresentanti delle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo e la formulazione di una sentenza definitiva.
Il primo è che il Papa
non governa la Repubblica italiana e non è stato
eletto dagli italiani.
Non sta parlando di religione ma di codice civile.
Infatti non ha detto: «Noi
vi diciamo... Noi vi raccomandiamo...».
Presenta come dati di fatto incontrovertibili le sue
convinzioni.
Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione in cui ciascuno ha il
suo punto di vista, è diventato un editto. Ma nelle repubbliche democratiche non esistono editti,
esistono opinioni che gradatamente si trasformano
in posizioni, e poi in proposte di legge e poi in un
dibattito (o in tanti dibattiti, con tutti i liberi pareri
Ma quegli esponenti della
Rosa nel Pugno sono stati
i soli in tutto il Parlamento a sollevare il problema
di ciò che il giorno prima
il Papa aveva detto, ricevendo per una visita di
auguri il sindaco di Roma,
il presidente della Provincia di Roma e il presidente della Regione Lazio.
«I progetti per attribui-
che la democrazia ammette e richiede).
E poi segue, unico sigillo,
il voto.
Il secondo problema è
che il Papa è certamente
un personaggio molto autorevole, ma è il Capo di
un altro Stato, e questo
fatto diventa evidente
quando si rivolge a persone che rappresentano le
istituzioni italiane.
Ha tutto il diritto di dire
ciò che pensa.
E, se lo desidera, anche di
aggiungere le ragioni che
possono fare luce sulle
sue affermazioni. Per esempio: perché, se si attribuisce un diritto a chi
ne è privo, si destabilizza
una istituzione come il
matrimonio che è due
volte sostenuta, dal vincolo religioso e da quello
civile ?
Ma può il Capo di un altro Stato indicare alle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo presente,
ciò che deve essere fatto,
adesso e subito, pena un
«pericolo» di cui non ci
dice niente ?
«Pericolo» per chi, in
quale ambito o sfera ?
Detto da un personaggio
influente a istituzioni di
governo, le parole «controproducente» e «pericoloso» sono gravi.
Definiscono irresponsabile chi si avventurasse per
una simile strada, ovviamente «controproducente» e «pericolosa».
E allora le domande si
moltiplicano.
Può un argomento come
il dibattito in corso nella
società, nella vita civile,
nella politica e nel Parlamento italiano essere trattato alla stregua di un pericolo oggettivo, come una malattia, una guerra,
un atto di terrorismo
(«pericoloso, destabilizzante») ?
Il terzo problema è la
completa mancanza dei
tipici espedienti di cautela che caratterizzano il
linguaggio diplomatico.
La Chiesa di Ratzinger è
contro la pena di morte.
Eppure dopo l’esecuzione
di Saddam Hussein le
fonti ufficiali vaticane si
sono limitate a dire che
«ogni vita umana è preziosa».
Niente di più, per non
lasciarsi coinvolgere nel
sospetto di un sentimento
antiamericano.
I lettori sanno che non sto
parlando di un intervento
occasionale e sfortunatamente male espresso dal
Papa, parole che danno
27 gennaio 2007
INTERNI
Giustizia e Libertà
5
Il governo di Papa
(Continua da pagina 4)
l’impressione di mettere Ovvio, anche, che la forliberamente le mani nella ma, la scelta delle parole
macchina politica italiana. da parte di un grande personaggio che è Capo di
Sto riflettendo su una fitta una Chiesa, ma è anche
sequenza di editti, di e- Capo di uno Stato, hanno
molto
nunciazioni, di intimazio- un’importanza
ni, tutte con il verbo al- grande quando si interviel’indicativo, tutte privi ne sulle questioni civili di
della forma esortativa e di un altro Stato.
invocazione che è tipica
della predicazione religio- Rivolgersi continuamente,
sa, tutte fermamente basa- come sta avvenendo in
te sull’intento di dettare Italia, ai vertici delle istilegge, senza mostrare al- tuzioni, e in certi casi ancun margine di tolleranza che degli schieramenti e
dei partiti, dà la sgradevoper posizioni diverse.
le sensazione di non teneCiò non accade nei con- re in alcun conto la strutfronti di altri Paesi, pur tura democratica di un
altrettanto cattolici e con Paese in cui ciascuno deopinioni pubbliche altret- cide in coscienza con il
tanto inclini a considerare voto.
alta e autorevole la voce R i c o r d a
la brutta
del Papa.
Ciò non accadeva con p r o v a
Giovanni Paolo II, le cui del refeaffermazioni, anche nette, r e n d u m
anche aspre, erano sempre s u l l a
dirette al mondo, alla co- procreascienza di tutti i credenti, z i o n e
non a una particolare Re- assistita,
pubblica, non per esercita- in cui il
re pressione diretta sem- r i s c h i o
la
pre sullo stesso governo, che
volontà
quello italiano.
popolare
A me sembra giusto e anzi risultasurgente ripetere la frase se diverdel deputato Lusetti con sa dalle
una correzione: non sareb- istruziobe giusto avere rispetto ni emanate dalla Chiesa
per l’autonomia democra- ha portato all’espediente
tica della Repubblica ita- di ordinare ai credenti di
liana, lo stesso rispetto non votare.
riservato alle istituzioni di In tal modo ogni verifica
altri Stati, tra cui alcuni della effettiva volontà poafflitti da mali e problemi polare è diventata impossibile anche perché l’ordiben più drammatici ?
ne di non votare rendeva
pubblico il comportamen***
to delle persone.
Noi (intendo dire coloro In altre parole, tutti poteche mentre leggono si as- vano sapere se eri andato
sociano a quanto sto scri- alle urne, disobbedendo al
vendo) sappiamo benissi- Santo Padre o se ci eri anmo quanto siano profonde dato, comportandoti da
le venature di autentica cittadino italiano.
religiosità, di sentimento Senza dubbio un bel dicattolico in questo Paese. lemma per i credenti.
Ma questa è una ragione
in più per evitare di detta- Adesso si ha l’impressiore legge direttamente alle ne che l’Italia sia stretta in
una morsa tra astensione
istituzioni.
Ovvio che non si tratta di di base e interventismo
sui vertici, così che, invechiedere silenzio.
ce che attraverso un con-
senso democratico liberamente raggiunto, si procede per decisioni preventive e assolute su ciò che è
bene e ciò che è male per
i cittadini, dando disposizioni direttamente ai governanti.
La conseguenza purtroppo è chiara: con interventi
ormai consueti, come
quello dell’11 gennaio,
Papa Ratzinger, che se ne
renda conto o no, che lo
voglia o no -indipendentemente dalle sue intenzioni- sta rendendo ingovernabile l’Italia. Infatti le
sue parole incoraggiano
spaccature profonde e inconciliabili fra cittadini
all’interno di ognuno degli schieramenti politici.
Sta separando in
m o d o
drammatico credenti da
non credenti
e
dilaniando la coscienza
di molti
credenti.
So
che
queste
oss e rva zioni saranno deliberatamente
fraintese e definite una
«richiesta di silenzio del
Papa».
Oppure, come dice Lusetti, saranno scambiate per
una «mancanza di rispetto».
Sul silenzio del Papa dirò
che si tratta di una interpretazione assurda.
La sua capacità-possibilità, ma anche il suo privilegio (data la totale disponibilità mediatica italiana) è un dato di fatto,
prima ancora che un diritto-dovere che nessuno
potrebbe contestare, persino se ne avesse l’intenzione.
Come sapete, il Papa ha
acquisito un diritto di presenza in ogni telegiornale
italiano, ogni giorno, più
volte al giorno, su tutte le
reti.
Quanto al rispetto, ognuno ha le sue preoccupazioni.
Io chiedo rispetto per la
Repubblica italiana, per
le sue istituzioni elette,
per i cittadini credenti e
non credenti che votano,
per i politici credenti e
non credenti che sono
eletti, ciascuno esattamente con gli stessi diritti e doveri e lo stesso
grado di rispettabilità.
E sembra giusto tentare di
ristabilire nella vita pubblica italiana un sistema
del tutto reciproco di riguardo e rispetto.
Non la persuasione o la
predicazione del Papa appare discutibile, dunque,
ma l’intimazione, basata
su un punto di vista che
però viene dettato come
unico percorso possibile.
Non è fuori posto ricordare che il diritto civile italiano è un patrimonio di
tutti, credenti e non credenti.
«I progetti per attribuire impropri riconoscimenti giuridici a forme
di unione diverse dal
matrimonio» saranno for
se discutibili.
Ma io mi azzardo a pensare che sia più discutibile il
gesto di autorità e di egemonia del Papa sul diritto
italiano, l’impossessamento e la manomissione
di norme che sono di pertinenza dello Stato italiano e dei suoi cittadini,
non della Chiesa.
Ho già detto che il Papa
non può governare l’Italia, ma può fare in modo
che diventi ingovernabile.
È permesso dirgli che ciò
che sta facendo, mentre
getta tutto il suo peso su
questo solo Paese, è
«pericoloso» e «destabilizzante» ?
Furio Colombo
www.unita.it,
2007/01/15
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INTERNI
Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
I conflitti che il mondo
non vuole vedere
di Aldo Antonelli
"I
conflitti
che il mondo
non vuole vedere" è il titolo di un servizio a cura della Redazione
di Rete Radié Resch che
apre la finestra su un panorama di conflitti e di
cuerre che non si possono
tenere all'ombra.
Finiamola con questo narcisismo idiota che focalizza il nostro sguardo sul
nostro ombelico e polarizza le nostre preoccupazioni sui nostri meschni interessi!
L'Asia ?
Dalla guerriglia del Kashmir alla giungla indonesiana, i conflitti taciuti deflagrano sulla stampa internazionale soltanto in seguito ad eventi
particolarmente
catastrofici.
L'Africa ?
Oltre a detenere il primato per la quantità di
guerre in corso e per il
numero di Paesi in esse
coinvolti, è il solo continente dove il numero dei
conflitti è a tutt’oggi in
aumento.
L’America
Latina ?
Tradizionalmente sconvolta da guerre e rivoluzioni, registra oggi una
significativa
riduzione
dei conflitti armati, il più
cruento dei quali è in
corso in Colombia.
.... per continuare, legge-
te, vi invio l'allegato.
Aldo
ra le guerre più sanguinose. Eppure molte volte
questi conflitti sono il risultato delle scelte compiute dai colonizzatori
occidentali, da inglesi,
olandesi, portoghesi, americani, che impongono ad
altri paesi condizioni di
vita innaturali e situazioni
politico-economiche impossibili da gestire.
La lista è lunga: guerre e
guerriglie di stampo etnico sono in corso nel sud
della
Thailandia,
nel
nord-est e nel sud-ovest
dell’India, nelle Isole Moruc, nell’antica Birmania
dove l’esercito dei generali al potere non utilizza
armi, ma attraverso la fame e il lavoro forzato distrugge la minoranza Caren.
A Timor Est i morti sono
stati 300mila e la pace è
precaria, nel Kashmir non
c’è pace. Dietro a tutti
questi conflitti ci sono
interessi che vanno al di
là dello scontro etnico: ad
alimentare queste guerre
ci sono i mercanti di armi
e le imprese minerarie,
sempre occidentali, che
utilizzano guerre e guerriglie per assicurarsi il controllo dei territori e lo
sfruttamento delle loro
risorse.
Per tutti questi conflitti
vale una regola: non se ne
deve parlare. Ed ecco che
si mette la museruola alla
stampa locale, mentre
quella internazionale è
semplicemente as-sente.
guerre in corso e per il
numero di Paesi in esse
coinvolti, l’Africa è il
solo continente dove il
L’Umanità rimosnumero dei conflitti è a
sa: i conflitti che il
tutt’oggi in aumento.
mondo non vuole
Sudan, Eritrea, Congo,
Costa D’Avorio.., l’Africa
vedere
è il continente delle guer(A cura della Redazione
re dimenticate. Le guerre
di Rete Radié Resch
di nessuno, che malgrado
n.74/2006)
milioni di morti vengono
il più delle volte ignorate
Dalla guerriglia del Kao sottovalutate dalla Coshmir alla giungla indomunità
internazionale.
nesiana, i conflitti taciuti
Conflitti etnici o religiosi,
dell’Asia deflagrano sulguerre per il controllo della stampa internazionale
le risorse energetiche e
soltanto in seguito ad
minerarie, scontri sanguieventi particolarmente
nosi che scaturiscono da
catastrofici.
una totale mancanza di
C’è voluto un disastro giprospettive economiche.
gantesco come lo tsunami
Diverse sono le cause e le
per costringere il mondo
radici di questi conflitti,
ad accorgersi che in un
diversi i contesti sociopaese chiamato Sri Lanka,
politici in cui scoppiano.
l’antica Ceylon, c’è una
Tra i fattori di maggiore
guerra in corso che ha già
instabilità c’è senza dubfatto decine di migliaia di
bio il desiderio pluriconmorti e per la quale ogni
diviso di mettere le mani
tentativo di pace è stato
su questo immenso serbainutile. C’è voluto lo tsutoio di materie prime e di
nami per far comparire
ricchezze naturali.
sulla mappa della stampa
È il caso della Repubblica
internazionale un posto
Democratica del Congo,
chiamato Acei, in Indonedove dal ‘97 è in corso
sia, dove 90mila sono i
una violenta guerra civile
morti di un antico conflitche ha già fatto oltre 3mito etnico. E c’è voluto un
lioni di morti ed ha visto
re dittatore umiliato dal
coinvolti 6 paesi africani,
suo popolo in rivolta, perdal Ruanda all’Angola.
ché il mondo si accorgesSpesso questi conflitti
se di una guerriglia sanvengono classificati abbaguinosa in corso sulla cistanza
superficialmente
ma del mondo, nel Nepal.
come guerre etniche, ma
Il mondo, ossessionato da
le cause più profonde che
tutto quello che accade
li determinano vanno cernel bacino del Mediterracate in quella che qualcuneo e dintorni e dalle
no ha definito “la geoguerre che vedono in
qualche modo toccati gli Oltre a detenere il pri- politica del cinismo”,
(Continua a pagina 7)
interessi occidentali, igno- mato per la quantità di
27 gennaio 2007
INTERNI
Giustizia e Libertà
7
I conflitti che il mondo non vuole vedere
(Continua da pagina 6)
ossia nella volontà di accaparrarsi porzioni ingenti
di materie prime strategiche quali il petrolio, i diamanti o ancora, nel caso
specifico del Congo Democratico, l’uranio e il
coltan, un materiale sconosciuto ai più ma che
riveste un’importanza enorme nello sviluppo della new economy.
L’altra zona calda del
continente è senza dubbio
il Darfur, dove dal 2003 è
in corso una vera e propria catastrofe umanitaria.
La regione settentrionale
del Sudan è colpita da un
sanguinoso conflitto armato fra milizie filogovernative e gruppi ribelli. Anche in questo caso fra i fattori che hanno
dato origine alla guerra
giocano un ruolo di primaria importanza le mire
sugli immensi giacimenti
di petrolio presenti nella
regione. Si tratta di un
conflitto che ha già prodotto più di 300mila morti, senza considerare le
gravissime violazioni dei
diritti umani e gli stupri
etnici utilizzati come vera
e propria arma di offesa.
Questa guerra, etichettata
semplicisticamente come
guerra etnica fra bande
tribali, è in realtà fortemente sostenuta dal governo sudanese e sta dimostrando di possedere
dei risvolti strategici ed
economici importantissimi.
Centinaia di migliaia di
profughi del Darfur hanno
trovato rifugio nel vicino
Tchad, dove proprio nelle
scorse settimane sono
scoppiati violenti scontri
tra l’esercito e i ribelli del
Fronte Unito per il Cambiamento. Una crisi che
rischia di innescare un’altra crisi. È questa una delle caratteristiche peculiari
delle guerre africane, il
loro carattere regionale.
Pochi mesi fa il governo
del Tchad ha rotto le relazioni diplomatiche con il
Sudan, accusato di sostenere militarmente i ribelli.
Tra le guerre dimenticate
c’è poi quella in atto in
Costa d’Avorio, un paese
ormai spaccato in due dopo che una rivolta militare
è degenerata in guerriglia.
Per non parlare del Corno
d’Africa, dove le tensioni
fra Eritrea ed Etiopia continuano ad af-fliggere milioni di persone, malgrado
la guerra sia ufficialmente
terminata da ormai 6 anni.
E’ una guerra di difficile
lettura che si presta a molte interpretazioni differenti. Tra tutte c’è lo scandalo che vede coinvolti i due
leader politici che hanno
portato avanti la lunga e
sanguinosa lotta di liberazione dal potere di Menghistu, riuscendo a giungere alla nascita di una
nuova nazione che è l’Eritrea, ma che oggi si ritrovano a combattersi su
fronti opposti come acerrimi nemici. In realtà dietro a questo c’e anche una
questione di leadership
regionale che l’Etiopia
vorrebbe arrivare ad avere. Ma è soprattutto la
vendita di ingenti quantitativi di armi all’una e
all’altra parte, unita al
mancato processo di democratizzazione di queste
società, che tiene aperta la
tensione e alta la presenza
di elementi esplosivi nel
Corno d’Africa. Una regione calda che confina
con una Somalia politicamente disintegrata e con
un’area Medio-Orientale
a sua volta altamente e- ancora oggi sotto i loro
splosiva.
colpi cadono giudici,
giornalisti, leader politici
L’America Latina, tra- e sindacali. Responsabili
dizionalmente sconvolta dei più efferati massacri
da guerre e rivoluzioni, di questi 40 anni di guerregistra oggi una signifi- ra, quasi sicuramente non
cativa riduzione dei con- ne dovranno mai risponflitti armati, il più dere di fronte ad un tribucruento dei quali è in nale.
Quello che si è fatto tra il
corso in Colombia.
Nel conflitto colombiano 2002 e il 2003 è stato vai veri sconfitti sono i più rare leggi per concedere
poveri, i campesinos, gli benefici ai para-militari
indigeni, gli afro-discen- che decidono di smobilidenti: 3milioni e 600mila tarsi. In 37mila lo hanno
sfollati, pari al 9,3% della fatto, ma purtrop-po, copopolazione, hanno perso me ha constatato l’Alto
la casa e la terra e sono Commissariato di Pace,
fuggiti in città, dove vivo- poco meno del 2% di loro
no in condizioni di mise- verrà processato, mentre
ria e di totale esclusione il 98% resterà impunito.
Per l’ennesima volta non
sociale.
I veri sconfitti sono i di- sarà fatta giustizia né veritti umani: 7mila desapa- rità, non saranno risarcite
recidos, più di 7mila de- le vittime, né riconsegnati
tenzioni arbitrarie, quoti- i desaparecidos, né restidiane esecuzioni extra tuite le terre agli sfollati.
Negli anni ‘70 la mafia
giudiziarie.
Alirio Ribe Mugnos, av- della droga è intervenuta
vocato colombiano, è il a complicare ulteriormenvice-presidente della Fe- te il conflitto. Si sono
derazione Internazionale moltiplicate a dismisura
per i Diritti Umani ed è le piantagioni di marijuastato insignito nel 2003 na e coca, che fino a podel premio Martin Enaz, chi anni prima erano semuno dei maggiori ricono- plicemente piante sacre e
scimenti a livello interna- curative per indigeni e
zionale per la Difesa dei campesinos.
Diritti Umani. Vive co- Il traffico miliardario di
stantemente sotto scorta stupefacenti tra Colombia
perché minacciato di mor- e Stati Uniti ha creato un
te dai para-militari. In Co- giro perverso di corruziolombia le armate para- ne nel sistema politico e
militari seminano il terro- istituzionale. Bande di
assoldati
dai
re, ma è proprio una legge sicari
dello Stato, la Legge 48 “narcos” difendono gli
del 1968, che autorizza affari e lo strapotere dei
l’esercito ad armare i civi- boss attraverso intimidali, creando i presupposti zioni, omicidi, attentati.
legali del para-militari- E’ importante che si sappia che il narcotraffico
smo.
Squadroni di uomini sen- non è all’origine del conza scrupoli perseguitano flitto, ma vi si inserisce
ed uccidono chiunque sia come elemento dinamizso-spettato di avere rap- zatore perché è in grado
porti con i guerriglieri:
(Continua a pagina 8)
8
Giustizia e Libertà
INTERNI
27 gennaio 2007
I conflitti che il mondo non vuole vedere
(Continua da pagina 7)
di muovere una smisurata
quantità di denaro.
La politica di lotta al narcotraffico, finanziata in
larga misura dagli Stati
Uniti, è miseramente fallita. La Colombia continua
ad esportare cocaina negli
U.S.A. e le piantagioni
nell’ultimo anno sono ad-
dirittura aumentate del
24%. Ma è bene ‘denarcotizzare’ la lettura del
conflitto, perché si rischia
altrimenti di sottovalutarne tutte le altre componenti.
L’enorme disuguaglianza
sociale che ha scatenato la
guerra continua a imperare. La Colombia è il paese
meno equo del mondo: il
64% della popolazione
vive sotto la soglia della
povertà.
E’ necessaria una soluzione politica che passi attraverso la giustizia sociale,
il lavoro, una seria riforma agraria e la redistribuzione delle risorse alimentari e sanitarie.
C’è bisogno di un’agenda
sociale di pace in grado di
contrastare gli enormi interessi economici che
stanno alla base del conflitto e che non consentono che esso giunga a termine.
Aldo Antonelli
Disarmiamo i territori
Segnalato da Aldo Antonelli
tà
internazionale,
le logiche della Nato e
della sicurezza armata
sono imprescindibili, la
Aldo
lotta al terrorismo che
giustifica ogni scelta, al“DISARMIAMO larghiamo le basi militari
I TERRITORI” serviranno per gli interDiceva d Tonino Bello nel venti umanitari (armati) ...
1987 durante la terribile Siamo pienamente soguerra che travolse nel lidali con l'azione della
Golfo Iran e Iraq e di società civile di Vicenza
fronte alla partenza in as- che si oppone decisamensetto da guerra dei nostri te all'allargamento della
soldati: «Quanta tristez- Base di Dal Molin. Riteza ! Non perché abbiamo niamo che "l'essere con o
visto “partire”' i nostri contro gli Usa" sia un apuomini in assetto di proccio strumentale al
guerra. Ma perché ab- problema che chiude ogni
biamo visto 'tornare' a dialogo democratico.
uno a uno, con inesora- In tal senso:
bile puntualità, gli argo- denunciamo la logica
menti di una logica, che della militarizzazione ulpensavamo esiliati per teriore dei territori,
sempre dal nostro costu- denunciamo la decisione
me».
conseguente di rilanciare
Anche oggi vediamo e rifinanziare il riarmo
il ritorno di argomenti che come soluzione politica
pensavamo esiliati per alla complessa conflittuainternazionale,
sempre dal nostro costu- l i t à
me: prima di tutto le alle- denunciamo la decisione
anze, per difenderci dob- di confermare il "sistema
biamo riarmarci, le amici- Guerra", una guerra prezia armate sono preziose, ventiva, globale e permaprima gli interessi poi le nente, come intoccabile,
persone e le loro ragioni, chiediamo che il governo
militarizzare i territori è Prodi non conceda l'allarun dovere civico, l'Euro- gamanto della base di Vipa e in essa l'Italia devono cenza, nè conceda altri siti
dare segni di responsabili- alternativi per tale ipotesi,
Faccio mio questo comunicato stampa che gli
amici di Pax Christi
hanno diffuso.
chiediamo che sia accolta
e rispettata l'azione e il
parere dei cittadini e cittadine che abitano nei territori interessati,
chiediamo che il potere e
il sostegno per la costruzione della pace a livello
internazionale sia trasferito all'Onu invece che alle
basi militari,
chiediamo che si costruisca una Politica Estera
disarmata e non ossequiente a chi copre quasi
il 50% della spesa militare mondiale,
chiediamo al governo, sui
temi del disarmo, della
pace e della cooperazione
internazionale un doveroso segno di discontinuità
con il governo precedente;
chiediamo che le alleanze
siano virtuose nel senso
che rispettino con più coraggio gli impegni contro
la fame, la povertà , l'ingiustizia, lo sfruttamento,
la privatizzazione esasperata dei beni comuni, più
che i patti militari e spesso
non
conosciuti,
non discussi e approvati
in parlamento.
Ci avete promesso nel
programma di governo: /"
In questo quadro (geostrategia del sud Mediter-
raneo) reputiamo necessario arrivare ad una ridefinizione delle servitù militari che gravano sui nostri
territori, con particolare
riferimento alle basi nucleari. Quando saremo al
governo daremo impulso
alla seconda Conferenza
nazionale sulle servitù
militari, coinvolgendo
l'Amministrazione centrale della Difesa, le Forze
Armate, le Regioni e gli
Enti Locali, al fine di arrivare ad una soluzione
condivisa che salvaguardi
al contempo gli interessi
della difesa nazionale e
quelli altrettanto legittimi
delle popolazioni locali."
(Programma di Governo
dell'Unione - dal titolo:
“Per il bene dell'Italia”
pag 109).
Bene, oggi abbiamo bisogno di decisioni politiche
che contrastino l'ormai
usuale stile del colpo al
cerchio colpo alla botte, e
che rispettino le promesse
fatte. Coinvolgendo nella
Conferenza Nazionale la
Società Civile e non solo
le istituzioni.
Pax Christi Italia
Firenze
18 gennaio 2007
INTERNI
27 gennaio 2007
Giustizia e Libertà
9
Casini, la linea del potere
di Antonio V. Gelormini
Ripubblichiamo
un
articolo
del
nostro amico A.V.
Gelormini, già apparso sul sito :
www.canali.libero
.it.it:80/affari italiani/politica/
casinicommento1601.html
"Il potere logora chi
non ce l’ha".
Chi, meglio di Pier Ferdinando Casini, non conosce il celebre adagio andreottiano ?
A vedere, infatti, come si
è ridotta la linea del "più
bello" tra i leader del
Centrodestra, si capisce
perché di solito è a malincuore e a fatica che ci
si allontana dalle poltrone
istituzionali.
PierFerdy resta,
comunque,
il
più amato tra i
politici italiani
e i rotoli dell’amore stanno là
a testimoniarlo
con grande evidenza.
E’ sempre stato
lontano
dalle
levatacce stile
Bermuda, tutti
indrappellati e
tutti in calzoncini bianchi per
il jogging mattutino al seguito del Cavaliere.
Si correva troppo e intervalli per i sigari non ce
n’erano.
Perché, cubani o toscani
che fossero, puzzavano
troppo di comunismo.
Preferiva, invece, le cene
del lunedì con i compagni
di coalizione, almeno fino
a quando non si è cominciato a parlare di "vitello
mettere impegno, non riesci a fare un granché di
movimento, data la dimensione di ogni atollo,
che in dieci minuti c’hai
già fatto l’intero giro.
Resterebbero gli squali,
ma Pier vuole restarne
lontano, dice che gli bastano quelli che gli girano
intorno quando si trova in
Italia.
Bossi, Fini e lo stesso
Berlusconi pare si siano
già resi disponibili per
"castigarlo" nel costume
al suo ritorno e stanno già
prendendo le misure per
un salutare lavoro ai fianchi.
Sono certi che per lui è
impossibile seguire il regrasso".
E così da quando Casini gime di Fassino o di inha deciso di prendere le forcare la bicicletta di Rodistanze dal Silvio e da mano Prodi.
quel gruppo di compagni Lo conoscono bene e a
di drappello, la situazione guardarlo hanno avuto la
è precipitata.
conferma che è un tipo a
E come se non bastasse, cui piace poco pedalare!
per le vacanze separate,
ha scelto le Maldive.
Dove, anche a volerci ♦
Fumata nera ...
di Masaniello
“ La musica è finita, gli
amici se
ne vanno,
che inutile serata
a m o r e
mio” cosi recitava Ornella Vanoni in una delle sue malinconiche
canzoni.
Questi versi ci ricordano un po’il conclave di
Caserta, particolarmente
riferito alla parola inu-
tile tale infatti si è dimostrato nella sua due
giorni, al di là dei proclami di coesione della
maggioranza e dei propositi di riformismo da
attuare, udite udite nei
prossimi cinque anni.
La montagna ha partorito il topolino, nessun
riferimento al ministro
Amato per carità, si doveva parlare di pensioni, di riforma elettorale,
di pacs, di liberalizzazioni, di partito democratico, di giustizia, di
mezzogiorno, di infrastrutture, di ambiente e
di sicurezza, ogni ministro con il suo pacchetto di proposte con un
occhio alle amministrative prossi me venture
che, si presume, costituiranno un test molto
importante per questo
governo.
Di riforma delle pensioni non se ne è parlato
perché Rifondazione e i
Comunisti italiani non
ne vogliono sapere,
hanno detto che non è
prioritario; di pacs
nemmeno perché alla
Bindi le viene lo
“sternicchio”; di riforma elettorale non ce n’è
due d’accordo; di giustizia c’è Mastella che
è un mostro di bravura
inutile parlarne; di infrastrutture sono in disaccordo sulla Tav, Di
Pietro la vuole Pecoraro
Scanio no; di partito democratico Fassino lo
vuole Rutelli non si sa,
(Continua a pagina 10)
ECONOMIA
10 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
Fumata nera
(Continua da pagina 9)
con la stessa velocità
con la quale l’ha detto….quindi il simpatico
Pier Luigi dovrà trovarsi un’altra occupazione.
non si hanno notizie di
cosa vogliano la Pollastrini e la Meandri forse
le hanno portate per illeggiadrire il paesaggio.
Sulle liberalizzazioni invece si è deciso: hanno
fatto fuori Bersani!
Il mezzogiorno ha fatto
bingo !
Prodi, con la chiarezza
che gli è propria, ha
spiegato che sarà sua
responsabilità portarle
a termine e se lo farà
Arriveranno cento milioni di euro spalmati in
sette anni, ricostituendo, di fatto quella cassa
del mezzogiorno tanto
cara alla Democrazia
cristiana, ma non è tutto
merito del governo perché l’ottantacinque per
cento sono fondi della
comunità europea e solo
il quindici per cento effettivamente stanziati
Dunque molto fumo e
niente arrosto, si ritorna
a casa con un niente di
fatto, o meglio, con la
certezza che la sinistra
radicale dirige l’orchestra e che la musica è
stonata!
Gli unici contenti sono
stati i casertani che hanno avuto la gioia di vedere per due giorni le
strade pulite, almeno
quelle riguardanti il percorso delle auto blu,
quelle non interessate al
passaggio vivevano la
loro squallida quotidianità.
Masaniello
Comunicato Stampa
Riforma Rai: Libertà e qualità,
ottimi obiettivi, vediamo come centrarli
di Tana de Zulueta
“Il Comitato Per un’Altratv saluta con piacere i
5 traguardi che il Ministro Paolo Gentiloni ha
annunciato oggi in occasione della presentazione
delle linee guida per la
riforma della RAI e, in
particolare, l’obiettivo di
conquistare l’autonomia
dal governo e dalla politica.
Noi -aggiunge de Zuluetapensiamo che per centrare gli obiettivi della
libertà e della qualità la
nostra proposta di legge
di riforma del settore
radiotelevisivo dia maggiori garanzie di indipendenza. La nostra
proposta prevede infatti
l’introduzione di un
Consiglio per
le
comunicazioni audiovisive, i cui membri sono in
maggioranza
(11 su 21) nominati dal la
società
civile
(sindaca ti, artisti, im prenditori, giornalisti, Terzo settore, accademi ci, autori, as sociazioni de gli utenti).
Dei rimanenti 10 membri, 3 vengono eletti dagli enti locali e 7 sono
nominati dal Parlamento. Partento dalla premessa che l’informazione dovrebbe vigilare sulla politica e non vicever-
sa prevediamo l’abolizione della Commissione parlamentare di
vigilanza.
E’ quanto afferma Tana de
Zulueta, presidente del Comitato
“Per
un’Altratv”,
intervenendo sulle linee
guida di riforma della
RAI presentate questo
pomeriggio dal Ministro
Paolo Gentiloni.
“Il Comitato -aggiunge
de Zulueta- nel contesto
della molto opportuna
consultazione pubblica
che il Ministro ha annunciato chiederà quan-
to prima un incontro
pubblico”.
De Zulueta ricorda inoltre
che “Il Comitato ''Per
un' altratv'', è sostenuto
da Sabina Guzzanti,
Moni Ovadia, Paolo
Hendel, Marco Travaglio e tante personalità
del mondo del giornalismo e della cultura. La
nostra proposta di legge
di iniziativa popolare,
firmata tra gli altri anche da Enzo Biagi, Franca Rame e Dario Fo,
verrà discussa in Parlamento insieme al ddl
Gentiloni”.
♦
RAI: per l’autonomia dai partiti
Si deve fare di più
di Francesco De Carlo Ufficio stampa Megachip
A Gentiloni, quel che è di
Gentiloni: bene sul metodo della sua riforma Rai,
che significa consultazione della società civile; bene sullo stop alle fantasie
di privatizzare la Rai; bene alla fine della dipendenza Rai dalla pubblicità.
Ma ai cittadini, cioè agli
utenti, non viene proposto
ciò che è di loro proprietà:
il controllo della televisione pubblica.
Questa Fondazione, che
dovrebbe nominare i Consigli di Amministrazione
delle tre società operative
sarebbe una discreta base di discussione, se non
fosse che i suoi vertici
sono nominati dai partiti.
E siamo daccapo.
E poi: che ci sta a fare la
commissione parlamentare di vigilanza? Non sono
i media a dover controllare i partiti?
Molto meglio la proposta
“Per un’altra Tv” che ha
già raccolto 50 mila firme.
Noi la preferiamo, ma siamo pronti a discutere. Si
cominci da subito.
Giulietto Chiesa
Presidente di
Megachip
27 gennaio 2007
INTERNI
Giustizia e Libertà
11
Cambiare:
un processo lungo e faticoso
di Alessandro Blasetti
Una frenetica ridda di
dichiarazioni, dubbi,
ed estemporanee
esternazioni sta continuando in questi giorni a
intasare il dibattito politico Italiano, nei luoghi deputati, ed esageratamente
nei media, stravolgendo
l’auspicio che la popolazione si riaffezioni alla
politica, proponendo, piuttosto che un serio dibattito
la rumorosità e la pochezza del gossip ovunque.
La miccia l’ha accesa il
contendere sulla base Americana a Vicenza, da
qui, complice una opposizione che totalmente priva
di una linea politica da
seguire non trova meglio
da fare che bombardare
giornali e tv di dichiarazioni continue sulla debolezza della maggioranza,
sull’antiamericanismo, sul
l’asservimento alla “sinistra oltranzista”, sul la
fine imminente dell’esecutivo e tutto il repertorio
di inutili previsioni che
sentiamo fare quotidianamente da mesi; da qui dicevamo si è scatenata una
sequela interminabile di
supposizioni sui
metodi e di problemi da risolvere, subito e drasticamente.
Cerchiamo, per
quanto non facile, di fare il punto.
L’attuale Governo ha una quantità notevole di
problemi da affrontare,
sono
quelli endemici
e strutturali del nostro Paese la cui presenza nell’Unione Europea mette
via via in risalto, sono
quelli di cinque anni precedenti che hanno indebolito l’economia, imbarbarito la partecipazione sociale alla politica, e portato al collasso le strutture
amministrative, sono anche i problemi di una nazione che negli ultimi
quindici anni, faticando a
esprimere una volontà
sociale determinata dall’elettorato e passata allegramente dal Craxismo a
“Mani Pulite”, dalla nascita del fenomeno Lega
nord all’ingresso nell’Euro, dal crollo della DC
con la nascita di mille filiazioni spesso illegittime
a due governi Berlusconi.
In termini clinici, una anamnesi a dir poco preoccupante.
Sono necessari cambiamenti radicali, è evidente;
ma cambiare richiede
tempo, energie, disponibilità e consenso, tutti ingredienti che non si combinano facilmente e che
non si ottengono con
mosse “miracolistiche” e
spregiudicate.
tati nei pregevoli articoli cato coinvolgimento della
riportati in questo nume- fede cattolica nel tessuto
sociale quotidiano, bhè, ci
ro.
sembra incosciente e velLa questione “Vicenza” leitario.
ha evidenziato il malessere di chi nell’elettorato Quanto a riforme e liberanon ama molto lo strapo- lizzazioni, il primo minitere arrogante che gli U- stro era stato chiaro: “non
SA applicano da tempo saranno indolori”.
con i loro alleati sul piano
militare.
Già perché a sentire la
gente per strada tutti voL’equilibrio fin qui man- gliono riforme e liberaliztenuto è per evoluzione zazioni; ma a scapito destorica destinato a modifi- gli altri, non certamente a
carsi, la nascita di un uni- proprio svantaggio; va
co interlocutore Europa così che riformare, liberasul piano politico mondia- lizzare, significa abbattere
le mostra già termini di- i muri dei privilegi, le
versi di confronto; ma roccaforti delle corporacercare di risolvere tutto zioni, il monopolio delle
con un voltafaccia ad ac- lobbies e il nostro Paese e
cordi ed equilibri stabiliti strutturato da secoli di
da oltre mezzo secolo non tradizione corporativa da
sarebbe una scelta politi- sempre: nelle professioni,
ca, piuttosto un risibile nelle aziende di servizi,
comportamento da “re- nelle università, nella sapubblica delle banane”, nità eccetera, eccetera, e
improprio quanto ineffi- per operare dei cambiamenti strutturali c’è bisocace.
gno si di una forte volontà
Del peso della Chiesa politica, ma indispensaCattolica nel quotidiano bilmente di un più moderdel nostro Paese si è scrit- no livello di coscienza
to ed analizzato lunga- sociale, altrimenti riformente dai Patti Latera- mare non ha senso.
nensi in poi; che una nazione moderna riesca ad Ci auguriamo infine che
Prendiamo a spunto alcu- esprimersi in politica lai- la lucida analisi sui rischi
ni degli argomenti affron- camente, priva cioè di della sinistra fatta da Euc o n d i z i o n a - genio Scalfari, resti un
menti religio- monito fermo e inattaccasi, è necessità bile e che gli Italiani abevidente
di biano fatto con il governo
tutto il per- Berlusconi quegli anticorcorso politico pi necessari che Indro
delle demo- Montanelli considerava
crazie
occi- possibili solo dopo “aver
dentali,
che provato”, e che molti
questo venga sostengano la necessità
però ottenuto improrogabile di cambiacon giochi di re, dedicando a questo
parole nelle obbiettivo costanza lungide
finizioni mirante ed energie.
legislative
senza consiAlessandro Blasetti
derare il radi-
12 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Basi USA a Vicenza
di PdR
E’ uno dei temi più dibattuti dalla recente politica
italiana. Anche se solo in
questi giorni l’eco si sta in
parte spegnendo su televisioni e giornali, l’ampliamento della base americana a Vicenza farà ancora
molto discutere, specialmente considerando il più
ampio quadro di politica
estera, da sempre l’anello
debole della coalizione di
centro-sinistra.
Per lunghi anni ci siamo
dilungati in critiche feroci
contro il precedente governo Berlusconi per l’appoggio da questi dato nella guerra in Iraq, criticando, ed i fatti ci hanno dato
ragione, le scelte operate
solo in nome di una sorta
di sudditanza filo-bushiana, nata essenzialmente
dal desiderio egocentrico
dell’ex-premier di ben
apparire di fronte all’alleato americano, anche a
scapito della sicurezza
nazionale.
Oggi ci troviamo a dover
criticare una scelta del
governo che abbiamo appoggiato dichiaratamente,
per spirito di coerenza,
per gli stessi motivi che ci
hanno portato a dissentire
sulla guerra irakena.
Sia ben chiaro, in tutto
questo non vuol esserci
alcunché di anti-americano, nel senso ideologi-
co, ben ricordando il sacri
ficio dei soldati d’oltreoceano nella seconda guerra mondiale per la nostra
libertà.
Gli Stati Uniti sono da
sempre parte della nostra
identità culturale, in cui,
per motivi storici, politici
ed economici finiamo necessariamente con l’identificarci.
Essi sono anche la nazione di residenza di tanti
nostri connazionali emigrati nel corso del secolo
scorso in cerca di fortuna.
La concessione di questa
base rischia però di divenire un appoggio indiretto
alla causa irakena che
proprio in questi giorni è
stata in discussione al
Congresso americano (e
che ha visto la negazione
del piano Bush).
Oltre a risultare francamente inutile sotto l’aspetto logistico, basta vedere, ci aiuta il primo articolo, quante basi sono già
presenti sul nostro territorio.
Se nulla eccepiamo verso
un’amicizia con gli USA,
chiediamo però che ciò
avvenga nel pieno rispetto
della nostra libertà e dignità, e non sia inquadrato
in un mero rapporto di
servilismo.
♦
Somario degli articoli sulle «BASI U.S.A a VICENZA»
Lo stivale a stelle e stri- villaggio per duemila-tremila Vicenza, l'annuncio di Il vicepremier risponde alle
addetti, in arrivo della Ger- Prodi "Il governo non si proteste della sinistra radicasce
le: "La posizione del
Tutto il territorio italiano, da mania.
opporrà".
Aviano a Lampedusa, disseminato di basi americane.
Tredicimila militari e quindicimila civili americani sono
loro ospiti permanenti.
“Via libera all'ampliamento premier è la posizione del-
Vicenza, migliaia in cor- della base militare america- l'esecutivo".
teo.
na". “Non contrastiamo
Hanno chiesto di non proce- una decisione presa dal pre- L'Italia è il Paese che
dere all'allargamento dell'ae- cedente esecutivo". Il Dipar- spende per le truppe Usa
timento di Stato Usa: "De- più di tutti nell'Ue.
roporto .
cisione molto apprezzata e
Aeroporto a Stelle e Strisce
Nuova base americana a benvenuta".
Chiamatela “Fort Asby"
L’annuncio dell’ambasciato- Vicenza. Italia verso il
12.000 americani nella
re Usa: “Abbiamo definito no, gli Usa premono.
Vicenza: polemiche sull’accordo”. Sembler saluta la Il governo Berlusconi aveva base di Vicenza.
l’ampliamento della caEderle e abbandona la pru- detto sì alla richiesta di allarBase
Usa,
P r o - serma USA - Traditi
denza “Tutto fatto col gover- gare la struttura.
no”.
di:"Posizione
finale". dalla base.
Vicenza,
P r o d i : Pecoraro: "Così salta Profondo sconcerto tra i cattolici che si riconoscono nel
Verdi e comunisti: “Il "Risposta a tempo debi- l'Afghanistan".
governo mentì alla Ca- to".
Il premier sul raddoppio: Centrosinistra per la decisiomera”.
Amato: "Il governo dica sì "Non si torna indietro". ne presa dal Governo. Ma
Il ministro Parisi aveva assicurato che “non c’erano vincoli con gli americani” per il
raddoppio della struttura militare. Ora la sinistra dell’Unione insorge. Sette deputati
veneti riferiscono: Letta ha
confessato che l’esecutivo “è
stato costretto” a prendere la
decisione.
agli Usa". E' polemica sulla
nuova base Nato. Il premier
prende tempo Ma il ministro
dell'Interno e Mastella premono per una risposta positiva.
E in Parlamento sulla
base Usa arrivano 120 Centrosinistra, gelo anno dall'Unione.
che per Cameri.
La diessina Trupia per prote-
Base Usa, l'Unione si sta si sospende dal partito. I Il vescovo: “Siamo stati
spacca: Prc, Pdci e Ver- "resistenti" di Vicenza rice- lasciati soli”.
vuti da Letta che assicura
di contro Prodi.
Proteste della Chiesa sulla
D'Alema: "Bene il premier,
ma fossi il sindaco farei referendum". Il sottosegretario all'Economia Cento:
Viaggio nella città divisa "Come il caso della Tav".
dall'allargamento della struttura militare. Nei piani c'è un
Vicenza, la base della
discordia: "Niente aeroporto ai parà Usa".
Bertinotti: "No a nuove or- non tutti sono d'accordo:
ganizzazioni militari".
“Così si salvano posti di
lavoro”.
l'impegno a "ridurre i disadecisione di rispettare gli
gi" per la popolazione.
impegni presi dal governo
Base Usa di Vicenza, Berlusconi.
Rutelli chiude "Il governo non torna indietro".
♦
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
13
BASE ITALIA
Tutto il territorio italiano, da Aviano a Lampedusa,
disseminato di basi americane
Lo stivale a stelle e strisce
Tredicimila militari e quindicimila civili USA ospiti permanenti
Di Falco Accade (Liberazione 22.02.1998)
Isole di segretezza
Strutture sorte senza
l’autorizzazione
del Parlamento
Non è del tutto nota la quantità in America di personale impiegato nelle
basi Usa e Nato in Italia, ma grosso
modo si tratta di circa tredicimila militari e quindicimila civili.
Vediamo dove si trovano alcune di
queste basi, facendo una specie di giro
d'Italia.
Partiamo dalla Toscana.
Tra Pisa e Livorno si trova la vastissima base di Camp Darby, un'immensa
area attrezzata a depositi e magazzini
presso cui opera l'ottavo gruppo di supporto Usa che garantisce il sostegno
logistico a tutte le forze americane operanti a sud del Po ed ha una responsabilità sul bacino del Mediterraneo ed il
Nord-Africa.
A Camp Darby operano circa un migliaio di persone.
Non lontano da Camp Darby, a Coltano, è installato un potente sistema di
telecomunicazioni.
Spostiamoci ora verso la Liguria.
A La Spezia è installato il Centro
antisommergibile di Saclant, che effettua studi oceanografici attinenti alla
ricerca di sommergibili.
Da La Spezia passiamo in Lombardia,
a Ghedi, presso Brescia.
Qui si trova un "munitions support
squadron" per la conservazione di
bombe nucleari.
Da Ghedi dirigiamoci verso il Triveneto.
A Verona c'è l'Air Operations Centre (con 2500 persone).
A Vicenza opera la Setaf (Support
European Task Force) che ha per
missione il supporto aerotattico alle
unità nucleari missilistiche terrestri. In
questa base vengono messe in opera le
Adm, cioè le munizioni di demolizione
atomica, in pratica le mine atomiche.
Vengono qui custodite e costruite le
testate nucleari per le forze armate alleate nella regione meridionale della Nato.
Presso Vicenza c'è un'unità di supporto
chiamata Camp Ederle che si estende
negli spazi della grande caserma di
Ederle. Presso l'aeroporto militare è
acquartierato un gruppo tattico di paracadutisti ed un battaglione di obici. In
ambito Nato è assicurata alla Allied
Mobile Force (Ace) la possibilità di
effettuare operazioni militari nazionali
Usa nell'eventualità di interventi che si
estendono fino al Medio Oriente.
A Longare, presso Vicenza, si trova
un importante deposito di armamenti
Usa ed altri depositi si trovano a Tormeno San Giovanni a Monte.
Presso Aviano, l'aeroporto reso ben
noto dalle operazioni in Bosnia e più
recentemente dall'incidente della funivia del Cermis, opera un ragguardevole numero di forze aeree Usa.
Dal Triveneto spostiamoci verso l'Emilia.
A Rimini troviamo la sede di un Munitions Support Squadron per l'attivazione di bombe nucleari.
Dall'Emilia scendiamo verso la Campania: giungiamo così a NapoliCapodichino, la grande base Usa
situata presso l'aeroporto che ha sostituito di recente quella dislocata presso
Bagnoli.
Conta su circa 3500 uomini e si estende nel suo sobborgo-satellite di Cirigliano.Vi sono dislocate attività di supporto e logistiche ed anche importanti
comandi della Nato, oltreché il comando della Sesta flotta.
La base navale Usa di Gaeta (che in
futuro dovrebbe trasferirsi a Taranto)
ospita alcune unità maggiori della Sesta flotta.
Nei dintorni di Napoli, presso il lago
Patria, a Giugliano, si trova una stazione di comunicazione Satcom ed
un'altra stazione di comunicazione si
trova a Montevergine, ad Avellino.
Da Napoli passiamo alla Puglia.
A San Vito dei Normanni c'è una
base che ospita il 499° Expeditionary
Squadron e l'Electronics Security
Group (gruppo di intelligence elettronica).
In Puglia ci sono altre basi, come quella di Gioia del Colle, per la ridislocazione di aerei arnericani.
Ad Otranto, Martina Franca, Iacotenente, vi sono impianti della rete
radar Nadge.
Spostiamoci ora in Sicilia, dove troviamo innanzitutto la base di Sigonella, la stazione aeronavale con reparti operativi e di supporto Usa, dotata di aerei antisommergibili, mentre a
Niscemi è situata una stazione di comunicazione (NavComTelSta).
A Lampedusa vi è una installazione
per la navigazione Loran.
Passiamo infine in Sardegna, dove si
trovano numerose ed importanti basi:
Teulada, Zona costiera Sulcis
Inglesiente.
La più grande zona addestrativa straniera che include praticamente tutta la
costa da Capo Teulada a Capo
Frasca, circa cento km. La zona è
usata per esercitazioni aeree ed aeronavali della Nato e della Sesta flotta (tiro
contro costa) ed include anche un centro addestramento per unità corazzate.
Decimomannu: è l'aeroporto probabilmente più grande della Nato. La sua
superficie è vasta quanto quella di tre
aeroporti civili; Si tratta di un vecchio
aeroporto rimesso in funzione nel 1955
in seguito ad un accordo tra Germania,
Canada ed Italia.
Salto di Quirra: una vasta zona comprendente poligoni missilistici sperimentali e di addestramento interforze.
I poligoni sono situati presso il paese
di Perdas de Fuego.
Lungo la costa si giunge a Capo San
Lorenzo: vi si addestrano unità della
Nato e della Sesta flotta con attività
nelle varie combinazioni terra-ariamare.
Capo Frasca: poligono di tiro della
Nato e Usa.Vi sono situati impianti
radar, eliporto, basi di sussistenza.
Collegato con Torre Frasca e Torre
Grande di Oristano e Sinis di Cabras. Tempio: base Nato per ricerche elaborazioni dati ed impianti radar.
Inizialmente vennero installate anche
rampe missilistiche nella zona della
Limbara, tra Oschiri e Tempio.
Infine Tavolara: base Usa per stazione radiotelegrafica ad onda lunga per
poter comunicare con i sommergibili.
♦
14 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Il territorio italiano, da Aviano a Lampedusa,
è disseminato di basi americane (ben 113), come si può
osservare in questa carta d’Italia
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
15
Questo elenco delle basi e installazioni militari degli USA in Italia
è stato realizzato grazie al meticoloso lavoro di ricerca
di A.B. Mariantoni, la mappa e alcuni commenti sono tratti dal sito :
www.iraqlibero.at
Elenco per Regioni
Leggenda della carta
di pag 14
Trentino Alto Adige
1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf.
2. Monte Paganella [Tn]. Stazione
telecomunicazioni Usaf.
Friuli Venezia Giulia
3. Aviano [Pn]. La più grande base
avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf
in Italia [almeno tremila militari e
civili americani ]. Nella base sono
dislocate le forze operative pronte
al combattimento dell'Usaf [un
gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione
Usa, nonché uno squadrone di F-18
dei Marines. Si presume che la base
ospiti, in bunker sotterranei la cui
costruzione è stata autorizzata dal
Congresso, bombe nucleari. Nella
base aerea di Aviano (Pordenone)
sono permanentemente schierate,
dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16
[nella guerra contro la Jugoslavia
nel 1999, effettuo' in 78 giorni
9.000 missioni di combattimento:
un vero e proprio record] e la 16th
Air Force. Quest'ultima è dotata di
caccia F-16 e F-15, e ha il compito,
sotto lo U. S. European Command,
di pianificare e condurre operazioni
di combattimento aereo non solo
nell'Europa meridionale, ma anche
in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi
principali: Aviano, dove si trova il
suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord,
ma l'impiego degli aerei della 16th
Air Force sara' pianificato e diretto
dal quartier generale di Aviano.
4. Roveredo [Pn]. Deposito armi
Usa.
5. Rivolto [Ud]. Base USAF.
6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro
dell'Usaf.
7. San Bernardo [Ud]. Deposito
munizioni dell'Us Army.
8. Trieste. Base navale Usa.
Veneto
Piemonte
9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della
Setaf della Us Army, che controlla
le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio.
Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila.
10. Vicenza: Comando Setaf.
Quinta Forza aerea tattica [Usaf].
Probabile deposito di testate nucleari.
11. Tormeno [San Giovanni a
Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni.
12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti.
13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi
e munizioni
14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni
15. Istrana [Tv]. Base Usaf.
16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa.
17. Verona. Air Operations Center
[Usaf ]. e base Nato delle Forze di
Terra del Sud Europa; Centro di
telecomunicazioni [Usaf].
18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa.
19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa.
20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar
Nsa.
21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa.
22. Monte Venda [Pd]. Antenna
telecomunicazioni e radar Usa.
23. Venezia. Base navale Usa.
24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa.
25. Lame di Concordia [Ve]. Base
di telecomunicazioni e radar Usa.
26. San Gottardo, Boscomantivo
[Ve]. Centro telecomunicazioni
Usa.
27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa.
31. Cameri [No]. Base aerea Usa
con copertura Nato.
32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato.
Lombardia
Liguria
33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ].
34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di
telecomunicazioni della Us Army.
35. San Bartolomeo [Sp]: Centro
ricerche per la guerra sottomarina.
Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della
Nato che non è indicata in nessuna
mappa dell'Alleanza atlantica. Il
Saclant svolgerebbe non meglio
precisate ricerche marine: in un
dossier preparato dalla federazione
di RC si parla di "occupazione di
aree dello specchio d'acqua per
esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI
flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco,
un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente
per gli esperimenti sui materiali da
guerra, composta da cinquecento
persone e undici istituti
[dall'artiglieria, munizioni e missili, alle armi subacquee].
Emilia Romagna
36. Monte San Damiano [Pc]. Base
dell'Usaf con copertura Nato.
37. Monte Cimone [Mo]. Stazione
telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
38. Parma. Deposito dell'Usaf con
copertura Nato.
39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato.
40. Rimini. Gruppo logistico Usa
per l'attivazione di bombe nucleari.
41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa.
Marche
42. Potenza Picena [Mc]. Centro
radar Usa con copertura Nato.
28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito Toscana
43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il
di bombe nucleari.
29. Montichiari [Bs]. Base aerea più grande deposito logistico del
Mediterraneo [tra Pisa e Livorno],
[Usaf ].
30. Remondò [Pv]. Base Us Army.
(Continua a pagina 16)
108. Sorico [Co]. Antenna Nsa.
16 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Leggenda della carta di pag 14
(Continua da pagina 15)
con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui,
in 125 bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di
munizioni. Strettamente collegato
tramite una rete di canali al vicino
porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento delle unità navali di stanza
nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di
supporto Usa e Base dell'US Army
per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo,
nel Golfo, nell'Africa del Nord e la
Turchia.
44. Coltano [Pi]. Importante base
Usa-Nsa per le telecomunicazioni:
da qui sono gestite tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo.
Deposito munizioni Us Army; Base
Nsa.
45. Pisa [aeroporto militare]. Base
saltuaria dell'Usaf.
46. Talamone [Gr]. Base saltuaria
dell'Us Navy.
47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e
Tirli: Centro radar Usa con copertura Nato.
48. Livorno. Base navale Usa.
49. Monte Giogo [Ms]. Centro di
telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sardegna
50. La Maddalena - Santo Stefano
[Ss]. Base atomica Usa, base di
sommergibili, squadra navale di
supporto alla portaerei americana
"Simon Lake".
51. Monte Limbara [tra Oschiri e
Tempio, Ss]. Base missilistica Usa.
52. Sinis di Cabras [Or]. Centro
elaborazioni dati [Nsa].
53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione
radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us Navy.
54. Torre Grande di Oristano. Base
radar Nsa.
55. Monte Arci [Or]. Stazione di
telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed
impianto radar Usa.
57. Santulussurgiu [Or]. Stazione
telecomunicazioni Usaf con copertura Nato.
58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale.
59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo
Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200
ettari di terreno e più di 70 mila et-
tari di zone "off limits": poligono
di tiro per esercitazioni aeree ed
aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato.
60. Cagliari. Base navale Usa.
61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto
Usa con copertura Nato.
62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base
aerea Usaf.
63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni
missilistici.
64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona
di addestramento per la Sesta flotta
Usa.
65. Monte Urpino [Ca]. Depositi
munizioni Usa e Nato.
81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa.
82. Giugliano [vicinanze del lago
Patria, Na]. Comando Statcom.
83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria
Usaf.
84. Mondragone [Ce]: Centro di
Comando Usa e Nato sotterraneo
antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso
di guerra
85. Montevergine [Av]: Stazione di
comunicazioni Usa.
Basilicata
79. Cirigliano [Mt]. Comando delle
Forze Navali Usa in Europa.
Lazio
86. Pietraficcata [Mt]. Centro tele66. Roma. Comando per il Medi- comunicazioni Usa e Nato.
terraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze
Usa. Stazione Nato
Puglia
67. Roma Ciampino [aeroporto mi- 87. Gioia del Colle [Ba]. Base aelitare]. Base saltuaria Usaf.
rea Usa di supporto tecnico.
68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione 88. Brindisi. Base navale Usa.
telecomunicazioni Usa con coper- 89. Punta della Contessa [Br]. Politura Nato, in probabile collegamen- gono di tiro Usa e Nato.
to con le installazioni sotterranee di 90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi
Monte Cavo
sarebbero di stanza un migliaio di
69. Monte Romano [Vt]. Poligono militari americani del 499° Expedisaltuario di tiro dell'Us Army.
tionary Squadron;.Base dei Servizi
70. Gaeta [Lt]. Base permanente Segreti. Electronics Security Group
della Sesta flotta e della Squadra [Nsa ].
navale di scorta alla portaerei "La 91. Monte Iacotenente [Fg]. Base
Salle".
del complesso radar Nadge.
71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola 92. Otranto. Stazione radar Usa.
telecomunicazioni Nato sotto con- 93. Taranto. Base navale Usa. Detrollo Usa.
posito Usa e Nato.
94. Martinafranca [Ta]. Base radar
Campania
Usa.
72. Napoli. Comando del Security
Force dei Marines. Base di som- Calabria
mergibili Usa. Comando delle For- 95. Crotone. Stazione di telecomuze Aeree Usa per il Mediterraneo. nicazioni e radar Usa e Nato.
Porto normalmente impiegato dalle 96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione
unità civili e militari Usa. Si calco- di telecomunicazioni Usa.
la che da Napoli e Livorno transiti- 97. Sellia Marina [Cz]. Centro teleno annualmente circa cinquemila comunicazioni Usa con copertura
contenitori di materiale militare. Nato.
73. Aeroporto Napoli Capodichino.
Base aerea Usaf.
74. Monte Camaldoli [Na]. Stazio- Sicilia
98. Sigonella [Ct]. Principale base
ne di telecomunicazioni Usa.
terrestre
dell'Us Navy nel Mediter75. Ischia [Na]. Antenna di telecoraneo
centrale,
supporto logistico
municazioni Usa con copertura Nadella
Sesta
flotta
[circa 3.400 tra
to.
militari
e
civili
americani
]. Oltre
76. Nisida [Na]. Base Us Army.
ad
unità
della
Us
Navy,
ospita
di77. Bagnoli [Na]. Sede del più
versi
squadroni
tattici
dell'Usaf:
grande centro di coordinamento
dell'Us Navy di tutte le attività di elicotteri del tipo HC-4, caccia
telecomunicazioni, comando e con- Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi
di F-16 e F-111 equipaggiati con
trollo del Mediterraneo.
78. Agnano [nelle vicinanze del bombe nucleari del tipo B-43, da
famoso ippodromo]. Base dell'Us più di 100 kilotoni l'una.
99. Motta S. Anastasia [Ct]. StazioArmy.
ne
di telecomunicazioni Usa.
80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa.
(Continua a pagina 17)
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
17
Leggenda della carta di pag 14
(Continua da pagina 16)
100. Caltagirone [Ct]. Stazione di
telecomunicazioni Usa.
101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi
Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci ha scritto,
precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare
italiana.
102. Palermo Punta Raisi
[aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf.
103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato.
104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata.
105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
106. Augusta [Sr]. Base della Sesta
flotta e deposito munizioni.
107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di
telecomunicazioni Usa.
109. Centuripe [En]. Stazione di
telecomunicazioni Usa.
110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us
Navy ].
111. Trapani. Base Usaf con coper-
tura Nato.
112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy,
base aerea e radar Nato.
113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di comunicazioni
Nsa.
A.B. Mariantoni
www.kelebekler.kelebleker.
com/occ/busa.htm
www.iraqlibero.at
Aeroporto a Stelle e Strisce
L’annuncio dell’ambasciatore Usa: «Abbiamo definito l’accordo». Sembler
saluta la Ederle e abbandona la prudenza «Tutto fatto col governo» «A noi
va la parte a nord mentre ai militari italiani è destinata la parte sud». Sono
già stati stanziati 800 milioni di dollari per realizzare le strutture necessarie ad accogliere 2.000 soldati della 173ª. Il gen. Bell frena un po’:
«Restano alcuni puntini sulle “i”...»
di Mariano Smiderle (Giornale di Vicenza, 13 aprile.2005)
Forse perché è al passo d’addio, o
forse perché vuole dare l’accelerata
decisiva alle trattative.
Sta di fatto che l’ambasciatore americano in Italia, Mel Sembler, in
visita alla caserma Ederle per commemorare i 4 soldati morti in Afghanistan, ha rotto il vetro della
prudenza e ha annunciato ufficialmente che è stato raggiunto un accordo sul futuro utilizzo della base
aerea dell’aeroporto "Tomaso Dal
Molin".
«Il governo italiano -ha dichiarato
in un’intervista rilasciata al giornale delle forze armate americane in
Europa Stars and Stripes- ha concesso all’esercito statunitense l’utilizzo di una parte del "Dal Molin" allo scopo di trovare posto
alle nuove truppe che presto saranno dislocate nel nord Italia».
Prima della partenza per l’Afghanistan, il generale Jason Kamiya, comandante della Setaf, era stato molto cauto ed aveva evitato qualsiasi
commento ufficiale.
Ora l’uscita di Sembler apre una
nuova era. «Questo accordo -ha
sottolineato l’ambasciatore- rappresenta un cruciale e decisivo
passo avanti nei negoziati avviati
due anni fa e intensificati in questi mesi, dopo che il governo degli
Stati Uniti aveva deciso di trovare lo spazio per collocare i duemila soldati in più destinati a
quest’area. Gli Usa hanno stanziato 800 milioni di dollari, che
saranno spesi nell’arco dei prossimi dieci anni per costruire uffici, alloggi, scuole e cliniche mediche nei pressi dell’aeroporto».
Da un paio d’anni, da quando, cioè,
la Nato dispose il trasferimento
della V Ataf (ora Cofa, Comando
operativo forze aeree) dal Dal Molin, Vicenza, a Poggio Renatico,
vicino a Ferrara.
Dalla sera alla mattina le strutture
che ospitavano i militari e il personale della Nato (non si dimentichi
che, nel corso della guerra dei Balcani, il cervello di tutte le operazioni era a Vicenza) si sono svuotate,
trasformando la base aerea in una
sorta di spettrale mausoleo.
Ha resistito per qualche mese in
più il generale Giovanni Sciandra,
con qualche altro ufficiale.
Poi, via loro, quella zona del Dal
Molin è rimasta desolatamente
chiusa.
Restavano, e restano (per il momento) il 27° Genio campale e il
10° Gruppo manutenzione elicotteri dell’aeronautica militare, che oc-
cupano però le strutture a loro destinate.
È stato allora che il governo americano ha cominciato a premere su
Berlusconi per avere la disponibilità degli alloggi lasciati liberi e, a
seguire, per ottenere le concessioni
a realizzarne di altri. Dopodiché, la
cosa sembrava destinata a cadere in
virtù del piano di riduzione delle
truppe statunitensi in Europa, disposto dal presidente Bush. Riduzione che è sì stata confermata, ma
con un’unica eccezione: Vicenza.
Ecco perché la questione Dal Molin tornò prepotentemente alla ribalta.
Ora, secondo le dichiarazioni di
Sembler, l’accordo è raggiunto. Il
generale B.B. Bell, comandante
delle forze armate americane in
Europa, ha aggiunto che l’incremento dei soldati in servizio a Vicenza giocherà un ruolo importante
nell’ottica della ristrutturazione
globale.
L’esercito americano infatti ridurrà
nei prossimi 5-10 anni le proprie
truppe in Europa da 62 mila a 24
mila effettivi, mentre verrà trasferito da Heidelberg a Wiesbaden
(città entrambe nel sudovest della
(Continua a pagina 18)
DOSSIER BASE USA A VICENZA
18 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
Il ministro Parisi aveva assicurato che «non c’erano vincoli con gli americani» per il raddoppio della struttura militare. Ora la sinistra dell’Unione insorge
Verdi e comunisti: «Il governo mentì alla Camera»
Sette deputati veneti riferiscono: Letta ha confessato che l’esecutivo «è
stato costretto» a prendere la decisione
da http://gazzettino.quinordest.it (18.01.2007)
Roma
Aeroporto
a Stelle e Strisce
(Continua da pagina 17)
Germania) il quartier generale delle Forze terrestri statunitensi.
Lo ha annunciato ieri ad Heidelberg la portavoce dell’Esercito Usa Elke Herberger.
Il numero delle aree e dei poligoni
americani sul territorio europeo
verrà ridotto da 236 a 88.
I piani del generale Bell prevedono inoltre la riduzione da 13 a
quattro del numero dei comandi
operativi in Europa: Grafenwoehr
(Baviera, Germania), Wiesbaden
(Assia, Germania), Kaiserslautern
(Renania-Palatinato, Germania) e
appunto Vicenza.
Ai due battaglioni della 173ª attualmente di stanza alla Ederle
(ora in missione in Afghanistan),
ne sarà aggiunto un 3°.
E questi saranno i corpi d’elite di
pronto impiego in caso di conflitti
o di operazioni di peacekeeping
nelle zone più calde del medio oriente.
«Anche se non sono stati messi
tutti i puntini sulle i -aggiunge il
gen. Bell- credo di poter dire che
siamo ormai arrivati in vetta alla montagna. Credo che ci sia il
consenso di tutte le parti in causa».
Prudente era Kamiya, prudente
rimane Bell.
Mentre l’ambasciatore Sembler
entra nel dettaglio degli accordi,
spiegando che «l’esercito americano avrà l’uso esclusivo della
parte situata a nord della base,
mentre i militari italiani useranno la parte a sud». «Come le altre basi statunitensi in Italia aggiunge- la terra su cui sorgeranno le nuove strutture resterà
di proprietà italiana».
A cosa è dovuta questa accelerata
finale ?
Sembler rivela che gli ufficiali italiani e i funzionari del ministero dei
trasporti avevano chiesto più tempo
per studiare quali parti del Dal Molin avrebbero dovuto essere riservate all’Aeronautica militare e quali,
invece, al traffico commerciale.
«Gli ufficiali americani -conclude
Sambler-, che avevano già preso
in considerazioni altre aree, per
esempio Aviano, hanno però fatto
pressione perché la decisione delle autorità italiane fosse presa. E
credo che questa svolta si rivelerà
molto positiva per la comunità di
Vicenza».
Per Sembler è un addio in bellezza.
Dopo tre anni e mezzo passati al
servizio di Bush, saluta e se ne va.
Ha detto che gli anni passati in Italia possono essere definiti storici.
«Prima di tutto -perché spiegasono stato il primo ambasciatore
dalla fine della Seconda guerra
mondiale a interfacciarsi con un
unico presidente del Consiglio» (leggasi Silvio Berlusconi
nde).
Una coincidenza a cui pochi avevano fatto caso e che, magari, è stata
utile in sede di trattativa per
l’"affitto" dell’aeroporto vicentino
Mariano Smiderle
Giornale di Vicenza
13 aprile.2005)
La reazione della sinistra radicale
resta assai aspra e ora si muove su
due piani: la richiesta pressante di
un referendum in sede locale, la
protesta perché, secondo Pdci,
Verdi e Prc, su questa vicenda il
governo avrebbe mentito in Parlamento.
Ad aprire le danze, ieri, è stato il
rifondatore Russo Spena: è
«probabile» che qualcuno sia in
malafede, «di sicuro c'è una sottovalutazione della questione»,
commentava.
E aggiungeva: «Mi risulta che il
ministro degli Esteri avesse già
predisposto un dossier il cui orientamento era per il "no" all'allargamento della base Usa.
Così anche il ministro della Difesa», e invece «improvvisamente»
poi è cambiato tutto.
Se il senatore di Prc ipotizza un
giallo nel processo decisionale di
Palazzo Chigi, altri esponenti della
sinistra radicale accusano esplicitamente il loro governo di aver
«mentito in Parlamento».
In particolare, sette parlamentari
veneti -dopo essere stati ricevuti
dal sottosegretario alla Presidenza,
Enrico Letta-, puntano l'indice
contro le risposte del ministro della
Difesa, Parisi, ad alcune interrogazioni parlamentari presentate tempo fa sulla vicenda della base americana.
Laura Fincato (Margherita), Elettra
Deiana (Prc), Gino Sperandio (Prc),
Tiziana Valpiana (Prc), Luana Zanella (Verdi), Lalla Trupia (Ds) e Severino Galante (Pdci) riferiscono che il
sottosegretario «ci ha detto testualmente che "il governo è stato costretto" ad assumere questa
decisione». E aprono un duro contenzioso: «Durante un question
time a Montecitorio avevano detto, e fra gli altri c'era il ministro
della Difesa Parisi, che non c'era
nessun vincolo con gli americani.
Ci hanno detto una bugia», denuncia Lalla Trupia.
(Continua a pagina 19)
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
19
Verdi e comunisti: «Il governo mentì alla Camera»
(Continua da
pagina 18)
non è in discussione.
In una interrogazione a
Prodi, Galante argomenta: «Il
governo
dice di non
poter opporsi a decisioni già
prese dall'esecutivo
Berlusconi,
in settembre invece
il ministro
della Difesa
diceva che
non
era
stata presa
alcuna decisione.
Il sottosegretario Cento (Verdi) osserva
minaccioso:
«Uno
strappo, sia sulla base Usa di Vicenza sia
sulla missione italiana in Afghanistan,
può far aprire un
problema
politico
molto serio».
L'interrogativo è consequenziale:
sulla base di quali false informazioni, e fornite da chi, il ministro
della Difesa è stato indotto a riferire notizie false alla Camera», il
27 settembre 2006, quando appunto
Parisi affermò che «per quanto
riguarda le decisioni, a tutt'oggi,
con la controparte Usa non sono
stati sottoscritti impegni di alcun
genere. La disponibilità di massima manifestata dal precedente
governo non si è tradotta in alcun
accordo scritto».
A questo punto, Verdi, Pdci e Rifondazione promettono la massima
mobilitazione contro la decisione,
Anche se il rifondatore Giordano distingue: («La questione
della base di Vicenza
non c'entra con l'Afghanistan. Sono due
cose distinte. Sull'Afghanistan va fatta una riflessione su
come sta evolvendo
insistono sul referendum tra i citta- la situazione.
dini di Vicenza e chiedono che il
governo riferisca immediatamen- Discuteremo e ci confronteremo») appare evidente che il centrote» in Parlamento.
sinistra avrà non poche difficoltà
Il responsabile esteri del Pdci, Ve- quando si discuterà in Parlamento
nier, annuncia: «Serve una mobili- del rifinanziamento delle missioni
tazione unitaria nazionale di tutti all'estero. Pdci e Verdi hanno già
coloro che si oppongono alle basi annunciato un loro «no».
Nato e Usa. Dalla Sardegna al
Friuli, dal Piemonte alla Tosca- Anche la sinistra Ds, inoltre, è assai
na, alla Puglia, le singole lotte irritata. Per Salvi, «il governo di
perdono ma tutte insieme posso- centrosinistra ha una strana tendenza a farsi male», mentre Gloria
no vincere».
Buffo sibila: «Siamo contrari a
Giordano (Prc) avverte: «Solleve- questa base. Non c'è ragione perremo la questione in consiglio dei ché si faccia questo sfregio alla
ministri, se ci fosse un voto vote- città di Vicenza».
remmo in modo contrario», ma
comunque assicura che il governo ♦
Viaggio nella città divisa dall'allargamento della struttura militare
Nei piani c'è un villaggio per duemila-tremila addetti, in arrivo della Germania
Vicenza, la base della discordia
"Niente aeroporto ai parà Usa"
di Alberto Statera (www.repubblica.it, 26.10.2006)
VICENZA - Dopo mezzo secolo di
convivenza con gli americani, Vicenza rivive oggi la "sindrome del
barbiere Eolo" raccontata da Goffredo Parise nel 1956. E stasera lo
psicodramma, scandito da una manifestazione di protesta politicamente trasversale nella piazza palladiana che solo cinque giorni fa ha
inneggiato agli anatemi di Berlusconi contro Prodi e fischiato l'inno
nazionale, si consuma in un Consi- gnori un italo-americano di nome
g l i o c o m u n a le a r r o v e n t a t o . Roy de Ciccio sospettò che fosse
una staffetta spedita in città per i
Nella Sala Bernarda dovrà decidere primi contatti con la popolazione
se dare o no l'aeroporto Dal Molin alla vigilia dell'installazione delle
alla 173esima Brigata paracadutisti, truppe Setaf. Di lì a poco giunsero
facendo di Vicenza la più potente le truppe americane. Aveva ragione
base militare americana d'Europa. Eolo. Ma stavolta il Roy de Ciccio
non s'è visto, perché a preparare a
Il barbiere Eolo vedendo arrivare dovere il terreno del nuovo sbarco
mezzo secolo fa in piazza dei Si(Continua a pagina 20)
20 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Vicenza, la base della discordia "Niente aeroporto ai parà Usa"
(Continua da pagina 19)
americano, già concordato dal governo Berlusconi, c'era il sindaco
forzista, grande amico dell'ex
premier, il quale è stato testimone
delle sue seconde nozze.
Ex fascista, o post, poi deputato
leghista nel 1994 e infine approdato
a Forza Italia, Enrico Hullweck, un
medico pediatra che la sua ex avversaria elettorale Laura Fincato,
deputata ulivista vicentina, definisce sorridendo "mellifluo", trattava
in segreto almeno da un paio d'anni
la superfetazione della presenza
militare americana a Vicenza e la
concessione dell'aeroporto Dal Molin.
Operazione strategica per gli Stati
Uniti, che ai bordi
di quella pista, distante solo un paio
di chilometri dalla
basilica palladiana,
hanno
progettato
un nuovo villaggio
per due o tremila
soldati americani
provenienti
dalla
Germania,
dove
non li vogliono più,
che si aggiungerebbero ai 3000 già in
città, riunificando i
quattro battaglioni
e il comando della
173esima brigata
paracadutisti,
il
team di combattimento, la brigata
aviotrasportata d'élite destinata ad
operazioni "chirurgiche" in Medioriente.
Tanto che a presentare l'operazione,
accolto più o meno con gli onori
che spettarono a Orson Wells e a
Olivia de Havilland nel 1955, giunse il 27 gennaio 2004 alla Caserma
Ederle, sede delle truppe americane
di stanza a Vicenza, il vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney. Hullweck sapeva. Ma non l'ha
detto alla città, finché la città non
l'ha scoperto.
Così i tranquilli vicentini, quasi tutti occupati normalmente a far tre
volte il segno della croce e a contar
schei, non l'hanno mandata giù e
stasera, senza distinzione di colore,
andranno a urlarlo sotto la Sala
Bernarda.
"La protesta è nata dai comitati
spontanei, i partiti sono arrivati do-
po", giura Laura Fincato che, con
Lalla Trupia, ha raccolto alcune
decine di firme di parlamentari ulivisti per il "no" al progetto americano. Un bel problemino per il ministro della Difesa Arturo Parisi,
che si trova in mano impegni del
precedente governo, l'opposizione
di parte cospicua della maggioranza e Rifondazione Comunista che
minaccia addirittura di "negare il
sostegno all'esecutivo", al momento per bocca del segretario veneto e
deputato Gino Sperandio e del segretario cittadino Ezio Lovato, se il
prevedibile "sì" del Consiglio comunale vicentino venisse avallato
dal governo senza che prima si
svolga almeno un referendum.
dutisti della 173esima, dal campanile della basilica? "Il generale
Frank Helmick giura che non useranno la pista dell'aeroporto e che
in città non ci saranno armamenti
pesanti, già custoditi a pochi chilometri di distanza a Longare e Tormeno e in altri siti di stoccaggio
segreti sparsi nei dintorni. Ma possibile che la brigata d'élite debba
fare 150 chilometri di autostrada in
camion o in pullman, attraversando
il passante di Mestre, per partire
verso una missione "chirurgica" in
Medio Oriente o anche per andare
ad addestrarsi? O i paracadutisti si
lanceranno dal campanile?
Lecito allora pensare che la pista
sia l'oggetto del desiderio. Se è così, sarebbe come autorizzare una caserma da
600 mila metri cubi più
pista d'atterraggio a
Villa Borghese a Roma
o al Valentino a Torino.
"Uscivano alle prime
ore del mattino, pochi
potevano vederli", scriveva Goffredo Parise
nel
racconto
"Americani a Vicenza", che avrebbe voluto
essere un reportage,
ma, come lui dice, "è
piuttosto una intuizione figurativa della funebre spettacolarità di
oggetti
ame ricani
Uno dei leader dei comitati sponta- (uomini e cose) che vidi cinque
nei, che si chiama Albera, snoccio- anni dopo in America, carichi del
la i mille e uno motivi, a parte i loro falso splendore".
silenzi menzogneri di Hullweck,
per dire no a Camp Ederle 2: l'ae- Anche oggi escono alle prime ore
roporto Dal Molin è in piena zona del mattino dalla caserma Ederle,
residenziale, sul fiume Bacchiglio- per il jogging d'addestramento in
ne, a un paio di chilometri dal cen- gruppo verso il Monte Berico, con
tro di Vicenza, patrimonio Unesco gli zaini affardellati. O, più o meno
dell'umanità, ed è l'unica area verde verso la stessa ora, escono dalle
da Vicenza a Schio e Thiene; l'im- discoteche di lap-dance, dalle peripatto ambientale e per la mobilità ferie del sesso a pagamento. E sono
sarebbe devastante, non meno della questi, spesso ragazzi che tornano
perdita di valore delle case e della da missioni in Iraq, che angosciano
definitiva americanizzazione della la città serena e produttiva che ha
città, che già di problemini ne dà introiettato la democristianità dei
Rumor e dei Bisaglia, il culto dei
non proprio da niente.
papi.
Ma il vero argomento lo coglie
Marino Quaresimin, ex sindaco di E' l'angoscia dei tassisti del primo
Vicenza della Margherita: "Perché turno, dei vicentini faticatori e matgli americani vogliono proprio l'ae- tinieri che ne vedono qualcuno piroporto Dal Molin e non le altre sciare ubriaco sulle pietre del Palmigliori localizzazioni che si sono ladio o, peggio, a far rissa tra loro,
proposte? Chiaro, perché gli inte- come mezzo secolo fa capitò a Paressa la pista. Lo dice la logica: da rise, sgomento per un lago di sandove volete che si buttino i paraca(Continua a pagina 21)
21 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Vicenza, la base della discordia "Niente aeroporto ai parà Usa"
(Continua da pagina 20)
gue che usciva da un occhio accoltellato.
Interviene, efficiente, la Military
Police e il generale garantisce che i
controlli saranno persino più severi.
Ma come frenare ragazzi che tornano dalle missioni di guerra ?
Quelli che hanno famiglia stanno
nel loro "Villaggio della pace", se
non sono di turno escono col loro
immenso Suv targato "ZA", cui
nessun vigile fa le multe, ma la spesa si fa dentro, il pane arriva dalla
Germania. Dentro la caserma e
dentro il villaggio ci sono il supermercato, la scuola, il campo di basket e baseball, le piscine, i centri
ricreativi, adesso pure l'ospedale, in
base ad un accordo con la Usl numero 6, di cui si dice informato l'ex
sindaco Quaresimin. Sono forse
quindicimila in tutto, con le famiglie, più del dieci per cento dei vicentini.
Trecentosei milioni di dollari è l'investimento previsto per il raddoppio della base, che potrebbero salire
al doppio. I costruttori locali, Ingui,
Maltauro e gli altri, sono lì ansiosi
per la nuova americanizzazione cementiera, ma non tutta la locale
Confindustria presieduta dal capo
di Federmeccanica Massimo Calearo. Il sindaco e i suoi, come il consigliere di An Francesco Rucco,
che pur si dichiara fortemente
"antiamericano", dicono che l'economia potrà giovarsene e anche
l'occupazione di personale vicentino nella base, che è già di qualche
centinaio di persone.
dovrebbe ospitare basi che sono
strumenti di quella politica? Si
chiudano, semmai, anche quelle
esistenti, in ossequio alla sovranità
nazionale.
fare a scaricabarile, e per Prodi.
L'American heart of Vicenza rischia di diventare per loro un altro
incubo.
www.repubblica.it
Brutta serata, dopo Sala Bernarda, 26 ottobre 2006
per Arturo Parisi, che non potrà più
Hanno chiesto di non procedere all'allargamento dell'aeroporto
Dal Molin destinato ad ospitare la 173esima Brigata aviotrasportata americana
Vicenza, migliaia in corteo
contro l'ampliamento
della base Usa
Manifestazione pacifica: "Parisi, l'Italia si aspetta
un no"
di Alberto Statera (www.repubblica.it, 26.10.2006)
VICENZA "Parisi, Vicenza e l' Italia
aspettano un
no". E' il cartello con il
messaggio diretto al ministro della Difesa che un
ragazzo allegrissimo mette
sotto gli occhi
di tutti, nel
corso
della
La Camera di commercio e gli enti manifestaziolocali hanno partecipato a sponso- ne dei 20 mila,
rizzare un libretto intitolato The secondo stime
american heart of Vicenza che è un prudenti, ma
piccolo peana americanista, teso a forse 30 mila
dimostrare che, dopo cinquant'anni secondo
gli
di coabitazione, gli americani a Vi- organizzatori,
cenza vivono "like ordinary citi- scesi in piazza
zens". Ma il 62 per cento dei vicen- contro il protini, secondo un sondaggio condot- getto di ampliamento della base Oltre 300 le sigle che hanno aderito dal professor Ilvo Diamanti su s t a t u n i t e n s e d i V i c e n z a . to, con un coordinamento ferreo,
un campione rappresentativo di 15nel respingere ogni provocazione,
00 persone, è fieramente contrario a E' stato un corteo di più di otto come auspicato più volte nei giorni
Camp Ederle 2.
chilometri - dalla caserma Ederle precedenti dal parlamentare Severifino all' aeroporto Dal Molin, dove no Galante (Comunisti Italiani).
Addirittura l'85 per cento pretende secondo progetto potrebbe trovar Tra i tanti presenti, c'era anche un
un referendum. Il vicepremier Fran- stanza la 173/a Brigata aviotra- gruppo di famiglie di credenti che
cesco Rutelli l'ha promesso, qua- sportata statunitense - nel quale, ha avviato una riflessione sulla palunque sia stanotte l'esito della Sala hanno sottolineato le parlamentari storale sociale e lavoro riguardo
Bernarda.
Luana Zanella (Verdi), Lalla Tru- alla questione dell'aeroporto Dal
Poi c'è la questione più generale, pia (Ds) e Laura Fincato Molin. Contro l' ampliamento della
che è stata posta dal vecchio libera- (Margherita), era rappresentata base si era espresso, in occasione
le Sergio Romano: se l'America fa t u t t a
l '
U n i o n e . del suo 85/o compleanno, anche lo
una politica estera non conforme ai
(Continua a pagina 22)
nostri interessi, perché mai l'Italia
22 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Il governo Berlusconi aveva detto sì alla richiesta di allargare la struttura
Nuova base americana a Vicenza.
Italia verso il no, gli Usa premono
L’ambasciatore Spogli chiede un incontro: «Vogliamo presto una risposta» Il dossier sul tabolo di Prodi. La Farnesiana: «Ma gli abitanti sono contrari». PRESSIONI, Washington
rifiuta una soluzione diversa da quella proposta all’Italia.
Di Nese Marco (www.corriere.it, 14.01.2007)
A Vicenza in migliaia in
corteo ...
(Continua da pagina 21)
scrittore Mario Rigoni Stern. Certamente contrari i Comitati cittadini di
Caldogno, Sant'Antonino e Vicenza:
secondo un recente sondaggio della
Demos di Ilvo Diamanti - citato nel
corso della manifestazione - il 61%
dei vicentini e il 75% dei caldognesi
è contrario alla nuova base; l' 84%
degli intervistati ha invece chiesto
che la parola definitiva sia lasciata ai
cittadini.
A ribadirlo, oggi, al megafono, gli
slogan dei Centri Sociali (circa 3.000
presenze): "no, no, No Global War"; i
circa 6.000 dichiarati dalla Cgil, la
decina di Comitati di Emergency arrivati da tutta Italia, come quelli delle
donne in mero che sono "contro le
basi americane, per liberare anche
Aviano (Pordenone) che ha 60 bombe
atomiche e Ghedi (Brescia) che ne ha
40", dice uno di loro. Fra le presenze,
anche Luciano Mazzolin (Prc), portavoce dell' assemblea NoMose contro
le dighe mobili nella laguna di Venezia: "siamo anche qui -dice Mazzolin- ad esprimere solidarietà contro
la gestione privatistica del territorio, a Venezia come a Vicenza".
Tra gli altri, in fondo al corteo, gli
anarchici del Fai (Federazione anarchica italiana). Dalla zona del circolo
Gramigna sono partiti anche slogan
contro Bertinotti e Diliberto, quest'ultimo definito "servo dei padroni, prima scende in piazza, poi voti le missioni". Tensione controllata dall' alto
da un elicottero, da un massiccio dispiegamento di forze dell'ordine, ma
alleggerita di fatto dal suono dei tamburi e delle musiche, mentre in testa
al corteo c'erano anche famiglie con
bambini .
ROMA - Sul tavolo di Romano
Prodi c' è un fascicolo che scotta.
Reca l' intestazione: «Base americana di Vicenza». Il documento era
nelle mani del ministro della Difesa Arturo Parisi che l' altro giorno
lo ha trasmesso al presidente del
Consiglio perché la materia è troppo spinosa e suscettibile di influire
sui rapporti internazionali. Se ne
occupi quindi il premier, decida il
capo del governo se deve essere
accolta o no la richiesta degli Stati
Uniti di ampliare la base militare
dell' aeroporto di Vicenza. A Washington aspettano una risposta in
tempi brevissimi. Avevano chiesto
un sì o un no entro il 15, e cioè entro domani. Sembrano disposti a
pazientare anche qualche giorno in
più (adesso si parla del 19), visto
che l' ambasciatore americano Ronald Spogli ha chiesto di incontrare il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri per un chiarimento
definitivo. Il colloquio avverrà
mercoledì. Il diplomatico americano spera di poter capire in quell'
occasione cosa intende fare il governo italiano, per poi riferire a
Washington. «Ma io - dice Forcieri
- potrò solo spiegare che se ne occupa personalmente Prodi». La
questione va comunque risolta in
questi giorni. Prodi deve compiere
una scelta non facile. Se dice sì,
dovrà fare i conti coi gruppi di e-
solo pacifista". C'è anche Renato
Fiorelli, di Gorizia, uno dei pochi
reduci delle marce MilanoVicenza 1967-1971.
"Allora eravamo un centinaio,
per cinque anni abbiamo manifestato a Vicenza davanti alla
Ederle -racconta- oggi sono ripartito da dove mi ero fermato
nel 1971, perchè poi le nostre
marce si erano spostate a Trieste ed Aviano". Tutti concordi i
Un solitario porta in spalla un Che parlamentari: "è necessario il reGuevara: "sono comunista, mi devo ferendum, il Governo aspetta
vergognare ? appartengo al Social che la città si pronunci".
Forum di Firenze". Altri sorreggono
la scritta: "non sono no-global, nè Www.repubblica.it
comunista, nè antiamericano, sono 3 dicembre 2006
strema sinistra, fieramente ostili
all' idea di offrire nuovi privilegi
agli americani. Dire no, equivale a
uno sgarbo verso un Paese amico.
Significa anche dichiarare chiusa
la fase della concessione di basi
militari a truppe straniere sul territorio italiano. Cosa che i partiti
più radicali reclamano a gran voce. Tutti i segnali concordano in
questo momento nel far ritenere
che alla fine il governo opterà per
il gran rifiuto. Spiacenti, ma la
risposta è no. «Temo proprio che
sia così - dice il diessino Forcieri , temo che si vada verso il no». Se
davvero finirà così, la giustificazione è già pronta: verrà spiegato
agli americani che la gente non
vuole, che a Vicenza si agita una
forte opposizione all' iniziativa.
Lo stesso ministro degli Esteri
Massimo D' Alema, che nei giorni
scorsi si era adoperato nel tentativo di ammorbidire le resistenze di
Rifondazione e Pdci, ora mette in
risalto gli umori della gente e i
problemi locali con cui fare i conti. «Non è una questione politica
di governo - sostiene infatti D'
Alema -. È una questione che riguarda la popolazione locale. Il
professor Ilvo Diamanti mi ha
detto di aver fatto un sondaggio
secondo il quale oltre il 70 per
cento degli abitanti risulta contrario. So che la Difesa ha proposto
un' altra area, un' area militare».
Gli americani ci contavano. Antonio Martino, ministro della Difesa
nel governo Berlusconi, aveva
dato il consenso. Il Comune di
Vicenza era favorevole. Gli Stati
Uniti avevano capito che potevano andare avanti e così hanno proceduto con sopralluoghi e studi di
fattibilità per una spesa di 10 milioni di dollari. Il piano prevede l'
ampliamento della base che gli
americani già occupano attorno
all' aeroporto allo scopo di creare
una sede in grado di accogliere la
173a brigata aviotrasportata,
1.800 militari che oggi si trovano
sparpagliati un po' in Germania e
un po' in Italia. Gli Stati Uniti si
accollerebbero anche la spesa per
(Continua a pagina 23)
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
23
E' polemica sulla nuova base Nato. Il premier prende tempo Ma il ministro dell'Interno e
Mastella premono per una risposta positiva
Vicenza, Prodi: "Risposta a tempo debito"
Amato: "Il governo dica sì agli Usa"
da www.repubblica.it (15.01.2007),
Nuova base americana a Vicenza ...
(Continua da pagina 22)
la costruzione della rete viaria circostante, di una circonvallazione e
di una barriera per non arrecare
disturbo al traffico aereo civile. L'
intera operazione verrebbe a costare 500 milioni di dollari, di cui
300 messi a bilancio nel 2007. La
commissione Difesa del Senato
americano comincia a discuterne
domani proprio per approvare lo
stanziamento dei fondi. Ecco perché Washington aspettava una
risposta entro il 15. «Il nuovo governo -osserva il sottosegretario
Forcieri- poteva rispettare gli
impegni presi da Berlusconi oppure dire no subito. Ora tutto è
più complicato». Preoccupati dall' assenza di segnali provenienti
dal governo italiano, gli esponenti
dell' amministrazione americana
martellano da tempo con richieste
di chiarimenti l' ambasciata italiana a Washington. Ci avevate promesso, dicono. E dall' ambasciata
partono verso Palazzo Chigi rapporti che danno conto del nervosismo e della crescente irritazione
degli americani. In uno di questi
messaggi spediti al governo italiano è detto chiaro che gli Stati Uniti rifiutano una soluzione diversa.
Il ministero della Difesa si era
detto disponibile a concedere una
base alternativa in Italia, nella zona di Udine.
Al Pentagono hanno respinto l'
offerta perché questo aprirebbe
una fase di nuove trattative, discussioni per l' esproprio dei terreni, e allungherebbe di molto i
tempi. Invece le forze armate statunitensi vogliono chiudere subito. Allora, se l' ampliamento della
base non è possibile, preferirebbero abbandonare del tutto Vicenza
e concentrare l' intera brigata in
Germania o addirittura in Bulgaria.
In questo caso rimarrebbero senza
lavoro i 700 civili italiani occupati
nella base.
Nese Marco
www.corriere.it14.01.2007
LUBIANA
"Daremo la risposta a tempo dovuto".
Questa la risposta del presidente del
Consiglio, Romano Prodi, a chi gli
chiede quale sia la sua posizione
circa il raddoppio della base Usa di
Vicenza. Il premier ha incontrato
questa sera a Palazzo Chigi il ministro degli Esteri Massimo D'Alema e
il ministro della Difesa Arturo Parisi. Fonti di Palazzo Chigi sottolineano che Prodi prenderà una decisione sull'ampliamento della base americana entro venerdì, in base agli
approfondimenti in corso da parte
dei ministri competenti, D'Alema e
Parisi.
La vicenda della nuova base americana in Veneto non fa che alimentare le polemiche sull'anti-americanismo italiano già sollevate in
questi giorni da Silvio Berlusconi.
Significativo, in tal senso, il botta e
risposta di ieri tra il leader di Forza
Italia, Silvio Berlusconi, da una parte, e il premier Romano Prodi e il
ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, dall'altra. Ma tutto questo non
basta. La spinosa questione della
base militare americana a Vicenza,
che il governo statunitense vorrebbe
ampliare e farvi confluire altri
1.800 soldati, per il momento dislocati in Germania, si pone perfettaUna risposta, quella del presidente mente al centro di tante polemiche.
del Consiglio, che non va molto
d'accordo con la posizione del mini- Con la maggioranza spaccata e la
stro dell'Interno Giuliano
Amato secondo il quale
"l'Italia farebbe bene a
dire di sì" ad un ampliamento della base Usa a
Vicenza "perché c'è stato
un orientamento già espresso dal precedente
governo" in tal senso.
E, dello stesso avviso del
collega Amato, è anche
Clemente Mastella: "I
patti
internazionali,
quando si fanno, devono
essere rispettati".
Un eventuale 'no' italiano, secondo
Mastella, gli americani "lo prenderebbero come uno schiaffo in faccia, non rispetto a Bush ma al paese Stati Uniti", perchè un diniego
toccherebbe "il rapporto con gli
Usa nel suo complesso e non solo
con un'amministrazione o un governo".
La replica di Prodi viene seguita da
alcune voci fatte filtrare da Palazzo
Chigi e tese a gettare acqua sul fuoco delle polemiche. La sostanza è
che prima si ragiona sul progetto e
poi si daranno delle risposte.
Chi ha avuto modo di sentire Prodi
nelle ultime ore riferisce di un
premier determinato a dare una risposta chiara scegliendo il meglio
per i cittadini e per l'operatività della base.
sinistra decisamente contraria all'allargamento. Pino Sgobio, capogruppo dei Comunisti italiani alla
Camera, lo testimonia: ''Dopo il
ritiro dei nostri militari dall'Iraq
- premette -, il governo rompa gli
indugi e dia un ulteriore segnale
di discontinuità sul piano internazionale''.
Dal Pdci al Prc, ma la musica non
cambia. ''C'e' un fronte molto ampio, sostenuto dalla maggioranza
dell'opinione pubblica vincentina,
che non vuole l'ampliamento della base americana - spiega Gennaro Migliore, presidente dei deputati
di Rifondazione comunista a Montecitorio-. Bisogna rispettare il
volere dei cittadini e mi auguro
che il governo dica no agli americani''.
(Continua a pagina 24)
24 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
D'Alema: "Bene il premier, ma fossi il sindaco farei referendum"
Il sottosegretario all'Economia Cento: "Come il caso della Tav"
Base Usa, l'Unione si spacca
Prc, Pdci e Verdi contro Prodi
Cicchitto (FI): "Sono stati costretti a dire sì da Berlusconi"
da www.repubblica.it (16 gennaio 2007)
ROMA
Prodi dice sì, e l'Unione si spacca.
Sono di segno diametralmente opposto le reazioni che arrivano dalla
maggioranza alla decisione di rispondere positivamente alla richiesta Usa di allargare la base di Vicenza. Mentre il Polo plaude alla
decisione.
Il ministero degli Esteri Massimo
D'Alema commenta in serata a Ballarò, e dice che la presenza di basi
militari americane in Italia non è
Prodi: risposta
a tempo debito …
(Continua da pagina 23)
Stessa lunghezza d'onda per Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi
alla Camera, secondo il quale
''non c'è antiamericanismo nel
dire no all'ampliamento della
base militare di Vicenza, ma la
capacità di ascoltare la popolazione, che è contraria''.
E se Ds e Margherita sembrano
attendere sviluppi, a schierarsi in
maniera opposta a Verdi, Pdci e
Prc è di certo l'ex segretario dei
Radicali, Daniele Capezzone, che
avverte: ''Dire 'no' agli Usa a
proposito della base di Vicenza
sarebbe un errore grave e, peggio ancora, un triplice atto di autolesionismo''.
Come se non bastasse, ad alimentare il dibattito contribuisce anche
il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro che ha dichiarato di
essere a favore dell'ampliamento,
''perchè facciamo parte di un'alleanza".
Ma il leader dell'Italia dei Valori
va oltre, aggiungendo: ''Prodi mi
ricorda Ponzio Pilato. Per non
decidere rinvia. E' chiaro che il
governo è condizionato dall'estrema sinistra".
www.repubblica.it
(15 gennaio 2007)
mai stata in discussione: "Il fatto
che vogliano concentrare e razionalizzare la loro presenza è una
richiesta legittima alla quale il
governo doveva dare una risposta
sulla base dell'alleanza che abbiamo con gli Stati Uniti".
Il titolare della Farnesina aggiunge
anche che, nei panni del sindaco
della città, "avrei ritenuto di consultare i cittadini con un referendum", perchè per gli abitanti del
luogo "la questione della base è
problematica".
Ma "essendo al governo -conclude- la
decisione non spetta
a noi".
Poi, lo stesso D'Alema svela un retroscena. Il governo italiano aveva offerto agli
Stati
Uniti
una
"soluzione alternativa" e cioè di realizzare le nuove strutture in una "vasta area" in prossimità della
base aerea di Aviano.
"E' talmente poco
vero che noi siamo
antiamericani
che
noi abbiamo offerto
loro altre possibilità..."
Ma intanto la polemica politica si
accende.
Per il sottosegretario all'Economia
Paolo Cento, deputato dei Verdi, si
tratta di una "decisione sbagliata
che rischia di diventare come il
caso della Tav. Noi continueremo
ad opporci e faremo diventare la
questione della base protagonista
di una grande mobilitazione nazionale".
Duro anche il presidente dei Verdi
e ministro dell'Ambiente.
Secondo Alfonso Pecoraro Scanio,
''La volontà popolare, contraria
all'ampliamento della base militare, è stata tradita dal Comune e
per questo è necessario indire subito un referendum. Non condividiamo la decisione di Prodi e lo
invitiamo ad ascoltare i cittadi-
ni''.
"Sono molto deluso, molto dispiaciuto". Colto di sorpresa dalla notizia all'uscita dal Forum sullo spettacolo, il leader del Pdci Oliviero Diliberto commenta così la decisione
del premier.
"A questo punto -aggiunge Diliberto-, chiedo a maggior ragione
il coinvolgimento della popolazione e che si faccia subito il referendum".
Netto anche il dissenso di Franco
Giordano: "Non condivido la decisione di Prodi. In questo caso non
sono 'd'accordo con il premier",
dice il segretario di Rifondazione.
Positiva, invece, la reazione del
diessino Luciano Violante: "Sono
favorevole. Prodi ha fatto bene",
afferma il presidente della Commissione affari costituzionali della Camera.
I comitati cittadini per il "No" si
dicono "increduli": "E' inaccettabile che ci si pieghi ad un ricatto.
Pensavamo -dice Giancarlo Albero, rappresentante del coordinamento- che la sovranità nazionale
contasse ancora qualcosa”.
La Fiom-Cgil annuncia manifestazioni. "D'ora in poi -dice il segretario Giorgio Cremaschi- ogni manifestazione per la pace non potrà
(Continua a pagina 25)
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
25
Base Usa, l'Unione si spacca. Prc, Pdci e Verdi contro Prodi
(Continua da pagina 24)
che essere pure contro il governo:
la decisione presa dal presidente
del Consiglio ha un forte impatto
strategico sul rapporto tra governo e movimenti".
Reazioni negative anche dall'area
antagonista: "Credo che sia urgente ora convocare una mobilitazione straordinaria a carattere
nazionale per ribadire il no all'allargamento della base militare",
dice Francesco Caruso, parlamentare indipendente di Rifondazione
Comunista e leader dei centri sociali del Sud. "Bisogna far convergere, come già avvenuto il 2 dicembre scorso -prosegue Caruso - decine di migliaia di persone da tutt'Italia, per dare una spallata
e spazzare via le ambiguità e i
tentennamenti del governo su un
tema così delicato".
"Il governo si deve vergognare. E
non pensi che sarà così facile allargare la struttura: la lotta continuerà e il governo italiano sarà
costretto a reprimere con la violenza, come abitualmente fa, il
dissenso della maggioranza della
città", dice il leader dei Disobbedienti del Nordest Luca Casarini.
Il Polo.
"Ci fa piacere che le decisioni del
governo Berlusconi e la linea del
Comune di Vicenza abbiano costretto Prodi a dar via libera alla
conferma e all'ampliamento della
base Usa", afferma il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto.
"Bene, ora sappiamo che il comune di Vicenza ha salvato l'immagine e il ruolo internazionale dell'italia".
E' la tesi di Adolfo Urso, dell'esecutivo di An. "La questione dell'ampliamento della base Usa di Vicenza potrebbe non essere ancora
risolta".
Ad esserne convinto è il presidente
dei senatori di FI Renato Schifani.
Quello di Prodi "era un atto dovuto, per non dimostrare una totale
inaffidabilità rispetto agli impegni internazionali assunti dal nostro governo".
“Ora bisogna capire -aggiunge- se
Prodi "avrà la forza politica di
mantenerli o se cederà ancora
una volta alle pressioni dei suoi
alleati della sinistra radicale".
''Mi complimento con il Presidente Romano Prodi per una decisione assai positiva per il Veneto e che si allinea a quella presa a
suo tempo per il Mose e che mi
attendo altrettanto positiva in
merito alle questioni che riguardano il Passante di Mestre'', commenta il governatore
veneto Giancarlo Galan.
"Politicamente Prodi ha voluto
evitare una brutta figura con
gli alleati e ha dimostrato di
non voler cedere alle pressioni
di frange che facevano leva su
una forma di pressione colletti-
va", dice il sindaco di Vicenza
Enrico Hullweck.
www.repubblica.it
16 gennaio 2007
Via libera all'ampliamento della base militare americana".
Non contrastiamo una decisione presa dal precedente
esecutivo"
o-
Vicenza, l'annuncio di Prodi
"Il governo non si opporrà"
Il Dipartimento di Stato Usa: "Decisione molto
apprezzata e benvenuta"
da www,repubblica.it (16.01.2007)
ROMA
"Il governo non si opporrà all'allargamento della base militare Usa" di
Vicenza. La risposta di Romano
Prodi è arrivata, dopo le pressioni,
da destra e da sinistra, a prendere
presto una posizione sulla vicenda
dell'ampliamento della Base Ederle,
che ospita il comando della US
Army per l'Europa del Sud. Se dall'Italia fosse giunto un "no", la base
sarebbe stata chiusa e trasferita in
Germania. Invece da Bucarest, dove
si trova in visita ufficiale, il presidente del Consiglio ha anticipato:
"Sto per comunicare all'ambasciatore americano che il
governo
italiano
non si oppone alla
decisione, presa dal
governo precedente
e dal Comune di
Vicenza con un
voto del Consiglio
comunale".
Gli
Stati Uniti, si apprende dal Dipartimento di Stato americano, definiscono "molto apprezzata"
e
"benvenuta" la dichiarazione di Prodi. Apprezzamento "per l'attenta considerazione e
pinione favorevole" anche dall'ambasciatore Usa a Roma, Ronald Spogli.
Qualche minuto prima dell'annuncio
di Prodi, un monito al rispetto dei
"patti" era giunto anche dall'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, secondo il quale sarebbe stato
"gravissimo mostrarsi inaffidabili
nei confronti degli Stati Uniti e dell'Alleanza Atlantica". E in mattinata
all'idea del referendum, proposta dal
segretario Ds Piero Fassino, avevano aderito tutta anche la sinistra radicale e i comitati cittadini per il "no".
I
n
quanto al referendum, "a tutt'oggi
non è attuato", osserva Prodi, è "una
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
26
Vicenza, l'annuncio di Prodi "Il governo non si opporrà"
(Continua da pagina 25)
mera ipotesi" e "non è un problema
che riguarda l'attività di governo"
poiché si tratta di "decisioni locali"
e il governo non è chiamato "a nessun atto amministrativo". Il modo
con cui il Consiglio comunale di
Vicenza intenderà fare esprimere la
popolazione locale, conclude il presidente del Consiglio, "sarà sua responsabilità".
Prodi sottolinea che la vicenda non
rappresenta "un problema di natura
politica", bensì "una questione di
carattere urbanistico-territoriale". E
ricorda: il suo governo "si era impegnato a seguire il parere della
comunità locale". "Non abbiamo
ragione di opporci", precisa, rivelando che il governo italiano aveva
anche "offerto soluzioni che sembravano più equilibrate", ma che
alla fine "non è stato possibile ac-
cettare". In quanto a un incontro
con il presidente americano George
W. Bush, Prodi spiega che, al momento, "non è previsto", che
"avverrà al momento opportuno" e
che comunque "non c'è nessun problema" nelle relazioni italoamericane.
www.repubblica.it
16 gennaio 2007
12.000 americani nella base di Vicenza
da www,repubblica.it (16.01.2007)
Una enorme base, dentro e intorno
alla quale gravitano circa 12.000
militari e civili americani, i cui rapporti con le autorità italiane sono
regolati da accordi e memorandum
riservati risalenti al dopoguerra, ma
continuamente aggiornati: questa è
la Caserma Ederle di Vicenza che,
insieme al vicino aeroporto Dal
Molin, è al centro della querelle di
questi giorni.
La Ederle è una caserma italiana a
tutti gli effetti, con un comandante
italiano e un colonnello.
Quest'ultimo, secondo un organigramma americano, è sottocapo di
stato maggiore, mentre il capo di
stato maggiore è un colonnello Usa.
Nella scala gerarchica, prima del
colonnello c'è un generale a due
stelle americano che è il comandante generale della Setaf (la Southern
European Task Force), nonchè comandante di tutte le forze americane presenti a Vicenza.
I rapporti tra il comandante italiano
dell'istallazione e i comandanti americani sono regolamentati da atti
secretati.
Nell'ambito della Setaf opera la 173/a brigata paracadutisti Usa,
il reparto impiegato in Iraq
tre anni fa, e successivamente in Afghanistan.
In passato si chiamava
“Lyon Brigade” ed era organizzata su un solo grosso
battaglione di fanteria, che
esiste ancora con il nome di
1/o battaglione del 508/o
reggimento paracadutisti,
successivamente affiancato
dal 2/o del 503/o.
La Lyon si è quindi tramuta-
ta in 173/a brigata, che ha però anche altre forze in Germania.
L'aeroporto Dal Molin, distante 3-4
chilometri dalla Ederle, è invece
uno scalo civile e militare, che la
Nato utilizzava in passato.
E anche l'Aeronautica militare, che
lo gestisce, sarebbe intenzionata a
dismetterlo.
Il comandante è un ufficiale dell'Aeronautica.
Proprio il Dal Molin, essendo la
Ederle congestionata, dovrebbe ospitare il terzo battaglione della
173/a, di stanza in Germania, che
verrebbe così riunita in Italia.
C'è ad esempio un reparto Genio,
con macchine movimento terra e
altri mezzi, una batteria da artiglieria con cannoni aviotrasportabili da
105 mm.
Fondamentale è poi l'Area Support Group (ASG), una unità a
livello reggimento che gestisce tutta la base, dagli aspetti logistici a
quelli amministrativi.
Il comandante dell'ASG, un colonnello americano, ha alle sue dipendenze anche molti civili americani
(e anche diverse centinaia di italiani), che mandano avanti gli spacci,
la banca, la barberia, e tutto il 'life
support'.
E' un ufficiale-chiave e, non a caso,
lo chiamano il 'sindaco della Ederle'.
L'aeroporto non verrebbe impiegato -nè potrebbe, per le sue caratteristiche tecniche- per la partenza dei
parà americani nelle missioni all'estero: a questo scopo i soldati Usa
utilizzano l'aeroporto di Aviano.
Nella caserma anche un asilo,
scuole elementari, medie e un diLa Ederle è una sorta di città a stel- staccamento di un'università amerile e strisce: ospita il comando Se- cana. Il tutto a disposizione dei fitaf, a livello divisionale; il coman- gli dei militari e dei civili Usa che,
do della 173/a e i due battaglioni con l'ampliamento, potrebbero diche la compongono, e diverse altre ventare 3.000-3.500 in più.
unità a corollario.
I militari americani di stanza a Vicenza -a parte i mezzi del Geniopossono contare essenzialmente solo su altri veicoli
per il trasporto di materiale
e truppe e su due velivoli
C12 da otto posti, a disposizione del comandante; nessun mezzo da combattimento pesante.
Le armi sono quelle da reparto e individuali, oltre ad
alcuni cannoni da 105 millimetri.
Dentro la base gli americani
possono solo fare esercita(Continua a pagina 27)
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
Il premier sul raddoppio: "Non si torna indietro". Bertinotti
"No a nuove organizzazioni militari". Prc, Pdci, Verdi e sinistra Ds protestano
Base Usa, Prodi:"Posizione finale"
Pecoraro: "Così salta l'Afghanistan"
C'è chi rilancia l'idea del referendum: "Scelgano i cittadini"
I deputati veneti dell'Unione: "Non c'è nessun impegno, il governo ci ha
presi in giro"
da www.repubblica.it (17.01.2007)
ROMA
Il raddoppio della base Usa di Vicenza rischia di innescare una reazione a catena nella maggioranza.
Con Prodi che punta i piedi sulla
decisione del governo che ha detto sì agli americani, la sinistra radicale fortemente critica e pronta
a scendere in piazza e il ministro
verde Alfonso Pecoraro Scanio
che taglia corto: "Così non voteremo il rifinanziamento della missione in Afghanistan".
"Il governo ha preso una posizione finale sull'ampliamento della
base americana a Vicenza e su
questo non c'è nessuna osservazione da fare". Questa la replica
di Romano Prodi dopo una giornata di polemiche e attacchi tutti
interni alla maggioranza.
Il governo, se agisce così - aggiunge il premier - lo deve anche
all'esecutivo Berlusconi colpevole
di un'eccessiva segretezza sulla
12.000 americani nella base di Vicenza
(Continua da pagina 26)
zioni 'in bianco', cioè senza
proiettili reali.
Nel caso di attività addestrative a
fuoco nei poligoni italiani, si deve
seguire un determinato iter per
ottenere l'autorizzazione dalle autorità competenti.
Nella Ederle, dove i militari italiani dell'Esercito sono pochi, una
dozzina, è presente anche un reggimento di carabinieri (alcune
centinaia di uomini).
Questi si occupano anche della
scorta dei parà Usa quando questi
devono uscire armati per svolgere
esercitazioni.
www.repubblica.it
16 gennaio 2007
materia: "Sì - risponde Prodi a chi gli
chiede se non ritenesse poco pubblicizzata la scelta perchè noi non ne
sapevamo nulla e
credo che queste decisioni vadano prese
con maggiore conoscenza da parte dell'opinione pubblica".
Ma le parole di Prodi non sembrano bastare per contenere il
dissenso
intenro.
Tanto da rischiare di
coinvolgere anche la
missione in Afghanistan. Secondo
il ministro Alfonso Pecoraro Scanio "se i capigruppo dell'Ulivo avessero detto stop" al raddoppiamento della base Usa a Vicenza
"avremmo avuto un grande aiuto.
Si ricordino che il loro simbolo è
un simbolo di pace, non di sottomissione". E, dunque, dice il ministro ora "spetta all'Ulivo fare una
proposta. Il rifinanziamento alla
missione semplicemente così com'è
non lo votiamo".
Intanto Rifondazione comunista (il
senatore Giovanni Russo Spena:
"Non finisce qui") e il suo esponente di maggior prestigio, il presidente della Camera Fausto Bertinotti,
sparano a zero. Ma anche il Pdci, la
sinistra Ds e i deputati veneti dell'Ulivo. Questi ultimi scateti in una
critica a tutto campo alimentata
dalla sensazione, spiegano, di essere stati "buggerati" dalle promesse
non mantenute dell'esecutivo. Tanto che raccontano dell'incontro con
Enrico Letta in cui quest'ultimo
avrebbe ammesso: "Siamo stati costretti a dire sì".
"Il governo ci ha detto solo bugie spiegano in una conferenza stampa
sette parlamentari (Laura Fincato
della Margherita, Elettra Deiana,
Gino Sperandio, Tiziana Valpiana del Prc, Luana Zanella dei
Verdi, Lalla Trupia dei Ds e Severino Galante del Pdci) -. Prodi,
Parisi e D'Alema ci avevano spiegato che non c'era nessun impegno
preso da parte del governo italiano,
noi ci opporremo in tutti i modi a
questo insediamento militare".
Per manifestare la propria opinione
hanno voluto incontrare il sottosegretario alla presidenza, Enrico
Letta: "Ci ha detto testualmente riferisce Severino Galante del Pdci
- che il governo è stato 'costretto' a
prendere questa decisione. Noi non
abbiamo indagato sulla natura di
queste costrizioni, però...". "E'
pronto - afferma Elettra Deiana
(Prc) - un appello firmato già da 35
senatori e da tantissimi deputati.
Saremmo - continua - più di 120 in
tutto". Una bella patata bollente per
il governo.
Il primo a intervenire in mattinata è
proprio Fausto Bertinotti: "Ogni
atto che va nella direzione della
pace, compreso l'impedire nuove
forme di organizzazione militare, è
una buona cosa". Parole dure alle
quali Bertinotti aggiunge una nota
polemica: "I termini filoamericano
e antiamericano sono termini che si
possono usare solo in modo caricaturale e fuorviante, e chi ne resta
(Continua a pagina 28)
28 Giustizia e Libertà
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Base Usa, Prodi:"Posizione finale". Pecoraro: così salta l’afganistan
(Continua da pagina 27)
imprigionato manifesta subalterni- E che la questione non sia chiusa lo
sottolinea anche Russo Spena: "La
tà".
vicenda del raddoppio della base di
Ancora più esplicita la condanna di Vicenza non è finita e non finirà
Gennaro Migliore: "Non c'era nes- neppure se domani il governo comsun accordo formale precedente. metterà il grave errore annunciato
Non condividiamo le parole di pro- ieri".
di, le quali contraddicono quanto è
scritto nel programma. Il governo Ma a dissentire non è solo il Prc.
deve riferire immediatamente in Anche il Pdci e la sinistra Ds si
schierano contro. Pino Sgobio, caaula".
pogruppo alla Camera dei comunisti, nel rilanciare l'idea del referendum, spiega che "con questa scelta
si tradisce la volontà della maggioranza della popolazione vicentina".
Gloria Buffo, diessina, invece si
aspetta "che il mio partito dica
qualcosa"
www.repubblica.it
17 gennaio 2007
La diessina Trupia per protesta si sospende dal partito. I "resistenti" di Vicenza
ricevuti da Letta che assicura l'impegno a "ridurre i disagi" per la popolazione
E in Parlamento sulla base Usa
arrivano 120 no dall'Unione
di Carmelo Lopapa (www.repubblica,it, 19.01.2007)
ROMA
Sono già proiettati verso la batta- Le tensioni sono già proiettate sul
glia d'aula di fine gennaio per osta- voto d'aula - tra poche settimane colare il rifinanziamento della mis- sui nostri soldati impiegati a Kabul.
sione in Afghanistan. Ma i parlamentari della sinistra radicale hanno deciso di non gettare la spugna
sulla decisione del governo di consentire l'ampliamento della base
Usa di Vicenza.
Hanno fatto sapere di essere 120,
tra deputati e senatori. E si sono
dati appuntamento martedì sera alla
Camera. Si costituiranno in comitato (parallelo a quello dei
"resistenti" vicentini) e chiederanno al premier Prodi di riferire in
aula, ma soprattutto di fare marcia
indietro. E tutto questo non fa che
mantenere assai alta la temperatura
dentro la maggioranza, dopo il via
libera concesso dal presidente del
Consiglio alle autorità Usa. La diessina Lalla Trupia si è sospesa dal
partito per protesta nel bel mezzo
della direzione. Il segretario del Prc
Giordano ha ribadito il suo no su
Vicenza e ha lanciato un nuovo
messaggio a Prodi: "Penso che dobbiamo tenere aperto il confronto e
tenere le condizioni per un forte
elemento di discontinuità". Rispetto
al governo Berlusconi, sottinteso.
Anche per il leader del Pdci Oliviero Diliberto è stato "un errore molto
serio aver deciso di mettere a repentaglio la sicurezza non solo degli abitanti della città ma di tutta
l'Italia, perché la base Usa diventerà la più grande d'Europa". Per questo il ministro verde Pecoraro Scanio sollecita ora una "proposta pacifista".
Il ministro del Prc Ferrero invita il
suo governo a trovare il modo per
"uscire dal mandato in Afghanistan". Il segretario del Pdci Diliberto mette in guardia dalle sirene centriste dell'Udc pronte a sostenere la
missione proprio in sostituzione
della sinistra radicale. In quel caso,
è il messaggio, cambierebbe la
maggioranza "con tutte le conseguenze che questo potrebbe avere
sul governo Prodi".
Ma il fronte più caldo per il momento resta Vicenza. Un primo incontro i parlamentari della sinistra
Ds, di Rifondazione, dei Comunisti
italiani e dei Verdi lo hanno avuto
ieri mattina a Palazzo Madama, per
incontrare i rappresentanti del comitato vicentino per il no alla base.
Tra gli altri, il capogruppo dei Verdi-Pdci Manuela Palermi con la
senatrice del gruppo Anna Donati, i
deputati del Prc Paolo Cacciari,
Francesco Caruso e Elettra Deiana,
la diessina Lalla Trupia, il responsabile Esteri del Pdci Iacopo Venier. "Siamo 120 noi parlamentari contrari all'ampliamento della
base statunitense -ha raccontato
Elettra Deiana a nome del gruppo
al termine dell'incontro-. Martedì
formeremo questo comitato per
una mobilitazione permanente e
stileremo un'interrogazione parlamentare, che presenteremo nei
due rami del Parlamento. Prodi
deve venire in aula a darci spiegazioni sul perché si è stati così
superficiali su un tema così delicato. Il governo gioca a imbrogliarci".
Oggi pomeriggio è in programma il
sit-in di protesta dei comitati civici
vicentini davanti a Montecitorio,
intenzionati a consegnare a Prodi,
se non a bruciare, le schede elettorali. Alla manifestazione hanno aderito sigle di parecchie organizzazioni della sinistra antagonista. Ieri
pomeriggio le porte di Palazzo Chigi si sono aperte invece a una dele(Continua a pagina 29)
DOSSIER BASE USA A VICENZA
27 gennaio 2007
Giustizia e Libertà
29
Il vicepremier risponde alle proteste della sinistra radicale
"La posizione del premier è la posizione dell'esecutivo"
Base Usa di Vicenza, Rutelli chiude
"Il governo non torna indietro"
Il ministro Mussi: "Sull'ampliamento la discussione è aperta"
E sulla missione in Afghanistan: "Ridiscuterne i caratteri politici"
da www.repubblica.it (20.01.2007)
GENOVA
Sull'ampliamento della base militare americana a Vicenza "il governo ha già deciso e non torna
indietro".
Lo ha ribadito oggi il vicepremier
Francesco Rutelli, a Genova per
la consegna alla città del certificato Unesco sui palazzi dei Rolli.
"Il governo ha una linea chiara
e coerente su questo argomento
-ha detto Rutelli- siamo un paese
che prende degli impegni e li
mantiene, perché siamo un paese serio. La posizione del
premier è la posizione del governo".
Ma per il ministro dell'Università
Fabio Mussi sull'ampliamento della
12.000 americani
nella base di Vicenza
(Continua da pagina 28)
gazione dei cittadini che vogliono il referendum contro la base
Usa, ricevuti dal sottosegretario
Enrico Letta. "Ci ha detto che la
responsabilità di quanto è accaduto è tutta del sindaco di Vicenza - ha raccontato all'uscita
Patrizia Balbo, rappresentante
dei comitati -. Finché il sindaco
dice sì, la base sarà ampliata.
Non andiamo avanti con la
mobilitazione per il referendum". Letta, dal canto suo,
ha fatto saper di aver
"spiegato le responsabilità
che al nostro paese derivano
dalla sua collocazione internazionale e dalle sue alleanze
storiche". Il governo ha assicurato il suo "impegno per
ridurre il disagio per la popolazione e la totale collaborazione con le istituzioni locali e i cittadini". Ma questo
non implicherà in alcun modo un ripensamento del sì
alla base.
www.repubblica.it
base Usa "la discussione è aperta"
e il governo farebbe meglio a preferire il metodo del dialogo "che è
sempre produttivo". Ieri l'esponente della sinistra Ds ha sottolineato
che "in Veneto tutte le forze di centrosinistra manifestano una contrarietà radicale. Certo poi si dovrà
decidere, ma intanto vediamo".
Secondo il ministro quello di Vicenza "non è un problema di politica estera, ma è comunque un
problema delicato perché comporta la trasformazione di una
base già grande in una gigantesca all'interno della città di vicenza. Per cui qualche ulteriore
riflessione andrebbe fatta".
La riflessione di Mussi abbraccia
anche il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Il
ministro si dice favorevole ma aggiunge: "Occorre ridiscuterne i
caratteri politici perché, come
disse una volta D'Alema, non
possiamo pensare di stare lì all'infinito".
www.repubblica.it
20 gennaio 2007
L'Italia è il Paese che spende
per le truppe Usa più di tutti
nell'Ue
di Toni De Marchi (www.unita.it, 21.01.2007)
Per ospitare le truppe americane nel
nostro Paese, l´Italia spende ogni
anno centinaia di milioni di dollari, in
contributi diretti o indiretti.
Per l´esattezza, nel 2003 -ultimo anno
per il quale ci sono le cifre ufficiali366,54 milioni di dollari che rappresentano il 41% del costo totale di
mantenimento delle basi americane in
Italia
Una percentuale che fa di noi i più
generosi alleati degli americani in
Europa, dopo la Spagna. Molto più
generosi degli inglesi, che sborsano
solo il 27% delle spese di mantenimento delle basi.
Più generosi dei tedeschi, che si limitano a pagare il 32%, la stessa percentuale che paga dalla Grecia.
Il Belgio paga ancora meno, il 24%,
per non parlare del quasi invisibile
3,6% dato dal Portogallo.
La media del contributo degli alleati
europei della Nato è del 28%,
DOSSIER BASE USA A VICENZA
30 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
L'Italia è il Paese che spende per le truppe Usa più di tutti nell'Ue
(Continua da pagina 29)
molto, molto più basso di quello
italiano. Dunque, nel rapporto con
gli americani siamo i primi della
classe.
se è un eufemismo, perché le basi
statunitensi in Italia sono basi nazionali e non basi Nato e le
missioni che partono da lì sono decise a Washington e raramente
condivise con il nostro Governo.
Altro che antiamericani.
A dirlo è il Dipartimento della difesa di Washington in un documento
pubblicato ogni anno e intitolato
Allied Contributions To The Common Defense.
Nel volume sono puntigliosamente
elencati numerosi indicatori che
definiscono il contributo militare e
finanziario degli alleati degli Usa
alla cosiddetta «difesa comune».
Basti pensare al lancio sull´Iraq di
un migliaio di parà partiti da Vicenza e che segnò l´inizio
dell´invasione Usa del 2003.
Ma cosa c´è dentro quel 41%?
Molte cose: dalla concessione a
titolo gratuito di terreni ed edifici,
riduzione delle spese telefoniche,
esenzione dalla tassazione di beni e
servizi destinati ai militari Usa,
manutenzione delle basi (che forIn realtà parlare di Common Defen- malmente sono "italiane").
A tutto questo bisogna aggiungere
molte facilitazioni concesse ai militari e alle loro famiglie come
l´acquisto della benzina in esenzione di imposte e accise.
Forse per questo gli americani
lasciano la Germania (lì le truppe
sono state ridotte di oltre due
terzi negli ultimi due anni) e attraversano le Alpi.
Toni De Marchi
www.unita.it
21.01.2007
Chiamatela “Fort Asby
di Alessandro Ribecchi Il Manifesto (21.01.2007)
Ora che Vicenza confina
con gli Stati Uniti per una
questione urbanistica, proporrei di passare alle questioni serie.
A chi intitoliamo la nuova
base dell'aeroporto Dal
Molin ?
va base.
Il capitano
Ashby non
fu processato da un tribunale italiano
(né
belga, olandese,
ecc.
ecc.),
ma
dai suoi superiori, nel
North Carolina.
Io un nome ce l'ho, potrebbe chiamarsi Fort Richard J. Ashby, portare
cioè il nome di un cittadiI rottami della cabina della
no statunitense che si è
funivia del Cermis; nel disastro
distinto in Italia, un buon
morirono 20 persone
modo di avvicinare due Una specie
popoli.
di autovelox
dei berretti verdi: non si via fu tranciato a 110 meNaturalmente sapete tutti può volare sotto i 600 me- tri.
chi è Ashby.
tri, lui diceva di volare a
Il 3 febbraio del 1998 gui- 300, ma il cavo della funi- Disse che l'altimetro non
dava un caccia Grumman
funzionava e
EA-6B Prowler di profu assolto.
prietà del corpo dei MariPrese sei menes in Val di Fiemme insi di detensieme al suo navigatore
zione per aJoseph Schweitzer.
ver distrutto
il film del
Urtò contro i cavi della
volo (occulta
funivia del Cermis e ammento di promazzò 20 europei che anve) e uscì dodavano a sciare, realizzanpo
quattro
do quello che nel bowling
mesi e mezzo
si chiama strike: tre italiaper
buona
ni, un olandese, due pocondotta.
lacchi, cinque belgi, due
austriaci e sette tedeschi.
capitano
Il capitano dei marines Richard Il
Ashby ci forUn significativo contribu- J. Ashby. Il 3 febbraio 1988, con nisce dunque
to del capitano Ashby al- il suo Grumman EA-6B Prowler anche
un
l'unità europea, motivo di
tranciòo i cavi della funivia,
concreto
epiù per dedicargli la nuoa 110mt di altezza.
sempio della
liberalità della nostra giustizia, la presenza di militari americani sul suolo
nazionale prevede una
distinzione dei ruoli: noi
mettiamo le vittime e loro
mettono l'assassino e i
giudici, mi pare equo.
Intitolare la nuova base
americana al capitano
Ashby avrebbe anche il
significato di farne un eroe dell'economia locale,
grazie ai sei-settecento
posti di lavoro che si creerebbero (meno di una
buona fabbrica di scaldabagni).
Inoltre, quando lui operava nei nostri cieli il presidente americano era Clinton, cosa importante, così
al «Corriere della sera»
non si rabbuiano dicendo
che confondiamo l'America con Bush.
Ashby fu arrestato in
seguito per una rissa a
Las Vegas, e questo
conferisce alla sua figura un tocco in più di
umanità che, certo, aiuterà noi tutti a guardare con più simpatia agli Stati Uniti d'America.
Alessandro Robecchi
Il Manifesto
21/01/2007
27 gennaio 2007
DOSSIER BASE USA A VICENZA
Giustizia e Libertà
31
VICENZA
LE POLEMICHE SULL'AMPLIAMENTO DELLA CASERMA USA
TRADITI DALLA BASE
Profondo sconcerto tra i cattolici che si riconoscono nel Centrosinistra per
la decisione presa dal Governo. Ma non tutti sono d'accordo: «Così si salvano posti di lavoro».
di Alberto Laggia (Famiglia Cristiana, 27.01.2007)
«Evitiamo subito i fraintendimenti: qui non c’è ombra di antiamericanismo.I vicentini di
una certa età raccontano ai figli
e ai nipoti che sono stati gli Stati
Uniti, alla fine della guerra, a
salvarli quando, da queste parti,
c’era la fame nera», precisa Antonio Pigatto, capo scout Agesci
del gruppo "Vicenza Berica".
Quelli che non vogliono il raddoppio della base americana o che
hanno ancora molti dubbi non lo
fanno per partito (anti-Usa) preso,
o perché Yankee go home
(Americani a casa!) è bello.
Piuttosto, la delusione e il senso di
"tradimento" sembrano avere
un’altra origine: Roma e il governo di Centrosinistra, oltreché i silenzi dell’amministrazione comunale che è, invece, di Centrodestra.
Il presidente del Consiglio Romano Prodi la settimana scorsa ha
detto che la base Usa s’ha da fare.
Gli impegni con gli alleati si devono mantenere, hanno spiegato
subito dopo Rutelli e Fassino a
Roma. A Roma, appunto.
Manifestazione degli studenti vicentini nei giorni scorsi contro
l'allargamento della caserma Ederle, dove ha sede la base americana
.
L’invito
a partecipare al dibattito
Ma qui, all’ombra del Monte Berico, che ne pensano le comunità
cristiane e l’associazionismo cattolico che, ben prima dell’assenso
governativo all’operazione
Dal Molin, avevano iniziato a interrogarsi sulla questione, a partire
da un documento della Pastorale
sociale e del lavoro diocesana che
invitava in settembre le comunità
cristiane «a partecipare al dibattito in atto»?
Molti gruppi non ci stanno, e più
d’uno si mobilita. Lo hanno fatto
l’Agesci, Pax Christi e il gruppo
"Famiglie per la pace" che ha
invitato, con una lettera aperta,
tutti i credenti «al discernimento
e a una presa di posizione» ferma e decisa contro la base ameri-
cana.
«Quando siamo andati a Roma a
parlare al sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio, la sensazione è stata che princìpi e valori avessero ben poco spazio nella discussione», esordisce Giancarlo Albera, coordinatore dei comitati
per il "No alla Dal Molin", e promotore del referendum cittadino,
nonché membro del Consiglio pastorale della parrocchia del Cuore
Immacolato.
Da sempre contrario alla dislocazione della base in quell’area per
motivi di impatto ambientale, allarga la questione: «Siamo per gettar
ponti, e invece ci alzano nuovi
muri. Vicenza è già piena di aree
militari e caserme, e con questo
nuovo insediamento diventerebbe
un trampolino di lancio per operazioni unilaterali verso il Medio
Oriente o l’Africa».
Dello stesso avviso è un documento
delle Acli provinciali, che puntano
il dito anche contro il sindaco Enrico Hullweck (Forza Italia) che avrebbe gestito la questione senza
trasparenza, né coinvolgimento alcuno della cittadinanza.
«Chiediamo alla nostra Chiesa
locale, diocesi e parrocchie, di
non restar fuori, di non starsene
in silenzio, di riaffermare il Vangelo, e di farlo senza sconti», afferma dal canto suo don Fabrizio
Cappellari, parroco di Quinto Vicentino, altra zona che sarebbe
coinvolta dall’allargamento della
presenza americana.
Non tutte le voci cattoliche sono,
però, unanimemente contrarie al
raddoppio della base.
A schierarsi per il progetto di allargamento è un gruppo di lavoratori
credenti occupati all’interno della
Caserma Usa Ederle (744 dipendenti italiani della caserma, a rischio di licenziamento nel caso il
Governo non avesse dato il via libera al progetto di raddoppio).
«Contesto la rozza semplificazione che vuole buoni cristiani solo
coloro che sono contrari alla Dal
Molin», dichiara Sara Peruffo, delegata sindacale nella Ederle, mamma
di due bimbi, con trascorsi nello
scoutismo: «Certo, una cattolica
come me, che crede nel valore
della pace, vive lacerata questa
situazione. Ma ricordo che dalle
basi vicentine sono partite anche
spedizioni di pace in difesa del
popolo curdo e per bloccare il
genocidio in Kosovo. Noi siamo
contrari alla chiusura della Ederle, in nome del diritto al lavoro,
non fanatici sostenitori del raddoppio della base».
La difesa
del posto di lavoro
La Cisl vicentina, che si è espressa
a favore dell’ampliamento della
base Usa in difesa del posto di lavoro dei dipendenti della Ederle, da
mesi propone un tavolo comune
assieme ai comitati del "No" per
affrontare i temi più delicati, come
quello dell’impatto ambientale della nuova base.
«Capisco il senso di frustrazione
e di tradimento di molti vicentini.
Da una parte il Governo Berlusconi, che aveva assunto l’impegno con gli americani, e il sindaco
Hullweck hanno trattato la questione della base come si trattasse
di spostare un mobile in cucina;
dall’altra, i leader del Centrosinistra di passaggio da queste parti
giuravano che mai si sarebbe fatta. Insomma, le taniche di benzina per gli incendiari di turno sono già tutte pronte», commenta
amaramente Franca Porto, segretario della Cisl vicentina.
Fra i "traditi" si sente Giuseppe
Doppio, ex senatore Dc, coordinatore provinciale della Margherita, il
cui direttivo si è autosospeso per i
due terzi in segno di protesta contro
i vertici del partito.
«Siamo amareggiati», afferma
Doppio, «perché ci sentiamo abbandonati dal Governo».
E in un documento si censurano la
decisione di Prodi e il comportamento del ministro Parisi, cui si
addebita la colpa di non aver informato degli impegni presi con gli
americani. Vicenza come la Val di
Susa ?
(Continua a pagina 32)
DOSSIER BASE USA A VICENZA
32 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
Centrosinistra, gelo anche per Cameri
di Alberto Chiara (www.stpauls.it/fc/0704fc/0704fc26.htm)
Accanto a Vicenza, ecco Novara. Il
progetto di costruire in Piemonte il
caccia multiruolo F-35 ha gelato i
rapporti nel Centrosinistra, nonché
tra l’Unione e i suoi elettori più attenti ai valori del disarmo e della
non violenza.
Per il 18 gennaio era stato annunciato, a Cameri, poco fuori Novara,
l’arrivo di Prodi, al quale Finmeccanica voleva presentare il Bell/Agusta BA609, un velivolo che
somma le caratteristiche dell’elicottero a quelle dell’aereo. La manifestazione è stata annullata.
Partecipando al sit-in di protesta,
che si è comunque svolto, alcuni
esponenti politici locali -Marina Fiore, Roberto Bramante e Claudio Ardizio (Comunisti italiani); Ilaria Sorrentino (Rifondazione)- hanno ribadito
la contrarietà al progetto che vuole
trasformare la base aeronautica in
sede per l’assemblaggio dei cacciabombardieri: «Si finanzino piuttosto le attività di riconversione
dell’industria bellica».
Il 17 gennaio, intanto, alla Commissione difesa della Camera, il
sottosegretario alla Difesa Giovanni
Lorenzo Forcieri ha dato ulteriori
notizie sul velivolo Joint strike
fighter (Jsf), meglio noto come F35.
«Il Jsf», ha detto, «è di imprescindibile e strategica importanza.
Solo avendolo in dotazione si potrà pensare di operare in futuro,
efficacemente e in sicurezza, in
seno a coalizioni internazionali
Onu, Ue o Nato».
L’F-35 non sostituisce il cosiddetto
caccia europeo (Eurofighter 2000),
ma l’affianca: «Mentre l’Ef 2000
costituisce e costituirà la spina
dorsale della difesa aerea nazio-
nale, la componente aerotattica
di proiezione (cioè d’attacco,
ndr.) sarà costituita dal Jsf».
L’Italia, ha detto Forcieri, è con
l’Olanda partner di secondo livello.
Di primo livello sono gli Usa e il
Regno Unito; di terzo, Turchia, Canada, Australia, Norvegia, Danimarca. «Israele e Singapore hanno invece firmato bilateralmente
un accordo di Security cooperation partecipation con gli Stati
Uniti».
Per acquisire oltre cento esemplari
del cacciabombardiere americano
della Lockheed, l’Italia prevede
una spesa complessiva, tra il 2007
e il 2046, di 903,2 milioni di dollari, 158,2 dei quali entro il 2011.
Positivi, a detta del Governo, i ritorni economici per la nostra industria.
♦
Il vescovo: «Siamo stati lasciati soli»
di A.L. (Famiglia Cristiana, 27.01.2007)
«Siamo stati lasciati soli. La questione della nuova base americana, nei mesi scorsi, non è certamente stata gestita nel migliore
dei modi, soprattutto riguardo
alla trasparenza, alla comunicazione, e al coinvolgimento della
popolazione».
È questo il giudizio sul "caso Dal
Molin" di monsignor Cesare Nosiglia, vescovo di Vicenza.
Monsignor Nosiglia, che cosa
può insegnare questa vicenda ?
«Può servire da esempio, perché
non si ripetano più gli stessi errori e si trovino modi e vie nuove
nell’affrontare casi simili. Non si
può non considerare seriamente,
TRADITI DALLA BASE
Continua da pag 32
Con la complicazione del terzo incomodo: quattro battaglioni e il comando della brigata paracadutisti
americani in arrivo.
Alberto Laggia
Famiglia Cristiana
27.01.2007
per esempio, la nuova sensibilità
comune in tema di pace. Infine,
bisogna tener presente il contesto
internazionale in cui è inserita
questa storia: le tensioni con il
Medio Oriente, un orizzonte carico di paure e di poca speranza,
in cui tutto si complica e si esaspera. Non lo dico solo per Vicenza, ma per tutto il Paese».
«Ho ricevuto i rappresentanti
delle due parti e ho riscontrato
che esprimevano entrambi problemi ed esigenze reali, non ideologiche. Capisco che questa mia
possa sembrare una non-scelta.
Ma penso che il vescovo debba
ascoltare e far dialogare tutti. I
comitati del "Sì" e del "No" sono
realtà che nascono dalla base,
sono cittadini che vogliono avere
E adesso che il Governo ha deci- una voce. E, poi, questa mia linea
sottintende il principio dell’autoso, che cosa si deve fare ?
«Guardare avanti con realismo e nomia del laico».
speranza. Nel gestire questa scelta ci sia corresponsabilità da par- Teme una strumentalizzazione del
te del Governo centrale, come confronto e un aumento delle tendelle istituzioni locali e di tutte le sioni causato da frange estremisticomponenti cittadine. Si deve che?
trovare finalmente uno spirito «È da mettere in bilancio anche
di unità e di pacificazione per questo, essendo noi diventati un
affrontare i delicati problemi caso nazionale. Invito, perciò, i
che comporterà l’arrivo del credenti vicentini a non lasciarsi
strumentalizzare da gruppi e
nuovo insediamento militare».
movimenti ideologicizzati estraLei ha scelto una linea di mediazio- nei a Vicenza e alla sua tradizione, di equilibrio tra chi, tra i cattoli- ne di città pacifica, tollerante e
ci vicentini, era favorevole all’ope- solidale».
razione e chi era contrario.
Perché ?
♦
27 gennaio 2007
ESTERI
Giustizia e Libertà
33
Messaggio Finale
di Hrant Dink
da il Manifesto
Questo è l'ultimo articolo scritto dal direttore del settimanale turco-armeno Agos.
E' stato pubblicato ieri, giorno in cui Hrant
Dink è stato assassinato.
All'inizio il processo aperto contro di me dal procuratore capo di Sisli non mi
aveva preoccupato.
Non era il primo.
Sono sotto processo a Urfa, dal 2002 per aver detto
di non essere turco, ma
armeno di Turchia.
Mi hanno accusato di aver
offeso l'identità turca.
Quandosono andato a testimoniare a Sisli l'ho fatto senza troppa preoccupazione.
Perché ero sicuro che ciò
che avevo scritto non poteva essere male interpretato.
Il procuratore, ho pensato,
non crederà che io abbia
voluto offendere l'identità
turca.
Sono stato rinviato a giudizio.
Non ho perso la speranza.
A chi mi accusava di aver
insultato il popolo turco,
ho detto che non avrebbe
potuto gioire: non mi avrebbero condannato.
Se fossi stato condannato
avrei lasciato il paese.
Gli esperti chiamati a giudicare i miei scritti hanno
detto che non c'erano in
essi elementi di offesa.
Ero tranquillo: il torto sarebbe stato riparato, tutto
sarebbe finito in una bolla
di sapone.
Ma così non è stato.
Mi hanno condannato a
sei mesi di carcere.
La speranza che mi aveva
accompagnato e sostenuto
durante tutto il processo è
crollata.
Ma mi ha anche dato nuova forza.
Prima della sentenza, al
termine di ogni udienza
venivano date in pasto con loro.
all'opinione pubblica noti- E' chiaro che le forze prozie false su di me.
fonde che operano in queDicevano che avevo di- sto paese vogliono darmi
chiarato che il sangue dei una lezione.
turchi è avvelenato, mi Così per aver detto alla
dipingevano
c o m e stampa queste cose è stato
nemico dei turchi.
aperto contro di me un
Queste cattiverie hanno nuovo procedimento pecominciato a fare breccia nale.
nel cuore di tanti miei Mi hanno accusato di aver
connazionali.
cercato di influenzare la
Alle udienze adesso veni- corte d'appello.
vo aggredito dai naziona- Mi vogliono isolare, far
listi, si inscenavano vio- diventare un facile obiettilente manifestazioni nei vo.
miei confronti.
Mi processano perché,
Ho cominciato a ricevere imputato, cerco di difentelefonate e
dermi.
mail di miDevo confesnaccia,
a
sare che ho
centinaia.
perso la mia
Ma io contifiducia nello
nuavo a dire,
stato turco e
pazienza, la
nella giustidecisione
zia di questo
finale rendepaese.
rà giustizia
La magistradi tutto ciò e
tura non è
saranno loro
indipendente,
a vergognarnon difende i
si.
diritti
del
L'unica mia
cittadino ma
arma era la Il giornalista
quelli dello
mia onestà. scrittore armeno
stato.
Ma mi han- Hrant Dink, diretLa condanna
no condan- tore da 11 anni della che mi è stanato.
comminata
rivista bilingue (tur- ta
Il
giudice
non è stata
aveva deciso co-armeno) “Agos”.
pronunciata
in nome del
in nome del
popolo turco che avevo popolo turco, ma in nome
offeso l'identità turca. dello stato turco.
Posso tollerare tutto, ma Abbiamo fatto ricorso.
non questo.
Il capo procuratore del
Mi trovavo a un bivio: processo di appello ha
lasciare il paese oppure detto che non c'erano gli
restare.
estremi per confermare la
Alla stampa ho detto che condanna.
mi sarei consultato con i Ma il consiglio superiore
miei avvocati, che avrei ha deciso in maniera difatto ricorso in appelo e versa.
anche alla Cor te europea E anche in appello mi
per i diritti umani.
hanno
condannato.
Ho detto anche che se la E' chiaro che mi vogliono
condanna fosse stata con- isolare, indebolire, lasciafermata avrei lasciato il re privo di difese.
paese
perché
u n a Hanno ottenuto quello che
persona condannata per volevano.
aver discriminato suoi Oggi sono in tanti a penconnazionali non ha dirit- sare che Hrant Dink sia
to di continuare a vivere uno che insulta i turchi.
Ogni giorno mi arrivano
sull'email e per posta centinaia di lettere di odio e
minacce.
Quanto sono reali queste
minacce ?
Non si può sapere.
La vera e insopportabile
minaccia, però, è la tortura psicologica cui mi sottopongo.
Mi tormenta pensare che
cosa la gente pensa di me.
Ora sono molto conosciuto: «Guarda, non è l'armeno nemico dei turchi ?»
Sono come un colombo
che si guarda sempre intorno, incuriosito e impaurito.
Che cosa diceva il ministro degli esteri Gul ?
E il ministro Cicek ?
«Suvvia, non esagerate
con questo articolo 301.
Quanta gente è finita in
prigione ?»
Ma pagare è solo entrare
in carcere ?
Signori ministri, sapete
che cosa vuol dire imprigionare il corpo e la mente di un uomo nella paura
di un colombo ?
In questo momento, così
difficile anche per la mia
famiglia, mi sento sospeso tra la morte e la vita.
Ci sono giorni in cui penso di lasciare il mio paese,
specie quando le minacce
sono rivolte ai miei cari.
Mi dicono che mi seguiranno se deciderò di andare, resteranno se deciderò
di restare.
Posso resistere, ma non
posso mettere i miei cari a
rischio.
Ma se andiamo, dove andremo ?
In Armenia ?
Io che non tollero le ingiustizie, sarei forse più
sicuro lì ?
L'Europa non fa per me.
Tre giorni in occidente e
il quarto voglio tornare a
casa.
Lasciare un inferno che
(Continua a pagina 34)
ESTERI
34 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
Messaggio finale di Hrant Dink
(Continua da pagina 33)
brucia per un paradiso già
confezionato ?
Dobbiamo cercare di trasformare l'inferno in paradiso.
Spero che non saremo mai
costretti ad andarcene.
Farò ricorso alla Corte di
Strasburgo.
Quanto durerà questo processo non lo so.
Ma mi conforta un po' il
fatto che fino al termine
del processo potrò continuare a vivere in Turchia.
Il 2007 sarà un anno molto difficile.
Vecchi processi continueranno, nuovi processi si
apriranno.
Chissà quali ingiustizie
mi troverò davanti.
I colombi vivono fra gli
uomini.
Impauriti, come me, ma
Ma nel mio cuore im- come me liberi.
paurito di colombo so
che la gente di questo
Hrant Dink
paese non mi toccherà.
Perché qui non si fa ma- da Il Manifesto
__._,_.___
le ai colombi.
Turchia, ha 17 anni l'assassino di Dink
dal WEB
Avrebbe confessato il suo
crimine il ragazzo 17enne
arrestato in Turchia e autore -secondo la poliziadell'assassinio del giornalista turco di origine armena Hrant Dink.
Il ragazzo, individuato
dagli inquirenti grazie a
una segnalazione di suo
padre, è stato identificato
come Ogun Samast, originario di Trebisonda.
Il sospetto avrebbe ammesso di aver compiuto il
crimine nel corso dell'interrogatorio preliminare a
cui è stato sottoposto prima di essere trasferito a
Istanbul, secondo l'agenzia turca che cita il procuratore generale di Samsun,
Ahmet Gokcinar.
Ogun Samast era stato fermato sabato sera su un
autobus a Samsun, probabilmente mentre cercava
di tornare verso casa da
Istanbul.
Un arresto «nel nome
della democrazia e della
lotta per le libertà», ha
commentato il primo ministro turco Recep Tayyip
Erdogan,
aggiungendo
che la polizia indaga su
dei possibili legami tra
l'assassino di Dink e il
ragazzo che ha ucciso il
prete italiano Andrea Santoro, a Trebisonda a febIl “presunto” assas- braio scorso.
sinio di Hrant Dink. Diverse migliaia di persone si sono raccolte venerdì sera per denunciare l'oquattro delle quali trasfe- micidio del giornalista al
grido di «Siamo tutti arrite a Istanbul oggi.
meni,
siamo
tutti
Tra queste ci sarebbe an- Hrant».
che un amico di Samast,
Yasin Hayal, che ha tra- Nelle ultime ore sono auscorso 11 mesi in prigione mentate, intanto, le poleper un attentato contro un miche sull'omicidio.
McDonald a Trebisonda,
nel quale rimasero ferite La strada dove Dink è stasei persone. Secondo il to ucciso venerdì a Istanquotidiano
"Milliyet", bul, la Halasgargazi CadSamast ha dichiarato alla desi, è una delle arterie
Si tratta di un disoccupato polizia che proprio Hayal con più traffico e negozi
vicino ai gruppi nazionali- lo ha incoraggiato a uccisti e aveva ancora con sè dere Hrant Dink e gli avrebbe dato l'arma usata
l'arma del delitto.
per il crimine.
Il padre ha rivelato la sua
identità dopo che i media Dink è stato ucciso davanhanno diffuso le immagini ti ai locali della rivista
riprese dalle videocamere bilingue,
turco-armena
di sicurezza dei negozi, "Agos", di cui era il diretche mostravano il giovane tore, nel quartiere di Sisli,
uomo sulla strada del cen- in pieno centro di Istantro di Istanbul, dove Dink, bul. Il sospetto si è recato
52 anni, è stato freddato venerdì negli uffici di Acon tre colpi di pistola, gos circa tre ore prima
che lo hanno raggiunto dell'omicidio.
alla testa e alla gola.
Diceva di essere uno stuAltre sei persone, sospet- dente dell'Università di
tate di essere coinvolte Ankara e ha chiesto di
nell'omicidio, sono state incontrare Dink, ma il colarrestate a Trebisonda, loquio gli è stato negato.
della città.
Che l'assassino sia riuscito a dileguarsi senza che
nessuno abbia visto nulla
è praticamente impossibile.
Ci sono poi le minacce,
che Dink riceveva da mesi
e che fanno apparire questo delitto la cronaca di
una morte annunciata.
Dink era sotto processo a
causa dell'articolo 301 del
codice penale per aver
parlato del genocidio armeno del 1915 ed era stato più volte perseguito
dalla giustizia turca per
reati d'opinione: sosteneva
apertamente la necessità
che il paese riconosca la
realtà del genocidio effettuato contro il popolo armeno.
I funerali di Hrant Dink si
terranno martedì pomeriggio a Kumkapi, quartiere
storico degli armeni di
Istanbul.
La Comunità Europea
si è detta più che indignata per l'accaduto e
forse, sarebbe ora che
intervenisse direttamente per metter fine
a certe leggi che limitano la libertà di pensiero ed espressione,
in nome della serenità
nazionale e della diffusione della letteratura.
♦
27 gennaio 2007
ESTERI
Giustizia e Libertà
35
. . . dalla Stampa Estera
notiziario al 19.01.2007
di CaLmBiG
Gli scandali
annegano Israele
Lontano sono i tempi in cui i dirigenti
israeliani come i fondatori dello Stato,
David Ben Gurion, Golda Meir o Menahem Beguin vivevano nell'austerità. Erano tempi - scrive El Pais - dove non esisteva la parola intrisa oggi in tutti i settori di Israele: corruzione. Yaron Zlica, del Ministero
delle Finanze, ha dichiarato: "Prima ci sentivamo
offesi quando paragonavano Israele con le repubbliche sudamericane. Oggi in Sudamerica devono
sentirsi molto offesi per questo paragone". Zlica è
rimasto sorpreso nell'apprendere che Israele è
"solo" al 34 posto, su 163 paesi, nella classifica mondiale sulla corruzione e trasparenza del 2006. Negli
ultimi giorni c'è stata una valanga di scandali: la possibile indagine contro il primo ministro; accuse di corruzione e truffa contro i massimi responsabili del Fisco in connivenza col capo dell'ufficio di Ehud Olmert; calciatori detenuti con l'accusa di aver falsato
partite per conto di bande criminali.... Il presidente
israeliano Ezer Weizman si dimise nel 2000 dopo essere stato indagato per aver ricevuto un milione di
dollari da un impresario. Il suo successore, il grigio
Moshé Katsav, prometteva tranquilli anni di mandato
fino a quando alcuni mesi fa non venne fuori il suo
caso: violenza ed abuso sessuale di varie segretarie.
Tra alcuni mesi si deciderà se deve comparire in tribunale. Il primo ministro Ehud Barak (1999-2001) fu
esonerato dopo le indagini che lo vedevano coinvolto
per finanziamento illegale della sua campagna elettorale. Il suo predecessore, Benjamín Netanyahu (19961999) intascò diverse somme di denaro da un leader
ultraortodosso accusato di corruzione affinché nominasse come pubblico ministero generale un amico che
potesse aiutarlo. Ariel Sharon (2001-2006) è considerato per molti come il capitano della corruzione. Ora
tocca a Olmert, famoso per la sua passione per i sigari
cari e lussuosi ristoranti. Tra i vari casi in cui è implicato, spicca un supposto abuso di potere nella privatizzazione della Banca Nazionale quando era Ministro
delle Finanze. David, un studente di Diritto, dice che
Israele è già un paese "normale", in riferimento
a quanto enunciato da Ben Gurion negli anni cinquanta: "Israele sarà un paese normale solo quando avrà i propri ladri e le proprie prostitute". E
ride leggendo la barzelletta di un caricaturista locale
in cui Olmert è riunito col presidente egiziano Hosni
Mubarak. Sul tavolo diari che informano della corruzione. Olmert dice: "Abbiamo deciso di liberare migliaia di detenuti palestinesi (...) Abbiamo urgentemente bisogno di quelle celle."
http://www.elpais.com/articulo/internacional/escandalos/anegan/Israel/elpepuint/20070115elpepiint_9/Tes
Le dimissioni
del capo dello Stato Maggiore
indeboliscono il governo israeliano
Il capo di Stato Maggiore israeliano, il generale Dan
Halutz, ha presentato martedì le sue dimissioni. Questa partenza che, si aggiunge all'apertura di un'inchiesta giudiziaria nei confronti del primo ministro Ehud
Olmert, indebolisce seriamente il governo israeliano
già in caduta libera nell'opinione pubblica secondo i
sondaggi. Il generale Halutz è il più alto responsabile
a lasciare le sue funzioni in seguito al fallimento della
guerra in Libano. Ma non è il solo ad essere considerato come responsabile dei rovesci subìti durante il
conflitto che ha opposto Israele a Hezbollah dal 12
luglio al 14 agosto. La maggioranza degli israeliani,
così come i partiti di opposizione, pensano che anche
Ehud Olmert e il ministro della difesa Amir Peretz
dovrebbero dimettersi. La situazione di Olmert
è molto fragile da quando il Procuratore di Stato ha
ordinato martedì l'apertura di un'inchiesta nei suoi
confronti per lo scandalo finanziario legato alla privatizzazione della banca Leumi, la seconda del paese.
http://www.liberation.fr/actualite/monde/229106.FR.php
Olmert accerchiato
Tutto cospira contro la ripresa del processo di pace israelo-palestinese preteso dal Segretario di Stato
americano Condoleeza Rice. Da un lato il capo di
Stato Maggiore, il generale Dan Halutz, che ha presentato le sue dimissioni martedì come conseguenza
delle critiche per la sfortunata conduzione della guerra del Libano; e dall'altro il pubblico ministero Eran
Shendar che ha ordinato l'apertura di un'inchiesta giudiziaria contro il primo ministro Ehud Olmert, a causa della privatizzazione della banca Leumi in cui avrebbe favorito una delle parti interessate. Non si era
mai verificato che un capo di Stato Maggiore israeliano si dimettesse, e la sua uscita di scena punta tutti i
riflettori sul laburista e Ministro della Difesa Amir
Peretz -largamente considerato come inefficace- e,
per estensione, sul suo capo Olmert. Nella guerra del
Libano l'esercito israeliano in 34 giorni di contesa
non è riuscito in nessuno dei suoi obiettivi: non ha
ottenuto la liberazione dei due soldati, né ha ristabilito il controllo nel sud del paese. Il viaggio di Condoleeza Rice aveva l'obiettivo di promuovere un nuovo
incontro tra Abbas e Olmert, ma le dimissioni di Halutz fanno passare in secondo piano qualunque progetto di pace. In Medio Oriente ci sono due
tempi o velocità parallele: la diplomazia che ha bisogno di infinite visite dei grandi della terra per convincere gli attori sul terreno quantomeno a parlarsi, e il
disastro quotidiano che rende inutile i risultati minimi
ottenuti nella precedente fase. Olmert è una carta debilitata nell'interminabile gioco del Medio
Oriente. E tutto ciò prova una sola cosa: che per Israele il processo di pace non ha nessuna urgenza.
http://www.elpais.com/articulo/opinion/
Olmert/acorralado/elpepuint/20070118elpepiopi_3/Tes
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36 Giustizia e Libertà
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. . . dalla Stampa Estera 19.01.2007
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Accordi segreti
tra Israele e Siria ?
Secondo un documento ottenuto da Ha'aretz, durante
una serie di incontri segreti avvenuti tra il settembre
del 2004 e il luglio del 2006, Israele e Siria sono giunti a un accordo di pace. Tra i punti concordati ci sarebbero il ritiro israeliano dal Golan, la creazione di
una zona cuscinetto e la presa di distanza di Damasco
da Hezbollah, Hamas e Iran. Il primo ministro non ha
commentato ufficialmente la notizia, ma Radio Israele
ha riportato una dichiarazione che smentisce i contatti
con la Siria.
http://www.haaretz.com/hasen/spages/813817.html
In aumento le vittime civili in Iraq
Quasi 35.000 civili sono stati uccisi durante lo scorso
anno in Iraq, mentre i feriti ammontao a 36.685. Lo
hanno reso noto martedì le Nazioni Unite, precisando
che le cifre sono in sensibile aumento rispetto ai numeri riportati in un primo momento dal governo iracheno, che aveva stimato in 12.000 le vittime nel corso del 2006.
http://www.haaretz.com/hasen/spages/814135.html
Gli Stati Uniti vogliono
disarticolare l'aiuto dell'Iran
agli insorti iracheni
La Casa Bianca ha affermato ieri che prenderà maggiori misure per disarticolare le linee di appoggio che
i gruppi di insorti che agiscono in Iraq ricevono dall'Iran. Sia il vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, che il consigliere della Sicurezza Nazionale, Stephen Hadley, hanno difeso l'arresto dei cinque nel
consolato iraniano a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. Hadley, in un'intervista al canale televisivo
ABC, ha dichiarato che gli Stati Uniti intendono portare a termine altre azioni di quel tipo. "Dobbiamo
rispondere a quello che l'Iran sta facendo dentro
l'Iraq" ha detto. Le forze armate degli Stati Uniti
hanno affermato che i cinque iraniani sono legati al
gruppo "Qods" (Gerusalemme in arabo) che fa capo
ai Guardiani della Rivoluzione, una fazione
che elargisce "denaro, armi e aiuto per la fabbricazione di esplosivi ai gruppi estremisti". Hadley non
ha chiarito se gli Stati Uniti hanno l'autorità
per realizzare operazioni in Iran. La stessa linea dura è
stata adottata dal vicepresidente Dick Cheney, che in
un'intervista a Fox News ha dichiarato che "l'Iran è
un problema....non vogliamo che continui nella destabilizzazione dell'Iraq". L'Iran sostiene che i cinque realizzavano solo funzioni consolari ed esige la
loro immediata liberazione, oltre al pagamento di un'indennità per i danni che le truppe Usa hanno causato nell'edificio.
http://www.prensa.com/hoy/mundo/860838.html
Il Senato accusa Bush
per la sua politica
che limita il rifugio agli iracheni
I legislatori del senato hanno duramente criticato
martedì l'amministrazione Bush per non essere stato
in grado di offrire rifugio negli Stati Uniti agli iracheni che abbandonano le proprie case a causa della violenza. Secondo una stima delle Nazioni Unite, due
milioni di Iracheni hanno abbandonato il paese e 1.7
milioni si sono spostati all'interno del paese. Di questi
500.000 si sono spostati da febbraio, mentre sono tra
i 40.000 e i 50.000 coloro che abbandonano le loro
case ogni mese. Fra loro ci sono gli iracheni che sono
stati oggetto di minaccia o sono stati attaccati perchè collaboravano con le truppe americane o erano
alle dipendenze di società americane. In una testimonianza di fronte al Comitato Senato, Ellen Sauerbrey
ha ammisso che soltanto 466 Iracheni sono stati ammessi come rifugiati dall'inizio dell'invasione americana dell'Iraq nel 2003.
http://www.nytimes.com/2007/01/17/washington/17refugees.html?_r=1&oref=slogin
L'Iraq si avvicina all'Iran
Il governo iracheno sta stabilendo relazioni sempre
più solide con l'Iran, proprio mentre gli Stati Uniti
alzano i toni contro Teheran e si preparano a rafforzarsi militarmente per contrastare la sua influenza in
Iraq. Dopo il raid statunitense della settimana scorsa
in un ufficio iraniano a Erbil, in Iraq, il ministro degli
esteri iracheno ha annunciato che il governo si prepara a riconoscere questi uffici di rappresentanza come
consolati. L'esercito statunitense detiene tuttora i cinque cittadini iraniani accusati di appartenere ai servizi
segreti.
http://www.latimes.com/news/nationworld/world/
la-fg-iranians16jan16,0,2678083.story?coll=lahome-headlines
Afghanistan: aumentano
gli attacchi dei ribelli
In Afghanistan, gli attacchi dei terroristi islamici contro le forze statunitensi e le truppe Nato si sarebbero
triplicati negli ultimi tre mesi. Lo afferma l'intelligence americana aggiungendo che la maggior parte dei
terroristi presenti nel paese sconfinerebbero dal vicino Pakistan. Intanto ieri il ministro della difesa degli
Stati Uniti Robert Gates è arrivato a Kabul per il suo
primo incontro ufficiale con il presidente afgano Hamid Karzai.
http://www.nytimes.com/2007/01/17/world/asia/17gates.html
Cina e Russia bloccano una
risoluzione che imponeva alla
Birmania progressi democratici
Cina e Russia hanno bloccato una risoluzione presentata dagli Stati Uniti che chiedeva al Governo della
Birmania la liberazione di tutti i detenuti politici senza condizioni e avanzamenti tangibili verso la democratizzazione del paese. Anche Sudafrica ha votato
contro, mentre tre paesi, Indonesia, Congo e Qatar, si
sono astenuti. Cina e Russia hanno fatto notare che la
situazione della Birmania è una questione interna e
non rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza mondiale. "Se consideriamo questo caso -ha affermato l'ambasciatore cinese- anche la situazione
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interna degli altri 191 paesi dovrebbe essere considerata dal Consiglio di Sicurezza". La Russia, pur
riconoscendo che il paese soffre di "alcuni problemi", ha precisato che esistono organismi nell'ONU
come l'Assemblea Generale, il Consiglio dei Diritti
Umani, l'Organizzazione Mondiale della Salute, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro che stanno
per affrontare queste questioni. L'ambasciatore russo
ha inoltre affermato che l'usurpazione del Consiglio di
Sicurezza delle funzioni di questi organismi dell'ONU
è "controproducente" ed è "inaccettabile" che si
usi il Consiglio di Sicurezza per trattare questioni che
vanno oltre il suo mandato. L'ambasciatore della Birmania ha ringraziato Cina e Russia per il veto esercitato. "Se si fosse approvata la risoluzione si sarebbe
creato un precedente pericoloso, poiché il suo contenuto eccede il mandato che la Carta dell'ONU
concede al Consiglio di Sicurezza".
http://www.elmundo.es/elmundo/2007/01/12/
internacional/1168642693.html
Chavez vuole nazionalizzare
tutto il settore energetico
Il presidente socialista del Venezuela ha confermato
che il suo piano di nazionalizzazioni non si limiterà
solo all'elettricità, ma è tutto il settore energetico che
Chavez intende nazionalizzare entro il 2007. Chavez
vuole prendere il controllo, con una partecipazione
maggioritaria, dei contratti di sfruttamento stipulati in
passato con alcune multinazionali straniere che operano nella cintura dell'Orénoque dove si trovano le più
grandi riserve di idrocarburi. Ad operare in questa regione sono i gruppi petroliferi americani ExxonMobil,
Chevron e Conoco, la francese Total e la norvegese
Statoil. "A coloro che vogliono restare nostri partner lasciamo questa possibilità aperta, coloro che
non vogliono restare come soci minoritari che lascino il campo libero" ed ha chiuso la sua frase con un
"Good bye" ironico.
840.html
Due morti britanniche
in meno di 48 ore
Un altro soldato britannico è stato ucciso oggi e molti
altri sono rimasti seriamente feriti in scontri con i Talebani in Afghanistan meridionale. I soldati di elite
erano impegnati in un'operazione contro una base di
insorti a Helmand, quando sono stati attaccati da dozzine di combattenti. La morte del soldato avviene meno di 48 ore dopo che altri due soldati britannici sono
stati uccisi in Iraq e Afghanistan e segna un inizio insanguinato del 2007.
http://www.timesonline.co.uk/article/0,,3-2548601,00.html
Il parlamento somalo vota per la
espulsione del portavoce dissidente
I deputati somali hanno destituito il presidente del
parlamento, Sharif Hassan Sheikh Aden, considerato
favorevole al dialogo con l'Unione delle corti islamiche. 183 i voti contro, 8 i favoreli e due gli astenuti.
Aden era entrato in rotta di collisione con il presidente Abdullahi Yusuf Ahmed e il primo ministro Ali
Mohamed Gedi. L'espulsione di Adan viene largamente considerata come un tentativo del governo
provvisorio per consolidare il potere dopo dopo che le
sue truppe, appoggiate dall'esercito etiope, hanno cacciato gli islamici dalle fortezze di Mogadiscio e dalla maggior parte della Somalia meridionale.
"Vogliono mandare un chiaro messaggio a coloro
che sostengono le corti islamiche che non avranno
nessun ruolo nell'attuale scenario politico" ha dichiarato l'esperto Matt Bryden, "ma questo
può rappresentare un errore".
http://www.gulf-news.com/region/Somalia/10097569.html
La Somalia spegne
h t t p : / / w w w . l e f i g a r o . f r / i n t e r n a t i o n a l /le stazioni radiofoniche
20070113.WWW000000089_chavez_veut_naSubito
dopo
la formazione di un nuovo team da parte
tionaliser_tout_le_secteur_energetique.html
L'Ecuador si allinea
con Venezuela e Bolivia
Discorsi contro l'imperialismo ed il neoliberalismo,
coincidenze ideologiche e politiche sono stati espresse
domenica dai presidenti del Venezuela, Hugo Chávez,
della Bolivia, Evo Morales, e del neoletto ecuadoriano
Rafael Correa. In un discorso davanti ad una moltitudine di gente confluita nella piazza centrale, Correa ha
messo in risalto come "l'America si è svegliata", salutando i governi di Chávez, Castro e Morales, come
anche quelli di Luiz Inacio Lula da Silva in Brasile, Nestor Kirchner in Argentina, Tabaré Vázquez in
Uruguay, Michelle Bachelet in Cile e Daniel Ortega in
Nicaragua. "L'America Latina è cambiata
e continuerà a cambiare perché non sta vivendo
un'epoca di cambiamenti bensì un cambiamento
d'epoca!", ha affermato Correa. Il presidente della
Bolivia ha dichiarato che "prima avevamo un solo
leader, il fratello, il comandante, presidente Fidel Castro. La lotta del compagno Fidel e del paese cubano non è stata invana".
h t t p : / / w w w . p r e n s a .c o m / h o y/ m u n d o/ 8 6 0-
del presidente provvisorio per porre fine al "caos"
nella capitale, è stata ordinata la chiusura delle principali stazioni radiofoniche. L'ordine, firmato dal capo
della sicurezza di Mogadiscio -Colonnello Ahmed
Hassan Ali- ha colpito le tre principali stazioni radio
somale (Shabelle Radio, Radio HornAfrik, Voice of
the Koran radio) e la televisione Al-Jazeera. Il portavoce del governo Abduraman Dinari, ha dichiarato ai
microfoni di un'altra radio locale che "stavano istigando alla violenza". "Noi non stiamo minacciando la libertà di espressione -ha aggiunto Abduraman
Dinari- noi stiamo solo salvaguardando la sicurezza della popolazione somala". La misura è stata presa il giorno dopo che il parlamento provvisorio, stabilito a Baidoa, ha autorizzato il governo a imporre la
legge marziale a Mogadiscio.
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/6263343.stm
Rice vuole bloccare l'influenza
di Teheran in Medio Oriente
Il segretario di stato americano ed il presidente palestinese Mahmoud Abbas si sono incontrati ieri senza
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essere giunti ad una posizione comune su come sbloccare il processo di pace. Condoleeza Rice ha tentato
questo week-end senza grande successo di liberare
"un orizzonte politico" particolarmente offuscato tra
israeliani e palestinesi.
Conoscendo la difficoltà del compito, aveva prudentemente ammesso prima del suo viaggio a
Gerusalemme e Ramallah che arrivava senza un piano
di pace rivisitato in tasca. Risultato: si è accontentata
di ascoltare gli interlocutori -che gli hanno presentato
una serie di proposte- dando l'impressione che
lo scenario israelo-palestinese fosse secondario. La
priorità principale per gli Stati Uniti in questo momento è quella di "contenere" la crescente influenza dell'Iran nella regione. Nello spazio di alcune ore, Condoleezza Rice ha ricevuto non meno di tre piani di pace
differenti da parte dei ministri israeliani. Tzipi Livni
gli ha suggerito di continuare ad applicare la "Road
Map"; più originale la proposta del ministro di estrema desta Avigdor Lieberman, che ha lanciato l'idea di
un spiegamento di 30.000 soldati dell'Otan nella striscia di Gaza, mentre Amir Peretz, il ministro della Difesa, ha difeso l'idea di una "Road Map" rivista
in chiave di uno "Stato palestinese" provvisorio. Dal
lato palestinese, Mahmoud Abbas ha rigettato ogni
soluzione provvisoria e ha esortato gli Stati Uniti a un
maggiore impegno nel processo di pace e a fornirgli
mezzi militari per fare fronte agli islamici di Hamas,
usciti vincitori dalle elezioni legislative dello scorso
anno e avvicinatosi all'Iran che gli versa decine di milioni di dollari per rimpinguare le casse di un'Autorità
Palestinese che un boicottaggio internazionale ha
svuotato.
h t t p : / / w w w . l e f i g a r o . f r / i n t e r n a t i o n a l /20070115.FIG000000281_rice_veut_contrer_l_influence_de_teheran_au_proche_orient.html
Dopo Bush, anche il Congresso
ignorerà chi ha votato per la pace?
Il messaggio del 7 novembre è stato chiaro: gli elettori
hanno boicottato i politici a favore della guerra ed
hanno inviato i democratici al Congresso, chiedendo
di porre fine alla guerra in Iraq. Da allora, l'opposizione degli elettori alla costosa occupazione americana è
salita rapidamente del 62% fra i repubblicani e dell'88% fra i democratici, come dimostrano i recenti sondaggi. Perfino la maggioranza dei lettori del Military
Times si oppone alla guerra.
Eppure, alla leadership democratica sono bastate solo
poche settimane per tradire la maggioranza degli americani, promettendo di continuare a far scorrere il denaro della guerra. Così facendo, il Congresso rischia
nuovamente di rinunciare alla sua responsabilità, non
utilizzando il suo potere economico per controllare la
politica di guerra del presidente. Inoltre, ciò mina il
sistema del controllo e dell'equilibrio del nostro governo.
Se un referendum così schiacciante in termini di opposizione alla guerra non è sufficiente a far cambiare il
corso delle cose in politica, cosa rimane agli elettori di
questa democrazia? Se il tempo, il denaro e i voti a
sostegno dei candidati vincenti restano lettera morta,
quale utilità rimane all'urna elettorale? Se i candidati,
una volta eletti ed insediati spendono grosse somme di
denaro contro le esplicite volontà dei votanti, ciò cosa
trasmette della nostra democrazia? Forse dovremmo
ritornare ai metodi del "Boston Tea Party", poiché
sicuramente si tratta di una "appropriazione senza
rappresentazione".
Bush, eletto in circostanze controverse, adesso fa appello al Congresso ed agli americani affinché sorreggano un ulteriore debito di guerra di più di 97,7 miliardi di dollari, oltre a quello di 70 miliardi già approvato per il 2007 e ai 320 miliardi già spesi finora.
Bush ha quindi virato nella direzione opposta, rifiutando stoltamente le raccomandazioni del gruppo di
studio sull'Iraq di ritirare metà delle truppe americane
entro il 2008 e di invitare la Siria e l'Iran al tavolo del
negoziato. Ora, egli parla dell'invio di nuove truppe
per un ammontare di 20.000 unità, quando i consensi
ad un nuovo finanziamento per l'invio di truppe ammontano ad un misero 11%. E tuttavia il suo punto di
vista è sostenuto sia dal senatore John Mc Cain, il
candidato repubblicano alla presidenza, che dal probabile candidato democratico, Hillary Clinton, "se ciò
dovesse avere uno scopo".
Ma se la guerra è l'argomento centrale del nostro tempo, allora non c'è ragione di parlare di partiti politici,
quanto piuttosto di fazioni del Congresso: quella Kucinich-Hagel e quella Clinton-McCain. Se alcuni candidati democratici alla presidenza esprimono la loro
opposizione alla guerra e chiedono che si inizi il ritiro
a partire dal 2007, solo un candidato annunciato, ha di
fatto reclamato un ritiro completo, Dennis Kucinich,
che tuttavia i media e il suo partito considerano un
candidato marginale. Il senatore repubblicano Chuck
Hagel, che ha chiesto che le truppe siano fuori dal Paese entro sei mesi, potrebbe essere il secondo qualora
decidesse di concorrere alla presidenza.
Ora che la pace è al centro del dibattito politico, il
Congresso dovrebbe chiedere cosa vogliono coloro
che hanno votato contro la guerra. La risposta è semplice: che questa guerra finisca. Perfino James Baker
ha riconosciuto alla CNN quanto sia possibile che il
ritiro delle truppe faccia diminuire la violenza, poiché
gli Stati Uniti "non sarebbero più visti come gli occupanti". Infatti, il Pentagono riferisce che la maggior
parte degli attacchi in Iraq -più dell'80%- è diretta
contro gli Stati Uniti e le sue forze militari, una percentuale decisamente maggiore rispetto a quella relativa agli scontri della tanto pubblicizzata violenza settaria. Inoltre, se ci ritirassimo responsabilmente, come
hanno suggerito il senatore George McGovern e il dr.
William Polk in "Fuori dall'Iraq", potremmo finanziare la ricostruzione del Paese per mano degli stessi
iracheni, e finanziare una forza di "peace keeping"
composta da truppe arabe. Ciò ridurrebbe la disoccupazione irachena (che ammonta a più del 50%) e darebbe agli iracheni la sensazione di riappropriarsi finalmente della propria nazione e del proprio petrolio.
Inoltre, tutto ciò farebbe molto ai fini della riduzione
della violenza, e farebbe risparmiare ai contribuenti
americani 100 miliardi di dollari, denaro che non si
avrà più bisogno di avere in prestito dalla Cina o da
altri Paesi.
Per gli elettori questa è una chiamata all'azione. I rappresentanti eletti dovrebbero sapere che stanno ignorando gli elettori a proprio rischio e pericolo. Gli elettori dovrebbero informarli che essere a favore della
guerra contro la loro volontà vuol dire rischiare di
perdere contributi e voti. È tempo che gli elettori a
favore della pace si organizzino meglio e, se vogliono
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che la guerra finisca, è necessario che dimostrino al
Congresso che non appoggeranno alcun candidato che
non sosterrà la fine della guerra in Iraq al più presto.
Sia il finanziamento delle truppe che il vicino dibattito
sugli ulteriori 97 miliardi saranno una prova importante per la salute della nostra democrazia. Se la volontà degli elettori americani sarà nuovamente schiacciata, la causa per la pace si trasformerà in una causa
per la democrazia [.].
http://www.aljazeera.com/cgi-bin/review/
article%20full%20story.asp?service%
20id=12529
La Rice non intende fare alcuna
pressione su Israele ?
Condoleezza Rice è venuta a compiere la sua ottava
visita nei territori occupati, la terza dal luglio scorso.
Il segretario di stato americano terminerà il suo viaggio incontrando i ministri degli esteri dei Paesi arabi
"moderati", e poi tornerà a Washington con una velata nostalgia. La Rice, infatti, non ha portato nulla di
nuovo al suo incontro con il presidente Abu Mazen; si
è limitata ad ascoltare, e a ribadire l'impegno dell'amministrazione americana nel cercare una soluzione
alla questione palestinese, promettendo di dedicare il
restante mandato dell'amministrazione Bush al raggiungimento di questo obiettivo. Tuttavia, su come
raggiungere questo obiettivo, nulla è stato detto da
parte sua. Di fronte alla determinazione di Abu Mazen
nel rifiutare soluzioni provvisorie fra cui quella di uno
Stato dai confini temporanei, la Rice si è limitata a
mostrare comprensione per il punto di vista palestinese e a garantire che avrebbe lavorato per accelerare
l'applicazione della Road Map, ma senza chiarire in
che modo.
Non nutro molti dubbi sul fatto che l'amministrazione
americana abbia una maggiore consapevolezza rispetto al passato sulla necessità di fare qualcosa per contrastare la diminuzione dell'influenza americana in
tutta la regione. Questa diminuzione è il risultato dei
fallimenti e delle sconfitte in Afghanistan, Iraq, Iran,
Libano, Siria e Palestina. Tuttavia, l'amministrazione
Bush sa bene che per compiere dei progressi nella
questione palestinese è necessario esercitare delle
pressioni su Israele. A questo punto l'interrogativo che
si pone con forza è: l'amministrazione americana è
disposta a convincere lo Stato ebraico, e ad obbligarlo
a porre fine all'occupazione? Perché questo è il problema, è questa la condizione principale per stabilire
la pace, la sicurezza e la stabilità, non solo in Palestina ed in Israele, ma in tutta la regione. E questo perché la soluzione della questione palestinese è la chiave per risolvere tutte le crisi della regione, secondo
quanto suggerito dalla stessa Commissione BakerHamilton.
L'unica risposta all'interrogativo appena posto è che
Washington, sebbene ne abbia le possibilità, non vuole esercitare pressioni su Israele. Ne è prova il fatto
che la sua "nuova strategia" in Iraq e nella regione
mira innanzitutto a proteggere la sicurezza ed il ruolo
di Israele, ed infatti continua a concentrarsi sul tentativo di conseguire una vittoria in Iraq anche se ciò è
impossibile, continua ad assediare la Siria, continua
ad isolare l'Iran allo scopo di impedirgli di diventare
una potenza nucleare, perché ciò ridimensionerebbe
Israele il quale non sarebbe più l'unico Paese nucleare
nella regione.
Fonti israeliane ed americane hanno suggerito che la
Rice stava giungendo in Palestina con la convinzione
che la soluzione risieda nella creazione, entro un anno o due al massimo, di uno Stato dai confini temporanei. Ma il rifiuto palestinese di fronte a questa opzione potrebbe spingere l'amministrazione americana
a concentrarsi sull'applicazione della Road Map. Tuttavia ciò andrebbe a scontrarsi con le osservazioni
israeliane che hanno portato ad una riformulazione
della Road Map, rendendola di fatto una Road Map
israeliana. La promessa americana di prendere in considerazione queste osservazioni rende di fatto impossibile l'applicazione della Road Map stessa.
Per avere certezza di questo basta ricordare che Israele vuole superare il principio della "reciprocità" e della "contemporaneità" presente nella Road Map, sostituendolo con il principio della "sequenzialità", in
base al quale prima ci deve essere il rispetto degli obblighi da parte palestinese -in materia di condanna ed
eliminazione del terrorismo, di riconoscimento del
diritto di Israele ad esistere, e di applicazione degli
accordi presi- e solo a quel punto Israele procederebbe ad ottemperare agli impegni presi- bloccando gli
insediamenti, ritirandosi dai territori occupati dopo il
28 settembre del 2000, bloccando la costruzione del
muro, annullando le risoluzioni prese contro le istituzioni palestinesi a Gerusalemme, prima fra tutte l'Orient House. Nel frattempo Israele non sarebbe obbligato a porre fine all'aggressione, né a permettere la
creazione di uno Stato palestinese entro i confini del
1967, né ad applicare gli accordi precedentemente
firmati [.].
L'amministrazione americana potrebbe a questo punto accordarsi su una bozza circolante attualmente in
ambienti arabi ed europei, in base alla quale si aprirebbero trattative immediate sulla creazione di uno
Stato dai confini temporanei, in cambio di un impegno internazionale a far sì che il compromesso definitivo garantirà la creazione di uno Stato palestinese sui
territori occupati nel 1967, con il principio dello
scambio dei territori. La pericolosità di questa idea
sta nel fatto che essa suggerisce di mettere insieme
ciò che non è possibile mettere insieme. Non è infatti
possibile mettere insieme l'iniziativa di pace araba che si basa sul principio del ritiro totale in cambio
della pace totale - con soluzioni provvisorie che danno ad Israele il tempo e la copertura per portare a termine i propri progetti che mirano ad imporre il fatto
compiuto, permettendo così allo Stato ebraico di
completare gli insediamenti ed il muro, e di annettere
la maggior porzione possibile dei territori occupati.
In generale, qualsiasi iniziativa o bozza di soluzione
che non obblighi Israele a porre fine all'aggressione,
agli arresti ed agli insediamenti -e che non stabilisca
che l'obiettivo finale deve essere realizzato entro un
periodo prestabilito e portare alla fine dell'occupazione- è destinata al fallimento poiché non darà luogo ad
una soluzione giusta ed equilibrata.
[.] Il problema fondamentale non risiede nell'assenza
di un calendario temporale per l'applicazione della
Road Map, ma nel fatto che la Road Map lascia che
gli obiettivi finali siano oggetto di trattativa [.].
E' necessario superare la Road Map, visto che l'Europa stessa, attraverso l'iniziativa di Francia, Spagna e
Italia, e lo stesso Tony Blair, che fu uno dei padri del(Continua a pagina 40)
40 Giustizia e Libertà
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(Continua da pagina 39)
la Road Map, hanno cominciato a riconoscere che quest'ultima non basta più.
All'orizzonte si profila l'opportunità di creare uno Stato palestinese, dopo tutte le occasioni perse negli anni
passati. Sarebbe un crimine da parte dei palestinesi
perdere questa opportunità a causa delle proprie divisioni interne.
[.] A questo punto dobbiamo aggiungere che la politica americana sarà molto condizionata dalla risposta
che gli Stati arabi "moderati" daranno a Condoleezza
Rice. Se i Paesi arabi, almeno per una volta, si mostreranno forti e chiederanno agli Stati Uniti di cambiare
la propria politica che ha fallito, questa politica potrà
cambiare, tanto più che ad essa si oppone la stessa opinione pubblica americana, la maggioranza del Congresso, e la gran parte -se non la totalità- dei popoli del
mondo.
http://www.al-ayyam.com/znews/site/template/
Doc_View.aspx?did=47785&Date=1/16/2007
Dopo Bush, anche il Congresso
ignorerà chi ha votato per la pace
Dopo Bush, anche il Congresso ignorerà chi ha votato
per la pace ?
Il messaggio del 7 novembre è stato chiaro: gli elettori
hanno boicottato i politici a favore della guerra ed hanno inviato i democratici al Congresso, chiedendo di
porre fine alla guerra in Iraq. Da allora, l'opposizione
degli elettori alla costosa occupazione americana è salita rapidamente del 62% fra i repubblicani e dell'88%
fra i democratici, come dimostrano i recenti sondaggi.
Perfino la maggioranza dei lettori del Military Times
si oppone alla guerra.
Eppure, alla leadership democratica sono bastate solo
poche settimane per tradire la maggioranza degli americani, promettendo di continuare a far scorrere il denaro della guerra. Così facendo, il Congresso rischia
nuovamente di rinunciare alla sua responsabilità, non
utilizzando il suo potere economico per controllare la
politica di guerra del presidente. Inoltre, ciò mina il
sistema del controllo e dell'equilibrio del nostro governo.
Se un referendum così schiacciante in termini di opposizione alla guerra non è sufficiente a far cambiare il
corso delle cose in politica, cosa rimane agli elettori di
questa democrazia? Se il tempo, il denaro e i voti a
sostegno dei candidati vincenti restano lettera morta,
quale utilità rimane all'urna elettorale? Se i candidati,
una volta eletti ed insediati spendono grosse somme di
denaro contro le esplicite volontà dei votanti, ciò cosa
trasmette della nostra democrazia? Forse dovremmo
ritornare ai metodi del "Boston Tea Party", poiché
sicuramente si tratta di una "appropriazione senza rappresentazione".
Bush, eletto in circostanze controverse, adesso fa appello al Congresso ed agli americani affinché sorreggano un ulteriore debito di guerra di più di 97,7 miliardi di dollari, oltre a quello di 70 miliardi già approvato
per il 2007 e ai 320 miliardi già spesi finora. Bush ha
quindi virato nella direzione opposta, rifiutando stoltamente le raccomandazioni del gruppo di studio sull'Iraq di ritirare metà delle truppe americane entro il 2008 e di invitare la Siria e l'Iran al tavolo del negoziato.
Ora, egli parla dell'invio di nuove truppe per un ammontare di 20.000 unità, quando i consensi ad un nuovo finanziamento per l'invio di truppe ammontano ad
un misero 11%. E tuttavia il suo punto di vista è sostenuto sia dal senatore John Mc Cain, il candidato repubblicano alla presidenza, che dal probabile candidato democratico, Hillary Clinton, "se ciò dovesse avere
uno scopo".
Ma se la guerra è l'argomento centrale del nostro tempo, allora non c'è ragione di parlare di partiti politici,
quanto piuttosto di fazioni del Congresso: quella Kucinich-Hagel e quella Clinton-McCain. Se alcuni candidati democratici alla presidenza esprimono la loro opposizione alla guerra e chiedono che si inizi il ritiro a
partire dal 2007, solo un candidato annunciato, ha di
fatto reclamato un ritiro completo, Dennis Kucinich,
che tuttavia i media e il suo partito considerano un
candidato marginale. Il senatore repubblicano Chuck
Hagel, che ha chiesto che le truppe siano fuori dal Paese entro sei mesi, potrebbe essere il secondo qualora
decidesse di concorrere alla presidenza.
Ora che la pace è al centro del dibattito politico, il
Congresso dovrebbe chiedere cosa vogliono coloro
che hanno votato contro la guerra. La risposta è semplice: che questa guerra finisca. Perfino James Baker
ha riconosciuto alla CNN quanto sia possibile che il
ritiro delle truppe faccia diminuire la violenza, poiché
gli Stati Uniti "non sarebbero più visti come gli occupanti". Infatti, il Pentagono riferisce che la maggior
parte degli attacchi in Iraq -più dell'80%- è diretta contro gli Stati Uniti e le sue forze militari, una percentuale decisamente maggiore rispetto a quella relativa agli
scontri della tanto pubblicizzata violenza settaria. Inoltre, se ci ritirassimo responsabilmente, come hanno
suggerito il senatore George McGovern e il dr. William Polk in "Fuori dall'Iraq", potremmo finanziare
la ricostruzione del Paese per mano degli stessi iracheni, e finanziare una forza di "peace keeping" composta da truppe arabe. Ciò ridurrebbe la disoccupazione
irachena (che ammonta a più del 50%) e darebbe agli
iracheni la sensazione di riappropriarsi finalmente della propria nazione e del proprio petrolio. Inoltre, tutto
ciò farebbe molto ai fini della riduzione della violenza,
e farebbe risparmiare ai contribuenti americani 100
miliardi di dollari, denaro che non si avrà più bisogno
di avere in prestito dalla Cina o da altri Paesi.
Per gli elettori questa è una chiamata all'azione. I rappresentanti eletti dovrebbero sapere che stanno ignorando gli elettori a proprio rischio e pericolo. Gli elettori dovrebbero informarli che essere a favore della
guerra contro la loro volontà vuol dire rischiare di perdere contributi e voti. È tempo che gli elettori a favore
della pace si organizzino meglio e, se vogliono che la
guerra finisca, è necessario che dimostrino al Congresso che non appoggeranno alcun candidato che non sosterrà la fine della guerra in Iraq al più presto.
Sia il finanziamento delle truppe che il vicino dibattito
sugli ulteriori 97 miliardi saranno una prova importante per la salute della nostra democrazia. Se la volontà
degli elettori americani sarà nuovamente schiacciata,
la causa per la pace si trasformerà in una causa per la
democrazia [.].
http://www.aljazeera.com/cgi-i/review/
article%20full%20story.asp?service%
20id=12529
CaLmBiG
ECONOMIA
27 gennaio 2007
Giustizia e Libertà
41
Quando la redistribuzione passa
per l'addizionale
di Massimo Bordignon (www.lavoce.info, 18.01.2007)
Con l’approvazione della legge Finanziaria per
il 2007, sono
entrate
in
vigore
le
nuove regole finanziarie
previste per Regioni e enti
locali.
Tra queste, accanto a criteri più ristrettivi sui saldi
di bilancio e a una sostanziale riduzione dei trasferimenti erariali, c’è la possibilità per gli enti localidi
rimettere in moto la propria autonomia tributaria sulle addizionali Irpef
e Irap, rimasta bloccata
dal 2003 a seguito di un
intervento d’imperio deciso dal governo di allora.
Di più, il gioco complesso
della rimodulazione degli
scaglioni e della sostituzione delle deduzioni dall’imponibile con detrazioni dalle imposte sui redditi
personali, deciso con la
stessa legge Finanziaria,
ha determinato "naturalmente" un incremento del
le addizionali regionali e
locali sull’Irpef: le detrazioni dall’imposta erariale
non riducono la base di
calcolo per l’addizionale,
mentre le deduzioni sì.
L’effetto
"addizionale"
Ciò ha generato un aggravio dell’imposizione fiscale sui redditi personali,
che in qualche caso, per il
combinato disposto dell’incremento automatico
dell’addizionale e degli
aumenti delle aliquote autonomamente decisi da
Regioni e comuni, ha condotto a una totale eliminazione dei vantaggi fiscali
decisi in Finanziaria per i
redditi di fascia bassa.(1)
L’addizionale Irpef locale
è appunto un’addizionale,
non una sovrimposta, e in
quanto tale non può essere
discriminata più di tanto
per scaglioni di reddito,
nonostante la possibilità di
introdurre qualche soglia dei contribuenti con un
esente.
imponibile positivo. In
secondo luogo, lungi dalEsemplare il caso di Bolo- l’essere basata su una degna, dove il sindaco, ex finizione onnicomprensisegretario della Cgil, è va dei redditi, la base imsotto attacco da parte del- ponibile dell’Irpef è comla sua stessa ex organizza- posta solo da una loro
zione per aver deciso, in parte assai limitata, per
alternativa all’incremento oltre il 75 per cento reddidell’Ici, un aumento dell’- ti da lavoro dipendente o
assimilati.
addizionale Irpef.
L’argomento dei critici, Molti redditi sono legalimplicito o esplicito, è che mente esclusi dalla base
in questo modo si deter- imponibile dell’Irpef (tutti
mina un intervento distri- i redditi da capitale) o asbutivo in senso contrario soggettati a una tassazioall’azione redistributiva ne volutamente bassa
decisa dal governo con la (tutti i redditi catastalizzarimodulazione delle ali- ti). Oppure, notoriamente,
quote, degli scaglioni e evasi o elusi. Inoltre, al di
delle detrazioni dell’Irpef, là delle correzioni introinterventi strenuamente dotte dalle detrazioni per
difesi dai sindacati e da carichi familiari, l’Irpef è
componenti della stessa basata su un’imposizione
maggioranza (il famoso di tipo individuale, che
"che piangano anche i non consente di capire
qual è la effettiva situaricchi").
zione economica del perQuali strumenti cettore di quei redditi.
per la
Per spiegarsi meglio: anche se possiamo osservare
redistribuzione
Questo argomento non è il reddito per fini Irpef di
però corretto, o quanto un certo contribuente, non
meno dovrebbe essere pe- sappiamo se questo individuo, per esempio, possantemente qualificato.
Deriva da un doppio as- siede altri redditi non assunto, non si sa quanto soggettati a Irpef e quindi
dovuto a un pregiudizio tassati ad aliquote più basideologico o a una scarsa se.
conoscenza dei fatti, così Oppure è inserito in un
riassumibile: 1) la redistri- nucleo familiare ricco o
buzione si attua e si misu- può contare su altri trasfera solo sul lato del prelie- rimenti da parte di altri
vo, e non su quello della componenti familiari. Il
spesa; 2) la redistribuzio- "povero" contribuente Irne si attua e si misura solo pef potrebbe benissimo
con riferimento all’Irpef. essere il figlio o il coniuEntrambi gli assunti sono ge di un facoltoso altro
contribuente, il quale mapalesemente infondati.
In particolare, come stru- gari a sua volta percepisce
mento distributivo, l’Irpef redditi in larga misura non
è fortemente limitata da soggetti a imposizione
due considerazioni. In pri- Irpef.
mo luogo, e ovviamente, Queste considerazioni doazioni redistributive attua- vrebbero indurre a qualte tramite l’Irpef non pos- che cautela nell’assegnasono avvantaggiare chi re un peso eccessivo all’Iperf non la paga perché l’Irpef come strumento
troppo povero, i famosi redistributivo. E, viceversa, a rivalutare la redistriincapienti.
Si tratta di circa il 20 per buzione effettuata sul lato
cento della popolazione della spesa.
Si dà appunto il caso che
molte delle attività svolte
dai comuni italiani abbiano un forte impatto redistributivo: circa il 20 per
cento in media della spesa
comunale è destinata al
finanziamento di attività
con finalità dichiaratamente sociali, ma ha un’impronta più o meno
marcatamente redistributiva una larga parte di interventi dell’ente locale.
Non solo, ma proprio alla
luce delle precedenti considerazioni, nell’elargizione dei servizi, molti comu
ni italiani sono attenti all’effettiva condizione economica dei possibili beneficiari.
Per esempio, è diffuso
l’uso di indicatori, come
l’Isee, che tengono conto
di altri aspetti oltre al reddito per fini Irpef: in particolare, indicatori di bisogno e indicatori relativi
alla ricchezza posseduta
dal cittadino. Si può anche argomentare che è
efficiente che la definizione della platea dei potenziali beneficiari avvenga a
livello locale, e non sia
svolta dallo Stato: il governo locale ha gli incentivi e le informazioni migliori per parametrizzare
gli indicatori di bisogno
alle condizioni locali.
Prima di concludere che
un aumento delle addizionali comunali Irpef conduce inevitabilmente a un
impatto redistributivo negativo, bisogna quindi
considerare quali spese
questo incremento finanzia e quali alternative in
termini di risorse erano a
disposizione dello stesso
comune. Un supplemento
di istruttoria è come minimo necessario.
(1) Si veda per esempio
Il Sole 24 Ore del 17/1/2007
♦
ECONOMIA
42 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
La rendita viaggia in Autostrada
di Riccardo Gallo (www.lavoce.info)
L’istituzione
di un’Authority per i trasporti sembra
essere entrata
nell’agenda
del governo. Oggi, la
struttura
regolatoria,
introdotta in seguito alla
privatizzazione della Società Autostrade, risulta
incompleta proprio perché non è stata costituita
un’autorità con poteri sanzionatori. Non solo, è anche inadeguata perché il
Nars, Nucleo di attuazione
e regolazione dei servizi
di pubblica utilità, che fa
capo al Cipe, è troppo debole rispetto alle dimensioni dei concessionari.
Anche per questa ragione
il sistema tariffario garantisce ai soggetti regolati
rendite elevate.(1)
Per rendersene conto basta
analizzare i bilanci del
Gruppo Autostrade. (2)
Il fatturato
Il fatturato netto è in costante progressiva crescita: tra il 2001 e il 2005 è
aumentato del 32 per
cento. Nei primi nove mesi del 2006 è ulteriormente cresciuto (+6,1 per cento), per l’aumento sia delle tariffe (+2,55 per cento)
che del traffico (+2,5per
cento). I canoni di concessione Anas sono pari a
solo l’1 per cento del fatturato lordo, molto meno
di altre concessioni di reti
infrastrutturali.
Il rapporto tra valore aggiunto e fatturato netto è
abnorme: l’80 per cento,
quattro volte quello delle
società industriali (20 per
cento), mentre nel settore
dei "Servizi pubblici, autostrade, gas e acqua" è
pari al 57 per cento.(3)
Concettualmente, il valore
di questo rapporto dovrebbe essere determinato dal
mercato: dovrebbe misurare quanto il mercato apprezza il valore messo
dall’impresa nello svolgimento della sua attività, e
infatti così accade per
l’industria manifatturiera
esposta alla concorrenza
mondiale. Quando invece
la determinazione del
prezzo di un servizio è
sottratta al mercato e affidata direttamente o indirettamente a un organismo amministrativo, il
rapporto aumenta. La differenza tra il 57 per cento
medio dei servizi pubblici
e il 20 per cento dell’industria può essere presa
come misura della protezione che gli operatori dei
servizi pubblici ricevono
dalle autorità amministrative. Nel caso di Autostrade, poi, lo scarto tra l’80 e
il 57 per cento è l’indice
di un’ulteriore protezione.
Infine, mentre nei servizi
pubblici il rapporto comincia a calare – 60 per
cento nel 2002 e 2003, 58
per cento nel 2004, 57 per
cento nel 2005, segno di
un’apertura sia pur timida,
insufficiente e tardiva del
mercato –, per Autostrade
è rimasto inchiodato: 80
per cento nel 2001, 82 per
cento nel 2002, di nuovo
80 per cento nel 2003,
2004 e 2005.
Produttività
del lavoro
e redditività
La produttività del lavoro
(valore aggiunto per addetto) del Gruppo Autostrade è aumentata, da 188mila euro nel 2001 a 253mila nel 2005 (+34 per
cento), perché è diminuito
il numero medio di dipendenti: da 9.276 del
2001 a 9.217 del 2005.
Nel terzo trimestre del
2006 l’organico medio è
sceso ancora, raggiungendo il livello di 9.147 unità.
Il Gruppo incassa dai
clienti a 70 giorni, media
tra il cash di chi paga in
contanti al casello, i tempi
del telepass e la dilazione
ai clienti societari. Invece,
paga i fornitori a 275
giorni. La forbice tra le
due dilazioni di pagamen-
to, pari a sette mesi, equivale per il Gruppo Autostrade a un enorme finanziamento
a
breve.
La redditività delle vendite (Ros in percentuale)
è straordinariamente elevata e addirittura crescente: 42 per cento nel 2001,
52 per cento nel 2005.
Prima della privatizzazione, nel 1998 era 32 per
cento, in linea con quella
nello stesso anno delle
autostrade in Francia (25÷36 per cento) e in Spagna (28÷40 per cento). (4)
Quindi la crescita anomala è degli anni duemila,
dopo la privatizzazione,
per l’effetto combinato di
cura gestionale e aumento
delle tariffe.
Altrettanto vale per la
redditività del capitale di
rischio (Roe in percentuale), che passa dal 15 per
cento nel 2002 al 24 per
cento nel 2005. È molto
difficile trovare un’impresa italiana con simili indici di redditività.
Da un’analisi dei flussi di
cassa emerge che nel 2005 il Gruppo Autostrade
avrebbe potuto finanziare
i nuovi investimenti tecnici, appena 852 milioni,
quasi solo grazie all’utile
netto, pari a 804 milioni,
se non ne avesse distribuito tra gli azionisti più della metà, ovvero 436 milioni. Per il 2006, è prudente attendere il consuntivo ufficiale prima di esprimere valutazioni.
I pedaggi
Per il 2007 il ministro delle Infrastrutture ha chiesto
al Nars un parere in ordine a ulteriori adeguamenti tariffari. Nel frattempo, l’Anas ha rinviato ogni determinazione. Dal
1° gennaio 2007 le tariffe
autostradali in vigore sull’intera rete nazionale
hanno comunque subìto
un aumento variabile tra
lo 0,8 e l’1,8 per cento in
funzione delle classi veicolari. Non è un introito
aggiuntivo per le conces-
sionarie, va a beneficio
esclusivo di Anas, che
così compensa un po’ la
modestia del canone di
concessione versato dal
Gruppo
Autostrade.
Negli anni Novanta il
Nars, in base alla delibera
Cipe n. 319 del 1996, era
solito determinare gli adeguamenti tariffari anche
attraverso il confronto per
gli ultimi cinque anni tra
la remunerazione del capitale investito -Roi, Return on investments, ovvero Rona, Return on net
assets- e il costo del capitale, Wacc, Weighted average cost of capital. (5)
Ma, a seguito dell’operazione di incorporazione
della ex-Autostrade nella
NewCo28, società a suo
tempo creata dai soci e
fatta indebitare molto per
acquisire la Società Autostrade, è successo che al
31 dicembre 2003 nello
stato patrimoniale consolidato del Gruppo sono
emersi da un lato, all’attivo, un avviamento e un
incremento di immobilizzazioni immateriali pari
nel complesso a quasi 6
miliardi, dall’altro, al passivo, maggiori debiti finanziari per lo stesso importo.
Nonostante non siano derivati da veri e propri investimenti tecnici, i quasi
6 miliardi di maggior attivo totale hanno finito per
accrescere il denominatore, cioè l’attivo totale netto medio, del Roi, cosicché questo indice di redditività è sceso dal 19 per
cento del 2002 al 14 per
cento del 2003, all’11 per
cento nel 2005.
Il rischio è che ora il
Nars, nel rispondere al
ministro delle Infrastrutture, dica che il pedaggio
non può diminuire, o addirittura deve aumentare,
perché il Roi negli ultimi
cinque anni è diminuito.
(Continua a pagina 43)
27 gennaio 2007
ECONOMIA
Giustizia e Libertà
43
La rendita viaggia in Autostrada
(Continua da pagina 42)
Ma se ciò accadesse, gli
utenti delle autostrade
finirebbero per sostenere il
costo dell’operazione con
la quale gli azionisti di
maggioranza, con pochi
capitali di rischio e molti
debiti, hanno assunto il
controllo del gruppo.
Riccardo Gallo
(www.lavoce.info)
(1) Vedi Boffa F., Rondi
L., Vannoni D., Zanetti
G., 2006, "Il sistema
produttivo", in Gallo R.
e Silva F. Le condizioni
per crescere, Il Sole 24
Ore libri. E su lavoce.info
Boitani A., Ponti M., 2005
(4) R&S, I Trasporti, MiAutostrade, galline dalle
lano 2000.
uova d’oro e polli da
spennare.
(5) Coco G., 2002, Diffi(2) R&S, Annuario, Mila- coltà di tariffazione autostradale in Italia
no luglio 2006
(3) Mediobanca, Dati cumulativi di 2.010 società
italiane, Milano agosto
2006.
http://dinamico.unibg.it/
highways/presentations/
coco/coco.ppt
INTERNI
44 Giustizia e Libertà
27 gennaio 2007
COMUNICATO STAMPA
IL GIORNO 25 GENNAIO ALLE ORE 17
ALLA CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA
via S.Francesco di Sales, 5 - tel 06/6876543
"FOSSOLI ED ALTRE MEMORIE"
l'esperienza negata dei lager italiani.
Presenta Vittorio Cimiotta Presidente FIAP, interviene Grazia Pasanisi de' Foscarini, Presidente dell'Associazione danneggiati di guerra, con la partecipazione di Anna Maria Ori, Storica ricercatrice del Campo di Fossoli e
Sisto Quaranta, prigioniero del Campo nell'estate del '44.
Parleranno Fabio Galluccio, segretario Circolo Giustizia e Libertà, autore del libro "I lager in Italia" (Non
Luoghi Edizioni) e Carla Guidi, giornalista, autrice del libro "Operazione balena" (Edizioni Associate) sul rastrellamento del Quadraro nel 1944 e l'internamento nel campo di Fossoli (Carpi).
SEMPRE ALLA CASA DELLA MEMORIA E SULLO STESSO ARGOMENTO
APPUNTAMENTO CON LE SCUOLE IL 31 GENNAIO ORE 9,30
Fossoli è stato il principale campo di transito per il concentramento e la deportazione di internati politici e razziali su suolo italiano, da questo sono partiti nel 1944 un terzo degli ebrei deportati dall'Italia (circa tremila) e
quasi altrettanti politici, oltre a migliaia di civili rastrellati e avviati a forza al lavoro nei territori del Reich.
Nei dodici mesi in cui ha funzionato come campo di transito per il nord, sono passati da Fossoli poco meno di
3.000 ebrei, circa un terzo dei deportati dal territorio italiano. Si calcola che i politici siano circa 2.600, mentre
non si hanno che stime approssimative dei lavoratori coatti, costretti a firmare l'ingaggio come lavoratori
"volontari", senza avere il riconoscimento quindi nemmeno dello status di deportati.
In mezzo a loro i 947 prigionieri politici rastrellati al Quadraro nell'aprile del'44, quartiere insignito, nel sessantesimo dell'episodio, con la medaglia d'oro al merito civile dal Presidente della Repubblica C.A.Ciampi. Questo
riconoscimento ha seguito ricerche e testimonianze riemerse lentamente nel quartiere per un arco di almeno 10
anni.
Nel 2004 un libro "Operazione balena" di Carla Guidi, giornalista, narra l'accaduto attraverso la voce di Sisto
Quaranta, uno dei deportati, presenti in questa occasione.
Ma per questo viaggio nella Memoria c'è ancora bisogno di altre storie, non raccontate perché purtroppo rimosse
dalla coscienza collettiva...Tra queste la storia degli altri Campi di internamento italiano durante il fascismo, in
un attonito viaggio in un'Italia spesso sconosciuta, straordinariamente bellae affascinante, una scoperta in cui
l'autore dell'altro libro, Fabio Galluccio, Segretario del Circolo Giustizia e Libertà, snoda dolorosamente come
in un rosario laico, descrivendoli l'uno dopo l'altro e raccogliendone testimonianze in "I lager in Italia".
Il viaggio inizia casualmente a Ferramonti in Calabria, dove l'autore scopre proprio sotto un cavalcavia dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, all'uscita di Tarsia, un ex campo di concentramento, seminascosto dall'autostrada e dai segni del tempo.
Da là si avventura in un labirinto dove ogni campo scoperto è una crudele sorpresa, fino ad arrivare ad annoverare oltre cento campi, ma rimanendo alla fine con l'amara consapevolezza di averne ritrovato solo una metà.
Il racconto si snoda come un giallo, scritto non da uno storico, ma da un
semplice cittadino come tanti, che si indigna di fronte all'occultamento di
Giustizia e Libertà
un'identità italiana, alla verità negata.
«E voi, imparate che occorre vedere e non guardare in
aria; occorre agire e non parlare, questo mostro stava,
una volta, per governare il mondo !
I popoli lo spensero, ma ora non cantiamo vittoria troppo presto; il grembo da cui nacque è ancora fecondo»
Bertold Brecht
Periodico Politico Indipendente
Autorizzazione Tribunale di Roma
n° 540/2002 del 18.09.2002
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